I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Lo scrittore
ZITTO, ASCOLTA I VIVI SILENTI. Devi usare le pupille per ascoltare il mondo. Toccare con lo sguardo i profumi del tempo che passa. Prendi quel treno indaco che ti porta sulle nebulose inquiete e distendi le mani sui pensieri più profondi che hai. Osa l’Impossibile con la tua biro blu per lanciare arpioni e sconfiggere la Morte terrena. Arriveranno miliardi di petali di rosa e tu nuoterai tra i fiori. ZITTO, ASCOLTA I VIVI MORENTI. Muori per loro. Regalagli un sorriso, una poesia, un soffio di vita colorata. Dai fuoco al sole delle intenzioni. Sei un lanciafiamme di Amore senza tempo e devi condividere. Spruzza parole generosamente e violentemente importanti su chi ha abbandonato la nave della vita ma è ancora sulle onde. ZITTO, ASCOLTA I VIVI. Devi ascoltarli tutti: ciascuno. Piantati nelle loro Anime e strappagli il cuore. Tra le tue mani devi poi strizzarlo come un limone rosso-sangue e rappresentare il loro dolore ed il loro miele granuloso che è ciò che lo fa continuare a battere. Con GRAZIA, fallo con grazia, per Dio. Potresti uccidere. È una responsabilità che devi (DEVI) prendere. Sei come un medico. Ippocrate può spiegartelo molto meglio di me. ZITTO, ASCOLTA E BASTA. Tutto, devi sentire tutto. Devi ascoltare tutto. Ogni piccola particella che sposta l’aria. E devi “sentire” anche quelle silenti e silenziose, che non la spostano, DOTTORE. Tocca a te ogni istante, lascerai impronte importanti: devi fare la biografia di ogni vita. Morirai per questo perché non potrai mai farlo, non di ciascuna. ZITTO. Ora tocca ancora a te, tanto per cambiare. Ma non puoi parlare. Sei un guerriero senza spada. Ti hanno anche tolto la biro, forse non servi più ad un cazzo di niente. Ascolta e basta. E senti tutto: fruscii di pettirossi e tamburi di Anime in subbuglio come pentole in ebollizione sui fornelli. Non puoi parlare. Crepitìo del caminetto acceso, cuori che bruciano ed urlano. Non puoi parlare. Sedie che si spostano velocemente verso il posto più nascosto che c’è. E tu non sai dove è il punto in cui ci si ferma ad aspettare. Muto. Implodi nel cuore e nell’Anima ma stai molto calmo, devi stare molto calmo, diversamente daresti fuoco a tutto. Sorridi incazzato come una sequoia ma resti in silenzio. Un silenzio vulcanico. Devi stare zitto. Fa male. Ma lo fai. ORA PUOI PARLARE. Ridatemi la mia biro blu, per Dio, devo scrivere. Che devo fermare il Tempo, almeno sulla carta. ©Martin Palmadessa -18 Gennaio 2020 – Ore 18:26 - Sabato Da; "Tanta roba di me" Aletti Editore, 29 Febbraio 2021 
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Sto tornando - Prosa in 100 parole
Vedeva ormai le cose attorno come fantasmi verticali supino sempre guardando una stellina lontana. Amava il silenzio buio della luce della luna. Per mano i ricordi come cuccioli eterni germogli di marmo rosso taglienti rose del deserto mai sbocciate. Dannatissima feroce mancanza in quel sorriso lieve mai di circostanza. Il tempo più non esisteva bloccato da profumi persistenti di un Amore perduto per sempre. Profondo blu scorreva sotto al ponte di pietra del cuore. Guardò giù, sorrise piano. Con la mano a catturar le stelle precipitò supino, orizzontale, felice. "Vengo a prenderti" © Martin Palmadessa 28.11.2020 *Poeta insignito del Titolo di “LODEVOLE AUTORE DI PROSA SINTETICA” XVII Concorso Internazionale di Poesia “Massa Città fiabesca–M’illumino scrivendo” per l’Opera di Prosa Sintetica in 100 parole “STO TORNANDO”. (Massa Carrara, 03 Agosto 2023), 
Edito in "Gocce di sangue blu sotto al ciliegio viste dalla balaustra del mio giardino", Edizioni Ssetteponti, 26 Novembre 2021. 
