I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Nel nome del Peccato
Dio è un peccatore, e quel dì se la rideva come un baro privo di cuore. Sghignazza e si contorce , ride con gran fracasso, passeggia col dolore, come nelle bettole un gradasso banchetta con la morte. Dio! Dio! Del tuo peccato ti assolvo Io. Del tuo errare ti libera l’uomo che sono, la tua punizione sarà della gioia e del riso il frastuono. Quella sera Dio ha peccato, ma l’ho già liberato.
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Ore 19:37
Ho scrutato e contemplato, con immane sforzo latrato dell’anima piega insanabile, le spaccature del cielo. Ho catturato, ho cercato di possedere il ricordo di un attimo di rosa profumato ma insidioso conato. Dilaniato e assente, confuso tra le gente, di sangue grondante di spirito morente. Solo quando viene sera arriva la morte del giorno tuo, intorno cessa il respiro di ogni vita, assumi il colore degli occhi del mio amato. Ruggine di fiato, di un corpo deserto da un preannunciato dissesto. Di schegge taglienti, speroni appuntiti, di bocche ammutolite anime silenti. Niente impedisce l’incedere, basta credere, osservare, il corpo che perisce se non può amare. Eppure siamo stati sotto lo stesso cielo.
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Ras Melkart
Datteri d'Arabia su tufo sgualcito dal sole cocente del tempo ingiallito. Nere, le rondini vorticanti, dardi roventi di cinguettii silenti. Tra bifore e ogive, vola, libera e bianca la colomba stanca. Di scirocco speziato, sale marino, respiro il fiato.
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Marsā wālī
La marea è bassa. Tu, vento africano, di terra gialla e rossa, incipri ulivi nell'arida campagna, colori le creste di scirocco del mare. Senza sosta attraversi la materia, la modelli, la plasmi, lasci il tuo sapore nella loro essenza. Ma il mio corpo è materia nella materia. Addosso, sento ancora le tue urla, il tuo vagare disperato, il circolo vorticoso del tuo calore. Scavi mura, scuoti fichi neri, cuoci la terra, culli lucertole al sole. Cicale. Solo le cicale cantano al ritmo del tuo incedere, nelle ore del pomeriggio all'ombra dei gelsi. Arriva la sera, tutto si spegne, torni a dormire nella tua Africa.
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Viale XX Settembre
A intermittenza, come il fluido e magmatico nucleo della terra pulsi. Pulsi. Pulsi. Immobile me ne sto, mani in tasca, senza riso, solo. Velocità, vento suoni roboanti, nulla mi scosta dalla base. A intermittenza, come l'antifurto dell'anima pulsi, a intermittenza, come l'amore della gente continui a vivere.
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Anima fragile
Anima fragile, di vetro sottile che tanto vuol dire. Lamina tagliente, che trapassa ogni pensiero, mi entra nella mente per poi morire lentamente. Sei tu, anima fragile di un mondo ignobile che genera dolore, di una vita insensata senza amore. Anima fragile, di un essere amabile ma lentamente immobile.
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Chissà fuori cosa cè
Chissà fuori cosa c'è. Forse tutto, tranne me. Pallida parete, nel cuore la rete, sedia cigolante di un animo a se stante. Vetri lineati, di cuori rigati, di pallidi visi senza sorrisi. Armadi in disuso, tra un grido soffuso e un uomo deluso. Chissà fuori cosa c'è. Forse tutto, tranne me.
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Ogni vuoto è
Ogni vuoto è. Ogni vuoto è fatto per pensarti. Scroscìo di lurido ferro, vetro di lacrime salate, di anime crollate, ingranaggi incrostati. Cavi anneriti, fumi sbiaditi, di volti impalati da sentimenti e conati. Ogni vuoto è fatto per pensarti. Ogni vuoto è.
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Rimbombi nel vuoto
Muta. Bianca e di spalle, la vita, tra le mani in scaglie. Silente te ne stai, e tu, il tuo sorriso non hai visto mai. Vecchia alienata dalla vita accantonata, di panno immobile, di spalle incurvate ma mai abbracciate. Sola stai ferma perchè nell'animo inferma. Muta.
