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Raccolta di testi in prosa di Patrizia Passarelli
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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La reliquia del peccato

 

[ Opera seconda classificata al Premio letterario nazionale “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, VI edizione 2020, nella Sezione B (Racconto breve) ]

 

 

Metàpan, una manciata di chilometri dal confine col Guatemala, arrivava dopo una lunga strada fatta di curve e tornanti con la montagna da un lato e una specie di giungla dall’altro, un luogo dal clima infelice, torrido d’estate e molto freddo d’inverno. Era settembre quando Logan entrò nella chiesa del paese per cercare un po’ di tregua dal calore che fuori lo attanagliava. Una chiesa senza particolari pregi artistici ma chiamata dai locali la “Cattedrale”, essendo la più antica e la più grande della zona. Qualche vecchia, inginocchiata sui suoi dolori, continuava a bisbigliare preghiere mentre aspettava la messa del vespro. Un uomo accendeva un cero al santo. Il sacerdote, piuttosto giovane, aspettava nel confessionale che qualcuno gli parlasse. Logan si avvicinò e bastò uno sguardo d’intesa perché quello tirasse la tendina della cabina e si mettesse in attesa. Dovevano avere più o meno la stessa età, ma il viso disteso del prete, lo sguardo sereno e la quantità di capelli, gli fecero provare un lieve senso di invidia. Attraverso i fori della grata che li separava, Logan cercò di scorgere qualche espressione nel viso dell’altro. Restarono in un silenzio preparatorio per qualche minuto finché il prete prese l’iniziativa.

Cosa ti ha portato qui fratello?

Ogni tanto sento il bisogno di vedere e di parlare con qualcuno, disse Logan.

Vivi da solo? chiese il prete.

Si. C’è una casa nel bosco, dove il fiume si allarga e forma un piccolo lago. Io sto lì.

E non ci stai bene?

Non avrei un posto migliore dove andare, credo. Però ogni tanto, l’ho detto, ho bisogno di incontrare qualcuno per sentire di stare al mondo, ma in genere non mi manca nulla. Mi sono fermato lì quando ho capito che non c’era altro che volessi ascoltare e che avevo visto tutto quello che potevo sopportare. Era arrivato il momento di starmene un po’ per i fatti miei. Da un po’ però mi era venuta voglia di scambiare due parole tutto qui.

Beh, per scambiare due parole forse era meglio fermarsi in paese a bere qualcosa.

Forse, rispose e se ne restò di nuovo in silenzio per un po’.

È che ogni tanto mi sembra di avere un peso sull’anima. Un nodo, come qualcosa di antico che non riesco a sciogliere e bere aiuta a distrarsi ma non scioglie i nodi.

Ti vuoi confessare?

Confessarmi, certo. E chi non vuole confessarsi? Moriamo tutti dal desiderio di liberarci dei nostri peccati. Io poi ne ho ascoltati talmente tanti, che porto sulla coscienza anche quelli che non mi appartengono.

Perché fratello, cosa hai fatto nella vita?

Tante cose. Per ultima sono stato un predicatore. Ero il reverendo della contea di Cameron in Texas. Ho provato a portare la parola di Dio dove gli uomini si sentono perduti.

Si zittì e poi riprese. Io e te abbiamo qualcosa che si somiglia, ti pare? Cioè dico, i preti, i predicatori, i maestri, le puttane un po’ si somigliano. Diamo amore e comprensione a tempo, a gente che si sfoga, ci vomita addosso il proprio malessere e se ne va. E tu non puoi trattenerli né rimpiangerli.

Il prete tossì, si schiarì la gola e fece un sospiro.

Miseria e povertà ti hanno portato qui? chiese.

Io non ho parlato di miseria e povertà. Me lo chiedi perché parlo di puttane o uomini perduti? Certo ho conosciuto posti di miseria e povertà ma non sono stato mica solo lì e sai, ci sono luoghi peggiori: nella miseria l’uomo fotte suo fratello ma più o meno tutti sanno cosa aspettarsi. Qualche volta succede persino che ci sia della solidarietà. I poveri hanno un cuore grande ma si fanno fregare dall’ignoranza e dalla superstizione. La merda, quella più brutta, è dove sono i ricchi. Anzi è dove gli ultimi stanno vicino ai ricchi. Allora sì che succedono cose impossibili da credere. I poveri diventano la loro esca, la loro carne da macello, incarnano le loro fantasie e frustrazioni, i loro deliri di potere. Quando il ricco incontra il diseredato tutti i suoi fantasmi prendono corpo.