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L’abbraccio della notte
Confuso. Felice. Oltre la divina e umana considerazione del proprio e dell’altrui essere. Schiacciato da una moltitudine di stravaganti e colorate meraviglie, da arcobaleni neri e traslucidi, da verdi e vellutate proiezioni di vite sempre nuove e differenti, da girandole di emozioni cercate per caso e trovate per scelta. Improbabile la vita, oltre la considerazione spietata ed apparentemente sobria di una percezione voluta, di una emozione indicibile e bruta, violenta e pacifica, inarrestabile e terminale. Mai, come oggi, il tempo, orologio della mia vita terrena, aveva osato scavalcare paletti così saldi da risultare addirittura instabili, quasi a dimostrarsi porte su orizzonti possibili ed impensabili. Io ero lì, determinato come un bambino di fronte a giochi nuovi, invitanti, curiosi, coloratamente gommosi, teneri. Stavo tra il paradiso e il pavimento, tra la possibilità di fare e quella di non scrivere il futuro più prossimo, che avrebbe potuto condizionare il futuro più lontano.Calore, vita, emozione vera, urlo viola ruvido ma dolce, come uno zuccherino donato a qualcuno che non lo può mangiare, non lo può vivere, non lo può gustare. La vita. Tristemente felice, sconvolgentemente lineare nelle sue forme poliedriche. Ho amato, per davvero, se così si può dire. Se il davvero significa per sempre e mai più; se vuole dire prendere senza condizioni, se significa dare senza richieste. Finisce qui, e ricomincia esattamente dallo stesso punto ogni sacrosanta volta. Infatti da quel momento in poi la passione non ha mai più atteso, sfidando qualunque cosa accadesse o potesse accadere. Ed abbiamo iniziato a lasciare le nostre tracce nel buio, nei luoghi che ho definito come i luoghi dei vampiri mortali, come ci fosse, per noi, una luminosa, rossa, eterna eclissi di sole. Esistono luoghi così profondi che paiono quadri persi nella memoria. Ci sono posti in cui puoi andare solo con il ricordo o la fantasia, ed ogni volta è un terremoto che ti solleva la pelle in miliardi di curvature rosa. Sono posti caldi, come una chiesetta di campagna mentre fuori viene giù così tanta acqua che pare di stare in mezzo al mare. Delle emozioni però. Ancora, ci sono tane seminascoste dagli alberi in cui puoi sentirti come in una grotta del paleolitico e protetto, mentre la luna normalmente ti accende i sensi e fa luce. Sono quei posti che non vedrai mai di giorno perché l’ombra ne cambierebbe la prospettiva mentre la notte culla i colori tenui ma che a te paiono rossi come un incendio. Luoghi dove i sensi funzionano tutti insieme e i sospiri si mescolano alla musica. Sei diventato un vampiro, assetato di Amore e baci che ti trapassano come una pallottola d’argento ogni volta. E ogni volta muori, e risorgi, e rimuori. Ti fa un male animale, come se fossi ogni volta morso da un lupo mannaro. Ma non puoi farne più a meno. Sei diventato un notturno. Esistono specchi d’acqua, laghetti, anche loro notturni, dove la superficie riflette la luce delle stelle e pare un pavimento di marmo nero, un’autostrada nel cuore che ti inquieta. I pesci dormono e su quella panchina, trafitto dalla luce lattiginosa del lampione piantato proprio lì a fianco, c’è ancora il tuo fantasma sdraiato, vestito con un giubbottino leggero, che osserva la luna ed attende un bacio. Milioni di baci. La notte è un’altra dimensione, l’estate è infinita e senza vento, il caldo è perfetto. Ti muovi come un gatto nero mescolandoti alla notte, un cercatore di carezze, un maledetto autolesionista perdutamente illuso di essere immortale. Conosci tutti i posti, ne senti il profumo, mescoli emozioni