I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Molta notte di una donna
Molta notte di una donna è una preghiera
tra le rocce e gli animali. C'è silenzio.
Nell'inchino piccolissimo e continuo
lei sale luminosa come un uomo
raccolto nella gioia di venire
cantando nel respiro meraviglie.
Un andare con i passi trasparenti
in uno spazio immobile al pensiero
dove i chiari dentro agli occhi sono macchie
di avi che si tengono per mano.
Una luce nella luce di uno stare
sapendo che un Dio tace
__________________ cosa accade.
Id: 70014 Data: 05/02/2024 11:18:29
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Ogni coppia è un angelo
Se alza tutto l'universo in un ricamo,
sulla pelle un pulviscolo di segni,
ogni coppia è un angelo, io credo,
la spirale che dolce si raccoglie
quando tornano alla tana gli animali,
che rilega le teste dei bambini
con le braccia che scintillano di storie
fra la carne di tutte le risate
l'idioma è il solo schiocco fra le labbra
sprofondate nella mandorla del mondo.
Così è l'angelo
e ogni volta che va via
con le ginocchia nere dell'infanzia
ha celebrato un altro giorno nella stanza
degli uccelli che dormono tra i fiori.
Id: 69888 Data: 19/01/2024 23:40:17
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La grazia della cenere
___________ Un solo lume
___________ oscura tutto il mondo
___________ Tu lo rischiari
Un ceppo di quercia
la conca del vino
perché domani era il giorno del pane
dei bimbi bendati intorno al camino
a batter le molle per le sorprese-
con l'Ave Maria sopra le labbra.
Per nonna era il giorno dei resti
del fuoco
alla terra, nel buco al campo del grano,
un piccolo pugno per le tempeste.
L' ultimo scampolo, il benedetto,
andava a riporlo in un luogo segreto.
Lo riaccendeva al grandeposto
per dare forza e chiarezza alla nascita
dei suoi germogli, i bachi da seta.
con il ritornello di narinzemi:
"Al mare lascia le sue maree,
ad ogni stufa un largo d'aria
e a noi la grazia
di questa cenere"
Id: 69872 Data: 16/01/2024 21:19:30
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Haiku
Unpanecaldo
taglial'invernoametà
Epifania
Id: 69801 Data: 06/01/2024 21:10:51
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Nell’umida coppa dell’ epifania
Disciolta la mussola coi resti del pino
ora arde il ceppo dei dodici giorni -
la calma è il passato nella tormenta
fra l'hora lunga del nostro velo
e il libro d'ore, antica vigilia.
Il respiro maggiore, il grande assente,
fiorisce da solo come una rosa,
la saracena non genera, nasce,
e il suo favore, che tu chiami profumo,
trapassa le cose poi si disperde
e, non senza prima averci sfiorato,
si chiude di nuovo in altro sonno.
Una sola fiammata nel piatto per cena
dove la luce non serve alla vista
dissolve l'ombra nel buio degli occhi
cantando un adagio prima del volo
nell'umida coppa dell'epifania
con la stessa dolcezza del biancomangiare
quando sgorga dal seno per un bambino
Id: 69788 Data: 04/01/2024 21:33:13
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Io ti starei in pancia , figlio mio
Io ti starei in pancia,
figlio mio,
appoggiata al cuore sacro del tuo nome-
con lo sguardo stupefatto e senza peso -
giacendo indistinguibile e morendo
come l'agrifoglio per la quercia.
E’ mattino pieno nella notte
dove andrei se avessi voce
per Natale
non conosce tregua nel respiro
la mano che bisbiglia e ricomincia
dal silenzio al rosso della festa.
Lo sguardo nudo
che solo porto in dono
è una luce rovesciata piccolissima
che ti sente deglutire
ad ogni passo
per essere ogni cosa
quando cresce.
Id: 69687 Data: 21/12/2023 23:43:13
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Il silenzio e sacro vuoto del Natale
Saremmo morte senza l'ombra del dolore
che ci ha messo sulle spalle le montagne,
che ha condotto dalle celle della vista
ai monti benedetti le ossa cave.
La strada danza nel piccolo salterio
del fiume di portata e la sua voce
va nel respiro quieto che ha un bambino
quando dorme nella stanza accanto;
ripentendo siamo salvi al posto giusto
siamo mondi ancora insieme
siamo casa
di una giumella semplice che attende
il silenzio e sacro vuoto ____
____________ del Natale.
Id: 69594 Data: 06/12/2023 00:32:43
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Come va con il dolore. bellaluce
Come va con il dolore, bellaluce?
Solo resti di aridi grigi e fennec.
Cade meno di un millimetro di pioggia
su questo viso che non piange
tra i licheni sofferenti è la bianchezza
della molta sabbia,
un vento forte.
Tu sai dov'è il principio di un'iride dal nulla
ancella e testimone di altre terre;
basta solo cantare all'indietro
segnando le corde per nodi.
Così corre la faglia, lungo la crosta,
dove vanno a finire le cose
se nell'urna più leggera che conosco
vive un mareaperto tutto in fiore.
Id: 68763 Data: 01/08/2023 11:13:39
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Trenta petali ( haiku )
Le perle azzurre
non raggiungono riva
Un'ama piange
~ ~ ~
È solo l'alba
Sfiorita ogni rosa
prima del sole
~ ~ ~
Come sprofonda
in un mare impotente
ogni radice!
~ ~ ~
Mille occhi spenti
sotto il cielo stellato
in fondo al mare
~ ~ ~
Trenta petali
La Damascena è nuda
nell'agonia
Id: 67839 Data: 03/03/2023 22:46:44
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L’assoluta
Lo sanno le sue mani dove sono,
dove sono nate le farfalle
tra i pezzetti di una mela luminosa
piena di grazia e simile a un vapore
che il silenzio ha formato nella bocca
quando preme per tornare con il seme
sull’albero da cui si vede il mare.
Lo sanno le sue mani dove sono,
e come sono nate le farfalle
dalle vene luminose degli sposi
per condurre insieme i loro anelli
a far l'amore con l'essenza del linguaggio
anteriore ad ogni lingua sulla terra
per tornare coi lumini sulle dita
nella dimora preferita, l’assoluta
con la fragilità che io immagino degli angeli
quando spostano tra i fiori un buio d'aria.
Id: 67801 Data: 26/02/2023 21:26:52
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Molta notte di una donna è una preghiera
Molta notte di una donna è una preghiera
tra le rocce e gli animali. C'è silenzio.
Nell'inchino piccolissimo e continuo
lei sale luminosa come un uomo
raccolto nella gioia di venire
cantando nel respiro meraviglie.
Un andare con i passi trasparenti
in uno spazio immobile al pensiero
dove i chiari dentro agli occhi sono macchie
di avi che si tengono per mano.
Una luce nella luce come stare
sapendo che un Dio tace cosa accade.
Id: 67702 Data: 05/02/2023 20:02:50
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La candelora
Fedele al centro
insieme dilatata
vestale di ogni stanza
ancella dei ricordi
trema la tua luce
e tutto il mondo trema
se la tua fiamma è in fiore
anche l'acqua va alla gioia
Tu sai morire bene
ritirandoti nel sonno
dove la rosa attende
fino alla nota pura
la candelora.
Id: 67690 Data: 03/02/2023 09:24:20
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Noi crede
Noi crede al riflesso sulla vera dei pozzi,
quando rotola via con gli anelli dell'acqua,
al bambino che posa la mano per terra
per dire rimani al grandeposto.
Noi crede nel viso che si magenta
quando offre la stanza più disadorna,
al buco scavato per dare alla luce
il bisso che lega le figlie dei gelsi.
Noi crede alle ciotole
quando si spezzano,
perché si affidano a un nuovo sorriso.
Alla mesa, noi crede, al terriccio, alle albere
che chiudono il seme, protetto dal gelo.
Noi crede nel verbo abbacinare,
quando entra nell’aria mentre ti scrive
della voce che viene dalla celesta
mentre sprofonda con tutte le ossa
nella fiamma che torna dove fa buio.
Id: 67679 Data: 01/02/2023 12:18:28
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La grazia dei resti
Un solo lume
oscura tutto il mondo
Tu lo rischiari
Un ciocco di quercia, la conca del vino.
Domani era il giorno del pane
dei bimbi bendati intorno al camino
a batter le molle per le sorprese-
sulle labbra dorate l'Ave Maria
l'Ave Maria del Ceppo.
Per nonna era il giorno dei resti
del fuoco, il suo grandegiorno;
una buca al campo del grano
un piccolo pugno per le tempeste
e l'ultimo, il benedetto,
riposto in un luogo segreto.
Lo riaccendeva per dare forza alla nascita
dei suoi bachi da seta.
Al mare le maree, ad ogni stufa un largo d'aria
a nonna il miracolo della cenere.
Id: 67567 Data: 15/01/2023 00:43:47
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La noce d’oro
Sei venuta nel sonno senza sogni
fasciata di nero e d’azzurro.
Le spalle coperte dal vento.
Resta ancora un lembo alla Certosa
una strada sottile
nel giardino del corpo
con le rughe gentili e le mani
ultimo segno di religione.
Quanta calma nel petto conduce
dove i nomi hanno mesi bellissimi.
Diventa un pane
dietro il velario
la tua Noce d’oro.
Amina Narimi
Cristina Campo diviene invisibile nella notte tra il 10 e 11 Gennaio 1977.
Vive nella terra della Certosa di Bologna.
Oggi sono stata da lei.
"…Credo del resto che questo tempo di prova sia una cupola inarcata su tutti, sia iscritto infine nella carta del cielo che dovremmo veramente, per durare, tenere tutti la mano,
con pensieri di luce.."
Cristina Campo
Id: 67553 Data: 11/01/2023 19:10:30
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Una sola giumella apre gli occhi
Nessun ricovero al boscovecchio
disadorne le stanze nel freddo.
Una sola giumella apre gli occhi
offrendo il miele dell'aria;
nel mantello l'annunciazione
di tutta la primavera
e sull'isola al centro del cuore
il più grande amante, il sole.
Anche tu, gigante della brina,
ti sciogli in tenerezza,
se non osi nemmeno sfiorare
l'ombra lunga della sua coppa -
lì dove ha preso rifugio
il benandante dal petto rosso
e nella sua timida bocca
cinque rune del biancomangiare
per profumare la sposa.
Id: 67533 Data: 07/01/2023 23:25:42
*
Arde il ceppo per dodici giorni
Arde il ceppo per dodici giorni.
Lunga vita al cedro!
Un limone andaluso
brilla al centro
di un arcobaleno
invisibile.
Id: 67523 Data: 05/01/2023 22:43:35
*
Prima del sole e con gli occhi bassi
Prima del sole e con gli occhi bassi
carezza il vischio che non tocca terra
pianta un'albera per il nuovo nato
e con le mani ferite dal ginepro
con l'amaro dei suoi frutti sulla lingua
fa un rametto nella stalla per le bestie.
L'amore non può chiudersi
come impara a fare una ferita;
la morte piccola
che ha preso l’anno vecchio
è il nostro frutto
in cui ha avuto amore,
e quella grande
che ci portiamo dentro
è la sua luce
che va bevendo il succo.
Id: 67491 Data: 01/01/2023 20:43:08
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Eccomi
Così raro vederla alla finestra.
Nulli i suoi piedi, i polsi leggeri
di chi tiene l'inferno per sé
e dona agli altri la luce
il passo di chi è tornato a casa -
tutto raccolto nel lieve tremolio
di una lampada
compagna della soglia -
appena il sottovoce di un adagio,
la sua grazia,
segno puro e nudo di una mano
bianca, tra nota e nota,
nel ritirare dal freddo il suo plumbago.
Se la più debole delle radici la trattenesse -
uccello dell'anima -
come a una chiamata
la risposta all'indaco sarebbe un solo
eccomi;
un dire per l'ascolto
un volto che prega
di rifletterne un altro
nella polvere del pozzo
invisibile al suo principio.
Id: 67383 Data: 13/12/2022 22:30:19
*
Un raggio lieve
Un raggio lieve
tocca la brina e il fiore
si apre alla gioia.
Nell’adagio di un’hara accogliente
sono mani che accolgono un pane
ogni volta che il fiato risale
dove aderisce la luce.
Id: 67352 Data: 08/12/2022 19:27:52
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Ogni luce nel petto dell’uccella
A Luc Laudja
Un autore di questa casa luminosa
che si è reso invisibile in questo tempo
dove rimane prima degli occhi
Ogni luce nel petto dell'uccella
tra i verbi all'infinito
voleva: partorire -
con la stessa mano aperta di un bambino,
le sue gambe
quando spingono nell'aria
in cerca dell'uscita fra le cose.
Quella stessa mano si è raccolta
dove la voce è il gesto del respiro
sulle nostre ginocchia coronate.
Amina Narimi
Id: 67216 Data: 20/11/2022 00:47:53
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Stellario e umile custode
Stellario e umile custode
la tua mano vuole solo respirare
sporgersi nel vento se cammini
con l'alba dilatata in fondo agli occhi
eseguire i cruciali della cura.
È la spirale del nibbio a dare vita
dove hai disteso la famiglia -
il luogo naturale di tutte le partenze -
un posto buono per restare:
le fontanelle aperte sopra il capo
e il tuo mantello da montagna
saranno il buco nero
quando s’inclina
nei coni della luce.
Id: 67203 Data: 18/11/2022 09:05:35
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Ogni coppia è un angelo
Vanno ancora insieme i due sorrisi
in una sola e lunga lana azzurra -
benandanti i loro piedi
antichissimi cervelli silenziosi
sprofondati nella neve;
sui capelli d’argento una canzone
" nasceranno dal tacere sulla felce
due fiori, senza fiore, ricongiunti
perché un bimbo sta scrivendo sulla terra
ogni coppia è un angelo
che ascolta" .
Id: 67190 Data: 15/11/2022 21:04:22
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Anche qui, di notte, arriva la pace
Calme le sue ossa
inesauste nel'attendere.
Anche qui, di notte, arriva la pace -
sacerdotessa dei fiori -
esile e tremolante apparizione
pronta a sparire a spostarsi.
Anche qui, di notte, arriva la pace
il pasto azzurro
nell'angolo sacro della casa
latte per i calmicchi
via lattea per gli uccelli.
Questa la forza questo lo scandalo,
il canto ininterrotto del suo fumo bianco
sulla soglia dei due mondi
sempre umida del cuore.
Questo puoi fare
nella stanza più disadorna
pietra e carne -
scolpendo un ederlezi dal dolore
abbeverarti del suo primo sale.
Id: 67163 Data: 13/11/2022 17:25:35
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Rayuela
Una barca piena d’acqua poi l’azzurro
dei fiori misti a foglie con il vento
di una mano sopra ai fianchi, al mio risveglio.
Dove il nocciolo del suono ricongiunto,
nella ghianda che precede le parole,
camminava con la voce rilucente
nel miracolo salato del tuo mare,
apre ancora la sua carne il mattutino;
vita e nome sulle labbra come figli
di un’ estate che accompagna la salita
sul bisso innamorato dell’autunno-
con un filo di acquafitta dentro agli occhi
come l'imperfezione del tappeto
che dona il vuoto sacro alla rayuela.
Id: 63965 Data: 07/09/2021 23:00:22
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Meryem Ana Evi
È salita celeste
la leggerissima
come una felce che sta per fiorire
sulla collina degli usignoli.
Alla Pasqua d’estate hai toccato la roccia
del sonno sacro di quella bambina,
con gesti piccoli e silenziosi
il vuoto magnifico della sua tomba.
Sulle spalle del muro bianco di offerte,
discese adagio le nostre promesse,
si è nascosto il respiro dentro il salterio.
Id: 63808 Data: 16/08/2021 08:32:01
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Nella rocca splendenza dell’hara
Io credo tu sia un benandante
per donare così tanto flutto
tra le palpebre adorne di sale.
Io credo tu sia un benandante
che ha mangiato le notti col cuore
per aprirsi nel giorno più bello.
Non so altro della tua grazia,
so che porti acquabuona al mio fiume,
alle more raccolte nei fossi.
E lo dici senza una voce
lasciando tremare le mani.
Nella rocca splendenza dell'hara
il tuo nome genera l’ombra
come fa ogni albero grande
quando tiene le cime nascoste
nella giumella del cielo.
Id: 63802 Data: 15/08/2021 07:50:09
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Se conoscere è fare l’amore
Se al profondo dolore di un pianto
fai seguire un grido di gioia
il suono rimane lo stesso
generando la voce più bella.
Dall’esistenza alla vita
è un gran giorno anche la notte
se conoscere è fare l’amore
oltre il muscolo largo e sottile
che separa l’addome dal petto.
Id: 63429 Data: 13/06/2021 17:33:33
*
Il suono antecedente . . . l’avverbiale
Tenemmo fermo il petto alle ginocchia,
per scambiare l'appena immaginabile
che prepara la prima glossolalia,
ricostruendo immagini per gradi
per luogo di ferite e di servizio,
nel viaggio più notturno. Nella gola
mutammo il nostro carcere in un germe,
in un agnello liquido e fecondo,
ricettacolo, infine, benedetto
nostro compassionevole gemello.
Per pudore, con un fremito, tacemmo
che nel verde del sinoplo vive il rosso
dell'uccella nascosta dentro il seme.
( Se ci passi sopra gli occhichiari
puoi sentire ancora le incisioni della selce, trasmesse dal respiro,
sulla roccia amante dei licheni.)
Fu allora che spruzzammo,
_____________ con la bocca
come piccoli strumenti per il fiato
che s’accordano l’un l’altro da principio
al suono antecedente
l’avverbiale.
Id: 63205 Data: 18/05/2021 10:04:52
*
Benedetta giumella delle carezze
Ferita sacra il tempo che resta
nel corpo stellare
___________ la valle è sospesa.
L’eco risale di un lento respiro
l’altezza di un'albera,
___________ il peso di un pane.
Non c’è più nulla di misterioso
nella tua assenza. Nei giorni ventosi,
le rughe sottili della tua fronte
fanno rayuela,
disegnando una mappa
coi grani semplici del nostro anello
e sono ben più di un luogo soltanto
come era il papavero in cima alla rupe;
si scambiano il caldo dentro le mani-
le spose del tempo, della perfetta-
benedetta giumella delle carezze
con dentro qualcosa che accade che dura
per quel destino che chiami sorriso.
Acconto a quei pochi centimetri sacri
si è arrotolata tutta la vita,
la sua sorgente, il cordone d’argento
per l’ultimo eccomi
e antico principio.
Id: 63178 Data: 15/05/2021 10:49:29
*
Nella casa del pane occorre fame
Conducevi il bestiame ai falò
il grande cervo alla sua sposa.
Nellacasadelpaneoccorrefame
e il frutto sacro delle ossa cave
sarà l'ultima pelle che si accende
della stessa speranza di Noemi
verso il canto tenerissimo di Ruth;
così la fragilissima che siamo
diverrà quel sasso morbido nel pozzo,
che rilegato al bisso del dolore
risale dal tacere delle piume
al sublime canto delle uova.
Id: 63043 Data: 01/05/2021 23:09:39
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Il vento solare di Lucy
Che vento solare Lucy!
Cercavi terra nata di recente,
con le braccia affondate nel lino
tra i verbi all’infinito,
più di tutto,
volevi partorire
con la stessa mano aperta di un bambino
le sue gambe
quando spingono nell’aria
lo scatto del respiro
in cerca dell’uscita fra le cose.
Id: 63037 Data: 01/05/2021 15:05:05
*
La sua prima voce di aprile
È un'erba sottile, non ama le altezze.
Così raro distinguerla al balcone
dove allietano l'ombra gli uccelli
di una veste che immagino leggera;
la sua prima voce di aprile
si confonde al tremolio del gelsomino,
come un nido che va alle sue nozze,
nell'adagio e tutta la grazia
del chiaro che dona ai miei occhi.
Id: 63027 Data: 30/04/2021 10:38:50
*
Col bisbiglio di una piccola ederlezi
Col bisbiglio di una piccola ederlezi
confuso tra la corsa ed un inchino
mi raggiunge il suo sorriso sotto casa
al centro esatto di ogni settimana.
In quell'unica notte dai fiori dormienti
una luce infantile magenta il mio viso
sul terrazzino la stessa canzone
che benedice il plumbago in silenzio.
Id: 63016 Data: 28/04/2021 23:58:33
*
Obbedisco
Obbedisco -
Il fiume copre il suono della voce
di una coppia che prega radunata
intorno al pane sbriciolato per i pesci
sul mantello verdechiaro di una pozza.
L'ingenuo movimento delle labbra
della donna inginocchiata mi commuove
quando un largo d'aria l'accarezza
sollevando il velo dal suo capo.
Una rosa sulla fronte prende vita -
all'improvvisodibellezza,
abbassogliocchi:
una piccola conchiglia si è confusa
col fiume di portata e la sua luce,
mutata in linea_alba,
copre il ventre.
Id: 62993 Data: 26/04/2021 22:30:44
*
Dobbiamo essere meravigliosi
Dobbiamo essere meravigliosi
traslucidi fino a divenire
nebbiolina argentata in mezzo alla luce
dell'occhio oltre la tela,
trasparenti, uccelli nell'uccello
con le antenate di ogni passo, nostre orecchie,
che si librano nel ventre di una madre
visitata dal sole nella bocca
che nell'ora più preziosa dell'incontro
col midollo del suo utero splendente
ripete chi non perde la sua vita
non fa salvo quel respiro che si versa
sulla soglia sempre umida del cuore.
Id: 62958 Data: 22/04/2021 22:56:30
*
il sonnoazzurro
Dove è imprevedibile l'incontro e solido il silenzio dove prego come un morto appena nato noi ti aspetta per dire centomillevolte insieme
le parole più corte sulla terra.
Fra le stesse consonanti le vocali luce dopo luce sono nuove se ogni coppia è la rivelazione che ripetere è il trapianto dell’amore dove posare il capo ed una yurta con la ferita al centro del mistero
il sonnoazzurro che ci accarezza il viso che ripara il nostro pozzo benedetto.
Id: 62895 Data: 15/04/2021 22:44:05
*
Il vuoto meraviglioso
Con le braccia lievi,
le mani appena inclinate,
sfioravo l'alburno celeste
fra la terra del boscovecchio.
Il bambino si è ritirato
dentro il mantello di rose
la radice della madonnina
per la semina della sua luce.
( Ho pregato tanto ai suoi piedi pulendo il suo volto dal fango,
il bambino dai sassi appuntiti;
strofinavo la veste, i suoi fiori,
pregavo finché luccicava
mandando il mio viso alla gioia. )
Oggi il vuoto meraviglioso
della sua piccola tomba
magenta una lunga preghiera
in una lacrima sola.
Id: 62869 Data: 13/04/2021 09:23:04
*
La casa respira, chiude gli occhi e ringrazia
La casa respira
chiude gli occhi e ringrazia.
Al centro del corpo le lacrime hanno
la veste azzurra coi fiocchi di neve -
bambini di luce che portano in giro
i riccioli neri fra i baci del vischio.
La casa respira
chiudo gli occhi e ringrazio
le linee profonde del tuo palmo chiaro
l'invito a fare custodia del pane
e muto il canto del biancomangiare -
nella penombra delle mie mani
la perfetta più esatta e dolorosa
la china per sempre sul tuo respiro.
Nostra vigilia e tana d'uccella
farò l'anno nuovo, sul tuo libro d'ore
passando le dita a vicenda negli anni
con l'hora lunga del nostro velo
finché una bambina entrerà nella gola
dal bosco vecchio
______________ andando alla gioia.
Id: 61583 Data: 01/01/2021 14:17:56
*
Oltre le cime
( ... )
sembra soffrire anche lui,
il cielo,
ha sciolto i capelli nerissimi
nel più intimo dei luoghi di una madre che ha perso la sua luce
e oltre le cime
si raccoglie nel lucido mistero
di un grande uccello che attraversa il mare
col respiro quieto di un bambino
quando dorme nella stanza accanto.
Id: 59872 Data: 20/08/2020 09:38:54
*
Due ombre sottili di ogni colore
Il tuo vento leggero ha sospinto i miei passi nell’anno nuovo del pino rosso, dei suoi germogli pronti a salire con una candela in fondo al cielo.
Ognuno avanzava indivisibile da un senso largo di religione; un’unica immagine era presente, vissuta e insieme tutta natura: due destini nel bosco che fanno la legna, due ombre sottili di ogni colore, con un semplice adagio sopra la bocca: come è stretto, qui, dove ci amiamo e il silenzio posa, con cura, i suoi semi –
come sposi gemelli che vanno ugualmente e con piedi diversi accostando la luce, a manciate, in mucchietti, infine montagne, per salvare il magenta al sorriso divino fra le ossa cave dei loro bambini.
Id: 59618 Data: 28/07/2020 15:26:03
*
Il vento favorevole sullerba
Quando il vento è favorevole sull'erba
accompagno nel pratino la mia sposa
e ti amo ogni sera fedelmente.
Non è solo una voce che viene
nella gola raccolta a splendenza
vive l’ombra di quella bambina
che sta sulle punte, nell'hara
una nuvola carica d'acqua
nel momento di offrirsi alla terra,
la profonda dilatazione
da una lingua infantile all'infanzia
del suono più antico del mondo.
Con la luce di chi vive al buio
è questa lunghissima vena,
fra il sesso e la compassione,
che dona il suo corpo all'amore-
facendo di lui un sacerdote
fra pozzi di suoni e destino.
Id: 59536 Data: 21/07/2020 08:43:53
*
Un rivolo sul capo
Non è mai stato lento o maestoso
il suo passo verso il mare,
fragile torso di neve,
con i suoi resti con le sue ali.
La credo un angelo
fra i cespugli neri,
uno che cade,
nel cristallo più sereno
del dolore.
Una vertebra si sfila dal silenzio
di questo mese caldo del congedo
tesse un bozzolo sul viso
con paziente ostinazione
l’ultimo toccarsi
- carnale e delicato-
è un nodo della luce
un rivolo sul capo.
Id: 59507 Data: 18/07/2020 13:43:49
*
Come fa un mattutino al sì di Maria
Una bambina ha fatto rayuela
al centro dell’hara, la nostra mandorla.
Brucia la polvere delle domande
rinfresca le bende posate sugli occhi;
la sua postura è un acconsento
il grembo aperto nelle sue mani.
Un albero solo mantiene la schiena;
così è la fiamma di una candela
che accende da sola le altre sorelle,
una segreta che libera il cielo
che scende a bagnare le fontanelle
con un’onda di riso, di bestie e pianete
per ogni corona sulle ginocchia.
Ho pianto insieme alla resina d'oro
del solo albero lungo la schiena,
passando le dita a vicenda negli anni
per la viabella chiamata dolore
e quando la gola si è stesa per terra
alzando la neve dal libro d’ore,
un ederlezi fra le giumelle
ha deposto le uova nella buca profonda -
come fa un mattutino al sì di Maria.
Id: 59387 Data: 10/07/2020 00:58:23
*
Il sigillo dell’angelo
Credi davvero che l’uomo, da solo, abbia inventato la ruota e gli attrezzi, o le ceste intrecciate? Lungo i pendii rotolavano pietre e i pettazzurri tessevano nidi prima di noi.
Forse entrò un angelo, un antenato, da un’albera o un orso, dentro la vita posando un’immagine, al centro del cuore - la più duratura -poi piano scomparve dietro l’amato mistero di Huldra.
Fu come un’aria nel pane che lievita, un fuoco che illumina un punto preciso tra la mano e la pietra che viene scolpita?
Io credo al sigillo che abbiamo impresso tra il labbro di sopra e la conca del naso, al lento inchino di un vento sottile che tenne acceso il lume votivo tra il volo dei pesci distesi nel cielo e le uccelle bagnate dall’onda del mare
dove i bambini, nostri gemelli, scesero in cima alle ultime voci con una lacrima, sola e perfetta, restituita agli occhi chiari.
Id: 59365 Data: 08/07/2020 12:42:37
*
Mia lucida madre fra i girasoli
Ti guardo piccola mentre cammini,
vicino alla casa delle formiche
bisognosa di un luogo tutto concreto
di un corpo abitato che sia visibile.
L'intera realtà è così delicata-
e tanto pesante l’immaginazione-
se la trattieni fra le tue mani;
non esiste un confine
quando succhi le dita
agli anelli ancestrali con dentro dei soli
col fiato benevolo
che viene dagli alberi
chinando il capo di sera in sera.
Mia lucida madre fra i girasoli
ti seguo leggera e innamorata
dei fragili azzurri dei nuovi capelli.
Id: 59338 Data: 05/07/2020 21:55:47
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Benandanti
Dalle radici si fanno grandi i rami.
Ma quando vanno in cielo troppo presto
non c’è nome per la madre che rimane
nell’ascolto dell’alburno sempre vivo-
non è un orfana o una vedova- io credo
nello stabat che rimane, che acconsente;
loro sono insieme pietre dure
e uccelle che si alzano nel nulla
sono semplici giumelle queste madri
che fanno un nido folle per la gioia
del più piccolo respiro della polvere.
Io le chiamo benandanti
e se ti accosti
la sillaba mancante è l’architrave.
Id: 59318 Data: 04/07/2020 11:51:49
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Con lenezza e devozione
Con lenezza e devozione tra le andane del fieno di maggio la preghiera si è fatta improvvisa come il pianto di un bimbo che cade;
un crepuscolo appena di versi, un respiro inconscio e dolcissimo che la luce non vuole turbare fingendosi in mezzo alla nebbia.
Solo questo rimane di lei, Il fresco sopra la bocca, e l’amen più primitivo. Con la nostra cinigia negli occhi
abbassati e sommessi, fratelli, faremo ritorno al capanno e finita l’estate saremo insieme a tutte le Pleiadi
saremo ciò che Noi vede nel suo riverbero muto dove l’inno e il più sacro lamento vanno insieme alla gioia.
C’è qualcosa di sempre accaduto nel raccogliere i semi di felce
per lasciarti un rametto di vischio.
Ho trascorso tutta la notte dirimpetto alla tua casa,
tra il fico, di là dalla strada, e l’albero antico di Giuda,
per recitare la storia, la storia sacra, del riso.
La voce dei nostri figli, lungo il cammino del sole,
era tutta selciata di stelle - le prendevamo a bracciate,
traboccavano dalle giumelle,
per fare crescere l’erba, le tue cantalupe e le rose.
Ho visto perdere sangue al sambuco lungo il sentiero
e tornata al capanno la quercia obbediva già all’agrifoglio.
Id: 59153 Data: 21/06/2020 16:13:01
*
Margotta
Nessun rumore più nessuna dispersione,
un alleluia dedicato al semplice,
da non sapere gli ultimi colori dello spettro
per l’onda troppo lenta che hanno il blu e il viola. Solo il rosso immaginato era presente
nel volto meridiano che brillava fino al limite di ogni trasparenza :
la maestà degli avi e quel sorriso
portavano le tracce della notte-
così vicina alla fiamma originaria che precede con un filo ogni respiro- legando insieme il sonno con la veglia
ai confini dell’uomo che ho intravisto ricondurre a un solo tratto la parola- una margotta con la terra naturale percorsa dai suoi occhi in pieno volo al luogo di ritorno nella pace
diventare ciò che ho amato nel principio-
a cosa vive nell’impronta fresca la sua mano penetrando nell’ambra dell’origine.
Id: 58928 Data: 06/06/2020 16:23:34
*
Aman
Basta un nulla per vivere, aman, e cammini assorbendo la luce di un minuscolo astuccio di vaio, rilegato dal capo alle mani - tefillah per le preghiere.
Mangeremo chicchi alla morte, con le labbra in un piccolo chiostro, che sostiene altri mondi, in scintille;
chi le ha viste adagiarsi e volare, per quel poco di tempo più lungo, fra migliaia di ossa e di resti, assegnavano un posto a ciascuno, e ciascuno suonava una nota
fino a quando si sono voltate con la grazia leggera di un canto, scomparendo per piccoli inchini, verso il più grande amante, nel sole.
*
La forma causativa del verbo "aman" in ebraico
significa "fare stabile, rendere sicuro, rendere fermo"
da cui deriva il senso finale di "prestar fede, credere.
Id: 58900 Data: 04/06/2020 12:08:22
*
La mia maestra è un’albera
La mia maestra èun’albera
e il suo nido un pane che lievita un fuoco nell’aria. È una fontana di luci sottili con la pelle secca e i nodi alle mani piene di strigoli raccolti al gran posto, il più segreto del boscovecchio.
È un fazzoletto, la mia maestra, con un elicriso appena accennato- che risalendo per gli alberi canta al ramo potato di un nuovo fiore;
ma quando s’inchina davanti alle fragole allarga il silenzio con piccoli gesti fino a sentire il loro respiro.
La mia maestra nel viso è un bambino, che chiede alla mostra di un Caravaggio per farne dono all’unica figlia- e te lo dice con le ossa cave schermendosi dietro alla brezza sottile che ha solo un sorriso quando magenta.
La mia maestra ha due gocce azzurre prima degli occhi, e come un miracolo sono discese dai pettazzurri, con le mani di rondine, sopra il capanno.
Id: 58740 Data: 25/05/2020 13:23:02
*
Al suo posto esatto cera una lacrima
Al suo posto esatto c’era una lacrima.
La morte si vive se come un sole
si porta nel più profondo di sé
lo strazio immenso, se diamo alla luce
la stessa madre quando si apre
perdendo il suo sangue meraviglioso.
L' osso fedele è il chiaro del bosco
nella foresta che adesso riposa.
Tu veglia il suo corpo.
Ci vorrà molto bisso
e il volto guarito; con la tua voce
sussurrerà, nell'orecchio più debole,
dove è il principio dell’arcobaleno.
Tutti i bambini sanno il mistero
dell’angelo che, prima di nascere,
ponendo un dito sopra la bocca
imprime il ricordo di un nome solo,
un piccolo seme, tra il naso e le labbra.
Se sfiori il contorno della fossetta
trovi un puntosplendenza delle sue ali
lui ti confida che un tempo toccò
la fiamma, i suoi bordi, per poi gettarsi
con tutto il corpo nel fiore degli angeli,
nell’identico istante dell’ultima foglia
dell’ultimo albero
__________________al grandeposto.
Versando alla terra lacrime folli
saremo le spose del nostro sorriso,
di una trina perfetta, che lascia passare,
come una spugna, fra i vuoti, la luce.
Id: 58566 Data: 13/05/2020 22:56:13
*
È una madre il rossovivo e l’acquabuona
Si confonde col dolore mentre sale,
ma è l’odore del terriccio appena nato,
se l'invito viene su come un tesoro,
dai frammenti delle ossa, luminoso;
la sorgente è il nostro albero disfatto-
e il cuore, del gigante che si spezza,
un’acquabuona, nel lavoro che conduce
a quell'aurora che noi chiamiamo fissa-
è una madre,
accovacciata dentro il petto,
e malgrado il forte vento la scompigli,
la giumella dei suoi petali rimane
il rossovivo
_____ che la pioggia non scolora.
Id: 58509 Data: 10/05/2020 22:22:43
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Nella luce delle mani capovolte
Dove tieni asciutte le tue cose, intorno al tuo carteggio levigato, parola per parola sfioro il bordo.
I vicoli del legno, le sue vene sono piccole candele che prepari per parlarmi e ogni sera, fra le pieghe che hai sepolto meglio, c’è un sentiero, di un’acqua che va accanto per istinto.
Lungo il fiume di portata non c'è punto che non veda la tua vita, il suo riparo, dove sbuca una piccola cappella, tra lo spazio che viviamo e il nostro mondo- sono braccia del tuo acero in preghiera, con le ali del mio tiglio tese in cielo- un minuscolo groviglio di radici;
è solo un nido che prepara le sue nozze, nella luce delle mani capovolte.
Id: 58430 Data: 05/05/2020 23:05:49
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Sarà solo poco di più
Un velo inaspettato è il nascondiglio del mio viso che magenta mentre arrivi salmodiando una piccola ederlezi
tra una corsa e l'inchino va il passo fra l'ultima luce e la casa la tua mano è nel riso, e la sola che sa benedire in silenzio l'odore argentato dell’erba con lo sguardo concorde. Io credo sia il volto di sempre il miracolo
e se c’è un paradiso che attende sarà solo poco di più .
Id: 58333 Data: 29/04/2020 21:09:52
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Pesach
Ci hai narrato del poeta che viaggiava impastando le parole per guarire. Che ne è stato dell’annuncio, del suo corpo? chi non ha saputo fare insieme della pelle con la sua resurrezione?
Lavarsi non è un gesto quotidiano? e il battistero non è morte che rinasce? I suoi gesti di passaggio e ogni cura non fanno sangue alla particola, o nel pane, ma nella voce, che rialza, che ci chiama: il suo volto luminoso è la postura, l’abbassarsi, servire chi è piegato-
così è la donna, che celebra il suo Dio, che si solleva, benedetta, dentro il sabato, proclamando la parola, stupefatta.
Che coraggio a mettersi per strada al canto di Myriam, col tamburello!
Oh! non è fulminea la liberazione- viene piano, dal basso, la celesta- guarda Lazzaro! esce ancora rilegato.
Risorgere è un lunghissimo affidarsi è chi mette dentro al tempio ogni suo bene, chi rompe l’alabastro e dello spreco fa il bene più prezioso, e in gran silenzio è chi ti accompagna come sposa all’ultima stazione, da principio-
portando il suo profumo, all’infinito, nel largo d’aria : il meraviglioso, di chi comincia a respirare dal battesimo, sepolto nella morte di Gesù.
Id: 53129 Data: 20/04/2019 19:34:58
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Le azzeruole #GiornoMemoria
Venivano su le prime azzeruole e tu, tu arrivasti alla stazione. Credevano fossi morto, Tonino.
La vita smette di morire se ricordi il sapore dei frutti dimenticati, del melo che sa di limone, l’odore del rosmarino, della cotogna, del sorbo, la buccia vellutata di una susina. Non dimentico, quando perdesti gli occhiali, i più antichi ghiacciai nel mare degli occhi.
Nessuno è distante- se scrivi- ovunque protegge qualcuno le case svuotate, i boschi,le piazze, se qui tutto è minuscolo a un grammo dagli occhi trafitti.
Id: 52059 Data: 27/01/2019 23:57:12
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Babij Jar #GiornoMemoria
Id: 52035 Data: 26/01/2019 19:38:49
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Rayuela
Quel luogo che ora tace, la mia casa,
come chi ha protetto un fiore tutta notte, è la neve della gioia verso l'alba
per la piccola rayuela che ha saltato
dalla sua cipressa al tiglio : un anno intero fra gli anelli delle chiocciole e dei bruchi-
annodando filo a filo con le mani le albere del sole ai vecchi nidi, un perpetuo sulla lingua, i suoi amori, con la grande nevicata della luce.
Id: 52006 Data: 24/01/2019 19:21:51
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Siamo stati angeli nell’acqua
Siamo stati angeli nell'acqua,
piccole stelle dell’alba, quando ancora le viti erano muschi, farfalle di mare che andavano alla deriva sbattendo l’azzurro dei piedi tra le onde del sole seguivamo il ronzio genitale dei nostri delfini i click sordi delle stenelle in amore nutrendoci degli errabondi, i mangiatori di luce- di notte facevamo buon conto della neve marina.
Più di tutto amavamo i verdazzurri, centomille in una goccia di sale, e i nostri capelli luccicavano a giorno.
Quella notte, la grande notte, seguimmo una forma di lacrima che andava a deporre le uova. Ohh cosa stavamo vedendo nella buca profonda di sabbia, bambini! Stretti nella preghiera ci fermammo per ordine delle mani fino a farli sparire.
Il mare si calmò, con l’anno nuovo, minuscoli pastori cercarono l’uscita puntarono al largo verso l’acqua nera portando sul dorso come faville. Fu allora che le albere presero a far luce, che ci contammo le ossa, una ad una, passando le dita a vicenda negli anni, finché una bambina prese a salire, con le giumelle educate all’amore, le nostre timide gole per terra
alzando la neve dal suo libro d’ore come fa un mattutino all’Ave Maria.
Id: 51738 Data: 04/01/2019 11:13:09
*
L’acqua nascosta nel piccolo melo
È l’acqua nascosta nel piccolo melo lungo il sentiero di Battedizzo che in una ciotola di pino argentato ha impastato col riso i nostri natali.
Ora è un vangelo fiorito sul capo di quella donna che porta la neve agli animali del boscovecchio, con la stessa dolcezza del biancomangiare quando esce dal seno per un bambino.
Cercala, è sempre, nel ventre dei fiori, dai buchi degli alberi falla venire alla tua bocca, con tenerezza- così fa lo speco con la sorgente, o la montagna quando una nuvola le posa sul capo il breve mantello :
l'orgasmo è nel canto del loro incontro il primosale che sgorga dorato nell'umida coppa dell'epifania.
Id: 51694 Data: 30/12/2018 15:38:06
*
La fragilissima
Mi hai insegnato tu la fragilissima
scrittura sopra i tronchi in verticale,
per salire dalle voci impercettibili,
con le rune delle file primitive,
e a tacere, un anello dopo l’altro,
conservando delle cose le figure.
Trema ancora perché possa rivederti
all'ora delle nascite e rimani,
come fanno le stagioni e il bianco appare,
tra due ciotole di riso, per Natale.
Id: 51611 Data: 20/12/2018 10:07:49
*
Più di un giungere soltanto
Tu la conosci bene,
lei chiude gli occhi
nel nostro riposare-
come un petalo di rosa,
posato sull’anima,
che sale,
che deborda dal suo stesso azzurro-
e, prima che la respiriamo,
torna in sé, senza interruzioni.
Non puoi tenerla nelle mani,
è più di un giungere soltanto,
qualcosa di legato a un lungo canto,
ma come se cantasse coi capelli,
o col suono dei legnetti alle caviglie,
tutto quello che si nascondeva
nella valva di conchiglia
accostata al suo orecchio.
Id: 49474 Data: 27/06/2018 20:18:20
*
Pianete
Muta forma il destino di una donna
se ha mangiato con i lupi del dolore:
come onde di pietra spinge i fianchi
al caldo della casa e l’ossatura-
sia caverna, o l’asse di una danza,
a salvare dall’assenza ciò che geme-
rende il tratto vivo del paesaggio-
imparando a respirare dalle nuvole,
a irrorare le sue vene dentro il fiume
e ogni muscolo con l’albera del pane.
Sul giaciglio magro di Proserpina
sono storie di ginocchia per la sera,
ma ottanta mondi dietro le sue mani
ricamano pianete con il bisso -
alle spalle del tempo, incancellabili,
vibrando nel profondo della luce
nascosta tra le corde del salterio.
Id: 49150 Data: 05/06/2018 09:11:01
*
Saliva celeste come un ricamo - Videopoesia
Saliva celeste come un ricamo
dall’altro lato della sua vita.
Saliva lucente insieme alla medica
con grazia, leggera, con piccoli inchini,
alzando il polline di una canzone
e le dita infantili, in una preghiera.
Ora che l'albera, quella più antica,
nasconde il cielo, con le sue fronde,
non c’è un solo punto che lei non veda,
svolgendo il rotolo, tutta la vita-
il vicino_lontano e il lontano_infinito,
quando si leva, al chiaro, la voce,
quando ritorna, prossima a sera,
sulle corone delle ginocchia-
con lunghi respiri sul primo taglio
illuminando un luogo preciso,
tra il labbro di sopra e gli occhi neri,
come fa un verbo, quando è al suo posto
fra le parole, del ringraziamento.
Id: 49125 Data: 03/06/2018 22:55:00
*
Noi
A due passi da quando disegnavi
la lingua che hanno i fiori, dei neonati.
Insieme basta poco a riconoscerla -
un cantore di ritorno sulla barca,
la cipressa alla falesia, e il fiume Reno-
nelle otto direzioni, è dentro il vento,
il bisso che ora muove le montagne,
e il lago, pieno delle cime,
sembra sciogliersi in cascate, nelle gole.
Se viene colta, è un tratto nel respiro,
la piccolezza del rossore sopra il viso,
nel suo raccoglimento, nello slancio,
mentre si apre sul cammino in carne e ossa,
obbedendo, come solo fa un pennello,
alla danza impercettibile dei piedi,
nel luogo della sacra emanazione,
la coppia polare e la sua forma,
nel qi finale, quando trascolora,
fra la nebbia e l’aria limpida del monte,
un paese di foreste, che scompaiono,
al pari delle vele in mareaperto.
Non era certo la tua mano sul costato,
il bilanciamento del polso sopra il seno,
o la tensione di ogni muscolo del braccio,
era il nostro movimento ripetuto,
il sottile, quel partecipe al respiro,
che vibrava, con la mandorla, di luce
all’interno ancora umido di un vaso-
nell’alternanza così nell’apertura
Noi continua a ricevere e a donare
il nostro alito e l’inchiostro sulla carta.
Id: 49079 Data: 31/05/2018 01:11:06
*
Ridursi è gioia
Pochi decimi di efa e un grano nuovo,
nella ciotola di biada, al primo anello.
Ridursi è gioia
da quando mi hai insegnato
a carezzare come un salice il suo fiume,
che tacere non è fare del silenzio,
ma la fonte di uno stare doloroso
nel più intimo dei luoghi che ha una madre,
quando ha perso la sua luce oltre le cime,
e si raccoglie nel lucido mistero
di un grande uccello
_______________ che attraversa il mare
con il respiro quieto di un bambino
mentre dorme nella stanza accanto.
Id: 48981 Data: 22/05/2018 17:26:43
*
Gli occhi delle case
Con cosa spingi il buio fuori dalle stanze
con gli occhi soli o tutto il corpo insieme?
Dischiudi sempre adagio le persiane?-
sono gli occhi delle case
e benedetto il giorno, sia
impercettibile la mano -
se passa la bellezza e gira lenta
la linea dell’aurora va al respiro
tu lo sai,
se alzi piano gli occhi delle case.
Id: 48979 Data: 22/05/2018 17:13:23
*
Biancobaleno
Presi parte al suo corpo silenzioso -
con la schiena incurvata nel lavacro
girava le sementi con un braccio,
e una mano posata a trattenere
i seni ancora gonfi per il latte -
nel più semplice disegno di unità.
Cominciava dalle orecchie la sua storia,
premendo con il verso non formato
sull’esile membrana del risveglio,
la carezza, percorsa dallo sguardo,
sui muscoli, le ossa, infine il soffio,
con il tratto- già presente nel suo cuore-
di chi alza una spirale e si trasforma
per fissare il colore nella pioggia.
