I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Io amo tutto della vita, davvero. Visceralmente.
Ho solo qualche problema con questa faccenda dell'invecchiare.
Non sono preoccupato del tempo che passa. Lo scorrere degli anni, piuttosto, mi conforta. Il fatto è che detesto le sorprese.
Si dice che Claudio Ranieri abbia preso gusto, durante le partite del suo Leicester, a masticare caramelle Mou.
Non posso affermare di conoscere bene Gianmaria Testa. So di lui quello che sanno tutti, dopo che in Francia si sono accorti di quanto fosse bravo con la musica e con le parole. Un grande artista. Eppure, da che ne ho sentito parlare, l’ho sempre percepito amico, vicino, disponibile. Animato da una sensibilità e da una grazia che solo pochi eletti possono vantare. Lui era uno di quei pochi.
Figlio di contadini e ferroviere, come me. Poeta come può esserlo chi sa adagiare, sulle note di una chitarra che si librano nell’aria, petali di parole leggere come i sogni di un bambino, come bugie che catturano l’attenzione e costringono a seguirle fino a che non sono lontane, ormai indistinguibili, all’orizzonte.
Gianmaria era l’essenza del sentimento, un autore che colpiva per la semplicità quasi scarnificata dei suoi testi. Levigava ogni sua canzone, lavorando a togliere. Aborriva il troppo, il sovrappiù. Perché quello che conta è la cifra, la struttura e non già i nastrini e i fiocchetti. Un menestrello che metteva nelle sue opere tutto sé stesso.
Testa e cuore.
Ho sempre saputo di essere destinato a un grande avvenire. Poi, però, deve essere successo qualcosa.