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Raccolta di testi in prosa di Laura Traverso
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Irene

 

 

         Questa mattina ho sognato  Irene, la mia cara amica morta lo scorso giovedì. Era il 20 marzo 2003, da allora sono trascorsi pochi giorni  ma lei ha voluto farmi  oggi  un regalo davvero speciale.

                        

                                                   ***

 

           Stavamo festeggiando in una casa che doveva essere la mia, ma che non corrispondeva a quella mia vera. Festeggiavamo me, non so che cosa, non era il mio compleanno. C’era molta gente, anche Paolo. Pareva che gli invitati fossero tutti arrivati quando, improvvisamente entrò lei, Irene.

Era molto bella, sorridente ed elegante, aveva un abito di tessuto leggero, estivo: camicia e gonna uguali di  colore  bianco  con piccoli e tanti motivi neri o forse blu, anzi sicuramente blu. Sopra a quest’abito portava un minuto cardigan di cotone, direi color pastello, portato non abbottonato così da far vedere  la camicetta di sotto.

Mi si avvicinò dicendo che era venuta a salutarmi, a farmi gli auguri.

Ringraziai commossa e chiamai Paolo per dirgli con fierezza: "guarda come è bella la mia amica Irene, sono molto lieta di potertela far conoscere". 

Poi la guardai bene, eravamo una dinnanzi all’altra, vidi i suoi occhi azzurri, i capelli biondi ben pettinati ed il radioso sorriso.

Ero cosciente, nel sogno, che lei fosse morta nella realtà, per questo fui molto stupita e gioiosa nel vederla così bene, chiesi come stesse, come si trovasse, là dove era andata. Mi rispose: "molto bene, sono con persone con le quali vado molto d’accordo".

Pensai che avrei dovuto invitarla alla mia festa, dirle di rimanere, ma ebbi un po’ paura, come potevo invitare una morta?  Ma subito mi vergognai di quel pensiero e le chiesi di restare. Lei mi disse: "grazie Laura, adesso non posso,  devo andare, ma ritornerò presto". Si chinò verso di me per salutarmi e darmi un bacio; fu in quel momento che vidi quanto fosse più alta di me, molto più alta di me perché dovette chinarsi. Anche questo fatto mi stupì, perché nella realtà era sì più alta di me, ma solo di pochi centimetri.

Quindi ci dirigemmo verso la porta ed io pensai: "vediamo  se è vero che i morti passano attraverso porte e pareti". Non fu così, non passò attraverso le pareti ma dalla porta che si dischiuse appena. E da quella troppo piccola apertura uscì.

Rientrai nella stanza in cui si svolgeva la festa, vi erano molte persone attorno ad un tavolo rettangolare e apparecchiato. Presi posto in un spazio libero attorno a quel tavolo; sopra di esso vi erano anche dei bicchieri a calice con spumante di colore giallino, con tante bollicine spumeggianti.

 Dalla parte opposta sedeva Paolo che, prendendo in mano una piccola bottiglia contenente la stessa bevanda disse: "utilizzerò il vino che c’è in questa bottiglietta di plastica". Gli risposi: "sì è vero, la bottiglia è piccola ma non è di plastica, bensì di vetro".  Il sogno finì così.

Mi svegliai in preda ad un insieme di intense emozioni. Gioia, soprattutto, per aver viso la mia cara amica, per averla vista bella e sorridente. Sapevo, invece, quanto la malattia l’avesse distrutta, quanta sofferenza e quanto dolore aveva dovuto patire prima dell'inevitabile fine.

Calde lacrime mi scendevano sul volto. Interpretai quell' apparizione come un saluto affettuoso che la mia amica mi voleva dare,  volendomi anche rassicurare sul fatto che lei,  adesso, finalmente stava bene ed era tanto felice.

Pensai ai sogni, al fatto misterioso e strano che è sognare.

Attraverso i sogni si possono vedere persone, rivivere sensazioni totalmente vere nel momento in cui ti appaiono che solo il risveglio ti riporta tristemente al fatto che era solo un'illusione della mente.     

Ma sapevo, con intima certezza, che ciò non poteva non avere un significato profondo e misterioso di comunicazione.

Già da alcuni anni era malata, una malattia che non dava scampo l'aveva colpita, aveva la sclerosi multipla e lentamente era diventata invalida.

