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Raccolta di testi in prosa di Martin Palmadessa
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

L’Amore è una guerra

Danzi dentro la mia testa da sempre.

Un vaso di Pandora già aperto e questo è di una gravità pari al tempo che precede il tonfo di una tazza di porcellana sul pavimento duro e ruvido di un cuore di finto marmo.

Rumori di ghiaccio stanno per arrivare.

Non c’è l’insoluto. Questo è grave. E’ magma.

Dio punisce chi ha le ali e non vola.

Dicono che uccida più la lingua della spada eppure le lingue di fuoco che trovo nel mio cuore fanno meno male della spada di Damocle. Quindi?

Il delitto non è proporzionale al castigo da subire ogni dannata volta che immagino lo sguardo blu profondo di una stella marina che mi osserva dal mare sconfinato del cielo.

Dovunque ti giri, comunque tu ti muova farai dei danni, vetraio. E non sei infrangibile.

Metti il cuore in una teca antiproiettile e verrai fulminato dal killer delle tue intenzioni più dolci.

Sei morto a prescindere.

Il killer sarai stato sempre e comunque tu.

Non esiste perdono.

 

©Martin Palmadessa 29 Gennaio 2020 – Ore 12:25 - Mercoledì

 

*Menzione di Merito, testo in Antologia

II Concorso “LA PANCHINA DEI VERSI” 

(Roma, Giugno 2021)

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

Componimento di apertura di "L'Amore è una guerra"

https://www.larecherche.it/testo.asp?Id=3290&Tabella=Articolo

 

 

 

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Viaggio di un secondo

Da ieri sera il Fauno (da ora Martin lo chiamerò così) è rimasto da noi a dormire. Stamattina dovevamo partire alla volta di Venezia.

Abbiamo optato per il treno, mi sembrava una buona occasione per un’avventura diversa, più economica e pulita dell’automobile. Così siamo andati ad Imola ed abbiamo preso il treno per Bologna. 4 bagagli e 2 zaini.

A Bologna abbiamo aspettato il treno “Italo” che avevamo prenotato dall’Azienda la sera prima. Nonostante i biglietti consecutivi eravamo in due carrozze diverse. Partiti.

Come sempre il treno ha il suo fascino perché ci sono sempre persone differenti e volti mai visti confusi nei propri personali pensieri.

A lato il paesaggio corre veloce mescolando colori e suoni al passare del tempo.

Tecnicamente potrebbe sembrare, spostando il punto di vista, che il treno sia fermo e la terra stia girando velocemente scorrendo sul quadro in movimento le cui cornici sono i profili dei finestrini.

Il Fauno era infilato dentro la realtà virtuale del tablet mentre io semplicemente cercavo dettagli difficili in ogni cosa che vedevo.

Venezia. Ore: Che cambia?

Un’ora e 20’ circa fa eravamo ad Imola.

Ieri, a quest’ora, ancora al lavoro.

Come folletti ubiqui ci eravamo spostati di 200 km sulla superficie terrestre.

Altro tempo, altro spazio, altro clima, altro orizzonte. Ancora, comunque, Italia.

E ancora, comunque, terra.

Venezia era uno spartiacque tra la terra ed il mare che avremmo di lì a poco attraversato.

Il Fauno era molto contento ed era scatenato come un gatto tra i topi.

Venezia resta una città che non mi piace ma che obiettivamente resta un capolavoro assoluto di architettura ed è, morfologicamente, forse la più straordinaria del mondo.

Ci siamo fermati in un ristorante per mangiare ma quando abbiamo letto il listino prezzi ci siamo alzati per andare in un bar dove i prezzi erano più normali. Va bene spendere i soldi ma darne il doppio per la stessa merce non va bene.

Verso le 14:00 abbiamo preso il “treno volante” per l’imbarco, il “People Mover”. Eravamo una bella carovana. Pronti per la vacanza.

La nave era veramente enorme e noi siamo saliti a bordo. Pronti per distruggere il passato prossimo e navigare verso il presente futuristico.

Il viaggio è iniziato, ore 18:30 circa. Vediamo la terra dal mare e vediamo anche che la vacanza è cominciata. 

Dentro la nave il Fauno è impazzito.

Io anche un po' meno solo perché riuscivo a contenere un entusiasmo che era al limite del comprensibile.

La nave era come se fosse un palazzo perfetto.

Ascensori esterni a vista che si muovevano sopra e sotto in mezzo ad un tripudio di luci, colori, statue, architetture che non lasciavano spazio alla morale della mente.

Tu, in mezzo al mare, sei come dentro ad un albergo a 6 stelle. Impensabile il fatto che ti muovi di continuo mentre la tua vita scorre.

La presa di coscienza che il Fauno aveva avuto un sussulto al cuore importante è stato molto molto importante anche per me.

Ci siamo sistemati nelle cabine, due separate, ma vicine. Poi siamo andati alla scoperta della nave. Lunga circa 280 metri x 30 su 9 ponti.

C’era praticamente tutto, piscine, saune e tutto ciò che ti può venire in mente.

Già da lì si cominciava a respirare aria di estero visto che, anche se ancora in Italia, tutti parlavano inglese.

Alla sera siamo salpati alla volta di Trieste mentre mangiavamo. La sensazione di vedere Venezia dall’alto che si allontanava era piuttosto strana.

Martin era preso da tutte le cose che vedeva perché erano volutamente appariscenti. Tutte. Tranne il mare. Quello era lì sotto, maestoso e calmo, e dava il suo senso di profondo.

Poi la prima notte in nave.

Trieste, 06 Agosto 2016

Vacanze cominciate, per davvero.

La prima meraviglia è stata proprio quella di comprendere che eravamo in vacanza. Sul ponte della nave si poteva comprendere distintamente il disagio della bora che soffiava in maniera oltremodo fastidiosa. Siamo rimasti in nave.

Una sensazione particolare affiorava ogni volta che guardavi il mare. Alcune volte era fermo, alcune volte eri tu che ti muovevi.

Ma dentro, a bordo piscina, era come essere fermi. Potevamo essere in piscina ad Imola. La stessa cosa.

Nel frattempo però mi godevo il tempo che scorreva senza avere paletti radioattivi sulla strada. Lì veramente navigavo a vista. Ma stavolta ero in nave.

Trieste è passata come una meteora invisibile mentre il Fauno era completamente circondato da qualunque cosa. Nel senso che pareva di essere a Las Vegas ed era tutto talmente luccicante e calamitoso che non era possibile vivere senza stupore. Addirittura non pareva di essere in ferie ma in un film.

Ogni volta che qualcuno aveva sete capivo che qualcosa non funzionava. O meglio funzionavano le carte di credito.

Pareva di essere diventato il pozzo dei desideri.

Loro bravi a creare un circolo perfetto perché la carta te la forniscono direttamente loro.

È una carta di debito. Debitamente controllata!

Ero sveglio.

Spalato, Croazia, Domenica 07 Agosto 2016

Nulla cambia se navighi di notte. Dentro al ventre della nave è come essere nella pancia della balena di Pinocchio.