A memoria nasce intatta la visione -
hai mai visto una lepre quando inarca
la sua vita contro il rosso della sera?
non il semplice contorno di una forma,
- in piena regola sarebbe un tratto morto-
la corrente che la muove, la prolunga,
l’attraversa, poi scompare - questo dico,
un chicco di orogiada che germoglia
nel polso chiaro e vuoto di un bambino,
penetrando le sue dita con il bianco.
Per giunture segrete la splendente
riverbera l'anello del creato -
confondendo i sei colori dell’inchiostro
la montagna, inchinata come un mare,
con le onde, divenute i suoi alpeggi-
la veste, e nel pieno della luce
l’arcobaleno che si mostra_
_si consegna,
tra il venire e lo svanire fra le mani,
dove scende ancora mondo sulla carta,
e d’improvviso sorge qualcos’altro.
Disegno Antonella Schiralli
Id: 48937 Data: 19/05/2018 19:25:25
*
Le sorgenti di Betullia
Cosa hai fatto, voce?
In alto, sulla gola,
con la veste della grande penitenza
occupi le sorgenti d’acqua di Betullia.
Tu preghi, lungamente,
alle porte del Sasso,
offrendo al fuoco il legno delle ossa.
Tale è la legge del miracolo,
il vuoto, l’unione, e tu,
in basso, semplice.
Al posto giusto -
è un refolo nel petto che ti avverte,
il passo, che lento gli somiglia,
avanza, vicinissimo a trovarti,
così potente
da partorire luce,
con quel modo che fa tremar le cose
in una lingua segreta ad ogni altra.
Id: 48909 Data: 17/05/2018 17:08:28
*
Al suo posto esatto c’era la luce
Al suo posto esatto c’era la luce.
La morte si vive, e come un sole
si porta nel più profondo di sé
lo strazio immenso, che diamo alla luce,
la stessa madre quando si apre
e perde il suo sangue meraviglioso.
L' osso fedele
è ancora la luce
della bambina con le giunchiglie
nella foresta, che adesso riposa.
Tu veglia il suo corpo. - Ci vorrà molto bisso ?
< Non occorre saperlo. Rimani in cammino.
Con la tua voce e la mano guarita
l’alba, che il canto diffonde, rischiara
ben oltre ogni sole.>
Sussurrerà nell'orecchio più debole
dove ci sta conducendo la danza?
Lo so che i bambini sanno i misteri,
che viene un angelo, prima di nascere,
che pone un dito sopra le bocche
lasciando a ricordo di quella sillaba
un piccolo seme. Tra il naso e le labbra
sfioro il contorno, mi tocco, sprofondo,
ma quando saremo, dentro la runa?
< Spazzando con l'anima davanti alla porta
del nostro amato, diverremo l'amante.
Una farfalla con l'anima anziana
sussurrerà nelle orecchie più giovani
dove ci sta conducendo la danza,
ogni punto di luce delle sue ali -
dirà che un tempo toccò lievemente
la fiamma, i suoi bordi, per poi gettarsi
con tutto il corpo nel cuore profondo,
in volute dorate, nella danza aurorale
sui petali rossi e unirsi vermiglia
per bere il calore dell'antica parola-
nell’identico istante dell’ultima foglia
dell’ultimo albero al proprio posto
versando alla terra lacrime folli.
Saremo le spose di quel sorriso
dagli occhi immensi che dice: mi ami!
finché divenga una trina sottile
che lascia passare tra i vuoti la luce,
affidandoci un corpo, solo e leggero,
per il girotondo fra le giunchiglie
dove i più piccoli danzano nudi
a mani aperte, aperte a grembo
permeabili al canto
dell’uccello intravisto
sui triplici fiori del nostro lillà.
Id: 48855 Data: 13/05/2018 19:44:36
*
Il doppio cuore custodito nella pancia
- Viene piena di profumo una famiglia
se ci abbassiamo adagio con la sera
le palpebre che entrano nei sogni,
bisbigliando siamo salvi, al posto giusto,
mondi ancora insieme. Siamo casa,
tra il respiro più pulito che conosco,
che nell’ordine fa crescere le rose,
nel riandare col sorriso verso il centro,
dal grembo luminoso che hai dischiuso
alle nostre ginocchia coronate-
È così che mi portavi dentro maggio,
come un’alba che si leva tra i colori
delle bacche di ginepro e di lillà.
Nina- mi dicevi, col tuo corpo-
quando vai a fare i fiori sulla rupe
apri tutto il grembo, lentamente,
all’amorosa ondata sul tuo seno-
in montagna c’è più tempo per le rose
mentre al mare il tempo è un passalento.
Quell’isola di luce impercettibile
che senti e non sai dire, che risuona
chiara nelle viscere , indivisa-
fino a perdere la sacra intimità
col luogo solitario che più ami-
è il vuoto che si riempie al mattutino
di un profumo ancora inconfessabile,
un alveo di parole per la sera
col sapere delicato di farfalla
che si unisce a nozze con i fiori.
Solo allora è visibile il cammino
che dà ordine al paesaggio nelle stanze,
lo spazio dove un’anima pronuncia:
Passa, tu sei pura- e il tuo respiro
sarà un lago di calma mentre scrivi
delle braccia dorate sulla terra,
di come godevano al calore
vibrando nel profondo della luce,
prenderai ancora il volto che avevamo
e il doppio cuore custodito nella pancia.
Id: 48737 Data: 05/05/2018 12:52:48
*
Per essere credo, nati due volte
Fu quella sera di temporale,
e tutta bagliori giravi da sola.
Ti ho preso per mano e abbiamo intrecciato
il girotondo infantile dentro alla pioggia,
una danza intima insieme alle rocce,
un passo carnale con tutto il cielo,
per essere credo, nati due volte.
Il lamento sottile di una cerbiatta
vicinissima al parto ci ha fatto fermare
allentando la stretta, e ricchi di pianto
ci siamo distesi. Prossimi a lei
tu hai mosso le labbra solo per dirmi
mi ami … poi senza aggiungere altro -
con la mano guarita dall’acqua marziale-
hai colto una fragola senza guardarmi,
come se avessi scoperto un tesoro,
attendendo la nascita sopra il mio seno,
su un letto di erica impregnato di terra
col viso argentino di chi sta per cantare
l’offerta del sole, scintilla purpurea
dell’umile primula intorno all’anello
quando si accoppia con l’universo.
Id: 48702 Data: 02/05/2018 21:12:33
*
Nel chiaro interminabile degli occhi
- è difficile vederla alla finestra
e anche la sua musica è sottile,
devo accostarmi e fare pace tra le braccia
per accogliere nel lieve tremolio
il passo di chi è tornato a casa.
Ma quella sera usciva dalle stanze
l'inatteso di un adagio e la sua grazia,
dal grembo, dal sangue, dall'ascolto,
nel chiaro interminabile degli occhi.-
Disegno Sofia Rondelli
Id: 48680 Data: 01/05/2018 13:32:09
*
Il vento cammina sopra la terra
Il vento cammina sopra la terra
sull'urna, il tuo volto, le nostre mani,
dal ramo innevato ai fiori di tiglio.
Un’Ederlezi, toccata dall'aria-
che era in me, prima degli occhi,
la cosa più intima e certa - salendo
ha percorso l’intero di ogni mio canto,
dal provenzale allo stabat del cuore,
dalla voce dell'anima fino alla pelle,
con un passo compreso tra la corsa e l'inchino.
Fra l’ultima luce e la porta di casa
è la tua mano intorno ai capelli
che scopre che sfiora che trova nel taglio
materna letizia e la pena più grande
confuse. Nell’arco alberato di gioia,
in un punto indistinto delle tue spalle,
ho nascosto le ossa del pianto più bello-
dove inizia invisibile un altro sentiero-
volevamo tacere,
tra l'origine e il cielo
del nostro viso
in entrambe le mani,
il respiro aperto e illuminato
dallo sguardo concorde
all'ultima stella.
L'odore dei frassini ha accompagnato
un uomo e una donna al loro congedo -
nella muta promessa di un semplice sogno
che ha nome antico di damascena-
e quello che credo, alle loro radici,
ora sta tutto innanzi a noi.
Id: 48655 Data: 29/04/2018 14:09:45
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L’incontro
Un respiro solo ci separa dal corpo, mentre canta : sono verso tra la femmina che esonda e si protende nel suo maschio, dirimpetto, e viceversa Un esodo, è tutta la scrittura- le bibbie in movimento, il benandante- che cammina con il manto quasi albino per scoprire il velo e rivelare, come dice il verbo, al doppio cieco.
Rimanendo esposti alla visione dell’incanto, senza divorarlo, sconfiniamo nel convento di una pelle che si muta in isabella e palomino, con le orecchie, le antenate di ogni passo, che si librano confuse nel destino del ventre di una madre- calamita, la medica che ha fame della pioggia, per far dono di altra vita. Ed è la prima ad uscire allo scoperto dalla grotta ospitando il seme lucido nel vuoto iscritto nel suo corpo, come un Dio-
quando cerca, sul filo della voce, il suo amato dal volto inconosciuto danzando fra pascoli e deserti per l'ingenua meraviglia di intrecciare il nudo e la splendenza dei suoi occhi. Nel cedimento all’estasi più bella
non altro, con la lingua delle messi, che un odore di verbena sull’altare di betulle, fieno greco e ribes bianco - come il canto di qualcuno che ha nel seno tutta l’aria immaginata- che trabocca in sacrificio, nel perfetto di chi brucia totalmente per offrire in una danza il midollo del suo utero splendente - che ha nome antico di misericordia -
fino al rosso genuino del contatto, alla saliva che illumina l’incontro, e, dolce più del vino, la sua pioggia.
Nell’ora più preziosa ci tocchiamo con le mani che vanno nel profondo, allo spiraglio della mandorla di luce, dove i nostri templi sono aperti visitati dal sole nella bocca e tra le gambe, è il nuovo nato, che si allunga combaciando le porziuncole di pace
in giardini di acqua e sangue, terra franca, che riluce e ci fa mondi, benedetti nell’eterna eucaristia. Dei nostri corpi
è questo il desiderio di consegna? come il volto cristallino di un morente che si affida al proprio cielo silenzioso? o il neonato inerme alla sua terra?
Le acquenostre - che perdita stupenda!- se consegnano in un riso l'impotenza sussurrando: chi non perde la sua vita non fa salvo quel respiro che si versa sulla soglia sempre umida del cuore.
Disegno Sofia Rondelli
Id: 48552 Data: 22/04/2018 15:59:31
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Le ali della nostra casa gialla
Ti ho incontrata con il sole nella testa, con il guscio delle ossa malnutrito, fra la bellezza religiosa del tuo tiglio che portava i vostri pollini lontano.
“ O Signore, concedi a ciascuno la sua morte” è stato il primo verso che ho lasciato, fra la calce rosa dei tuoi fianchi, eri ancora grata di esser viva, mentre davi il consenso alla tua fine, come un’albera al suo frutto quando cade. È lì, dove ho posato le carezze,
accompagnando l’odore delle lacrime nel dolce tremolio sopra la schiena, per una comunione- come a mamma con le bende calde sopra il male- fra il colore consumato di una vita e le lunghe astinenze dell’inverno- per arrivare più lontano e far ritorno a quel Natale, che ci ha tenute insieme, con la tovaglia splendente su una tavola di ruderi e di assi tumefatte - fra i doni, un antichissimo trenino, girava con la giostra dei cavalli, un carillon, che ti ho lasciato in dono, nascosto come un Dio nella montagna.
Era tutto naturale, il grande freddo-
per sua natura cavo- nella pancia, faceva compagnia ad ogni orecchio, come chi resiste al gelo ormai per sempre.
Il tetto è divenuto quell’aperto che ti leggevo nell’elegia di Rainer, e l’apertura musicale del celeste, su queste piccole ginocchia coronate, è la tua mano, oggi, che riposa fra le stanze di altre mani, sussurrando la Melodia ungherese in si minore cantata da una giovane domestica- Nel congedo, al tuo ultimo silenzio
ti scrivo con la mano di una donna che strofina sulla pelle dolorosa la tua voce d'oro, e stupefatta mi lascio attraversare dalla pioggia della piccola morte fra le braccia.
- Questa lettera, già lunga, finiva proprio qui, eppure lascia ancora che domandi come ha fatto il tuo tiglio a sostenere calmo e fiducioso tutto il peso, l’immenso di una casa tanto gialla? Come ha saputo orientare le sue curve lungo i vicoli del legno, e respirare seguendo i muri, le loro forti spinte, ripartire l’aria giusta con la luce assicurando nuova linfa ad ogni ramo?
I miei occhi hanno visto solo questo, non appena si alzava un po’ di vento, la celebrazione delle nozze, nello spazio offerto dalle foglie, tra la casa e le ali degli uccelli-
l'invisibile del bisso che rimane la figura, che non mi sta davanti, ma alla fonte, un’iride, la pianta, la radice prima della vita, che tutta la giustifica, in un soffio.-
Id: 48535 Data: 20/04/2018 00:30:50
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Dammi da bere
Un velo di Ninive copre gli occhi sulla strada della nostra samaria, forzando il mio respiro nell’apnea, nel frangere di sassi il grano nuovo che ha diviso il sangue dei fratelli, partorendo sale nero. Intorno al pozzo con altri occhi, e altre mani lacerate, mi fermo a ricordare il girotondo che ci ha cresciuto insieme. Nel deserto
come un morto appena nato, io ti aspetto dove è imprevedibile l'incontro e solido il silenzio, dove prego, quando il passo ombreggiato che ti annuncia, come seguendo orme senza suono, rende questo luogo smisurato il più intimo e privato, alla mia vita. Con la semplicità di un sole apparso
spezzando la mia voce , mi domandi con le parole più corte che conosco: dammi da bere, ora, mia sorella.
Dammi da bere- ti rispondo- sono vuota fra la polvere di casa, sradicata, con un grido in mezzo al petto, sono sola.
- Tra le stesse consonanti le vocali luce dopo luce sono nuove e ogni coppia è la rivelazione che ripetere è il trapianto dell’amore-
se nell’attesa più profonda siamo acqua che ritorna nella brocca, coniugando il mareamaro di un dolore cristallino, dove posare il capo ed una tenda, nel sacro cedimento e l’abbandono del corpo, consegnato al proprio sangue.-
Nella quiete del sorriso ci spogliamo di ogni sicurezza- andando nudi con la stessa tenerezza di un bambino che respira nella pancia la domanda da portare sulle labbra- la sua sete- di buona compagnia e benevolenza,
che nella muta si trasforma al dito per fare dell’incontro gli sponsali, delle nostre debolezze il testimone che tiene in mano la ferita, che ci salva. Con il dono che attraversa gli assetati
diveniamo quella casa smisurata, una fontana d’acqua, il cedimento del respiro nella mano, il sonnoazzurro che ci accarezza il viso, che ripara con altre acque il pozzo benedetto.
Id: 48481 Data: 15/04/2018 23:49:25
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la bionda meraviglia, albere uccelle fiumesse
Accanto al mormorio che so del mirto, quando luccica di squame a primavera sul verde tenerissimo dei rami e quello scuro, in cima alla nughedda, c’è la bionda meraviglia che si spoglia della mandorla materna nella luce e tutta la collina è solo attesa del fiore della felce, l'invisibile, che sale come un grappolo di cielo. Con la semplicità di un fontanile
se la rosa dura il tempo di un destino
non può fare a meno di trovare il fondamento il sacro scambio che rilega il suolo amato con i larghi d'aria - rivolta in sé e a un tempo tutta offerta al bagliore della carne, che dischiude- Nel profumo che rimane imperituro
“ sbaglieremmo a chiamare sempre Madre questo succo? Questo latte che ci dice della fonte, di una promessa antica mantenuta?"
La luce che mi permette di vedere e la figura che io vedo chiara coincidono con gli occhi che si chiudono come una testa Khmer in abbandono...
Basta la tua mano di bambino, nella veste azzurrocenere dell'isola, ad aprire una ferita nella rosa, ricoprendo questi colli dei tuoi fiori.
Se una morte mi accogliesse in questo istante troveresti sul mio volto il tuo paesaggio, la stessa compassione e il santimbraccio tra le albere le uccelle e le fiumesse.
Id: 48367 Data: 08/04/2018 19:13:18
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L’acqua nascosta nel piccolo melo
L’acqua nascosta nel piccolo melo è come un vangelo fiorito sul capo- che ad ogni curva si muove stupito di quella donna che porta la neve in mezzo alle scapole, e tutta la terra distesa sul petto del firmamento -
con la stessa dolcezza del biancomangiare quando esce dal seno per un bambino. Dicevi così, del bene più alto, che è simile all’acqua quando discende, che in una ciotola informe e dorata ha impastato le stelle ai nostri natali. Le parole non mentono, era il tuo canto, fioriscono il verde di primavera : se l’acqua discioglie, così rilega- se ammorbidisce i tuoi lunghi capelli, fa gli occhi chiari in ogni vivente- nei luoghi più bassi. Dimora la vita
nel ventre dei fiori, cercala sempre, nei sottovasi, dai buchi degli alberi porta alla bocca, con le tue mani, come una radice, la sua tenerezza, come uno speco con la sorgente, o la montagna che sfiora una nuvola, se le posa sul capo il suo breve mantello.
Per amore e per forza Noi è l'acquabuona che danza negli organi dei nostri corpi, l'orgasmo è nel canto del loro incontro il primosale che scende bagnato nell'umida coppa di una poesia.
Id: 48332 Data: 06/04/2018 23:17:42
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La casa dell’angelo
Immensa e illuminata, come ieri l’ombra delle nostre spalle unite tra il vento e l’acqua del torrente, è la tua casa, il lunedì dell’angelo, fra le ossa incise e dipinte sulle piccole uova rumene che ho nascosto fra l’erica e i cardi.
Coi capelli raccolti all’indietro,
per ascoltare col viso l’alburno della betulla bianca al cancello ho mescolato i miei piedi alla luce del sedano bruno tra i rovi, raddrizzando una giovane pianta che ancora tremava di neve- dove la terra si è smossa
dove si è aperta la ferita, troverai una chiocciola, in dono, e un sassobambino che gioca- con lucide vene di fiume, fra le braccia dell’altalena- che sta crescendo, al ritorno.
Id: 48281 Data: 03/04/2018 10:23:24
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Il profumo della passione
Ci hai narrato del poeta che viaggiava impastando le parole per guarire. Che ne è stato dell’annuncio breve, di quel corpo strappato dalla storia? Chi non ha saputo fare insieme della pelle con la sua resurrezione? Lavarsi non è un gesto quotidiano e il battistero la morte che rinasce? Il passaggio i suoi gesti e ogni cura non danno sangue, nella particola o nel pane, ma nella voce che rialza che ci chiama; il suo volto luminoso è la postura, l’abbassarsi a servire chi è piegato, la donna curva che celebra il suo Dio, che si solleva benedetta dentro il sabato, proclamando la parola, stupefatta.
Quanto coraggio per mettersi in strada per accogliere in grembo la mano protesa fino alle acque, al canto di Myriam che col tamburello fa festa, diritta. Non accade fulminea la liberazione- viene piano dal basso, la saliva celeste, con le sue piaghe incancellabili- come ogni morte, mai immediata, se Lazzaro esce ancora legato, e potrà camminare, sciolte le bende,
risorgere allora è un lungo affidarsi? È una donna che mette tutta l’offerta nel tempio, due spiccioli, quello che ha?
Mancavano solo due giorni alla Pasqua e Marco racconta di quando a Betania entrò una donna, da Simone il lebbroso, con l’alabastro di nardo purissimo- che ruppe versando l’unguento prezioso fra un gesto solenne e insieme di cura, il più intimo forse, le mani sul capo di quel giovane uomo seduto più in basso ( lo spreco fu grande, si disse alla tavola dove nessuno pensava alla morte)
col grande silenzio di chi ti accompagna a un lutto- un tacere che riempie la gola di tutto l’amore che aveva da offrire: cancellare la puzza di morte alla tavola preparando il suo corpo, come una sposa.
Porteremo sul petto all’infinito i segni al costato ai piedi e alle mani, ma è nulla la morte verso il profumo, il suo largo d’aria meraviglioso, se quella che sembra una tomba soltanto è il principio bagnato di resurrezione che rende possibile a un’altra vita il coraggio di scrivere di avere udito una voce nel vento la stessa poesia di chi ha ripreso a respirare dal seme disceso dentro la terra-
un dolore cristiano che non fa morire, che ci accompagna e lento si immerge nel battesimo sepolto nella morte di Gesù.
Id: 48262 Data: 01/04/2018 13:45:44
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Chi attende ha nel petto una rosa
Chi attende ha nel petto una rosa che alla vibrazione della luce si affida, come a una mano- dicevi- Col minimo dolore necessario la tua parola oggi è nel profumo- sulla parte del viso che ha raccolto il miele, insieme all'erba per i daini, di un piccolo miracolo del fiato- il volo breve che attraversa il fiore: le mie mani si aprono e tu sulla porta, fresca di pioggia, togli ancora l'ultimo fiocco di neve, dalla mia fronte, portandolo adagio alla bocca.
Riparti così, nella veste magenta, con un pezzo di pane e il sorriso avvolti nella ninive. Al ritorno nasconderai con un canto il sudore nelle coppe dei gelsomini.
* ninive è una mussola, una garza imbevuta d'acqua,
che si usa per avvolgere i germogli delle piantine
e proteggerli dal sole
Id: 48184 Data: 27/03/2018 16:12:40
*
Ederlezi
Ho messo insieme il tuo piede
leggero,
nel labirinto di mille,
e una notte,
la bianca e perfetta di reti
invisibili, pietre, e gli erbari,
sull’isola al centro, che amo,
dei piccoli fiori di melo.
È tutta qui nel farsi preghiera,
la spinta che diffonde, quando è ora,
nel goccio di saliva trattenuto
negli occhi, divenuti come frutti,
nella coppa, che raccoglie la sua origine
circondata dai due fiumi, e primavera,
il ventre di una madre, come tante,
nel corpo di un minuscolo che viaggia
coi bambini di Ederlezi sulla schiena
il gira gira stupefatto e consonante
alla lingua dei bambara con lo schiocco;
< Oh! Ridiamo come stessimo pregando
come faccio nel vuoto del mio letto
alzando il fango che dorme nella luce
fuori dal torace, allo scoperto >
Ed ora vieni, minuzia di una stella,
mentre vado a fare i fiori con il dorso
carico di latte coi colori
nella gola fino al buio, della sera
riportando il segno di una lacrima,
quando appena visibile cammina,
sul buco di dolcezza della yurta
da cui riparte il bisso luminoso
lo spiraglio che moltiplica l’amore
nel continuo movimento di un miracolo
che a comporre la sua voce va alla gioia.
Id: 48053 Data: 21/03/2018 13:05:46
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Tu sei un luogo, padre
Tu sei un luogo, ora, padre, hai un orlo Il grappolo d’oro è di nuovo un vigneto nella sua terra scura il tratto cieco intorno al bianco la memoria della luce.
Anche oggi nevica e il lieve ricamo che trema sulle betulle sono il tuo gesto, io credo, il dono del ridere dei nostri angeli con le ali ripiegate verso terra, i passi di chi è arrivato a casa,
e alberi, tanti alberi sono tutta la donna che canta con un filo all'orizzonte c'è mio padre.
Id: 48007 Data: 19/03/2018 16:35:39
*
a capo chino
Ti ferma la bellezza, muta coi luoghi e nel tempo? è una scoperta o il luminoso del creato che si muove? Con quale parola più di ogni altra puoi dire : l’equilibro la proporzione l’eleganza forse il suo fascino, la grazia ? Dal verbo congiungere, in greco, che dai diversi fa una cosa sola, nasce l’harmonia.
< Una pronuncia così aspra per una casa piena di dolcezza ! > Se la futura sposa di Cadmo venne alla luce dall’amore e la guerra, non rimane ferma la bellezza e non è solo movimento..
la più grande tempesta fra parole e mutezza, tra il silenzio e il tacere, fra la pace e il dolore. Una esperienza che fa bene che fa male che ti salva, che ti perde, che ti compie- il buono della Genesi, la verità di Keats? sono le sorelle per cui è morta Emily la salvezza di Fëdor la rovina dell’ Elena bellissima, l’abisso del ventunesimo fiore del male?- se il volto di Cristo è il più bello dei Salmi, se nei Canti del servo Isaia gli nega splendore-
è qualcosa di tanto più grande di me, di più forte, il tormento che avvolge che mi lascia sconvolta e felice piena di male, p i e n a di m a l e e una gioia che non so dire mentre strappa la pelle alle ossa che mi porta così lontana da me..
e non è il punto d’arrivo
il principio, l’estasi, è il colpo che muove il mio corpo, che trema che danza concorde la stessa passione che muore e ritorna, sublime, con le sue mani vuote, accanto ad una statuetta ricongiunta, per dire solo grazie a questa grande sera
a capo chino solo grazie.
Id: 47994 Data: 18/03/2018 18:43:01
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Lultima casa
Ho messo a dimora l’ultima neve ai ripostigli di creta, al boscovecchio, per l'adagio più bello dei mesi lungo le pozze dei cervi . Ora la pioggia batte sul carro nella pentola grande di riso e sulle ginocchia sento cantare le ruote, nel tragitto silenzioso verso il sole, nell’orecchio debole del fiume-
la musica che sta in una mano è un sottile anello rosso la prima stella e insieme l’ultima casa.
Id: 47961 Data: 17/03/2018 09:19:53
*
harmonia
Spinge rallenta spinge e respira - risucchia il ghiaccio da queste mani una macchia un puledro il sobbalzo celeste fra le zampe lunghissime tinte di rosa. Danza il tuo piccolo, trema ubriaco dalle orecchie ai nodelli così sottili.
Sia lode!...
sia l’acqua, sia l'acquacalda di una placenta che scende dall’hara il tributo il suo lago, meraviglioso, per quanto silenzio riempiva le mani bagnate di rosso profondo granata.
Diastole sistole inspiro ed espiro- un piccolo cosmo che dentro si espande, che si contrae nelle piccole oasi a raccogliere linfa lungo il cammino. Così ci uniamo e creiamo distanze amichevoli e monadi universali folli e concordi nello stesso progetto che ricongiunge ogni cellula nostra. Oh madremia, sei stata tu? fatta di abbracci di tempo di cure?
Inizia dall'erba < dicevi > la luce innamorando lo sguardo interiore che adorna il suo capo, affidandosi al suono, muovendosi accanto come una donna nell’andirivieni al balcone in penombra scostando le tende come una neve coi piedi nulli e i polsi leggeri. Facendo strada sulle ginocchia
è un lungo viaggio fatto di adagio, con mille foglie dentro le orecchie, l’interno morbido delle parole, la commozione dei frutti maturi; la parola nascosta è una piccola casa che dondola il legno, ridendo a ogni cosa anziane cicogne, le sillabe dolci. Se metti le mani a giumella tra i fili, se posi il respiro che nasce dal timo, col ventre raccogli il profondo del verde il primo sorriso che nasce alla vera chiarezza del viso che sfiora la luce
segui tua stella < ripeti > è la tua anche se è tanto più grande di te, seguila amina, e scrivi per sempre
la parola armonia con l'acca davanti
con lo spirito aspro che muove all’insieme i tuoi piccoli arti, con le ossa cave.
Id: 47771 Data: 08/03/2018 23:48:05
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Kaddish
Un pieno di sole non scompare ovunque vadano i suoi raggi a sbiadire nella soia. Durerà con il viso acceso per soffiare le foglie di abacaba sulle braci scaverà una buca nuova e l’altra mano- bagnata con la cera dell’ipoh tra la canfora e gli incensi fino all’orlo delle uova degli struzzi, sottoterra- un giacimento per la fame;
proteggendo i nostri pozzi, come un’Ama con le perle sui fondali, scenderò verso di te talmente fradicia da sembrarti più un uccella che tiene a bada mosche dalla taiga alle montagne. Ed ora habibi,
posami la bocca sulla bocca bisbigliando tutti i nomi della neve- dove si fatica a camminare quella dura, o portata qui dal vento, sapremo quando cede sotto i passi se rimane, per essere bevuta, e la più adatta, per costruire casa-
dove le foche vanno a respirare, sarà come recitare il nostro Kaddish.
Id: 47738 Data: 07/03/2018 12:43:39
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Levando appena il capo
Id: 47735 Data: 07/03/2018 11:45:57
*
Dukkha
È tutto bianco il miglio per le uccelle.
Dukkha.
La neve avvolge
le promesse dei fiori
e i loro anelli.
< Scrive in punta di piedi>
Nevica ancora.
Due corpi vanno nella neve
come un veliero,
ben caldi, vicini.
Ricamano passi
nel grande mare
si bagnano ridendo
dove qualcosa sta per nascere:
fiocchi, un soffio fresco.
S’inchinano con cura.
Mangiano la neve,
con un ardore misterioso. E tu
tu sei di lato tu guardi il mantello
mentre si allunga ai loro piedi
una pozza di luce,
minuscole fiaccole,
assolto il campito,
la guarigione.
Id: 47664 Data: 03/03/2018 19:52:49
*
La tua mano
Ferma alla stazione delle immagini non c'è punto che non veda la tua vita piena di grazia simile al vapore di un silenzio formato nella bocca, quando preme per tornare con il seme sopra l'albero da cui si vede il mare-
la contrazione, l'estensione del suo grembo,
la morbidezza del disegno, e come muove le pigne luminose con le dita nella neve, al fontanile, tra i vestiti, sopra il masso dell'isola feconda
del ferro della vita: è la tua mano
che si sporge come un semplice bambino dalla cima dell'ultima parola portando lungo i lati della labbra l'acquabuona da ripetere accucciati con le nostre antiche dita in mezzo ai frutti.
Id: 47620 Data: 01/03/2018 19:24:42
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Dove gli alberi ascoltano
a D.P.
Al di là del dolore è una luce la tua pelle che cammina riparata dando un nome a ogni poesia. I passi restano, dove gli alberi ascoltano.
Id: 47563 Data: 27/02/2018 18:08:17
*
Aleph
Tu che sei sola, con i tuoi tre segni- di ogni lettera trascritta la più piccola,
quasi di chi invita al pentimento-
in questa terra non perfetta
sei tu l’orecchio, forse, nostro piccolo re?
Se per dirti basta fare del silenzio con le labbra dischiuse alla corona, inciampando nell’aria della gola, da lì, hai fatto entrare le sorelle,
tra i sentieri più nascosti di ogni fiume, quelle parole e l’anima nel petto? Sopra il capo - nostro Signore, principe, infine sposo- i nostri capelli sono le tue corna?
Oggi ho immerso il viso nella pancia di una donna, con dentro un bimbo di appena pochi giorni. Ho sorriso per tanta commozione, immaginando di sentire il nucleo rosso dei globuli nuotare come uccelli. Scomparirà la noce d'oro già domani, nel midollo vocato a cancellare
che nelle ossa c’è il ritiro dell’alef, la clorofilla che si scambia in rossovivo.
- Nel dramma di Caino, quel suo nome dice un nido, come quello nella mano di Giacobbe, per guarirne la ferita. Se nel verde del sinoplo vive il rosso la muta del respiro è il testimone che reso tutto il ferro torneremo alle radici degli alberi che siamo?-
Mi raccolgo intorno al tuo ombelico, al mozzo della ruota, alla sorgente di ogni movimento, a una preghiera. Vorrei, all’emergenza della neve, fermarmi qui con te ancora un poco, ma sono troppe le domande che ho rivolto ad una lettera che vive senza suono.
Ritorno giù in paese con letizia, a mangiare l’erba bassa e i cereali, a preparare la Pasqua delle rose.
( w.i.p. da : " il viso che magenta " )
Id: 47561 Data: 27/02/2018 15:51:20
*
Biancobaleno
Incomincia con le orecchie la sua storia, scendendo in fondo al ventre di ogni padre
col neonato sul capezzolo, che preme l’esile membrana del risveglio. Il verso non formato è la carezza, che dovrà percorrere la mano, dal riflesso dello specchio fino al volto.
Mi sono amata tanto, per amare-
ho leccato il sale del suo sesso
mi sono vista fiume e alveo vuoto e ancora acqua fra le vene dell’ulivo- con il senso doloroso delle uccelle quando covano nel ghiaccio i rami duri al grido delle foglie di oleandro.
Ma la risaia è immensa, oltre il cuore c’è un bambino con il capo nella luce che spunta dal cotone della gioia che risale le rapide del fiume
cantando come fa il biancobaleno a venir fuori ricurvo di bellezza.
Fotografia da " Home" by Yann Arthus-Bertrand
Id: 47512 Data: 25/02/2018 11:46:01
*
il pino solitario
Il pino solitario. Un sentiero di uccelli. La pazienza di coprirsi con la neve respirando dai talloni tutto il peso dei nidi, a centinaia, sulla schiena- ascoltando il corpolungo fra le ossa mangiando il lupo universale con le stelle.
Dalla shin di Cassiopea al peccato originale in quale plaga della notte- mi domandi- e chi sarebbero gli apostoli del sole senza luna? I glifi e la tua lingua per le favole e il destino? Hai mai visto un’asterisma
per un essere terreno?
Le migrazioni degli uccelli costeggiano la striscia che fa latte, se a uno chiudi gli occhi perde il filo del firmamento, in volo, dentro al cuore. Se nello scricciolo fatato c’è una mappa, nei tuoi occhi primitivi è quella stella per parlare con il mondo, e dirsi: accanto. Ancora prima di ogni verbo
sapevamo del telaio, delle case, che la luna percorre, le sue stelle, in una notte, e un mese, per la rivoluzione, col filo lungo del silenzio, che tende luminosa nelle notti, come le sorgenti ai grandi fiumi, inavvertibili.
Id: 47457 Data: 22/02/2018 17:02:11
*
Tu sei il qi dell’ultimo verso
Sei tu la corona alle ginocchia un'ala, nell'ala, che chiude il nido. Sei i bambini che mi scortano al mare le impronte, lo zefiro, dei cinque uccelli la casa vuota e la sua lampada l'inverno che cura la mia montagna il villaggio vicino, con gli anelli di fumo sei l'eremita e chi torna al mercato.
Sei la fatica di passare la ciotola sotto la neve, sei tutte le fiabe
dentro il coraggio di una rayuela
sei l'abse, la piena, la primavera trascorsa con chi non distingue la pioggia dal fiume un pesce dall'acqua, se vola nel cielo. Sei chi magenta il viso alla sposa
tu sei il qi dell'ultimo verso il benedetto ringraziamento.
Id: 47424 Data: 21/02/2018 12:52:36
*
Un vento favorevole
Là sulla cima qualcuno si addolora. Se la casa traboccasse di fiori l’uccello azzurro in lontananza
gonfierebbe nel petto i profumi ?
( Mi chiedo se curi ancora i tuoi bachi da seta.) Da noi è nato un nuovo pinocchio, dalla casa di ogni regalo. È così commovente, fra i libri più cari - come la pioggia alla quercia dello stabat, sui pini slanciati, invece, ci faceva sorridere. L'ho rivestito con i fogli del domenicale, solo un lembo di stoffa, il tuo rosamacchia, per l'abbecedario. Si guarda intorno così stupito, come se cadesse dalle nuvole il magenta che mi colora il viso, quando lo accarezzo. Ha le fontanelle aperte, sai? una traccia lieve sotto il cappello per sentirti arrivare fin qui, nei due bracci del fiume, come un ruscello, sopra i frutteti del cuore.
Ci vorrà un vento favorevole
ad asciugare i suoi occhi, per stare nella luce
che la luce scopre.
Id: 47373 Data: 19/02/2018 19:30:59
*
Al silenzio
Al grido di un'uccella m'inginocchio
in fondo al campo, dietro al mirto, povera come non sono stata mai, senza nome. Tu, dall'altra parte, mi vieni incontro, uguale- la nughedda fra le mani e un dolore comune- al movimento delle rose sulla porta di casa:
una curva, la pianta, il suo fiore nell'aria. Siamo raccolti in questa stella in un albero che si spalanca al cielo, a un’onda, che sorge, prende la luce, e riaffonda nel mare, al silenzio.
Id: 47216 Data: 14/02/2018 20:41:26
*
Una foresta appena nata
È solo umano, dici, separare i vivi e i morti, solo umano. Questa la trasformazione? Imprimersi la terra dolorosa e divenire quelle api trasparenti che posano al riparo il latte d'oro dalla perdita?- La casa e il fontanile, la baracca per dipingere di babbo, la cassetta per i merli ai ripostigli della neve- L’amigdala dei padri è nostro mantello?
Il vaso umano il frutto e il grappolo, la speranza? Ti ho lasciata andare via proprio ieri sera, e tu sei tornata indietro, in una notte, come quell’amica alla radura portando in mano doni antichi, dal di dentro. Sul tuo fiato trema, la mia mano, più vicina al piccolo seme ridente-
se il caldo del sole
che avverto in preghiera è il mite fruscio di ogni radice il peso dei passi alla fontana, le piccole ombre ricche di voci.
Ubbidiente al bruno splendore della tua forza, al mantello nel vento della tua lamentazione, sprofondo, nell'infinita richiesta di questo silenzio, e respiro, respiro come una foresta appena nata.
Id: 47138 Data: 11/02/2018 19:51:35
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Stellario la tua mano, il tuo mantello
Uno stellario, la tua mano, che vuole solo respirare, tutto qui, sporgersi nel vento che viene, se cammini, con l'alba dilatata in fondo agli occhi- tacere, fra gli alberi, tacere gli alberi bianchi di neve o di fiori. Io credo. Sul rossochiaro del tuo dito
ho imparato anche a dormire- tra il luccichio delle ginestre e l'immobile travaglio di quel masso- con le curve della voce, la spirale del nibbio, a dare vita, dove hai disteso la famiglia e un posto buono, per restare il tuo mantello.
Id: 47132 Data: 11/02/2018 13:46:11
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Silenzioso compagno
Silenzioso compagno, la nuvola e il mio laghetto, il tuo mare e questo pianto, sono l'un l'altro, al ponte del mezzo mestolo:
ci laviamo la faccia nel nostro catino, quel poco d’acqua che resta va insieme, versata dal ponte, al suo fiume, perché possa raggiungere il fondo della cascata, intera, trova quiete nel cadere. Così
fra le tue dita già bagnate d’inchiostro, ha vissuto ogni poesia, prima degli occhi, per uscire dal suo mantello naturalmente, come una pianta quando buca la terra, e il suo fiore, che vediamo cadere soltanto quando il vento è finito-
o l’uccella siberiana, prima che smetta di piovere, perché ha il canto dei fiocchi sotto la neve, di qualcosa di nuovo che cresce fra loro.
Immagine Daria Petrilli
Id: 47101 Data: 09/02/2018 21:12:01
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La piccola rosa camuna
La vita comincia con un nodo, quel piccolo cerchietto all’ombelico continua fra i capelli, tra le reti e le tue vele, alle corde di montagna, con i fili di sutura, per fermare il nostro sangue, o i viaggi di un tappeto. Se vuoi piangere, sta in gola, per sorridere, a un anello.
Risalendo un fiume sacro, con due donne che cantavano, mi ricordo di quei nodi che facevano alla corda per il tempo che scorreva, per non perdersi al ritorno.
Ho posato un nodo piano
l’ottavo di febbraio, al salice in giardino, e quello per domani, di babbo andato via, lo intreccerò alla ginza, all'albera in preghiera- a due rami in matrimonio ed ai suoi piedi, nuda nasconderò la rosa,
la piccola camuna-
Se un giorno passerai dentro al boscovecchio posa la tua mano fra le sue coppelle saprò che hai ritrovato il principio al nostro filo, il bisso d'acquabuona che ci sposa al cielo.
Id: 47081 Data: 08/02/2018 20:00:27
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Il salmo della neve
-Le prime luci
Il salmo della neve
Per stupirsene-
E tu? Annoti ancora i moti delle lune? Gli scatti della luce, quando va sugli alberi? Ti chiedi appena sveglio come fanno a sollevare ogni frutto sulle cime? C’è chi semina i fiori delle felci-
questo mi rispondi e non ti fermi dal centro del tuo cuore fino al limite- anche l’ossigeno esfolia tutto il ferro portandolo alle briciole, come sa una lama, ma quando incontra l’idrogeno che ama...
tu, come una sposa, tu ti bagni- come una sposa che va al suo matrimonio - qualcuno è infelice perché mescola, nient’altro ottenendo, solamente soluzioni, senza legare gli elementi in uno nuovo - con l’acquabuona che nasce. Fra le gambe
da quel momento cominciò a vibrare la tua membrana tesa cielo a cielo, facendosi piccola e dopo dilatata, con il ritmo che diede vita a una danza.
-Dov’era l’aria, che cosa ti avvolgeva se respiravi senza alcun respiro? Chi ti proteggeva? Era di notte?- Un oceano celeste, tutte le membrane confuse alle stringhe tinte di oro rosso.-
Era l'ardore profondo a brillare, il germinale bambino di luce, che offriva calore al suono universo formando l’impronta indelebile e chiara da così lontano, per poi ritirarsi in quel punto, il più piccolo, da equivalere al massimo grado di ogni estensione.? Così nacque il fuoco, da questo calore e, dopo, la luce, che adesso mangiamo? Con una parola un’onda una voce, così è dei colori di tutte le piume che sono ancora rinchiusi nell’uovo, nel corpo nero di un arcobaleno-
le gocce i globuli i punti, una perla,
la nube squarciata da quella luce, la tua fornace in perfetto equilibrio si è dilatata andando all’amore, che ancora viaggia nel suono più antico, portando i semi dai primi nidi in cui l’universo ha preso a riunirsi.
E' questa danza che schiaccia l’oblio, il suono che resta della tua voce- che definisce la forma alle cose riportandole insieme dentro l'origine di quelle stringhe confuse alle brane fino al pulviscolo dentro la gola
e dentro la pioggia -tutta indistinta-
un’ombra soltanto, se può proiettarsi sopra le mani, che stendo, bianchissima, un residuo speciale, come gli anfratti della mia casa, che un lume soltanto può rischiarare, se sono vicini a quella tenue fonte di luce, fino al confondersi delle falene-
per ritornare alla vita assoluta
al principio silente, a vibrare di nuovo nell’hara del mantra, al fondo di un amen
nella dolcezza del suono immortale delle due curve dell’ Oṁ che sorreggono il bindu riunito in un unico punto su di un velario, ostenso, per sempre.
Id: 47033 Data: 06/02/2018 22:12:32
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Naftalì
< Naftalì >
Se batti con la voce sulle labbra di volta in volta la casa è costruita.
Per questo hai disteso una cortina, un patto sacro, sulle nostre membra nascondendo la tua isola nel centro? Tra gli uccelli e i filatteri delle albere
per dire tutto insieme quel che vedo ho dato un nome al passo con la cerva, laggiù in fondo, dove va il suo respiro- prima degli occhi e della voce, la segreta-
Ora è chiara la pronuncia nella gola, chiara come la tua mano benedetta, mentre sillabo nell'aria : Naftalì- si dischiude da ogni lato della bocca la rosa delle valli più profonde-
come un sabato o il dolce capomese al grido antico di una partoriente- da quella luce nascosta esce un raggio che riallaccia i legami con la gioia-
Questo fa nel pomeriggio una preghiera, il mio canto dei gradini a bassa voce, quando penetra la tenda con la nube. Dove tu sei, di volta in volta, nostra casa
non posso dire <Naftalì> se non cammino se non vado con lei a cercare l'acqua.
Id: 46969 Data: 03/02/2018 20:17:51
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Lascolto del fiore
Si apre piano
la lunga tenda gialla sopra il giardino. Porto al cuore le mani, piccole spinte e una sola parola per dire la pelle-
toccando il tuo viso le braccia la schiena e il tuo sesso- s'innalza nel cielo, bello semplice azzurro; un giovane albero è l'ombra leggera sotto il fogliame, un uccello sacro, sul muro della mia stanza.
Tace l'immaginazione.
Ti ascolto, come quel fiore arancione
che ha sentito il mio desiderio, e si è dichiuso,
come fa il bene, silenziosamente.
Id: 46896 Data: 30/01/2018 13:30:43
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...se tu segui tua stella
Se tu segui tua stella non puoi fallire a glorioso porto
Divina Commedia, Inferno, Canto XV versi 55-56
Seguo la linea quando scompare dietro una curva - come il tornante che offusca la cima salendo gli dei e sembra di scendere- l’intima stella, più grande di me. L'ascolto obbediente mentre l’acqua finisce e l’ultima legna è sul fuoco a bruciare il brillio naturale la carne del soffio, la sua direzione. Con le ossa nell’aria lo stesso cammino
nell’oscuro dell’abse mi insegna a vedere dove il silenzio non sta senza verbo, a tenere un diario, a scrivere lettere mi inchino, confusa - Di fronte a che cosa tu fai riverenza? A chi ti inginocchi?-
Assentendo alla vita, io credo, soltanto se chino il mio capo, cadendo vicino al verde nel vero alla sua primavera al suono che fa sentire che “ vr” dispone nell’aria la pioggia dei fiori che l’acqua raccolta nel cuore a giumella offre al pensiero e alle mani il sapore
dal basso continuo, andando alla gioia se dalla terra imparo il respiro.
Scultura Georg Kolbe
Id: 46857 Data: 28/01/2018 15:16:14
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Rayuela
Quel luogo che ora tace, la mia casa, come chi ha protetto l’aglio tutta notte, è il rosso della gioia verso l'alba per la piccola rayuela che ha saltato dalla cipressa al tiglio- un anno intero fra gli anelli delle chiocciole e dei bruchi, annodando filo a filo con le mani le albere del sole ai vecchi nidi, fino a sentire sante le ginocchia al pianoro dei dormienti, in cima a Bàdolo- e un perpetuo sulla lingua, i suoi amori.
Una perla di buio, al boscovecchio, ha cresciuto la preghiera di incontrarli, aprendosi in un fiume di portata, per contenere l'immenso e lo splendore di una coppia di daini - come gli angeli, quando entrano negli occhi con un canto
e dentro agli occhi, mite, fanno piovere la grande nevicata della luce.
Id: 46795 Data: 25/01/2018 18:10:15
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Nel graduale che ci spoglia fino al salmo
Un vento vivo in assenza della pelle, di volta in volta con il gesto delicato della luce quando va intorno agli alberi, mi lascia immaginare dove sei
con i brevi movimenti della linfa, se bisbigli una parola, la più lunga, tenendola nel cavo delle mani, quel più di ogni giorno che rinnovi
nel tragitto silenzioso verso il sole- così se tocchi un fiore e la radice si muove come un cuore benedetto
all’incontro dell’amore e il ribes bianco dì loro che ti amo in cosa che vedi nel graduale che ci spoglia fino al salmo.
