chiudi | stampa

Raccolta di pensieri di Piero Passaro
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Manuale della cattiveria Vol. V

 

Probabilmente si è parlato dell’ Ucraina, poi si è parlato del DDL Zan, poi si è parlato del mondiale in Qatar. Sono esempi circostanziali; di questi argomenti piuttosto importanti le persone dovrebbero costruirsi un'opinione personale e non vivere di “impulsi informativi”. Gli opinionisti politici divengono a volte stendardi nei dibattiti sociali e politici. Questo però non è un bene.
Per ciascuno degli argomenti si sono dette tutte le cose possibili che il sistema di pensiero dominante farebbe dire a chiunque, specialmente a chi non è stata chiesta affatto un’opinione.
Gli argomenti potrebbe essere vari e molteplici! Per ciascuno di essi è fondamentale però impegnare energia mentale nella ricerca di un proprio parere costruttivo.
Non fatevi allietare dai sistemi di pensiero dominanti! Uscite dall’aurea mediocratis che il sistema popolar-borghese vi inculca fin dalla vostra penosa nascita (penosa poichè del tutto casuale).
Ogni discussione potrebbe essere l’ultima che le vostre corde vocali sostengono ed emettono.
Sappiate che il mio amore per la vostra varietà insita è sempre combattuta dalla vostra incapacità di impiegare un po’ di energia contro il sistema di pensiero dominante e mediocre. Potrei perdere il controllo e massacrarvi a mani nude; ci vorrebbe del tempo prima che le mie nocche possano posarsi sui lembi di carne più sotto cutanei; occorrerebbe un’applicazione insistente prima di farmi strada lugo il deterioramento delle vostro corpo che prima o poi però, cederebbe sotto i miei colpi.
Si, il sistema di pensiero dominante e precostruito è qualcosa la cui generazione dovete perennemente tenere educata. Il singolare però, che mi ostento ad usare, non è corretto.
I sistemi di pensiero sono pre-costituiti da una serie di impulsi che talvolta non riuscite a cogliere; oggi le nostre vite sono istantanee, tutto dev’essere sintetizzato. Ci siamo creati la convinzione che il tempo possa essere qualcosa che viene da noi controllato e gestito. La vera follia è questa.
Possiamo quanto meno controllare la qualità dei nostri pensieri, cercare di curarla e renderla più personale possibile. Ma come possiamo noi renderci conto dell’accuratezza di un’opinione? Che sia curata, ragionata, arricchita da contributi culturali di vario genere, e riflettuta in base alla propria esperienza?
Questo mi interesserà per sempre per ciascuno di voi: il pensiero arrichito da voi stessi e voi stessi per l’opinione siete una variante infinitesimale, come riflesso matematico del concetto di infinito di limiti e derivate. Il vostro limite dev’essere la quantità di influenze che l’opinione ha subito; la derivata è la risultante di quell’opinione che potete esporre.
Come capire quando qualcuno espone un pensiero ottenebrato dal sistema di pensiero dominante? Il nostro sentore di questa piaga deve essere educato.
Oggi ho capito di aver un disperato bisogno di orrizzonti. A caduco momento si va via, dunque. Ancora.
Ho capito di essere contrario ad ogni tipologia di impulso costrutto. Voglio ritrovare una definitiva autenticità della vita; tale si pone in natura. Voglio rifiutare ogni tipo di non-naturale impulso.

*

Manuale della cattiveria Vol. IV - Invito alla mediocrità

 

Le idologie sono morte. O meglio, viviamo in una contemporaneità dove esse sono fuori contesto. A questo punto il lettore, spesso trattasi di qualcuno con problemi d’integrità psico-ormonale, si porrà come interrogativo cosa è il mio intender “contesto”. Ebbene, caro mio paziente, per contesto intendo la velocità e la mutualità che viviamo.

Le menti delle persone mutano molto velocemente, come muta tutto il resto -Dico le menti perchè mi piace pensare che tutto parta dalle menti umane – ed è facile, quindi, capire come l’ideologia ,nella sua definizione ed etimologia, presenti uno status di immutabilità.

La nostra epoca, di noi umani del cazzo che pensano e respirano - per rispondere al solito lettore scimmia tendente all’analisi polarizzata non dipendente da lui, come una fica che si  lubrifica spontaneamente  che si chiede perchè uso il “noi” – è l’epoca dei pensieri come cluster ad incastro.

Nella scienza informatica, cluster è termine che indica un ‘insieme di computer collegati tra loro attraverso una rete che li unisce e che permette un flusso bidirezionale di dati.

Non c’è alcun pensiero che non sia un blocco già determinato, operante in una rete di bolocchi già determinati. I pensieri cambiano velocissimi e mutano nelle persone ma entro un certo range di valori.

Quali sono questi valori? Chi li ha decisi? Perchè? Queste sono probabilmente -anzi senza probabilmente - le domande più interessanti (se non sono interessanti per il lettore scimmia, quest’ultimo si fotta).

Chi decide come pensare? Stimoli esterni coaudivati da sempre più crescenti sistemi di comunicazione (in particolare anche i sistemi di intrattenimento placa-masse-ingabbia-pensieri). Per il lettore scimmia qui ci sono diverse precisazioni.

La tecnologia è progresso, l’informatica migliora il nostro livello di vita. L’abuso delle persone di questi strumenti è il problema. - Eh si, piccolo puttanell* intellettuale che cambia idea e che trova conforto nel filone del “il rapporto tra la tecnologia e socialità”. Non c’è nessun rapporto. C’è solo un cambiamento (in meglio) delle nostre vite. Gli abusatori incapaci, i quali non vivono senza un sistema che non conoscono/disprezzano il tale sistema dovrebbero essere coloro che testano i para-cadute. 

Dopo questa gioiosa digressione (che mi ha personalmente fatto sorridere), possiamo assumere che le persone, dunque, sono iper-influenzate in modo incontrollato da entrambi le parti (chi influenza e chi è influenzato). Quando questi blocchi cluster si attivano, si possono giusto interscambiare. Le persone iniziano ad avere una vita sociale un po’ come i pazienti terminali scherzano in sala d’attesa, in attesa di capire quanto costa la loro dimissione dall’ospedale e quanto gli resta da vivere.

E questi cluster si muovono ad una velocità tale che diviene impossibile tutto il resto. “Il resto di che?” Si chiederà il babbuino che legge; il resto di una vita autentica, priva di contaminazioni mediocri.

La mediocrità uccide:

-          L’interesse,

-          La passione,

-          La curiosità,

-          Il rigore,

-          Il pensiero incontaminato,

-          I rapporti sentimentali/sociali di qualità (oltre ad alte tante cose);

Al contempo la mediocrità rende possibile:

-          Niente.

I mediocri a volte non sono consapevoli. I mediocri del pensiero, sia chiaro. Perchè l’intenzione salverà tutti, insieme alla consapevolezza.

Quindi esiste una data massa, con dati elementi, dati comportamenti che andrebbe rasa al suolo. Nelle scuole si dovrebbero fare i test di mediocrità, si dovrebbe capire chi è destinato a fare parte dei cluster e chi no.

Si, più o meno già succede. Una delle poche cose funzionanti della democrazia è che avendo tutti un diritto inalienabile, possiamo tutti partire da uno (dei tanti possibili) zero per arrivare a cento nel progredire/progredirsi.

Anche se sarebbe più corretto dire, vista l’epoca che viviamo – che ricordo allo scimpanzè lettore è pervasa da troppe contaminazioni – partire da cento per tornare  a zero.

-          “Non l’ho capito”;

-          “Non si capisce come è scritto”;

-          “Non puoi parlare così”;

-          “Non ho avuto tempo di leggerlo per bene”;

Se il pensiero  che vi balena è uno dei seguenti avete vinto un viaggio con il mio amico Jonny:

*

Manuale della cattiveria VOL. III

I deboli si meritano di essere deboli. I deboli si meritano i megalomani che essi stessi alimentano. La politica del trattar persona e di recar importanza ci giunge tutt'attorno dalle continue consapevolezze ed accettazioni degli altri. Un potere sovrumano. Lo stesso potere che portò Hitler a diventare un capo di stato.

E' inquietante notare come gli individui quando divengono collettività sono molto pericolosi; attivano dei processi sociali singoli che insieme generano una nuova realtà. Se si finisce dal lato sbagliato, ci sente soverchiati, ci si sente distrutti. Almeno, per tutti coloro a cui capita di far parte di quei sistemi; coloro che permetteranno sempre alle implicazioni sociali stocastiche di creare la propria vita a colui o colei che accetteranno quelle condizioni.

E' proprio grazie a questi status mutevoli e commutanti che il megalomane vince. L'uomo che doveva a tutti i costi di dimostrare di averlo lungo davanti ad ogni situazione. 