Non ha più importanza dove sei e purtroppo nemmeno come ci sei arrivato.

Mio figlio era lì, Aurora pure, anche se pareva non fosse il suo luogo migliore.

Forse non aveva un luogo “migliore”.

La presenza di mio figlio era per me qualcosa di vagamente terribile. Cioè… ero lì per lui? Ero lì con lui? Ero con mia moglie? Ero lì con Aurora? Ero lì?

Abbiamo continuato a non scendere a terra perché dentro c’era già un mondo sufficientemente appagante per tutti.

Comunque eravamo in un paese estero e per me era meraviglioso pensare che il Fauno era all’estero. Non in Italia.

Pensavo che per lui fosse qualcosa per cui sorridere. E non sbagliavo.

Il Fauno era di una felicità che non può essere spiegata se non vista. La sua luminosità era così forte da non ammettere alcuna replica.

Ora tu pensa a cosa stavo pensando io in quel momento. Perché tu c’eri ed io anche. Ricordi? Forse no. O forse sì, Fauno. Perché non avrai mai modo di capire il flusso del tempo, soprattutto se il tempo ti porta via il tempo di capire che cosa sta succedendo.

La nave continuava ad andare mentre noi mangiavamo manicaretti e tu la solita Coca-Cola.

Arriviamo a Kotor. E a Kotor scendiamo.

Ancora un altro Stato, ancora un altro Paese su cui stavamo mettendo i piedi e li facevo mettere al Fauno. Come sempre, quasi come un’ossessione che mi accompagna dall’America, non solo voglio le foto dei cartelli del luogo in cui sono, ma li cerco per fissare un momento in un preciso luogo della Terra. Dunque foto alla dogana del porto sotto la bandiera rossa del Montenegro. Il poco tempo non dava prospettive alle fantasie ma era un buon metro per comprendere che nessuno dei minuti che si stavano vivendo andava perduto.

Intorno a noi le montagne ispide mi davano l’impressione di un territorio ostile alla quotidianità del ceto medio.

Pareva davvero che dove eravamo sbarcati fosse come Rimini ma dietro non c’era la Pianura Padana. Obiettivamente nella striscia del porto e nella cittadina circondata dalle mura si potevano vedere tante persone di etnìa diversa ma non il Montenegro. Non quello vero.

Come pensare che Taormina sia la Sicilia ed Enna no. Eppure lì, mentre bevevamo una birra locale, una Coca-Cola e pagavamo un conto veramente basso si stava bene e Martin piccolo continuava a farmi sentire fiero di averlo portato con noi, e comunque in una piccola avventura. Mia moglie era per me perennemente assente. Nel senso che provo un disagio innaturale di non poter condividere con lei neppure le notti, mentre durante il giorno eravamo e dovevamo essere genitori responsabili. Mentre dondolavamo tra il corso principale e le bancarelle ci siamo imbattuti in un chioschetto che vendeva pannocchie appena cotte. Un po' come a Bologna 20 anni fa le castagne (caldarroste) sotto i portici.

Il Fauno è impazzito e abbiamo comprato una pannocchia. Era veramente buona e Martin ha detto che non aveva mai mangiato una cosa così buona. “Qui sì che le sanno fare…”

Sorridevo… da noi non le facciamo più!

Un vero peccato. Segno dei tempi in progressivo sviluppo che rischiano di sviluppare solo meravigliose foto di tempi andati. Poi alla sera, dopo un ulteriore delirio di inutile lusso estremo, che pure confondeva la realtà, siamo andati a letto con mio figlio che mi si avvinghiava addosso e ripeteva, tra il serio e il faceto: “KOTOR KOTOR KOTOR”.

Quasi una conquista. Era felice.

Katakolon, Grecia, 09 Agosto 2016 Martedì.

Siamo in Grecia. Ancora un altro Stato.

Ormai noi non ormeggiamo più sulla barca e, pur non facendoci fuorviare dalle sirene delle escursioni, ci arrangiavamo a piedi per vedere posti nuovi.

Olympia. Prendiamo un autobus dopo aver trattato il prezzo e andiamo verso i resti di Olympia. Forse il viaggio è stata la cosa più divertente: l’autista era da ricovero TSO.

Poi per vedere le rovine ci chiedevano 12 euro a testa e per un’ora era veramente troppo.

Il vincolo degli orari di salpaggio della nave ci hanno consigliato di andare a vedere il sito da una piccola altura, costeggiando la strada.

Ma il bello era già lì: camminare con gli zaini e non essere sempre nei soliti posti. E il Fauno non mostrava nessun segno di cedimento fisico che noi grandi pensiamo. Alcune volte crediamo di essere più forti di loro e, peggio, che non possano sostenere i tuoi ritmi. Ci sbagliamo. Non nel pensiero. Nel modo.

Tornati sulla nave il luccichìo del mare ha lasciato il posto all’opaco turbinìo sfavillante del progresso moderno.

Lì dentro c’era veramente tutto ciò che non serve ma che fa credere all’essere umano di essere un Re. Basta che paghi.

E poi a letto, con Martin che mi si arriccia addosso come un pangolino ed io che, pur provando un male assurdo alla schiena, non vedo l’ora che questo succeda.

Il braccio intorno al collo e poi tutto il Fauno sopra la schiena. Infine… Morfeo.

Corfù, Grecia, 10 Agosto 2016 Mercoledì

Avventura, ancora. Fuori dalla nave di Pinocchio. Fuori dal ventre pieno di meraviglie effimere. Andiamo a vedere cosa c’è fuori.

Così ci inerpichiamo per strade orizzontali e piane. Non passa molto che troviamo un SPA strana in mezzo al Mediterraneo. Tra centinaia di negozi e vendite di ogni bene inutile vedo la cosa più assurda che mai avessi visto. Un luogo dove i pesci ti puliscono i piedi. Guardo dentro e penso a quello che si possa provare. E non ci penso neppure un minuto sul fatto che bisognava provare. Tratto il prezzo. Cattivo.

Nel senso che l’alternativa è il NULLA: Trovo un modo di avere vantaggio e chiudo l’accordo.

Aurora, Martin, Fede si fanno “mangiare” i piedi dai pesciolini. ½ prezzo.

Praticamente si mettono i piedi dentro ad una vasca piena di pesciolini e loro arrivano a mangiare le impurità che sono intorno. Io sono andato via, a circa 10 metri, in un piccolo ristorante di fronte, con davanti a me un ulivo che urlava al cielo la testimonianza della gloria di un tempo di quei luoghi. Avrebbero dovuto durare circa 20 minuti, ma la seduta è durata oltre un’ora.

I pesci che mangiavano i piedi sono tutt’oggi qualcosa che non si dimentica.

Questo è stata per noi Corfù.

 Io, nell’attesa, ho chiesto un po' di vino del Peloponneso, bianco, e aspettavo. Erano tutti felici, una sensazione straordinaria. Il Fauno mi ha detto: “Babbo, e tu? “La prossima volta”, ho risposto. Sereno. Loro stavano bene. Fantastico.