Prese un po’ di tempo come se stesse ricordando.

Le persone, quelle cosiddette normali, mi venivano a cercare perché si fidavano di me e di Dio. I ricchi invece venivano perché avevano bisogno di mettersi l’anima a posto e perché avevano paura. All’inizio ero sorpreso, tutto era nuovo per me, non conoscevo le storie di quelle persone. Poi, con i loro racconti, hanno iniziato a svelarmi qualcosa di più e io non mi sono accontentato, ho voluto cercare altro, capire meglio. Ero convinto di essere lì a portare conforto, a cambiare il mondo di quelli che incontravo, armato del coraggio della mia missione, sicuro che la parola di Dio avrebbe aperto occhi e porte così come era stato per me. Poi piano piano, mentre inizi a mettere a fuoco, il tuo punto di vista cambia senza che tu neanche te ne accorga. Alla sorpresa si sostituisce lo stupore, che si fa vertigine e che viaggia insieme a un senso di nausea.

Ma di che parli fratello? lo interruppe il prete.

Parlo di bambini spariti e mai tornati, o tornati senza più luce negli occhi, irriconoscibili a sé stessi e alle loro madri. Parlo di mutilazioni, delitti e ogni sorta di nefandezze su giovani donne e ragazzine. Parlo di un mondo che non puoi conoscere se non ti appartiene ma che ti cambia se ne vieni a contatto. Ti cambia perché l’oscurità si appropria di te e non puoi più essere come eri prima.

Tu sei stato parte di quel mondo? È questo che vuoi confessare?

No. Non avrei potuto.

E allora qual è il tuo peccato?

Te l’ho detto fratello, è quello di essermi lasciato prendere dall’oscurità, di essermi perso. Più l’angoscia cresceva e più mi sentivo attratto dalla paura. La paura, sai ha un suo ritmo. Non mi bastava più vivere, mi illudevo di voler conoscere fino in fondo il mio destino, anche a costo di affrontare la distruzione.

La presunzione dunque è il peccato che ti riconosci?

Ecco guarda. Riesci a vedere?

Logan tirò fuori dalla tasca della giacca un sacchetto fatto di un velo trasparente fermato in cima da un laccio di cuoio. Dentro, raccolta anche da un laccio più sottile, una piccola ciocca di ciuffi castani.

Il prete emise un suono indistinto forse accompagnato da un sorriso o forse da un ghigno.

Una donna… non sei il primo né sarai l’ultimo – disse. Hai anche un certo romanticismo a conservarne i capelli.

Non sono capelli. Sono… sono… È l’unica cosa che non era sfigurata quando l’ho ritrovata, in fondo a un fossato, prima che arrivassero gli altri e la portassero via. Hanno fatto sparire il suo cadavere senza alcuna notizia ufficiale. Si disse solo che una donna, impossibile da riconoscere, era stata trovata morta ma che nessuno ne aveva denunciato la sparizione.

Si fermò di nuovo, aveva il respiro più corto e pesante.

Ti va di continuare a parlare? chiese il prete.

Logan riprese.

Attraversare quel mondo di follia è stato come trovarsi in un gioco di specchi, spinto dall’amore per una donna impossibile, che mi ha usato con il mio consenso, convinta di poter ritrovare un suo spazio senza capire che non le era più permesso. Io pieno di me e della mia fede mi sono illuso di poterla aiutare, di poterla amare e l’ho solo portata alla rovina.

Quando sono arrivato a Brownsville, lei veniva in chiesa accompagnata dal marito, un uomo potentissimo, con l’arroganza dei potenti e una scorta come ombra. Brownsville è una frontiera, i “latinos” fanno qualunque cosa per pochi dollari e la vita lì non ha molto valore. Avevano tentato di farlo fuori due o tre volte, era a capo del mercato locale della droga e nessuno della sua famiglia poteva allontanarsi di un passo senza il suo consenso.