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Fermo
Stanco di un cuore inceppato, ruggine sbiadita dal disuso della vita. Oh quant'è amara! Son fermo, del cuore lo stralcio, delle budella i flagelli, son fermo. Animo di ghiaccio, sorrido al mondo come un pagliaccio, amore ingabbiato l'ultimo anelito ho già spirato, vita stridente che spesso mente. Oh quant'è amara.
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Contorcere
Niente mi turba più dell'animo mio. Bidone, dal tempo usurato, di acqua stagnante di olezzo impregnato. Figlio tradito, di un tempo nemico, ombra vitrea dal flebile spiro. Niente più, dell'animo mio mi turba.
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Ore 22:17
Io ti ho visto, anima sfuggente confuso tra la gente. Tra muri incrostati, l'acciaio annerito, con gli occhi sbarrati nel vuoto smarrito. Gelida mano, labbra deserte, mai sei stato presente. Il fruscìo contro te si scaglia, ma, come un treno, ti colpisce e deraglia. Sei d'acciaio, sei di carne, ma di amore non vuoi darne.
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Noia
Silenziosa, alienata, la vita ti ha già calpestata. Stai lì, sola e taciturna, violata come delle ceneri l'urna. Fissi del pavimento l'olezzo, e poi lo sfiori con disprezzo. Compatta e inumidita questa vita te la passi tra le dita.
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Ricordo di latta
Scatola di latta, arancione e compatta. Di lucenti due ne hai, ma di gioia non ti brillano mai. Odori di pelle e le tue gambe non son così belle. Sola non vai, il tuo sorriso ho visto mai. Sei gelida al mattino, e per quel bambino sei solo un vuoto ricordo di latta dalla vita sfatta.
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Binario 37
Gente che naviga tra il buio del ferro annerito, gente che del suo destino ne ha fatto oramai un mito. Cavi incrostati di cuori trasandati, di cervelli inondati dalla grigia malinconia. Gente imbruttita da una vita mai sentita che, ora, gli scorre tra le dita.
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Te la ricordi?
Questa è la città dei ricordi. Tra abbracci, accordi e disaccordi poche cose ti scordi. Come del mare negli occhi il sale che più strofini e più fa male, come la terra dell'arida campagna che di rado la pioggia bagna, così la piazza dei ricordi parla a una platea di sordi. Questa è la città dei ricordi, tra giochi, sogni e falsi inganni. Ma non dicevi "ci tornerò tra cent'anni?" Se di nuovo qui, sei di nuovo tu, ma adesso non tornarci mai più. Questa è la città dei ricordi, dalle sporche mura bianche si affacciano tele ormai stanche, tazze impolverate dalle vetrine serrate, occhi spenti di mani innocenti, musi sigillati di adolescenti accecati. Questa è la città dei ricordi. Te la ricordi?
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Pausa
Arancio cielo d'ottobre che tasti con ricordi ed accordi del cuore le ombre. Con i silenzi assordi stanze già sgombre, per paura che qualcuno ti scordi. Bianche le nuvole, al di là di grigie inferriate chiuse come le botole di città allagate.
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Odori, sapori, sentori
Olezzo di fichi marciti al sole, mosche ronzanti, gelsi neri, mura invecchiate, terra di scirocco rossa, sauro dormiente tra secche sterpaglie. E tu. Tu, insignificante lumaca, che vai di stecco in stecco, ricordi le gioiose grida di un bambino che vuol riprendere il suo cammino, che freme di tornar a veder le stelle, lì, perchè solo lì son belle. Lì, dove l'animo di un bambino è rimasto incastrato nel suo cammino.
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Travolgente solitudine
Sentirsi solo.
In questo mare di gente
non vi è nulla di travolgente,
forse la mia solitudine
che diviene spesso un'abitudine.
Solo,
sto fermo,
in questo animo ormai raffermo.
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Dinamismo statico
Ho sognato di guardare le stelle, sono così belle... Ho sognato di star lassù, tra l'imbrunire della sera e le danze degli stormi neri d'Africa. Ho sognato di accarezzare la luna, morbida e soffice come del mare la spuma. Ho sognato di vivere, ma presto e veloce, << smetti di sognare >>, mi disse una voce.
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Immobile
Felicità inesistente
in un mondo decadente.
Vieni qui cercando di portarmi via,
ma l'anima mia
è un po' restìa.