Questo è stato per me Corfù.

E non è assolutamente poco.

Dubrovnik, Croazia, 11Agosto 2016 Giovedì

Il tempo non prometteva nulla di buono ma non si stava affatto male. E forse non avrebbe piovuto. Eravamo in Dalmazia, regione della Croazia. “Necesse est” visitare la città. Andiamo. Mia moglie, bellissima, coi capelli di una tonalità più scura del rame ma comunque rossa è con noi. Entriamo nella città fortificata e a me pare di entrare nel medioevo.

Indiscutibilmente bellissima e volutamente possente. Le mura intorno parevano essere baluardi che non potevano essere sfondati e che davano un senso di sicurezza estremo. Il ciottolato invece non ha niente da invidiare alla pavimentazione di San Pietro.

Come tutte le città turistiche eravamo di fronte a flotte di turisti e visitatori di ogni parte del globo. Il Fauno pareva un passerotto che zampettava senza alcun pensiero mentre sua fanta-sorella sembrava stesse scontando una pena ergastolana. Non è mai stata con noi, era sempre dentro al telefonino.

Poi, al centro di un crocevia c’era un gruppo di persone, un piccolo assembramento. C’erano due donne con dei pappagalli multicolori. Volevo fotografarli ma, ovviamente, chiedevano soldi. Così Martin si è convinto che voleva la foto con i pappagalli addosso e per 1 euro gli sono stati messi addosso i pennuti multicolore che erano più grandi di lui.

Ricordi strepitosi di sguardi meno timorosi di ciò che non si pensasse prima.

Abbiamo continuato a girovagare per questa città impossibile da invadere con forze di terra fino a quando non c’era più niente da vedere. Fuori dalle mura teoricamente saremmo dovuti rientrare dal medioevo al presente e invece forse si era regrediti al giurassico. Oserei dire che non vi fosse una dicotomia, ma una tricotomia.

Sulla nave era come essere sull’Enterprise di Star Trek, a Dubrovnik si poteva probabilmente posteggiare con i cavalieri templari e magari difendersi con spade e balestre, fuori dalle mura era un presente talmente medievale da non avere un’idea di futuro immediato. Ai miei occhi. Si vagava felicemente quasi per inerzia.

Il viaggio stava finendo e me ne rendevo conto molto bene. Da lì a poco avremmo dovuto ricordare un ricordo.

Qualcosa che stavamo scrivendo in quei singoli, precisi, continui attimi di vita che ogni secondo successivo divenivano scoloriti.

Non c’era tempo perché si salpava alle 13 alla volta di Venezia. Mi tornava in mente già un passato prossimo sul molo di Trieste, dove ci avevano proposto di mangiare uno squalo.

“Tutta la vita” mi mangio lo squalo, portalo!

Poi però ci hanno detto che non era buono perché del giorno prima e così mi hanno distrutto un sogno che avevo già pensato sarebbe stata una cartolina da portare con me e mio figlio per sempre. Niente squalo.

Ci hanno mangiato loro, gli squali di terra, quelli che hanno non la spada laser, ma gli strisciatori di carte di credito di plastica.

Così siamo rientrati nell’astronave e ci siamo goduti il rientro a Venezia mangiando come dei porcelli mai sazi. Probabilmente se il Fauno avesse assorbito tutto quello che ha mangiato lo avrei riportato da sua madre il doppio di quando lo avevo preso.

Venezia, Italia, 12 Agosto 2016 Domenica

La fine dell’inizio, l’inizio della fine.

Ora era importante il ritorno a casa.

Gli zaini erano pieni di ricordi, quasi come fossero forzieri di pietre preziose da tirare fuori al momento opportuno. E con il treno abbiamo tagliato il Veneto e ci siamo infilzati a Bologna per poi fiondarci verso Imola. Tutto finito. Tutto compiuto. Quasi come se non fossimo mai partiti.

Adesso io però avevo in mente un’altra cosa importante: volevo anche io il tempo egoista per me e mia moglie.

Ora sarebbe toccato a noi.

 

©Martin Palmadessa - 2016

 

 

Bio-bibliografia Martin 

https://www.larecherche.it/biografia.asp?Utente=martin&Tabella=Biografie

 

Intervista Martin

https://www.larecherche.it/testo.asp?Id=3200&Tabella=Articolo

 

Libri Martin

https://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Articolo&Id=3266

 

 

 

 

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Sognare non è gratis

Trovo agghiacciante sentire frasi del tipo:

“TANTO SOGNARE NON COSTA NIENTE”.

Di solito lo si fa quando si cerca qualcosa che non si ha o non si può avere o pare vera utopia. Miracoli?

 

Cazzate tipo queste... tipo un figlio che vorresti avere e non puoi, avere indietro una persona cara, avere la salute, la felicità, una vita tranquilla, la fortuna che tutto vada bene a tuo figlio, una guarigione definitiva per sorridere, un buon compagno o compagna, la pace nel mondo e che siano tutti più buoni, l’Amore vero o magari un po’ di soldi, anche se non servono ad un cazzo se non hai le cose di prima.

Pensa a quello che hai.

 

Dunque credo che, invece,

COSTA DANNATAMENTE CARO SOGNARE.

Se così non fosse io sarei Babbo Natale e distribuirei, a ciascuno, ciò di cui ha bisogno o che anche solo desideri.

Ma non ho le renne volanti.

Dunque è ancora più frustrante ed IMMENSAMENTE COSTOSO sognarlo.

Quasi folle pensarlo.

Babbo Natale non esiste ma lasciamo che siano i bambini a sognare.

Noi siamo grandi, e SENZA RENNE.

Loro hanno anche gli unicorni colorati.

 

Buon Natale a tutti.

 

Martin Palmadessa

"Se smetti di sognare, è meglio che dormi"

 

©Martin Palmadessa Testo inedito

https://www.libreriauniversitaria.it/libri-autore_martin+palmadessa-palmadessa_martin.htm

 

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Magellano

Gli astronauti conoscono bene cosa è

e come funziona “L’effetto fionda”.

Sulla terra un po’ meno.

Ovvero, essendoci gravità ed attrito

il risultato è profondamente diverso.

Sono proprio due cose differenti.

Qui l’elastico se lo tiri troppo cede.

Lassù non c’è proprio l’elastico.

Rimbalzare su un intero pianeta come un chicco di grano

su un campo di spighe deve essere magnifico.

Non esiste il contatto, sono atmosfere diverse, simili ma lontane.

A forza di tirare l’elastico succede che poi

o uccidi Golia o si straccia l’elastico.

Poi ti fiondi altrove.

Per certi versi sulla Terra è più semplice.

Tagli l’elastico e vaffanculo a tutti.

Nello spazio, compreso anche quello delle tue intenzioni,

ci sono correnti gravitazionali e di attrazione

che non solo non ti lasciano decidere;

non ti lasciano scampo.

E quando continui ad orbitare

intorno a pianeti che ti attraggono

non puoi tagliare l’elastico,

e nemmeno la corda.

Devi far saltare per aria tutta l’astronave.