I megalomani però, se gli si pone del potere in modo incontrollato, se conquistano troppo, diventano pericolosi. E' incredibile pensare come la fatalità delle approvazioni di gruppo diano potere; supponiamo la poco bella (inteso per persona non per donna) di turno; non ce la può fare con la persona per cui spasima ed è inebriante per altri: la classica formula d'amore non corrisposto che le tragedie e i drammi e tutto ciò che di drammaturgico c'è a questo mondo ci ha insegnato e ci inculcato come archetipo. Se la persona poco bella però esegue le mosse giuste e si fa promotore di una dinamica sociale ultra-accettante e consensual-popolare allora sarà lecito per lui far tutto: arrivare all'altra persona, che potrà cedere e farsi mungere a dovere con il suo nuovo campione sociale. 
Come la natura che punge e compie il suo corso: la persona bella è ormai preda della persona che non poteva farcela; i giudici sono coloro che hanno assistito alla scena. E c'è qualcosa di sessualmente eccitante, una vera frustata di tempestosa ingordigia nell'osservare questo processo che ha la stessa naturalezza di una decomposizione. 

E' natura sociale, qualcosa di aberrante in fondo ma gestita dagli individui che hanno troppo bisogno, nelle loro alquanto inutili viti, di tali spettacoli. 

I megalomani non sono diversi dalle persone che non possono farcela; magari la loro risolutezza è più decisa e consapevole e meno frutto della casualità. 
Tuttavia i mali del mondo sono arrecati da questa branca dell'ego "occidentalizzato"; l'ego dell'uomo che è cresciuto con certi valori. 
Il megalomane che urla non è da assecondare, bisogna capire i suoi argomenti e poi affrettarsi ad ignorarlo se questi ultimi sono inconcludenti o di scarsa rilevanza. Lo consideriamo e gli attribuiamo potere in relazione ai suoi argomenti (quindi praticamente mai). 

E' un brutto costrutto della società, il megalomane, un nato brutto, o un nato male. Meglio non arrecargli potere (se non il suo analista). Se si decide in ogni caso di investire energie in questo tipo di individui vuol dire che si è deboli. Le persone deboli si meritano di essere deboli. Se avessero la consapevolezza di esserlo non lo sarebbero, o peggio ancora, assoggetterebbero altri alla debolezza. 

*

Manuale della cattiveria VOL. 2

Eccoli la, tutti. Tutte queste persone che sono capaci di deridere gli altri ma che poi ,finiti i sorrisi, si portano dentro un'amarezza di sé stessi da gelargli il cuore. L'etichetta degli insulsi e il galateo degli autostroncati: quelli che, ridendo esteriormente poi quando tornano a casa perdono di colpo il sorriso pensando a sé stessi. Il conflitto dipende dalla loro pigrizia spesso.

Una volta provai a definire "l'estetica del debole", sono i vari individui la cui indole non permette altro che questo rapportarsi con altri individui.

È proprio vero che tutto si muove intorno a chi decide: sono le persone con il potere nei contesti che pongono le basi dell'autodefinizione di sé.

L'egoismo trasale dai poveri imbecilli che non sanno applicarlo. Chi venera e non pratica è un disperso di sé stesso; inebetente su chi è davvero e cosa prova.

Magari pensa di avere un totem e invece non ha (il "non ha" a termine del periodo è voluto, si chiama "si, espongo uno stile anche se voi piccoli Moravia "mancati" - rifugiati nell'insegnamento perché privi di talento

- mi potreste dire qualcosa a proposito").

 

Ma suvvia andiamo avanti! Andiamo avanti con la descrizione di questi personaggi totem-dipendenti che non solo convivono con stocastici momenti di lucidità, in cui sono pervasi dal raggiungimento della consapevolezza di essere per natura destinati all'assoggettazione dei loro totem ma, in un' estetica del debole, pongono chi chiunque diverso dal loro totem solo materia informe, comunemente detta merda.

Infondo devo ammettere che hanno la coerenza dalla loro: quando il totem se ne va, perché si è saziato , si alza e se ne va come un maiale imbavagliato ad un banchetto, il debole lo accetta non cambia idea a riguardo sul suo totem e spesso prima di ogni cosa piange e basta. Lacrime intrise di convinzione che chi non è totem-based non è degno di essere menzionato. Ah, le convinzioni ostili dei deboli mostrate dalle lacrime sono la quinta essenza di ciò che si potrebbe definire disgusto.

Un disgusto talmente frastornante che nella sua estrema radicalità diviene quasi sessualmente attraente.

"La convinzione estrema è peggio della pazzia" ...e fa arrapare, dunque.

L'estetica del debole e del disgusto.

 

 

*

Gli agenti del ricordo

Alcune frasi o insiemi di parole hanno una destabilizzante unicità. Il maestro Cesare Pavese parlò degli attimi che si rimebrano e non dei giorni. Io invece sostengo anche l'unicità delle parole negli attimi.

Il creare una consecutio narrativa in ogni attimo, forse, è il motivo per cui la frase e o le parole sono così importanti. Alle fine si tratta di scrivere ciò che vorrei o che non vorrei, ciò che è successo e ciò che potrebbe non succedere.

E vogliamo parlare degli odori? Odori che in accezione positiva diventano profumi e in accezione industriale diventano fragranze. Oh si, in ogni attimo della vita che ci passa io associo l'odore del momento. L'odore della morte, l'odore dell'adrenalina, l'odore delle persone e l'odore dei luoghi. E' come attivare una cellula silenziosa nell'esercito fittizio dei ricordi: quando si ripassa da quegli odori ci si ricorda di tutto.

Il terzo elemento, il terzo aiutante, il terzo agente del ricordo è il luogo. Forse il più prevedibile e il più funzionale. Il luogo della frase e dell'odore; quando per la prima volta, un forte ricordo di snodi narrativi delle nostre esistenze ci ritorna alla mente, il luogo di quel ricordo diventa un santuario. Tornare al santuario  crea l'epifania di quel ricordo. Se il luogo è il mare spesso io vi associo anche l'incipit di un'antica preghiera bretone ad opera dell'ammiraglio Admiral Hyman Rickover: "Oh God, thy sea is so great and my boat is so small."

L'agente più soggettivo e più squilibrato è invece l'atmosphaerica. Squilibrato e soggettivo poichè regola anche l'umore con cui si rimembra tale ricordo. Pioggia e nuvole, sole e vento, foschia e neve: sono acquarellli di cui la tecnica alcuni a volte usufruiscono.

 

 

 

*

Manuale della cattiveria VOL. I

[

Aah, pensiero. La categoria "pensiero" in questo portale è quanto di più liberatorio. Una volta dissi a me stesso che ogni umano potrebbe essere un potenziale accademico letterato ad honorem nello scrivere un singolo, unico testo che possa accorparsi alla letteratura. Un manuale della cattiveria. 

 

Si, pensavo che ogni persona possa provare dolore, ira e tedio. Tutte perfettamente sintonizzate con l'inanità dell'essere e dell'esistere.

Ognuno di noi potrebbe elencare il suo personalissimo e graditissimo e ricercatissimo manuale della cattiveria. 

]

 

MANUALE DELLA CATTIVERIA

VOL. I

Versione aggiornata al 2021 (o alla fine del mondo).

Di Piero Passaro.

 

Negazione dell'essere equivale a negare l'esistenza. Negare deriva dal portare sotanzialmente una tesi, con antitesi, confutazione e conclusioni. Esse possono essere fatte alla velocità della luce in ogni processo comunicativo che porta le persone ad aprire le loro labbra merdose per emettere parole, significati. Spesso questi ultimi celati e spesso no. 

Il problema non è il risultato, il problema è il metodo. Devi osservarmi, devi conoscermi, devi avere un non discreto livello di coerenza argomentativa, emotiva, culturale e si, anche sporcare un po' con la tua umana incompletezza. 

Se rifiuti di pensare o di ascoltare devi solo finire. Finire. Non finire di vivere, o di respirare, o di cagare, o di mangiare. Devi finire. Come il bianco vuoto (o vuoto bianco) di una pagina finale di un romanzo. Dopo non c'è niente. Devi finire.

La rovina di ogni scambio, di ogni nuova conoscenza è questa: non avere il metodo della tesi. L'epoca sappiamo qual è; quella della mancanza della cultura del dibattito, della mancanza dell'ascolto e mancanza di compresione e fanculo: mancanza di ogni proprietà logico-culturale-empatica-emotiva. 

L'epoca è questa ripeto; produzione incontrastata ed incontrollata di parole con il tono errato, e tono giusto di parole sbagliate.

A volte penso che bisognerebbe (forse terroristicamente) colpire la lingua. Non quel pezzo di carne inteso; intendo ciò che ci appartiene culturalmente ancora prima di rendersi conto che si sta vivendo, dopo la nascita. Chi parla quella lingua - decede. Stop. 

"Quella lingua" deve necessariamente essere quella del proprio paese. Si, sono sicuro che nello studiare un nuovo sistema di comunicazione verbale il lurido e insulso uomo/donna, pezzo d'esistenza futile che non è altro, probabilmente si impegnerebbe in una furiosa e vortiginosa attenzione dei termini. Oh, quanto è difficile dare aria al cervello quando devi prima capire un sistema di comunicazione. 

Quindi sopprimiamo biologicamente la lingua natale di ogni paese. E che ciascuno si trovi un altro linguaggio da studiare prima, e usare poi. Forse la metodologia della tesi viene meglio? 

Se poi ci sono gli ostinati (che ci sono sempre) che si impegnano perfino con un sistema nuovo, let's blackouting again. Virus pandemico. 

E' venuto quello sbagliato l'anno scorso. Che peccato.