vissute con nuove bombe alla vaniglia che lasceranno ancora sete, e ancora, e ancora. Ci sono luoghi speciali, rovine piene di edera in mezzo alle campagne che sembrano alcove verdi che hanno una vita propria. La notte ti protegge e ti ruba l’Anima e tu continui a bruciare dentro come un fienile in fiamme, come un bacio rubato sotto un acquedotto. E ancora, nelle notti nebbiose sei nascosto due volte e se c’è la luna piena ti pare di nuotare nel latte. Pari un fantasma di passaggio, una fiammella di palude, ti pare di stare a San Pietroburgo lungo i canali scuri. Ma ci stai bene perché tu non sei come gli altri e ti ritrovi a confondere il viso che hai vicino con le sagome scure degli alberi lontani. Ci sono luoghi e momenti eterni che solo i vampiri possono condividere, trasformando le lacrime che colano, perché anche loro piangono, in perle piene di quella tristezza lieve che possono far risorgere le persone. Di certo uccidono e fanno risorgere, ogni volta, la potenza delle emozioni. Posti feroci, ai bordi di un canale nero e lento che vedi scorrere come il sangue nelle tue vene e in silenzio mentre sfiori e accarezzi e senti cose che non puoi sentire né toccare con il sole. Boschetti senza lupi, perché al vederti scappano via e tu giochi ad abbracciare una farfalla che non potrai mai avere. Attraversi il corpo con gli abbracci, come se potessi entrarci direttamente per accarezzare il respiro del cuore. È una dannazione senza ritorno, un gioco al massacro dei sensi che vorresti bloccare ma non lo puoi fare. La notte la annusi come un orso, senti il profumo dello scorrere del tempo e i respiri indimenticabili del cielo, sospiri rosa e di velluto. La notte la senti da lontano come un cerbiatto, potresti vedere ogni forma di vita in un battere di ciglia mentre ti manca il pavimento dal cuore solo osservando il cielo da sdraiato per terra tenendo per mano un diamante. Sei un dannato che torna sui suoi passi felini per ritornare al punto di partenza, quando volendo sfidare i poteri ed i richiami della Notte, come fosse una scommessa, sei stato investito da una luce caldissima che ti ha perforato di traverso, ti ha bendato gli occhi e ti sei ritrovato per terra. E lì hai perso l’Anima. Per sempre. Era il 14 Luglio di un anno ormai passato. Ma tu sei ancora lì. ©Martin Palmadessa * 1° Classificato Assoluto II Premio Nazionale di narrativa inedita "NOTTE NOIR II" (Catania, 03 Giugno 2023) 
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Paradosso Relativo
Pensavo al fatto che si dica sempre che bisogna unire le forze per produrre di più, che da soli non si va lontano, mentre in due si produce per tre e ci si fa forza a vicenda. Dunque si fanno riunioni di cervelli, si creano team che fanno brainstorming per arrivare al concetto che “l’unione fa la forza”. Per protestare bisogna essere in tanti, in più si è e più sembra avere potenza. Si dovrebbe ottenere più ascolto. In teoria. A meno che non si voglia fare la rivoluzione armata o la guerra, i numeri contano, a parità di armi. Eppure Dario è capitolato di fronte ad Alessandro con un esercito triplo del suo. Ora mi viene in mente il buon Einstein. Che mi lascia di stucco con la sua Teoria. Sembra quasi dire l’opposto: dividersi per moltiplicare la potenza. E Santo Dio la reazione a catena derivata dalla divisione e non dall’unione la conosciamo tutti. L’accelerazione che provoca il disgregarsi a catena fa impallidire il sole. Forse allora si deve giocare con le parole. Unire un team di ricercatori o un gruppo di persone con competenze specifiche differenti certamente porta a raggiungere un risultato preciso. Se tutti avessero le stesse competenze sarebbe