Ma tu ci sei dentro. Suicidio inutile.

Quindi?

Abbatti Golia o circumnavighi la Terra

come un Magellano del 3000 per sempre?

Devi fare una scelta.

E ricorda bene che sei sulla Terra.

 

©Martin Palmadessa 09.02.2020 - Ore 11:38 - Domenica

 

Da"Tanta roba di me", Aletti Editore, 26 Febbraio 2021

  

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Esistenze dimezzate

Un tempo gli esseri umani erano un’unità intera sia femminile che maschile, erano a forma di uovo, avevano 4 braccia, 4 gambe, una testa e due volti. Vollero sfidare gli Dei e se stessi alla ricerca di qualcosa che mancava pur non potendo mancare nella loro interezza, mentre gli Dei erano interi pur essendo ammezzati rispetto a loro.

Così iniziarono a scalare il monte Olimpo, per arrivare a comprendere e capire se l’interezza fosse poi così intera e perché mai questi Dei fossero perfetti pur essendo la metà dell’intero che però per tutti rappresentava un concetto divino e assoluto di perfezione. Gli Dei non avevano tanta voglia di stare lì a spiegare come funzionasse tutta la giostra e men che meno potevano svelare il fatto che nell’Olimpo ci fosse un vero e proprio bordello, nascosto dalle nuvole e che nessuno poteva vedere né dunque capire. Come spiegargli la meraviglia dell’Amore assoluto, eterno, immutabile che avevano donato agli esseri umani negandogli però l’immortalità fisica che loro avevano? Come spiegare il perché di tutta questa divina benevolenza a questi esseri di fatto completi? 

La decisione fu presa all’unanimità, a decorrenza immediata ed irreversibile.

Tutti gli esseri umani-uovo vennero divisi a metà, non prima di avergli spostato i genitali nella parte esterna del corpo. Da quel momento ogni essere avrebbe avuto un’esistenza dimezzata, sempre mortale, ma più simile alle caratteristiche degli stessi Dei.

Il ritorno fu più drammatico del previsto, la consapevolezza si fece ogni giorno più pressante e dirompente, iniziarono a prendere forma i colori, i profumi color sabbia e fuoco, i drammi delle mancanze fredde come cascate di incertezze e perenni necessità. Alla stregua di viandanti con una nuova verità in tasca che avrebbero voluto rendere, e croci di legno strozzate in gola perché nessuno voleva far domande a risposte che non voleva sentire, ogni singolo essere si sentì improvvisamente solo in mezzo a un miliardo di gente.

Vi era chi si metteva ad argomentare con gli alberi che davano solo risposte fruscianti, chi si fermava davanti a torrenti in cui immergeva le mani per raffrescarsi il volto subendo gli schiaffoni di riflesso da quell’acqua corrente in cui ora era limpido e cristallino che non ci si poteva più bagnare due volte, e ci fu anche chi solo in quel momento prese coscienza di come stavano le cose per davvero e come gli Dei avessero liberato tutti da una interminabile “perfezione” delle linee dritte come encefalogrammi ormai piatti.

Il cuore cominciava a battere di rosso e all’improvviso, come se fosse rimasto per terra troppo a lungo e come se non ci fosse mai stato. Fu indicibile rendersi conto di essere stati liberati dalla galera della convinzione che considerare la “comfort-zone” come pantano o sabbie mobili fosse una litote più che un eufemismo.

Ora si era soli, ciascuno solo, e l’unica cosa che aveva una ragione ed un senso profondissimo in questo cammino di ritorno era cercare la metà mancante, dispersa in chissà quale luogo della Terra.

Il cammino era però minato dal Tempo e dunque gli esseri iniziarono a riflettere che si dovesse fare anche la rivoluzione piuttosto che spolverare le lapidi pur di trovare, a costo di creare infarti a sé stessi e agli altri, quello che li avrebbe completati di nuovo e resi felici, pur in quel poco tempo che gli sarebbe rimasto da vivere.

Ad oggi è ancora così e il cammino di andata e di ritorno sono esattamente la stessa cosa, con la piccola differenza che quello che prima era una ricerca della ragione delle cose ora è divenuta la certezza che l’interezza la si raggiunge solo nel momento in cui la nostra vita non è più un’esistenza dimezzata. A quel punto il crinale del Tempo deve piegarsi ad un orizzonte che non è più senza una meta.

 

©Martin Palmadessa – 07.07.2023

(Testo ancora inedito)

 

 

 

 

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Lo scrittore

ZITTO, ASCOLTA I VIVI SILENTI.

Devi usare le pupille per ascoltare il mondo. 

Toccare con lo sguardo i profumi

del tempo che passa. 

Prendi quel treno indaco

che ti porta sulle nebulose inquiete

e distendi le mani

sui pensieri più profondi che hai. 

Osa l’Impossibile con la tua biro blu

per lanciare arpioni

e sconfiggere la Morte terrena.

Arriveranno miliardi di petali di rosa

e tu nuoterai tra i fiori.

  

ZITTO, ASCOLTA I VIVI MORENTI.

Muori per loro. Regalagli un sorriso, una poesia, un soffio di vita colorata. 

Dai fuoco al sole delle intenzioni.

Sei un lanciafiamme di Amore senza tempo e

devi condividere.

Spruzza parole

generosamente e violentemente importanti

su chi ha abbandonato

la nave della vita

ma è ancora sulle onde.

  

ZITTO, ASCOLTA I VIVI.

Devi ascoltarli tutti: ciascuno. 

Piantati nelle loro Anime e strappagli il cuore.

Tra le tue mani devi poi strizzarlo

come un limone rosso-sangue

e rappresentare

il loro dolore ed il loro miele granuloso

che è ciò che lo fa continuare a battere.

Con GRAZIA, fallo con grazia, per Dio.

Potresti uccidere.

È una responsabilità che devi (DEVI) prendere. Sei come un medico.

Ippocrate può spiegartelo molto meglio di me.

  

ZITTO, ASCOLTA E BASTA.

Tutto, devi sentire tutto. Devi ascoltare tutto.

Ogni piccola particella che sposta l’aria.

E devi “sentire” anche quelle silenti e silenziose, che non la spostano, DOTTORE.

Tocca a te ogni istante, lascerai impronte importanti: devi fare la biografia di ogni vita.

Morirai per questo

perché non potrai mai farlo,

non di ciascuna.

  

ZITTO.

Ora tocca ancora a te, tanto per cambiare. 

Ma non puoi parlare. 

Sei un guerriero senza spada.

Ti hanno anche tolto la biro,

forse non servi più ad un cazzo di niente. 

Ascolta e basta. 

E senti tutto: fruscii di pettirossi

e tamburi di Anime in subbuglio

come pentole in ebollizione sui fornelli.

Non puoi parlare.

Crepitìo del caminetto acceso,

cuori che bruciano

ed urlano.

Non puoi parlare.

Sedie che si spostano velocemente

verso il posto più nascosto che c’è.

E tu non sai dove è il punto

in cui ci si ferma ad aspettare.

Muto.