*

Il prodotto audiovisivo seriale: parere non chiesto.

lo dice la parola stessa: serie. Mi fa venire in mente una catena di montaggio di barattolini da trenta o quaranta o cinquanta minuti. La serie presuppone una meccanizzazione dello stile, un approccio visivo appiattito legato al solo fantasmatico bisogno dello spettatore di ingurgitare un'altra puntata; tutto nel grigiore del bisogno disperato di trasformare i prodotti inscatolati in bisogni inferiori. Guardare una nuova puntata è una necessità  - ormai - paragonabile all'aggiungere un biscotto nella tazza di latte in più per puro vizio a colazione quando non abbiamo voglia di cominciare la giornata.

Non avete ancora capito quello che penso? Bene, mettiamola così: un lungometraggio è uno schizzo dettato dal fragore creativo, comunicativo, di una messa in idea e messa in senso; come una manciata di righe brevi e intensissime quasi fossero insieme un racconto di Carver. La serialità nell'audiovisivo è un prolungamento incessante e ormai delirante per la gioia dei palinsesti coinvolti. 

Il prodotto seriale audiovisivo è nato simbolicamente con le serie televisive. Gli abbellimenti sono aumentati (budget, attori illustri, registi illustri, produzioni miliardarie) ma lo scopo era fare ascolti in televisione. Vendere banane in piazza urlando al proprio prodotto. Il contenuto era targetizzato e marketizzato.

Oltre a non essere scadenti, i contenuti non possono tralasciare la forma. I contenuti devono essere forma e viceversa (l'immagine, la composizione, la storia dell'arte, la semiotica, la psicanalisi, la traslazione ad altre arti o ad altre forme comunicative, i riferimenti auto-referenziali, i riferimenti meta-referenziali...e altre cosette). Si può essere spettatori di entrambi, ognuno guardi quel che vuole. Però penso sia troppo difficile secondo ogni convenzione (quindi soggettivamente ed oggettivamente) paragonare generalmente e complessivamente un prodotto seriale medio ad un prodotto cinematografico medio. No, non c'è bisogno di rispondere a questo post strimpellando esempi specifici e sentire il proprio ego attaccato perchè si è spettatori drogati. Io stesso, molto raramente (ad esempio Gomorra), guardo una serie per assoluto divertimento. Molto raramente.

 Soltanto non solleviamo confronti inadeguati che ignorino completamente i contesti produttivi, per favore. Le serie sono un fenomeno sociale e, esattamente come i fast food hanno tanti clienti perchè sono tanto pubblicizzati, altrettanto esistono orde di spettatori famelici incollati agli schermi di smartphone e laptop. Andare al cinema (fisicamente) vuol dire innanzitutto mettersi al servizio di un punto di vista enorme (lo schermo è grande, ci avvolge completamente e non c'è altro per quel periodo di tempo in sala) e, secondariamente, significa capire qualcosa in più sul mondo che non avevamo colto nella realtà.

Certo, ci sono eccezioni (bla,bla,bla,leoni da tastiera e individui insicuri colpiti nell'ego cercasi) ma non siamo in territorio accademico dove bisogna pulirsi il culo con la seta prima di esprimere un parere che ha come faro nel buio diversi elementi compenetrati tra loro: il buon senso, la consapevolezza, la riflessione...

 

Prima di lasciarvi andare a commenti minatori ispirati come foste scimmie urlatrici vi ricordo il senso di questo scritto; il prodotto seriale audiovisivo è fascinoso, trascinante, emozionante, enfatico, divertente (oltre ogni modo è la funzione principale). Qui non si sta mettendo in discussione il suo statuto odierno iper-presente (sarebbe come affermare in corollario che l'acqua non è bagnata). Semplicemente, non cominciamo a fare paragoni strampalati con il mezzo cinema, il metro cinema e il luogo cinema. La differenza fra i tre non ho voglia di scriverla (esistono libri). 

*

Questo non hai mai letto niente di Marx, Kant, Hegel e altri

Quello di cui non abbiamo tenuto conto è il bancone del bar. Il bancone del bar è uno degli esempi più chiari di disarmante frontalità che possa esserci; tu non hai creato niente puoi solo ordinare secondo un menù regolato. Il bar è un campione della vita sociale democratica. Non possiedi il bar perchè non hai creato il bar. Puoi solo esserne cliente, fruirne. Si pensa che, visto lo scambio del bene o del servizio per denaro, ci sia una corrispettiva bidirezionalità rapportuale. Niente di così lontano dal buon senso.

Il valore attribuito al denaro è stabilito da un sistema aleatorio e pregiudicato: l'uomo. Porgendo denaro (oggetto valorizzato da qualcosa che non è sistemico e determinato) ottieni un servizio ed è così che il potere dell'immobile è insito nel piano d'esistenza materialistico in cui ci troviamo. La materia è materia. Mattone su mattone. Quello che conta è la possessione che, se supportata dalla propria creazione, concede il misticismo del potere.

L'immobile è lì. Il denaro confluisce. Come si può non tenere conto di questo? Il materialismo storico è il vero umanesimo: umanamente materiale. Del resto l'uomo è carne, corpo e, perfino nel ricordo spontaneo ed emotivo, si ricorda cosa ha posseduto un umano dopo la sua dipartita. Valore affettivo: è ciò che ci si appresta a dire di consueto quando si consegna valore ad un oggetto materiale di un defunto.

Ma l'ammissione del valore non è di natura emotiva bensì di natura materiale capace di sostituire il corpo del defunto. La mia riflessione culmina così: se è vero che un umano può scompensare emotivamente un altro umano, tramite pathos, secondo la scala delle emozioni positive e negative, è altrettanto possibile affermare che questa capacità ce l'ha intrinsecamente anche il materiale. Una casa può creare felicità edonistica istantanea così come un umano che decide il proprio consorte. Si, proprio quella persona fra le tante con i suoi egoismi difettosi. Ha scelto una casa e un umano. Si appoggia nel taschino il binomio felicitazione-luogo in cui vivere assieme alla felicitazione-persona con cui vivere. Siamo oggetti usati da elementi per conto di materiali.

L'oggetto è immortale, noi siamo soggetti al deterioramento.

*

Stai parlando a te stesso (parte3)

Ho visto la fine del cielo mentre impegnavo un pensiero;  una soffusione tanto carismatica di una tonalità di rosso ha poi colpito il tramonto. Il pensiero era destinato a qualcosa di fugace e futile; quel colore metamèrico, invece, è sempre stato lì ma nessuno lo ha mai visto.

 

La strada per casa era colma di posticce macchie rosa, una colonna affezionata all'infinito grigia e qualche alto, vecchio, tetto che cerca di sfuggire in verticale con rossastri baluardi. Questi attici coi loro colori e la loro altezza sono sempre stati lì ma nessuno li hai mai osservati.

Qui, ora, dinnanzi allo schermo sto cercando di ricordare un ricordo che non mi appartiene, come queste riflessioni coloripatiche che così tanto deformano come osservo e cosa osservo. Ricordi, che come chiodi roventi esplodono in un'emicrania poco gentile.

Un uomo ossessionato  dai mezzi iper-presenti di oggi, ossessionato da una folle ricerca di evoluzione individuale di massa. Il paradosso lo attanaglia. 

Una ragazza alienata ed una festa di compleanno, con rimasugli di dolore da ebrezza mai superata di una domenica mattina. La folle volontà di partecipazione  anticipata da un'incapacità di confrontarsi.

Apprendo davanti allo specchio il motivo di queste invasioni innestate. Ppoco dopo faccio un sogno ricorrente che non ho mai fatto: una persona che non ha volto allo specchio mi dice che quei ricordi non sono miei ma di visi che mi sono appartenuti. 

Se io sono cambiato e non ero chi sono, cosa devo fare adesso? Qualunque cambiamento e presa di coscienza delle mie azioni non verrebbe notata da alcuna persona. Ero io e poi non lo ero più ma nessuno mi ha mai guardato con quella camicia a quadretti blu cobalto.

*

Stai parlando a te stesso (parte2)

Cerchi continui negli insiemi di persone. Osservo la circonferenza, il raggio, il diametro occupati da individui. La ricerca si pone nell'armonia delle bocche, nell'armonia delle movenze di queste persone. Mentre mi passano vicino intuisco il loro deforme spostamento; mentre scambio con loro lo sguardo ho già in mente l'angolazione che le pupille e le palpebre prendono evitando lo sguardo.

Il problema principale è lo "stare". Esserci. Occupare quello spazio materico che l'esistenza ci ha consegnato gravandoci di questo. Avere nella mano un drink poi, è un altro problema contemplativo, tutti lo fanno e nessuno sa come. 

La festa prosegue ed io ancora oscillo terribilmente sulle considerazioni dei corpi che si agitano; ammassi di carne inconsapevoli o fuochi fatui che si agitano mescolandosi alla vita?

La domanda davvero mi attanaglia anche se offro da bere alla festeggiata, mi piace davvero - penso - ma è meschinità. Perchè alla fine sono interessato al rimando di un'idea perchè il rimando non deve porsi il problema dello "stare". Com'è possibile non amare quello che semplicemente "c'è" senza che lo "stare" lo inguatti? 

La mia folle ricerca del giusto contesto dev'essere il giusto armistizio tra la goliardica ed edonistica foga immotivata della situazione particolare e il tremendo rintoccare dell'inadeguatezza per ogni momento ed ogni cosa. 