Quando lei entrava in chiesa si faceva il vuoto davanti, camminava con un passo altezzoso e uno sguardo quasi sprezzante, che teneva le persone lontane. Dopo le letture della Bibbia e i miei sermoni, molti si fermavano a parlare con me, a fare domande e questo, ogni tanto, era consentito anche a lei. La prima volta che successe, il marito l’accompagnò nella stanza dove ricevevo le persone e i suoi uomini ci tennero molto a mostrarmi le pistole che nascondevano sotto le giacche. Così, disse, pensò di avermi spiegato con chiarezza quali fossero i limiti che non potevo superare. Da quella volta, ebbe il permesso di entrare da sola e lasciare la scorta fuori dalla porta.

Era una donna molto bella, con un viso un po’ allungato che dava risalto agli occhi, grandi e chiari in contrasto con i capelli fulvi e ricci. La bellezza accompagnava la sua solitudine. I figli, un maschio e una femmina, due gemelli, le erano stati tolti all’età di sei anni per mandarli a studiare lontano da quella gabbia dorata e temibile a cui il marito li aveva condannati. Lei sapeva delle attività del marito ma rappresentava la sua faccia rispettabile, quella che lui usava con i potenti della città per conquistarli, per eccitare le loro fantasie e manipolare le loro frustrazioni e poi ricattarli per ottenere favori nei suoi commerci. Notabili, prelati, avvocati. Alternava i modi a seconda delle persone con cui trattava, le blandiva per renderle dipendenti dal suo potere. Talvolta era brusco ma quasi mai aveva bisogno di essere intimidatorio, era gente che si lasciava corrompere volentieri. Lei organizzava cene ufficiali, feste sfarzose che lui sfruttava per pianificare orge private con bambini o giovani ragazze che venivano rapite, drogate e sottoposte alle loro ributtanti, malvage follie. A loro, alle persone perbene, non conveniva spezzare quel cerchio. Significava perdere l’accesso a esperienze che li facevano sentire esclusivi. Quando iniziò a frequentarmi, sapeva quello che rischiava ma tanto, diceva, si sentiva già morta da tempo. Non voleva, non poteva più usare la paura per giustificare la sua viltà. Quella connivenza che era durata fin troppo a lungo, la disgustava ogni momento di più. Pensava che portando alla luce quello schifo, anche a costo della vita, avrebbe potuto un giorno riscattare la sua immagine almeno agli occhi dei figli. Ogni volta che si fermava a parlare con me, i suoi racconti si facevano più turpi; iniziò a dirmi i nomi di quei bambini, di quelle ragazze e mi chiedeva di andare a parlare con le loro famiglie e si disperava. Mi disse che una volta aveva sentito suo marito parlare con quegli uomini di un posto dove potevano liberarsi dei cadaveri. Mi pregò di controllare. E io per lei feci anche quello: parlai con quelle madri, vidi quelle ragazze, le poche tornate vive nei loro corpi vuoti. Trovai dei resti di povere membra straziate ma non ebbi il coraggio di andare oltre. Facevo quello che mi chiedeva e lentamente il suo tormento diventò il mio. Mi resi conto che la parola non bastava più, che il Vangelo non bastava più a confortare quell’orrore, a restituire una speranza, ad alleggerire il senso di colpa di chi era restato vivo. Stavo attraversando il mio totale annientamento.

Logan si fece muto. Il prete non aveva mai smesso di esserlo. Passò del tempo prima che ritrovasse la convinzione per parlare ancora.