Implodi nel cuore e nell’Anima

ma stai molto calmo,

devi stare molto calmo,

diversamente daresti fuoco a tutto.

Sorridi incazzato come una sequoia

ma resti in silenzio. Un silenzio vulcanico.

Devi stare zitto. Fa male. Ma lo fai.

  

ORA PUOI PARLARE.

Ridatemi la mia biro blu, per Dio, devo scrivere.

Che devo fermare il Tempo,

almeno sulla carta.

 

©Martin Palmadessa -18 Gennaio 2020 – Ore 18:26 - Sabato

 

Da; "Tanta roba di me" Aletti Editore, 29 Febbraio 2021

Potrebbe essere un'immagine raffigurante testo

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Sto tornando - Prosa in 100 parole

Vedeva ormai le cose attorno

come fantasmi verticali
supino sempre
guardando una stellina lontana.
Amava il silenzio buio
della luce della luna.
Per mano i ricordi
come cuccioli eterni
germogli di marmo rosso
taglienti rose del deserto
mai sbocciate.
Dannatissima feroce mancanza
in quel sorriso lieve
mai di circostanza.
Il tempo più non esisteva
bloccato da profumi persistenti
di un Amore perduto per sempre.
Profondo blu scorreva sotto
al ponte di pietra del cuore.
Guardò giù, sorrise piano.
Con la mano a catturar le stelle
precipitò supino, orizzontale, felice.
"Vengo a prenderti"

 

© Martin Palmadessa 28.11.2020

 

*Poeta insignito del Titolo di

 “LODEVOLE AUTORE DI PROSA SINTETICA”

 XVII Concorso Internazionale di Poesia

“Massa Città fiabesca–M’illumino scrivendo”

 per l’Opera di Prosa Sintetica in 100 parole

 “STO TORNANDO”.

(Massa Carrara, 03 Agosto 2023),

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo

Edito in "Gocce di sangue blu sotto al ciliegio viste dalla balaustra del mio giardino", Edizioni Ssetteponti, 26 Novembre 2021.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

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L’abbraccio della notte

Confuso. Felice. Oltre la divina e umana considerazione del proprio e dell’altrui essere.

Schiacciato da una moltitudine di stravaganti e colorate meraviglie, da arcobaleni neri e traslucidi, da verdi e vellutate proiezioni di vite sempre nuove e differenti, da girandole di emozioni cercate per caso e trovate per scelta.

Improbabile la vita, oltre la considerazione spietata ed apparentemente sobria di una percezione voluta, di una emozione indicibile e bruta, violenta e pacifica, inarrestabile e terminale.

Mai, come oggi, il tempo, orologio della mia vita terrena, aveva osato scavalcare paletti così saldi da risultare addirittura instabili, quasi a dimostrarsi porte su orizzonti possibili ed impensabili.

Io ero lì, determinato come un bambino di fronte a giochi nuovi, invitanti, curiosi, coloratamente gommosi, teneri.

Stavo tra il paradiso e il pavimento, tra la possibilità di fare e quella di non scrivere il futuro più prossimo, che avrebbe potuto condizionare il futuro più lontano.Calore, vita, emozione vera, urlo viola ruvido ma dolce, come uno zuccherino donato a qualcuno che non lo può mangiare, non lo può vivere, non lo può gustare.

La vita. Tristemente felice, sconvolgentemente lineare nelle sue forme poliedriche.

Ho amato, per davvero, se così si può dire.

Se il davvero significa per sempre e mai più; se vuole dire prendere senza condizioni, se significa dare senza richieste.

Finisce qui, e ricomincia esattamente dallo stesso punto ogni sacrosanta volta.

 

Infatti da quel momento in poi la passione non ha mai più atteso, sfidando qualunque cosa accadesse o potesse accadere. Ed abbiamo iniziato a lasciare le nostre tracce nel buio, nei luoghi che ho definito come i luoghi dei vampiri mortali, come ci fosse, per noi, una luminosa, rossa, eterna eclissi di sole.

Esistono luoghi così profondi che paiono quadri persi nella memoria.

Ci sono posti in cui puoi andare solo con il ricordo o la fantasia, ed ogni volta è un terremoto che ti solleva la pelle in miliardi di curvature rosa.

Sono posti caldi, come una chiesetta di campagna mentre fuori viene giù così tanta acqua che pare di stare in mezzo al mare. Delle emozioni però.

Ancora, ci sono tane seminascoste dagli alberi in cui puoi sentirti come in una grotta del paleolitico e protetto, mentre la luna normalmente ti accende i sensi e fa luce. Sono quei posti che non vedrai mai di giorno perché l’ombra ne cambierebbe la prospettiva mentre la notte culla i colori tenui ma che a te paiono rossi come un incendio.

Luoghi dove i sensi funzionano tutti insieme e i sospiri si mescolano alla musica.

Sei diventato un vampiro, assetato di Amore e baci che ti trapassano come una pallottola d’argento ogni volta. E ogni volta muori, e risorgi, e rimuori. Ti fa un male animale, come se fossi ogni volta morso da un lupo mannaro.

Ma non puoi farne più a meno. Sei diventato un notturno.

Esistono specchi d’acqua, laghetti, anche loro notturni, dove la superficie riflette la luce delle stelle e pare un pavimento di marmo nero, un’autostrada nel cuore che ti inquieta.

I pesci dormono e su quella panchina, trafitto dalla luce lattiginosa del lampione piantato proprio lì a fianco, c’è ancora il tuo fantasma sdraiato, vestito con un giubbottino leggero, che osserva la luna ed attende un bacio. Milioni di baci.

La notte è un’altra dimensione, l’estate è infinita e senza vento, il caldo è perfetto.

Ti muovi come un gatto nero mescolandoti alla notte, un cercatore di carezze, un maledetto autolesionista perdutamente illuso di essere immortale.

Conosci tutti i posti, ne senti il profumo, mescoli emozioni vissute con nuove bombe alla vaniglia che lasceranno ancora sete, e ancora, e ancora.

Ci sono luoghi speciali, rovine piene di edera in mezzo alle campagne che sembrano alcove verdi che hanno una vita propria.

La notte ti protegge e ti ruba l’Anima e tu continui a bruciare dentro come un fienile in fiamme, come un bacio rubato sotto un acquedotto.

E ancora, nelle notti nebbiose sei nascosto due volte e se c’è la luna piena ti pare di nuotare nel latte.

Pari un fantasma di passaggio, una fiammella di palude, ti pare di stare a San Pietroburgo lungo i canali scuri. Ma ci stai bene perché tu non sei come gli altri e ti ritrovi a confondere il viso che hai vicino con le sagome scure degli alberi lontani.

Ci sono luoghi e momenti eterni che solo i vampiri possono condividere, trasformando le lacrime che colano, perché anche loro piangono, in perle piene di quella tristezza lieve che possono far risorgere le persone. Di certo uccidono e fanno risorgere, ogni volta, la potenza delle emozioni.

Posti feroci, ai bordi di un canale nero e lento che vedi scorrere come il sangue nelle tue vene e in silenzio mentre sfiori e accarezzi e senti cose che non puoi sentire né toccare con il sole.