Quel calore che mi faceva capire io non lo sento più; forse ha a che fare con l'uomo bendato che ho visto allo specchio l'altra mattina in bagno: "stai parlando a te stesso" mi ripeteva.

 

*

Stai parlando a te stesso (parte1)

Vorrei aveste un'influenza conturbante su di me. Vorrei aveste il potere di regolare più pensieri e più azioni. Da ogni scambio di frasi ad ogni lettera digitata. Vorrei sottopormi al vostro sconosciuto rigore. Non è così.

Sapete com'è invece? La mia possibilità di apparire tra e con voi dev'essere giustificata da un trascorso, da una risoluzione. Devo essere una persona risolta, giungere ad un me consapevole e coinvolto. Allora, e solo allora, potrò far trascorrere tempo, potrò lasciarmi andare alla goliardica presenza dei sabati sera e pensare di interessare il tempo di altre persone. Senza questo compimento, sarei un'ombra di me stesso. Senza contenuti, senza contesto, senza ragione alcuna.

Uscire, ridere e perdere la cognizione dell'assoluto a favore dei bisogni quotidiani e immediati; farsi accogliere dalle fucine dionisiache che si costituiscono con voi tutti è ingiurioso verso me e voi. 

Ognuno può giungere ad una versione evoluta di sè, l'unica cosa importante è la consapevolezza. Non evoluto significa non vissuto. La pericolosa svista del tempo libero e del tempo del confronto con altri individui è in effetti il più temibile dei colloquio, delle prove, degli esami. Non è un non-vivere l'attesa ma una fabbrica del proprio vivere autentico. Quando ci sei non lo sai. Gli altri si. Guardando te vorranno stare con te. Per stare con te dovranno seguire la risoluzione che hai seguito tu qualunque essa sia.

Quel caffè, quella birra, quel momento di informale socialità tribale è tutto. Il resto è risolversi come individuo. Questa è quella che definisco iper-modernità; non siamo più al centro del nostro egoistico universo nè siamo i mattatori o i padri-padroni di noi stessi.

L'iper-modernità mette in un pantheon sacro la statua di Faust e Charles Foster Kane ma ormai, ahimè, sono solo ombre di un passaggio che è avvenuto in tempi remoti. Non ci si chiede perchè e come ma il remoto non è degno di domande.

L'iper-modernità sfrutta e cavalca l'onda dell'imperante ritmo dell'immediatezza di oggi, dei nostri pensieri che passano attraverso sistemi volatili. Siamo diventati l'aggiornamento del nostro stesso essere. Siamo ossessionati dall'aggiornarci senza sapere cosa è stato modificato. Alcuni di noi accusano tutto ciò, come alcuni che non si sentono a proprio agio col nuovo sistema. 

Cazzo, siamo versioni di noi stessi malandati su un sistema sempre più esigente di performance a nessuno scopo. Io contribuisco a questo, non posso farne a meno. Le persone sono incompatibili con il mio attuale sistema. Sono in cerca di cosa? Cos'è la foga mia? Un modo tutto customizzato di cercare compatibilità, comunicabilità.

Iper-modernità è questo: noi stessi che sappiamo essere obsoleti per il sistema e cambiamo vorticosamente; è parlare con te stesso per acquisire qualcosa che non sai. 

 

*

Questo scritto è stato acconsentito ’dall’altro’

Sento sempre una fiaccola nelle mani. Un fuoco che si dilaga come linee guida di un pentagramma per le mie falangi.

Un fuoco che rode dentro in modo insopportabile. Eppure, questa insopportabilità si affianca ad enfatiche risate senza controllo, come la salivazione che ne deriva.

E’ una dichiarazione esplicita e onesta: talvolta l’euforia travestita da follia (chissà chi ha il dominio) mi raggiunge precocemente, e regola le mie azioni. L’attimo in cui eseguo un’azione non comandata dal mio riflettere sembra originariamente di questa follia.

Quando ritorno al mio stato naturale di pieno controllo è come se mi svegliassi ed è una sensazione orribile; come l’ubriaco che subisce la sbornia, come l’aver fatto un sogno troppo nitido, come vivere in un deja-vù.

Ricorro al sesso o all’alcool per esorcizzare questi momenti talvolta, anche se mi rendo conto che forzarsi a fare una o l’altra cosa scade nel simulare il problema che voglio evitare.

C’è una sorta di tentazione fortissima, una specie di attrazione fatale per fare tutto ciò che non vorrei. Quando viene fuori, questo qui è attratto come una falena dalla fiamma, a tutto ciò che esattamente non mi piacerebbe. E’ una tortura poiché rimango cosciente mentre l’altro ha il controllo, quindi mi rendo conto di cosa gli passi per la testa.

Quando si vuole fare baldoria o bisboccia, quando gli amici affermano di volersi divertire creando un rituale sociale come una festa o un’uscita sociale, è lì che l’altro sente di poter uscire fuori.

Sento di stare bene quando non c’è ma mentre lui comanda facendo quel che fa sta bene pure lui. Questo significa solo che siamo agli antipodi. Se lui non ci fosse non so chi sarei io.

*

Qual è il modo giusto di vivere?

Spesso nei momenti di svago , definibile "tempo libero" , chiedo alle persone che frequento la loro particolare opinione sul modus vivendi. Cosa intendo per modus vivendi? "Come bisognerebbe vivere?" oppure "Come deve essere vissuta la vita?" 
Si, sono domande che mi pongo in continuazione e , nonostante le argomentazioni filosofiche esistenzialiste mi interessino molto (cito Heidegger in primis, così i dotti non arricceranno il naso) , tali domande partono da un bisogno quasi naturale.
Come per mangiare , respirare e criticare , a me sorge un altro bisogno umano assoluto : chiedermi se sto vivendo bene la mia vita ; se intraprendo le giuste relazioni personali ; o se è corretto ed ha un fine ultimo affannarsi nello studio ed il lavoro. Giusto per far piacere di nuovo agli esistenzialisti , non mi pongo la domanda per antonomasia "qual è il senso della vita?" no , cerco piuttosto di capire qual è il modo giusto di viverla. L' esserci è un dato di fatto : non sarà mai spiegato ma...se non altro gli "amici" di Heidegger saranno contenti di nuovo.
Tornando ai bisogni posso poter confermare che talvolta, quasi come fosse un'emicrania o un'otite , posso sentire fisicamente lo "sgravare" di tutto. Tutto quello che sono, e che faccio , crollano improvvisamente nella spirale infinita tra il sensato e l'insensato ; diviene tutto improvvisamente degno di discussione, di dubbio e d'inutilità. Proverò ad elencare i principali massimi sistemi umani di cui sento crollare l'importanza : 
- Le passioni, che solitamente preferisco chiamare distrazioni, giungono di fronte ad un perchè come fossero un treno merci dinnanzi ad un passaggio a livello. Ogni umano vive per uno scopo creato ad arte ; esso può essere un impiego socialmente utile oppure una vocazione artistica. L' impiego è un'azione meccanica dai fini materiali, che riduce l'individuo letteralmente ad un numero, o meglio  ad un capitale umano (per far sorridere i Marxisti). Per fini non materiali invece, l'impiego diviene portante della dignità dell'individuo all'interno della società , oltre ad altre cosette come il denaro anche se non voglio però ora, spostarmi su elementi più "piccoli" ma concentrarmi solo sui sistemi massimi.
- L'arte invece, è considerata da molti esperti come la testimonanianza del nostro passaggio lungo la fetta d'esistenza a noi permessa. L'arte , e intendo tutta l'arte (mi risparmio le elencazioni Kantiane o Shopenaueriane) credo possa essere concepita , lungo i concetti filosofici-filologici-letterari della storia, come una rappresentazione dell' esistenza. Basata su sentimenti , virtuosismi e creatività. 
Senza arte "non sapremmo come vestirci il mattino prima di andare a lavoro, o non sapremmo cosa mangiare a pranzo" direbbe Belona Greenwood.
Ma nei momenti in cui mi pongo la domanda "come bisognerebbe vivere?" è impossibile non rendersi conto che l'arte rimane dunque una dolce distrazione per la domanda, più che una risposta. Già, me ne ricordo, e quando tutto è in dubbio lo diviene pure l'arte in cui credo e che tento di creare.
- Le relazioni personali ,  pur non rinnegandole mai, divengono un'altra domanda senza una vera risposta (tralasciando quella comportante l'universo : freddo e abnorme , che ci spinge ad avvicendarci con altre persone per dimenticare questa sentenza emessa da un giudice sconosciuto).
Sulle relazioni potreste dirmi che esagero, è vero; potreste parlarmi dei membri familiari e di come sia impossibile trovare un perchè all'appartenenza naturale di essi alla nostra sfera affettiva. La scienza però , spesso ci rende consapevoli e infelici , e nonostante probabilmente possa risultare superficiale , razionalizzo l'amore istintivo per i familiari con la teoria egoistica del gene del biologo Richard Dawkins.
- Esiste in effetti un ultimo massimo sistema, o filosofia di vita che dir si voglia, che potrebbe rispondere qualcuno alla domanda. Quel qualcuno, magari perchè si rende conto che una vera risposta non c'è, propone che il modo giusto di vivere sia l'istinto : seguire a ruota la complessa macchinazione di impulsi che il cervello ci suggerisce, con conseguente incuranza. Forse gli istintivi sono coloro che pur non rispondendo, si avvicinano di più all'unico modo di fronteggiare la domanda posta. Quando guardo gli istintivi rimango colpito : essi sanno coscientemente che la vita c'è ed esiste ; non si sa perchè ma è così (l'esserci Heideggeriano citato prima). Dunque per gli istintivi non importa neanche a questo punto dare una risposta, l'importante è seguire l'impulso, giusto o sbagliato che sia.