Sai fratello, l’esistenza piega la vita delle persone in tutti i modi possibili e immaginabili. Non volevo più vederla, perché continuare a vederla era una pazzia, l’amore disperato che nasceva in me era una pazzia. Capii che mi aveva fatto innamorare di lei perché la liberassi ma il prezzo da pagare era troppo alto per tutti e due. Tornava a casa e non sempre riusciva a nascondere gli occhi rossi e gonfi. Il marito quasi sempre la ignorava ma aveva capito che negli occhi che avevano pianto c’era un sentimento e che il limite era stato oltrepassato. Questo lui non poteva permetterlo. Non la vidi più, né prima né dopo i sermoni. Un giorno il marito venne alla funzione, con la sua scorta disgustosa, con i suoi occhi morti e il suo ghigno da squalo e capii che si era vendicato di me. Quella stessa notte andai nel posto che lei mi aveva indicato, l’immondezzaio della loro nefandezza e lì la trovai. L’avevano rasata, sfigurata, mutilata. La sola cosa che avevano lasciato intatta, almeno all’apparenza, era il suo sesso. Tremavo ma non potevo urlare né fermarmi in quel posto macabro. Così, come colto da un raptus, iniziai a tagliare quei ciuffi che prima ti ho mostrato, come una reliquia. Poi sono scappato via. I giorni seguenti li ho passati chiuso in casa, con una bottiglia di whisky, sdraiato a guardare il soffitto o piegato a guardare il fondo del cesso. Dopo un paio di settimane ho iniziato a scrivere tutto quello che lei mi aveva raccontato e quello che sapevo. L’ho chiuso in una busta e l’ho spedito a un giudice, un giudice che conoscevo, che non faceva parte di quelle brave persone. E sono andato via da lì. Ho vagato per anni da un posto all’altro finché mi sono fermato qui, nella casa nel bosco oltre il lago.

Smise di parlare. Il prete ci mise un po’ a riscuotersi.

È difficile anche solo ascoltare quello che hai detto. È più dell’abbandono all’oscurità, è l’oscurità stessa e io davvero non so trovare le parole per aiutarti. Posso assolverti…

Non voglio la tua assoluzione. A cosa pensi servirebbe? A lenire il dolore e la colpa che ho dentro? tanto lì restano anche se mi assolvi.

Il prete esitò, poi riprese.

E lei che ti manca?

Logan non rispose subito.

Non solo. Con il tempo ho capito che lei ha rappresentato molto più di quello che ha fatto. La sua ribellione silenziosa e forte, il suo coraggio sono serviti a quella cittadina molto più della mia opera religiosa. Questo insegnamento mi è caro ogni giorno della vita. Certo che mi manca, come le cose che non vivi fino in fondo e ti tengono intrappolato per la vita e che ogni tanto ritornano, come un fantasma, anche quando pensi di essertene liberato. Un amore non vissuto poi è il peggiore dei fantasmi. Ma Dio…Tu non ti chiedi mai dove sta lui in queste situazioni? È quello che mi manca più di ogni altra cosa, riuscire a darmi una risposta, potere sentire dove sta, poter tornare a sentire la sua voce dentro di me. Vorrei essere capace di dimenticare tutto ma allo stesso tempo ne ho paura. Così vado in giro con la mia reliquia, il simbolo della mia memoria. Ogni tanto mi capita di riuscire a non pensare a questo per qualche giorno. Allora mi rendo conto che l’oblio è una grazia, una grazia fantastica che nessuno ti può concedere, che tu solo puoi fabbricarti. È il silenzio della mente, lo spazio della quiete. E quando riesco a provare quella quiete, allora mi sembra anche di ritrovare Dio. Per tutta la vita ho desiderato essergli vicino, ma solo da quando vivo lì ho capito che il silenzio è l’unica vicinanza possibile.

Logan tacque e il prete, attraverso la grata, lo vide alzarsi e andare via, attraversare il lungo corridoio centrale della chiesa e fermarsi sul grande portone d’ingresso, che qualcuno nel frattempo aveva spalancato. La luce del sole, ormai bassa, inondava la chiesa e il prete, uscito dal confessionale per seguire con lo sguardo Logan che si allontanava, vide la sua ombra allungarsi all’indietro fin quasi a raggiungergli i piedi. Poi la vide scivolare come un nastro sui gradini della chiesa e sparire.

Rimase lì, in quella chiesa enorme, preso da un senso d’impotenza mai provato prima.

A Logan l’aria del tramonto sembrò finalmente più fresca.

 

 

 

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L’inganno »
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