meglio farli lavorare divisi. Ci sarebbero molte e diverse visioni di strade di come arrivare all’obiettivo. Ora l’esempio calza perfettamente, secondo me, su una potenza ancora più folgorante della bomba atomica: l’Amore. Su di Lui è stato scritto di tutto fin dai Babilonesi. Come fosse la più straordinaria magnificenza buona e potente dell’universo. Dolce, tenero, colorato, felice, ispiratore di carezze e passioni, poemi... e guerre. Ora il paradosso è sempre lì. L’Amore è il più spietato sterminatore di coscienze, pilastri, destini e certezze come niente altro. Per Amore si mente, si uccide, ci si stravolge la vita, ci si suicida, si fanno cose sconsiderate, si sovvertono poteri accertati, si fanno le rivoluzioni. Ogni Amore, per nascere, deve prima dividere qualcosa di precedente. La crudeltà di quel sentimento non ha paragoni, non ti guarda in faccia, si nutre di ciò che aveva creato prima in una continua reazione a catena che non ha fine. Ognuno di quei ricercatori del team ne ha avuto almeno uno di Amori, forse di più, eppure non si mettono a cercare insieme cosa è e che obiettivo ha. Non c’è l’obiettivo. Non si condivide niente di ciò che ritieni tuo, no. Lo condividi con la compagna. Punto, fine della reazione a catena. La potenza si limita a due Esseri. Ma poi, all’improvviso, un’equazione improvvisa e sbagliata ti fa rifare i calcoli. E, per quanto tu sia preparato in specificità tue, non ti servono a niente. Sei fottuto. E cercherai il modo di risolvere quel “problema” che però come risultato ti darà sempre un otto rovesciato o “impossibile”. Oh sì, certo che lo troverai il modo, ma dovrai minare tutto il resto. E se la fusione è iniziata non tornerai indietro. È iniziata la scissione e moltiplicazione degli atomi, e la cosa drammatica è che vanno tutti nella stessa direzione. Divisi ma nella stessa direzione. Sarà che Albert avesse ragione... divisi per moltiplicare la potenza. E=MC2. Se non è un cazzo di paradosso questo. Ma guarda la tua vita e quella di chiunque e vedi se non ha ragione lui. ©Martin Palmadessa - 10 Febbraio 2020 * 4° Classificato e Menzione d' Onore I Concorso "IL GRANDE SORPASSO", Sezione Giornalismo. (Montesilvano, Pescara, 22 Aprile 2023), 
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8 Marzo 2023
AUGURI A TUTTE LE DONNE DEL MONDO. (Sperando che FB non mi banni per la 4^ volta per aver pubblicato "Morte in diretta") C'è tanta caligine non vedo più nulla di chiaro in mezzo alle braci ardenti scoppiettanti di colpi e calori che mi infiammano a fuoco lento. Passa un'ape verso il polline dolce e giallo con gli occhi drogati di vita da distribuire ronzando con la livrea serenità tra le ali. Senza chiedere mai si posa lieve sui frutti che arriveranno mescolando specie diverse per generare solo Vita. Fossimo noi cosi L' insetto mai pianterà l'aculeo a chi permette il suo abbraccio. Certi schifosi senza ali grazie a Dio non le hanno Bipedi che meritano solo di morire truci e soli mentre uno sciame di api gli spiega come funziona il supplizio di Tantalo. ©Martin Palmadessa - 12.05.2022 (Menzione di Onore, Diploma e Medaglia al IX Premio Internazionale di Poesia “I fiori sull’acqua”) (Imola, Ottobre 2022) ****************************** LA DONNA È SEMPLICEMENTE ARTE Uomini, abbiate quell'orgoglio infinito di mettervi in ginocchio di fronte ad un fiore, ad una aurora boreale, ad una Donna, a tutte le Donne del Mondo. Sono i sospiri colorati degli Angeli e petali di gioia. L’arroganza è figlia della stupidità. Non farla nascere dentro te, meglio abortire. Lasciati letteralmente sbriciolare il cuore dall’Arte, dalle carezze e dall’Amore. Basta uno sguardo, un tocco, un sospiro. Una