 Da molti mesi era su di una sedia a rotelle, le gambe non la sostenevano più, il deterioramento si era esteso a tutto l’organismo, non era più in grado di comprendere la realtà che la circondava.

La vita, a volte, pur nella sua crudezza porge un aiuto: allontana la mente.        

 Chissà, forse ancora prima di essere catturata dalla morte lei viveva già in un suo mondo incantato, come immersa in un bel sogno. Mi piace pensare così. Ho certezza che adesso, anche se in una dimensione a noi umani sconosciuta, continuerà a vivere e ad essere finalmente felice.

 

 

 

 

 

*

La scatola in soffitta

 

 Avevamo finalmente finito di selezionare le cose di chi ci aveva lasciato. Eravamo in soffitta a compiere quel lavoro tristissimo, fatto di abiti, oggetti e ricordi di chi avevamo tanto amato.

Tienila tu la scatola” e con lo sguardo disperato, mentre gli occhi non sapevano trattenere le lacrime, mia sorella mi porse il contenitore impolverato e scolorito.

Il nastro sfilacciato, dal colore indefinibile che tratteneva il coperchio, era stato sciolto, poco però, appena al punto da poter esplorare dentro e capire…

Il cuore mi batteva forte: avevo tra le mani la storia, la sua storia che poi era diventata anche la mia, la nostra, di tutta la famiglia.

 

                                     ***

Quando ero bambina, parecchio tempo fa, era una consuetudine ricordare i defunti, il 2 novembre, e pregare per loro.

Si accendeva un grosso cero e attorno si ponevano le fotografie di chi avevamo amato, di chi aveva fatto parte della nostra esistenza. 

Era, allora, un rito molto sentito tra i vivi, creava unità, e in quei momenti, più che mai, ci si ricollegava attraverso il ricordo e la preghiera, con chi se n’era andato per sempre.

Rammento, a fare da cornice al cero erano in molti. Conoscevo i loro volti, la loro fisicità, attraverso quelle foto, in bianco e nero, che stavano appoggiate al mobile della camera da letto dei miei genitori.

Ogni anno apparivano in occasione della giornata dedicata a loro. L’insieme mi faceva venire in mente un fiore: giallo al centro e con tanti petali attorno.

Tra quei “petali” ce n’ era uno che mi aveva colpito particolarmente: forse perché era giovane e bello o forse perché era vestito da soldato.

Di quel soldato, andando avanti nel tempo, avevamo conosciuto la storia. Si chiamava Carlo, viveva a Genova e gli toccò partire per la guerra, in Russia. Non tornò mai più, fu dichiarato disperso.

Penso che ciò sia ancora peggio che dire morto: così è più difficile trovar pace e rassegnarsi; lei, ne sapeva qualcosa…  E lui, mio padre, fu grande, credo che in pochi avrebbero rispettato, e pure condiviso, un amore precedente… fu davvero un bel gesto nei confronti di mia madre, compiuto con sincerità e buoni sentimenti. Per quel comportamento, noi figlie, e pure mia madre, l’amammo ancora di più.

    

                                       ***

Dovevano sposarsi, anzi, lo erano già per procura (si diceva così, se non sbaglio). Ma era anche tutto predisposto affinché, grazie ad una licenza-premio, per buona condotta, il matrimonio avvenisse davvero. Erano molto poveri allora, c’era la guerra e lui, lo sposo, avrebbe dovuto indossare, per la cerimonia, un abito preso a prestito dal fratello.

Quel giovane corpo, però, non poté indossare più niente, rimase intrappolato nella steppa, assieme a troppi altri…

 

                                       ***

Ho impiegato molte sere a ripercorrere la loro lunga storia d’amore attraverso le moltissime lettere racchiuse in quella scatola. La scatola non è più la stessa, adesso è lucente e colorata, l’ ho rinnovata, ho cambiato anche il nastro che la chiudeva, l’ho messo rosso, il colore dell’amore.

All’interno, a far compagnia a quegli scritti ingialliti dal tempo, ho aggiunto tanti petali di fiori profumati. La tengo tra le mie cose più care.

A volte penso a quando non ci sarò più, mi dispiacerebbe tanto che quelle lettere andassero perdute. Mi piace pensare che, una figlia, un’altra figlia  le custodirà…