Id: 46662 Data: 19/01/2018 21:11:41
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Un angelo ci serve e ogni notte
Un angelo ci serve, e ogni notte, come un osso leggero ama volare alla festa degli azzimi e le rose, per offrire la prima comunione, dove gli uomini riposano le mani.
Ascolto il riso che rinnova l’acquaviva di quel messia che serve capovolto, come un diacono radioso, alla sua mensa, i prescelti, divisi fra domande su chi fosse il più grande dopo lui. Quanta tenerezza in ogni angolo, ai piedi del suo credo, per gli amici. Simon Simon...quanta fatica per farti diventare il nome Pietro, sotto il vaglio del grande divisore, come il grano. La fede è una cordata
anche per Dio. Ascolto il batticuore,
mentre prega, per la fede di suo figlio,
e che confermi i suoi fratelli, convertito.
L’ascolto nel vangelo tenerissimo di Luca
quando supplica di armarsi di una spada,
di vendere ciascuno il suo mantello-
così prezioso che anche dato in pegno veniva reso al debitore per scaldarsi ad ogni notte. Ascolto come dormono i compagni, sfuggendo dal dolore, mentre l'ombra si allontana tra gli ulivi, e a un tiro di sasso, si inginocchia- ripetendo nel deserto a un filo d’arco il grido di una donna al suo neonato-
E' l’agonia, la vera lotta per l'amore, del sudore che gli scende dalla fronte. Non è l’Adam che raschia sulla terra,
e il rosso del sangue che lei beve non è forse di Abele, suo fratello? Dove sei stato?
Solo questo conta, domandare :
dove sei. Tu li hai svegliati,
quando Giuda era vicino al segno pervertito, che colpiva, senza spada, l’alleanza con un bacio.-
L'ultimo sguardo di quella notte estrema è stato per il giovane Simon- l’ultimo appiglio tra gli affetti, rinnegati a una ragazza senza nome per la via, rubando, oltre al futuro, il suo passato- più di quanto lo possa un tradimento- col suo sguardo dialogò, l’ultima volta, fino a quando non divenne il nome Pietro, in mezzo al pianto, mentre lui spariva verso il sinedrio che mutava le parole, e da Pilato, con il suo nuovo amico, che gli pose quella tunica vistosa, quale re, dimenticando la giustizia.-
Padrenostro, chi c’era alla salita? Se a uno straniero fu ordinato di seguirti - con le stesse tue parole per Simon- ti seguì, fino alle croce, col suo nome e le tre donne appena in lontananza tra la folla di lebbrosi e prostitute. Ti sei voltato, per il rumore sopra il petto di tutte quelle peccatrici, oltre le mura, con le parole della profezia. Sei giunto in cima chiedendo ancora tempo, e nel tempo del perdono sulla croce, di nuovo satana ha tentato la discesa del tuo corpo, come un tempo sul pinnacolo.-
A scendere è stata l’ora sesta, improvvisando il buio dentro al giorno sconvolgendo la natura per tre ore, fino all’ultima consegna del respiro, che ha portato il nuovo Adam a compimento. Mi fermo su chi guarda gli occhi chiusi di chi ha reso l’anima, Gesù: il centurione, e una folla di spiantati, i conoscenti, le donne e quel Giuseppe del sinedrio, l’obiettore di coscienza, che prese il corpo e lo raccolse nella sindone posandolo al sepolcro. Il giorno dopo è già sabato a quel tempo di Gesù.
Di Gesù è il sabato dolcissimo per entrare nel ventre della sposa che stava preparando i suoi profumi , per il passaggio di quel soave odore, delle donne sul corpo dell’amato; nella pasqua è già domenica, al tramonto, se le stesse, testimoni della morte, lo vedono nel vuoto - del risorto credere è vedere, amore mio, accompagnando l’amato dove muore-
hanno tanto camminato insieme a lui, per servire come apostole l’annuncio, ricordando agli increduli che un Dio è sempre nuovo nei doni che ti offre- così alla coppia dei discepoli per strada, che riflettevano sulla fine della storia- troppo giovani per ricordare la promessa tramandata dai profeti, il compimento- eppure si è accostato, giungendo a casa loro, spezzando ancora il corpo sulla tavola, lasciando agli ultimi il riconoscimento. E poi sparire- non prima della supplica al suo Pietro, con le mani e con i piedi di un amante che rimane in carne ed ossa fra il calore delle membra- Non credeva stupefatto per la gioia..! Finché le labbra ripresero a mangiare la sua pasqua benedetta con lo sposo.
Hai dovuto amare così tanto per farci camminare come al buio. Ed ora, dopo tutti questi anni, sei tu
l’accanto che vediamo nell’angelo ogni notte, che ci serve?
Id: 46591 Data: 16/01/2018 18:23:18
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Il tocco di una piuma sul tamburo
Si muoveva sulla curva della luce di un vento piccolo, disteso fra l’anello e il bianco inizio di una liturgia- nella baia tra il seno e le tue spalle, fluiva nel silenzio reso grande da un cadere che la teneva accanto al suo pregare, e per tutta la lunghezza niente più l’avrebbe sollevata dal calore radunato nel suo centro.
Ed ora che la storia, ricongiunta, vive tutta nel segno di una mano, quella vera, che si sogna mentre piangi, c’è qualcosa di inudibile nel suono- come solo fa una piuma su un tamburo- che oltrepassa la pelle, quando trema
la visione in fondo agli occhi che rimane, dopo il tocco inavvertito, la passione.
Id: 46546 Data: 15/01/2018 15:52:06
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Un buco è tutto per la luce
Benedetto dall’esistenza, e dal suo peso, l’oceano pur immenso resta calmo, tra le infinite madri della terra, facendo boschi nuovi di ogni onda, spingendo sulle palpebre le mani nel luogo più profondo, il più elevato, per sbucare nei polmoni di un fratello con l’odore delle lettere del pane. Dove l’acqua va nel bianco e si ritira
attaccheremo noi al seno la sua voce, la coveremo come un fuoco, a cielo aperto, muovendo l’aria, e fosse solo un goccio, la saliva, è quello che ci serve, per la limpia tra il sambuco e il falso pepe, a risalire i pozzi insieme al canto del più piccolo respiro della polvere -
perché tutto è una ferita, e un buco è tutto per la luce.
Id: 46500 Data: 13/01/2018 20:58:38
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Noi crede
Noi crede al riflesso sulla vera dei pozzi, quando rotola via con gli anelli dell'acqua, a un punto d'unione, al cuore del petto Noi crede alla veste che ancora indossiamo degli stessi bambini, nel piegare la notte, Noi crede, ostinata, alla sola preghiera che viene in silenzio per tutto il giorno
Noi crede al magenta, nella sua offerta, al buco scavato per dare alla vita quel bisso che lega le due campanelle, che suonano insieme il nome armonia Noi crede alle ciotole fatte di creta, alla mesa, alle foglie, e in cima, alle pietre, che chiudono il seme, protetto dal gelo
Noi crede nel verbo abbacinare, quando entra nell’aria mentre ti scrivo del mistero passato sopra le labbra, alla voce che resta del suo celeste, mentre sprofonda con tutte le ossa nella fiamma che torna dove fa buio.
Id: 46487 Data: 13/01/2018 10:19:01
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La sua mano
Il confine è ancora la sua mano, e lo sguardo origina dal buio. Basta un’eco, appena il tempo di passare, che un occhio solo già distingue il nido.
E qualcuno è proprio qui che trema- nel luogo dell’origine del grido di quell’albera- non le cime azzurre o le apicali delle sue radici, a tremare è il corpo che sta in mezzo, più modesto di un servo o di un padrone- dove passa l’alburno con la sete,
come fosse il concerto di tre angeli, quando sconfina in una viola sola.
Disegno Antonella Schiralli
Id: 46437 Data: 11/01/2018 17:25:39
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Come un fiume una lacrima soltanto
Come un fiume una lacrima soltanto mi sfiorava con il canto, in madrelingua, delle donne che corrono fra i lupi, tanto il peso era ai fianchi della casa che mutava la forma del destino, confondendo nella storia la magia delle zampe bianche come un giglio.
Era il Capodanno delle bestie, e in pieno petto disegnavi coi colori dell’onda di Hokusai, sull’Ararat, con tutto il peso della luce quando preme tra le ali e gli alberi dell’anima_
ogni favola è piena di ginocchia, salvate in fondo al mare, con un sogno che sale lentamente poi si dona,
fino a sorgere la carne per la carne_
che scivola dall'occhio di chi sogna come un fiume in una lacrima soltanto.
Dipinto di Antonella Schiralli
Id: 46388 Data: 09/01/2018 19:49:29
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Nel sonno senza sogni
Sei venuto nel sonno senza sogni, fasciato di bianco, e col nero hai confuso i tuoi pesci alle uccelle. Con le spalle coperte dal vento
quanta calma al risveglio, mio sposo, capovolta nel solco di luce, dove i nomi hanno i mesi più belli, nel giardino del corpo, e la fame, il lentissimo bacio che porta, ora è un pane, scambiato nel ventre, con la tua noce d’oro, che sale.
Dipinto Escher, Cielo e acqua
Id: 46322 Data: 07/01/2018 17:31:37
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il bambino di luce
C’è nella tua mano la purezza di una danza religiosa, fra la riserva delle dita, il tremolio, un movimento proprio alla verginità, e un guardare lontano da se stessi, una mano che segue da sola il cammino, e va paurosa, ferita, di nuovo contenta, va, profondamente, sotto il volto di una casa, che sta sopra di lei come una stella, che non osserva, soltanto risplende.
Stamattina ho disegnato i fogli bianchi del libro d'ore che mi è giunto per Natale, obbedendo al nostro orecchio debole, come una cosa alle leggi profonde. Poi è salita di nuovo la luna e ancora una volta sono andata dagli alberi - non distingueresti le mie mani, ora, prolungate nei polmoni, dal tuo canto. Dalla conca benedetta delle neve
ho preso a casa tre bacche gemelle sdraiate sul pino dormiente, quello argentato, per donare al presepe dei piccoli magi.
Al vecchio tiglio ho lasciato un haiku del bambino di luce, in fondo alla pancia, nel suo mantello l’annunciazione.
Id: 46299 Data: 06/01/2018 22:09:52
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Nel credo tu entri verdeluce
Dove si trova il quarzo che ricorda
di rimanere sprofondati come neve
ed innalzarsi nel credo che noi è
più grande di ogni angelo, tu entri
bevendo silenzioso al nostro ventre
come una parola che hai compreso
nella porziuncola di pace verdeluce.
Id: 46277 Data: 06/01/2018 15:28:40
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Quando vai a fare i fiori
Cosa vedono i tuoi occhi quando vai a fare i fiori, la porta stretta di una retina dove s'inginocchia il cielo?
Come ride, una parola, che ti muore, ancora prima, quando vuole disegnare
il suo respiro?
Se congiungi il campo di una lacrima, da cui riparte il filo, alla radura, che appena visibile cammina, nel continuo movimento di un miracolo a comporre la sua voce, va alla gioia, con il riso, come fosse una preghiera.
Id: 46252 Data: 05/01/2018 18:20:49
*
Fra lintimo dellacqua, una celesta
Quel rosso che ti appare in controluce è una veglia solamente, un obbedisco, mentre il fiume mi ricopre come neve, con lo stesso respiro che conosco delle bestie, nel tepore, quando è buio.
La folata di vento che ti porta arriva a toccare per la grazia lo scintillio della risata, la mano stessa del miracolo, sul fuso della dita. Nel vangelo mai fermo, che stupisce
con tutto ciò che si oppone alla morte, la ferita più profonda che si allarga, sul mio viso, fertile, è la pace- la gioia di portarti sulla bocca, nel buco più divino del midollo- dove entra ogni notte quel bambino sulla barca celeste. Come un santo
nell’erezione di Moseh oscilla ancora, con la testa nell'arca delle madri, allo splendore delle nostre contrazioni, facendo delle vertebre un dipinto- del bimbo rosso, tra i giunchi che si allargano, il passaggio di ogni porta- e la parola, con la spinta che diffonde quando è ora, fra l'intimo dell'acqua, una celesta.
Id: 46212 Data: 04/01/2018 19:29:42
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Nel lungo viaggio della voce
Assimilo nel buio la tua luce, piano piano padremio- ne ho fatto un cuore come cibo, ripetendo: sarà un uomo il primo a entrare in casa, l’anno nuovo, o almeno la sua voce, insieme all’aria- dove siamo rimasti senza braccia ho tenuto fede alla promessa.
Se avessi tolto prima la cornice ti sarebbe apparsa nel perimetro la tela con il colore originale dello sfondo, il rosso vivo di una cocciniglia, nel ritratto di cenere e silenzi, l’addome magro, sul volume di preghiere.
Sei stato, tra le lacrime serene, una stradina per l’anticipo del vento, nel lungo viaggio della voce dentro casa, la prima, nella stanza dei tesori.
Id: 46177 Data: 03/01/2018 20:17:22
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Come un frutto, come casa tua
Ti scrivo da una cella silenziosa,
senza quasi un alito di vento,
nel movimento delle mani è già domani,
e il suo grazie, nella notte, fa il tuo nome.
Lasciamo che tutto accada ora,
come vuole ricadere l’anno nuovo,
come un frutto, come casa tua.
L’amore non può chiudersi, come impara a fare una ferita. La morte piccola, che ha preso l’anno vecchio, è il nostro frutto, in cui ha avuto amore,
e quella grande, che ci portiamo dentro, è la sua luce, che va bevendo il succo.
Id: 46107 Data: 01/01/2018 19:07:41
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Fra il mattutino e un’Ave Maria
La casa respira, anima mia, chiude gli occhi e ringrazia; il suo palmo è chiaro le sue linee profonde al centro del corpo le lacrime hanno un vestito azzurro e i fiocchi di neve coronano i piedi come fratelli di latte. Conosci l’albera che ride con me
i bambini di luce che custodiscono gli angeli e il ramo del vischio che porta in giro le gemme. Più dolci della felicità I tuoi riccioli neri rivestono ora i bianchi misteri dei colli, le pietre, le case, i nostri sassi, le forme sante del pane; tanti piccoli sentieri bianchi che si intrecciano fitti per poi svanire nei buchi amati dell’albera del noce, dal letto di morte alla sua infanzia resuscitando la bellezza delle madri vissute secondo la carne, in un alito, nella forma chiusa di Adamo, una tana da uccello.
Lì, dentro il tuo libro d’ore, farò Capodanno, seguendo il vento lieve delle tue mani educate a vicenda, all’amore, guarderò a lungo ciò che mi feriva delle tue ferite più profonde, contando le ossa ad una ad una, le parole che danno un grande freddo.
Pregherò per loro, stanotte- e fin d’ora domando perdono se chiamerò mio sposo ogni verso, compagno e fratello, passando le dita sull’inchiostro a migliaia di anni, sul ragazzo luminoso che discende verso il grande lago - a capo chino, fin quando la bambina che contieni colerà nella mia gola il nuovo anno, con le mani del nostro saluto e il più grande congedo, riuniti
come sappiamo accadere ogni giorno fra il mattutino e un'Ave Maria.
Id: 46074 Data: 31/12/2017 11:34:43
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Benedetto il tuo Natale
E sai come attendere tu, camminando con gli occhi, la voce nel petto come fosse una stanza, per vivere ancora colma di luce. -
Posso solo raccontarti di quel poco intravisto per bagliori nel mantello- la santità del movimento, non il detto, ma ciò che ho ascoltato riponendo le sillabe bagnate sotto l’aria - abbandonata alla dolce eucarestia, ho condotto per te ogni preghiera, e mangiando alla tua bocca contagiosa, è nato il mondo, da cui nessuno torna.
Fedele al passo che matura il pane sei tu la grande morte e il mio risveglio, chi cerca e chi è cercato in te è scomparso, se ogni giorno ricomincia dalla stessa pozzanghera di pace trasparente, dove il cielo si rispecchia ed il tramonto indugia con la luce nel miracolo del suo laghetto azzurro verdemare.
Ed ora posso rannicchiarmi silenziosa come un germe tutto intero che si affida al tremore più solenne della terra sussurrando benedetto il tuo Natale
Id: 45906 Data: 23/12/2017 13:02:48
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se avessi voce per Natale
Così ti starei in pancia, figlio mio, appoggiata al cuore sacro del tuo nome, con lo sguardo stupefatto e senza peso-
giacendo indistinguibile e morendo prima di raggiungere il tuo verbo. È mattino pieno in questa notte dove andrei se avessi voce per Natale, con la mano che bisbiglia e ricomincia dal lembo di silenzio che mi avvolge, prendendo a poco a poco intensità, il corpo nudo che ti restituisco-
nell'immensa luce rovesciata, per sentirti deglutire fino al canto perché tu sia ogni cosa quando cresce.
Id: 45852 Data: 20/12/2017 20:49:08
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Madremia
Un indugio il colore delle sillabe, l’accento è un ritardo, e il culmine, nell’andamento claudicante del respiro; non è la cima dei monti all’orizzonte, o la profondità delle foreste, sono le pagine di un erbario remotissimo, dove ti metti con la lingua, per tacere.
Eppure un suono vibra, flebilmente, mentre porto l’acqua nel torrente in secca, se raccolgo i panni, quando taglio legna, io ti sento, nel silenzio, che disponi i tuoi rami con i fiori, al centro del mondo.
Nessun grande cielo a luccicare sulle colline di sasso, solo un andare tra fango e terriccio, da un sorgente a quell’altra- un ciuffo d’erba grigia, scie di nebbia che sfumano i contorni del mio semplice vestire, rendendo radioso l’odore delle pigne che hai bagnato - le cose si conoscono tra loro si frequentano il fontanile del tuo sentiero, la cerva da un solo fianco mostrando cosa appariva come un velo -
Il te bollente Mentre sorge la luna intiepidisce
Non il suo riflesso quando sfiora le labbra
Tanto da tacere già dentro la parola fra le maglie che si aprono per fremiti riassorbite sulla pelle, così chiara da non potersi trattenere in un pensiero- un semplice barlume lascia il posto al suo riflesso, e nel miracolo salato il cavo d’onda diviene un nuovo pieno- Madremia,
ho rispettato il giuramento da soli cinque giorni, sul focolare il minimo colpo farebbe cadere i ceppi, e le braci conserverebbero ancora la forma che ti ho promesso, cadendo, e in più la luce. Domani sei nata e il tormento si placa di colpo, come sotto il tiglio, quando ci respirava e si accostava a noi, per un lungo momento, aiutando i nostri fiori a schiudersi, indicando il sentiero possibile dei caprioli, il rifugio, la dimora dei girasoli per la raccolta dei semi. La speranza. Non è certo la morte ora a impedirci di credere all’eternità di ogni minima cosa, al suo nome - io credo- a ogni luogo dai mesi bellissimi, ai bambini qua e là, donne e fiumesse che si scambiano ricordi di albere e poesie improvvisate, con lacrime raccolte nel tutto della gioia, ad ogni tornante delle nostre braccia-
Da ogni fiore la promessa del frutto L’ultima brina
Lo spostamento immenso del freddo è questa onda che s’inarca da cinque anni fino al semplice tratto di schiuma, in migliaia di vite, stanotte, la nostra lingua,
la veduta di alberate ed un vapore annidato nella foschia che si disperde. Se oggi dico “ mi ami” e rispondi “ anche tu” , sbucano i verbi come la vita stessa se ripeto saltimbraccio, per amarti più veloce, magento, nel sorriso del tuo nome, senza aggiungere altro, Silvana.
Il te scaldato e il fuoco tutta notte Quante le veglie
Tengo in me le ceneri e il ricordo del freddo.
Id: 45724 Data: 15/12/2017 10:44:36
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Fiume di portata
Quando il mio vuoto cristallino accoglierà la tua lucente propensione saremo ancora maschio e femmina. Soltanto
le lingue azzurre nelle bocche che si baciano, fra la pioggia di saliva più celeste, faranno insieme di ogni coppia un angelo, del vapore un fiume di portata-
staccando in fondo ai reni una valanga trasportata dal torrente del magenta nelle falde più profonde per sgorgare al centro esatto dell’orecchio, immacolato
avremo il sole nella testa, e il nostro anello, conservato al dito come in un ciborio, allatterà l’immagine e il suo angelo, la sigizia benedetta che è in amore.
Id: 45524 Data: 06/12/2017 21:07:14
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Sul sentiero dell’amore per Duino
Ti ho sognato al molo di Trieste
cercando un libro di poesie sopra il banchetto, e sul sentiero dell’amore per Duino che leggevi sottovoce le elegie
con l’odore delle rose nevicate che alla decima scioglieva in mezzo al petto l’umidità dei nostri occhi e quella luce il lamento in un giubilo dorato.
Id: 45504 Data: 05/12/2017 21:57:36
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il senso della luce
Con quale pace si raccolgono le foglie le ultime, nel freddo, intorno ai rami, hanno il movimento di una madre che ha mangiato tanta terra con il sole, con le ginocchia piantate nella medica
lasciando poi che cadano le vesti nel suo più veroposto, nella yurta.
Ha il senso della luce, una ferita, la piaga luminosa del congedo, se la tagli rifiorisce, lacrimando l’indomani è una foresta che si alza, per invitare un angelo ad entrare
nella stessa posizione di riposo che avevano alla nascita i germogli.
Id: 45480 Data: 04/12/2017 21:06:04
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Nel sonno del tuo nome
Dov’è che ti fa male per Natale
alla corona delle tue ginocchia,
o alle preghiere? Tu lo sai.
Eri certa del fulmine alla vita,
se ti sei divisa il petto in lunghe ali.
volando via dall’isola con Elba,
dai più morbidi rifugi color rame,
a cercare luce asciutta e vento forte.
La tua dolomia ora è un giuramento,
sulle pareti scure, che protegge
un albero nell’albero, e in silenzio
resistono gli anelli della volta
ai ripostigli della neve sopra casa.
Ti sentirò arrivare da lontano,
bagnata del celeste di mio padre,
portando bende calde, affonderò
nel sonno del tuo nome, mia silvana.
Immagine Jeanie Tomanek
Id: 45432 Data: 02/12/2017 11:44:30
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Il peso delle donne senza nome
Pronunciando Mosè dici l’ostetrico delle Miriam che lo hanno messo al mondo, dal grembo naturale al suo cestello, è vocazione il nome, di Pietro di Simone, un compito preciso la chiamata, come sulla terra, la promessa, c’è il soffio di Giosuè e poi Gesù -
e tutte quelle donne che continuarono a seguirlo
compagne del morente, che è ancora vita, senza nome, loro che “Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole.” le donne non chiamate, donne laiche, oltre il masso, rotolato via con il timore, le apostole degli Apostoli, madri testimoni della morte, della sua deposizione, di chi risorge
con quale nome? Chi non esiste è grande peso.
Nell’acqua amara dell’amniotico rimane ripetuto il nome di Maria, non altro quasi, dal ventre pieno al vuoto della tomba. E fosse solo questo, basterebbe
il coraggio della prima, a costo della vita, nel domandare all’Angelo la via; o quello dell’ostinata scavatrice sulla torre, la prima donna ricomposta nel suo corpo- non è un caso, proprio lei, di Magdala la possibilità di essere chiamata col suo nome nel luogo più preciso di ““Maria!”
“Rabbuni”- anche tu ti sei commosso
fino al pianto, nella casa di Betania, per tirare fuori l’uomo e farlo alzare,
con un grido. Chi non esiste è un peso che farà dei piedi una maestra, dello scarto un tempio esatto nell’accogliere il viandante con le orecchie-
due volte solo hai accusato la tua sete con un imperativo, sulla croce, e, davanti al pozzo, alla straniera- a qualcuno che non c’è, la macchia nera di Samaria, che hai assetato domandando acqua, e lei, nel ministero dello svuotamento, ti ha sposato. Nessuno mangia più da quell’incontro nessuno beve altro che l’amore,
celebrando la più vera eucarestia. Nel punto luce che riconsegna la bellezza
coloro il ventre d’acqua nel deserto dipingendo la donna cananea
col verdemare dei suoi occhi glauchi, la fenicia che seduce con i cani riconoscendo un pane buono nei frantumi. Verde anche la dramma, e chi la cerca al lume
per la prima comunione; con il rosso del sangue del tabù, l’emoroissa, la più lebbrosa degli infetti, senza chiesa, e bianco il tocco delle mani sul mantello. Col celeste dell’azzurro di Maria coloro il primo figlio di una donna senza Abramo, la sua rivoluzione per il mondo.
Tengo il giallo per la fine, della vedova,
una macchia di sole abbacinante, la perfetta- fra i dottori seduti ai primi seggi c’è il suo cuore, e tutto ciò che ha una poesia.
Id: 45330 Data: 26/11/2017 18:11:15
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Con la semplice preghiera di un papavero
Volevo compensare la paura del neonato
spiegando il grido che fa tremare l’aria quando esce dalla notte, nella luce i piccoli polmoni, le sue ossa.
Non senti che sei l’uomo nella donna, il riso di una madre al suo bambino? Nella pena del travaglio l’agonia non è miseria, ma l’odore che fa un giovane terriccio appena nato dalle foglie morte- l’invito all’alito sincero viene su come un tesoro-
nello strazio che si apre e perde sangue nel parto di tuo figlio. Non fermarti, non fermarti che per continuare il balbettio, per ricomporre ogni frammento delle foglie che hanno brillato prima di finire. Al punto di incontro delle fonti, ai nostri piedi,
la sorgente è un albero nel suo disfarsi, e il cuore, del gigante che si spezza, un’acqua pura, il lavoro di una vita nel suo andare a quell’aurora che noi chiamiamo fissa.
Con la semplice preghiera di un papavero-
che malgrado il forte vento lo scompigli, mantiene nei frammenti dei suoi petali il rosso intenso che la pioggia non attenua,
-raccolgo le mie cose nel silenzio e zoppicando, verso l’alveare, ti ripeto : c’è un liquido vermiglio che per sempre alzerà il velo ai nostri occhi;
siamo un campo rifiorito di lavanda che a forza di morire per l’essenza si veste fino a perdersi in un blu del tutto senza peso, fra i colori, e attraverso i suoi vuoti, con la luce, si unisce alla terra più leggero, come solo una porpora sa fare quando si distende su ogni petalo.
Così mi corico al fianco di ogni sera dopo avere ripetuto il girotondo con le stesse parole, ed il tuo nome, per cadere sopra il campo, dove ride l’invisibile colore, in mezzo a noi
Id: 45145 Data: 16/11/2017 19:55:36
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Negli occhi fa la neve
Non fai altro che nascere ogni giorno svolgendo e dilatando la mia vita ti scrivevo con la cenere negli occhi
se per sempre metto insieme i nostri nomi amina con aman e poi narimi;
anche adesso che negli occhi fa la neve, bisbiglio siamo salvi, al posto giusto, che attraverso corre ancora quel bambino, col respiro più pulito che conosco
se i nostri nomi antichi messi insieme si pronunciano col suono di domenica.
Id: 45144 Data: 16/11/2017 19:27:50
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Nel vivo della carne io magento
Giravi intorno al pozzo senza posa, perché il sentiero ripetuto sotto i piedi esplodesse nella strada non percorsa, dove il grido perfetto di ogni stella ha la stessa posizione delle braccia. A farsi largo tra gli indugi delle mani
è ancora in vita il tremore del miracolo, e ogni volta che sorridi nel silenzio, l’amore rende un chiaro di continuo. Io sto bene, e so piangere di gioia, dove l'acqua scava lenta sulla pietra un lamento, poi un canto, un alleluia, e quando tace dove va, seguendo il cervo-
nel vivo della carne io magento, come un rosa cedevole di luce, per morire nuovamente sul tuo cuore- al prossimo tornante dell’aurora.
Id: 45073 Data: 13/11/2017 20:19:23
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Tu, la terra destinata, tu che vieni
Riaccendo il lume antico e, a costo della vita, ammutolisco, tra i nodi del respiro.
Le parole intanto vanno alla tua voce da principio. Ti aspetto, mi raggiungi. Ti sfioro, prendo tempo. Ti rilascio.
Posso dire solo ora < siamo insieme> mentre seguo con le dita la tua scia, con l’orecchio l’eco dei tuoi passi, per tornare al mio barlume, benedetto- trafitta e poi nutrita dal mistero di questa religiosa solitudine che fa brillare il vuoto. Lungo i fianchi
trattengo, come aria, il presagio e il tuo disegno, la traccia che riposa sull’argilla della nostra calda vibrazione e più modesta epifania- le morti , quelle piccole, tra un respiro e l’altro, ci hanno mostrato come tornare vivi, complice lo sguardo tripartito dell’apnea, tra il mattino la fiumessa e la tua casa:
vascelli, con l’amore ad ogni porta tatuati sulle stelle alle pareti, e al nostro corpo. L’uscita rimane respirare attraverso la fessura, sulla soglia, per ricevere semplicemente il buono ridente del tuo viso, che prende favola, sereno, nel largo dell' azzurro. Dove tutto affiora-
tu, la terra destinata, tu, che vieni dai millenni di un rebambino biancosale, tu, piccolo messia, con cicatrici di cristallo-
la tua voce adesso è tutta la poesia le mani pure, il libro aperto, la dorsale dal ventre al cielo. Della pietra rosso sangue distendo la sua spugna alla marina completamente nuda. In stato d’amore
il tuo manto ci ricopre con immensi occhi nasce il passato e la sua vena, sacra: la trasparenza del grappolo, la terra salva contro il freddo, e l’acqua, che risale chiara, dice gioia, da ancora più in alto, in pace sulle labbra illuminate. Anche stanotte
da lontano mi sei seduto accanto, se ti volti indietro mi sei dentro.
- Claudia Sogno, Boscovecchio, 26 Ottobre 2017 -
Id: 44798 Data: 26/10/2017 21:41:13
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Lei carezzava le piante con il sesso
Lei carezzava le piante, con il sesso
delle parole più corte sulla terra, districando i fili lunghi dei capelli con latte di riso e madrepore lucenti; inginocchiata ripeteva una preghiera
dalle radici al centro di ogni fiore.
In un respiro ho raccolto le sue lettere
nella pozza verdemare preferita con i piedi a penzoloni nel colore per vederla piantata fra le zolle mentre allatta le verbene, a seni dritti la sua acqua che risale con dolcezza nel ventre di qualcuno che lei ama-
e tra le ossa cave del suo credo
la linea alba che mi fa volare.
Id: 44631 Data: 15/10/2017 20:00:49
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Primo sale
L’albero ha già superato il vento scurendo di colore il nostro corpo, con la parola bene ed il suo opposto, sera- non la carne, celata nel profondo, oltre il verde di tutti i suoi frutteti- un coagulo d’acque scure in una coppa e la forza, di un amore colossale, trattenuta al principio della vita.
Ora so che siamo due-
le due acque che vanno in matrimonio-
che siamo nudi, se la pelle dà alla luce che fiorisce - quando sorridiamo alla stella più lontana, e il filo d’oro, che discende sulla lingua, ci raduna come primo sale.
Dipinto di Paola Collina, tratta dalla collezione Spoon River, 1991
Id: 44534 Data: 07/10/2017 22:11:37
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Prima degli occhi, a Inniò
A Pierluigi Cappello
Il tuo celeste è giunto a Inniò, La terra dei bambini di Luce,
Come te
Prima degli occhi
sei l’ immensa luce rovesciata
di una fiaccola al cuore delle spalle il grande albero che ora sta cantando di un lungo viaggio
nella stanza delle voci -
di come entrasti dalle vene luminose
per tornare coi bambini sulle dita
a congiungere ogni cosa
quando cresce nelle movenze appena
dell’alburno..
Id: 44441 Data: 01/10/2017 16:02:22
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La tua voce apre la porta a tutto ciò che può benedire
Tu che non mi hai dato nulla, dici,
nell’andare e venire,
con gli occhi puri
di un bosco che si alza,
la tua voce apre la porta
a tutto ciò che può benedire-
più riconoscibile di una madre
tutto è amore, nel solco della giada
la bava della pinna,
il vapore che si leva dal tuo bisso
come in piena,
il filo d’acqua che discende
fra le dita,
calde maestre delle mani.
Prego, poi mi bagno
come un pescatore nel suo mare,
mentre penetra il mistero,
porgendo alla sinistra
l’ultima terra del profondo,
col rigore, con la forza della carne.
Allevata nella coppa del tuo hara
è salita col respiro una bambina,
dalle caviglie fino ai reni, in una danza
si è fatta sottilissima, poi sciolta-
non altro, nella luce del tuo corpo,
non altro che un orecchio.
Mutare generando un atto magico, è morire ?
Nelle acque della crescita lei canta
saltando la sua corda, per restare
un lievito, soltanto? - Se si volta
nella spira del tuo soffio, io la vedo,
resa l'anima, che muta-
nella spada di ferro più lucente
aperta la sorgente sopra i fianchi-
liberando i nostri morti
con la vita. Si precipita nel viso,
come un sale dentro il pane,
in un'albera le ossa, e ogni vertebra
è l’anello che si sfila dalla bocca
un nodo di energia, la vera stella,
la congiunzione estrema, l’unica,
io credo,
fra il silenzio e la parola,
benedetta.
Id: 44321 Data: 22/09/2017 10:59:47
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Nel buio che immacola il respiro
Anche al buio prego di mostrarmi una strada, alla radice del tuo nome di ritornare dove si era stati a preparare doni e meraviglie
alle nuvole, da cui ricevi luce, le stesse che ti offrono la pioggia del silenzio che viviamo insieme, di indovinare il luogo preferito del lampo di carbonio, sulla pagina,
leggero come l’aria, inafferrabile, all’orlo della tunica, ai tuoi piedi, dove il remo affonda con dolcezza disteso al centro di una piccola foresta
e quando sento risuonare il riso unito alle mie doglie da principio seguo il lume dentro la tua voce nel buio grande_
che immacola il respiro.
Id: 44259 Data: 17/09/2017 15:13:51
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Il sonno delle piante
Gli uccelli in stormo o una fila di formiche
sanno che il principio fu nel verde-
e appena al terzo giorno-
se nel becco c’è un ulivo, terre emerse,
per piantare l’ebbrezza nell’asciutto, e con un gesto libero succhiare la radice con la bocca e i piedi in aria-
il tuo sesso è tenerezza sulla terra
sembra fermo, ma cammina come gli alberi -
dove un buco li ferisce viene nuovo un ramo, se gli offri la talea, propagando il suo giardino, ancora uno,
sui viticci gli apici e i germogli.
Un chiamarsi insieme che innamora
le parole più sottili delle piante
quando fanno odori in aria come rune mostrandoti l’amore, o la paura,
dai capelli i fiori bianchi per le api
fino al rosso così amato dagli uccelli
E il nostro seme, per amore,
saprà andare lontano dalla pianta
all’acquabuona ?- In qualche parte dello spazio c’è altra luce
che ogni notte accende le radici
che solleva le foglie come mani
per rendere invisibili i suoi figli,
nella stessa posizione di riposo
che avevano alla nascita i germogli-
con un un dito sulle labbra e gli occhi chiari
a ogni congedo recitare una preghiera ?
Il sonno delle piante è un testo sacro
che s’immerge nel fiume della vita
che si corica, benevolo, ai tuoi piedi,
bagnandoli, quando tutto intorno è quiete.
Id: 44177 Data: 12/09/2017 22:44:52
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Samech
Ho preso fra le mani il tuo respiro lo stabat sul confine dove il guado attraversa le vocali come i lupi con l’aria nella gola, e solo dopo la esse primigenia di Samech -
lo sfregamento, il soffio nel canale della lingua che spinge le pareti _ il lento entrare _ pulsando nei condotti dove andrà il tuo nome a rimanere l’erezione dei suoi angoli a vantaggio delle curve nella pancia - come ancella
attorno ad una i _la consonantica la corrente d’aria che commuove decomponendo il prisma della tenda
picchiando contro il ventre crea spazio
permettendo la durata con i semi
delle nostre antiche dita in mezzo ai frutti.
Id: 44146 Data: 10/09/2017 19:57:12
*
In una sola carne
Il corpo aveva perso l’equilibrio
la giusta posizione delle spalle
andava per discorsi e non parole.
Mi hai detto falle insieme, sulla soglia
fila il suono dell’estasi col sacro
e i due diventeranno in un respiro
in una sola carne il coito d’oro
di un ventre che commosso va alla gioia.
Per la violenza del grido liberato
ricadde nuovo il piombo nel bacino
passando fra i tessuti un filo rosso
e al limite del riso, la mia voce-
dove gli assi fanno croce umana-
colò il vermiglio, a poco a poco, dal cinabro
al centro della pancia, stupefatto,
lasciando che soltanto con la luce
il corpo si schiarisse, a suo riposo.
Id: 44136 Data: 09/09/2017 20:30:34
*
Acquafitta
Vita e nome sulle labbra come figli
che camminano in rilievo colmi d’echi
di un’ estate che accompagna la rincorsa
con un filo di acquafitta dentro agli occhi
salita per le braccia dell’autunno
tra le costole e il respiro farsi vento
benedetto sull’isola più sacra
apre la sua carne il sì assoluto
di una mandorla di luce trasparente
con il bisso di smeraldo la sua voce
nell’adagio più bello conosciuto
Id: 44103 Data: 07/09/2017 13:27:49
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Una stanza speciale
Saliva celeste in ogni suo verso, come su un ramo che vuole sbocciare, nel mare purpureo di questo ricordo una stanza speciale, chiamata silenzio, che dava le spalle al fascio di luce- entrava chiunque, uno alla volta, chi aveva bisogno prendeva del cibo
allungando la vita di un seme dormiente
poco lontano, appena discosta
una donna minuscola come un respiro sfilava dal sesso del proprio compagno il filo invisibile di una promessa- saliva celeste, posandola piano,
sul bianco lucente di una parola,
così tanto profonda da poterla tacere.
Id: 44089 Data: 06/09/2017 13:36:52
*
Il bimbo rosso
C’è pace, sulla porta che si apre,
nel buco più divino del midollo, dove entra ogni notte quel bambino che esce con la cenere negli occhi,
e non tocchi ancora tutto dell’amore. Con le luci capovolte della pelle abbiamo avuto ben seicento anni di millemila matrimoni nella pancia
fino al frutto che mangiammo. Siamo noi, gli stessi pesci, nell’arco della nube, e nudi come mai insieme ebbri.
Nell’erezione di Moseh oscilla ancora.. -
Non fermarti nell’arca delle madri spingi con la testa fino al nome, facendo delle vertebre un dipinto
del bimbo rosso, tra i giunchi che si allargano, l’uomo verde, il passaggio di ogni porta, penetrando nella tenebra finale-
con la stessa lingua che è la nostra.
Id: 44069 Data: 05/09/2017 11:40:19
*
Stupro ( Lo stupro di e .. )
Sei caduta ancora, e non eri sola.
Chi guarda solo è più pericoloso
di chi fa male ad altre vite sulla soglia
Chiamalo violenza non amore il suo silenzio,
le sue mani troppo grandi per linguaggio,
quando prende il tuo vapore dalla bocca,
come fossero le labbra di Claudel-
e ti fa dire che eri sola e sei caduta
dalla sedia, dalla tromba delle scale,
nell’oblio. Si scrive come “ ricordarsi”
la parola “maschio” in lingua ebraica;
ricordare della parte femminile,
il buco madre,
di un infinito cosmo popolato
che ci fonda, madrenostra da sposare.
Ricorda e
che “sel’a “ non è la costola, ma il lato,
l’altro lato della luce, che ci è data,
di una tenebra infinita alla radice
capace di brillare se compiuta
posando bocca a bocca i nostri cieli.
Non morire al niente nel silenzio, e,
se il perdono fa salva la tua vita,
la verità le annuncia tutte, con un soffio.
( Work in progress )
Id: 44050 Data: 03/09/2017 23:18:16
*
Nel mondo accanto
Basta un niente Un sopracciglio chiaro il quarto di una noce che diviene azzurro mentre canti le sue parole intorno ad un giardino e un minareto che perfora il cielo tra lunghe spine bianche e fiori gialli rifiorisce il mondo visto. Senza luce
sto venendo a casa nostra con la voce
lungo piste d'asini selvatici non avremo oggetti da scambiare
sul gran posto solo una preghiera- che quasi non ti accorgi della gioia quando sbuca in cima ai pozzi e sei nel foro al punto del principio di altri canti- con le ossa come vasi d’oro
di qualcuno che ti cammina accanto.
Id: 44018 Data: 01/09/2017 20:57:55
*
Acqua marziale
Separata dal mare da un tombolo fine di ciottoli e ghiaia, dal sale, protetta, con diversi strati d’argilla, l’acqua dolce si è fatta profonda, e in quel punto, il mantello del mare, tradisce il chiarore della sorgente marziale.
Ai piedi del costone, in tramontana, è giunta fino all’isola del cuore, ai suoi bambini, al fontanile al secchio giallo alle tue ossa, per bagnare la montagna, e i cinque frutti, la nostra felce, dirimpetto al sasso.
Sapere la tua mano di ritorno
sul loro capo come fosse casa mi offre pace, e l’acqua la parola che aspetto, vicinissima alla gioia, tra i fiori ciechi della felce amata.
Claudia Sogno
30 Agosto 2017
Id: 43998 Data: 31/08/2017 10:04:35
*
Lucida e stordita
Il punto di partenza della voce è fermo.
Rimane il secchio d’acqua che ti porto la vibrazione del legame. Rimane la sete
in un sottile movimento lungo il taglio
degli occhi di betulla che ricordo
c'è sempre qualche luce se l'aspetti-
se ti metti inginocchiato sei più grande se risplende un pianto nudo, un solo verso fessura l'infinito e rifiorisce
la speranza- è un libro fatto d'aria in cui le note della voce fanno tana illuminando il gran silenzio mentre sale lucida, e stordita, una poesia
Id: 43987 Data: 30/08/2017 12:34:08
*
Se ci tocca come fa uno sposo
Non c’è polvere, nel coraggio, né paura nella fame, consegnando al buio il nero, per eccesso della luce, il suo splendore.
Saremo lontani dall’ottava elegia, dall’accosto, la rimembranza, quando avremo colmato a misura lo scrigno? - All’aperto e di rimpetto
sarà un refolo negli occhi che ti avverte- se ci tocca come fa uno sposo, e tanto giorno, infine, nel respiro- dove vive solitaria una preghiera,
o un passo, che lento rassomiglia all’odore delle mani senza corpo, quando stanno nell’involucro di argilla, con la lingua, segreta ad ogni altra, di una luce che ancora non esplode.
Id: 43977 Data: 29/08/2017 18:19:35
*
Genet.. che lacrime sono le tue
Genet, che lacrime sono le tue?
Hanno rinchiuso il tuo volto, le mani,
fragile e donna, bisognoso. Il tuo lottare
hanno lasciato fuori, la dignità delle urla,
una conchiglia annegata in una carezza
Genet, senza storia il tuo corpo.
La sporcizia mondata fra la pelle più bianca.
Ohh Genet…! che lacrime sono le tue!
La nazione festeggia
sei presentabile, ora,
idratata, alla luce,
in pace.
Genet ha perso la voce e le valigie
in mezzo alla piazza
per quante sorelle sono state toccate
dallo stesso biancore ogni notte
nella sua terra, senza consenso,
con una carezza.
“ dai non piangere!” è una violenza
Work in progress
Id: 43940 Data: 26/08/2017 18:22:05
*
Riunendo il corpo come fa un anello
Hanno preso le tue lacrime dal sangue
lasciando nuove rose intorno al volto un nuovo nome sul quale camminare con un nevaio di bambini sulle spalle.
Se ne potrebbe, non si può, dire di più, dai buchi profondissimi degli occhi, quando le mani cercano di aprire dei mondi impossibili tra i palmi, per trattenere l’acqua che una bocca, da una riva all'altra, ti ha donato.
Nel passaggio stretto, rallentando, puoi solo accendere candele, farti piccolo, traverso le montagne
è allora che vedi il donatore, nel vento bianco di una grande pagina, il bere silenzioso al suo confine dell’uomo da cui uscì il mattino. Cantando all'indietro una poesia
si è piantata una tenda nel midollo, - chinando il viso, inconosciuto, senza peso- e grazie a lei ti riconosce il mio profondo,
se oggi chiude il cerchio, e quasi tace
che a notte viene e si corica ai tuoi piedi
riunendo il corpo come fa un anello.
Id: 43913 Data: 24/08/2017 00:02:01
*
Albere uccelle fiumesse
Alla pozza delle tre madri..
mi commuovi ancora le mani
le dita, ognuna,
come albere uccelle fiumesse
Se ci passi sopra le dita tutto rinviene,
dove vanno a finire le cose,
le cose sante, le mani accoglienti.
Albere uccelle fiumesse,
un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
nei cinque luoghi della bocca,
e tutto è in fiore;
la mescolanza d’erbe nella gola
gli oli santi nel palato e sulla lingua
la dolcezza dell'acqua quando brilla.
Con le lettere inclinate, sulle labbra,
messe in luce,
ricadeva in azzurro qualcosa
dalla mia testa
dai piedi salivano schizzi
per unirsi al centro dell'hara.
Un’estasi, ferma nel corpo,
svelava il volto fiorito
di nostro figlio,
nel mantello breve di luce,
l’universo nascente il suo nome.
Ripetevo preghiere
per respirare, io credo
nell’ora che oggi chiamiamo
della doppia luce.
Id: 43887 Data: 22/08/2017 11:54:27
*
C’è altra luce
Un'acqua limpida mescola i sapori
dentro il cesto nero. C’è altra luce.
Un pescatore taglia le sue cime
con i denti infila gli ami.
Le mani calme emergono dal buio,
un canto a bocca chiusa.
Difficile non piantarsi nel suo cuore,
con un muscolo infinito, nell'ascolto.
C'è calore_
che trapela ai bordi
dei suoi cespugli rossi,
un borgo intatto, la processione delle luci,
le pezze bianche a notte,
tra i sentieri stretti dell'estate
_una lievissima sorgente di calore
nel buio immacolato,
che gravita, che bagna~
dove il tempo si ferma velocissimo,
a caccia dello strappo,
con la forza misteriosa che diffonde
tra la lingua di ogni giorno
e le sue mani.