- Quali altri rimangono per chiudere il cerchio dei fondamenti umani? L'amore forse? L'amore (desidero sottolineare anche il sesso) , argomento impossibile da discutere, è la versione più sofisticata di distrazione che ci sia. Una delle forze più potenti dell'universo , seppur quasi sempre venga scambiata con possessività e, dunque , compensazione dell'ego umano. Anche l'amore , come il resto delle relazioni, trova sostegno come mezzo contrastante la "solitudine universale" che citavo prima per le relazioni. Per quanto riguarda il sesso, beh, come risposta possibile è una delle mie preferite  ma ahimè,  sempre troppo fugace e riconducibile ad un rilascio di endorfine, praticamente una droga.

- Gli ideali , infine ,sono i migliori traguardi dell'uomo pensante per quanto mi riguarda ma rimangono eternamente utopistici e mai realtà (anche solo per definizione).

Cosa rimane? L'arte, l'amore, lo scopo imposto (il lavoro), le relazioni, l'istinto ... cosa rimane di fondamentalmente umano che possa sfuggire alla domanda di definire come sia giusto vivere? 
Ho fin' ora confutato tutti i massimi sistemi che baserebbero la seguente risposta : "E' giusto vivere per ... amore, arte, persone a cui vogliamo bene, o per uno scopo che stabiliamo noi o ancora, seguendo l'istinto". Tali confutazioni le ho esposte solo per i più forti "ancorati e convinti" (ricordando loro che la convinzione è peggio della pazzia) di questi sistemi, che però sotto riflessione logica e razionale , privi di fondamento. 

Ed è così che giungo alla domanda del principio : qual è il modo giusto di vivere? Dopo questa digressione iniziale spero risulti anche a voi difficile rispondere con decisione ; tuttavia, aspetto fremente opinioni più variegate.

 

Sarà che sono giovane, appartenente a quella categoria di esseri viventi  che vive in una perenne incertezza di tutto (soprattutto oggi) , e in un mondo dove il male e il bene devono essere definiti autonomamente, senza esempi viventi, ispiranti e, soprattutto,  giustificanti!

*

Considerazioni romantiche sulla musica di Beethoven

La musica di Beethoven è senza tempo , senza regole , senza eccezioni.
Cos’è la musica? Un insieme di note armonicamente accondiscendenti l’una con l’altra?
Armonia e melodia sono sempre state soggette di discussioni e querelle fin dai tempi di Palestrina, colui al quale è accreditato il primo uso della polifonia vocale e poi musicale.
Mozart fu , per la concezione più comune e generica , all’unanimità uno de più grandi musicisti della storia, un genio bruciante che non ha potuto toccare la soglia dei quarant’anni. Un genio quasi inconsapevole della sua grandezza, reso umile dalla storicità del suo e dai musicologi professi del suo tempo.
Mozart subì spesso critiche alla sua musica ; troppo complessa ci ricorda il film di Milos Forman , storicamente incoretto e non privo di romanticizzazioni ai limiti del lecito.
Le querelle mozartiane però, ci furono realisticamente. All’apice del classicismo settecentesco della musica illuminista , Mozart fu talvolta braccato da quella che definisco “norma musicale illuministica” ; come sarebbe stata la musica di Mozart nel post-romanticismo?
Il compositore avrebbe placato il suo esigente genio con quello che i formalisti hanslickiani definiscono virtuosismo inutile?
Il Romanticismo fu l’esplosione di sentimenti repressi e temerari ; l’interpretazione impossibile della volontà shopenaueriana , della misantropia niciana che sconvolsero il secolo dell’ottocento e poi del novecento.
Essi sono tati portatori del pensiero collettivo di timore , veri scoperchiatori dei vasi di pandora della paura dell’esistenza e della morte. Beethoven allora, si ritrovò in un momento culturale affine e tendente all’interpretazione delle insicurezze, delle paure e delle ansie messe sotto i riflettori dai grandi filosofi citati.
Beethoven come il romantico inquieto , ribelle ed accusato di virtuosismo , si prese carico di ciò che i musicisti come Mozart non poterono neanche concepire. Il romanticismo fu un’ ondata violenta nell’oceano della musica ma Beethoven , sostengo , ne fu prima un’interprete magistrale per poi divenire un tramite divino connesso più di chiunque altro , con la sua musica, al desiderio timoroso di comprendere la vita , la morte e l’esistenza.
Il genio è però colui che con maestria innata riesce a sfumare, cambiare , con soave letizia. Beethoven giunge impossibilmente dove non gli è concesso (la comprensione) con la musica prima di acquisire la consapevolezza di aver proposto solo una riflessione sulla suprema conoscenza di morte e vita ; così egli ritorna all’umanità, agli uomini : argomento infinitesimale dell’esistenza stessa.
Il genio ,tuttavia, riscopre un altro massimo sistema , appartenente tutto all’uomo , il vero scudo dell’umanità contro il raggelante nero mistero dell’esistenza. Tale sistema è la speranza.
Beethoven si pone sul suolo di tutti i camminatori terrestri , con il consueto mezzo musicale.
“Moltitudini!” Scriveva Schiller mentre Beethoven l’avrebbe musicato nell’ Inno alla gioia ; moltitudini orecchianti, umanità inconsapevole che armata di speranza innalza la gioia e la determinazione.
Tutte le volte mi commuovo , e mi distraggo dall’attenzione uditiva delle note, degli strumenti , della perfetta armonia vocale… Beethoven promuove e dialoga , egli ci illustra il neropece e l’oblio dell’inspiegabile e dell’irragiungibile anti-dogmatica esistenza.
Giunge poi come un condottiero di anime e ci rassicura, con questo inno alla speranza. Un vero inno alla gioia per l’umanità e alla coesione.
“Moltitudini!”
Un lesto sorriso, un infante dispettoso , un’aurora celestiale , uno sguardo perentorio. Le moltitudini a cui il maestro rivolge appello.
“Moltitudini !”

*

Onsoul

Adora,imita,ama e impara da qualcuno che è meglio di te. E' così che tutti dovrebbero fare.Stare a fianco di coloro che possono cambiarti,crescerti,esporti tutto ciò che non sai e sei ,che ti fanno credere di conoscerti meglio di te stesso insegnandoti invece le tue vere debolezze.Un'applicazione sacra e in funzione dell'amore che si rapporta in modo semplice alla vera natura umana : L'egocentrismo.
Importanza trascurabile.Un guadagno umanitario ampio.Non amare solo,migliora anche.
Che senso ha precludersi determinate persone per qualche banale pregiudizio? E' invece interessante capire come davvero siano,arricchirsi di loro e farne preziosi amici,alleati e amati.
Passerai poi alla consapevolezza che avendo solo amici,non avrai nemici.Non avrai ostacoli. Tutti saranno con te e tu sarai con tutti. Tu avrai tutti.Tu sarai tutti.Tu controllerai tutti. Loro saranno i primi a dire che è vero.

*

Non voglio imitarti ma apprezzarti !

Avete presente quei momenti in cui il vostro cervello vi suggerisce chi siete? Andiamo, sostanzialmente nessuno di noi sà davvero chi sia , probabilmente è uno dei misteri più inquietanti che tormenta l'uomo dopo la circoncisione e le giurie popolari.

Talvolta un ragazzo ad esempio,prima di diventare uomo si fà cogliere da alcune ansie e interrogativi riguardo alla sua mancata spensieratezza,semplicità e non-curanza , e si pongono degli auto-convincimenti riguardo alla propria apatia. Cose come "ma si, devo ancora crescere, devo cambiare, devo capire davvero cos'è la vita...e dopo incomincerò a sorridere di gioia beh magari non sempre...ma sarò entusiasta!" Il ragazzo continua a vivere e aspetta sempre quel momento, quel cambiamento e continua a convicersi e aspetta e continua a convincersi e aspetta...alla fine diventa un uomo. Egli pensa "se questo è un uomo" allora non ho altro da dire,da fare <pensa di se stesso>. Quindi rimane solo,apatico e senza alcuna possibilità che alcun essere vivente possa giudicarlo in bene o male. Diventa un neutrone della società, un distributore automatico. Già proprio così! Un distributore automatico non viene giudicato! Funziona e basta. Chi offese mai un distributore? Inserisci la moneta, esso funziona e basta. Incolore, anonimo ma altrettato determinato a essere indeterminato. Perchè? Perchè tutto è frutto di un disegno di un pazzo furioso che controlla cielo,terra e stelle. Qualcuno dovrebbe dargli lezioni di originalità qualcosa che dovrebbe elargire fantasia, non so...un tip-tap o un tango.Dio maledica chi si rende conto...e benedica chi non lo fà. Ma già succede questo!