Boschetti senza lupi, perché al vederti scappano via e tu giochi ad abbracciare una farfalla che non potrai mai avere. Attraversi il corpo con gli abbracci, come se potessi entrarci direttamente per accarezzare il respiro del cuore.

È una dannazione senza ritorno, un gioco al massacro dei sensi che vorresti bloccare ma non lo puoi fare.  La notte la annusi come un orso, senti il profumo dello scorrere del tempo e i respiri indimenticabili del cielo, sospiri rosa e di velluto.

La notte la senti da lontano come un cerbiatto, potresti vedere ogni forma di vita in un battere di ciglia mentre ti manca il pavimento dal cuore solo osservando il cielo da sdraiato per terra tenendo per mano un diamante.

Sei un dannato che torna sui suoi passi felini per ritornare al punto di partenza, quando volendo sfidare i poteri ed i richiami della Notte, come fosse una scommessa, sei stato investito da una luce caldissima che ti ha perforato di traverso, ti ha bendato gli occhi e ti sei ritrovato per terra.

E lì hai perso l’Anima. Per sempre.

Era il 14 Luglio di un anno ormai passato.

 

Ma tu sei ancora lì.

 

©Martin Palmadessa 

 

* 1° Classificato Assoluto

II Premio Nazionale di narrativa inedita

"NOTTE NOIR II"

(Catania, 03 Giugno 2023)

 

** Menzione di Merito, testo in Antologia

IV Premio Internazionale

“FEDOR DOSTOEVSKIJ”

Sezione Narraiva Inedita a

“L’ABBRACCIO DELLA NOTTE”

(Roma, 20 Ottobre 2023).

 

 

*

Paradosso Relativo

Pensavo al fatto che si dica sempre che bisogna unire le forze per produrre di più, che da soli non si va lontano, mentre in due si produce per tre e ci si fa forza a vicenda. Dunque si fanno riunioni di cervelli, si creano team che fanno brainstorming per arrivare al concetto che “l’unione fa la forza”. Per protestare bisogna essere in tanti, in più si è e più sembra avere potenza. Si dovrebbe ottenere più ascolto. In teoria.

A meno che non si voglia fare la rivoluzione armata o la guerra, i numeri contano, a parità di armi. Eppure Dario è capitolato di fronte ad Alessandro con un esercito triplo del suo.

Ora mi viene in mente il buon Einstein.

Che mi lascia di stucco con la sua Teoria.

Sembra quasi dire l’opposto: dividersi per moltiplicare la potenza. E Santo Dio la reazione a catena derivata dalla divisione e non dall’unione la conosciamo tutti.

L’accelerazione che provoca il disgregarsi a catena fa impallidire il sole.

Forse allora si deve giocare con le parole.

Unire un team di ricercatori o un gruppo di persone con competenze specifiche differenti certamente porta a raggiungere un risultato preciso. Se tutti avessero le stesse competenze sarebbe meglio farli lavorare divisi. Ci sarebbero molte e diverse visioni di strade di come arrivare all’obiettivo.

Ora l’esempio calza perfettamente, secondo me, su una potenza ancora più folgorante della bomba atomica: l’Amore.

Su di Lui è stato scritto di tutto fin dai Babilonesi. Come fosse la più straordinaria magnificenza buona e potente dell’universo. Dolce, tenero, colorato, felice, ispiratore di carezze e passioni, poemi... e guerre.

Ora il paradosso è sempre lì.

L’Amore è il più spietato sterminatore di coscienze, pilastri, destini e certezze come niente altro. Per Amore si mente, si uccide, ci si stravolge la vita, ci si suicida, si fanno cose sconsiderate, si sovvertono poteri accertati, si fanno le rivoluzioni.

Ogni Amore, per nascere, deve prima dividere qualcosa di precedente.

La crudeltà di quel sentimento non ha paragoni, non ti guarda in faccia, si nutre di ciò che aveva creato prima in una continua reazione a catena che non ha fine. 

Ognuno di quei ricercatori del team ne ha avuto almeno uno di Amori, forse di più, eppure non si mettono a cercare insieme cosa è e che obiettivo ha. Non c’è l’obiettivo. Non si condivide niente di ciò che ritieni tuo, no. Lo condividi con la compagna. Punto, fine della reazione a catena.

La potenza si limita a due Esseri.

Ma poi, all’improvviso, un’equazione improvvisa e sbagliata ti fa rifare i calcoli.

E, per quanto tu sia preparato in specificità tue, non ti servono a niente.

Sei fottuto. E cercherai il modo di risolvere quel “problema” che però come risultato ti darà sempre un otto rovesciato o “impossibile”.

Oh sì, certo che lo troverai il modo, ma dovrai minare tutto il resto. E se la fusione è iniziata non tornerai indietro.

È iniziata la scissione e moltiplicazione degli atomi, e la cosa drammatica è che vanno tutti nella stessa direzione. Divisi ma nella stessa direzione.

Sarà che Albert avesse ragione... divisi per moltiplicare la potenza. E=MC2.

Se non è un cazzo di paradosso questo.

Ma guarda la tua vita e quella di chiunque e vedi se non ha ragione lui.

 

©Martin Palmadessa - 10 Febbraio 2020 

 

* 4° Classificato e Menzione d' Onore

I Concorso

"IL GRANDE SORPASSO", Sezione Giornalismo.

(Montesilvano, Pescara, 22 Aprile 2023),

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

 

LIBRI DI MARTIN 

  

Tanta roba di me 

(Silloge poetica, Aletti Editore, 26 Febbraio 2021)

https://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Articolo&Id=3266

 

L'Amore è una guerra

https://www.larecherche.it/testo.asp?Id=3290&Tabella=Articolo

(Silloge poetica, Edizioni Setteponti, 26 Novembre 2021)

 

Il Successo 

(Saggio di Economia Motivazionale, Edizioni Setteponti, 26 Agosto 2021)

https://www.larecherche.it/testo.asp?Id=3276&Tabella=Articolo

 

Gocce di sangue blu sotto al ciliegio viste dalla balaustra del mio giardino 

(Silloge poetica, Edizioni Setteponti, 26 Novembre 2021)

 

Tsunami 

(Silloge poetica, Edizioni Setteponti, 26 Maggio 2022)

 

La Teoria delle lucertole 

(Saggio di filosofia, Edizioni Setteponti, 26 Febbraio 2023) 

https://www.larecherche.it/testo.asp?Id=3283&Tabella=Articolo

 

 

Aggiornamento dettagli principali:

Imola, 22 Febbraio 2024

 

*

8 Marzo 2023

AUGURI A TUTTE LE DONNE DEL MONDO.
 