Id: 43864 Data: 20/08/2017 13:09:49
*
In un piccolo perpetuo
Ti sento vivere al centro del frutteto spostando appena l’aria col respiro, il ricamo argenteo sulle vene delle mani, abbandonate fra le pigne, come fossero il principio di una pianta,
a voce bassa, dei semplici bambini che si sporgono nel nulla, ad occhi chiari, dalla cima dell’ultima parola con un dire lungo i lati delle labbra in un piccolo perpetuo “ sono insieme”
Id: 43808 Data: 14/08/2017 13:37:28
*
acquabuona
Devi avere sofferto così a lungo per accogliere tanto flutto aprendo la notte in un giorno bellissimo fra le pupille adorne di sale
se con le mani a giumella porti l’acquabuona sulla soglia delle nostre piccole urne, come un nido alle sue nozze.
Altro non so. Da quel giorno
la nostra casa semplice respira come un grande albero che tiene le sue assise nella luce.
Id: 43795 Data: 13/08/2017 13:15:10
*
A capo chino, nella luce
Ti scrivo dalla mia porziuncola di pace,
una pozzanghera di pesci verde mare,
che amo come un ramo carico di neve.
Il mistero della gioia è tutto qui,
dove la terra finisce, come ieri,
quando l’ombra si allungava sulla pietra.
Mi sono seduta accanto. Ho riposato,
sognando di raggiungere il tuo lago,
una barca piena d’acqua, poi l’azzurro.
E’ volata la grandine sul letto
fiori misti a foglie con il vento.
Il sole della sera, il mio risveglio,
la luce bianca sul lenzuolo nuovo-
una mano sulla spalla che ti stringe
in pace. Sono andata verso il fumo,
che sale dalla terra se la pioggia
è penetrata fino in fondo. Sul pianoro
mi sono inginocchiata, per pregare
fra i girasoli, come me, a capo chino-
come fossero figure ad occhi chiusi
mansueti ed obbedienti. Nel silenzio,
protetto il capo sotto i loro volti,
lasciando si bagnasse, con lentezza,
ho pianto-
con lacrime, leggere, nella luce.
Id: 43750 Data: 08/08/2017 22:54:07
*
Tanto è preso il cuore da visioni
Come un fiume in pieno sole scende l’acqua.
Come chi dorme sfiorato sulla spalla
annuso le mie dita e ti sorprendo
a fare il bagno in mare coi bambini,
gli uccelli-pesci legati con un filo
all’ombra delle nostre spalle unite.
Accarezzo i miei capelli e siete onde
le più piccole che vi stanno intorno
Tanto è preso il cuore da visioni-
così il nocciolo del suono si avvicina
ponendo come il seme di una pianta
tra gli uccelli che s’incrociano gridando
sulla barca stretta degli amanti
vanno e vengono in respiri i nostri occhi
inumidendosi le dita di altra luce-
in un calco che precede le parole,
finché la lingua si tocca col palato
nel verso del sorriso conosciuto.
Scintilla allora il volto della barca,
il dondolio che cammina nella voce
diviene l’andatura dei miei piedi,
e il largo d’aria che fa scendere la pioggia
un vortice di gioia profumato.
Mi fermo, mi siedo qui, vi guardo,
e ti raggiungo nel miracolo salato.
Id: 43733 Data: 06/08/2017 17:00:26
*
Con gli occhi dell’origine
Hai portato nutrimento ai nostri figli,
una lingua viva e tanto ferro,
polvere azzurra sull'orlo del fuoco,
qualcosa tra il cibo e la respirazione.
Ora tutto è pronto alla saggezza
della notte cosmica per mare-
una manciata d’anime di terra,
con il peso derivante dalle altezze,
la memoria dei ricordi e dell’oblio-
come una luna uscita da acque fonde
per dilatarsi chiara in mezzo al cielo.
Calore aria minerali acqua.
Fra le poche gocce bianche del tuo seme
e le cose piccole non c’è più spazio,
il colore vi attraversa insieme,
quasi fosse il filo del racconto
la parola che apre come riso
le mani e le gambe in un respiro.
Con gli occhi ancora pieni dell’origine
la luce che hai raccolto si trasforma
in sangue che scompare tra le vene,
le fessure antiche del tuo sasso,
il nostro verde, le pigne. Alla cima della croce
mentre la tua barca si allontana,
allargo le braccia più che posso.
Dalle spalle sgorgano due lacrime
nella mano sola di un bambino,
il cui volere è semplice. L’amore
ci condurrà a tutto ciò
che venne dopo
.
Id: 43687 Data: 01/08/2017 10:23:42
*
Il canto delle ali dorate
... a Mammet
Ai suoi piedi nascono fiori
con l’intensità di un primo amore,
la luce del fuoco.
Come un’acqua limpida,
la mano del calore,
cola sulle mie spalle
brillanti di cenere.
Una figura potente, come il sole
vuole sbucare fuori
dal ventre della montagna
e uscendo dalla bocca
si posa inaspettata
sulla lingua, forte, urgente.
Con il grido di una pianta
strappata dalla terra
qualcosa viene ad aggiungersi alla sua luce
qualcosa dentro la pelle
che fuori ha il suono
dei figli del crepuscolo, della vita
qualcosa che non si può paragonare
a niente di vissuto-
una forma di tempo, una durata.
Ma non era tempo, non era durata.
Aria
era aria che trasudava gocce somiglianti
alle loro forme madri
dal calore la forma
dalla forma il movimento
dal movimento i colori, dai colori
il sapore e insieme odore. Odore.
Ho accolto la neonata,
l’auriga che ogni notte si rinnova
dalle acque notturne in cui è rimasta assopita,
che nell’ultima ora ha lottato, con amore.
Nel singolare arrestarsi di ogni movimento
ha fatto nuovo qualcosa di antichissimo
partorendo ciò che è vecchio.-
Una volta era già in alto, io credo,
non c’è parte che non ritorni nell’anello
sempre più in fondo. E da ultimo
saremo nel punto più basso- dicevi-
del nostro fiume poi lago e ancora mare,
luogo di morte luminosa, finché l’acqua
non si sollevi in cielo
come vapore,
per ricadere in pioggia...
“ Lo spirito e la sposa dicono:
Vieni. E chi ode, dica vieni. Chi ha sete, venga
Chi vuole, prenda in dono l’acqua della vita “
Versando seme vivo fra le ombre azzurre,
meridiane dei morti,
si è accostata, mammet,
con un lieve ronzio
simile a quello prodotto dalle ali
dello scarabeo.
Il canto delle ali dorate
mi ha permesso di riconoscerla. In quell’istante
si è posata come una egretta sacra
sul mare
un guscio sono divenuta. Un giorno
due giorni molti giorni cinque anni. Oggi
la luce del giorno illumina
l’ombra del sole, l'Elba,
che abitava sotto l’albero dell’acqua-
Non la comprendevo, ma sapevo di Lei
che cresceva.- Non è accaduto nulla, dici,
e tuttavia si è prodotto un soave ed ineffabile
mistero: io sono uscita dal cerchio che ruota
toccando il tuo fiore alla sommità dell’albero
le ali, che tornavano. Verso la sua stella
siamo uccelli d’oro sul ramo delle luci,
utero della chioma fiorita,
silenzio
delle sue profonde radici.
Id: 43639 Data: 27/07/2017 18:11:57
*
Hara
Ripeto il tuo nome come sigillo
mentre sale alla gola la parte nascosta
di tutto ciò che è manifesto
ripeto il tuo nome, nel giro dei rulli
delle preghiere, nell’acqua che scende
dalle tue mani sul sasso, la felce
e una giovane pigna confusa alle altre.
Il tuo vento serale illuminato
spinge lontano dal tempo lo sguardo.
Nel reciproco scambio del nostro calore
il corpo riflette immagini e vita
riverberando nei piccoli grani
che il verbo conoscere porta nel ventre
la mano, in ebraico, come una mussola,
e aggiungendo una lettera, alla sorgente,
apre la breccia, divina per gli occhi:
il dito di Venere sfiora la testa
e quello di Giove la cistifellea,
il medio, Saturno, lo spleen della milza,
con l’anulare, il dito del sole,
mette l’anello al tuo fegato santo,
il mignolo infine si lega col cuore.
E tutta la Mudrā è solo al principio
di quando portavi una piccola mano
a una sposa, d’argento, promessa e sul muro
della sua casa coloravano mani
bambini lucenti per il matrimonio.
Risalgo il sentiero, seguendo il calore
tra le piccole chiavi delle clavicole
varcando la soglia del pomo d’adamo,
il prisma di suoni, i suoi colori,
sotto la lingua, dove è custodito
cosa avvenne negli inferi. Ecco i gradini
i pioli e la yurta. Un corpo intero
contemplo nel viso fra le mie mani;
ripetono i piedi, le orecchie, i tuoi passi,
e gli angoli curvi delle mandibole
le amate ginocchia. Mi piego al respiro,
a pregare il mediano, la sacra colonna,
il tuo naso è la schiena che lenta accarrezzo,
posando l’amore sopra gli zigomi
le piccole ali, i nostri polmoni.
Negli occhi, al principio, trovo il tuo cuore
e un nuovo bacino sopra la fronte
fino ai capelli, i tuoi reni, ti bacio
le radici celesti distese nell’aria.
C’è un matrimonio nel viso, concorde
la nostra bambina dentro la culla,
nel corno d’amon, si è arrotolata
al cervello più antico fra le sue madri,
la dura e la pia; e uno splendido ragno
bagna ora la tela, il santuario di fuoco,
con nodi vitali- tra i giovani fili
si scorge nell’ombra madreperlacea,
dove ondeggia una pigna ricca di nero,
al ritmo solare la bianca sostanza,
si espande nel buio in corona radiosa
fra i suoni degli organi e nomi di membra.
Una lingua di gioia cola nell’hara,
dalla cima dell’albero tinta d’azzurro
alla piccola mandorla, orlata di luce,
nella stasi più grande del nostro Sabbat.
Id: 43579 Data: 22/07/2017 23:40:27
*
Grazie a te
Calò profonda la notte turchina.
Appena un lampo
trasse per me antiche cose,
figure dagli occhi chiusi,
e un senso largo di religione.
Non seppi fare altro
che lasciarle affondare
di nuovo. Laggiù
era presente un’immagine
-prima di essere vissuta-
chiara, tutta in una volta: di Noi cresciuto discendendo, come si va nel bosco per la legna, a fare anima. Nella casa d’infanzia
ricordo vivo il puro sapore che si levò al mio tramonto, con tutta la forza che avevo, nel suo mare di fuoco, mio figlio.
E quelle parole…
< Com’è stretto qui dove ci amiamo >
Splendeva il guscio, come una ghianda
al principio della sua vita.
Divenni, a quel tempo, una madre notturna,
integrando l'ombra, per non ucciderla,
trasformata, e perfetta, da un sonno profondo?
< Un uomo da solo non può
salvare il divino della bambina. Per questo hai mangiato la carne
del suo fegato, in abbondanza,
dove si accumula in luce tutto il compiuto
fino all’ultima goccia di pan-kréas,
ogni carne della bellezza,
fino a guarire i tuoi occhi ;
non è soltanto una νέκυια-
io credo- nel caldo dell’ombelico,
con l’anima immersa nel sacro
del rosso inesorabile. >
Come gemelli che vanno
con piedi diversi,
uno di terra l'altro solare, che si allungano insieme
verso il cono più alto
e il basso dell’ombra ?
< Da un luogo inaspettato, o da una minima fessura, può scaturire l'acquabuona che ci sfama, la radice di mandragola che apre
le stanze sigillate del tesoro.
Il miracolo che fa che ciò avvenga
ha nelle mani qualcosa che brilla,
la sua ombra è quella bambina
che cresce, in mezzo alla gola,
dove branchi di animali come un fiume vanno verso i pascoli seguendo
il percorso amorevole del sole,
poi ripartono. > Grazie a te
in questa immagine,
più lunga della vita,
il nostro seme vola,
fra gli stessi alberi,
ad accogliere la luce.
Id: 43508 Data: 15/07/2017 23:02:30
*
La riconoscerai dall’amore che ti porta
Semi dormienti, germogli assopiti
prima degli occhi, e la carne
di un chiarore inesprimibile.
Così bassi i nostri corridoi
che gli invisibili
dovettero contorcersi
in forme mostruose
per passare al di qua
Credi davvero che un uomo da solo
abbia inventato la ruota e gli attrezzi
o le ceste intrecciate? Le pietre
rotolavano lungo i pendii,
e gli uccelli tessevano nidi,
pescavano. Il mondo
è fatto di verbi, io credo
non veda il ramo l’oriolo,
ma dove posarsi, il gatto, nel vuoto
del sottoscala, un nascondiglio
per non essere visto. Così dappertutto
sbocciano in canto le informazioni
dei padri e le madri universali.
In mezzo agli odori di un luogo speciale
l’angelo entra, comeantenato,
dentro una vita, da un albero o un orso,
posando l’immagine al centro del cuore-
la forte, la duratura-
quando si volta e piano scompare.
dietro l’amato mistero di Hundra
tra il legno un frutto e il suo fiore
puoi toccare un sentimento,
chiaro, fulmineo, tutto completo
il suo come. Lasciarsi vedere
è benedire, io credo,
ricevendo lo sguardo,
tu sei : come stai-
comeun’aria nel pane che lievita,
e il fuoco che illumina solo
un punto preciso e non altro,
tra la mano e la pietra,
quand’è scolpita. A suo tempo
il sigillo dell’angelo, impresso
tra il labbro di sopra e la conca del naso,
col lento inchino di un vento sottile,
tennero acceso il lume votivo
fin dove i bambini, nostri gemelli,
scesero in cima alle ultime voci
con una lacrima, sola, e perfetta.
Tra il volo dei pesci distesi nel cielo
e le uccelle bagnate dal cuore del mare
ci convoca nuova la trasparenza,
restituita ai nostri occhi irrigiditi,
si leva da chi tace, un solo verso,
" la riconoscerai dall’amore che ti porta"
come sta un verbo in mezzo alle parole.
Id: 43385 Data: 03/07/2017 13:22:19
*
L’albera del noce
Coi falò della gioia non puoi scendere a patti
È nel vortice del caos che dimorano
Gli eterni miracoli
Ho seguito la sua voce
lungo i vicoli del legno-
come fosse una figura,
il puro velo di sale e d’argento
la forma della veste,
parte del tuo viso-
e una lunga ferita sulla mano,
fino ai piedi dell’albera del noce.
Il livido passava da un essere a quell’altro,
da te a me-
con quel suo grado di nerezza quasi blu,
come un manto che generando ombre
dona profondità di comprensione-
definendo i nostri corpi, volti al bianco, sulle pietre umide, ubriache,
fedeli a tutto l’accaduto.
Con un’altra sfumatura
la polvere si alzava dalle schiene come fiori ai bordi di un sentiero,
nel dramma della luce, la più lunga,
mettendo al mondo noi, un nuovo nome offriva il proprio seme alle radici.
Latte perle cenere ossa e ancora latte.
Chi nasce è un bambino immaginato
nell’ invisibile che porta tra le mani
i frutti del buio delle ghiande-
un viaggio nell’aria che si apre,
la muta della carne in un respiro.
che penetra nel vivo dello spazio,
trovando calda in lui una sorgente:
un’albera soltanto, che mantiene
nell’acqua perenne la sua schiena,
che si acquieta, sul fondo della gola,
alla notte minore, e per bisbigli,
nel continuo vedere che chiamiamo
le terre rivoltate benedette.
Id: 43313 Data: 26/06/2017 18:51:26
*
La sillaba mancante
Nelle radici si fanno grandi, i figli,
ma quando si ritraggono nei tronchi
troppo presto, non c’è nome,
per la madre che rimane.
A sentirli ancora tra le fronde
sono l'anima e le mani,
e dire mani è dirle aperte a grembo.
Le copre un abito di lana, dalle sferzate dei loro padri_dei
fulminati di mercurio, quando vanno nel profondo petto.
Stanno solo passeggiando sull'impronta
del più piccolo respiro dell’ardesia,
con l’imene intatto dei neonati.
Altari rasoterra o benandanti
loro sono insieme pietre dure
e uccelle, che si alzano nel nulla, scavando per la gioia un nido folle
in cerca delle acque. Senti il vento, per ogni singola parola ritrovata,
negli infiniti contrari del visibile,
luminelli gli occhi vivi, se ti accosti,
la sillaba mancante è l’architrave.
Id: 43209 Data: 17/06/2017 21:44:32
*
Se conoscere è fare l’amore
Riesci ancora a piangere?
e.. dove attingi la tua voce
dove sei arrivato?
Dove attingo la mia voce
è dove sono giunto
Animamia
alla vita al piacere al riso.
Il neonato si consolidava
nell’incanto della voce,
bolla di respiro e insieme suono,
il qi al centro del mio hara,
Appena sotto l’ombelico,
dove l’apnea resiste a lungo
come si sta in piedi?-
Vibra! - Mi hai risposto -
al di qua della lingua,
dimentica parole, nessun coagulo.
Soffia l’ideogramma con il ventre.
Fin dalla tua venuta al mondo
se al dolore profondo di un pianto
fai seguire un grido di gioia
il suono rimane lo stesso
generando la voce più bella-
E' un gran giorno,
dall’esistenza alla vita,
se conoscere è fare l’amore
oltre il muscolo largo e sottile
che separa l’addome dal petto.
Lassù ho tremato, cadendo
per tirare il filo di lana
uscito dal foro al cestino
- all’ovile del suono-
poi salendo come una pianta
ho ripreso a cadere,
tra gli armonici gravi di una persona
e un bambino che indugia agli acuti.
Due vie sono le voci, aria e radice,
mio piccolo cantore-
il duale apparente si risolve
nella triade occulta che Noi ama:
il serpente sputa il veleno
nella coppa in cima al bastone
risplende l’albero di Jule
fiorisce nuova la noce.
Non c’è canto, sai, che non sprofondi
in terra, per essere celeste
forza del grido di un piccolo d’uomo,
come il più benevolo dei tuoni,
e arco umano teso non ancora-
per impregnare la freccia con il qi;
il silenzioso il turgido divino
risuonando con tutte le sorelle
indietro in basso nella parte alta della bocca
dove tutti i suoni prendono il suo posto
come l’acqua nel vapore - se lui canta
fino alla vigilia della morte
per rendere il respiro nell’accordo
del fondamentale, in altre onde,
onde più sottili, in animali
è uno sgorgare calmo e maestoso
il capovolgimento di una stella,
la rotazione del bacino mentre vibra
per cantare nel giubilo il non detto.
Id: 43169 Data: 15/06/2017 13:54:36
*
Myanmar
Dopo la battitura dell’oceano
nel sesto giorno della quindicina chiara,
all’inizio dei monsoni e la semina del riso,
veniva col frutto dell’albero di bel
[ suo seno e primo sposo ]
con ghirlande di tageti, poste ai piedi,
veniva Myanmar.
Lei era lassù,
scendeva dal freddo insieme al fiume
senza fretta. Lui non fece in tempo
ad accorgersi del suo indugiare,
che era già oltre.
Immediatamente capì di averla raggiunta
troppo tardi in un altro corpo.
In un altro corpo se la trovò di fronte.
La sua pelle sapeva di limone
quando il salice dell’arpa lacrimò
sul timbro della voce, proprio sesso,
nella forma di lingam.
Fu un sibilo soltanto,
misura di lago, dove adagiarsi.
L’obbedire la fecondò,
divenendo contorno la figura
il negativo spiraglio di salvezza,
la porzione più chiara
del loro anello.
Id: 43148 Data: 11/06/2017 23:45:47
*
Tefilláh
Basta un nulla per vivere, aman,
barche leggere.
Tu camminavi assorbendo la luce,
doppia, solitaria,
in minuscoli astucci di vaio
legati al capo e alle mani-
culle di fiori, ho creduto,
tĕfillīn per le preghiere,
più tardi- אָמָן,
mangiando chicchi alla morte
come si guarda un bambino.
Per quel poco
impiegavi tutti i tuoi fili
sospesi nel vuoto-
le migliaia di ossa, i resti dei pasti,
i pezzi sottili d’avorio
imbevuti della sostanza segreta,
le molte aperture-finestre
e le volute, ogni Voluta,
da appoggiare nell’aria .
Sapevano andare, sebbene ciechi,
con labbra dolci nel piccolo circolo
dove un colore più intenso
reggeva altri mondi in scintille;
li ho visti adagiarsi e volare,
sul silenzio della tua festa,
nella parte cava della follia,
verso il grande amante sole..
Sapevi che avrei annotato figure?
assegnando un posto a ciascuna,
col valore musicale di una nota
insieme tutte si sono voltate
con la grazia leggera di un canto.
Affondavano lente,
per piccole vertigini,
in un profondo inchino.
Sono venuta qui, a danzare, alla pieve del pino
oggi che il vento è così forte
Id: 43037 Data: 02/06/2017 13:07:17
*
Eravamo lievi
Fu l'ordalia dell'amore
la pervicacia della follia.
Vuoi sapere di più del colore
dell'acqua fulgida e cupa
sulle ferite?
Se una cabala cieca e perfetta
ci ha reso sottili
o il filo teso di un angelo solo,
legando alla terra
il nostro stato d'amore?
Eravamo lievi, questo so,
confusi ai nostri sessi primitivi,
come giovani fiori verso l’alba
del rosso acceso, dalle antiche ombre
se alzi il bordo, sotto i fili d’erba,
tra l’oro della polvere e il salgemma,
le ali ripiegate intorno al seno
sono ancora fradice di luce.
Id: 42961 Data: 27/05/2017 20:04:21
*
Albatros
-Pochi decimi di efa e un granonuovo,
nella ciotola di biada, al primo anello.-
Ridursi è gioia, nell’arca di uno spazio,
da quando mi hai insegnato a carezzare
come i salici nell’acqua, e lentamente,
se nella continuazione si riflettono,
che i corpi sono lampi di sistemi.
Quando tutto viene avvicinato
io sento soltanto la tua voce.
Non è tacere, il mio silenzio,
ma la fonte di uno stare doloroso,
per riceverti-
nel più intimo dei luoghi
che ha una madre-
se cammino dal leone nell’acquario,
per cadere, finalmente,
nella veglia che mantiene il sogno fresco,
quando, oltre le cime, perde la sua luce.
Da parte a parte
non sono più individui,
il sale, il bianco, e il velo,
riaccolti nel lucido mistero
di un grande uccello
che attraversa il mare
col respiro quieto di un bambino
mentre dorme.
Id: 42889 Data: 21/05/2017 23:49:07
*
Il turbamento dell’annuncio
( è un refolo negli occhi che ti avverte, il turbamento dell’annuncio, il tu iniziale e il passo, che lento gli somiglia, avanza vicinissimo a trovarti, così potente da partorire luce con quel modo che fa tremar le cose in una lingua segreta ad ogni altra.)
Tenemmo fermo il petto e le ginocchia per scambiare il suono sacro del sinonimo, che prepara la prima glossolalia, con una eucarestia nel vaso d'acqua, ricostruendo immagini per gradi, per luogo di ferite e di servizio, nel viaggio più notturno, nella gola mutando il nostro carcere in un germe, in un agnello liquido e fecondo, ricettacolo, infine benedetto nostro compassionevole gemello.
-Con un fremito, tacemmo, per pudore, che nel verde del sinoplo vive il rosso, della voce, sua ruah, e il nostro uccello dotato per il canto, ben nascosto. Fu allora che spruzzammo con la bocca i primi segni dell’amore rilegato.-
Spingendo con le dita fino in fondo puoi sentire le incisioni della selce, trasmesse dal respiro, sulla roccia, con le ali superiori rosse e grigie, il bisso arrotolato alla conchiglie
e ai nostri organi lucenti, dirimpetto, come piccoli strumenti per il fiato, che s’accordano l’un l’altro, da principio, al suono antecedente, l’avverbiale.
Id: 42847 Data: 17/05/2017 21:11:26
*
~ La Genèse
II -
Risalgo nel candore del cunicolo,
col rituale della stoffa sulla tegola
mi insegni che c’è spazio, ed io ti ascolto.
Lo splendore della voce va negli occhi
e ad ogni nota corrisponde un posto.
Con qualcosa che somiglia a un cerchio
lo splendore della vista va all’orecchio,
creando il tempo e.. per la prima volta,
lo splendore dell’udito va allo spirito,
portando dentro il cuore il tuo respiro
e lo splendore del respiro al primo soffio,
dilaga nei polmoni di un neonato.
Id: 42799 Data: 14/05/2017 12:41:58
*
Un buio daria
Viene ancora tra gli alberi la sera
un'altra lingua, quasi nulla, appena un vento,
se sussurro che Dio ti benedica
con la fragilità
che io immagino degli angeli
quando spostano tra i fiori
un buio d'aria
Id: 42791 Data: 14/05/2017 00:10:25
*
La tua voce - ri.veduta
I-
Produce quasi un suono il tuo respiro,
un tessuto che proteggi con la voce,
fra la pelle l’abito e una casa,
come fosse una pretesta,
o un segreto bordato di rosso,
il colore dell’uomo. Della sua vita,
al limite del corpo, con un mantra,
prendo in mano il più piccolo dei fili.
Da principio solamente le vocali,
come i lupi;
molto dopo, con l’aria nella gola,
la lettera che spinge con le punte,
che scava l’impronta dove andrà
ad espandersi il tuo nome con samech,
portando l’erezione in pieno-canto,
attorno ad una i, la consonantica.
I
Tre volte racchiusa nella pelle
in un abito e la casa, testimone,
si accompagna ai mestieri, la tua voce,
la pretesta, bordata di rosso,
colore dell’uomo. E della sua vita
negozia il passaggio una squadra,
"una chiostra fine di perle",
ultimo baluardo, o corona,
nella sacra cripta del palato,
lungo il filo del setto divisorio,
ricongiungendo l’estratto di vermiglio
alla speranza, sull'orlo del battista.
Con un mantra, prima di parlare,
al limite del corpo, e timorosa,
prendo in mano il tuo piccolo respiro.
Da principio solamente le vocali,
come i lupi.
Molto dopo, con l’aria nella gola,
la più vicina a quello grande che conosco-
lo sfregamento del soffio nel canale
la tua lingua che sospinge con la punta
le pareti, in pieno-canto, il lento entrare
pulsando nei condotti, il movimento -
scava l’impronta dove andrà
ad espandersi il tuo nome, con Samech:
la primigenia del tridente, l’energia,
delle pietre sulla stele di Mesha-
portando in seno alla sua vita
l’erezione,
attorno ad una “i” _
la consonantica,
ancella di tutte le vocali,
decomponendo il prisma lo steccato
della tunica di pelle, con la luce.
( Work in progress )
Id: 42767 Data: 11/05/2017 16:42:27
*
Sa me amala horo, horo kelena
Sa me amala horo, horo kelena
Sa come aprirsi nell'inferno
il canto degli angeli che amiamo-
risalendo lungo i pozzi con i fiori
per raggiungere la gola e dire ancora
same amala oro, oro kelena-
Le loro mani bianche danno frutti
nel buio che va dal primo vento
al caldo dei colori in tutto il corpo
sull’odore di un fieno che si espande
al grido amaro-dive!
dive kerena
alzando con i semi una canzone,
dal profondo della pancia, e lentamente,
come fosse il suo risvolto luminoso
tornare a trattenersi nel respiro.
Ederlezi, 6 Maggio
Id: 42718 Data: 07/05/2017 19:00:05
*
Nel cavo delle mani
Ci aveva condotti sul verde del fiume
la pura attenzione a un lamento infantile,
con le dita leggere di una preghiera,
rivolta al più caldo silenzio del greto.
Come in piccole orazioni, le ferite,
ridevano, sprofondate nella luce,
avanzando di ritorno alle radici,
col voto di non cogliere mai fiori.
Un canale di biancore percepito
nella sua immisurabile portata
fu il sì assoluto all’ultimo dei viaggi,
congiungendo i loro palmi al solo centro
di una lingua imparata da bambini-
e tenne fede a una consegna di silenzio,
la più straziante di tutte di tutte le scintille,
al principio della vita.
Poi scomparve
dove tieni asciutte le tue cose,
parola per parola. Tocco il legno,
intorno al tuo carteggio, levigato,
e tra le pieghe, che hai sepolto meglio,
c'è la gioia di un fiume di portata,
dell'acqua che va accanto per istinto,
con tutto il peso assunto nelle altezze.
Tra i giunchi che si allargano
i tuoi occhi
sono piccole candele che prepari
ogni sera, per parlarmi. Non c'è punto
che non veda la tua vita
un riparo, una piccola cappella,
tra lo spazio che viviamo
e il mondo accanto -
le fronde del tuo salice in preghiera
con le ali del mio tiglio, tese in cielo,
sotto terra e in pieno sole fanno insieme
un minuscolo groviglio di radici,
ricongiunte nella luce degli anelli
come un nido che prepara le sue nozze,
nel cavo delle mani capovolte.
Id: 42693 Data: 04/05/2017 20:21:13
*
Ambra..
Pregai tutta la notte nel libro d'ore.
Seguì una mattina molto limpida,
un viso chiaro.
Forse non mi sentì. In principio.
Poi vennero le cose,
le cose buone,
nella sacca per le offerte,
la montagna, una cascata, l'albero
e i quattro nobili.
Con l'anima coperta di paesaggi,
da un altro luogo,
non avrei visto i fiori sottoterra,
come un giorno che spunta
dal nero puro all'acqua.
Da lontano, non altro che così,
ti sei offerto.
Nell'incertezza benedetta del vangelo,
ora, posso dirti solo come luce,
nell'estrema povertà originale,
e come va,
nel patto doppio del crepuscolo
lungo i vicoli del legno,
l’ambra, che tiene il fossile
con la nostra veste da bambini,
compresa nel suo grembo.
Id: 42503 Data: 21/04/2017 19:34:23
*
Sulla lettera iniziale di Pesah
Sulla lettera iniziale di Pesah
corre un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
torce luminose con cappucci d’oro,
e tutta l’età del mare,
bocca a bocca
chiude la tenda un panno morbido di lana.
Una coppia prega, dentro,
si raduna come un pesce,
tutta in fiore, fino al seme,
per l’offerta di conchiglie
e le tre madri. Nella gola
mescolanza d’erbe, di oli santi
nel palato, e sulla lingua
come un canto,
lo stesso del sale quando brilla
sopra i denti,
consonanti inclinate fra le labbra.
Parole sorelle, messe in luce,
di pochi decimi di efa
e un grano nuovo,
al centro della stanza,
come allora
-eravamo nuovi e tutti insieme
antico suono,
nello stesso luogo delle bestie,
a cospargere il secco di rugiada,
fin giù, alla benedizione dei granai,
con una ciotola di biada e al primo anello
il nostro orecchio sulla pelle degli aranci-
con lo stesso sangue,
fa di me la tua mano,
spezzando i vasi rossi dell’ultimo raccolto,
io sono insieme-
e obbedisco,
mentre il fiume copre il suono della voce
sul fuso delle dita, alla tua grazia
-
seppur sfiorando il nulla,
sono insieme,
e la tomba è vuota.
Id: 42442 Data: 17/04/2017 13:11:49
*
Sulla creta dei sentieri
Discendo poco a poco nel ricordo,
che la luce scopre a balzi, come ora,
sulle nostre ginocchia separate,
quando è raro sentirti respirare.
È una mandorla la macchia sul destino,
e l’unica che veglia senza lume,
che resiste alla spinta verso l’alto,
danzando fedele alle sue leggi.
Un lieve salmo ti protegge il cuore
-anche se a stento so che te ne accorgi-
per come tace dove va morendo al niente.
Levando nuova luce sopra il viso
vedremo insieme compiersi, in un angolo,
l’anello primigenio, il nostro fiore,
congiungere la notte col suo latte,
risorto sulla creta dei sentieri
Id: 42388 Data: 13/04/2017 20:43:19
*
Nella casa del pane
Conducevo il bestiame ai falò,
nella casa del toro,
il grande cervo alla sua sposa.
Mi portavi dentro maggio,
con le bacche di ginepro e di lillà
nell'orifiamma impuro della chioma,
e, aprendo il grembo dei colori,
penetravi con audacia,
palpitante di io sono
Aman
Se tocco con le ceneri la bocca,
così limpida diviene la memoria,
e la voce rifiorisce dalla terra
mangiando il vino più profondo del pensiero-
il femminile cinge il forte
verso l’osso,
per andare al centro della rosa
rompendo il guscio al mistero dell'estate
-Nella casa del pane occorre fame,
come linfa dopo ogni regressione
nell'occulto dell' inverno. C’è un Sabbat
nella partenza di Beltane,
che anticipa l’aurora:
da un’altra altezza si può amare
prendendo ancora il volto
che avevamo.
Id: 42264 Data: 05/04/2017 10:46:55
*
L’altra voce fra i respiri
Scorre nel libro
il sale per le arance
E il nuovo anello
Verrà il freddo e l’alburno
assorbito dal cuore
E' l'anima dell'aria
ciò che resta,
una movenza appena
dell’alburno
l'altra voce, mentre parli,
l'altra voce fra i respiri-
vibrazioni / pietre/ padri,
prossimo e signori
alberi e ancora umidi
cieli sotto l’acqua-
della sposa,
il suo altro lato, nel midollo.
Poi sparì- in un’assenza
come impossibile.
“ Ricorda il pianto del flauto
quando si separa dalla canna”
canta Rumi. E io piangevo-
sul piccolo cuore, custodita,
tanto da accorciare il tempo
implorando: “Segui il fiume.
Le vene lungo il greto
saranno i rami.”
sapendo di pregare.
Ho bevuto con i morti,
perdendo vita, e tu-
in un piccolo posto
fecondo di piedi,
nel mare di sale e noci d’oro-
tu, sia benedetta,
nel perdono che mi offri
con le stesse lettere del pane,
e di una danza.
Id: 42225 Data: 02/04/2017 23:31:21
*
Il tuo piede leggero..
E’ giunto insieme il tuo piede
leggero, nel labirinto di mille
e una notte, nella città di rame,
bianca e perfetta di reti,
in mezzo al deserto, invisibili,
fra le pietre gli erbari e le stelle,
con un filo di bisso, per vicoli e piazze,
fin dentro alla stanza più buia
sull’isola al centro del cuore.
Come rami di una famiglia
di piccoli fiori di melo
abbiamo messo radici nell’aria,
tacendo fra gli alberi, e unite
carezzato con l’oro il minotauro.
Id: 42108 Data: 26/03/2017 23:53:32
*
Dove siamo rimasti
Assimilo nel buio la tua luce,
te la offro come cibo,
ripetendo: io-te,
il desiderio di contatto,
di pulviscolo, uno sguardo,
dove siamo rimasti
senza braccia-
Se avessi tolto prima la cornice
ti sarebbe apparsa nel perimetro la tela
con il colore originale dello sfondo,
il rosso carapace della cocciniglia,
dove tutto si trasforma e viene fuori
lo splendore della vista, nel ritratto
di ceneri e silenzi, fioriture,
una stradina verde per l’anticipo del vento,
l’adagiarsi di ogni lembo, e solo dopo
l'arrivo delle mani, dappertutto,
il lungo viaggio delle voci
avanzate di ritorno, le scoperte,
gli accostamenti alle pareti,
le praterie, il tuo volto,
nella stanza dei tesori -
gemelli muti con l’addome magro
addormentati sul volume di preghiere.
Appena fuori i nostri corpi
la sera è l’abbozzo
di un’ala che cresce,
braccia,
alla luce di domani.
Id: 41994 Data: 19/03/2017 14:29:37
*
Tu vieni prima degli occhi
Tu vieni prima degli occhi-
alla comunione di ogni giorno,
nell’oscurità che nessuna luce cancella,
invisibile e definitivo,
così come è lieve
abbandonare il seno
di una buona madre,
o come l’albero, che s’impone
senza un motivo calcolabile-
sprofondando nel vasto mondo,
dietro minuscole palpebre
che uniscono due individui,
con i nostri nomi.
Anche solo per un soffio
ascoltiamo il principio,
questa cosa immensa che respira,
protesi,
beviamo silenziosi,
guarendo le parole,
senza suono né fragore,
appena il tempo di sorridere.
Id: 41953 Data: 15/03/2017 22:43:25
*
Nel lungo requiem del vento
..La mia Mammet è tornata
a prendere il suo Sposo fra gli angeli
nella notte del 9 febbraio...
Il grappolo d’oro è di nuovo un vigneto
nella sua terra grezza
il tratto cieco intorno al bianco
nella memoria della luce.
Tu sei un luogo, ora, padre,
ed hai un orlo
nel lungo requiem del vento.
Mi inchino alla vecchia foresta,
per amore e per forza,
alla voce calma di chi conosce senza giudicare,
alla sommessa melodia della tua serenità.
Questo poco di luce e la betulla
sono il tuo gesto, la grazia,
il dono di ridere dei grandi angeli
con le ali ripiegate verso terra,
composte di una dolcezza indifesa
e un diamante,
nascosto, profondissimo, dentro di sé.
Mi hai lasciato con i passi di chi è arrivato a casa,
nel mio tempo interiore, la tua eternità;
un silenzio sacro,
che non si interrompe neppure quando parlo,
fino a non distinguere più il tuo viso
da quello di mia madre,
l’uomo dal bene o dalla sua sposa,
l’inno e il lamento,
montagne nuvole ombre più scure,
e alberi, tanti, tanti alberi.
Un immenso paese riposa in me,
nell’addio e nell’incontro,
l’eterno
di queste ultime nozze
giunte al principio.
Id: 41507 Data: 13/02/2017 21:19:10
*
Perla di buio
Un piccolo perpetuo la tua casa,
perla di buio, nel bosco.
In quel vuoto della pelle è stato il vento
a spogliarmi, fatto grande, e una preghiera
di lettere inclinate sulle labbra,
con la cenere negli occhi che conosci.
Un fiume di portata mi era accanto,
un lembo raro, in fondo al tuo giardino,
e la polvere dei fiori, già raccolti.
Nel canale di biancore immisurabile
niente è troppo piccolo, se ami.
Nulla so di più del tuo calore,
se non che per la prima volta
sono sola. E ti ringrazio
di questa nuova vita, senza tempo,
dello splendore che avverto oscuramente
nel tuo nome antico. Poi mi perdo,
fedele all’invisibile ritorno,
piccola abbastanza non ancora
da sostenere tutta la tua luce.
Id: 41185 Data: 23/01/2017 21:10:20
*
il capo di un bambino nella luce
Ho inginocchiato gli occhi al tuo vedere
la pagina piegata nel mio libro,
mentre pregavi ai fianchi di una barca,
tra i nostri passi appena disegnati
come lucidi animali nella notte,
per codici sottili di linguaggi,
nell’urgenza di ascoltare, dentro il soffio,
le tue mani ancora colme di frammenti,
quando prendono la vita, risvegliati,
nell’invisibile arteria della grazia.
Tra la ruota, il cerchio, e la sua croce
in questo canto puoi sentire come corro,
se mi muovo sulla curva della luce
di un vento largo, che si erge tra l’anello
e il bianco inizio di una liturgia.
Tutto si compie all’altezza delle braccia,
nella baia, tra il seno e le tue spalle,
con le dita innamorate, e voce a voce
ci scambiamo una magia di primavera.
Eppure io sono felice e tu distante-
nel silenzio che fluisce reso grande
in un cadere che ci tiene accanto-
e se una mano, inavvertita, fra le membra,
si posa a terra, come fosse un volo,
nel suo pregare, e per tutta la lunghezza,
non vive nulla che la possa sollevare.
Come un frutto quando è maturo, e cade,
in lei è andato ogni calore, radunato,
come brezze nei cespugli, o nell’estate
il grande freddo ai ripostigli della neve,
accumulando tempo, in piccole orazioni.
Ora è nel ventre un coro d’acque in piena
dove la vita aumenta nei polmoni,
nel continuo movimento di un miracolo,
è il capo di un bambino nella luce,
pieno di grazia simile a un vapore,
quando stringe fra le mani come sogni
i pezzetti di una mela luminosa-
ripiegati come l’ll foglio di quel libro,
nella pagina più amata- ricongiunta.
Id: 41046 Data: 15/01/2017 15:09:54
*
Ti rendo grazie e canto della sera
La voce si trattiene,
nell'aria piccola,
tra due frassini bianchi,
all’imbocco del vialetto -
discreti e a malapena
ci si accorge che esistono
per come lasciano passare
la luce che li investe.
Le spalle coperte dal vento
dietro di me
ad unirsi un poco, e grande
lo spazio creato dai rami,
tesse il nostro anello
come un’oecophylla nell’alzarsi,
e inginocchiarsi tra le foglie,
accostando tra di loro i lembi,
con una goccia di seta sulla fronte
che tiene insieme i nidi tra le cose,
dandogli sollievo
in un rosa pallidissimo, carne
nascosta nel nulla delle pieghe labiali,
lasciando al centro un altro mistero,
dove finisce la bordura.
Verso un pascolo incolto,
oltre gli alberi-lupo,
solo un alito resta,
dai granai alle clavicole,
come fossi contenuta
in una invisibile tazza da tè,
-o un grappolo d’uva
con una mente d’inverno-
mentre l’odore si espande
dalle sue profondità, come nubi
sfiorate lievemente dalle messi,
quando si aprono a coppa-
tra il pane di radici dell’albero
e la sua noce d’oro
incidendo i nostri segreti
sulle minuscole tavole dei semi,
per sopravvivere all’inverno,
come un bene pronto al volo,
ti rendo grazie,e canto della sera.
Id: 40970 Data: 12/01/2017 19:48:43
*
Dove i nomi hanno mesi bellissimi
Una strada sottile
quanta calma nel petto che rischiara
dove i nomi hanno mesi bellissimi,
che crescono seguendo la via lattea
tra le ali e gli alberi dell’anima.
Sono petali bagnati di visione,
con la parola aperta delle cime,
dove dentro vi corre quel bambino,
la sua mano aperta, con la rosa,
le sue gambe, che spingono nell’aria
lo scatto del respiro, nel salire,
in cerca dell’uscita, tra le cose.
E non dura più di un lampo
nel morire
la tragedia della giovane paura,
tra il bosco ed il suo viso.
Poi la musica soltanto, la più viva,
a quell’ora lo incorona, e va alla gioia,
oltre i margini segnati, in un istante
toccando, col duro della terra,
il ricongiungersi al fantastico dei passi.
Col moto delle lucciole sui piedi,
è un viaggio che mi porti,
in un gesto, trattenuto, come sacro,
qualcosa tra le mani, che si bagna,
di ritorno, con la tua saliva lenta,
per toccare, dove non si vede,
il polso quieto di ciò che sta sul fondo-
nel ruotare delle ossa, con la forza
che annida tutto un cielo dentro al seno,
dove cresce la tua pianta. Come mondo
mi hai offerto un largo d’aria,
nel buio lucido e ospitale dove noi
è veramente nostra sposa,
ora che sa come cadere
ai piedi del suo piccolo padrone,
nel profondo bambino, dove andiamo
ripetendo, ad occhi chiusi, sono insieme.
Viene incontro, in cerchi che si allargano
per radici silenziose, come calda,
la nostra mano, nell’intimo,
cercata,
tremolante di luce ci rivela
bagnati di terra, a lungo, e da vicino,
con le braccia larghe di un mare benedetto,
di essere ricevuti, come isole.
Id: 40907 Data: 08/01/2017 23:14:33
*
Nel velo più bello al suo dolore
L’amore non può chiudersi,
come farebbe invece una ferita.
La morte piccola,
che ha preso l’anno vecchio,
è il nostro frutto,
in cui ha avuto amore,
e quella grande,
che ci portiamo dentro,
è la sua luce,
che va bevendo il succo.
Nel velo più bello al suo dolore
con un soffio al cuore io ti canto
una parola senza riparo-
presa viva-
nel gorgo delle forze
il più antico, all’indietro,
e sacro. Al separato
occorre avere detto sì,
un sì assoluto, per poterlo amare,
dove si trova il quarzo che ricorda
di rimanere sprofondati ed innalzarsi
come neve,
in attesa del credo che Noi è.
Più grande di ogni angelo,
tutto parla, tutto è animato,
nella porziuncola di pace,
dove beve silenzioso al nostro ventre,
come una parola che hai compreso.
Id: 40842 Data: 06/01/2017 12:21:38
*
Buon Anno, anima mia
Ti scrivo, da una cella silenziosa,
senza quasi un alito di vento,
con un piccolo dolore,
nell’amore. Mi smarrisco.
Nel movimento delle mani
è già domenica, ed il suo grazie,
nella notte antica del tuo nome,
come ali, nell’aprirsi. E poi riposa,
dentro il ventre colmo di mio figlio.
E’ là che siamo entrate,
tra le tue profonde e assorte mani.
Ci hai raccolto.
Lasciamo che tutto accada ora,
come fosse un fuoco grande tra le cose
e noi. Coperti dalle ombre,
noi, la terra, farci culla. Anima mia,
tutto è già dentro, e tu, lo senti
come vuole ricadere l’anno nuovo,
come un frutto, come casa tua.
Guarda come ci raggiunge,
come si intreccia nelle mani
che germogliano del suo futuro,
e il ritorno cresce in lui
verso la gioia. Viene,
caldo del nostro sangue,
come una gemma.
Id: 40772 Data: 31/12/2016 23:22:24
*
Nell’ora delle nascite
Conosco l’ampio dorso del silenzio,
quando sporge nella sera, il suo colore,
e quando s’inabissa lentamente
nella calda giumella delle mani.
Dal così pieno nasce una parola
che si sussurra pronunciando Amen,
come fosse il suo risvolto luminoso
propagando a fondo lo splendore
ogni gesto trattenuto dal principio,
tornando nel respiro una poesia,
come fosse già accaduto prima,
coprendo tutti i suoni della terra
nel parto di un bambino che ti ascolta.
Così, tu, mi hai insegnato, per parlare,
a scrivere sui tronchi in verticale,
tra il paradiso delle voci impercettibili
e in cerchi, per colonne primitive,
un anello dopo l’altro. Nel tacere,
allargando gli occhi chiari, siamo insieme,
maturando per nascere tra i fiori,
ricordando come un’anima all’aperto
custodisce delle cose le figure-
la montagna per le ossa e il bosco vecchio,
sono gli occhi, e le cime la chiarezza
dei buchi dentro il legno e gli animali.
Parla ancora chè io possa rivederti,
come fanno le stagioni, e il bianco appare
trapassando da un albero a quell’altro,
in un respiro lento dimmi “ amore”,
e tutto si avvicina per Natale,
finché una lacrima compare nella neve
facendo come un arco e ricadendo
tra due forme di pane lievitato
con pochi decimi di efa, e un grano nuovo
sollevato al centro della stanza,
tra le nostre ombre di portata,
è un sorriso, che viene, non in sogno,
ma nell’ora delle nascite, e rimane.