*

Discorso intorno alla mentalità delle famiglie di via Rossi

In effetti se n'è parlato abbastanza ma non correttamente. Piuttosto di analizzare altre questioni si vuole insistere verso una messa a punto,un cimento finale,un resoconto delle idee delle ipotesi formulate. In questa cittadina gli abitanti  spesso e volentieri si lamentano  ,si ramificano e si distribuiscono a mestiere in determinate e non stocastiche zone della città  con diverse tipologie di personalità. Molte persone rappresentano molte vite ; ogni vita ha come compito effettuare un viaggio lungo la fetta d'esistenza che ha a disposizione e che rappresenta. Molte persone si determinano ,durante la vita, quello che appartiene a loro,le loro attività,i loro pensieri,le loro esperienze.Tra le diverse vite viene vista una differenza sostanziale.Spesso le diverse famiglie della città curano i i figli in un modo ben definito,regolato da un'inevitabile tradizione mentale familiare ; crescono i figli e li incalano verso uno scopo di vita decisamente ricco, culturalmente parlando. Si decide di optare per alti profili ; "alto" definito solo da coloro che lo reputano tale e che hanno meno possibilità di coloro che lo fanno come fosse ordinario.Quello che sembra tanto lo è reso solo dalla convizione che sia poco. Le famiglie di questa zona perfezionano il loro pirincipio di vita nei loro figli per imprimere quei valori importanti.Ai figli ,nonostante tutto, non mancano  una libera disposizione di gestirsi e soprattutto la libertà di occuparsi autonomamente di questioni personali e millanta di altri eventi innescati dalla pubertà adolescenziale , dal fare esperienze nuove,dal conoscere altre persone,dal non rendersi conto di tutto questo detto fin'ora...in sintesi tutte le possibili scelte che un figlio può fare. Queste famiglie prima riassumono le diverse tipologie di stili familiari , poi spremono e raccolgono i valori più importanti e significativi per la giusta crescita.Niente è reso inviolabile davvero e tutto è sempre considerato e reso possibile. Le persone che fanno parte di queste zona , e che di rosso hanno solo il nome della via in cui dimorano, sono splendenti. Ci si può rivolgere a taluno come fratello. Altruismo e perspicacia sono presenti in essi alla giusta gradazione da non consentire che uno si trasformi in smaniosa ed egoistica ricerca di gratificazione personale, e arroganza l'altro.

E' così che esplodono le grandi personalità che popolonano questa cittadina così tanto combattuta nelle psicologie infervoranti . Solo così si possono venire a formare grandi uomini e grandi donne. Quelle di cui questa cittadina , in senso tradizionale , ha bisogno . Ma è anche appagante e piuttosto vero affermare quanto in realtà costoro siano attaccati ai valori più stretti e meno romantici della vita. Cadono così le idee e le ispirazioni di una vita piena di esperienze,il "viaggiare", le conoscenze (proveniente tra l'altro dai genitori)...questo influire di vita, questo modo completo e unico di essere finisce per soppiantare quei grandi uomini e grandi donne in una serie infinita di paure e insicurezze. Un vero e proprio paradosso ? Assolutamente no. Si rimembra ora la citazione "ciò che non ti uccide , ti rende più forte" del Nietzche. Codesto esplosivo tocco di eleganza filologico può essere reinterpretato per le famiglie dalla via rossa : "ciò che ti fà soffrire,ti arricchisce". Esiste dunque un limite alle loro possibilità di  essere migliori di coloro che stanno al loro fianco?

*

ctrl

Sulla vita bisogna sempre mantenere controlli. Sempre, in ogni momento. Da quando ti svegli la mattina, a quando fai pausa pranzo a lavoro, anche quando ti accingi ad andare nel bagno. La questione è che i controlli regolano chi sei e cosa fai. Se non controlli bene la quantità di fumo che fumerai, questo ti porterà a stare tanto male. Ma ciò che proprio non mi va giù è "perchè devo subire la tentazione del fumo se poi devo controllarla?" Perchè in ogni cosa che hai fatto e che farai in questa vita, devi sempre preoccuparti dei modi, delle quantità, delle conseguenze? Su stesso e su gli altri? E' così tremendo...lo trovo poco rassicurante, poco naturale. Se si nasce e si cresce con pochi vizi bene, altrimenti...bene lo stesso. Voglio dire e fare tutto sempre , e in relazione al mio bisogno! Non voglio assolutamente impormi nulla. Vorrei che tutto fosse naturale e che tutti fossero naturali con se stessi e gli altri. In tutto questo c'è poi da aggiungere che talvolta però è beneficiario farsi controlli per sfuggire a quelli che una volta diventati vizi, diventano devasti. Una volta ho chiesto ad un mio caro amico " ma tu quando hai un pensiero fisso cosa fai per cercare di trovare pace? "   e lui mi rispose " purtroppo continuo a pensarci finchè non mi sfinisce." Lì irretii una magistrale verità. Se hai qualcosa per la testa, trovo molto ipocrita non pensarci (oltre che molto difficile). Ma certe volte occorre farlo; dimenticare , distrarsi, condursi momeneamente in uno stato di incapacità di pensare. Tutto è sempre momentaneo, frutto del momento e della necessità. Saremo mai noi stessi? In un momento di completa libertà comportamentale e mentale? Pensa al termine "razionale" e ti verrano in mente cose completamente opposte a ciò che ho scritto. Secondo me, da un punto di vista naturalistico, razionale è proprio tutto ciò che si accoppia e che sorride a quanto precede.

*

Art quod Vita

Persone : Il mondo, il piano esistenziale che così chiamiamo, che si distacca dal trascendentale (kantiano) , su cui ci poniamo, ne è pieno . Ogni persona è un individuo con la propria individualità ,è "un'anima" per alcuni filosofi (senza spiegare cosa l'anima sia). Ciò che possiamo definire unico quindi, concerne con l'anima e con l'individualità della persona.

Conoscere nuove persone vuol dire farsi consci di qualcosa di unico e arricchirsi, acculturarsi di qualcosa che prima non ne avevi facoltà di pensare. E' un modo di apprendere cose nuove il conoscere ; entrare nelle meccaniche di conoscenza e di comprensione che tutti i cervelli hanno e per cui le individualità operano. Conoscere ,quindi, è bello. Quel bello inteso artisticamente.Conoscere come comporre, scrivere,disegnare. Conoscere come un'arte bella.

Alcune persone da possono essere delle grandiosi opere. Un po' come la 9° sinfonia di Beethoven , il cielo stellato di Vincent Van Gogh o "Delitto e Castigo" di Dostoevskij.

Ma seppur geniali, le opere citate sono fittizie. Le persone sono universalmente e lecitamente vere.

Le persone come opere viventi e il conoscere come arte. La vita come arte e l'arte come la vita. 

*

Accendersi

Corri per chilometri, non voltarti indietro. Quando giungi alla fine fermati istantaneamente. Osserva ciò che hai davanti. Hai la sensazione che ciò che non vedi, dietro di te, sia pesante? Senti il bisogno di voltarti? Sii come la nave che sei stato fin'ora, quella che ha solcato tutti i tuoi pensieri nel mare della mente.

Sii tu la nave, non i tuoi pensieri. Le più grandi e libere vite non si sono mai voltate indietro, non si sono mai fermate, non hanno mai invertito la rotta.

Fà che tutto ciò che ti plachi e ti fermi scivoli addosso alla tua nave, fai gonfiare le vele.

Penserai solo quando non potrai non farlo.  Sempre d'urgenza. 

*

Le parole che si prendono gioco di noi sono Origine e Indole

Il contesto è importante. Come definizione linguistica intende appunto gli elementi che accompagnano il testo, e che in qualche modo lo determinano. 

E' brutale pensare che non si abbia il controllo del contesto della propria vita ; da quando si viene al mondo molti fattori incidono sul proprio essere, sulla personalità e sul carattere. L'ambiente in cui si nasce e la sua caratterizzazione fisica determinano la nostra capacità di vedere (anche filosoficamente) lontano. Nascere in montagna - alta e maestosa - e abituarsi a paesaggi lunghi e ferm,i ti fa diventare un'osservatore riflessivo. Nascere in un inferno urbano di una grande metropoli, ti fa divenire un essere nevroticamente sempre in movimento. In un caso si osserva molto e ci si muove poco, nell'altro ci si muove molto e si osserva pochissimo. Tante culture abbracciano il mondo, lo colorano e lo vestono. La cultura , intesa antropologicamente , determina la nostra origine : l'insieme di valori,storie,simboli,luoghi comuni e tradizioni condivise da sempre per tutti o per tutti da sempre. Sono il primo strato veramente marcato del nostro essere. Il primo marchio che riceviamo.  L'origine , che rappresenta tutto questo, è lo strato più esterno della nostra personalità. L'indole invece, rappresenta quello interno, vale a dire l'insieme delle qualità e dei caratteri di una persona.

C'è una stretta relazione tra indole e origine, poichè l'origine può calcare l'indole ma non il contrario.  Ancora prima di cominciare il percorso scolastico, il nostro primo (seppur ignaro) insegnamento sono i valori che impongono la nostra origine e, esattamente come a scuola, talvolta ci si ribella sppontaneamente a quell'insegnamento di cui , almeno al momento , non se ne vuole abbracciare la conoscenza.

L'indole può riflettere il rifiuto dell'origine che ci viene imposta dalla nostra stessa esistenza. E' possibile rifiutarla con rabbia irrazionale oppure è possibile dare silenzioso e quasi incosciente , silenzioso consenso.