Cosa faccio?
Tu mi tieni qui con un laccio
che di amore ha il sapore.
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Sono Dio?
In questa notte di luci e gioie sono un dio abbandonato come un bambino, che si ubriaca col sapore del dolore e un po' di vino, questo forse sono io. Futile dire cosa sia giusto e pio, quando l'odore della guerra squarcia questa terra, allora penso di non essere Dio.
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Presenze assenti
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Anima mia?
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Primavera
Prato verde, fiori rosa, in te brilla ogni cosa. Brillano i baci, brillano le carezze, brillano gli occhi, brillano gli animi che tu tocchi. Corrono i bambini, si aprono i cuori, ecco che nascono gli amori.
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Il vicoletto
Cammino solitario in questo stretto vicoletto, gelsomino profumato inebria i miei pensieri, solitari e veri. Vado e torno, in questo silente frastorno, ascoltando il cinguettio di un semplice storno.
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Groviglio
Solitario vai tra i rovi spinosi, tra le fronde abbattute, tra i mille viluppi dell'animo. Animo dormiente ma non assente, animo di un tale inospitale.
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Brivido d’amore
Cielo buio, amore che mi invadi, rapina il mio essere, lascia che senta la brezza dell'amore ancorata al mio cuore.
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Via!
O tu che mi inganni, tu che mi fai perdere la ragione, tu che mi fai stridere l'animo, tu che scagli il mio cuore contro gli speroni appuntiti sqarciandolo profondamente, tu sei colui che ha spaccato il mio essere, tu hai rovinato il mio esistere. Fuggi da me, ora! Vola in altri cieli, nel mio vi sono già le tenebre
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O mia fedel nemica
O mia fedel nemica, tu che struggi il cuor, che capovolgi il mio animo, come il mar sbaraglia la silenziosa notte. O mia fedel nemica, tu che mi afferri e mi scagli contro il muro dei miei pensieri, muori lontana da me. O solitudine allor, fuggi da me, anche io ho un cuor.
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Ecco i raggi del sol che ti abbagliano il viso
Ecco i raggi del sol che ti abbagliano il viso e ti fanno rimembrar la luce divina che un tempo vedesti, par che dai tuoi occhi cherubin prendan vita,
ecco l’amor che dal tuo cuor palpita, come un goccia scende sul vetro e scompare così il tuo amor si perde nell’infinità del mio cuor.
Le tue labbra candide come la neve fanno trasparir la voglia che c’è in te, fanno incantar chiunque le veda, fanno pensar i più sapienti.
Una voce soave si espande nell’infinito, non sono Muse, non sono Sirene; sono gli aulici suoni che sanno incantar i portator di luce.
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Odo i venti
Vecchie rocce grigie riposano sull'infinito, odo il mare, odo i venti, odo anche ciò che non senti. Vedo il nero cupo di violente acque che rinnegan la propria casa per trovar ciò che non hanno mai avuto. Vedo ciò che il mar sente, vedo e sento la triste solitudine di un allegro pescator che confida nel suo cuor.
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La tempesta
Chiara luna, chiare stelle, dove siete or che violenti tuoni squarcian il ciel, squarcian il notturn tacere e il notturn sonno? Fatevi avanti or che suoni cupi e violenti si riversano nel buio profondo delle tenebre. Neppure tu Luna,madre di vita, riesci a cullar i tuoi diletti. Or quando, il mattin sorge, tutto sembra tacere, raggi di sol illuminan la Madre, cancellando le paur di un povero gabbiano.
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La venerabile terra
Che sia fatalità o volontà
la terra dalle tre punte
è piena di sacralità.
Ella è piena di calor
e di grande amor,
tale da far trasparir
nei suo seguaci un grande ardor.
Con la sua bramosia,cullò,culla,cullerà
infinite civiltà,
che con la sua bontà,
diede,dà,darà grande prosperità.
Civiltà accumunate da un ugual seme
la cui speme li fece stare insieme.
Infinite furie funeste,
dal fuoco, alle acque,ai venti,
smascherarono la sua identità,
che i posteri seppero mantenere
con intergrità.
Che sia fatalità o volonta ella,
candida e lucente,
come la grazia divina che la circonda,
pasce i suoi diletti con serenità.
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