Id: 40711 Data: 25/12/2016 01:19:07
*
Il viso delle origini
"Καi o Λόγος σὰρξ εγένετο καi εσκήνωσεν εν ημiν"
Vangelo di San Giovanni (cfr. 1, 14)
Sei venuto a piantare una tenda,
nel sonno senza sogni,
al centro della corona irriducibile,
un vincolo disfatto in petali,
come sacro frammento,
tra la sposa e tutto il resto,
preludio al bordo della casa.
Origine di nozze e sacrificio,
nell’angolo migliore della mia capanna
spargo la tua voce, il buon odore,
la recitazione del nome, e vivo,
prima che arrivi
con la grazia del mantello sulle spalle,
lo sgomento di fronte a ciò
che nell’invisibile si vede,
appena attinto col respiro.
-Nei mesi dei morti ritornano
altre voci,
nei mesi invernali delle fiaccole,
la sola continuità è il suono
della lunghissima vita,
in un segreto a cui è rarissimo si alluda
nella sacra comunione delle notti.-
Sei venuto nell’estremo Nord
con ciò che avevi di più antico
e legato ad accadere, il ricordo
di un attimo prima di nascere,
come portassi delle vene
nel palmo delle mani.
Qualcos’altro succedeva
tra il buio e il soffitto di legno,
in minuscoli brividi,
qualcosa di ultimo recava alla sua foce,
il dono di un uomo che divenne fiume,
tra l’uno e l’altro anello, acqua dell’amata,
dopo essersi aperto il passaggio
bagnando le assise delle montagne,
uscito dalle gole dell’amore,
nell’ondulazione di una valle,
leggendo, nelle vertebre e la pelle,
il viso delle origini.
Chiuso nello scritto
qualcosa in te respira,
più grande del tuo fiato,
un canto sceso nella notte
fin dove non sapeva di arrivare,
un nuovo passaggio di luce
nella sua carità indicibile.
Il mio interno è nelle tue ossa,
nelle tue ossa cave, aman,
finché il cielo discenda a toccarci
mescolando le pelli alla terra
con la fragilità che io immagino
degli angeli
quando spostano tra i fiori
un buio d’aria.
Id: 40689 Data: 22/12/2016 17:04:21
*
Il canto degli angeli di Aleppo
Sa come aprirsi nell’inferno
il canto degli angeli che amiamo
muove l’aria ancora e cova un fuoco
dal goccio di saliva tra gli spari
risalendo lungo il pozzo un fiato caldo,
oltre le catene dei guardiani
contendenti la conchiglia dei midolli,
per raggiungere la gola e dire ancora
la morte è troppo poco per sparire…
Con le ali ripiegate del ricordo
apriremo la yurta in fondo al cielo
leggendo sul labiale il nostro nome
saremo una farfalla dentro il fiume
dal fango stretti per ricominciare
costruiremo nuove scale con le mani
da uno strato di pelle con l’argilla,
per alzare ancora con la penna
lo splendore del grano e in pieno sole
per l’unione delle forze canteremo
un ederlezi come fosse il suo natale.
Id: 40666 Data: 19/12/2016 23:51:43
*
La linfa più intima e le lacrime
Guarda come si dispongono le foglie
raccolte intorno ai rami a sera,
senza sapere chi di loro è amante,
e, senza fiori, il nettare che cola
come il sonno in una casa
sulle lenzuola bianche di bucato.
Una colonia di formiche,
o gli uccelli in stormo
sanno che il principio della terra fu nel verde
dell’euglena- al terzo giorno appena,
e solo il sesto noi,
nel prospero frutteto-
una minuscola alga verde,
con il moto di una madre verso l’altro,
nel suo ripetersi inesausto, fu respiro,
con le lunghe vene, il nostro.
-e quando la luce è stata poca
tra i sottilissimi flagelli
ha nuotato come un animale
fino in cima all’Ararat,
perduta a partorire, sola,
con le ginocchia piantate nell’erba,
ha mangiato terra e sole
pietre e costellazioni,
lasciando cadere le vesti a una a una,
nel suo posto vero, la yurta.
Altri hanno proseguito divorando
i loro simili animati
nelle ceste, con gli oggetti sacri.
Una scelta originaria e lenta,
di gioia, stretta nel poco
di moduli semplici insieme, e divisibili-
un cuore per ognuno, polmoni e tante bocche
di intelligenze, e sciami, nessun individuo.
Puoi mangiarla sai? Non è ferma l’anima.
Se l’amputi fiorisce, lacrimando,
se getti i suoi avanzi alle tue spalle
cresce un bosco.
Sfugge ai nostri occhi che si muove.
Ha il senso della luce, questo basta.
Ci accolse nel gesto abramitico
che invita l’angelo ad entrare
lasciando vuoto nella mente
il luogo puro, dell’ospite.
Da quelle nozze discende ogni dono
spinto alle bande del rosso,
al rosso lontano, fino al il blu,
all’ultravioletto. Tocca se puoi
le parti più giovani dello stello, i viticci
i germogli e il legno, sono gli occhi
piccolissimi,
persino gli apici hanno il senso della luce,
cercando il buio amato,
entro cui cade eterna la rugiada,
come un vento luminoso.
Si aprirà la visione sul confine
che chiude l’ultimo anello del tempo,
i fiori bianchi per le api,
il rosso per gli uccelli,
e il nostro seme andrà così lontano,
a riprendersi la vita, all’acquabuona,
innalzando il brillante delle foglie,
dal seno profondo, con le mani,
riunendole a preghiera
nella stessa posizione di riposo
che avevano alla nascita i germogli.
Nel sonno delle piante
io bevo l’acqua del tuo sguardo
d’uomo
la linfa più intima, e le lacrime.
Id: 40506 Data: 04/12/2016 14:40:19
*
Alla luce di domani
La luce indugia nel petto dell’uccello,
fonte di ogni canto. Ed è poesia,
fra il tenue bagliore e la scintilla,
nella ferita aperta la tua mano.
Fin sopra agli occhi, e poi ancora,
con rara bellezza, tanto amata,
come in cerca di parole corre giù
per una scala che porta verso l’alto
i minerali, con le scie d’argento.
Ed ora, abituata nell’assenza
di un movimento che comunque aspetto
come uno sguardo lento e prolungato,
in suo luogo tu hai divorato ogni sentiero;
ma, dietro l’ultimo strato di terra,
c’è dell’altro, che ferisce e medica
la nostra piccola morte, sempre nascente-
con le sue linee simili a chi sta per voltarsi
oscurando l’orizzonte con un solo
sfondo lontanissimo di pioggia-
teso, tra le nostre anime e la carne.
Ricordi cuore mio? Per raggiungerti
nella tua verità, potente materia,
sento svanire le forme appena strette
fra le mie mani, sino a rimanere
con l’essenza pura della nostra unione
di tutte le unioni, così trasparente
che non distinguo più dall’aria i versi,
le mie ossa dal tuo anello, il nostro viso,
e, raccolta in te, ripeto : alla luce di domani…
Id: 40307 Data: 19/11/2016 23:25:55
*
Eravamo lievi
Eravamo lievi,
accovacciati sui nostri sessi primitivi
come giovani fiori verso l’alba
illuminando l’intorno di erba verde
del rosso acceso dalle nostre ombre,
nella lingua semplice di uccelli,
e tanta rena nei palmi delle mani,
di tutto un cielo su, verso la vita.
Adesso che respiro, ora che salti
dentro ogni più piccola voce,
adesso che siamo fradici di luce
come fanno i caprioli quasi in cima,
stiamo nascendo, Noi ? Con le tue dita
se alzi il bordo sotto i fili d’erba
le ali ripiegate intorno al seno
si levano davanti ai nostri occhi
così a lungo. E silenziosamente,
candidi, nel buio
ripeteremo insieme ogni poesia,
con ogni gesto immaginato negli stretti
un largo d’aria disegnerà una promessa,
fra l’oro della polvere e il salgemma.
Più di ogni altra cosa
ci saremo inginocchiati,
pronunciando grazie, lucidi d’amore,
e, sottilissimi, sapendo di pregare
uno spazio per il fiato,
benedetto.
Id: 40238 Data: 14/11/2016 21:19:17
*
Il filo dell’acqua
Una vita piccolissima che geme
nel barlume, che raggiunge lo splendore
di un piccolo perpetuo sulla lingua,
le tue parole, immense, le radici
che portano le sillabe a legarsi
nel mio minuscolo infinito
di scarpe di montagna e tre pollici di legno
Un copricapo fiorito, una kufiyya..
sei tu, dal mare aperto, tu che vieni
con il bisso luminoso nelle trame
della mia veste grezza, di lana,
nel cerchio di dieci dita-
non so dire quanto piccola una cosa finisce nell’altra
e tutto cade insieme,
negli azzurri più freschi,
al centro della vita ,
dove giace col buio il tesoro.
Intorno alla vera
diviene un oracolo l’aria,
chiusa nel sogno, delle tue ossa.
Volteggiando entrambi piangeremo,
commossi dalla cima dell’ultima parola
la più grande, ricaduta dal cielo,
che lascia passare attraverso il suo vuoto
la luce.
L’intero miracolo riposa,
fedele,
nel più casto e lieve degli intenti,
accogliere il tuo anello con le labbra-
fra la tinta indelebile e stupenda,
che si trova nel papavero, purpurea,
e il fascio tondo del filo dell’acqua-
al principio della danza più lunga,
col ventre incollato alla terra
della nostra prima neve,
stupefatta.
Id: 40216 Data: 12/11/2016 13:20:03
*
Su papai biancu
Strofinava le parole sulla pelle come un latte mescolato con la frusta basta un'eco una reliquia per montare per vedere ancora chiari nella stanza paesaggi e desideri con le mani nominando quel che vede come un bimbo, ed ogni altra cosa intorno assente si addensava sopra il fuoco della notte,
risolta alla sua luce quasi nera, nell'acqua silenziosa delle piante rendendole visibile chi ama. Fiutava l'anima l'abisso mille volte nella mente la sua voce speculare- assecondava il ritmo delle dita versandole negli occhi un pane bianco il canto interno di una donna in pieno sole.
Come se le parole potessero commuovere le molecole del mondo ed ogni fossile sciogliendosi al calore delle mani risorgesse quasi a filo delle labbra, e con un velo d'aria solamente nella dolce ferita in fondo agli occhi, offrendo alla sua veglia altra acqua Fu allora che venne, che vibrando,
come chi tace una luce conosciuta, si incamminò nello splendore dello sguardo, per riportare il suono alla sua meta, strofinando sulla punta della pelle, in luogo delle sillabe e di accenti, su papai biancu e benedetto, liberando dalle mani della gioia, nel parto del suo nome il suo sigillo.
Id: 40153 Data: 08/11/2016 13:35:29
*
Nel tuo miracolo salato
Non ci sono libri sulla cima
a Monte Sole, non ci sono
altro che le nostre gole
e solo amorose leggere mani
quasi in sogno
tra l’antico bambino e i morti.
Chi è dentro? Chi si muove
di continuo come un bosco?
In uno spazio di canto e di esilio
magnificate dalla piccola statura
di un prato incomparabile
sono state a lungo in piedi
le nostre ginocchia coronate
a respirare il bene
del muschio indovinato
come una casa abitata.
“ Tu, quanti anni avevi allora?
-quasi in un responsorio, mi dici-
come te uno meno uno più di te-
nella tensione immobile
di un animale in muda-
Oggi vediamo con gli occhi delle foglie
cresciute, nel viaggio fino a terra,
con la meta al loro fianco,
dove i due mondi si scambiano segreti
avanzando di ritorno, impariamo
a trovarci." Ohh sì..
Dove tieni asciutte le tue cose,
sul tavolo, parola per parola
tocco, nell’arca delle madri,
il legno scuro, intorno al tuo carteggio
la prolunga di un’anima,
levigata dall’acqua.
Ed io, tu che sei Ora,
io, dall’altra parte del mondo,
sollevata all’ultima solitudine
ti mostro questa manica
nella quale è caduta la neve,
accanto ai pastori,
tra gli incolti meravigliosi attorno casa,
questo dolore che indosso come un filo
solo di perle, e, un passo avanti, Luca,
nel ghiaccio del sole che lo investe.
Silenzioso compagno
tra le pieghe meglio sepolte
conosci la gioia,
nel lento chiudere le palpebre
del fiume, la portata,
l’una nell’altra.
E tutto in accordo
in esse riposi,
nel tuo miracolo salato
nessuno sa fin dove accanto,
con i segni delle dita, poco a poco,
per radice.
Lì, cadendo, già trascorso
intravedo il nostro petto bianco
ancora in cima a Monte Sole.
Questo è tutto quello che sappiamo
dell’acqua che va insieme
con il peso assunto nelle altezze.
Saremo casa,
tra i giunchi che si allargano
e il nostro nome che contiene
il più antico benvenuto
nel sigillo del natale.
Id: 40121 Data: 05/11/2016 21:24:24
*
Prima degli occhi
Non è la stessa cosa, l’ora che viene
per affondare le radici
nella nostra parte umida, e tornare
nelle zone più profonde?
Ha degli occhi di carne
terreni fino in fondo
per avvicinarti al cielo.
Al di fuori di ogni linguaggio
mi soffoca il petto e non parla.
Canta. Poi tace.
Allora lo vedo, capace di Dio
che è nel grembo. Misericordia-
mi insegna- in ebraico ha la stessa radice
di cavità delle nascite, e in ogni momento
dobbiamo rispondere
di quello, che è in Noi-
con la cosa sposata, quella che ha peso.
Non chiamarla utopia il non luogo per essere,
nel sabbat primordiale ha lo spazio.
Di ogni respiro futuro
mangeremo il pane senza residui
e il sangue appena giorno
farà battere il cuore
sui due versanti della luce,
come una fidanzata.
Lascia che mi avvolga, ora, nel tuo sonno,
nel canto semplice e quotidiano, per sparirvi
dentro- prima degli occhi-
per ciò che brilla nella lontananza
di quello che stanno per dire le parole
Nel poco che giunge. Mi rannicchio qui,
il più vicino possibile al prima della nascita
della respirazione, al soffio, alla possibilità
di parlare. Danziamo ora.
Di una lunga e ardente danza
il nostro corpo è verbo che ride, cantando
poi un giorno fino al silenzio,
per onorare il nostro non finire.
Tutto comincia là…
Id: 39945 Data: 24/10/2016 23:20:38
*
Come andare alla fine della neve
(..)
quando seguo le linee della mano,
come andare alla fine della neve,
sopra i monti, a benedire le sorgenti,
c’è un riparo, una piccola cappella-
tra lo spazio che viviamo e il mondo accanto-
dove le fronde del tuo salice, in preghiera,
e le ali del mio tiglio, tese in cielo,
nel paradiso delle voci sono insieme,
a bere l’aria sotto terra, e in pieno sole
un minuscolo groviglio di radici,
come un nido, sale alle sue nozze,
bucando il fiato come un minareto,
nella porziuncola di pace trasparente,
generando nuove linee sulle mani,
sprofondate nella luce degli anelli,
per cantare l'ederlezi dei bambini
...
Id: 39923 Data: 22/10/2016 23:32:34
*
Tieni le dita chiuse
C'è un grande vento qui, stasera
posso riempirne le brocche
come fosse una terra bianca,
una forza viva che rinfresca il volto
di gioia dolorosa. Canta e il moto
si propaga fino a morire e a farsi fiore
dove non ti eri mai saputo.
C'è un grande vento qui stasera e noi
la sua purissima aspersione, mi commuove
per la grazia delle nostre parole,
fra le tue mani calde, fatte per stringere la luce
per crescere i fiori. Solo ciò che è limpido
giunge come il primo respiro.
Non in sogno, ma nell’ora delle nascite-
caldo e confuso ti alzi,
avvolto nella nebbia,
non c’è punto che non veda la tua vita
alla fine della riga,
c’è sempre una lettera dilatata,
come lana pura apre l’amore-
Anche noi saremo,
il fiore che risale la pace
verso il giorno che abbiamo accolto
con le nostre ombre di portata.
Tieni le dita chiuse, ora, tieni le dita
tra il buio e lo splendore,
rifugio dei favi
e di altre vite ancora.
Id: 39876 Data: 20/10/2016 17:48:38
*
Nel breve volo di un bambino
Colpita e colpevole,
tra gli angeli e le bestie,
la nostra pelle più vera
canta sommessa
di tutti i segreti senza dimora,
e lentamente,
col viso lucido che dona un pianto
sfiora invisibile questa preghiera
è un gesto contenuto delle mani,
nella pace vasta dell’attesa,
e sacrosanta, come un calice
alla comunione
nel rifugio creato per te
sei tu il riparo, l’antica forza intatta
della fragilità che tiene insieme noi
nel paesaggio originario.
Prima degli occhi
accade che il sangue, affluendo,
nel breve volo di un bambino,
causi dolore,
quasi volesse trasformarli in vene
che irrorano il cuore, nell’ombra,
finché un battito giunge,
e in modo nuovo,
un iride dal nulla si china su di loro
Come il velo su una sposa
scivola una vita che sta in me,
nel luogo più riposto,
prende il nome di Noi,
da qualche parte,
dove immergere il corpo,
nel profondo
è trinità e siamo salvi.
Id: 39844 Data: 17/10/2016 18:40:35
*
Con un palpito leggero
I tuoi occhi sono piccole candele,
nel luogo separato dove vivi, una luce che illumina l’inverno, riposta fra le mani, come dono, prima di partire con l’estate.
Ed ora io ti ascolto nel silenzio che prepari ad ogni sera per parlarmi, tra la siepe e l'albero del noce
dove vado a raccogliere i miei panni. In quel vuoto della pelle siamo il vento, che non svela la distanza che ci unisce quando sorge in un indugio, e si fa accenno, poi scompare, con un soffio sopra i coppi, dove volano le drupe con un suono ruzzolando dentro il cesto tra i lenzuoli.
Aprendo il ponte breve di un respiro è la tua voce che ricanta fino al timo in un rito ogni volta che si muta con un palpito leggero, come in sogno. E tanto avviene, interamente, e altrove,
tra luoghi santi o foreste di betulle-
lo stesso uomo questo fiume e la sua sposa
dal principio, poi cedono sfociando
nel delta che scompare quando nasce
nell’aperto più profondo e nostro mare
Id: 39826 Data: 15/10/2016 22:50:29
*
Per quando tornerà una poesia
Conosco l’ampio dorso del silenzio, quando sporge nella sera il suo colore, e quando s’inabissa lentamente nelle profondità delle mie mani.
Dal così pieno nasce una parola
che si sussurra pronunciando Amen-
come fosse un suo risvolto luminoso. Per quanta cura c’è e discrezione- nel parto della voce che ti ascolta
attraverso l’estate della lingua,
propagando a fondo lo splendore
ogni gesto costruito dal silenzio- dal Principio che abita nel verbo, tornando a trattenersi nel respiro, come fosse giá accaduto prima, coprendo tutti i suoni della Terra.
Così tu mi hai insegnato per parlare a scrivere sui tronchi in verticale, tra il paradiso delle voci impercettibili, facendo poi ritorno alle fontane e scomparire. Come fanno gli alberi, in cerchi, per colonne primitive, un anello dopo l’altro, nel tacere,
allargando gli occhi chiari. Siamo insieme maturando per nascere tra i fiori
ci fermeremo alla stazione delle immagini ricordando come un’anima all’aperto custodisce delle cose le figure,
la montagna per le ossa e il boscovecchio, le cime sono gli occhi, e la chiarezza dei buchi dentro il legno gli animali
Parla ancora chè io possa rivederti, come fanno le stagioni e il bianco appare
trapassando da un albero a quell’altro, come noi, prima dei fiori. All’improvviso,
in un respiro lento dimmi “ pane”
e tutto si avvicina per l’inverno finchè una lacrima compare nella neve facendo come un arco e ricadendo senza dire Io, ma solo il nome,
per quando tornerà una poesia.
Id: 39801 Data: 13/10/2016 21:58:58
*
Dal fondo nel vuoto del cielo
Solo un ramo, da questa parte soltanto, è fiorito del grande battito del cuore. Noi siamo, da un lato e dall’altro , quel poco d’aria mossa nell’orecchio più profondo, con le mani che sanno dormire
dita con dita. Tra le foglie di un giovane erbario, un nascondiglio commosso alla luce disegna piena l’ombra di una culla, più di un volto. Prendi la mia mano, al pari delle ferite, e questa piccola barca di legno con le gambe affondate nella menta, camminiamo, come fanno gli alberi, come tornando verso casa, dal fondo nel vuoto del cielo.
Id: 39751 Data: 10/10/2016 23:34:14
*
E un luogo in più
Vedono un fiore
le farfalle notturne
In ogni luce
Il vecchio tiglio di fronte all'entrata
è l'ultima cosa,
ogni sera,
che mi accompagna
fra strisce di nebbia
e il lavoro paziente,
sempre incompiuto,
di ritrovarti gemello,
restituito e vero.
In ogni ramo
un paesaggio appena definito
nel movimento originario
è la tua mano,
che nasce e riposa
in un solo respiro
nel grande silenzio.
Quando tutto scurisce
imparo a vederti
nella bellezza dell'ombra.
E' un luogo in più
e un caldo respirare
si tramanda
della nostra assenza,
tra morti sottili e tanta vita
come dipingere dimenticando
di usare i colori
indicando in un punto col dito
il tuo viso.
L'estrema possibilità dell'amore, non credi?
Ti scrivo con tutto ciò che è minuscolo
trovando posto a ogni cosa.
Ecco il mio dolore, senza un lamento
fino al calore più intimo
di questa notte,
remota matrice che vibra
e compare
da dove siamo partiti.
Sei tutto quello che è qui,
basta voltarsi pochissimo,
per un momento, alla luce,
e la pianta risale l’argilla
e vi ritorna,
con lo stesso coraggio.
Ora sai come dispongo
della mia solitudine,
in religione.
Sotto il tuo volto,
che come una stella sta sopra di me,
profondamente, intatta e paziente
nel movimento puro e naturale
del buio.
Al confine della voce
là dove essa diviene
nuovamente silenzio
è l’ultima cosa, ogni sera,
dorata.
Id: 39661 Data: 06/10/2016 23:24:59
*
Con la cenere negli occhi
Non fai altro che nascere ogni giorno svolgendo e dilatando la mia vita, come dopo ogni distruzione.
Ti scrivo con la cenere negli occhi-
attraverso vi corre quel bambino- senza sapere che non esce, vivo se per sempre metto insieme i nostri nomi- amina con aman e poi narimi- viene piena di profumo una famiglia mentre ci abbassiamo con la sera le palpebre che entrano nei sogni, bisbigliando "siamo salvi, al posto giusto, e mondi ancora insieme. Siamo casa.
Tra il respiro più pulito che conosco del bene che precede la bontà preserverò i tuoi fiori. In ogni passo è natura sempre nostra figlia- il suo andare col sorriso verso il centro, dall’angolo del viso, con le mani.
Ed ora pianta le tue labbra nelle mie tra le mie ginocchia coronate.
Con la cenere negli occhi, ti ripeto "attraverso vi corre quel bambino", senza sapere che non esce. Vivo se per sempre metto insieme i nostri nomi amina con aman, e poi narimi.
Id: 39565 Data: 28/09/2016 22:54:50
*
Cè sempre qualche luce se laspetti
C'è sempre qualche luce se l'aspetti, se ti metti inginocchiato sei più grande se risplende un pianto nudo, un solo verso fessura l'infinito e rifiorisce la speranza. è un libro fatto d'aria in cui le note della voce fanno tana illuminando il gran silenzio mentre sale lucida, e stordita, una poesia.
Id: 39181 Data: 30/08/2016 22:22:19
*
Linea alba
Disponeva solo frutta sul tavolo in giardino,
ma, come se aggruppasse anche l’aria, con le mani,
radunata e pura. Nel petto dell’estate
un filo univa alla polpa i suoi gesti
in ogni intimo istante
un lucignolo appena un fil de la Vierge
tra il campo azzurro degli occhi
e l’ora della cena. Dal basso,
mentre saliva un paese intero
con le gambe affondate nella menta,
lei carezzava le piante,
con le parole più corte della terra,
districando i fili lunghi dei capelli
con madrepore lucenti, e, inginocchiata,
ripeteva una preghiera alle radici,
con il respiro, tra la salvia ed il cotone.
Tornando nel giardino del principio
se raccolgo, senza peso, quelle sillabe,
come un mazzo di lavanda per un dono,
nel lento esercizio delle mani,
la sento ancora piantata tra le zolle
che allatta le sue piante, a seni dritti,
e altra acqua, che risale, con dolcezza,
nel ventre di qualcuno che lei ama,
tra le ossa cave del suo credo,
la linea alba che la fa volare.
Id: 39070 Data: 20/08/2016 17:26:37
*
La giumella del semplice
Per accogliere tanto flutto,
tra le tue pupille adorne di sale,
devi essere un minuscolo infinito
che viaggia a lungo aprendo la notte
in un giorno bellissimo.
Altro non so.
Con la scia della tua grazia,
fra le dita strette e i palmi uniti
come un nido alle sue nozze,
ti porto l’acquabuona,
quel poco d’oro del mio fiume
per bagnare il castello,
l’odore di more prese nei fossi
e una lucertola, scolpita nel legno.
Tra le mussole dei sogni
mi togli dal viso i capelli,
e tutto è così perenne
sulle tue gambe,
brani d’ali giganti.
La giumella del semplice
-ripeti-
per tenere insieme le cose,
per le offerte,
dalla fontana alla bocca,
le nostre piccole urne.
Siamo stati angeli nell’acqua,
terra lenta,
resine e scorze dei pini,
alberi pieni di anelli.
Tra le pieghe della carne
poco prima della nona lunazione
delle braccia tese, mi hai promesso
i segni riuniti dei nostri Natali,
quelli più piccoli.
Ora la casa respira
come una perla vera
e sotto il sole
il tuo nome crea l’ombra
come un grande albero
che tiene le sue assise
nella luce.
Id: 38999 Data: 13/08/2016 22:45:59
*
Nei cinque luoghi della bocca
Se ci passi sopra le dita
tutto rinviene,
dove vanno a finire le cose,
le cose sante, le mani accoglienti
nella stessa culla di morti
e nature gemelle,
lo svolgersi delle volute,
con grazia,
nell’immersione divina
origina il suo nome. Sulla lettera iniziale
corre un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
con cappucci d’oro
come torce luminose,
inginocchiate alla montagna,
con tutta l’età del mare negli occhi,
e una strada, che conduce al soggiorno,
nella piena di luce di ogni domenica.
Sulla cima buca il cielo
come un minareto
l’orecchio rivolto all’indietro,
le faville, la loro vibrazione,
le vocali. Su pascoli e castagni
chiude la tenda un panno morbido
di lana.
Con la testa contro le ginocchia
un uomo prega. - Si raduna,
scendendo nelle acque, come un pesce.
Si raduna, fino al seme,
per tornare, dilatato, nell’inchino,
tutto in fiore,
per l’offerta di conchiglie
e le tre madri. Una saliva santa
nei cinque luoghi della bocca,
la mescolanza d’erbe nella gola
gli oli santi nel palato, e sulla lingua
la dolcezza è nel canto
delle rose che fa il sale quando brilla
sopra i denti, al centro della stanza
la sua voce,
con le lettere inclinate, sulle labbra.-
Finché si specchia nell’occhio del neonato
l’Antico degli antichi tra gli sposi,
e le porte si aprono sul mare
come una sola e vasta foglia
messa in luce.
Id: 38953 Data: 09/08/2016 22:57:07
*
Fiume di portata
Fidandosi del buio dietro gli occhi si trovano bagliori come stelle quando la tua voce riempie il vuoto scavato per i fianchi nel palato un tutto che si tiene
tra la fronte
e il gran silenzio del tuo sguardo
sulla sera – E’ il nostro mondo, di toccarci con le ali, poi raccolte, sopra il tavolo in castagno, verso un lembo raro del giardino, fino al mare aperto. Una mansione, il prolungamento della casa, lungo il sentiero dei lecci secolari, fin giù alla distesa delle viti. Dove inizio a camminare-
coi fiori più selvatici, e l’agave che ti offro sulle labbra- è il mio posto, sui camini delle fate, che taglia tutti i nodi delle mani, e basta poco, per andare al faro ,alle tempeste coi resti delle mareggiate se nell’ambra fai bollire le tue reti, tra il fogliame del miobosco c’è l’odore di albicocche solo tue..allora salgo salgo sopra il noce. Per toccarti
ho legato con i rami un filo al piede annodato all’altro capo con l’azzurro, un principio che ogni sera quasi muore, poi risale con il giorno a copricapo, spruzzando sulla terra la tua voce, con i semi che può spargere una baia, arrivo dentro il fiordo che più amo e le vene sono un fiume di portata.
Id: 38843 Data: 30/07/2016 20:14:13
*
Con la vostra fronte di neonati
Il vento è con te, e con tale grazia,
più fresco dell’acqua nuova
là dove va ogni bestia libera
o un grande albero che sta per cantare
di un lungo segreto, nella tua veste chiara
e lunghe pieghe in punta di dita
divinità da ogni parte. Ti ho visto
tre volte nel volto, nascosta
nelle sacche d’aria del tempo anteriore
alla curvatura del mio cristallino,
puro, in calzoni e scarpe di castoro,
l’ornamento della tua sacca nera
dal lato delle cose di sempre,
il sillabario della tua favola. Più lontano,
a labbra chiuse, sotto il grande albero-
nel prolungarsi dei raggi della sera,
la brocca sospesa sul fianco,
con tutto quello che vi è d’immenso
e bambino nel canto- io veglio,
i tuoi fogli, ad uno ad uno la nostra ala,
per farne crete vive. In cammino,
alla fine del filo ci sei tu,
e uno zampillo, prima degli occhi,
fertile come fiumi, nella terra
aperta per l’amore. Cantate,
allo stesso passo, cantate
il riunirsi di una famiglia intera
di ali. Due esseri veri-
nel letto del vento,
la natura infine raggiunta
dallo spirito, che precede la brezza,
dopo avergli ceduto ogni cosa-
con la vostra fronte di neonati
al limite della felicità.
Id: 38814 Data: 27/07/2016 23:59:26
*
Al tremore più solenne della terra
Posso solo raccontarti di quel poco
intravisto per bagliori nei tuoi occhi
la santità del movimento -non il detto,
ma ciò che ho ascoltato, riponendo
le parole e i pensieri sotto l’aria
il soffio ed il respiro, abbandonata
alla dolce eucarestia. Così ritratta
Ti chiamo mio fratello, e ancora, padre,
piena di gioia e di capelli lunghi,
nella semplicità di una candela accesa
al chiaro dell’ignoto. Sono ora
tutti i nomi ed ogni forma ricordata,
scintillante a meraviglia. Dentro il cuore
ho condotto per te ogni preghiera,
ogni gesto del presente naturale,
mangiando alla tua bocca contagiosa
è nato il mondo, da cui nessuno torna,
fedele al passo che matura il pane.
Sei tu la grande morte e il mio risveglio,
chi cerca e chi è cercato in te è scomparso
ed ogni giorno ricomincio dalla stessa
pozzanghera di pace trasparente
dove il cielo si rispecchia ed il tramonto
indugia con la luce, nel miracolo
del mio laghetto azzurro come il mare.
Per gradi di visione altro non c’è
che verità accese dallo squarcio,
rannicchiata nella terra, silenziosa.
Strappando via all’ inferno un nuovo nome
ho condotto alla luce la follia
fra tori , vacche, e pioggia antecedente
alla ragione. Ed ora è grazie a te,
se luccica di sacro questa fossa
sulla quale poggiare il nostro arrivo,
l’ultimo punto di una contrazione
Dove hai posto la sposa e il bambino
risalgo alle corone, alle promesse,
leccando ogni ferita delle bestie,
per mangiare la polvere divina,
con i reni pronti a uscire nella luce
più sottile che lega il mio cordone
al mondo del divino ombelicale-
risalgo folle su due piedi infine vivo
come un germe tutto intero che si affida
al tremore più solenne della terra.
Id: 38491 Data: 03/07/2016 13:58:12
*
Un dolce di grano appena un chicco d’uva
Era il vento sul viso, puro velo di altra cosa.
Un dolce di grano appena un chicco d’uva
celavano il digiuno col sorriso
ed i capelli freschi, nel segreto oblio di me,
perché i tuoi piedi fossero leggeri. Mentre vieni,
rendo grazie per averti
riconosciuto e sposo. Tra le bestie
è il corredo che ti offro, nel baule d’aramen,
otto ettari a pascolo e castagni,
che la terra assorbe lenta, a mille metri.
Ho messo dentro i ferri con i chiodi,
i morsi dei cavalli, gli andalusi,
e quelli sardi più severi. Tra i filetti inglesi
le lezioni nel tondino a dei bimbi un po’ speciali.
Lunghi anni tra giganti così fragili per sangue;
per destino, ho messo dentro le mie braccia
e tutta l’anima
allungata fino in fondo al loro ventre
per tirare fuori il male. Troverai chi si è salvato,
e le zampe inginocchiate nel morire di chi non ce l’ha fatta.
Con le fattrici ho messo via il dolore del travaglio
fra le onde dei puledri appena usciti dalla pancia,
il mio volto madido di luce, le mani sporche della nascita,
di una bellezza che non sapevo dire. Nel fienile
ti ho lasciato i miei disegni asciugati nella paglia
e l’ora della cena, appesa ai ganci, in alto,
sempre dopo.. governati gli animali.
Sfiora i bordi della dote in pieno inverno
i passi lenti che giravano il pastone attorno al fuoco,
e una canzone nella testa, quella lunga
storia d’amore con inizio e fine nei mastelli
della crusca, la pioggia d’argento che cadeva
investendomi di avena. Sulle greppie
è tutto là, puro velo di altra cosa. Cerimonia,
per durare- con chi batte le ore della fame,
a una a una le conosco, ed ogni posa,
fra tutte, quelle di Zahir e Leila, e di Rebecca anche.
Nell’astuccio con gli intarsi ho conservato
qualche cosa di straziante
una gioia impronunciata, tradita sulla lingua,
da ingoiare come un’ostia sul lavabo.
Non conoscevo l’ederlezi, eppure l’avvertivo
nel muoversi dell’aria all’incontrario
quando mettevo al collo dei cavalli sanguisughe
raccolte ai bordi delle vasche, lucide di fresco,
all’acquabuona,
come le più belle perle al mondo da indossare.
Con che tormento attendevo quello scambio,
/ nell’immensa lentezza della grazia/
il sangue andava da un essere a quell’altro,
svuotando il male nel respiro verde, e le bestiole
al rossovivo della festa, quiete,
le ho riposte sulle pietre umide, ubriache.
Quante mattine ci sarò a montare a pelo la mia Leila,
con un laccio sottilissimo alle labbra,
usando il corpo all’alba come il sole. Mi affidavo
per ritrovare il branco sconfinato nella notte
chissà dove poi fermarmi e scivolare giù,
con la pelle più sottile che conosci; nuda,
tra i cavalli e l’erba, c’era qualche cosa
di grandioso, che ora chiamo sacro,
a quel tempo appena un girotondo, lo scoprirai splendente,
e al petto l’amuleto per la promessa della semina
per la crescita dei fiori a primavera. Godevo, sai?
Godevo, sapendo di pregare. Tra i raccolti
la polvere si alzava sulla schiena
formando un manto d’oro con Rebecca
che spingeva tra le spalle per tornare
a casa. Nell’angolo a sinistra del baule,
come fiori al bordo di un sentiero
ci sono le ninive-
le preghiere arrotolate nella mussola,
nascoste nelle pigne, per i morti-
lasciate andare nei buchi dentro gli alberi,
nel posto più profondo del mio luogo più nascosto,
ai ripostigli della neve, nella neve.
Potrai scambiare per incenso, se non sai
che la medica fasciata troppo stretta e umida fermenta,
il vapore che ti fa la nebbia agli occhi proprio adesso-
stava lì accucciato al cuore dei covoni, nel tepore,
a covare come un male- gli davamo il giro d’aria
con bracciate e giravolte dei forconi
per farlo splendere nel sole- l’ho tenuto,
per non dimenticare. Ecco ora,
come per raccogliere qualcosa che sai fragile,
tieni fra le mani la passione nelle ore della luce,
o, ai lati delle labbra, lo schiocco sussurrato
per insegnare a Zahir come fermarsi, con dolcezza
appena sotto c’è la commozione, a dorso nudo,
che mi prendeva a notte per l’odore lento
che saliva dalla stalla alla mia stanza,
come la più antica delle madri che controlla
che ogni cosa sia al suo posto. - E anch’io
mi sono alzata al buio per le scale
seguendo il borbottio che facevano i cavalli
ruminando o il suono ripetuto della lingua
che leccava i rulli con il sale appesi al muro,
i miei piccoli stupori.- Una ricchezza,
ora che ti vedo alla finestra
col ventre incollato a terra ti offro la mia mano
i nidi che sai leggere e un piccolo lamento
cucito tra i capelli, a ricamo del corredo:
di quando Lei spariva nel dramma della luce
mettendo al mondo un nuovo nome, e poi narimi.
Delle mie minuscole parole
ho sentito fame e sete solo allora
un vento le ha spezzate
in puro velo di altra cosa
sulla tavola dei Morti, come un pane,
indicandomi qualcosa nell’incontro,
un’acquabuona. Ai bordi della vasca
mi inginocchio con le perle intorno al collo,
un solo filo, che le rende grazie,
dalla notte all’alba, per gli anelli
scambiando la mia danza nella tua
un dolce di grano appena un chicco d’uva.
Id: 38338 Data: 20/06/2016 14:59:52
*
Al principio della vita poi scomparve
La pura attenzione a un lamento infantile
li aveva condotti sul verde del fiume,
con le dita leggere di una preghiera
rivolte al più caldo silenzio del greto.
Come fossero in piccole orazioni,
le ferite, sprofondate nella luce,
più e più volte in estasi ridevano, e correvano, drammatiche e festose, correvano e ridevano le gambe,
avanzando di ritorno alle radici,
col voto di non cogliere mai fiori nel cavo delle mani capovolte. Un canale di biancore percepito nella sua immisurabile portata fu il sì assoluto all’ultimo dei viaggi, congiungendo i loro palmi al solo centro di una lingua imparata da bambini;
e tenne fede a una consegna di silenzio la più straziante di tutte di tutte le scintille, appena pochi lembi di visione- non so dire quanto fosse piccola- al principio della vita poi scomparve.
Id: 38132 Data: 05/06/2016 15:52:33
*
Con l’acqua mi solleva dal silenzio
Nel giorno più lungo del mese
io sono insieme.
Accanto crescono gli alberi
più luce. Una volta
la scia del respiro di un bimbo
-poi l'acqua lo distese nel silenzio
per essere vicino ed invisibile.
Segreto e favoloso
traccia l'immagine di un volto,
sopra ogni cosa,
e lentamente il suo contorno,
lo splendore che scopre
attraverso lo sguardo.
Poso a terra la gola,
il sole e le vesti,
dove la pelle fa male,
e la sola preghiera che so
fra i panni ancora chiari
del lamento
s’infila con le ossa delicate,
lasciando ricadere come in segno,
tra il petto e l’aria, la polvere dei fiori-
il dono di un albero, inatteso.
Un lungo e nuovo filo va alla gioia,
tra le rose di maggio, e la sua corsa
con l’acqua mi solleva dal silenzio,
fedele metamorfosi ed amore
Id: 38063 Data: 31/05/2016 23:29:30
*
Con un solo e lento chiaro
Tenevo fra le mani due fascine e tu venivi per i vicoli del legno
con un solo e lento chiaro nei miei occhi.
Di quel gesto impercettibile ricordo che rese la distanza incalcolabile la più vicina al mondo sconosciuto, pieno di grazia e lacrime serene ai lati del mio viso, e lì soltanto.
Così invisibile rimane il tuo sapore risalendo come un gemito morente dai fiori mai nati sul palato, liberi di guardare un nuovo ventre; è un filo di bisso che mantiene le tue radici alle mie mani e sopra i fianchi il sacchetto delle strade, delle sere, e una volpe che si sposa mentre piove con il sole- E insieme i tigli d’oro non possono che questo, in fondo al campo, non altro che danzare l’ederlezi mandando scuri un soffio di bellezza nel buio che va dal primo vento, al caldo dei pensieri in tutto il corpo.
Come è semplice il miracolo che vivo, come gli angeli, va via prima del giorno. Un solo e lento canto mi vien dietro
per i vicoli del legno col tuo passo stringendo le fascine con dolcezza per il fuoco nella stanza degli sposi, il buco di calore per le gambe da tenere a penzoloni nella gioia.
Id: 37933 Data: 24/05/2016 23:27:23
*
Pasqua delle rose
Pasqua delle rose è venuta così,
a corpo nudo, sotto i resti della yurta,
l’odore di un bambino,
nella mia visione semplice,
dividendo la nostra stessa cura
intoccata e lieve.
Qualcosa si è volto di lui, si è aperto,
ha offerto il passaggio al morire del tempo
due giorni e ottanta mondi
il giro di distanza,
due forme di pane lievitato
con pochi decimi di efa
e un grano nuovo, sollevato,
al centro della stanza. - Col suo premio
eravamo tutti insieme antico suono
nello stesso luogo delle bestie
a cospargere il secco di rugiada,
con tutta la gioia sulle spalle
e i nostri bambini nelle bocche
che parlavano all’indietro
con una voce profonda, e perfetta
una tale bellezza attendeva il canto del grano
l’aratura dei campi la semina e noi-
fino alla benedizione dei granai-
quanto ridere, per i sentieri di giorni e giorni,
nella cavità prodigiosa degli sposi-
una ciotola appena e il primo anello
del vuoto posava l’orecchio
sul petto degli alberi- lo stesso sangue.
Con lo stesso sangue caldo
fa di me la tua mano-
spezzando i vasi rossi, il rito e l’occhio,
in modo indelebile al germe al cenno
al neuma- dell’ultimo raccolto,
la più debole voce che si leva
coprirà tutte le lingue. E tu,
visibile alla luce che solo il nulla descrive,
tu, con la stessa lingua,
respira,
a suo modo, canta.
Id: 37832 Data: 19/05/2016 16:00:12
*
Come un fiore ridotto alla gioia
Tacere toccando la terra.
Tacere,
sostenendo il silenzio i tuoi fiori.
Ho atteso
che tornasse il respiro
nel vuoto
che precede ogni tua voce.
E’ un corpo senza segreti
l’anima che ora ti offro,
nessuna forma che la torturi
nella stanza più intima.Un vento,
il suo bisbiglio. E' tutta la donna-
sulla tavola di cera dell’ascolto,
a gemere leggera, tersa,
-come un fiore ridotto alla gioia,
fino a togliere peso, nelle tue mani.
Come in grembo ad adamo
stringe il tuo seme con gli occhi
d’argento, il tuo yiddish nel cuore.
-All'origine che sola congiunge
il suo primo matrimonio alla preghiera,
stavi lì, brillando intero,
indicando un altro luogo,
in petto, un altro luogo
che afferrava la realtà
tutta la vita. - Un fiume nuovo
il tuo non esserci, gira nel ventre
adesso, continua a salire
con ostinata bellezza
come un coro di acque, in piena,
nell'argento dei polmoni.
In un profondo caldo
si raduna il fiato sopra l'erba,
si piega per la sera.
Reclino il capo, anche io,
spingendo indietro la saliva
entro, fedele, nel tuo silenzio sacro.
La terra aperta.
Comprendo che sei qui
dove la vita aumenta
se, respirando appena,
cola dalle parole che ti scrivo
più vera della notte la tua voce,
se, tra le aperture delle labbra,
il nostro riso si dissanguain luce.
Id: 37730 Data: 11/05/2016 13:24:32
*
Amina con Aman, e poi narimi
Tra l’ombra e lo stupore, in armonia,
non fai altro che nascere ogni giorno
svolgendo e dilatando la mia vita,
come dopo ogni distruzione.
Nell’interezza mi consegno, arresa
al dolore ben più grande del mio corpo-
mentre penetri nel cuore senza canti.
Ti scrivo con la cenere negli occhi,
attraverso vi corre quel bambino-
senza sapere che non esce, vivo
se per sempre metto insieme i nostri nomi-
amina con aman e poi narimi-
viene piena di profumo una famiglia
mentre ci abbassiamo con la sera
le palpebre che entrano nei sogni,
bisbigliando "siamo salvi, al posto giusto,
e mondi ancora insieme. Siamo casa.
tra il respiro più pulito che conosco
del bene che precede la bontà
nell’ordine che fa cresce le rose,
preserverò i tuoi fiori. In ogni passo
è natura sempre nostra figlia-
il suo andare col sorriso verso il centro,
dall’angolo del viso, con le mani.
Ed ora pianta le tue labbra tra le mie
tra le mie ginocchia coronate.
Con la cenere negli occhi, ti ripeto
"attraverso vi corre quel bambino",
senza sapere che non esce. Vivo
se per sempre metto insieme i nostri nomi
amina con aman, e poi narimi.
Id: 37609 Data: 03/05/2016 13:18:09
*
Restaci accanto
Mio Aman, Adam, e purissimo Amen
vivo e iridescente principio
che mi accompagna oltre l’inizio
di una vita intera con te,
ben più patendo e con passione
le nostre lingue si sono incarnate
fino a nascere Noi. In questo credo
si dia la trinità. Discesi
nel profondo di una coscienza
divenuta terza e trina insieme
un sacrificio.
Io credo che Noi abbia fatto qualcosa di sacro,
un nascondiglio commosso alla luce.
Ed ora non posso tornare da dove
ho mandato il vento nel mistero
della bellezza che nasce,
nello slancio a vuoto, che ha detto: sì,
alla fiducia, la grande sorella
senza ragione né prova.
Dove non giunge la comprensione
lacrima delle cose la mano
di uno sguardo, nell’anima,
a mezza costa,
l’ambra che tiene il fossile
dove il punto di partenza della voce
è fermo. Intriso di perdita
intuisco il soffio delle parole
per rifare ogni volta l’innocenza,
forse una vibrazione nel legame,
come fili d’oro tra le ferite
nidi, nel non essere, di grazia.
M’inoltro nell’ombra e molto di più
spingendo come una genesi,
spingendo il coraggio sull’orlo
col muso in avanti
risalgo dal sangue: la croce
è una stella,
abbandonata la spoglia ninfale
di questo dolore,
tersa e pulita nel vento fiorisce
nuova la voce.