 L'indole determina subito la persona, come affronterà i problemi, come reagirà e come si relazionerà. Una vera e propria sentenza al processo della propria nascita ; fa veramente paura pensare che non possiamo ne difenderci giuridicamente (magari con un avvocato) , ne tentare di scappare. Si passa per forza da questo processo.

Per quanto si faccia, dica e si pensi, quello che siamo e che saremo è condizionato da indole e origine.

Ma non voglio cadere in un celato vittimismo o darne forza per coloro che lo cercano, solo ricordare che qualunque cosa si faccia, noi abbiamo un preciso marchio che ci determina nell'essenzialità della vita.

L'origine e l'indole sono quel marchio. Si può fare tutto ciò che la vita può riservare e tutto ciò che è umano, ma il marchio rimane come rimane la vita.

Non ci si può cambiare, al contrario di tutto il resto ma si può fare un grande lavoro su se stessi per limare dettagli del proprio carattere, per comprendere quelli che sono altre origini e indoli e divenire più cosciente a proposito di altri marchi. Limarsi il carattere e vivere conoscendo altri marchi è la mia filosofia preferenziale.

Non mi fermo mai ad un carattere definito , unico e invariabile ; sarebbe come smettere di vivere.

Ricordando che la vita è appunto strettamente collegata ad Origine e Indole, conoscerne nuove e mettersi a confronto può significare, secondo i concetti precedenti mvivere in modo soddisfacente. Per sempre sarò "ospite" delle circostanze e dei marchi diversi, ma poco a poco li potrò comprendere tutti.

Esistono modelli di marchi molto comuni e altri più rari e affascinanti sicuramente, ma tutti hanno sempre qualcosa da insegnare. Essere consapevoli di quale origine e indole ti determinano per sempre , vuol dire accettarsi e quindi, vivere bene.

Accettarsi e scoprire nuovi marchi per capire,comprendere e avere la conoscenza può far vivere meglio. 

*

Perchè?

Uno dei concetti esistenziali primari per l'uomo e la sua essenza, è la diversità. Intesa religiosamente, socialmente, politicamente, sessualmente...etc.  Secoli di lotte, genocidi, contrasti di qualunque forma si ripetono all'infinito, riproponendo sempre gli stessi atti di spettacolo.

Perchè non si smette di alimentare odio irrazionale fondato sull'ignoranza? Perchè non si combatte l'unica cosa che andrebbe combattuta? - Bella domanda direbbero alcuni, allontanando la semplicità dalla risposta - Il fanatismo : ecco cosa affligge da sempre , e in ogni questione.

Visto il trambusto "da sempre attuale" ,userò la questione degli omosessuali come esempio.

 

"Permettere il matrimonio tra omosessuali rispettandoli si , concedere parate di persone nude no." Ora, chi sono gli omosessuali che si sposano tranquillamente e chi sono le persone nude che fanno parate? Come si distinguono? - Chi bisogna odiare dei due? Quest'ultima è la domanda che i fanatici si pongono in aggiunta alle altre - Lo stesso identico fanatismo è quello che è innalzato da coloro che fanno quelle parate. L'omosessuale "tranquillo" ,come spesso è definito, è una persona che lavora o studia, ha delle passioni e ha una preferenza sessuale dedicata a persone dello stesso sesso.

Non bisogna condannarli, loro non infliggono danni fisici o morali (a meno che si sia ignoranti come una capra). 

Bisognerebbe vivere la propria vita a fondo, concentrarsi sulla propria situazione individuale , cosa che gli omosessuali fanno civilmente. Il fanatico invece, spesso non trova di meglio da fare che urlare e contestare. 

La questione dell'affidamento dei bambini a coppie gay si, è un argomento su cui basare un dibattito , possibilmente civile e democratico.

Molti fanatici (di entrambi le parti) dovrebbero comprendere che l'assurdità della loro convinzione apporta , oltre ad inutili contrasti , una perdita di tempo. Che si potrebbe spendere in altri modi!

 

Urlare a gran voce, fare manifestazioni , creare odio di parte non fà stare bene nessuno. Vale per le religioni, la politica, per la diversità : l'umano sentire ostile chiunque non sia uguale a noi.

Con un po' di civiltà e buon senso, non si deve sopprimere quel sentimento naturale ma solo equilibrarlo.

Perchè il fanatismo , causa di tutti i mali , è permesso in ogni discussione e confronto? Perchè si sente il bisogno di esternare le diversità degli altri con rabbia ? Perchè non si può vivere civilmente e farsi "gli affari propri" (aggiungendo un pizzico di liberalismo individualista) ?

*

Maledizione! - Pensai

Da anni si era amici, conoscenti, relazionanti. Ho sempre mantenuto un rapporto più decente possibile ma diamine, non c'è stato verso di mantenerlo poi in effetti. E' così dissacrante vedere sbriciolato un rapporto con altre persone che reputi importanti e di cui il giudizio è fondamentale per te. A volte, nonostante tutti gli sforzi, si perde ogni contatto, ogni visione, ogni conoscenza. Si diventa completamente sconosciuti e impassibili l'uno per l'altro. Si può finire in una stessa locanda e non salutarsi, non vedersi neanche. Com'è possibile? Si prende ciò che si vuole da tale persona e poi più nulla. E' così straziante : la fine di tutte le relazioni, dei legami che ti univano a tale persona! Cadere nell'infinito mare di indifferenza e quasi incoscienza. Perdere per quel mare di persone che mi piacciono e che mi interessano! Forse proprio perchè lontane diventano interessanti, forse il pensare di loro e il ricordarli in quel determinato momento in cui c'era un "noi" o un'amicizia  o una relazione sociale può bastare! Solo il ricordo dolce e il vedere che ora navighiamo mari comuni su vascelli diversi diviene una vera e propria forma di convinzione. Convinzione che quella persona piace. Mi scopro amante quindi di personalità, più che di persone. Il non far-parte di quei vascelli talvolta è frustrante , calcolando che in un momento precedente ero parte di quella ciurma. "Maledizione!" - penso. 

Per un secondo abbraccio l'idea  di quelle persone ora lontane,forse a mille leghe da me, del ricordo distante e quello solo. Quindi non si vive per una meta dopo aver solcato il lungo mare, ma per solcarlo continuamente.

*

Il limite e il segno per tutti

Pensi spesso a quante cose potresti fare no?

Pensi che potresti essere portato per questo, per quello... senti di avere una vocazione, una vera e propria ispirazione per diverse cose.

Coraggio, magari sei innamorato di qualche cavaliere o di una dolce donzella da tutta la vita e ancora non gliel'hai detto? Magari una tua infatuazione a portata di mano rappresentata in una possibile e probabile vecchia compagna di classe, o una tua collega ,o una sconosciuta vista sulla metrò!? 

Magari sei di quella categoria più enigmatica ! Non senti niente e non ami nessuno  ma brucia in te il bisogno di cambiare per farti giungere tali ispirazioni ! Fallo ! Fai quello che devi fare ! La vita l'abbiamo per questo, per soddisfarci al meglio che possiamo con ciò che abbiamo !!!

In fretta ragazza! In fretta ragazzo!

Non serve leggere quanto appena scritto , leggi solo questo : fallo ! Non pensare e fallo ! Individua ciò che ti è congeniale e fallo !

 

Ma in fretta ! 

 

Alla cortese attenzione degli esseri viventi : il minuto è appena terminato, un altro ha già cominciato a scorrere. Si consiglia la clientela di fare ciò che può nel minuto che segue.

 

Torna a casa e dormi un po'. Se non sarai pensieroso saprai che ti conosci e che potrai convivere con te stesso. Altrimenti torna per strada e fai ciò che devi.

Spingiti al limite. Lascia un segno.

*

Il nulla e il vuoto di serate in cui la finzione prevale

Mentre entro nel locale sento l'acre odore dei profumi di marca, tutti mischiati nell'alone mistico che appanna questi vetri estivi. Le ragazze , tutte uguali  tutte diverse, hanno lo stesso sguardo e lo stesso aspetto. Molte sono segretarie precarie con delle inconfondibili occhiaie ma la "buona volontà" che offrono gli ultimi anni giovani ; altre sono mogli assopite nei loro fard, push-up, sguardi seducenti di un tempo passato che ballano a ritmo di musica come non ci fosse altro nell'esistenza. 

C'è una distesa di adolescenti dinnanzi a me - alienati che tentano di colmare il loro vuoto esitenziale tra un cocktail e l'altro. Alcuni di loro sono diventati abili anche a non pensare, correndo a destra e manca per locali come questo.

 

Tutto questo si presenta ai miei occhi increduli a tempo di musica pulsante , che nelle menti di tutti si solleva come un'emicrania ritornante e rammentantante : l'importante è sorridere , illuminarsi nei flash fotografici e bere. 

Questo è il cimento senza puro sentimento, tutti seguono e fremono. 

 

Uno dei miei amici si gira verso di me e mi dice qualcosa. Non sento, la musica è troppo forte. Rispondo lo stesso muovendo le labbra ed è come se chi mi vedesse pensasse stia mimando il mio stesso labiale :

"Mi piacciono da morire questi balli, non significano niente."