(Sperando che FB non mi banni per la 4^ volta per aver pubblicato "Morte in diretta")
 
NON TOCCATE LE DONNE
C'è tanta caligine
non vedo più nulla di chiaro
in mezzo alle braci ardenti
scoppiettanti di colpi e calori
che mi infiammano
a fuoco lento.
Passa un'ape verso il polline
dolce e giallo
con gli occhi drogati di vita
da distribuire ronzando
con la livrea serenità tra le ali.
Senza chiedere mai si posa lieve
sui frutti che arriveranno
mescolando specie diverse
per generare solo Vita.
Fossimo noi cosi
L' insetto mai pianterà l'aculeo
a chi permette il suo abbraccio.
Certi schifosi senza ali
grazie a Dio non le hanno
Bipedi che meritano solo
di morire truci e soli
mentre uno sciame di api
gli spiega come funziona
il supplizio di Tantalo.
©Martin Palmadessa - 12.05.2022
(Menzione di Onore, Diploma e Medaglia al IX Premio Internazionale di Poesia “I fiori sull’acqua”)
(Imola, Ottobre 2022)
******************************
LA DONNA È SEMPLICEMENTE ARTE
Uomini, abbiate quell'orgoglio infinito di mettervi in ginocchio di fronte ad un fiore, ad una aurora boreale, ad una Donna, a tutte le Donne del Mondo.
Sono i sospiri colorati degli Angeli e petali di gioia.
L’arroganza è figlia della stupidità.
Non farla nascere dentro te, meglio abortire. Lasciati letteralmente sbriciolare il cuore dall’Arte, dalle carezze e dall’Amore.
Basta uno sguardo, un tocco, un sospiro.
Una coccinella impertinente.
Usa quei 5 sensi che ti hanno dato, con Amore. Fino a farli consumare. Se ci riesci.
Niente è più disgraziato di buttare il tempo e non sorridere alla Vita. Diventeresti di marmo.
Ecco, quello vallo a guardare nei capolavori di Michelangelo, Canova e compari.
Quello è un buon motivo per svenire, come per il tocco lieve di una Donna; come il tuo primo bacio e l’ultimo respiro.
Dannazione, e piangi ogni tanto. Di gioia.
©Martin Palmadessa - 08.03.2023
(Menzioni d’Onore al IV Premio Letterario Nazionale
“Dai monti ai laghi”)
(Arezzo, Ottobre 2020),
******************************
MORTE IN DIRETTA
Ho guardato, per scelta, e fino alla fine, un video dove lapidano una Donna in Afghanistan.
L'ho vista morire. So esattamente quale è stata la pietra letale.
Mai più.
Messa in una fossa, trasportata dentro un lenzuolo viva, Donna,
femmina, urlante, un urlo nero.
Buttata lì dentro, senza difese e con un branco di uomini-bestia a
lanciare pietre.
Da vicino.
E le coprono il viso, il volto, con un velo del cazzo per non guardare la vergogna di quello che stanno facendo.
Si difende con le mani, vedi solo quelle...
Poi le riassettano il sudario, il copricapo, il copri-occhi.
E sblam... una pietrata in fronte, poi sul corpo, poi tutti quanti, tutti
maschi e armati, lanciano pietre, e prendono la mira.
È uguale dove colpisci ma vuoi mettere?
E un disumano va a vedere a che punto siamo con la macellazione.
Ancora copriamo lo scempio e finiamola.
Un deficiente filma tutto.
Vedo le mani che cercano di proteggersi ancora. Non può farlo.
Non sente più dolore.
Ma è viva. Ancora. Probabilmente chiede giustizia. Giustiziatemi.
Subito. Trova chi lo fa.
Una grossa pietra le sfonda il cranio da dietro, tanto non si vede
nemmeno il sangue.
C'è il foulard correttamente buttato su un corpo vivente come una
sfilata di morte.
E le braccia cadono, come foglie morte sul colpo, come un felice
trapasso ad un posto senza pietre, senza dolore imposto gratis.
Il cretino va a controllare se è morta o fa finta.
Magari un'altra pietrata te la tiro. E sono tutti armati.
Basterebbe un colpo. Quindi siete figli di puttana.
È morta.
L'hanno lasciata nel buco.
Pieno di pietre.
Non si sa nemmeno cosa avesse fatto di male.
Dovreste sparire* tutti.
Ciascuno.
Allo stesso modo.
Lapidati da Donne, e dal fantasma di LEI
che non ha nemmeno un nome
ma che chiameremo “DONNA”.
©Martin Palmadessa - 02.02.2020
(*sparire è *morire sulla silloge "L'Amore è una Guerra "pubblicata da Edizioni Setteponti il 26 Maggio 2021, unico Editore che ha voluto pubblicarla. FACEBOOK mi ha bannato 4 volte per questa,)

*

I Ponti di Madison County

L'Arte del dire troppo non è cosa da tutti. 

E quello di scrivere ancora meno.

Ci vuole del gran talento e pure smisurato.

Ma senti che cazzo dici? 

Ma hai letto quello che scrivi?

Ogni parola lasciata in eredità traccia solchi profondi, difficili

da colmare.

È una responsabilità, spesso sottovalutata.

Non ci sarà mai nulla di paragonabile, divina saetta nel cuore.

Invano. 

Tutto inutile, se non l'avere reso irrecuperabile un tocco.

Si lasciano cadaveri di anime

perdute nuvole di vite mai vissute per davvero

sul percorso del tempo.

Tutto con una consapevolezza viscerale.

Ma a chi riguarda? 

A chi davvero sa e tace.

Tace il non essere cosa buona e giusta, ma resta...

e di grazia plena.

Aborto.

Vite perse, uccise, per dare l'alito di un respiro ad altre

che pure interessano il giusto.

Soffrire per non far soffrire

si soffre comunque

si soffre e basta.

Ma soffrendo forse si darebbe un senso a tutta questa ipocrisia.

E allora soffriamo dai.

Già, per dare un motivo a ciò che non ne ha.

Un titolo, un senso di colpa o il dovere, valgono

più di un sentimento vero

più della verità di una carezza

della consapevolezza

di sé stessi.

Stai lì.... forse è davvero il tuo posto.

Chi può tenere al guinzaglio un'Anima irrequieta? 

Chi riesce a bendare la sua passione

senza preoccuparsi nemmeno per un attimo

che ce ne possa essere abbastanza

da poterla condividere al mondo. 

No, nessuno può accedere. 

La meraviglia è che non può funzionare

per sempre. 

Ci si dovrà fare i conti.

Arriva tranquillo, arriva per tutti.

È come voler fermare una reazione a catena...impossibile.

Non si ha più voglia di vedere la felicità altrui

se prima non è stato appagato il proprio ego.

Si continua a fare i soprammobili ...

IO vivo e decido IO dove stare.

Il rischio non è per tutti. 

La confort-zone è pantano.

Chi si accontenta muore.

E allora muori.

Accontentati.

Bravo predicatore e mediocre razzolatore.

Coerente però, almeno una volta. 

Insulto vero. Vita fasulla.

Vivila allora questa farsa e auto insultati senza fine.

Anzi la fine l'hai tracciata tu.

Questa volta…

 

Non c'è niente di più viscido dell'omertà.

 

©Martin Palmadessa

 

(Da "L'AMORE E' UNA GUERRA", Maggio 2021, Edizioni Setteponti)

*

Vorrei invecchiare con te

Sì ma prima

donami due giorni del tuo tempo,

solo due, o magari 3.

