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Raccolta di poesie di Alberto Castrini
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Nella grande pianura di Umberto Bellintani

Questa raccolta di poesie parte col titolo inesatto, perché coglie solo un lato della poetica di Bellintani.

Infatti più che pianura si deve parlare di terra nel senso vero, delle radici ineliminabili che legarono da sempre il poeta e la sua vita al territorio.

Nella poesia “sono un topo di campagna” infatti Bellintani disegna il suo ritratto dentro la natura della bassa mantovana: con la Luna, il Paese e la Casa, (tutti in maiuscolo) dove visse la maggior parte della sua esistenza esclusa la parentesi fiorentina

Onnipresente è il fiume, nominato solo fiume che dà la vita ma che spesso ghermisce degli abbozzi di esistenze però lasciandone sempre una scia a ricordare che nulla della vita è mai completamente perduto per stare ”sempre lieti al core sulla riva” .

Così s'innesta quello che è il vero filo conduttore della poetica di Bellintani: la morte, perché questa anche se ti afferra lascia che il ricordo resti come testimonianza .

Ma non si trema mai davanti alla morte, “povera madre che soffre”, perché “in noi s'alterna timore d'essa e quieta attesa del suo riposo”.

Ed è forse nel vivere così intensamente il rapporto della vita con il fluire delle stagioni, legati indissolubilmente all'esistenza umana, che resta potente il messaggio di questo poeta che, nonostante il suo proverbiale silenzio e riservatezza, ha lasciato un monito duraturo.

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Miopia di Alberto Gaetano Castrini

 

Miopia

 

 

Sono miopi, corti di vista,

con un confine limitato,

padano.

Ora son giunti al mare.

 

Però restano miopi,

temono l'infinito,

il migrare dell'onde.

Odiano le rondini

 

perché sono libere,

oltrepassano i mari.

Invisibili ai terrapiattisi

librano alte, senza muri.

 

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Robert Walser Poesie

Robert Walser è noto principalmente come scrittore. La sua attività poetica è conosciuta solo attraverso l'unica sua raccolta autorizzata di quaranta poesie, pubblicate all'inizio del secolo scorso.

Mentre invece, del poeta svizzero di lingua tedesca, nato nel 1878 e morto nel 1956 dopo 27 anni di permanenza in un manicomio, sono invece emerse, dopo la morte, circa altre trecentocinquanta liriche.

Nel libretto, a cura di Antonio Rossi (edizioni Casagrande), le quaranta poesie sono accompagnate da sedici acqueforti, appositamente create dal fratello Karl, celebre pittore.

Si tratta di liriche, scritte da un cuore sensibile che si arrende all'armonia della natura, che lo cattura anche da una visione domestica.

In questo lui pare continuare la strada iniziata da von Eichendorff in Germania mezzo secolo prima.

Walser privilegia la semplicità perché come disse Walter Benjamin: lui comincia dove finiscono le fiabe.

Rimarchevole è il rifiuto d'ogni ermetismo poetico, tanto in voga sia allora che oggi.

Anche per questo, se pur talvolta Walser non rispetta rigidamente la metrica, mantiene sempre una grandissima attenzione al ritmo.

Dalle sue poesie traspare una tensione emotiva coinvolgente che riconcilia l'armonia con la quotidianità delle nostre vite nel mondo.

Spalanca per questo le sue estatiche stanze “abitate da pazzi o saggi” per viverle assieme a noi.

 

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Canto del popolo Yiddish messo a morte

Itzak Katzenelson Canto del popolo Yiddish messo a morire

 

 

Ci sono, a mio parere, pochi testi di dolore immenso come questo.

Si tratta di quindici canti composti da quindici strofe in quartine.

É un canto disperato senza futuro di chi ha già visto la famiglia eliminata.

Scampato alla distruzione del ghetto di Varsavia, fugge per l'Europa con l'ultimo figlio.

Katzenelson quando viene catturato dai francesi nell'autunno del 1943, con il visto per l'Honduras, sa che l'attende l'ultimo binario.

Quello che lo porterà dove il popolo yiddish viene sterminato quotidianamente, e allora compone questo canto con l'ultima arpa.

Un dolore che squarcia l'anima, un grido che supera il tempo storico per renderci colpevoli di ogni e qualunque aberrazione umana.

Il poeta però non accusa solo i nazisti ma l'intera nazione tedesca (ottanta milioni di assassini), che non vale la lacrima di un yid infelice.

Nessuno si salva, nemmeno i rabbini, e l'urlo impotente si alza verso il cielo muto, senza profeti.

Come si può resistere all'immagine di quei vagoni che tornano vuoti pronti per il nuovo carico?

O degli orfani, la bellezza del mondo, i primi strappati dai loro lettini per essere messi a morte.

Questo breve testo spiega, più di ogni discorso, la tragedia che ha segnato perennemente l'Europa contemporanea a destare anche le più tiepide coscienze.

 

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Lacrime

Lacrime

 

 

 

Lentamente

gocciolano,

come rugiada

dalle foglie mattutine.

 

Dalla gioia,

dall’emozione

cadono ristoratrici,

liberatorie.

 

Saltuarie,

nutrite d’ansie,

sorprendono,

come torrenti.

 

Dalle palpebre

dolenti,

incontenibili,

irrompono amare.

 

Non esistono argini,

barriere,

le lacrime

non temono ostacoli.

 

Il mare le attende.

Invano le profuma

di salsedine,

di vento, di grida.

 

Le spinge lontano

per poi

su noi

lasciarle ricadere.