Per raccogliere respiri vi è un segreto
tacere
di parecchie vite mano nella mano
ai piedi del nostro albero
- nel tempo di dedicazioni
a ricordare il luogo originario
di altro vento.
Unico culto la cura, i baci la liturgia,
nell’incertezza benedetta che suggerisce la ricerca,
nella grammatica da Maddalena,
fedele perché ama,
nel Vangelo mai fermo,
che stupisce a ogni curva.
Sì. La fede è itinerario,
è cambiare e ricominciare, seguire e camminare,
leggeri,
con tutto ciò che si oppone alla morte
come fosse un sesso aperto
e insieme
l’imene intatto, sulla larghezza del cuore
Restaci accanto.
Tutte le parole sono state dette.
Respirare è conoscere ora.
Nell’infinito intreccio di Indra
nel meraviglioso riflesso ch’è noi,
restaci accanto- amante e religioso
in mezzo a questa montagna-
in tutte le direzioni,
e sotto il pino, non sapere luogo.
Id: 37390 Data: 18/04/2016 09:58:13
*
io sono insieme
“Ogni sforzo aggiunge
un poco d’oro a quel tesoro
che nulla al mondo potrà carpire.”
Simone Weil
Vieni prima degli occhi. Questo lo sai.
È la domanda di bene
che ogni bambino rivolge
nella fiducia.
Guarda tu ora, e noli me tangere.
Io debbo proteggere il vuoto
mai posseduto. Ti benedico
perché non hai trasformato le pietre nel pane
che mangi ogni giorno. Sulla tua trama nera
è un ricamo quel rosso che appare
come fosse un esercizio, una veglia
alle energie più sottili. Obbedisco,
rimanendo in ascolto-
mentre il fiume copre il suono delle tua voce-
Obbedisco,
con l’alito che so delle bestie
quando si sporgono nel tepore della paura.
Tu avanzi
fino a toccare tutto quello che ci rimane.
Io sono insieme- ripeto-
tra le cose in movimento,
lo scintillio della prima risata,
la mano che diceva il miracolo,
sul fuso della tue dita, la grazia-
i nomi della luce sono qui
nel più sacro recinto illimitato
dov’è il sortilegio che chiama,
seppur sfiorando il nulla,
nell’instancabile enigma dell’eternità.
Un’iscrizione ricavata dall’albero, al fianco,
coltiva l’inverno della tua lingua
vegliando i semi la folata di vento.
Rinasce la voce.
Sei innegabile
nel sì finale alla passione che mi aspetta,
il lungo affondamento nel mio vuoto,
fino a sostituirlo con un principio luminoso.
Non saprai che ci sono ad amarti
come l’inizio del mondo,
il silenzio che circonda le parole
è lo stesso che precede l’azione e si spegne
nel possessivo profondo del “ mio
adesso”. Viene il mese crudele di Eliot
con ogni briciola di bene che è stata raccolta
nell’onestà della voce. Nuda,
vulnerabile ripeto il gesto di offerta :
“io sono insieme”-
e, ciò che più conta, la tomba è vuota.
Id: 37255 Data: 08/04/2016 19:05:42
*
Nel lunghissimo ora
Abitata dal verde
non ti nascondo la piaga,
luminosa,
la bestia santa
sul pudore della parola
invincibile
quando spunta il fiore
non può essere detta la grazia
che smaschera un Dio.
- quale veggente cecità
ti tiene prigioniero di ciò che sveli,
non potendo sopportare il peso della libertà
scegli la felicità
dimentico del sapore dell’intero.
Eppure la candela rimane accesa
in mezzo al più violento temporale
penetrando nella sua bellezza
fino al tempo del riposo. Colma,
assimilando il male dopo gli occhi
cammino ad ospitare il movimento
del pensiero. La grazia,
la grazia è il ritorno di ogni libertà,
quando non c’è più nulla da fare
bisogna essere, aman,
anche lavandosi con l’acqua sporca
ogni mattina
preservandosi puri
nel rituale del risveglio-
come un modo per aiutare Dio,
divenendo Noi
divini,
e cruciali, ovunque diffusi.
Incarnando la mancanza
ho tenuto tra le braccia nostro figlio,
nostro figlio morente,
mutando la nascita in deposizione
nel suo ultimo respiro ho urlato
“io sono madre”
rilanciando la vita
prima degli occhi-
dov’è radicale la forza del bene,
irreversibile.- Coli dalle dita
e dappertutto
rimani
dove il Canto risplende
nel lunghissimo ora
che sei
Id: 37165 Data: 03/04/2016 15:48:30
*
Pesah
Ben oltre c’è la vita,
la ferita più profonda che si allarga,
nel tuo viso fertile, e compiuta,
grido
che c’è pace, nella pelle
che si apre
la gioia di portarti sulla bocca
nel sentirti venire come neve
nel buco più divino del midollo.
E ancora non tocchi tutto dell’amore,
dei fili dorati che vanno dentro agli occhi,
dove entra ogni notte quel bambino
dove ti imploro- in mezzo alle acque,
alla casa, all’origine, nella vulva di Inanna:
“nel grembo di miele, discendi, ancora
sulla tua barca celeste ” E tu,
come un santo,
ti unisci all’amplesso, più sacro.
Quattro piedi, quattro muri nella casa
di quarantena, quarant’anni di deserto,
e per quaranta nel digiuno sei passato
in sette quarantene nel mio ventre,
dalla porta. Un’apertura in movimento
svegliando i cani i domestici e il giardino,
penetrando la foresta, per brillare,
dove ti eri addormentato, ti fai nuovo,
nella carne della sposa che ti sei
Con le luci capovolte della pelle,
con tutto il peso assunto nelle altezze
delle terre più profonde che hai solcato.
abbiamo avuto fin seicento anni
e millemila matrimoni nella pancia
fino al frutto che mangiamo, e siamo noi
le pietre, nell’arco della nube,
e nudi come mai insieme, ed ebbri
della Grande sera, al domani che ci canta
padri e figli,
senza paura della morte che è la nascita.
Nell’erezione di Moseh oscilla ancora
nell’arca delle madri spingi
con la testa, fino al Nome
nello splendore delle nostre contrazioni,
facendo delle vertebre un dipinto
del bimbo rosso, tra i giunchi che si allargano.
Nell’uomo verde, è la Pesah, l’uscita,
il passaggio di ogni porta, la parola
per parola, il tuo nome che contiene,
penetrando la tenebra finale
con la stessa lingua che è la Nostra
Id: 37051 Data: 27/03/2016 20:13:07
*
Fedele allinvisibile
La spinta che diffonde quando è ora
è tutta qui
se nel farsi preghiera muove l'aria
col goccio di saliva trattenuto
dal sogno di stanotte-
sino a rendere pesanti i nostri occhi
come frutti-
maternità tra l'intimo dell'acqua
e la coppa che raccoglie la sua origine-
le terre emerse è Noi. Mio sposo
...la mia Jebel. ti mostro, i suoi colori lungo il perimetro dei fianchi, circondata da due fiumi, una segesta,
mentre scende nella yurta coi suoi capelli d'oro silenziosa
ti racconto della casa
fatta come il ventre di una madre
con un corpo nomade che viaggia
sulla schiena errante senza chiodi
solo Geni che si baciano a raggiera
e una finestra in cielo pitturata,
una corona e come gioco il giragira:
consonante-vocale consonante-
“Fammi frusciante il Tamashek !
il verso nasale dei Tuareg, con l'ewè,
la lingua dei bambara, eppoi lo schiocco”
ridiamo come stessimo pregando!-
Ti celebro così dentro i paesaggi
come in fondo al vuoto del mio letto
nell’esatta simbiosi della gioia
madre dalla lunga voce-
fango che dorme nella luce
con tutto il silenzio fuori dal torace
della carne, allo scoperto. Amo.
Ciò che nasce non è altro
da questo uccello azzurro nei polmoni
con il dorso carico di latte
“Cosa vedono i tuoi occhi, Aman,
quando vai a fare i fiori..
la porta stretta di una retinadove s'inginocchia il cielo quando non arriva in cima ? la sua parte di luce
è quel prodigio
fedele all’invisibile
nel rosso della gola fino a sera-
una piaga battuta dal mattino
nell’urlo che viene,
la gemma che cerca
la lingua in un punto,
il suo latte,
solo quello può essere:
una parola che ride-
che viene a morire nel gesto
per disegnare un respiro
riportando il campo di una lacrima
nella radura da cui riparte il filo
che appena visibile cammina
sul buco di dolcezza della yurta
si espande e si contrae,
ti assorbe
lo spiraglio che moltiplica l’amore
nel continuo movimento di un miracolo
librandosi nel cielo come un figlio,
a comporre la sua voce. Va alla gioia.
Id: 36986 Data: 22/03/2016 16:08:48
*
Buoncompleanno poetamio
Spingeremo come simurgh primordiali le nostre upupe tendendoci le ali la nostalgia del Mirabile Ruah
Alle foreste di cedri abbiamo messo il vaso acqua e rose alla fine della neve, sul campo a benedire le sementi, nello stesso punto, sotto al cuore.
Ci siamo allontanati seguendo le linee della mano. Alle pendici delle Ande c'è un riparo,
ripetevi una terra sconosciuta, Yasunì..
Apri le mani e Vieni ! faremo sapone dalle bacche masticheremo foglie colorate fino ai reni giocheremo la rayuela con le rane più piccole del mondo.
Tocca ! sanno di limone le formiche e le scimmie fanno lana, più di tutto a Yasunì
gli alberi camminano sollevando le radici come braccia, seguono la luce per otto metri al giorno. All'infinito i nostri dolori li mangeranno i funghi a pasti brevi-
Anche se da lì non vedi fuori c'è un riparo nuovo a Yasunì e sulle nostre dita, cresceranno come nidi braccia nuove l'amore impiglierà nei rami a piangere di gioia dove vuole.
Id: 35870 Data: 19/01/2016 18:06:01
*
Rimani#SaveAshrafFayadh
Benedetti dall’esistenza e dal suo peso
tra le infinite madri della luce
con la forza della tua poesia
col buio che opprime il tuo nome
faremo foreste di colonne
spingendo sulle palpebre le mani.
Nel luogo più profondo il più elevato
tu sbuchi nei polmoni, mio fratello,
con l’odore delle lettere del pane
dove l’acqua nel bianco si ritira.
Tu rimani. Nell’impossibile morire
attaccheremo al seno la tua voce
coveremo un fuoco a cielo aperto
muovendo l’aria e fosse anche un goccio
la saliva, tutto quello che ci serve,
risaliremo lungo il pozzo per la via
del fiato caldo dei tuoi versi.
“ La morte è troppo poco per sparire
gli occhi luminosi di Shabani ”
Era questo il mio pregare e ancora
con le stesse garze d’acqua sopra gli occhi
difenderemo il tuo giardino, la tua casa
la poesia nel volto di ciascuno
nel più piccolo respiro della polvere
.rimani.
Ho sottoscritto la petizione il 26 novembre 2015: Libertà per il poeta Ashraf Fayadh
Id: 35718 Data: 13/01/2016 13:15:43
*
Sei venuta nel sonno senza sogni
"…Credo del resto che questo tempo di prova sia una cupola inarcata su tutti, sia iscritto
infine nella carta del cielo che dovremmo veramente, per durare, tenere tutti la mano,
con pensieri di luce.."
Cristina Campo
Sei venuta nel sonno senza sogni
fasciata di nero e d’azzurro.
Sono nascosti i fiori.
Le spalle coperte dal vento.
L’immagine si apre silenziosa
e resta ancora un lembo
alla Certosa . Dietro le parole
c’è una strada sottile, e sottilissima
nel giardino del corpo la tua voce.
Altra nascita tocca la schiena,
con le rughe gentili le mani
-dolce croce.
Lentissimo bacio-
come ultimo segno di religione.
Ti ho portato l’odore dei muschi,
e gli occhi confusi al risveglio
dal buio denso dei boschi.
Quanta calma nel petto
se danzi di nuovo
capovolta nel solco di luce
se circoncidi un fuoco
che rischiara e conduce
dove i mesi hanno nomi bellissimi
Come un canto all’indietro risale,
dai granai delle clavicole,
al centro del sole
diventa pane, dietro il velario,
la tua Noce d’oro.
Cristina Campo Muore nella notte tra il 10 e 11 Gennaio 1977.
Vive sepolta alla Certosa di Bologna.
Oggi sono stata da lei.
Id: 35631 Data: 06/01/2016 22:39:41
*
Lombra e la grazia
* Disegno tratto da : L'anima e lo sposo, Cecilia Fasser
Id: 35573 Data: 02/01/2016 22:28:13
*
Con l’estate a capodanno
Un recitato di preghiera sul trenino un calpestio di cervi claudicandi che hanno imparato Zingiriàn
avviene al caldo
con la testa di un bambino nella luce
stretto come il vischio addosso al pino_
la quiete che fa, s'adagia sul ventre come sognando_
siamo una coppia, salendo gli dei,
tra i pezzetti di una mela luminosa piena di grazia e simile a un vapore, che il silenzio ha formato nella bocca,
che ora preme per tornare con il seme
sull’albero da cui si vede il mare.
Sul pianoro dei tre pini c'é un amante
tra gli occhi luminosi degli assenti
e la lentezza della neve che gli offro
Lo sanno le sue mani- dove sono,
dove sono nate le farfalle,
nello stesso posto io rinasco.
Ti racconterò di come entrammo
dalle vene luminose degli sposi,
per la dimora preferita, nella mandorla,
per condurre insieme i nostri anelli
a far l’amore con l’essenza del linguaggio
anteriore ad ogni lingua sulla terra
per tornare coi lumini sulle dita
e il grembo d’oro con l’estate a Capodanno.
Id: 35547 Data: 31/12/2015 19:06:08
*
A Rainer Maria Rilke
Rose, oh reiner Widerspruch
Lust,
Niemandes Schlaf zu sein
unter soviel Lidern
Rainer Maria Rilke
4 dicembre 1875- 29 dicembre 1926
Non hai posto il viso mai lo sguardo
dalla parte della carne per qualcosa
che non fosse entrato nei tuoi occhi
nella solitudine ventosa delle balze
portando in te la grande morte
come invocazione di fertilità.
Porto ancora sotto il seno
la grazia del suo reiner,
lo amo come fosse vivo,
ma non è Lui che cerco
sul sentiero di Duino,
quel che ha visto senza palpebre
nei movimenti delle rose,
sottovoce,
alle fonti ultime e sommesse della vita
nel grumo di radici che beve il buio dalla terra
preghiera, se si vuole-
nell'interno indimostrabile del canto
sempre più invisibile
come uno che risorge_
alla fine dei miei occhi,
la cui anima si sporge
sul mattino.
Id: 35531 Data: 29/12/2015 20:48:14
*
Con la fragilità degli angeli
Due lunghe strade due figure nell'erba mi accuccio dove non sono mai stata
c'è una donna che sbatte la luce dentro un mortaio... al tramonto dell’anno la posso vedere- dall'altra parte del mondo
implorando la durata della notte che s'allarga nera sopra i fogli tanto più potentemente nuda
come la più lontana delle stelle, poggiando sui talloni quel che aveva nello sguardo
viene a dirmi che ritorna dove niente è più visibile- fra gli alberi
con la fragilità che io immagino
degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria
Id: 35493 Data: 24/12/2015 19:27:02
*
Dove ora riposano le rose
Un altro alito si tende come al nulla,
camminando dal presepe, al boscovecchio,
un piede dopo l'altro, si alza muto
sulle mani giunte come un vento
che lega ramo a ramo delle statue,
delle statue piccolissime di legno
dove ora riposano le rose
c'è un momento di calma luminosa,
che inginocchia fino a terra le carezze,
scavando nella grotta dei dormienti
il muschio che risale alle radici
del paradiso, fra un uomo e la natura,
che discioglie la brina nel calore
con l'adagio più bello che conosci.
https://www.youtube.com/watch?v=Les39aIKbzE
Id: 35457 Data: 21/12/2015 19:39:05
*
Dalla parte di Dio
Ti farò dormire in una poesia
nella mia preferita stanotte
camminando con gli occhi_
a piccoli passi
con le ossa esposte
nel presepe
ancora più leggera
di un pesce d’oro a velo d’acqua,
sarai il prolungamento di un respiro
nella più semplice delle cerimonie
_condotta da un fiore nel regno dei morti
per sentire calda la vita,
distesa dalla tua voce,
dalla parte di Dio.
Id: 35380 Data: 14/12/2015 23:20:33
*
Salām
Dove il miracolo dell’albero
sul nostro vicolo cieco,
reciproco e altero ? -
Vale la pena tutto lo spazio
la paura
di quello che può fare la montagna,
l’urlo del torrente
a sommergere le piantagioni
a spostare le strade.
Nel flusso caldo del sangue
c’è un luogo interiore
che annulla ogni esterno
riflettendoci in luce
e indistinguibili volti
generati gli uni dagli altri.
Pensare a noi
è pensare a molto altro
nella pausa del respiro
c’è un lutto necessario;
fuoco e neve
in una stessa fiamma
i tuoi settantadue frantumi,
sino a traboccare
tra la terra e il cielo come vergini
il fiume più grande del mio cuore
nel tempo pieno della carne,
che domanda- hai messo fine
alla catena di pietre gelate
tenute insieme dall’odio
di un amore mancato nel seno
disperato della tua religione ?
in paradiso
Gli uomini che hai appena ammazzato
ti stanno accogliendo, non più sofferenti,
anime, come la tua, perdonata,
nel taglio più grande dell’esplosione
che ha dilaniato il tuo velo, nel Vero
vittima e figlia di sola violenza.
Come un’acqua lustrale
siete uno nel tutto,
tra le vasche saldate di creta
e migliaia di piccole piante
di semi indistinti,
fino a sfiorarvi le bocche
a respirare in un unico gesto,
abbandonati. Con te che sei rimasto
in terra vorrei fare la pace, con l’altro,
con me. Salām
Id: 35005 Data: 15/11/2015 23:41:12
*
Per rendere la rosa
E' così la grazia,
parla in un piccolo alito,
a cui la mano aggiunge il segno
nel petto, l'orma della tua poesia,
era e sta.
Con desiderio-
mentre affondi nell’inspiegabile che avviene
nelle profondità della mia carne
col piedirosso sulle spalle
come zampette di colombi ,
e un pizzico dello sciascinoso-
niente più ci separa
dall'assenza,
dove riempi d’acqua le tue mani
per dissetare le amate barbatelle
metterle a dimora allineate,
tenendo unite le radici per il verso,
con amore
per spingerle nel fondo della terra
lasciando appena fuori l’ombra
di un sorriso
batti piano e intorno
a piedi nudi
un piccolo pozzetto
per l’acqua del futuro.
C’è odore d’aramèn e dello zolfo
del sudore. La tua terra è viva
dalle falde alla tunica di pelle-
è o’ pascone, vai cantando,
il sovescio d'erbe miste per purezza
nello scasso del terreno che proteggi
ammorbidendo le radici del violetto-
col favore del tuo sole, della pioggia,
le dolci potature annodate con i rami
come fosse un modo di sfiorare,
poco prima che abbia inizio il pianto,
ed ogni volta, in sette movimenti,
sette nodi, nasce la tua vigna,
e muore, per rendere la rosa,
alleggerendo il fiato
fino all’inno.
Id: 34929 Data: 10/11/2015 23:11:21
*
Caro Simurgh
Una foresta appena nata che si alza,
e tanta luce che si china, in ogni sguardo,
tra i miei morti, e tra gli amici.
Quanto pesa ciò che è lieve... Caro Simurgh
vivo in questo canto, che rimane.
Più del vento quando gonfia tra i vestiti,
è così che mi circondano i tuoi versi,
le parole inumidite da un chiarore
vanno aprendo cavità dove il tuo volto
irrompe come un Dio, un Dio che nasce
per bere sul diaframma delle pagine.
E pregano pazienza le mie dita,
levando appena il capo, rilasciato
in un segreto linguaggio circolare-
come il crescere dei fiori tra le felci,
col respiro su un’immagine di luce
è il solo paradiso che ricorda:
nel profumo ricurvo di bellezza
li ho visti nudi addormentare gli alberi,
in cima ai ripostigli della neve,
dove si nascondono le uccelle.
Col suono delle foglie
con smisurato amore
ti segue una poesia,
ti segue, se cammini,
fino a rendere il respiro,
serve l’invisibile.
nella discesa del suo canto.
Id: 34727 Data: 22/10/2015 23:10:31
*
La sillaba mancante è l’architrave
C'è sempre qualche luce se l'aspetti,
se ti metti inginocchiato sei più grande
se risplende un pianto nudo, un solo verso
fessura l'infinito e rifiorisce
la speranza. è un libro fatto d'aria
in cui le note della voce fanno tana
illuminando il gran silenzio mentre sale
lucida, e stordita, una poesia
usando la ferita per radice
ritorna dentro gli occhi la marea,
con la folgorazione, lenta, lungo l'acqua-
le fila delle trombe insieme ai corni
i legni che si alzano alle arpe
e, come in piedi, gli archi, in cerimonia,
si uniscono alle onde- dove batte
il nome che ti manca, cristallino.
Siamo foglie che s'involano, sorelle
nell'ovunque e immensa comunione
di nitore dello sguardo, come un lampo
che spalanca gli occhi dentro il sonno-
mentre prima li chiudeva per paura-
un altro fiore rischiara nei tormenti
e fa risorgere parole tra i suoi veli
salvando l'indicibile e chi ami
Così mi abiti, e, ogni sera, io ti sento
quando mi passi il pane, con le mani,
la sillaba mancante è l'architrave
che congiunge l'invisibile a chi vedi,
come l'albero fiorito nella neve
la cecità è questa fronte, bianca,
una coltre, intorno al cuore, muta,
è il sole che attraversa la mia nebbia
sottile come un'ostia, e, come un segno
d'acqua in chiesa, scivolata tra le labbra
dove la luce non arriva
abbiamo ancora una possibilità.
Id: 34453 Data: 30/09/2015 14:21:39
*
Come un frutto allequinozio
Una danza verbale e al contempo
si metteva tra il corpo e la sua ombra
come uno di quegli alberi che mostrano
l’argento delle foglie capovolte
dal pugno della luce,
nel vento. Pregavo la durata
girando adagio il viso di un respiro
col fiore di pervinca tra i capelli.
Come ogni domenica nel bosco.
Più nulla mi velava gli occhi
sfiorando la membrana dei castagni,
la gioia mi portava sulla schiena
come una compagna, una compagna onesta.
Nel liquido splendore della sera
bevevo, toccandole la fronte.
Non ho bisogno d’altro oltre i pini,
lei era il fiore e il fiore
è ancora lei,
invisibile nel campo,
vistosa,
nella pace del dolore.
Sono pieni gli occhi , nella nebbia,
del vedere che s’innalza così lenta
così distesa e uguale, come un frutto,
all’equinozio
come un frutto, tra due foglie, che scintilla,
cadendo nella pioggia che noi diciamo morte,
tutt’uno con la terra,
portando la sua fine nella notte
la rinascita perpetua della luce.
Id: 34376 Data: 23/09/2015 00:04:47
*
Nel grumo di mistero dentro agli occhi
Saliva per dolcezza alle radici
un grumo di mistero dentro agli occhi-
qualcosa che già ha avuto voce
nel pianto dentro il sonno, in quello breve-
come il centro di un canto che si snoda
da quella buca grande che scavavo-
nei giorni lunghi della pachamama
con l’unguento di erbarenna, a piene mani,
ponendo le pietanze con le foglie
e, in cima, le più belle pietre dell’estate-
lasciando che soltanto con la luce
il corpo si schiarisse, a suo riposo.
Nella piega della bocca rasoterra
sussurrava che Dio ti benedica,
bevendo l’aria in pieno sole; appena
un fil di fumo scendeva dalla schiena
benedetta nel cuore della pianta,
tutto l’amato e tutto un cedere d’amore,
a Ferragosto -
un compito diverso di preghiera
un abbassarsi a un’altra lingua, a quasi nulla-
sulla montagna imparata in Argentina.
Come a passo di cervo nella gola
ritorno nella buca sul mio cuore
con la stessa età che ha una luna,
e lo stupore di un guerriero scalzo
a fior dell’acqua. Nella terra molle
tutto accade sottovoce-
perché il nostro peso sia leggero,
perché la pietra, appesa al collo con le rune,
diventi un aquilone al boscovecchio,
dove l’aria sostiene le mie gambe,
fra le cadute e il volo- nel risveglio,
con le nostre antiche dita in mezzo ai frutti,
come fossero parole da ripetere,
da ripetere lucenti sulle mani,
dove affondano invisibili radici
dove culmina ogni volta la vertigine,
nel grumo di mistero dentro agli occhi.
*Musica di Lévon Minassian e Armand Amar, Hovern' engan.
Id: 34144 Data: 03/09/2015 21:13:12
*
Un piccolo perpetuo sulla lingua
Fece un attimo di pausa,
prima di continuare tra le viti
con un sorta di radice da tirarsi dietro
a distanza di un braccio dalla schiena,
nel fascio preciso della luce
accumulando energia
sulla punta delle dita.
Con un procedere rituale,
come a incanalare pace
in un punto d'unione la sua musica vibrò,
come fosse uno stendardo,
afferrando della gioia nell’intarsio
delle pieghe,
un segreto per l’occhio della mente.
Non c'è modo di parlarne
se non per paragone a qualcosa che conosco;
come tamburi colpiti da sussurri
intrecciava con le viti una poesia
un ricamo argenteo sulle vene
dell’acqua, in mezzo al piccolo frutteto
avvolgendo le mie ossa con i fili
con i lacci di un canto nel silenzio,
lo stesso di una stanza di un bambino
quando dorme
spostando l’aria col respiro.
C’è una vita leggerissima da allora
nello stagno di narimi,
una staziona segreta che rimane
un piccolo perpetuo sulla lingua,
nel barlume che raggiunge
il suo splendore.
Fra gli sguardi del sole io ritorno
nelle ombre assegnate
una mussola in preghiera ed argentina,
nel ventre smisurato del mio bosco
dei cervi muti, custodi di vocali,
dove la corsa finisce in un miracolo
e il suo corpo uno strumento che congiunge
a voce bassa dei semplici bambini
che si sporgono nel nulla
ad occhi chiari
dalla cima dell’ultima parola,
con un dire lungo i lati delle labbra
la vita vince sempre su ogni uno,
con un filo, rosso, che ci lega
nel seme del tacito affidarsi.
Id: 33899 Data: 09/08/2015 23:04:05
*
In ogni più piccola voce
Non credere sia mortale
l'eternità di cose remote-
Non c'è punto che non veda
del suo sguardo,
tutto respira tutto ringrazia.
Eppure viene solo da una tenda
di perline mosse per il vento
lo scintillio degli occhi,
come di un animale
quando si avvicina al buio,
restituendo doglie. Resta
e splende, nel mezzo,
come una donna illuminata
tra il sogno e la sua comprensione -
non scintillerebbe sulla pelle
fino a esplodere,
mettendo pace.
È invisibile il senso di una luce
viva che continua al buio
il coraggio nella mano
poco fa ancora vuota.
La terribile bellezza che si compie
occupa spazio e si muove nel tempo,
tra quello stordimento
che prende chi non sa,
nel luogo in cui è giunto,
cosa rispondere, pronto a dire:
con tutta la vita, con solo la vita
testimonio il cuore di un canto,
che quasi cade per troppa impazienza
di vedere con gli occhi di Dio
i nomi per lei,
in cui tutto trasforma
e mantiene.
Come tornare all'eterna fontana,
ricomincia così la poesia,
in quel lento riandare di versi,
ascoltando il suo corpo invisibile,
come strumento in preghiera-
che piange
che danza che ama che ride,
e si offre, cercando il respiro
mai interrotto coi morti.
Lungo la madre dei fiumi,
tormentata da dighe, così
quando il vento la muove,
oltre la luce più bassa,
risplende il suo sguardo
altre vite
ad accogliere orme,
e lei, che si apre,
in ogni più piccola voce.
Id: 33849 Data: 04/08/2015 12:55:46
*
Avevi degli angeli alle labbra
Ti scrivevo:
" Un solo giorno ancora
da colmare
sostiene l’Anno
sull’orlo della vista "
scuote un soffio tra i miei seni
di tre anni senza fine,
più del Nome chiama
ciò che resta di ogni goccia
delle mie ninive amate
nascoste nella stanza,
le garze d’acqua che porgevo
le hai scambiate col bicchiere-
aprendo le tue mani come ali
le alzavi fino al viso - inesistente,
afferrando l’aria di cristallo
portavi come un peso
dal deserto della gola
all’invisibile di luce
non so fin dove, madremia,
perché avevi degli angeli alle labbra,
la grazia nel tenere niente,
il mistero delle egrette sacre
a bere Nulla
con immagini prodotte dal respiro
l'unità sfiorata
è la distanza più incolmabile,
se riempio questa sera
di vigilia,
la ciotola col latte nel giardino,
e suono intorno-
un lamento circolare
nello sguardo ebbro di sentire
quel vuoto lieve tra le mani,
di bianchissimi elefanti nella gola-
cosa resta dell’assenza
come spazio
del suo Essere sublime.
Mi avvicino solo di un millimetro
che tutto può colmare
Id: 33747 Data: 27/07/2015 00:00:18
*
A comporre la mia voce
A cantare tra le mani lentamente-
con una voce millenaria intorno al garbha,
che mi penetra, profondo, che soggiorna,
annullando il lungo viaggio e chi ne esce
con l’occhio libero da ogni reticenza
ed un segreto svelato dal respiro
unito al nome ripetuto con sorpresa-
bastano i miei occhi come case
come case piccolissime invisibili
che conducono ad altre tante case
per folate di canto. Intorno al cerchio,
a tratti scende ancora il suo profumo,
sulla pezza di seta rossa di ogni sera.
Mi unisco a lei,
che più non muore tra i papaveri,
mentre soffia l'uva dove vuole
coi grappoli enormi
appesi ai bastoni.
E' l’eco vivente di tutti gli odori
il digiuno,
la benedizione per i campi del sudore,
quieta e potente preghiera,
al mio sguardo. La stessa mitezza
in tutto si contrae
poi si distende, ricominciando
come tamburi d’acqua dei pigmei,
quando curvi sopra il fiume la percuotono,
da farne musica
ti guardo, finita la mia luce,
immersa nel presente :
porti avvolte sulla testa le tue reti,
e non inciampi,
nel passaggio stretto delle piste,
dove io leggera cado ad ogni ramo
per raccogliere del miele sulle mani,
le foglie verdi in fumo per le api.
Sul buco di dolcezza ancora strappo
un pezzo piccolissimo di favo,
lanciandolo nel cielo, e, solo dopo,
all'imbrunire,
prendo a succhiare il lembo della garza,
tumida e inzuppata -
non è impossibile andare più lontano
del grande cerchio tra i fiori e le radici,
se siamo stati tanto nudi e veri
da avere accolto in noi anche il bisogno
di essere amati, e riposare scalzi,
nelle braccia di un altro, vulnerabili,
col diaframma aperto e insieme uguale
solo al desiderio di fiorire,
se quando perdiamo una cosa cara
esclamiamo così, semplicemente,
"è andata via da noi".
C’è un segno lontano sul mio petto,
una linea sottilissima di gioia
in lotta col colore che ora scrive
schiarendosi lo spazio, poi ritorna
col duro esercizio delle sbarre,
e una ghirlanda,
nel bianco silenzio delle querce,
come in canto
è la bellezza a meritare
mentre vola la terra in mezzo al cielo
confermando la vocazione dello sguardo
il continuo movimento in un miracolo
:
la porziuncola di pace tra le celle
e lo spiraglio
che moltiplica l’amore,
nel misterioso dispensiere di vivande,
è il sapore di una mano nuova,
la lingua calda nelle sue profondità,
dimentica di sete e della fame,
quando avanzano le ombre sopra i piedi.
Sui prati rosa si posa adesso un velo,
e appena visibile cammina,
superando ogni ricordo,
nel sole della sera,
poi solo un luccichio, che si spegne
indebolendo le mie forze per tacere,
per rendere leggera questa veglia
alla notte del destino. Torneranno
torneranno nelle ali luminosi
gli angeli “a comporre la mia voce ”.
Id: 33579 Data: 14/07/2015 23:16:24
*
Uccideteci tutti, e poi seppelliteci qui.
Tradì la vetta spoglia della cerchia
il ferro nelle vene, a cielo aperto,
e la cenere nel fondo della veglia
fece nero il verde fitto nella falda.
Un Mato Grosso la notte sui capelli,
il taglio delle mani col cavo più sottile.
Piegando l'occhio nel silenzio vivo
le ferite minerarie. E ad ogni stella,
ora, invoco il mio massacro,
come Guaraní, nella fossa comune.
Le piste dei sogni, le vie dei canti antenati
non avranno nessuna piramide a memoria
se non il suono più prezioso ed immortale
della lingua sorridente sotto un albero
che cammina, raccogliendo semi,
e ancora la fonte del luogo di donne
che piangono in canto come sante,
o fantasmi, che sanno attaccare
ognuna al suo seno le scimmie
urlatrici, e i piccoli maiali
che hanno allattato la foresta più fitta,
sbriciolata in pane terribile
nelle tasche di tutti. Voialtri,
come ladri, ci avete tolto la libertà,
ma noi viaggeremo danzando,
nel fango finendo per brillare
a cielo aperto.
Id: 33321 Data: 28/06/2015 22:53:01
*
Ho sognato Hashem Shabani
Ognuno è vicino alla sua polvere
di ricchezze private, di carezze
intimamente clamorose-
l’ossigeno, e due pietre
nude, sotto il sole
più lungo della notte
ho sognato Ashem Shabani
Altro non è lo sguardo azzurro
la mia visione umile improvvisa,
tra una luce sfiorata e la penombra,
un destino impronunciabile che chiama
la vita nuda gioia di una voce
benedetta dall'esistenza e dal suo peso
come nulla è vero ammutolisco
e sciolgo le domande nella cera
con le mani più infantili che conosco;
mi ripeti “ovunque sei
esisti se sorridi
tra le infinite madri della luce
con la lingua della lupa che altri lupi
hanno già percorso, con i lasciti
e le urine. Da qui ricominciamo
bagnando i nostri sessi nell’ascolto."
Il succo delle arance dentro agli occhi
spingendo sulle palpebre le mani-
alzava al mio risveglio quella voce
mutando le parole con la pelle-
e un fascio di capelli nello sguardo
per svelare ciò che in ultimo ci copre
dove l'aquila si ciba del leone,
nel luogo più profondo, il più elevato,
che sbuca nei polmoni come in piena,
con l’odore, poi, nel suo silenzio.
Senza chiedere o rispondere di quando
il nostro petto stava unito a meraviglia
come se fosse già detto o l’indicibile
mostrasse in una luce comprensibile
la grazia del contatto. Sei tu stesso,
se un alito distacca la radice
di tutto ciò che sulla terra cresce,
lo scavo nella carne e quel riparo
dove posso saltare nella luce
che si apre per l’ebbrezza, e la violenza,
tra il nome che rimane e chi va via
nel buio che precede l’innocenza,
è il miele alla Signora dell’agave
dove l'acqua nel bianco si ritira,
nel bianco delle rose di un'altura,
nel nostro impossibile morire.
Id: 33320 Data: 28/06/2015 22:52:27
*
Nido nel nido
È lei che dona il fiato-
nel momento stesso in cui rivela
che stiamo soffocando
stretti alla sua terra,
nel sottosuolo della lingua
nella quiete degli specchi-
l'anima - e le mani,
quanto più difetta la ragione,
di quando sei innocente-
nello stesso paradiso conosciuto
dove continuare nell'unione
della terra
-ad ogni orgasmo non perdiamo la purezza,
che ci copre come un abito di lana
dalle sferzate dei nostri padri, e Dii
gelosi di quando entriamo in fondo
al petto, stiamo solo passeggiando,
fra cieli e terre, con l'imene intatto,
sull'impronta del più piccolo respiro-
non lasciare che la luce di un oscuro
abbassi le tue braccia
come i gigli d'oro alle bambine,
in piccole tombe, senza avvenimenti,
di ogni ultimo accadere non c'è dramma
che addomestichi le cose,
loro nuotano, o si alzano, nel nulla
danzano...!
scavando nella gola come un nido
un urlo folle di gioia lancinante,
in cui ogni singola parola
è non un'altra che ricorda,
ma sei tu
fino al nudo, nel principio,
senza più separazione-
alla fine delle acque,
formando come un arco,
che si spalanca
grondando sangue,
la nostra sposa.
Id: 33111 Data: 16/06/2015 20:05:11
*
Un grano d’oro che rinfresca il viso
Puoi penetrare l’invisibile da sveglio
con un'onda trasparente di chiarezza
passando come un lampo per il cuore
trattenuto per segreto. E prova
a guardare- non c'è spazio,
dov'è il rigagnolo, e cammini,
per le profondità del senso,
per luminose intensità,
superando la montagna
da parte a parte,
sulle corde delle fontanelle-
l’ombra che ritorna fino al colmo,
il filo di seta che attraversa i polsi,
non potrà mai scomparire.
Se non sai dov’è che scorre,
puoi accostare l’orecchio per capire
dove verrà alla luce,
difendendo il luogo, il giardino, la tua casa
e il giovano pero. Ridursi è gioia
ad ali tese, se ti sfuggisse il mormorio,
il sussurro del ventilabro. E' questo,
non altro il suo volto indistinto e più piccolo
di una mano aperta. Tocca un unico dito
afferrando con la luce le figure
per metterle sul bianco della pula
e volar via
L’inverosimile sparisce
col movimento irregolare delle palpebre
senza immagini o pensiero
se tieni gli occhi dentro fino in fondo
per farti divorare
da tutta la visione-
finchè cade d' improvviso e si ritrae
per non essere nominata
più sacra di qualsiasi Dio,
tanto violentemente intima
in bellezza:
è un fuoco acceso nel mare sommergente,
dagli animali alla sapienza della piante
agli abissi minerali del tuo essere-
nel centro tellurico dell’anima,
dov’è acciambellata come sposa
quando si dilata io ti vedo,
nel più piccolo respiro della polvere,
un grano d'oro che rinfresca il viso,
donatore felice.
Id: 32953 Data: 07/06/2015 15:39:22
*
Ederlezi * per Hashem Shabani
Sa come aprirsi nell'inferno
il canto degli angeli che amiamo
Muove l'aria e cova un fuoco
dal goccio di saliva tra gli spari
risalendo lungo il pozzo un fiato caldo,
oltre le catene dei guardiani
contendenti la conchiglia dei midolli,
per raggiungere la gola e dire ancora
la morte è troppo poco per sparire
l'occhio luminoso dei Shabani
le loro mani bianche danno frutti
srotolando la stoffa delle mummie
con le ali ripiegate del ricordo
ci scambiamo l'avvenire e dai pertugi
apriremo la yurta in fondo al cielo
leggendo sul labiale il nostro nome
come cresce al centro del sentiero
saremo una farfalla dentro il fiume
dal fango per ricominciare
costruiremo nuove scale,
da uno strato di pelle con l'argilla,
per alzare ancora con la penna
lo splendore del grano e in pieno sole
per l'unione delle forze canteremo
un ederlezi come fosse il suo natale.
In memoria di Hashem Shabani, giovane poeta iraniano accusato di "essere in guerra contro Dio" giustiziato con l'accusa di scrivere in arabo tradurre i testi farsi in arabo e di corrompere e sovvertire la religione con i suoi versi.
Id: 32889 Data: 04/06/2015 15:12:11
*
La morte è troppo poco
Con la forza della tua poesia
tutto quello che ci serve
è il respiro
che non lega a sé la gioia
ma la bacia
in volo
Adesso che non so più niente,
adesso che siedo
esitante
tra il centro e le mie mani
la vedo.
E pugnalo il mio lutto
perché entri la luce
di una garza d’acqua sugli occhi,
un velo; intanto la stanza
dietro le spalle si vuota,
immensa sorella,
di inutili oggetti
imparo la bufera delle ali
alle caviglie
il tuono dorato sulle dita
del volgersi a guardare,
quando in un unico volto
combaciano i visi del mondo
con le vene azzurrine sui piedi
con il gesto più piccolo che ho
prendo congedo
per toccare la terra dove mi lasci,
randagia in eterno,
sulla polvere ardente il tuo segno:
farò nuovi boschi con le ferite,
col buio che preme, un io che tace,
attorno al minuscolo punto di luce
un nuovo pane, nel suo ombelico
preparando una nascita
con l’orgasmo pieno dei bambini
rivolto all’universo, ti offrirò
l’ognivolta che qualcuno
si sporge verso un altro
nello spazio, credimi, se puoi,
la morte è troppo poco
per finire il nostro amore,
col suo tocco
infinitamente lieve
indimostrabile.
Id: 32801 Data: 30/05/2015 22:29:31
*
Quelle cose ancor più deboli dell’erba
C’è quindi la pioggia,
l’acuto di un gabbiano
a contare i battiti.
Tu sei ancora appoggiato a quel tavolo di legno
a desiderare forti nevicate.
I miei piedi confermano il freddo,
la carne cruda d’inverno, che nutro,
mentre la sete e il bambino oltre il cielo
volano, tra mille bambini dai corpi celesti
di secoli. Sono tornata indietro, stanotte,
ore e ore, con la disciplina di un’ape,
per legare in cima alle spighe i fazzoletti
cosparsi di fiori in mezzo alla betulle
Ma tu resti appoggiato al tuo legno,
non vuoi sentire tra le mani
quelle cose ancor più deboli dell’erba,
dove si sta per nascere ringiovanendo
con gli occhi pieni d’antichità,
di selvaggia allegria.
Le mie pupille nere sono due ruscelli
che si raccontano segreti
mentre sbatto minuscole ali
con la canzone che cerca qualcuno,
il lampo di candore, nella pioggia
ti avrei scritto molto tempo fa
i nostri nomi protesi,
impossibili da distinguere,
sulle labbra;
non serve altro
a tacere tra gli alberi lucenti-
la gioia nasce prima
della gola che si apre,
pronta a bisbigliare l’ultima parola,
amore
nel buio sconosciuto
la morte è un abbaglio,
nel luogo dove si posa
sparge l’acqua
con una pioggia fitta
e due fiori di neve
nel volto di ciascuno
c’è molto che muore
restituendo vita all’origine,
là, dove il canto rimane,
il gabbiano si sposa
inclinando con la luce
e senza fine..brilla
Id: 32735 Data: 28/05/2015 15:28:53
*
Ogni volta che ti vedo eternamente
Col viso accolto nel silenzio
mi hai mostrato come fare
a raccogliere i fiori delle felci
con le mani a lume della luna,
come un’ostia, immersa dentro i fossi,
contro l’erba dello smarrimento
quando benedicevi la vallata
nel più semplice dei riti all’orizzonte
seguendo i vitelli al primo pascolo
con i semi alzavi una canzone
madida d’eterno. la tua gioia, ora,
come un’erica che sbuca nell’inverno,
cammina a piedi giunti col mio pane-
una mano smuove il filo del silenzio
e si lascia cadere nello sguardo
qualcosa di esistente come il nulla
negli steli più lontani, in cima agli alberi-
legandoci al passato ed in avanti
giacendo accanto a noi, come una bestia,
conosco l'ampio dorso del silenzio,
un animale sempre vivo
quando sporge nella sera e s'inabissa
nel profondo della pancia, lentamente,
quasi fosse un suo risvolto
per quanta cura c’è, e discrezione,
nel tu del gesto che mi ascolta-
come un nido che sognando
inizia per cantare nello spazio
sporgendo le sue ali come fiori
propagando a fondo lo splendore
che accompagna e segue ogni parola,
l'indicibile che abita nel verbo,
che ricopre la risposta trasparente
quando torna a trattenersi nel respiro,
nel paradiso delle voci impercettibili
Così ti parlo, clandestina,
nei miei piccoli campi della luce,
godendo fino all’estasi dell’ombra
per assumere le nostre solitudini
a legame disumano, in questa vastità:
faremo un altro viaggio e un canto nuovo
allargando gli occhi chiari come pozzi
per i fiori trasparenti delle felci
ci fermeremo alla stazione delle immagini
raccogliendo il tempo in unità
si chiuderà la notte,
come fanno le stagioni sui ciliegi
quando il bianco appare d’improvviso
e il verde va da un albero a quell'altro,
finché una lacrima compare,
finché la rende visibile una luce,
facendo l’arco e ricadendo come neve
per quando sarà grande, per quando tornerà
a sprofondarci dentro, smisurata
riprendendo la poesia, nella parte dell'inizio
risorgendo originaria la parola
ogni volta che ti vedo -
eternamente.
Id: 32667 Data: 25/05/2015 15:32:11
*
Dentro le tue mani
C’è la questione del passato,
uno stato glorioso,
quando non respiravi.
Fino al nulla puoi ricordare
senza memoria cosa facevi
otto giorni prima di entrare
nel grembo di tua madre,
dove hai chiuso gli occhi
e sei scomparso
un essere. A volte si sente bene
la pelle,
è il nascondiglio della tua illuminazione,
l’universo che tu sei nel sonno,
nel sonno profondo della veglia.
Dallo spioncino puoi vedere
dal filo d’erba all’infinito
il genitore, l'ultimo, senz’occhi,
il testimone solo, la radice,
che avanzando retrocede,
come un mantra,
che affonda in cerca d’acqua
Se posi qui la mano,
se bevi la preistoria tra le ossa,
il caldo umano che ti offre
è la poesia
che da te si leva, e dappertutto
riposa le dita dell’amore,
nel cavo dell’onda,
i tuoi fragili piedi. Sulla montagna
strappa il cervo irredento
alla morte dell’eterno,
gridando la parola favolosa
nella gola del torrente
donando il nostro nome
come fosse una culla
dove va a posare il mormorio
della prima goccia d’acqua.
Proprio dentro le tue mani
palpita la gioia
tra vergogna e riso
sorregge gli sposi
con le fiaccole negli occhi
Id: 32619 Data: 23/05/2015 14:27:09
*
Come fa l’arcobaleno a venir fuori
Fa vedere l’anima
di spalle
senza bisogno di voltarsi,
con la schiena incurvata sopra il secchio
mentre gira l'orzo con le braccia
e le mani come a trattenere
seni gonfi di latte.
Ha una voce d’amore
il fiato caldo tra le scapole
ricostruisce l’unità
nel più semplice disegno.
Comincia con le orecchie la sua storia,
la discesa dolce in fondo al ventre
di un padre col neonato sul capezzolo,
quando preme l’esile membrana
del risveglio,
il verso non formato ancora
e la carezza,
che dovrà percorrere la mano,
dallo specchio al volto.