*

Ecco la linea -------

Se pensi ad un assassino, ti si configurano nella testa delle immagini riguardanti una persona immorale che compie abominevoli crimini. Pensi che è parte del male, di ciò che non vorresti essere. 

Un estremo, può essere definito, quello di essere un assassino...o meglio di uccidere una persona. 

Togliere la vita ad un individuo è un'azione che può segnare la vita. Ti può portare ad essere parte di quel male di cui ho scritto precedentemente. Non penso che la vita sia solo una decisione di estremi, penso fortemente che esistano diverse versioni di noi in base ai momenti che si forgiano durante gli eventi. Sei uno è buono perchè ha sempre fatto il buono e poi  uccide qualcuno per vendicarsi di qualcun'altro , magari un suo caro , che gli è stato ucciso a sua volta , dovrebbe essere subito spostato dalla parte degli estremi cattivi? Non lo trovo ragionevole. Nel secondo in cui uccide fa parte del male...nel tempo, magari con la catarsi o la redenzione, (e magari anche senza questi) torna nel bene.

La vita è una bilancia, il male e il bene sono uno da una parte e uno dall'altra. Ogni persona , con il susseguirsi degli eventi , può oscillare da una parte all'altra. Sono i momenti che lo decidono. Male e bene, giusto e sbagliato...non sono scelte o modi di vivere, sono conseguenze. Esistono di fatto e di fatto possono essere colti in precisi momenti. Non bisogna scegliere una parte e odiare l'altra, bisogna comprendere entrambe le parti e lasciare che le tue emozioni le colgano quando occorre. Infatti sono quasi sicuro nell'affermare che non c'è niente di peggio di un falso buono(in realtà cattivo) e viceversa. Qualcuno ha detto che c'è una parte oscura in ognuno di noi ; in realtà non è una  parte, è un momento. Mi sembra così naturale sbilanciarsi verso quel che sentiamo...e una persona che assapora le due facce della medaglia, per quanto si sia immersa nel male e sia tornata indietro, è inevitabilmente più cosciente, saggia e forte a parere mio.

*

Scrivendo rimanendo a questo mondo.

Attenzione. Allarme rosso. Non è la guerra. Non è la peste. Non è la crisi economica. Non è la sottocultura. Non sono i politici. Non è l'appartheid. Non è insoddisfazione sessuale. Non è empatia. E' Noia! Allarme Nero! Allarme Rosso! Allarme Nero e Rosso, Insieme! "State attenti alla noia"...questa indicazione dovrebbe ciondolare dalla testa di ogni persona. Di solito alle centrali elettriche c'è scritto "attenti alla corrente" e sono fermamente convinto che questo monito dovrebbe essere rimembrato da ogni persona che sà che è vero. Tutti lo sappiamo. Evitare la noia. Provarci. Non c'è niente di male. Coloro che fanno delle scelte che sembrano folli, strane , controproducenti...incominciamo a dare respiro a quelli, a rispettarli, a capirli almeno! Sgranocchiamo un po' via i preconcetti. Avete mai visto "Revolutionary Road" ? Un'immagine vale più di mille parole! Guardatelo. Mandate a fanculo chi vi controbatte dicendo che non ragionate.  

*

Proiettori

 

A volte sembra quasi che i palazzi , le case e tutta l'urbanistica generica abbia una vita. Poichè posso sentire delle vere e proprie emozioni , spesso malinconia, sprizzare da un campanile che ha dietro un cielo bluastro , figlio di sole di fine estate ad una tarda ora. Vedo iil campanile con quel colore dietro e poi mi vengono in mente con forza e velocità le immagini di mille altri campanili , mille altri colori , mille altre locazioni di tempi diversi. Sento che sono diversi col mezzo in cui esplodono queste emozioni : la già citata malinconia. Penso a cose che mi fanno stare bene. Sento una specie di sollievo con assenza di dolore. Qualche immagine mi parla . Qualche dettaglio fermo mi emoziona . Lo sento così bene che potrei decidere di staccare con tutto della vita e inseguire quel dettaglio, quell'immagine. La mia immaginazione è il proiettore. Il pulsante per la "prossima immagine" è la mia determinazione (spesso è difficile schiacciarlo, ci si perde in immagini). Le slide sono le mie ispirazioni.

*

Omaggio agli attori

Molte persone sono convinte e persuase di molte cose, seppur essere convinti è tremendo. Probabilmente, è giusto credere che con più convinzioni si possa vivere meglio ; tuttavia una convinzione non è una certezza. Una convinzione può essere definita come una certezza in cui si crede senza sapere che essa è una probabile illusione. Se non si hanno convinzioni quindi, non si hanno illusioni ; analogamente se non si hanno illusioni , si è pronti ad accettare disillusioni , e infine si potrà vivere con meno sofferenze. Essere disillusi però, porta a non avere speranze, e dunque neanche positività. Il pessimismo , che nega quelle positività ,è quindi una precauzione contro il vero male: l’esistenza. Coloro che stanno bene sono coloro che sono già rassegnati, coloro che non si pongono domande. Quindi il vero ottimista è il pessimista senza speranza.

E’ lecito quindi affermare che per il vero “ottimista-pessimista” l’intera esistenza sia un tentativo di trovare senso all’esistenza stessa. Nel tempo in possesso,  possiamo solo limitare il dolore che proviamo,  e talvolta neanche quello. La vita dunque, diviene crudele e insopportabile quando non riusciamo a placare i nostri dolori ; la vita è un continuo bluffare a poker contro il caso, senza possibilità di avere mai le carte vincenti. La scelta, tuttavia è possibile, ma solo al livello del caso : diventa quasi una punizione più che una liberazione. La scelta , nel momento in cui si compie , accende indecisione e insicurezza : tutto quello che sarà fatto e tutto quello che sarà sentito, rimarrà tutto frutto delle condizioni in cui si viene alla vita.

E’ tutto così contaminato e tutto accatastato ; bisogna combattere tutta la vita per la vita, ma per cosa?

Ci si appassionerà alla lotta solo se si avrà delle convinzioni . Ma cos’è un passione? E’ un condizionamento mentale s'inculca nel momento in cui si è impressionabile, che alcuni scambiano con la propria indole innata. Sarebbe stato diverso se si nascesse in condizioni di vita diverse? La passione è una costrizione travestita da sogno; il quale sentiamo di dover avere, altrimenti si paga una vita vuota , priva di significato.

La passione e la convinzione ti salveranno dallo squallore di esistere. E’ allarmante pensare però che entrambi siano solo distrazioni.

Viviamo per qualcosa o qualcuno ma chi o cosa vive per noi?

Perché deve esistere la legge? Non dovrebbe essere automatico che chi procuri male debba sentire il male?  La legge la creano gli uomini. Se non è scontato tutto ciò ,non esistono nè bene nè male. Il male e il bene individualistico sono le uniche cose che hanno senso, che hanno il riscontro secondo la legge. Ma basare il male e il bene sulle sensazioni fisiche e mentali di un uomo, è un concetto estramente debole e non assoluto. Ogni individuo è bene e male, e il male dovrebbe essere accettato in modo lungimirante proprio come il bene, perché in assenza di un’entità soprastante che governi queste concezioni, non possiamo stabilirle noi basandoci su sistemi così obiettivi.

Perché basiamo ogni funzione della vita sulla sacralità non autentica di pezzi di carta ?

I soldi sono un elogio al caso che impera nell’esistenza : se ne si posseggono tanti  o pochi , se si viene al mondo o no… sono due metafore tanto somiglianti.

La loro indifferenza è tagliente come una sciabola : chi evita l’essenziale domanda (perchè?) evita la realtà. Tali persone sono per caso le stesse che amano vivere? Scoprirsi indifferenti a questi ragionamenti vuol dire illudersi ; ma illudersi vuol dire vivere? Forse si,  quest’illusione deriva da una ben definita convinzione : quella che esistiamo per uno scopo.

Siamo fatti per soffrire e per far soffrire a nostra volta. L’umano è inevitabilmente egoista e impaurito. Questi ultimi due aggettivi, combinati insieme, sono un gancio nel fianco dell’idealismo umanitario, della speranza e della felicità. Possiamo invitarci l’un l’altro a divenire distratti, a seguire le distrazioni anche note come amore e passione.

Perché pensiamo? Perché abbiamo lo strumento del pensiero? Un’arma che non si può controllare ne lasciare,  a doppio taglio e senza controllo. L’unico controllo del pensiero è il caso. Se sei una persona che pensa tanto o che non pensa affatto … da cosa è deciso? Cosa decide dove nasci, come cresci ? Sempre Il caso. Quindi la vita è un caso, e l’esistenza invece, una convinzione. Le uniche cose certe sono , paradossalmente, quelle che non possiamo comprendere.

 

Io vi dico a voce alta , condita da grandi urli e allo stesso tempo sussurrata flebilmente come la mia bocca fosse alle vostre orecchie :

Attaccatevi alle passioni e sappiatevi illudere bene! 

Amate e fatevi amare!

Sembra quasi una costrizione ? Fare ciò che suggerisco per sopportare tutto…

Si vive in perenne illusione : si recita. Per tale motivo sostengo che le persone più importanti dell’umanità siano gli attori, che con l’interpretare attivano l’arte della finzione, creando continue illusioni. La vita è una recita , e chi recita per lavoro vive autenticamente.