coccinella impertinente. Usa quei 5 sensi che ti hanno dato, con Amore. Fino a farli consumare. Se ci riesci. Niente è più disgraziato di buttare il tempo e non sorridere alla Vita. Diventeresti di marmo. Ecco, quello vallo a guardare nei capolavori di Michelangelo, Canova e compari. Quello è un buon motivo per svenire, come per il tocco lieve di una Donna; come il tuo primo bacio e l’ultimo respiro. Dannazione, e piangi ogni tanto. Di gioia. ©Martin Palmadessa - 08.03.2023 (Menzioni d’Onore al IV Premio Letterario Nazionale “Dai monti ai laghi”) (Arezzo, Ottobre 2020), ****************************** Ho guardato, per scelta, e fino alla fine, un video dove lapidano una Donna in Afghanistan. L'ho vista morire. So esattamente quale è stata la pietra letale. Mai più. Messa in una fossa, trasportata dentro un lenzuolo viva, Donna, femmina, urlante, un urlo nero. Buttata lì dentro, senza difese e con un branco di uomini-bestia a lanciare pietre. Da vicino. E le coprono il viso, il volto, con un velo del cazzo per non guardare la vergogna di quello che stanno facendo. Si difende con le mani, vedi solo quelle... Poi le riassettano il sudario, il copricapo, il copri-occhi. E sblam... una pietrata in fronte, poi sul corpo, poi tutti quanti, tutti maschi e armati, lanciano pietre, e prendono la mira. È uguale dove colpisci ma vuoi mettere? E un disumano va a vedere a che punto siamo con la macellazione. Ancora copriamo lo scempio e finiamola. Un deficiente filma tutto. Vedo le mani che cercano di proteggersi ancora. Non può farlo. Non sente più dolore. Ma è viva. Ancora. Probabilmente chiede giustizia. Giustiziatemi. Subito. Trova chi lo fa. Una grossa pietra le sfonda il cranio da dietro, tanto non si vede nemmeno il sangue. C'è il foulard correttamente buttato su un corpo vivente come una sfilata di morte. E le braccia cadono, come foglie morte sul colpo, come un felice trapasso ad un posto senza pietre, senza dolore imposto gratis. Il cretino va a controllare se è morta o fa finta. Magari un'altra pietrata te la tiro. E sono tutti armati. Basterebbe un colpo. Quindi siete figli di puttana. È morta. L'hanno lasciata nel buco. Pieno di pietre. Non si sa nemmeno cosa avesse fatto di male. Dovreste sparire* tutti. Ciascuno. Allo stesso modo. Lapidati da Donne, e dal fantasma di LEI che non ha nemmeno un nome ma che chiameremo “DONNA”. ©Martin Palmadessa - 02.02.2020 (*sparire è *morire sulla silloge "L'Amore è una Guerra "pubblicata da Edizioni Setteponti il 26 Maggio 2021, unico Editore che ha voluto pubblicarla. FACEBOOK mi ha bannato 4 volte per questa,)
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I Ponti di Madison County
L'Arte del dire troppo non è cosa da tutti. E quello di scrivere ancora meno. Ci vuole del gran talento e pure smisurato. Ma senti che cazzo dici? Ma hai letto quello che scrivi? Ogni parola lasciata in eredità traccia solchi profondi, difficili da colmare. È una responsabilità, spesso sottovalutata. Non ci sarà mai nulla di paragonabile, divina saetta nel cuore. Invano. Tutto inutile, se non l'avere reso irrecuperabile un tocco. Si lasciano cadaveri di anime perdute nuvole di vite mai vissute per davvero sul percorso del tempo. Tutto con una consapevolezza viscerale. Ma a chi riguarda? A chi davvero sa e tace. Tace il non essere cosa buona e giusta, ma resta... e di grazia plena. Aborto. Vite perse, uccise, per dare l'alito di un respiro ad altre che pure interessano il giusto. Soffrire per non far soffrire si soffre comunque si soffre e basta. Ma soffrendo forse si darebbe un senso a tutta questa ipocrisia. E allora soffriamo dai. Già, per dare un motivo a ciò che non ne ha. Un