-mi sono amata tanto,
per amare,
ho leccato il sale in prossimità del suolo
mi sono vista fiume ed alveo vuoto
poi ancora acqua e dèi,
la linfa dell’ulivo,
un vino nero senza Dio. Negli occhi
il senso misterioso delle uccelle
quando covano nel ghiaccio
i rami rigidi dei pini,
il grido delle foglie di oleandro
finchè un cervo
in mezzo al petto
trattenuto dal morire
non mi venne a respirare con violenza
fra le ossa
in questo mondo. E' così la morte,
un solo chicco,
ma la risaia è immensa, e oltre il cuore
c’è un bambino-
nel crampo della pancia,
il suo puntare nella stalla
a chiamare gli animali con la gioia
appoggiata sulle mani-
che risale le rapide del fiume.
Lui solo può cantare
come fa l’arcobaleno a venir fuori,
col profumo ricurvo di bellezza,
la splendente creatura
che da basso,
più forte di una forma,
riverbera l’eterno.
Id: 32514 Data: 17/05/2015 19:04:27
*
Amen
Scintilla come un volto l’Appennino
col forcale appoggiato tra la schiena
e il primo taglio della medica per terra.
Premendo il bosco nella pelle
entra un’anima nel grano dove il melo
con la sinistra scrive :- " Tu rimani.
Non barattare la corteccia di betulla."
Quel po’ di luce lenta che risale
dalle mie più piccole ferite
è lo splendore del punto sopra i fianchi,
che conosce ogni goccia di sudore,
dov’è la madre, in alto, e le due mani,
meravigliose, hanno un nuovo nome.
Non è un semplice ricordo,
è l’altra vita, che si ravviva poco a poco,
dove ci porta a bere. Una pienezza cieca
cammina ferma nel niente delle parti
più tenere dell’erba.
Vedi..? passano gli occhi !
- Certo, è stato il vento- Mi dirai
domani-. Qualunque cosa sia
ci sono segni sul suo capo
come fosse entrata nella carne
di un’altra creatura. Può sembrare
un miracolo, ma, credimi, è il contrario;
gli occhi amati ci restituiscono
l’intero, tutto chiaro e battezzato
nella corrente primitiva della carne,
mostrandoci nel campo come un segno
che anticipa la medica per terra,
per dire del dolore, per ciò che fa
dell’anima un compagno-
tornando verso casa.
Voglio salire alla radice azzurra,
alla rètina grande del cielo,
al silenzio finale
della madre seduta
dove il verde è più scuro,
da parte a parte. Dov'è
il momento più bello per pregare
danzando al bordo del campo,
lungo i sentieri delle formiche.
Quanto vento può nascere da un battito
di un’Ave Maria lungo i filari?
Ohh...quel chiaro dell'aria, che trema
sui petali dei mandorli, leggera,
sono gli scriccioli sbocciati tra le dita,
e il silenzio sui colori che rimanda
ad accogliere la voce dalle mani
lasciando scivolare i grani scuri,
prolungando la vita alle formiche.
C'è una musica sensuale che si apre
dove posa il chicco più sottile:
“Siamo noi quel luogo che rimane,
che ci domanda ascolto, e poi il fiato”.
Con la trasparenza nella bocca
il tuo viso è una parola,
un largo d’aria
lieve, nella discesa del suo canto,
l’ombra amata che fa vibrare Amen.
Id: 32474 Data: 14/05/2015 23:50:59
*
La canzone del liocorno
Così lei carezzava le piante,
districando ogni sera i capelli
coi palmi aperti
lasciando passare i fili lunghi
tra le dita, nella stanza.
La vedevo ripetendo una canzone,
la canzone del liocorno, tanto fonda
da poterla tacere. Ogni singola mano
è racchiusa in quei versi,
tra la giovane salvia e il cotone,
per dare ancora un nome,
fin nelle pieghe del sottrarsi,
all’oblio materno dell’alba,
e farlo crescere nel regno
di quelli-dai-lunghi-capelli-
Ritornava con le ginocchia bagnate,
e il corpo verde di una parola
“ sia fatta la tua volontà”
usando il respiro
umile,
a terra, nuda.
Tu la chiami penitenza.
Ma, se raccogli senza peso quelle sillabe
seguendo le sue palpebre nel buio
la sentirai piantata tra le zolle
che allatta le sue piante a seni dritti
ed altra acqua, la pupilla,
che risale per le dita con dolcezza
il profilo di qualcuno, fino al viso,
di chi scioglieva i nodi tra i capelli,
in piena luce
Id: 32425 Data: 11/05/2015 23:45:24
*
Nello scambio del sangue con la luce
Ho lavorato con la morte dei tuoi occhi,
la porta stretta di questo mio cercare
il simurgh nel mio cuore
Tre anni e un filo lungo di esercizi
stretti tra le dita, cristallini.
Di tanto ho fatto lunghi i miei capelli
ad ogni anello degli alberi che amo.
Mi sono preparata per sparire dalle stanze
a risalire l’aria verso il buio
per trascinare l’eco della luce
e più di tutto
a muovere il tuo corpo sulla tela
facendo un cerchio lento con le dita,
allora, sento che respiri e stai per dire
qualcosa d’invisibile, una cura.
Come cibo non un’ombra di pensiero
si distende sulla vita con un seme
stordito dalla grazia che traspare
mentre alziamo i fili d’erba dei segreti,
come fossero le teste di bambini
con le bocche socchiuse in armonia
tra una crisalide e la rosa ricomposta
c’è un dono che si sporge dalle labbra,
danzando per minuscole fiammelle
da un punto di paura allo splendore:
afferrami le maniche stanotte,
perché ritorni sempre alla tua festa
la paura negli occhi a fare il gesto
che chiude il forno nero con il fuoco,
scompiglia i miei capelli con la forza,
come un’acqua che nasce dalla spinta,
dal dolore dentro i sassi, mentre sogno.
Mi sveglierà la tua voce nel torace
nel violento calore la freschezza
di una pianta che s'infila nei vestiti
nello scambio del sangue con la luce.
Id: 32389 Data: 10/05/2015 00:16:11
*
Benandante..
- Muta nei dialetti, la camicia,
l’innominabile placenta,
la tua paura, d’Uomo. Sacro
per te è l'orribile,
l'inconoscibile del sesso, dove vita e morte ci confondono nel Celeste del bambino.-
Siete venuti spinti dalla palude,
avvolti nel sacco d’acque scure, inconoscibili, tanto uguali
nella grotta tiepida.
Nati due volte, tu
e l'altro te stesso,
dipinti d'ocra rossa.
Danzando su un filo,
vi ha partorito e stava
come essere il tuo doppio, spirando nel cordone, nella pancia
ti ha donato il cuore,
tua celeste comunione, ostia nel mare della vita. Soffio originale,
poco più di un grano in erba
quando ti hanno svelato l'anima
d'uccello,
la consegna tra le mani: il benandante
che tu sei. Un foro,
numinoso dietro il collo,
che sospende ancora il fiato,
quando senti le chiamate
che ti fanno volare profondissimo, a combattere gli spiriti
che tengon l'erba bassa, che non fanno alzare il pane
nelle notti.
"Non gettare la placenta! "
ordinava bisbigliando senza denti
quella zingara nel campo di mia nonna "lasciala fiorire insieme al mirto,
dove la nughedda ha fatto un buco,
sul fianco della mèndula. Vivrà,
se attraverso vi corre quel bambino
sugli alberi. Lo vedrai salire,
scendere la sera in una foglia,
disegnando un otto sull'erba,
schiarendo negli occhi il riflesso
di una poesia.
Id: 32335 Data: 07/05/2015 18:06:57
*
Conto ancora in sardo
Molto ferita. Piano, piano,
è un cambio di pelle lo sguardo-
si direbbe una musica
l’impronta più duratura
che lascia
è un balzo
ed insieme un ritorno
alla casa-
l’accordo con qualcosa
di più ampio
Annuso. Ti tasto. Assaporo
il tuo sentire. Mano a mano
un verde aperto d’improvviso
un animale quando fiuta un verso
che non s’abitua, che non si ripete.
Faccia a faccia col mistero.
Non sei più
la driade dell’albero che amo,
la sua altezza,
l’albero sei tu
che mi vieni incontro nel silenzio,
nel silenzio fresco senza forma,
che abbracci tutti i nomi che conosco
Nell’attesa, che si fa poesia,
c’è grazia.
Mi basta sapere che resiste
un raggio segreto dello sguardo
con un cerchio d’aria sopra il capo
"una febbre leggera"
e le pietre cascate nell’acqua
formano un velo che abbaglia
là
dovrebbe trovarsi la tua fronte.
Solo allora
se batto coi talloni
seduta sulla tavola
solo allora se
c o n t o a n c o r a i n s a r d o:
quando vieni-
più spingo al buio
le radici
sulla bocca
più vedo il tuo albero
salire
dalla luce.
Id: 32264 Data: 03/05/2015 14:54:27
*
Nella partenza di Beltane
Nella casa del Toro, la quindicesima,
conducevo il bestiame ai falò,
il grande cervo alla sua sposa.
Mi portavi dentro maggio, incandescente,
con le bacche di ginepro e di lillà
nell'orifiamma impuro della chioma,
aprendo il grembo dei colori, penetravi
purificando l’eros, con audacia,
l’amorosa ondata in seno
palpitante di io sono
dove si nasconde un Dio
Se tocco con le ceneri la bocca,
gridando come fiera il desiderio,
così limpida diviene la memoria,
e la voce fiorisce dalla terra
come ruote dorate tra le braccia,
andando più lontano della fede,
sul fiore stesso lei si adagia, e gode,
mangiando il vino più profondo del pensiero,
nutrendo gli occhi. Fino all'allucinazione
il femminile cinge il forte verso l’osso,
sradicando ciò che non è ebbrezza,
per andare al centro della rosa
per introdurti nel ventre di mia madre,
rompendo il guscio al mistero dell'estate.
-Nella casa del pane occorre fame,
come linfa dopo ogni regressione
nell'occulto dell' inverno. Non è forse
il chicco del tuo grano il figlio stesso
di chi lo suda con la forza,
con la fecondità del toro,
disposto ad aprire le sue viscere
Al torrente di Gihon?- Salendo sposi
c'è un sabbat
nella partenza di Beltane
che anticipa l’aurora:
da un’altra altezza si può amare
da qualche parte nel profondo
congiungendo alla passione la purezza
come il corpo della donna, che vibrando
della luce della carne liberata,
copre il Cristo in una stoffa, nuda.
E tutto è nuovamente
senza fare mistero del segreto,
prendiamo ancora il volto che avevamo,
la spinta d'amore, prima di nascere.
Id: 32228 Data: 01/05/2015 15:55:44
*
Più pura la perdita
Manchi. Dolorosa.
Perché ancora dobbiamo cantare,
Cantare e le stringhe degli astri
Più alti dell'abbandono più alti
Della spina tagliente di tramontana
Offriranno riparo, senza lamento-
Il punto di partenza della voce è fermo-
Rimane il secchio d'acqua che ti porto
la vibrazione del legame. Rimane la sete
in un sottile movimento lungo il taglio
degli occhi di betulla che ricordo.
La vecchiaballerina. Nel lucido smagliante
che s'attacca agli occhi. E' la mia mano
che conta gli anni poco a poco
a mangiare la luce del dolore
dove non sono più i tuoi seni.
Mi segno con le briciole la fronte,
con la polvere che viene dal suo dentro
i suoi capelli morti. Quasi al cuore
rannicchiata nella solitudine
di una bestia.
Vorrei leccare le radici per scaldarla
per danzare alla sua altezza e deglutire.
Finchè dal fondo mi alzo in piedi.
Mettendo pace. Si ramifica leggera
più pura la perdita.
Id: 32142 Data: 25/04/2015 22:10:29
*
Nel rosso dei papaveri da frutto
Una notte intera ferma poco
l’uovo luminoso da cui nasce,
lasciando buchi
in ondate che si estinguono
come allunga la mano alla mia tesa,
capace di splendori. Come pazza
mostravo tra le mani una canzone
contemplando un'altra forma dell’amore,
come un Dio inabissato che risorge
con la freccia inavvertita, che non brucia.
Un evento naturale. - mi ripeti-
Custodiremo questa grazia pura.
La bianca, ancora intattatra le dita,
distribuendosi in un’ombra appena nata
del bambino dell'albero e l'uccello,
ci rimanda nell'orecchio l'amicizia,
la parola favolosa sulla carta,
col suo nome primitivo prende forza
offrendoci la gola, schiena a terra
nel viso silenzioso dell'infanzia.
Senza paura ci scambiamo il sangue
con le dita passate sulle labbra,
appena incise con la pietra, rosa.
la vertigine è il linguaggio,
più argentea del lulan mosso dal vento
più madre di una lepre nella tana,
una tigre nata al buio della bocca
quando porge il muso insanguinata
e muore
affidandosi al segreto: che rimane
è un calpestio di cervi nelle vene-
nello stadio del respiro fuoribordo,
una danza nelle fiamme per soffiare
col silenzio sulle spalle di un monsone-
purificati, senza entrar nel Nilo,
nel rosso mistico dei papaveri da frutto,
con la grazia più violenta, far l'amore
in una via qualunque del mattino
con la lingua colata nella vita,
per donare, con la bocca ancora calda,
la mistura di una luce così intensa
-nell'acuta tensione, nel contagio,
ha qualcosa di talmente oscuro
l'odore della nostra cerimonia
che confonde il senso fino a quell’istante
cieco col vedere che si accende
da se stesso, che s’incide come carne
che raccoglie la bellezza.
E tutto è obliquo, come il mio tremare
che non cessa di discendere e curvarsi,
in ogni anfratto scuro, trascinando
con sé il tempo, dove l’iride risplende
senza distinzione, fecondando
il gemito, il sussurro destinato :
allora il punto più vicino della terra
non è il punto del cielo più lontano,
di qui la pace che discende
del mio sentirmi insieme allo scoperto
e al centro di me stessa. La parola,
liberata dal linguaggio
non è lontana dal silenzio
e comunione
Id: 32096 Data: 23/04/2015 14:45:36
*
Dal silenzio a te
Tende verso il cielo e si ritrae
come un fiore viola al temporale
sbandato sotto il peso delle bestie
poi s'inchina profumando lentamente
un'ombra consacrata sopra i polsi
circondando la mia gola di scintille
levate verso l'alto dei tre pini.
E' un rito tra la nebbia che mi ferma
ancora calda nel vapore del mattino
che ingrandisce la solitudine dei pini
come davanti a troppa lontananza
restituendo il grigio una tempesta.
Ti ho sognato che sognavi di esser pieno
di bambini sui tuoi fianchi nella nebbia
sei venuto con un canto, un ederlezi
tra le gambe volteggiavi sulla cima
per scoprire nelle mani cristalline
l'addio del celibato al primo sole.
La goccia primitiva che ti bagna
la bellezza nel lavoro del mattino
scoprendoti le forme dell'origine
si dispone a far risplendere sui piedi
il nudo che celavi come un frutto
tutto s'innalza e tutto si riapre
respirando i loro corpi nuove lingue.
Appena giunte all'orlo già scomparse
mi discendono due lacrime col vento,
a corona del silenzio sopra il verde
il pianoro, un grembo arcuato dentro gli occhi,
le sue vene dei giovani sentieri
dischiusi con dolcezza nella nebbia
e - dal silenzio a te-... mi ascolto dire
a passi lenti la discesa appena giorno
appena snebbia la visione un'altra volta
il bagliore nella mano mi risponde
con la spietata tenerezza della luce:
il vento e i sogni non si possono fermare.
Piego e annodo dentro i pugni questo grido
le mie impronte con l'argilla del dolore
nodo e dono che conosco per legare
all'origine del viaggio il nostro seme.
Id: 32016 Data: 19/04/2015 23:43:35
*
Tanto piccolo da non essere spiegabile
Si leva il giorno col buio negli occhi,
come dimentichi di essere potenti,
se il silenzio delle bestie raschia il fondo,
pesi il tuo cuore, e intingi un dito.
Solo il bosco disfa il nero del mio sguardo,
come fosse la pelle di un tamburo,
se ci corro dentro, respirando dai talloni
per rinascere, ostinata, per patirlo
passandoci col cuore, luminoso
il caldo nella bocca si alza in piedi,
a un soffio dal mio Dio,
cantando, si sostiene-
nel reciproco esondare l’uno nell’altro
il mistero della gioia è tutto qui-
un passaggio stretto e angusto,
un momento dello stare doloroso,
se non fosse la presenza di una luce
tra le dita, come un occhio che partecipa,
togliendomi la spina, la più lunga,
con le fattezze di mio figlio quando tace-
so che il vento trasporta le sostanze,
e si conosce appena, fino a che,
con parsimonia,
prende questo corpo senza limiti,
tornando viva nella pancia, nel respiro.
E' là dentro che ti sento a viso aperto,
seduta sopra gli occhi quando soffro,
dare un senso alle mie mani in movimento,
nel passaggio della morte, nuovamente,
con l’inversione dalle pietre all’animale
che si ritrae nella caverna delle luci -
e un soffio chiuso dentro il grembo si prepara
creando i passi una montagna che mi spinge
con le braccia in una frase e s'allontana
poi si sperde in altri corpi a prendere vita,
tanto piccola da non essere spiegabile,
da come accoglie il verde immobile tra i cervi,
come se proprio in questo consistesse vivere:
"la verità è cosa stai facendo,
c’è tepore dove hai procreato."
Il solco della voce scava la radice
rifiorendo l'orizzonte ed il profondo
cercando piano un battito e i capelli
nel continuo ritorno alle stagioni.
E un soffio nella bocca ci alza in piedi,
nel reciproco esondare l'uno nell'altro,
cantando nel mistero ci sostiene,
tanto piccolo da non essere spiegabile.
Id: 31993 Data: 18/04/2015 22:48:56
*
b i a n c o m a n g i a r e
Su papai biancu
Strofinava le parole sulla pelle
come un latte mescolato con la frusta basta un’eco una reliquia per montare per vedere ancora chiari nella stanza paesaggi e desideri con le mani
nominando quel che vede come un bimbo, ed ogni altra cosa intorno assente si addensava sopra il fuoco della notte, risolta alla sua luce quasi nera, nell'acqua silenziosa delle piante rendendole visibile chi ama.
Fiutava l'anima l'abisso mille volte nella mente la sua voce speculare assecondava il ritmo delle dita versandole negli occhi un pane bianco il canto interno di una donna in pieno sole.
Come se le parole potessero commuovere le molecole del mondo ed ogni fossile sciogliendosi al calore delle mani risorgesse quasi a filo delle labbra,
e con un velo d'aria solamente nella dolce ferita in fondo agli occhi, offrendo alla sua veglia altra acqua
Fu allora che venne, che vibrando, come chi tace una luce conosciuta, si incamminò nello splendore dello sguardo per riportare il suono alla sua meta, strofinando sulla punta della pelle,
in luogo delle sillabe e di accenti, un b i a n c o m a n g i a r e, e benedetto, liberando dalle mani della gioia, nel parto del suo nome il suo sigillo al nido.
Id: 31892 Data: 12/04/2015 17:12:58
*
Nella gonna colma di fiori
Di quale colore, Luca,
Quale sorpresa nell'uovo
Tra le dita nascoste
In cielo mantieni?
Nella gonna colma di fiori
trascorrerò la pasqua, con tutti
gli alberi, al boscovecchio,
portando i libri dei poeti preferiti
e un foglio di carta per ascoltarti
-riconoscere è un Dio, sembri dire,
una splendida ruga nella terra profonda
è un tempo di prova
una ferita curata con olio,
fasciata
fino al passaggio-
ti dono i miei limiti, nuda,
il labirinto divenga quel mandala
dove mi incarno affondando
nella danza dolorosa delle spine
ti apro ti spalanco le mie anche
fino a raggiungere il principio
drammatico e selvaggio
Sei tu me, l'ebreo,
che attendi di essere Sposato,
a me la testa. Spuntava il sole allora
per mettere al mondo il Messia
per incontrarmi coperta di piaghe
risorta
mangerò ancora in piedi
con il bastone tra le mani
e come doni luminosi
raccolti alla giunzione
dai miei reni usciranno dei re
come una naturale primavera
c'è una macchia luminosa nel vestito
distesa sul fondo
di un sogno
lunghissima,
ha la forma di un orecchio
e tutto buio intorno...
una voce sottile e silenziosa
partecipa dell'acqua
e del sangue- la sua gola
la sua bocca lo dicono-
mentre splende in tutta la sua forza
e muore,
per esalare il suo profumo
nella gonna colma di fiori..
mi posi lieve, servo e signore,
candide gemme in una goccia
di carne e di sangue
tra le scapole, ancora,
come un placido nido
oscilla il lume e qualcosa
è già accaduto e tutto resta
come deve essere,
persino il dolore muore
se brilla tra le lacrime un sorriso,
tra le dita nascoste nel cielo,
la tua luce terrestre di passaggio.
Id: 31781 Data: 05/04/2015 18:35:11
*
Alfabetiere
Dalla miniera
di un antico sapere
l'alfabetiere
Id: 31708 Data: 01/04/2015 00:04:14
*
Nella grande notte delle palpebre
Cerca riparo
Tra molliche di pane
Tutto il silenzio.
C’è un grido così profondo
Che perfora i nostri cuori
Che si conficca in petto
Scuotendo il corpo fino agli occhi
Prima che si spezzi, singhiozzando,
il tronco che più amo
Come fossero frammenti delle ossa
prese dalla morte. L’altra notte
Ho sognato per haiku così sottili
per la paura del sangue senza casa
implorando sulle pietre:
tu segui il fiume
le vene lungo il greto
saranno i rami- piangevo
sapendo di pregare
ero uno di loro che cantava
nelle mie mani: -A perdifiato
Bevendo con i morti
Sbocciano i passi-
come le ghiande
nella tua gola viola
cadono i sogni- Dentro di me
ho nascosto i fiori dell’inferno,
per custodire i nomi nel giardino
in un piccolo posto tanti piedi ,
occhi saccheggiati,
da ombra in ombra,
di tante lingue la tramontana
che si piega.
Meraviglioso fiore..
svettante sulle cime addormentate,
con la testa reclinata io ti prego
insanguinato come vivo
l’angelo sorride e l’uva è luminosa
se irrora un Dio la rosa
del tuo volto
il biancore degli ulivi
come pietre luminose
intorno agli occhi
ho sognato per haiku, e per l’amore
nella grande notte delle palpebre,
come siamo
cuorenelcuoresorgendo muore
rivestitidifoglieinboccascintillante
fino allestelle l’arcobaleno
trova riparo
tra molliche di pane
tutto il silenzio
Id: 31671 Data: 29/03/2015 22:32:14
*
Sulle montagne
Sulle montagne
una voce dal petto
nuda preghiera
Id: 31654 Data: 28/03/2015 22:42:01
*
Presentire l’acqua è già amare
Ti secca il sole,
ti fa sparire il vento,
ma il deserto ti salva
dall’uno e dall’altro-
rendendoti uno scricciolo,
simile alle briciole
che solo i beduini sanno,
riconoscendo il seme,
dormiente,
tra uguali granelli di sabbia-
se nelle mani colme d’acqua
turgida e piena ti gonfi
di un antico sapere.
Nel perenne miracolo, aperta,
sei solo un gomitolo appena bagnato
condotto a grande distanza,
morente,
quando si apre di nuovo
sciogliendo i nodi alla lana,
la tua corona brillante
rotolando sulla sabbia come sfera
possiedi la perdita, e respiri
imitando il passo della morte;
sei così viva in fondo alla carne
quando sollevi il tuo capo leggero
seguendo il richiamo del vento,
perduta ogni traccia di humus.
Disidratata, ti alzi, verso l’ignoto,
e ai vapori sottili di abele
discendi, e ti fermi,
inumidita,
con gli occhi come aculei nella terra,
sei già un fiore!
Anastatica rosa di Sant’Anna,
nelle pozze bagnate dei palmi,
raccontami ancora con la lingua
di quando le doglie eran lunghe,
di come restavi nell’acqua,
per tutto il travaglio della tua donna,
fino al vagito. del nome
ritorno a sentire il suono mancante,
della sua voce nel ventre
l'amore solitario che nasconde
Presentire l’acqua è già amare,
dove l'erba s'incammina verso i fiori
nelle prime ore del mattino,
con la punta delle dita,
strofinando sulle palpebre sottili
le orecchie inumidite delle rose,
per aprire quel minuscolo dolore
che nasconde i suoi passi nel vento,
non appena ci brillano le mani..
la luce farà il resto...
Id: 31621 Data: 27/03/2015 00:49:06
*
Come una sposa che sogna
Sono una partoriente colma di affanni
eun cervo
che sbuca fuori dal bosco,
trasparente,
che si rannicchia nella mano e muore
nel tuo cuore
si aprirà quella magia così che il vento,
dove s'innalza santissimo il reale,
canti,
rompendo le acque al tuo sguardo,
dove incontrarsi, correndo
all'alba di pasqua.
-Nella casa chiusa come un grembo
c'è una chiarezza ulteriore, che viene,
che ci riporta indietro confondenti
l'energia di un altrove,
l'umido spessore di una vita
che nasce sognata. - Perciò,
giravo intorno al pozzo senza posa,
nascondendomi nei cerchi come al tempio,
finchè il sentiero ripetuto sotto i piedi
esplodesse nella strada non percorsa
dove il grido perfetto di ogni stella
ha la stessa posizione delle braccia
a farsi largo tra gli indugi delle mani.
Per un nonnulla è ancora vita
il tremore di un miracolo,
ha la stessa grazia
del tuo sangue nelle vene,
ogni volta che sorrido
in pace col silenzio
ti ricordi? Il vuoto del linguaggio
è la ricchezza nostra.
Non è mai tutto qui
incolmabile. Quanto vorrei,
scrutando fin là,
lasciarti una traccia
poi subito svanire
Come una sposa che sogna
io ti parlo. Questa è la mia vita
e tutto si fonde con qualcosa
qualcuno che è entrato e continua a restare
dentro. Nello squilibrio cieco, nel mio campo libero
c'è l'inizio di un volo o un discendere improvviso
con un canto, a volte un lamento, o un alleluia,
ma l'amore è chiaro di continuo,
prima di venire alla luce. Rimango ancora un poco
nel bosco dove il tempo si contrae
e si dilata, distribuendo tane, dei ripari.
Io sto bene. So piangere di gioia
nello stesso punto, violenta e sensuale,
dove l'acqua scava sulla pietra, la sua lama
affonda nelle viscere
aprendo senza fine
lampi di felicità
metti il dito dentro il solco quando vuoi
scoprendo dove stilla questo amore
come tace dove va, seguendo il cervo,
nel vivo della carne,
trasparente
quando si rannicchia nella mano
e muore ancora
nel tuo cuore
Id: 31386 Data: 15/03/2015 23:11:33
*
Lecca gli occhi alla primavera
Dove finiscono i pini
a lungo siamo rimasti
quasi invisibili
corpi sposati
intorno a noi
scintillanti
nulla più oltre
le nostre spalle
piegate all'indietro
nell'azzurro della pieve
le nostre mani calde
affondano in comunione
sollevando le ali
un bocciolo di piume
nascosto tra le nuvole
..e ancora
il punto di partenza di una voce
lecca gli occhi alla primavera
Id: 31209 Data: 11/03/2015 14:25:46
*
La soglia è sempre umida del cuore
Quando l'anima si riempie, in ogni piega,
di emozioni scambiate a bassa voce
tu notassi la luce che proviene
sottile come un'ostia fino ai piedi
come alza e abbassa dentro il cuore
un deserto lunghissimo di stelle.
-Ha fatto un passo indietro l'altra notte-
dove il corpo stava per finire,
mangiato a colpi di parole,
nella tua vacca di legno-
sensuale e delicata,
non ha perso la sua infanzia
nè l'amore in pieno giorno al tuo cospetto,
minotauro che hai seguito quel sudore
volendo penetrarla nella mente ]
La soglia è sempre umida del cuore
dove il suo morire resta vivo,
inseguendo i picchi sopra il tronco
la semplicità sospende il tempo,
nutrendo il desiderio e l'altro nome
del paesaggio che hai smarrito nel cortile
della reggia, una miniera che si apre
nel divino, portatrice di pietà
tra le visioni
c'è l'inferno della gioia -e la pazzia
dell'ardimento- che si offre nuda,
nelle movenze di una beghinale,
fidanzata al godimento eterno
della luce, ch'è regola a se stessa
dove tu hai visto un pentolone solamente,
con la maga che lo gira, c'è una donna,
nella cavità della bellezza, cristallina,
quanto più la senti oscura, lei rimesta
delle erbacce nella terra con i fiori,
con lo stesso amore dei tuoi versi,
il richiamo irresistibile a scavare
negli stagni, come fossero dei laghi,
con le gambe indipendenti dal pensiero;
lei si affida,
sussurrando al selvaggio delle acque,
ai buchi della sua magrezza,
mettendo semi nel sambuco, aria di menta
non hai scorto, dalla tua più alta luce
per uno stelo d'erba il viso in lacrime
nè l'orgasmo della legna dentro il fuoco
per l'acqua da scaldare, nel vivaio
le sue mani, quando stringono selvatiche
la grana delle cose, dentro casa
quanto minuscoli i suoi occhi,
come piccoli eserciti instancabili
di ciò che hanno amato pelle ed ossa,
nelle crepe della siccità, per ogni goccia
che girava sui bordi della fede,
con amore, per un filo di freschezza,
di fertilità. È troppo presto
per la memoria delle lacrime
appena pronunciate;
la dolce febbre dell'acqua che risale
è un arco spalancato,
un gesto d'apertura dove tace,
se vibrando ascolta di un altrove,
su questa stessa terra;
dal buio del fondale io la sento respirare,
scrivendo la sua maternità nel fango:
"Ho sepolto tutto ciò nella poesia"
ripete,
con un chiarore nero intorno al cuore,
nella gioia che le dona la ricchezza
di raccontare al suo ritorno di qualcuno
che ha battuto così forte contro il petto,
traducendo dal dolore come un suono,
nel mite dondolio da ramo a ramo
lasciando tracce dalla bocca dei tre pini
alle orecchie della quercia che passava
la sua voce tra le mani , ed è qualcosa
che rimane
ad aprirmi senza fine.
Id: 31028 Data: 05/03/2015 00:30:01
*
I vangeli sono il riso che hai nel ventre
Comincia da qui, nella vertigine,
l'indescrivibile contorno,
davanti al cherubino,
a quelle ruote immense piene d'occhi,
di ogni sera. solo con la spada signorile
giunge a penetrare lo splendore
del frutto nel palmo della mano,
il segreto del legame che rivela
delle terre rivoltate e benedette
sulla fronte silenziosa, con un canto
con un canto impenetrabile, e durissimo,
da forare fino al cuore la mia pelle,
la parte più segreta del profondo,
che libera la carne, per la carne
dallo strappo luminoso del tessuto
aprendo una magia così che il vento,
sfilando un cerchio azzurro sopra il seno,
come fosse il vasto mare dell'oriente
di una donna che si svela del creato,
riparta nelle quattro direzioni
fino al prossimo tornante dell'aurora,
ed una quinta,
nel respiro verticale su altri spazi,
in fiamme di ametista e di smeraldo
Alza gli occhi e guarda, amoremio,
i vangeli sono il riso che hai nel ventre
all'ingresso della tenda dei tuoi occhi,
dove sta la principessa,
nel mare tenerissimo di sale
lo vedi l'arco nella nube?
È quello che tu chiami vuoto,
carico di vita..
il fiore del profumo è giungere alla pasqua
con la faccia luminosa
dove gli alberi battono le mani
nella greppia, preparando il cibo,
un frutto di luce chiuso dentro un guscio
...
ogni passo diviene uno scalpello
sorgente del tutto che esplode,
toccando, nel cuore del vuoto, la carne,
il volo per sposare le tue fiere,
fino al monte della spada del prodigio
a contatto con la terra, a piedi nudi,
rendendo infine angeli le tenebre
saremo sterminatori, sai, dei piccoli messia,
separando l'uomo in crescita dal figlio
che riposa come morto lungo il fondo
la croce è aperta nella mano alata
c'è la forza del vuoto grondante
l'orgasmo del cielo dall'alto
del fiume che irrora e rivolta la terra
più reale del reale
c'è un linguaggio santo nell'abbraccio,
sulla punta fine del suo raggio, come un seme,
come un seme intimo e vicino
è l'angelo. chi sa vederlo
lo vede in tutto
Id: 30827 Data: 25/02/2015 22:40:01
*
Come fossero anni di betulle
Un passato imprevedibile
resiste al gelo nelle orecchie,
la nostra rosa bianca
cedevole di luce
solo se guardiamo indietro
lei non viene
se chiediamo a voce bassa di tornare
non importa quanto sia lontano
è piena di voce e continua a bruciare
la casa che ha brillato dentro l'occhio
un pane sacro, dal giovane ippocampo
lo segnala la profondità di quel respiro,
un diverso splendore nell'aia
siamo nel cuore di un Dio, amore,
e solo gli angeli possono ricordare,
o i bambini, dove ci sposammo,
se un giorno quella notte tornerà,
come nessun' altra ancora
in sogno siamo noi in ogni cosa
lo stesso vento che toccammo,
sotto le nostre lingue
al di qua del cielo
c'é maggiore ombra nei nostri occhi
e nel bagliore debole si ascolta
la sottigliezza del tuo andare. Ora,
mentre si placano i dolori alle mie spalle,
posso toccare con la punta delle dita
il centro della schiena, per contare,
come fossero anni di betulle,
i puntelli dell'oblio sotto le mani
dove i palmi si congiungono, premendo,
in tutta la lunghezza, contro l'll cuore
fino a scendere nella coppa del bacino
fino all'orlo che s'illumina e ti accoglie.
Id: 30563 Data: 15/02/2015 23:38:37
*
Come il dito nella pozza di un bambino
Nel seno della voce è un golfo sacro
che rientra nella strada dei tre pini
una baia che rasenta le salite,
è una Pieve che dilata dove cresce
a sfiorarmi coi tuoi occhi quel che vedo
C'è un lutto necessario ad ogni svolta
degli dei, e di se stessi,
come un piccolo mulino
se rimani ad ascoltare mentre vai
coi piedi nudi che cercano aderenze
battendo gli avamposti con le mani
se trascini sulle labbra quella luce
che avanza in solitudine stupenda
regredisci da persona fino al seme
dove i nomi coincidono col cuore
c'é un bambino d'oro ad ogni curva
del falco dell'uomo e la montagna,
che passa come musica e s'innalza
germoglio dell'orgasmo della gioia.
Ora prendimi nell'arca la coscienza
mentre bevo nel diluvio la tua voce,
misurando il livello delle acque,
asciugheremo i fiori poco a poco
nell'assumere peso e consistenza
ponendo l'occhio semplice al mistero
che noi siamo
come il dito nella pozza di un bambino
per godere della fonte luminosa
si rischiara il paradiso delle voci
per trovarci più di tutto per sognare
camminando con gli occhi di chi canta
un luogo intatto, aperto, e in quell'istante
ti offro l'imene del mio cuore,
la meraviglia che non vuole nulla
nel miracolo di ricominciare
usa la tua bocca, Amore,
il tuo favo di luce
Id: 30386 Data: 08/02/2015 11:50:56
*
Come un getto dacqua nella neve
Nella mia piccola eternità è un volto all'ombra delle favole il suo canto ancora nella luce, un puro scambio, se ci siamo chiamati appena svegli senza toccarci con le dita gementi di dolcezza, mormorando nel vivo dei capelli,
come i leoni azzurri dentro il sonno, -Tutto è così vero - Poi procede
e certi sogni sono un confine che ti segue con la naturalezza dell'incanto - e molto dolore molto amore diventano le nostre potature, i figli del partire - celebrando il suo contrarsi così chiaro come un getto d'acqua nella neve quando forma, nel bianco, un cerchio buio
il nuovo giorno è un atto
che anticipa ogni addio e per dolcezza sfugge dalle mani come una semente
che a ogni alba risolleva il canto
fino alla sua forma, piena, fino alla matrice
di un animale celeste
che non ha bisogno di essere
per andare a bere
Id: 30208 Data: 01/02/2015 23:48:02
*
Per laria che fa lanima
Passo ore a leggere in ginocchio
le coste seminude dei ruscelli
e sotto gli occhi gli alberi si piegano
come fossimo riuniti intorno a un tavolo
l'un l'altro carezzandosi le foglie
Una piccola vita
è il mio luogo al vento,
un filo di luce in mezzo ai fili-
che fa da madre nella carne con la luna
crescente nei capelli a farli lunghi,
come una benda sollevata appena
capovolgendo la terra con le mani,
magnifica, imbevuta delle sillabe,
con un soffio che rimbalza sui pianori-
già lontani. Ci spetta di rinascere
nel gesto costruito dalle dita
tra i vasi fragili e sottili delle vene
fatte di lacrime di voci. Ti accompagno,
seguendo il filo di cotone inumidito
del tuo mandala invisibile alla luce,
sulle fioriture del sorriso, e nulla più,
se resti quel bambino, ci distinguerà
le nostre vite. Il mio sentiero, claudicante,
è la tua strada di risate, la mia gioia,
e questa pelle, annidata dentro gli occhi,
per l'aria che fa l'anima del giorno precedente
il suo splendore nudo, come nostro, oggi
disfo i passi che ostruiscono la vista
attraversando il muro della nebbia:
ti sento rompere dei ramoscelli secchi
con lo scudo luminoso nel giaciglio
più segreto, tra il collo e le mie spalle
c'è un foro, e tu lo sai, di dentro,
dell'ombra lunga che fanno gli alberi dal buio
quando risplendono la primavera sulle cosce,
come si tenesse tra le braccia un cielo
un cielo come un nido tutto pieno
dei nostri uccelli in fiore da venire.
Id: 30157 Data: 30/01/2015 00:00:21
*
Fuori nevicava dentro era caldo
Era gennaio quando venne maggio
Fuori nevicava dentro era caldo .
Metti le radici in acqua - ripetevi-
come un figlio dentro il ventre-
con un canto,
appena percepito, t'immergevi
dandomi alla luce
ferita dall'urlo della gioia.
Era maggio quando fu l'inverno,
con un solo sorso d'acqua dentro al cuore,
in una voce sola il tuo silenzio-
come un pozzo senza fondo
raggiungevo l'inizio del tuo viaggio-
restituendomi il colore della stessa donna
della stessa donna che da millenni ti disegna,
perennemente innamorata,
dentro gli alberi
fuori nevicava dentro era caldo
avvolto in un panno bianco
non ho visto il tuo sguardo celeste,
ma il gesto interiore
di afferrarlo
dissolto nello specchio,
illuminato dalla neve
Spingo le mie braccia ancora
dentro il freddo e di Luca sulla schiena
splendente
nel cammino di ritorno
io ti sento
appena mi si chiama
ti sono il nome, i passi accanto..
Id: 29999 Data: 23/01/2015 00:00:29
*
Dove splendere è un sentiero
Ti ho visto marcare il cammino,
mostrando nei luoghi nascosti
le vene leggere del gioco
nel solo potere di cura
per giungere al punto di sole,
all'incrocio di sogni di nebbie,
nel fitto totale del bosco
col bagliore dagli occhi ai tuoi piedi.
è tutta l'esistenza che nessuno sa di lei
cosa ha visto la sua fede nella vita
che affonda lasciando tracce sulla neve
l'avverti passare il calore nel sogno,
nel limo originale del vivente,
il canto appartenente ancora all'ombra
dell'esile membrana del risveglio,
se, appena sente il vento respirare,
scopre ciò che duole nei torrenti,
rivelando il senso misterioso
di ciò che è così semplice nei fiumi
-Nei suoi fiumi c'era una donna
che ricreava se stessa sognando
come palpita un cristallo nelle lacrime
la primitiva e magnifica pochezza
delle ore da noialtri ai nostri cari,
distinguendo già le voci ed i colori
dei volti delle case, per toccarli.-
eppure la chiarezza
non risolve alcun mistero
della sera che è arrivata
se non ci fossimo commossi allora
se non avessimo tremato
per arrivare a questo punto
che ci riconosce somiglianti
nella danza più sottile che ci resta
dove splendere è un sentiero
che s'inerpica nel cuore, e le sue sponde
noi le stiamo già toccando,
per come trovano la grazia,
salendo insieme agli alberi,
come lo chiede il cielo,
da sacre lontananze noi ridiamo
due parti di uno stesso anello
aperte, nel suo lembo che ci colma
imparando di nuovo a camminare,
come acqua che scivola tra l'erba,
tra l'erba alta
scrivendo, senza più guardare
Id: 29890 Data: 18/01/2015 00:06:13
*
Lasciando cadere le mie mani
Avvolge il sentimento la parola
alza tutto l'universo in un ricamo
sulla pelle un pulviscolo di segni
da dove viene il vento al suo segreto
disegnando sopra Nina quelle luci,
nel colore così bianco della sera
tra la carne, di tutte le risate
lasciate sulle viti e nelle mani
delle cose come un punto di raccolta
per infiniti sogni sempre nuovi
viene nuovo un ramo a una preghiera,
quando tornano alla tana gli animali,
si radunano le teste dei bambini
nel breve spazio, da una bocca all'altra,
scintillano le storie sulle labbra
se l'idioma è un bacio, fra le dita e l'aria..
nella mandorla del mondo accosto il viso,
accosto il viso e prendo sonno ancora
lasciando cadere le mie mani
come fossero dei fiori sulla terra,
perchè l'angelo ognivolta che va via
ha le ginocchia nere dell'infanzia
celebrando un altro giorno, ed una vita
rifiorisce sulla bocca, disegnando
un cervo una pianta la sua luce,
ogni traccia di respiro, nella stanza.
Id: 29873 Data: 16/01/2015 23:47:00
*
piccola Abele
Bevo alla tua bocca, piccola Abele,
dove gli occhi riprendono a partorire
i contorni del mio viso debole,
nella stanza dei colori. non somigli a nulla
e rimani la mia lupa tinta in rosso-
un inno a combattere e a mangiare,
a far l'amore con le orecchie dentro al nido
ululando la grande devozione
a occuparmi delle ossa- per il gioco della luna :
ed un bagliore basta,
un capriolo quasi in cima, a una poesia
per essere grandiosa, la forza dell'istante
che fa vibrare fino al timo col tamburo,
nell'urlo visionario del richiamo
le costole cominciano a coprirsi
della carne, a respirare, intorno ai versi,
le nostre sillabe migliori, silenziose
nel cuore desideroso di morire,
con la pazienza selvaggia di rinascere
[c'è un uomo non ferito, sulle labbra,
che non ha paura di morire
spezzando il cuore, si riapre..
somigliante alle rondini nel cuore,
piccola Abele, come cresci ora
battendo il fiato corto lungo il tempo
sospingi il freddo nel fiore dell'amore
nel vasto mare della fiamma viva
di chi semplicemente ama, e muta,
per scoprire la propria nudità,
vergine ognivolta insieme
dolce specchio
in cui sorride l'immagine divina,
tra fiore e fiore, è il nostro abbraccio,
che rimargina il segreto dei fratelli
...
nel pozzo di ogni corpo, un cuore chiaro,
fratellomio, mio sposo ]
Id: 29789 Data: 12/01/2015 16:53:30
*
La visione di Amapòla
" Come un fiume, una lacrima soltanto,
che scivola dall'occhio di chi sogna"
quando il canto tace in madrelingua
tu mi sfiori, come un fiume,
con Le donne che corrono coi lupi,
se a notte mi rannicchio sulla soglia
di una lacrima soltanto, del suo peso,
lasciandoti arrivare fino in fondo
è così che si completa il cielo
che scivola dall'occhio di chi sogna-
e benvenuto tu, nel mio silenzio,
che spingi i fianchi al caldo della casa
mentre muti la forma del destino
mescolando nella storia la magia
della zampa d'orso di una donna
investita dall'aurora contro vento-
circondato da carte scintillanti
è il Capodanno delle bestie che mi leggi
disegnando l'Ararat e in pieno petto
un cervo bianco coi colori di Hokusai.
Non c'è linguaggio e gli occhi sono chiusi
nelle costole dell'arca come un chiostro,
tra le arcate dei capezzoli ti ascolto
vibrando del più semplice respiro,
fingendomi quel cervo sulle gambe,
mentre corro al salto in braccio del ricordo,
con tutto il peso della luce, quando preme,
quando entri nelle pagine più belle,
come mani piantate nelle neve,
nella nascita costante di noialtri
c'è una conca, una conca della luce,
appena sotto la clausura della lingua,
dove si concludono le sillabe
di tutta la visione di Amapòla-
il sussulto ed il calore degli odori
usciti dalla tana come un canto
sui grappoli del vischio- e nel suo stare,
custode primo dell'amore e testimone,
muovendo in circolo le dita come perle,
sulla mano di chi legge lo splendore,
ogni favola è piena di ginocchia
che covano l'inverno delle ossa
salvate in fondo al mare con un sogno
che sale lentamente poi si dona,
in una lacrima sul volto dell'amato,
e cresce, baciando quella gemma,
come un fiume
fino a sorgere la carne, per la carne
sentire il peso quando supera la soglia
una lacrima soltanto di Amapòla
che scivola dall'occhio di chi sogna..
Id: 29708 Data: 07/01/2015 14:44:08
*
Nel cantico lentissimo, Re Magio
..come si creasse ancora un mondo
nel rito non veduto di un credente,
la restituzione immaginata del parlare
a un bosco che non era il mio,
di quando ti cantavo che anche gli alberi
camminano e trasportano sostanze,
con l'aria invisibile dei morti
soffiando il vento dall'uno all'altro anello
con gli occhi d'oro nella luna della neve
mi sono venuti incontro degli alberi improvvisi
proseguendo in marcia e per colonna,
colonne d'aria di tutte le radici,
leggendo le mie vertebre e la pelle,
intrecciati e poi raccolti. Appena visibili
sembravano provenire delle lettere
dove il bianco si apriva in mezzo ai rami
rendendomi visibile ogni luce
per l'estensione della voce
per fitte di dolore, l' ho trovato,
(nel pertugio delle lacrime)
nel sollevare il viso a Montevenere,
il suo celarsi risplendendo tra le eoliche
come dentro un sonno naturale,
nel silenzio originario che indicava
un bosconuovo per lasciare i doni,
in una lingua sconosciuta e sacra
mi sono inginocchiata, Yule,
piccolo santo e mitica bambina,
con le radici d'argento tra le mani
per metterti nei buchi le comete
con tutte le lucciole negli occhi
riunendo ogni bisbiglio con il canto
ti ho lasciato i bigliettini tra le pigne
immergendo le mie mani nel tuo cuore
per la danza fino a Montemario
come fossi un piccione viaggiatore
ti sentirò volare nell'orecchio
dai miei miglioriamici, al boscovecchio,
con il petto e con le dita, nella pancia,
nel cantico lentissimo, Re Magio.
