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Raccolta di poesie di Angelo Rodà
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Dalle parti remote

 

Abbandonare la mente nelle parti più remote del cuore.

 

 

 

Nelle parti remote non si replica il pane

e anche i pesci appaiono solo negli abissi.

Nelle parti remote si spreme il latte

da mammelle velate di papaveri afgani

in continui affanni e sospiri:

lontani occhi asciugati da deserte visioni,

esseri remoti, essere vetro di mare,

pietre preziose strascicate nelle sabbie,

perpetuano il suono delle bottiglie

piene di messaggi.

Queste le voci di dentro remote,

domande senza più un segreto:

"il mondo è un soldo

che Dio ha perso nell'Universo?"

Ancora, nelle parti remote dello spirito,

dopo l'attuale cancellazione del testamento,

resiste nell'alba della coscienza

l'infanzia della ribellione,

e nel calmo respirare con gli occhi

abbandonare la mente

nella parte più remota della notte,

in cerca di un sogno in un verso

in stato di embrione,

ancora privo di volto nell'immagine,

nello sviluppo di un mite dolore.

 

*

La partita

E svanirono gli equilibri dei grandi bevitori,

pare ieri, amici a sedici anni, bocche inaccessibili

piene di sorrisi ad occhi chiusi,

piene di bicchieri vuoti,

ignorato muto lontano divenire, diventare,

dimenticate ore, quasi sconosciute,

come fossero irreali, anche i nostri nomi.

Usiamo ora l'indifferenza come distrazione,

il ricordo per se stessi e per gli altri

è un pericolo.

Buona istruzione, distruzione del teatro,

antico silenzio coperto di vento,

la rabbia della  Calabria,

tra foglie di piombo e allucinazione,

sbarre tagliate o da tagliare,

come un muro seduto in un giardino

e colonne in piedi sotto lo jonio

a largo navi con alberi d'ulivo

e finestre immobili come albatri nel cielo

e mosche sazie di mandarino

e ancora noi che volevamo prenderci Milano...

datemi un capezzolo di cupola romana,

una bocca di fontana da piantare in fiumara,

un pezzo di nebbia toscana

ai nostri bronzi che camminano in via marina

tenendosi per mano...stasera: Reggina-Fiorentina.

*

Fare pensiero

Dev'essere accaduto in questo momento
mille anni fa...l'avevo scritto
in un appunto che ho perso
nella fossa comune della carta.
T'ho baciata di seppia
ossa, nuda, crollata
su uno squarcio cucito nel letto
dopo lo scoppio dell'arma appena inventata
dopo la spada spezzata, la penna piantata
per essere vissuta tra noi
come evoluzione, eliminazione
di polvere antenata meraviglia
che meraviglia nella tua faccia
strappata dalla terra, erede del silenzio
che ti accompagna con un ronzio
di una radio accesa sul ricordo
di una canzone che ti segna.
Conta quanti sogni avevi
raccontali a viaggiatori vicini
come le barche alle navi
e poi lasciali affondare sotto i piedi
e continua a camminare, camminare
seguendo mappe vecchie e sconosciute
verso il luogo dove non importa
avere palpebre aperte o chiuse.

*

Righe e strade interrotte

Il deserto non ha stranieri,
essere tutto uguale, diverso
in ordine di sparizione:
tempeste riempiono tasche;
rena scavata da bocche;
cumuli di grani negli occhi,
secchi, come estati di fichi.

Non lasciano nemmeno un messaggio
quelli che se ne vanno,
ed i salvati leggono la scritta
sulla porta dell'inferno.

Ma la speranza è sostanza stupefacente:
motore a vapore, sogno d'istante,
cavallo arabo inseguito dal verso del leopardo...

Gli affari si fanno con droga più pesante
delle speranze, care puttane...troppo care...

dunque scrivere, ovunque scrivere,
comunque strappare, dimenticare,
come colui che dimentica per vendetta
e si fa dimenticare.

*

Le ceneri di hashish

Bisogna spegnere quel cervello,
forse con una spranga di ferro,
o un coltello piantato,
sicuro una ruota sul volto
e resta sul campo, ultimo letto,
e pensiero chiuso in un corpo morto...
come un mondo sgonfio lasciato
in una porta senza rete
da un piede impastato
di sangue e di fango.
La poesia era già nella carta
bastava bruciarla, come la vita:
la riga del vento nel cielo
dove un libro aperto vola.
E inghiottendo fumo assassino
sputo respiro macchiato
con la faccia scacciata al terreno
o seguo traiettorie di orientali marciapiedi
o meridionali neri senza occhi,
rivedo gli sguardi tristi
di lontani paesi socialisti.
Condannato alla solitudine
al mattino mi preparo
al panico da palcoscenico
proseguendo nell'estinzione,
obbligato a vivere, senza nuocere.