Vorrei che mi spiegassi dove NON sono

e cosa ci faccio lì.

Sono in giardino ora.

Questo vento sta davvero rompendo gli equilibri,

ed anche un po’ i coglioni.

Mi fa piangere gli occhi.

Vederlo, il mio tempo,

condividerlo con rabbia passionale

per guardare un foglio vuoto che si riempie di vuoti

nei miei occhi.

Vedermi gettare l’Anima su un luogo che non parla,

osservare i miei silenzi eterni e sguardi fissi

per secondi velocissimi.

Per poi imbrattare una tela con spruzzi di una forza che non ho.

Davvero vuoi questo?

Davvero vuoi vivere questo mio tempo

perennemente in sofferenza?

Passeresti da fontane infinite di gioie a impietosi

nuclei di solitudine.

Sorrisi sì, sempre. I tuoi.

Cacciatore di Anime che trapassano lo spazio, come Vampiro fermo che ti guarda gli occhi e cattura le tue parole

 attraverso i movimenti del tuo volto. Questo vuoi?

Sentire il dolore e la gioia della gente,

e la stupidità che accompagna chi non sa amare

ma lo pretende?

Farti scoglio per prendere ceffoni dal mare inquieto e in tempesta di coloro che non vivono, ma passano e basta?

È difficile altalena, senza colore ma con MILLE anime dentro.

Non è più la tua vita, è una galassia di stelle,

tutte più grandi di te.

E loro sono il Sole, tu sei la faccia scura della Luna.

E gli dai la vita eterna su un foglio.

Intanto stai perdendo la tua, che nessuno scrive per te.

Davvero è questo che vuoi?

Davvero?

Io sono in due. Metà è blu.

 

Opera presente nella Sillege "TANTA ROBA DI ME"

(Aletti Editore, Febbraio 2020)

*

Luna Park

Mi salta in faccia la polvere

della Festa dell’Unità.

Cammino in mezzo ad occhi altissimi 

ed io sono piccolo, al confronto. 

Ho in mano quello per cui sono venuto qui.

Lo zucchero filato rosa e una liquirizia.

Sfilano persone abbracciate, 

e tutte col sorriso della domenica,

col sorriso di che cosa ancora non capisco.

A me scappa la pipì e non mi viene da ridere.

Torno da mamma e papà.

Stanno bevendo un bicchiere di acqua

con un limone dentro e tanto ghiaccio.

Forse lo zucchero filato era finito.

 

Si alza la mia Mamma e mi prende la mano 

ma io non voglio lasciare il mio bastone 

di zucchero.

Forse non ho più la pipì. Invece sì.

Allora lo divoro.

C’è ancora polvere e ho anche un sassolino

dentro la scarpa che mi dà fastidio.

Vedo gente che si sposta, che si muove, 

che si tiene le mani. 

Non riesco a vederli in viso, sono troppo alti.

Il sole mi dà fastidio.

Chissà che tipo di giochi fanno insieme.

E chissà se gli piace lo zucchero rosa 

o quello bianco.

Beh, a me piace quello rosa. 

Vado a fare la pipì.

Ma dopo torno!!!

 

©Martin Palmadessa - 13.05.2020

Tratto da "Tanta roba di me"

*

Si scrive così

 

Si scrive così, a biro. Così. Punto.

Ho riletto ciò che ho scritto da poco e mentre ascolto la canzone di Jovanotti & Company (che credo abbia rubato alla colonna sonora de “Gli Aristogatti” della Disney) mi spavento.

Occhio, non è paura, è spavento.

Quello che leggo mi sorprende e mi fa felice

ma anche un po' burrosamente triste.

Non ricordo quegli attimi

seppure ci metta tutto quello che mi porto

nello zaino viola dei ricordi.

Rileggo. Lo hai scritto tu? -mi chiedo-

È buono. È bello. Penso mentre prendo coscienza della realtà.

Il cielo ora è ancora greve.

Ha però smesso di buttare giù quelle lacrime pungenti

e ammantellanti.

Il vento ha ripiegato nel suo buio senza fine

ed il cielo attende un nuovo squasso

per dannare i vivi sulla terra

(e per bagnare le tombe dei morti che già si è portato via tra un librare fantabuono di respiro (il respiro))

Tutto tace ed ora niente ha parvenze rosa e turchesi

di vita propria.

Passano sulla strada orgasmi meccanici di automobili

non costruite dal Vento

ma da davanzali di futuri sopra le nuvole.

“Scrivi per noi”, mi hanno chiesto più volte.

Non so se sono in grado di farlo.

Forse sono miope.

MA PER DIO ora ci proverò.

Rischio di credere di creare un sorriso, una speranza.

 

©Martin Palmadessa - Maggio 2019
 
 

*

Ti ho baciata di blu

Sono ancora attaccato al calore di un giorno difficile

che stempera i giorni difficili.

Momento sospeso tra i futuri di femmine che stanno crescendo

e uomini che stanno imboccando momenti di gloria perduta

e meraviglie riconquistate.

Biro in mano. Blu. Rigorosamente.

Dà più calore del nero di scelte più o meno sbagliate.

Tiro fuori le unghie più che le intenzioni

e so che la tua arrendevolezza è feroce. LETALE.

Come le lacrime che arriveranno. Arrivano.

Le mie in segreto come un’aquila.

Ma piovono dolori colorati di fragole e panna.

Ancora ci si sfiora.

Dolore tra le labbra, gli occhi ed il quadrante impietoso dell’orologio.

... Attendo ... sfodero tutto l’Amore che ho

con ancora sulle labbra un futuro pazzesco

e sfilo la mia biro blu.

Non ho da scrivere, uso un fazzoletto.

Torni. 4 occhi. Meraviglioso.

La biro ha finito il suo lavoro.

Lynn ha avuto il suo bacio.

A te non posso più darlo... ma TI HO BACIATA DI BLU.

Su un fazzoletto c’è un Universo.

 

©Martin Palmadessa 20.02.2020

*

La nevicata del ciliegio

Piovono petali sui miei pensieri, bianchi e tanti.

Mi si riempie il tavolino e così alzo gli occhi e vengo trafitto da una spada di raggio di sole che sfonda i rami del ciliegio in fiore sopra di me, a fianco a me.

Come una magia, come fossi fuori dal tempo in una triste favola di un forzato isolamento.

E la Primavera esplode ed il vento di sud-ovest schiaffeggia con garbo tiepido gli alberi, fuori dall’ isolamento degli Uomini.

E loro si abbandonano.

Così petali morbidi nevicano giù dal ciliegio, come una benedizione pasquale su di me.

Una coriandolata di piume di Angeli bianchi che sorridono e nevicano meraviglie su di noi.

La Natura rinasce sempre e parla con i mezzi che ha.

Dunque è ora di tornare ad alzare la testa al cielo.

“Alzatevi Uomini, è l’ora della RESURREZIONE”.

 

Buona Pasqua

 

©Martin Palmadessa - 12 Aprile 2020