titolo, un senso di colpa o il dovere, valgono più di un sentimento vero più della verità di una carezza della consapevolezza di sé stessi. Stai lì.... forse è davvero il tuo posto. Chi può tenere al guinzaglio un'Anima irrequieta? Chi riesce a bendare la sua passione senza preoccuparsi nemmeno per un attimo che ce ne possa essere abbastanza da poterla condividere al mondo. No, nessuno può accedere. La meraviglia è che non può funzionare per sempre. Ci si dovrà fare i conti. Arriva tranquillo, arriva per tutti. È come voler fermare una reazione a catena...impossibile. Non si ha più voglia di vedere la felicità altrui se prima non è stato appagato il proprio ego. Si continua a fare i soprammobili ... IO vivo e decido IO dove stare. Il rischio non è per tutti. La confort-zone è pantano. Chi si accontenta muore. E allora muori. Accontentati. Bravo predicatore e mediocre razzolatore. Coerente però, almeno una volta. Insulto vero. Vita fasulla. Vivila allora questa farsa e auto insultati senza fine. Anzi la fine l'hai tracciata tu. Questa volta… Non c'è niente di più viscido dell'omertà. ©Martin Palmadessa (Da "L'AMORE E' UNA GUERRA", Maggio 2021, Edizioni Setteponti)
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Vorrei invecchiare con te
Sì ma prima donami due giorni del tuo tempo, solo due, o magari 3. Vorrei che mi spiegassi dove NON sono e cosa ci faccio lì. Sono in giardino ora. Questo vento sta davvero rompendo gli equilibri, ed anche un po’ i coglioni. Mi fa piangere gli occhi. Vederlo, il mio tempo, condividerlo con rabbia passionale per guardare un foglio vuoto che si riempie di vuoti nei miei occhi. Vedermi gettare l’Anima su un luogo che non parla, osservare i miei silenzi eterni e sguardi fissi per secondi velocissimi. Per poi imbrattare una tela con spruzzi di una forza che non ho. Davvero vuoi questo? Davvero vuoi vivere questo mio tempo perennemente in sofferenza? Passeresti da fontane infinite di gioie a impietosi nuclei di solitudine. Sorrisi sì, sempre. I tuoi. Cacciatore di Anime che trapassano lo spazio, come Vampiro fermo che ti guarda gli occhi e cattura le tue parole attraverso i movimenti del tuo volto. Questo vuoi? Sentire il dolore e la gioia della gente, e la stupidità che accompagna chi non sa amare ma lo pretende? Farti scoglio per prendere ceffoni dal mare inquieto e in tempesta di coloro che non vivono, ma passano e basta? È difficile altalena, senza colore ma con MILLE anime dentro. Non è più la tua vita, è una galassia di stelle, tutte più grandi di te. E loro sono il Sole, tu sei la faccia scura della Luna. E gli dai la vita eterna su un foglio. Intanto stai perdendo la tua, che nessuno scrive per te. Davvero è questo che vuoi? Davvero? Io sono in due. Metà è blu. Opera presente nella Sillege "TANTA ROBA DI ME" (Aletti Editore, Febbraio 2020)
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Luna Park
Mi salta in faccia la polvere della Festa dell’Unità. Cammino in mezzo ad occhi altissimi ed io sono piccolo, al confronto. Ho in mano quello per cui sono venuto qui. Lo zucchero filato rosa e una liquirizia. Sfilano persone abbracciate, e tutte col sorriso della domenica, col sorriso di che cosa ancora non capisco. A me scappa la pipì e non mi viene da ridere. Torno da mamma e papà. Stanno bevendo un bicchiere di acqua con un limone dentro e tanto ghiaccio. Forse lo zucchero filato era finito. Si alza la mia Mamma e mi prende la mano ma io non voglio lasciare il mio bastone di zucchero. Forse non ho più la pipì. Invece sì. Allora lo divoro. C’è ancora polvere e ho anche un sassolino dentro la scarpa che mi dà fastidio. Vedo gente che si sposta, che si muove, che si tiene le mani. Non riesco a vederli in viso, sono troppo alti. Il sole mi dà fastidio. Chissà che tipo di giochi fanno insieme. E chissà se gli piace lo zucchero rosa o quello bianco. Beh, a me piace quello rosa. Vado a fare la pipì. Ma dopo torno!!! ©Martin Palmadessa - 13.05.2020 Tratto da "Tanta roba di me"
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Si scrive così
Si scrive così, a biro. Così. Punto. Ho riletto ciò che ho scritto da poco e mentre ascolto la canzone di Jovanotti & Company (che credo abbia rubato alla colonna sonora de “Gli Aristogatti” della Disney) mi spavento. Occhio, non è paura, è spavento. Quello che leggo mi sorprende e mi fa felice ma anche un po' burrosamente triste. Non ricordo quegli attimi seppure ci metta tutto quello che mi porto nello zaino viola dei ricordi. Rileggo. Lo hai scritto tu? -mi chiedo- È buono. È bello. Penso mentre prendo coscienza della realtà. Il cielo ora è ancora greve. Ha però smesso di buttare giù quelle lacrime pungenti e ammantellanti. Il vento ha ripiegato nel suo buio senza fine ed il cielo attende un nuovo squasso per dannare i vivi sulla terra (e per bagnare le tombe dei morti che già si è portato via tra un librare fantabuono di respiro (il respiro)) Tutto tace ed ora niente ha parvenze rosa e turchesi di vita propria. Passano sulla strada orgasmi meccanici di automobili non costruite dal Vento ma da davanzali di futuri sopra le nuvole. “Scrivi per noi”, mi hanno chiesto più volte. Non so se sono in grado di farlo. Forse sono miope. MA PER DIO ora ci proverò. Rischio di credere di creare un sorriso, una speranza. ©Martin Palmadessa - Maggio 2019
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Ti ho baciata di blu
Sono ancora attaccato al calore di un giorno difficile che stempera i giorni difficili. Momento sospeso tra i futuri di femmine che stanno crescendo e uomini che stanno imboccando momenti di gloria perduta e meraviglie riconquistate. Biro in mano. Blu. Rigorosamente. Dà più calore del nero di scelte più o meno sbagliate. Tiro fuori le unghie più che le intenzioni e so che la tua arrendevolezza è feroce. LETALE. Come le lacrime che arriveranno. Arrivano. Le mie in segreto come un’aquila. Ma piovono dolori colorati di fragole e panna. Ancora ci si sfiora. Dolore tra le labbra, gli occhi ed il quadrante impietoso dell’orologio. ... Attendo ... sfodero tutto l’Amore che ho con ancora sulle labbra un futuro pazzesco e sfilo la mia biro blu. Non ho da scrivere, uso un fazzoletto. Torni. 4 occhi. Meraviglioso. La biro ha finito il suo lavoro. Lynn ha avuto il suo bacio. A te non posso più darlo... ma TI HO BACIATA DI BLU. Su un fazzoletto c’è un Universo. ©Martin Palmadessa 20.02.2020
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La nevicata del ciliegio
Piovono petali sui miei pensieri, bianchi e tanti. Mi si riempie il tavolino e così alzo gli occhi e vengo trafitto da una spada di raggio di sole che sfonda i rami del ciliegio in fiore sopra di me, a fianco a me. Come una magia, come fossi fuori dal tempo in una triste favola di un forzato isolamento. E la Primavera esplode ed il vento di sud-ovest schiaffeggia con garbo tiepido gli alberi, fuori dall’ isolamento degli Uomini. E loro si abbandonano. Così petali morbidi nevicano giù dal ciliegio, come una benedizione pasquale su di me. Una coriandolata di piume di Angeli bianchi che sorridono e nevicano meraviglie su di noi. La Natura rinasce sempre e parla con i mezzi che ha. Dunque è ora di tornare ad alzare la testa al cielo. “Alzatevi Uomini, è l’ora della RESURREZIONE”. Buona Pasqua ©Martin Palmadessa - 12 Aprile 2020
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