Id: 29612 Data: 01/01/2015 20:12:06
*
Nella durata minima di luce
Nelle nostre morti segrete,
nell'uragano del perduto
che non si lascia misurare,
l'Immenso è sterminato canto
che riempie di sangue
ciò che è senza limite..
Da un altro luogo, sulla terra, mi commuove
vedere amina alla finestra, mentre prega,
nell'ora del cielo, la più bella,
dove qualcosa si lacera e si spacca
in tutta la sua grazia naturale
per distendere il torace di chi muore
nella tragedia umana del natale,
dondolando lentamente le ginocchia
sul carro dell'Orsa, la minore,
nella notte più lunga dell'anno
vengono a piedi dodici stelle
e la figlia del fulmine, rossa,
con le mani che sanno di mirra,
una pioggia trascorsa alle orecchie
Ohh..C'è più del semplice passato nei natali
di quella volta che mi tenevi
coi capelli bagnati sul Savena:
tenevi la fiamma più piccola accesa
in cima all'abete, per ferrare i cavalli
nella tempesta di neve, e sulla ruota
cantavi del Re che diventava un bambino
nell'utero della dea, nella regina del gelo
eri l'amante, il figlio e la promessa,
nell'attimo dell'inizio, di primavera..
dentro la finestra, c'è la stessa luce-
come avevi sugli stracci allora
nell'aria stretta del rifugio, e poche cose
per non farci più vedere da nessuno,
nelle bacinelle il nome intero luminava
con i ferri di Nichole, con i ramponi nuovi
tenuti in serbo per Natale, per la neve-
se ti racconto ancora la bellezza
di come stringevo le sue zampe
tra le cosce, come tremavo inginocchiata
lasciando andare le mie mani
con un chiodo dopo l'altro sugli zoccoli:
tra l'immagine e la voce ti toccavo
nella durata minima di luce
col filo a piombo del signore,
piccolomio. Dove viene per morire
è trasparente la salita
e l'anima s'imbianca questanotte,
dove trabocca il mio presepe,
nel mistero femminile della luce,
divenuto intero. Io ti ascolto,
meravigliosa di tanta mestizia
e tutto quello che posi, dentro claudia,
dove nulla è più vero di Luca,
con gli stessi occhi chiari degli uccelli
ti offro queste braccia per natale,
per l'amore di aderire con lo sguardo
fino a dove ti sento risalire,
con un gesto che riposa ogni respiro.
Toccando l'invisibile mi sposo
con l'infinito ciclo delle palpebre,
il dolore appena fatto va alla gioia,
rifiorendo dallo stesso grembo
che gli dette vita per Natale.
Id: 29488 Data: 25/12/2014 16:39:43
*
Rimani
Un altro alito si tende come al nulla,
camminando dal laghetto fino a casa
va e viene, un piede dopo l'altro,
gettando un ponte dal verbo non caduto
la natura immensa d'infinite bocche,
oltre il vivere degli occhi, tornerà,
in cima al monte pellegrino,
esponendo le mani come un vento
che lega ramo a ramo delle statue,
delle statue di legno piccolissime,
dove ora riposano le rose
c'è un momento di calma luminosa
che inginocchia fino a terra la mia mano-
scavando nella grotta dei dormienti
il muschio che porta alle radici
del paradiso fra un uomo e la natura,
una piena sensuale nella gola
che discioglie la brina nel calore-
come chiedere rimani . Tu ripeti,
a far parte di essa,
la morte è solo spostarsi,
con l'adagio piu bello del mondo,
a cantare la lunga durata
delle nostre mani nell'erba.
Id: 29436 Data: 22/12/2014 14:50:30
*
Angelica, in un piccolo infinito
Angelica trasforma le parole
con i gesti più brevi della pelle
in quel fiuto di speranza si solleva
qualcosa di privato, le sue azioni favorite,
vissute nei colori,
con la danza delle mani intorno ai polsi,
nel reciproco sfiorarsi, mi entra dentro
imparando dov'è che deve andare col sorriso,
col sorriso leggerissimo all'incrocio,
a non sprecare nemmeno un movimento,
rivelando più realtànascoste, in un secondo
si riaccende una gioia intraducibile
occupando il tempofermo in qualcos'altro
diventando il rosso un avamposto
per vedere al centro di un accampamento
eppoi la prateria.. Si abbassa ai vetri
la visione, in cosa viva,
Figlia del vento e complice-
per non dimenticare dove tutto ha avuto inizio-
dalla rosa, tra i capelli, in Romania,
al temporale, fra i suoi denti d'oro-
piegando il capo per il pane in altre bocche
nel gelo della sera, ubbidendo alla natura,
con le mani macchiate di dolcezza
dove sarai già eri, per me, ogni mattina,
oltre la tua pena, un incantesimo
nell'offerta di sei fazzolettini,
con la danza segreta delle braccia,
pari solo alla nascita di un fiore
che t'inonda, di tanta meraviglia
giunta fino al verde... Scrivo,
di te che non mi senti, ora
dove l'odore della pioggia cambierà
i contorni del tuo viso, mentre esclami
con gli occhi chiari e poi la voce insieme
che dice: "mi dispiace di partire
di lasciarvi tutti fermi al rosso"
allargando tutto un mondo con le mani
come stessi abbandonando una colonia,
dei piccoli animali, da tenere a bada.
Un oroscopo commosso nel commiato
delle sacche intorno al palo della luce
e una porta che si apre, tra i saluti,
una piccola elegia, eppoi lo strazio
l'impulso ripetuto del segnale, i clacson
lungo il viale Benedetto, la partenza tra le mani,
le nostre, strette, con la certezza di altri doni
tra lana colorata sulla schiena
sospinta dalla tua bellezza, solo il tempo
di gridarti ancora- Angelica! abbi cura
Abbicuradite ragazzamia..
La tua assenza avrà gli occhi per parlare
un'altra lingua nella musica che viene
da là, dal marciapiede, il nome solo,
ogni mattina di chi con me ti cerca
per dare un senso all'azione dell'incrocio.
Ricordo ancora di quel giorno ,
quando lampeggiava guasto il tuo semaforo..
Ohh.. Angelica ! con la voce disfatta dalla grazia,
ti allargavi con le braccia mai senza sorriso,
per dirmi al volo che Dio ce l'ha con te
Perché La veglia del rosso è una preghiera
al tuo lavoro. C'è una nuova Angelica da ieri
che muove fazzoletti sul semaforo
con un gesto secco e senz'odore,
del tuo splendore, sui resti dei vestiti,
non c'è nulla. solo i piedi, che sospingono
la voce a te dovuta ancora in bocca:
il tuo sorriso che emerge dall'oscuro,
come penetrasse tutto un popolo una terra
capace di rinascere qualcosa
come le focacce d'uva luccicanti
tra le gazzelle e i cervi dell'incrocio,
mentre vai a te eppure vieni
verso l'altro, come se tornassi a casa
tra i cardi e le pietraie per radici
mi lasci in fiore un minuscolo alveare
e un soffio che porta il nostro alito
nel posto dove tu non muori più
di freddo
Tutto è più vivido stasera
di quanto era reale appena ieri
nel tuo modo di far scendere la pioggia
sotto l'asfalto che reggeva il giorno:
tu rimani, in un piccolo infinito,
nel cuore di Bologna, appena fuori
che mi chiama, nell'ombra che risale,
come un arco teso dove manchi,
al finestrino-
è una piaga luminosa che ora batte
che preme per saperti alla tua terra.
Id: 29373 Data: 17/12/2014 23:13:10
*
Dentro il chiarore del tuo sagittario
E sai come attendere ancora
camminando con gli occhi
a piccoli passi
tenendo la voce nel petto
come fosse una stanza,
una limpida stanza, nella limpida pace
per vivere ancora. Colma di luce
ho scelto un angolo del mio giardino
da dove si guarda nel boscovecchio,
al centro esatto del mondo,
ti ho veduta tagliare la torta
sulle montagne leggere
con un filo azzurro sul ramo
viaggiando a ritroso dentro il chiarore
del tuo sagittario
venuto al primo giorno in cui raggiunsi
la riva occidentale del dolore
nel sogno di qualcuno che non nasce
faceva male
questo anelare che ora è gioia
inciampando sulla pelle della Bibbia
tradotta in minuscoli frammenti.
Quanto è vasto il nostro essere figli
se da lontano ti alzi dentro i boschi,
sullo specchio dell'anima, silenziosa,
sotto le volte delle più alte cavità:
inginocchiate al nostro Garizim,
dove la sorgente allarga il corpo
con le ossa esposte ai vasi d’oro,
bagnammo i nostri nomi nel presepe,
con il bianco eolico degli occhi,
sfiorando come cieche la natività,
finchè il cielo discesce per toccarci
mescolando sull'orlo delle vesti
la veglia della neve per Natale.
Qualcuno arrivò come a coprirci,
un Angelo forse, con la testa di un bambino
nelle profondità dell’incompiuto..
c’è un’emozione tenera ad Oriente
del dolore, dove indietro non si grida,
nello sguardo di un'aurora senza sole,
che custodisce e vive, disegnando
un arco luminoso che finisce
indistinguibile, sul mare addormentato,
che entra nell'amore commovente
gettando a poco a poco la zavorra,
e nel tempo della sua composizione
anche il ramo solo di un abete
fa un giardino intorno alla sorgente,
pulsando nelle pieghe della mano
e in altre forme, sul capo, ai miei domani,
la stessa comunione, coi piedi carichi di seta,
una lezione della luce, ancora più leggera:
un presepe immaginario, tra l'ombelico e il seno,
annodato sulle reni con la forza della sua fragilità,
ritma le mie feste dondolando,
con tutta la lentezza del tuo viso,
il canto di un sentiero tra le cose
che non mi hanno mai abbandonato.
Id: 29331 Data: 14/12/2014 23:42:38
*
Un soffio è stato il fiato
Quell'ultimo sguardo appoggiato sull'uscio
prepara l'inverno, e la terra più nera
consuma la luce sopra il pianoro
insieme alla notte. Non si ferma il mare,
nella follia chiara degli occhi,
al rito di toccare con le mani
mi raccolgo nel suo viaggio d'acqua
stretta come il vischio addosso al pino
siamo una coppia salendo per gli dei
nell'unione perfetta dei corpi
tra le curve dell'8 dicembre
non esiste un giorno qualunque,
sappiamo se lei è qui che passa
se con la mano ascolta. La quiete che fa,
mescolata nell'aria, come sognando
si adagia sul ventre del tempio
che alza le vele e si annuncia:
È una nave, il tuo ospedale
che va verso una notte profonda
e qualcosa di grande, tutta per sè-
l'eternitá che nasce morendo
sull'albero come le foglie, ripeto,
inginocchiata nella stanza , d'argento,
tra i pezzetti di una mela, luminosa
era lì la monaca, la sposa del Bellaria-
leggerissima dopo le preghiere
dove il vento si ferma nell'orecchio,
con le sillabe azzurre tra le parole, e i fiori
in te, nessuna macchia- e simile a un vapore,
che il silenzio ha formato nella bocca
con l'ultima voce di una creatura amata
che ha lasciato il calco e il guscio,-
la diga delle lacrime di chi
non ha fatto in tempo a dire
il proprio nome con il corpo-
con la lingua di bambino, e la corona
dell'assenso per tornare a mani giunte
Tremava il tuo volto nella maschera d'acciaio
vibravo io, sgomenta, col respiro che reggeva
le frustate impresse a forza ed assistite
dentro i tuoi polmoni, è accaduto qualcosa
di drammatico, di fiati che si passano calore
come il tocco lieve degli uccelli, in quota
un soffio è stato il fiato, di una donna
intorno alla parole: " il cuore di suo padre
ha fatto un salto,
un drammatico salto positivo,
discendendo il fiume estremo di una vita,
che non conosco, dove nessuno arriva"
sull'alta cima è una voce sussurrata
che allarga con un battito il respiro
brillando nelle mani della notte:
sul pianoro dei tre pini c'è un'estate
che canta in fondo al cuore dell'inverno
il tempo di un segreto, che ora preme
per tornare con il seme delle onde
sull'albero da cui si vede il mare
Id: 29264 Data: 10/12/2014 23:35:41
*
Con un filo all’orizzonte c’è mio padre
È la prova più grande,
nell’oscura sorgente
giacimento di luce, di forza
chiamata ad aprirsi,
nel colpo di tuono
ricordando che siamo già nati
ti accompagno, padremio...
camminiamo fino al nucleo
del nostro matrimonio
per partorire il figlio che ora vede
che emerge dalla madrenera,
coscienti della luce che essa porta
il taglio nei polmoni
è la breccia che conduci sull'altare -
nell’orecchio, meraviglioso nato
da un silenzio così grande,
labirinto e mandala dell'avventura umana
nella conca che contiene l’Om -
fino all’apertura, all’effetha che unisce
la dura madre con la pia
lungo tutta la salita dell'albero vitale
è il mare dei midolli che si ritira
per brillare fino alla camere nuziali
dove si spande in bianco la corona
col suo primo raggio, col corno d’Amon
e i capelli piantati nel cielo, illuminati.
Sono tutta la donna che canta, tua figlia,
la sua preghiera silenziosa,
nella lingua madre di un bambino,
sotto le coperte, eppure, tu,
mi guardi come se corressi
annidata nell'utero invisibile del bosco,
dal buco notturno della stanza
con un suono ulteriore, minuta,
per rendermi forte alla vita
l'orecchio più debole, in fondo
nella mia corsa a perdifiato
per sottrazione prendo forza all'ospedale,
dall'assenza che rinasce la potenza
e il salto nudo, per vedere,
attraverso le ossa della carne,
l'abisso della gioia, nella piena
del tuo andare,
udendo per la prima volta
spandere il tuo tesoro:
il ritorno dell'eterno, che coincide con l'origine
di tutte le parole nella bocca. Madre,
il tutto che ci manca, in cui manchiamo,
nel sublime, c'è, nell'albero in travaglio
la Fratellanza di una notte umile,
al separarsi delle sue mattine,
al chiaro venuto dentro gli occhi
lanciato in direzione di quel sole
che pulsa come un tronco a filo d'acqua
che ti siede sopra il cuore come un frutto
è mansuetudine al vento prealpino
negli specchi rosa dell'anima all'aperto
lo scintillio che fa spiragli tra le mani
lasciando per visione ciò che manca
come tra le gole di montagna
o camminando per Palmira
abbagliati dalla polvere del cielo,
stesa al suolo con un filo..
Con un filo all'orizzonte c'è mio padre,
di un blu assoluto, che rimane
Id: 29201 Data: 07/12/2014 23:25:10
*
Da luce a luce
Tornano ancora brevi come lucciole
le voci colme di chiarore dentro gli occhi
il centro è raggiunto, la casa del mondo,
se a sera ci raduniamo sopra il prato,
un'ombra fuggitiva di piacere
si fa immensa, grondando di bellezza,
nella luce da cui spiccare il volo,
se nulla più trattiene, il velo
si alza muto. nel rito di purità
mi manca la tua lingua il lago e il bosco
eppure, nel vedere sorgere il mattino,
dove finisce il mondo della carne
per toccarti sul confine senza morte
con le aureole più piccole di pane
insieme al patimento delle spine
ricominciamo l'ederlezi delle rose
dove i venti siedono, sfiniti.
Ravvolta nella grazia del mistero
si fa luce tra i carboni in mezzo al cielo
la tua nota, che termina con eos-
era solo ieri che di lei sognavo
che bruciava diventando vita
nella stanza di commiato sotto Ischia,
dove crescono semi e fiumi e vermi,
una camicia di stelle di fuoco sulle spalle
tra melodie degli occhi lividi di pianto
veniva dal nulla, nella danza di Siva,
offerta alla luce migliore,
una fenice vicina a morire
cospargendo il suo nido di fiori
dentro una nicchia di sole
rifiorirà, accovacciata sull'erba,
per l'ultima meta d'amore
guardami adesso, mio signore,
dove ancora sogno sui giovani alberi
ti racconterò di come entrammo
dalle vene luminose degli sposi
per la dimora preferita, nella mandorla,
a San Severo, tuedio
scavando un tunnel lungo fino in Tibet
per condurre insieme i nostri anelli,
anche quando fa male, da luce a luce
Id: 29085 Data: 30/11/2014 23:32:24
*
Siamo completamente soli e onde
Fu un atto di silenzio, un gesto d'ammirazione
di fronte all'abisso del mistero,
come a ricevere il potere di sospendere la domanda
con le mani piene di lettere persiane
volevi costruire la nostra casa
di sostanze viventi, le porte di musica,
un luogo nel quale congiungere le verità
e le illusioni.
La strada era l'acqua, a ricevere la voce
non siamo immortali ma eterni
nel lago profondo di vibrazioni
dei seni infiniti della natura
Ricordi quando di fronte al tuo quadro
noi stessi eravamo la fuga?
Un corpo interiore di palpebre tagliate
camminava realmente e portava la luce
mostrando la bianchezza delle ossa.
Era vero:> Le ossa fioriscono,
la visione in sé le cresce, rotolando
come le cinque magilloth ed ora..
stendi il tuo mantello con l'azzurro dentro
dormi sull'acqua con me
dov'è limpida canto il canto di Ruth:
una ghirlanda di frammenti ci riporta
all'origine, un alfabeto si diffonde nel lavacro
con tutta la forza vasta e terribile
preparando il natale sempre più
ciò che è vero, che scorre
le nostre membra intorno al falò.
Vedremo con le mani nel pozzo originale
fiorire un gambo verde all'incontrario
nel ricordo della luce, nel possibile che sogno
faremo contatto con l'eterno,
dove siamo nati prima-nel movimento della quiete-
mangiando il sole, e il suo splendore
e la luce della luna. Vedi quanti buchi
ci siamo fatti ! dove passano le cose
che accadono nello spazio vuoto
della fessura, tra il nulla e un altro nulla,
noi danziamo su quell'orlo! per finire il ciclo del samsara
ci vestiamo così, coi cinque colori,
col mandala che hai disegnato per noi
e la forza, forte di ogni forza,
rovescerà l'8 sul cappello del bagatto
fermando le scimmie da un ramo a quell'altro
e il karma alla vita.
Ohh.. non costruiremo più una nuova casa,
per ottenere il silenzio, scorgendo il divino
che è in noi, costante dimora, col matto
cammineremo, col fagotto del coraggio,
nella libertà perfetta e spaventosa
dell'andare avanti, testimoni,
tra zolle di terra, di pietre d'oro,
non suscettibili di bellezza,
formando una corona, un esercito
di figli della luce.
Non ci sono riti sufficienti di soccorso.
Siamo completamente soli e onde...
solo se ti giri, se mi guardi, faccio corpo
se mi perturbi in tutto l'universo
ti tocco, nell'istante infinito di distanza,
per mettere insieme tutte le scintille
dei frammenti degli specchi,
per rendere, nelle mani di sofia,
quel sorriso uno e testimone,
dissolvendoci soltanto
nelle radici della sua natura.
https://www.youtube.com/watch?v=sS-kY1hBl90
Id: 28935 Data: 24/11/2014 20:15:25
*
Dove mettono i piedi per bagnarsi
C'è un canale buio sotterraneo
che sbuca in una piccola cappella
per raggiungere i polmoni,
appena fuori dal tuo cuore
e un piccolo mulino che mi avvisa
del focolaio d'acqua che si muove
nella pausa del respiro come in piena
seccando le montagne
sull'enorme fianco della terra
nel mio orecchio debole fruscia la luce
della tua sposa già negli occhi
mentre mordi il pane per raggiungerla
è con la volontá del frutto
che vuoi cadere, nel tuo solco
legando la carica del vento
con la luce fioca che ti resta
nei movimenti brevi della pelle
racimoli la danza in quell'istante
ti sollevi ripetendo l'ombra
di un profilo che non muta
il tuo sorriso, e una voce dentro
nel tragitto silenzioso verso il sole
dal foro stesso delle lacrime
dicono che il mare accoglie il mare
che copre ogni distanza.
Se c'è un fiume in piena luce sul tuo viso
è da lì che viene il suono_
senza suono
che fluisce senza fine in altre acque
è da lì che passan gli angeli
dove mettono i piedi per bagnarsi.
17.11.2014
Id: 28780 Data: 18/11/2014 23:54:25
*
Lacrimagliocchi
Tu canti il sogno
e tutte le sue braccia
nella mia gola
si svela il volto
la luce nei capelli
germina sole
ad occhi chiusi
con la pancia del cuore
lacrimagliocchi
sostanza viva
abbaglia nell'abisso
in quell'ascesa
si partorisce
ogni passo di terra
dentro le stelle
è la scintilla
nella culla del sogno
che va alla gioia
Id: 28720 Data: 16/11/2014 12:31:45
*
Fa buio da tanto biancore
Nella stagione delle ciliegie
grondavano arance i suoi occhi-
con un filo di bisso
prendevano il posto all'estate
nei cerchi del sole- a dire la pena.
E poi il silenzio, nello spazio nevoso
dell'anima.
- doveva essere questa la sua storia,
la parte più antica:
era messa di fronte alla luce,
distesa, come un piccolo mondo
la carne parlava un dialetto,
una nenia, scolpita nel legno,
al centro del campo-
è ancora calda l'aria..
e il ricordo sta in una mano:
tramanda uno sguardo invisibile
quasi altra forma del corpo
nel viso d'acqua scavato in preghiera
una breve luce invernale
nel flusso di buio la chiama
mangiando la neve che cade
-a Natale, sono a casa- ripete-
risparmiami un po' d'uva-sorridente-
La terra dove io sono è l'anima
si è solo nascosta
nella cella delle stelle
la ricompensa per il silenzio
è il suono,
l'incontro in una lingua straniera
dove nessuno è mai penetrato.
Fa buio da tanto biancore
e s'innalza fino a straziare
i miei occhi più chiari
come acque si rompono,
per spiccare la salita,
affondando nel sorriso,
che mi salva.
Bentornata...adesso che mi guardi,
con gli arcobaleni nella notte.
Id: 28652 Data: 13/11/2014 16:40:25
*
Come lacqua nella sete
Luoghi templi orme, il tuo paese
delle nevi raggiunte in solitudine
nel sottovoce delle ore scure
della notte. È la musica,
che sta tutta in una mano,
dal polso alle dita,
le più sottili pulsazioni,
poi si chiude, per calmare..
Un passo solo, e sei lontano, mille
rimani qui vicino,
nel vuoto che m'illumina
può entrare il tuo silenzio,
come l'acqua nella sete ed io
ripiego nel pozzo, medicando le mani
passando una garza, lieve..
Alito appena, sai ?
Accompagnando la respirazione
come un bimbo
per dissolvermi con essa
nella fascia della vita,
mangiando corpi celesti,
il sigillo delle nozze
tra il quotidiano e il paradiso
si riscalda, un umile ruscello
come un'erba dal nulla
mi guardo, nuda dalla luce,
al buio penetrando per un poco,
porto con me ciò che non ho preso,
l'ineffabile segreto della lingua
dell'amore, che non ha ritorni
la lingua sacra, resta,
alla propria dolcezza,
il succo che la riempie,
e appena giunto all'orlo
già ricade, e s'innamora
felice
Così mi toccano le tue mani
come se il tempo ricominci
amanuense del giorno
di luce carnale, belva,
per viaggiare nella gioia
della tua verità,
la lucciola è a un passo da me,
come persa nella notte, tuttavia
la vedo palpitare dove muore
la fiammella
diventa un pulviscolo di stelle,
nel tuo nome
chino gli occhi, più sola, più mia
per rifare il salto, daccapo,
poggiando le punte dei piedi,
un punto, un contatto leggero
poi…ho trovato proprio te,
una bambina, figlia dell'uomo.
Non ti eri persa, hai tolto,
quando pensavo di trattenere,
facendo nascere il mio destino,
nella posa del vino, dei sogni
la vita.
Id: 28589 Data: 11/11/2014 00:59:01
*
Dal sentiero alla sorgente luminosa
Dal sentiero alla sorgente luminosa
è buio come dentro la foresta
eppure, nella pausa del respiro
se carezzo i rami di nepente
come liuti, per poterti rivedere,
mi sollevi con la voce sulla soglia
-tra le braccia profumate con qualcosa
da riempire al crocevia dei nostri sguardi-
passati per le mani, uno ad uno-
con la strato terminale della pelle
dell'anima che fai vibrare in aria-
l'alef che soffia e incide lentamente
il primo suono venuto sulla terra-
con tutte le sorelle che danzando
giungono a due luci, nella notte
[ non puoi nemmeno sentirle mormorare
tanto son sottili le distanze
dei volti degli assenti, le iniziali,
col moto delle mani verso oriente:
annunciano che batte un cuore in corsa,
ebbre di mistero innamorate ]
canteremo sulle pietre per ciascuna
la scintilla che rivive dentro il nome
di una splendida parola, sulla lingua
se questo è un segno, è chiara la corona
tra i capelli, la forza del signore
che tu sei, lo sposo e l'increato insieme
il grido che rilanci ad occhi chiusi
e le radici, che non separi dagli uccelli,
prima che il sole sorga, per volare,
dal sentiero, alla sorgente luminosa
Id: 28557 Data: 09/11/2014 14:45:45
*
Questo è il bosco, ed il suo viso
Un animale selvaggio,
lo spettro luminoso di ogni giorno
salendo per gli dei,
e tutta la sua indole nervosa,
mi appare chiaro, ma non dura,
non dura più di un lampo nel morire
all'ingresso della sera
la tragedia della giovane paura
... una voce umida,
poi, la musicasoltanto, la musica più viva,
a quell’ora, lo incorona,
oltre i margini segnati dalla soglia
d'invisibili silenzi, nella nebbia,
toccando col duro della terra,
una linea lontana di quiete
scalda i minuti alla notte,
il ricongiungersi al fantastico dei passi
col moto delle lucciole sui piedi,
e una lingua di neve, che conosce
piccole bare di memoria,
portate da un verso continuo
alla grazia divina di un canto
è un corpo senza segreti
di un cenno verdeprofondo,
tra l'acqua e la terra,
la stanza più intima. É un viaggio
con le bestie, a bere,
senza un vero ritorno :
negli abissi lucenti
basta sfiorare la fonte coi polsi,
e lievemente, per vivere
con un gesto trattenuto come sacro,
qualcosa tra le mani
nel perpetuo giro dell’umidità,
più pura di un sorso
si apre l'impenetrabile, si allarga
il segno del passaggio che concede
la luce di una sovrana guarigione
Tutto è quaggiù, da tutti i secoli
è dentro che si bagna-
con la sua lenta saliva,
per toccare ciò che non si vede-
il ripetersi del nostro amore
animale nel sangue dell'altro
Sapevo che eri qui,
distinguo ancora i tuoi capelli
tra le farfalle azzurre sorridenti
e lei, sugli gli alberi...Lei così bianca-
con il velo sulle alture,
il suo velo d'argento nell'eterno
ruotare delle ossa, con la forza
che annida il cielo dentro al seno-
spingendo nella stessa danza il moto
nella corte del vento, nella pioggia
la processione degli istanti
di piccole strade iridescenti-
nel mistero dei miei occhi :
irrompe la bellezza,
veritiera, tra i capelli,
la fenditura del miraggio
dove cresce la tua pianta
selvaggia
Questo è il bosco, ed il suo viso-
capace di spingere i miei monti
fino alla terra che più amo
e inzupparmi tra le rose
a picco
sul sentiero di Duino-
rinnova il parto, nel grembo della sposa!
dove affondano i geni altro amore
che attrae, nel canto chiarissimo,
perchè s'illumini il confine:
sommergimi di luce, come lei
con le rose di Duino,
cospargi la tua culla
fra le zolle della carne
innalza la marea
e una preghiera lunga
fino all'albero del noce
Id: 28494 Data: 06/11/2014 21:50:44
*
Terra di minuscoli pastori
Terra di leggende cantalupe di miraggi, di minuscoli pastori e fosse solo questo basterebbe
toccando la distesa del mio cuore, è qui che canta l’acqua e si ripete chiara, nelle curve che dispiega sotto i piedi della lupa con dolcezza sulla pancia bruna dell’ascolto fino al rosa della lingua e tutto l’oro del filo che discende nello sguardo camminando sul segreto delle ore non sente che quel battito di vento a pungere la croce tra le mani, la scintilla, nel paradiso delle voci
vorrei discendere- e come pura-
nella tua profondità, nel sole,
ricevere la luce, stupefatta
come una madre chiusa nella goccia
della tana naturale dei miracoli
col vestito dei segreti dei bambini
a prendere cristalli nel tuo fiato
che cola nel silenzio dei neonati
forando il cielo come un minareto
poi tessere coi fili della luce -
la parola che immacola il pensiero,
una chiusa nei polmoni delle stelle
dove i nostri cari son tornati,
con la dolcezza più grande sulle spalle-
guidata da lontane vicinanze
mescolando l’universo con le membra
coi miei occhi al culmine del sole
per toccare il mondo delle madri
nel perenne punto di partenza
C’è altra luce che trapela dentro,
come fosse un minuscolo infinito,
una lieve sorgente di calore-
dove il tempo non scorre, ad occhi chiusi,
per generare limo, quello che noi siamo
con la forza misteriosa che diffonde-
nel buio immacolato, sulla terra
ti troverò, nel sonno senza sogni,
ancora Re dei mie bambini, in fondo
al campo degli zingaridanzanti
salteremo nel plasma dei colori
come torce nuziali sulle tende
portando nella bocca una canzone
un sigillo impresso sopra il cuore
dove brilla al centro una figura
una compagna di viaggio, nell’amore
il testimone-sublime, l’ancella:
lo splendido figlio che noi siamo
dischiusi, con un salto dal suo grembo,
con lo scatto impetuoso sotto i piedi
e una cosa sola nel profondo,
stessa terra di minuscoli pastori.
Id: 28394 Data: 01/11/2014 23:02:14
*
Chi sognando insieme crea
Dormivamo ai ripostigli della neve
per vegliare il nostro cuore, religiosi- per scaldarlo come un frutto, e l’allegria dei segreti delle streghe, maestose
nella tana della gioia : per sognare, con le trineazzurre dentro gli occhi di chi comincia un gioco nuovo- per volare da quel ramo più alto sulla neve, nella carne bianca della notte
senza muovere le labbra, essere a casa.
"Un vespro lentissimo regge il futuro alla parola mancante dentro le foglie,
eppure la terra si apre nei sogni,
col respiro regolare di una vita, come il salto più ardito sullo stelo del divino, che germina sottile il seme di una pioggia luminosa, la devozione quieta tra le gambe che esplode in sonnovivo,
nell’oscuro mare del sapersi,
sul penultimo confine- mi ripeti-
dal punto intenso di splendore, -che illumina una sola parte e piccolissima- tra le fibre della nostra luce, si congiungono le scapole a costruire un improvviso sopra il niente, usando l’energia con un agguato, lungo il sentiero che batte come un cuore a pane e acqua; il tempo si comprime
fino al luogo dello scontro, per la vita, nell’orgasmo fermo dell’unione, per mangiare un sogno liquido nel fuoco
dal profondo, un coito d'oro,
del dono dell’uccello"
È un fulmine in tutta la sua ampiezza, che arde quando muove - un'aquila, che ferma il mondo, ed i pensieri - un colpo solo, preciso ed accurato- strema la mente che fugge che ritorna indebolita- per il salto
il mio vuoto si è proteso fino al becco
per toccare, ovunque sia, il tuo centro: riportando la forma sulle mani delle cose che non abbiamo visto mai.
torneremo a sognare con il vischio
coi nostri volti accesi e i piedi scalzi-
mischiando tra le foglie benedette le nostre schiene ebbre sulla soglia-
nel vedere in pieno sole, il canto che la neve fa piovendo intorno al raggio, al folle volo del contatto, slanciando particole di luce, per restare sull'orlo di un orgasmo?
"Allora non ci siamo detti tutto, amoremio- nè scambiati fiori con le dita,
nella velocità dei sogni, troppo giovani,
per restare immobili a toccarci-
una coltre bianca ci copriva il viso.."
tuttavia mi vedi ora e sai che ci appartiene,
che prosegue il sogno per il centro,
che sale con immensa ubriachezza sul punto rilucente dell'unione al grido di chi nasce dentro il fiato di una luce senza terra che finisce nel tuo mare primordiale: è una parola,
che commuove a pronunciarla,
insieme,
sul bianco che congiunge all’energia di chi sognando insieme crea.
Id: 28359 Data: 31/10/2014 14:08:50
*
Col vestito dei segreti
Salgono dal basso le parole,
col vestito dei segreti. dei bambini
a prendere cristalli dalle stelle
sul solaio delle meraviglie
è lì che torni per vedere
nei discorsi contenuti nel silenzio
che qualcosa si stacca dal niente
poi ride , senza memoria.
La parola che sussurri,
che ti basta,
immacola il pensiero
ed il tuo fiato,
cola
nel tempo dei neonati,
tra l'uno e l'altro mondo,
la discesa del suo canto.
Id: 28324 Data: 29/10/2014 21:46:01
*
Un’iride dal nulla
Mentre beve lucidissima d’un fiato
le splendide membrane della notte
è così vasto il dono di mia madre
che scende nella stanza delle rose
con le mani giunte sopra gli occhi
è da lì che la vedo danzare
con la voce nuova di mio figlio-
l’ascolto del suo polso
unito al mio-
al passo di chi torna fra le labbra
con un’ostia, che diventa quella luce,
che canta quel che sai, come ogni anno,
la più bella fioritura tra le cose
..nell’immenso
lascia che si posi
una sera così rara,
tra i solchi della pelle,
un’iride, dal nulla-
per essere vicina ed invisibile
corrente primitiva nella carne-
sul sentiero
che fa dell’anima una terra
smarrisci il fiato, tra le dita,
la dolce discesa dello sguardo,
nella tana dell’inverno
Id: 28258 Data: 27/10/2014 01:18:38
*
Varchi del rosso
Se tu potessi risalire nel cammino la rosa del giorno che dovrà venire
sotto le onde della voce, dietro le leggende
c’è una dura disciplina, che l’ha condotta alla resina sui polsi, che apre in altri versi il campo di una lacrima.
Una pioggia di gesti viene giù
dalle parole che ti scrivo, un fiume santo
s’impossessa dell’aria fino al collo,
con morbide punte d’amore sopra i seni,
dalla magia del tuo tocco. Ore, acqua
si cercano tra la saliva del tempo.
La meraviglia che lascia il segno
fa tornare la visione e un sonno uguale.
Nel colore così bianco della sera
io sognavo la tua cura, nel sale della vigna, separando codici e sorgenti dai minerali della terra,
e il rosso andava via per tutti gli angoli si dissanguava,
assumendo la potenza dal colore nel balzo dei pianori. lo sentivo cercare un linguaggio colmo di bellezza, la madreverde risparmiata dalla luce.
-com' è ostinata la bellezza come un secondo cuore, difficile da contenere, in un più piccolo spazio, violentemente reale si librava in anticipo sul vento, per rifondare la propria parola,
per dare ancora un nome alla festa; cantando i silenzi intrecciava i colori pronti a migrare nei luoghi più caldi come uccelli dal bosco- Lo chiamavo, con la rugiada sul seno, ad orlo di luce, nella fragile danza degli equinozi
premevo lo sguardo dove trovare riparo alle crepe del vivere; in ogni taglio inventavo una storia tra il giallo e l’azzurro raccogliendo le sfumature con una carezza sulla veste più chiara riponevo la schiuma a creare una luce ed una canzone per te, visibile appena. - ohh! non importa ascoltarla il corpo l’avvera celando le note e tutto il candore nelle sue terre interiori, in un sogno disciolto nel sangue - Un antico tamburo
condusse la pancia sul fondo del cuore, tra i nostri piedi sacri, con le mani piene di pupille per toccarsi uniti al centro di un uovo luminoso un nuovo cuore,
con la forza che fa crescere lo sguardo
sulla pozza delle meraviglie.
Un viaggio essenziale tra i varchi del rosso che allaga nel petto, che va alla gioia. Prova a coprirti gli occhi, amore, prova a guardare il filo d'erba sotto la neve luccicante torna la visione e un sonno uguale, passando la spirale fino in cima c'è un albero nell'albero, ad ali tese, alla sua luce, siamo noi sulle tre fascine nuove che mettiamo tra le pigne le parole ,
ed altro erbario sulle punte e le sue stelle, nell'enorme vuoto da dove viene il vento degli uccelli innamorati.
Come un respiro di silenzio tende l'aria
al viso delle origini, al risveglio, un retina grande nell'ascolto, non il suono sul timpano del tempo nella mente, di ciò che non si vede da parte a parte tra le tempie
il tuo viso è la mia parola
Forse era scritto che così
doveva essere la storia, che il rosso si slegasse in fiume e in aperta piena il suo profumo affondasse nel sogno. Benedetto
tu sia, allora, e quel colore nella sua più lunga danza, sopra l'orizzonte del vissuto nell'arca dello spazio: quel chiaro dell'aria che ora trema è un campo fiorito con le voci che danzano sul filo dell'inverno nel fiume che trasporta la montagna l'arrotolarsi sacro della luce che ripete i nostri passi tra le gambe, il suo frasi frutto , che dovrà venire, nel saluto di novembre.
Id: 28235 Data: 25/10/2014 23:33:10
*
Quello scricciolo che m’insegnò a volare
Coincideva con la poesia
con la parola improvvisa nel petto- alla forza dei pazzi che l’annuncia
dopo l'ultimo congegno della mente, l’insinuarsi nel magma ubriaca
per compiere la terra finale nel buio
arretravo nel nulla del vuoto,
di un ricordo interminato dei fondali,
in cerchio di danza,- sull’orlo di uno stelo
lasciato dalla prima sillaba
fu chiaro il furore, due lampi
nel verde del tiglio e una febbre leggera,
nel suono del vento, uno scricciolo,
un angelo sottile mi rapì,
sulla cima del Tauro, nel grido invisibile
rovesciando il respiro in avanti
un solo sguardo.. è la luce nel varco
colma di ogni richiamo alle pietre commosse,
fino alla casa degli antenati
custodiva nel viso me stessa
in forme infantili, e in cammino generava un'antica figura a metà tra i santi cristiani e gli spiriti delle tribù nel luogo dell'aria più inabitato e pregno di materno sudore
nella tensione del corpo eccitato per venire con verità nella carne, con una sola goccia di splendore,
a stringere il mistero. Distesa, nella calma, tra i colori di una pianta sconosciuta, dove la parola si fa corpo che si apre, pronunciando il suono con la bocca che l'ha generata all’apparire:
un tenero abbraccio per saltare nella nebbia
nella signora del gioco, e quasi un passo
nel tuffo di partenza a premilcuore che liberamente invade con la gioia, una danza per accenti e lallazione
Ed è quando la pesantezza m'impedisce di riaprire gli occhi che ti vedo con l'intento di arrivare a risvegliarmi in un altro sogno, dove siamo noi
in altri mondi, ed al risveglio
non diciamo: ecco, era un sogno-
d’indicibile esperienza noi saltiamo
ebbri d’esistenza, per nascita e destino
sul cammino appena schiuso.
Matrice d’ogni luce, viva
tra parole da raccogliere nell’erba
fino alle labbra, ancora incerte
a prendere radice, appese all’aria,
a raccontare dal luogo del ritorno:
l’azzerarsi della terra sotto i piedi
di quello scricciolo che m’insegnò a volare
Id: 28154 Data: 21/10/2014 22:48:06
*
Un premio di luce
Come un’onda lunghissima,
nel silenzio di coppia,
offre la gola, sulla strada del lupo,
nel tratto più intimo della sua esistenza;
sulla terra necessaria e finale
una storia di sguardi e di nascita
scolpiti nella pietra, a passi lenti,
un osso al sole che entra nell’acqua,
per chiudere l’episodio della notte.
Qualcosa di naturale è accaduto
nella comunione del silenzio,
la conoscenza di una fusione assoluta,
nel riserbo, un premio di luce,
si trascina per la campagna,
si vede all’aperto- la timidezza
di una trasformazione
costruita insieme, seguendo le tracce
di un’antilope all’alba, come un seme celeste,
una limpida pioggia di frumento che cade,
lasciandoci privi di fiato-
da come accoglie. E' un giovane anno,
un nuovo spazio,
un luogo in più, dove tornare,
attraversando due occhi, gli stessi,
i primi che osarono,
nel silenzio contratto,
saltare
Id: 28113 Data: 19/10/2014 23:44:41
*
Con la nostra nudità che luccica
Celebrava il rito dell’amore,
il suo più alto lato,
sulle lastre di pietra,
irrinunciabile
Ho inginocchiato gli occhi, al tuo vedere- un movimento lento, dal buio alla gioia,
teneva tutto nella sua luce futura- mentre pregavi ai fianchi di quel letto ero nel mio tempio, su alla roccia- tra i nostri passi, appena disegnati, silenziosi, come animali nella notte,
vulnerabili con ondate di bellezza
e codici sottili di linguaggi,
-con l’urgenza di ascoltare il soffio
e le tue mani colme di frammenti
che prendono la vita, per portarmi via
di sogno in sogno, in un brivido segreto.. più in là, più dentro a quella luce- nell’invisibile arteria della grazia che permette di nutrirsi e fare spazio tra la ruota, il cerchio, e la sua croce-
fino all'ombra dell'Amenta, alle sorgenti, all'arcobaleno delle cose non ancora nate.
Sui covoni illuminati siamo noi
sull’erba dolce, e di un azzurro lieve,
incuranti delle regole periodiche,
per assumere l’immortalità: un breve istante per riceverti
con la terra e con il grembo, darti un figlio per ognuno dei colori conosciuti alla tua fonte immobile, nel sogno
per questo canto puoi sentire come corro,
se mi muovo sulla curva della luce,
un vento largo che si erge tra le gemme
di calore: è il nostro spazio a compimento, il bianco inizio di una liturgia.
Tutto si compie all’altezza delle braccia, nella baia tra il seno e le sue spalle, con le mani innamorate, voce a voce,
ci diciamo una magia per il Natale, per riempire a semi verdi il cuore
con la nostra nudità che luccica
Opera: Eternità
Roberto Ferri
Id: 28061 Data: 17/10/2014 00:08:08
*
Il nostro andare via
Al limite del mutismo,
in un’altra durata ti parlo,
con un sorriso quotidiano e solenne,
in un luogo distante dall’avere-
Nessun campo lungo
tutto avviene dentro le nostre voci,
non c’è spazio tra il manifesto
e l’invisibile, pulsa
la forza di ciò che è segreto
tra le parole- respira
e rimane colmo di noi
il viottolo intorno all’azzurro
dei tuoi occhi di golfo
Il mormorio alla stazione
compie un lungo cammino
impregnato di silenzio, ora,
prima di posarsi pieno sul foglio
e una forza verticale si prepara
a un agguato nell’ombra della sera:
una miniera di sguardi che si lasciano
si avvicinano…poi si perdono
pronunciando un credo
per un presente eterno
e un istante dopo a far l’amore
nel grembo religioso della casa,
il suo volto è una lacrima di gioia,
nel fuoco bianco della sua bellezza
si sfilano dagli occhi delle perle
e colano sui piedi le fibre luminose
che legano l’aria santa del mare
al fondo delle mie colline
continuando a nascere un respiro
nel verde profondo
che raccoglie il nostro andarevia
Id: 27999 Data: 13/10/2014 23:09:13
*
Coi passi magici e selvaggi
Si fa strada la visione in altro luogo- si distende per minuscole fiammelle in molte vite è un albero un bambino.
Tu lo sai, tu che vieni nel mio corpo con un seme della stessa gemmatura di realtà, nel suo agire silenzioso e necessario, se ti muovi lentamente all’acquabuia, puoi vedere i fantasmi di ogni giorno,
prendendo con le mani quella luce che traspare mentre alziamo i fili d’erba: danzano cadendo le parole tra la nuova carne muta che diventa ghiandola mammaria, seno e latte.
A passi magici nell’uovo torneremo, guardando senza fiato dentro il cuore, dall’ombelico delle fibre luminose alla sfera d’energia dei nostri sensi, uniti con agguati, intenti, e sogni, per creare dal fango senza gli occhi, dal punto di splendore un gesto caldo, un luogo nostro, dove l’io ritorna un noi d’amore e molto altro ancora.
Id: 27953 Data: 12/10/2014 01:49:05
*
Finendo di fiorire dentro gli occhi
Ripasso con lo sguardo le sue vene,
l’azzurro silenzioso sopra il viso,
la voce, che si levava appena,
finendo di fiorire dentro gli occhi.
E tutto come sacro mi accadeva
davanti a un piatto semplice di pesce:
un uomo benedice del creato,
il suo mostrarsi nuovo tra le mani
carezzava quei bianchetti come rose
come ostie fini nel palmo della mano
stremate dalla luce fino al tavolo
a una a una ha detto una preghiera
portandole alle labbra per mangiarle
lo sento ancora con la stessa precisione
come lampi di magnesio sulla strada
segreta del futuro nel suo gesto
Id: 27852 Data: 06/10/2014 20:31:25
*
Nell’ultima riserva di respiro
Sono file d’anime in vigilia
coniugate accanto all’uva,
un fremito d’api
al succo maturo
che indugia e sussulta
nel cuore allagato
Così prossimi noi a quel nome,
il più dolce dell’anno,
nella cala nascosta dei secchi
pronti all'aurora, affondiamo,
con lo spasmo sublime dei piedi,
nel piccolo foro del chicco,
ebbri cerchi di luce,
le nostre dita d’oro
i loro re
-nella ghianda lucente c’è movimento
un movimento caldo, l'inizio di una forma
riconduce lo splendore nella cripta,
il succo del sublime, di quando eri con me
soltanto una coscienza,
un vento vivo e forte nel faggeto,
un terzo cielo confuso per natura-
Con l’ultimo sapore del sole
nell'ultima riserva di respiro
faremo vendemmia con l'anima
nel denso del vino
ora posano le luci, sull’acqua,
sull’altare dei pesci lucenti
e tra le viti sale una festa
dai nostri volti, dove rinasce la grazia, di un'antica bellezza.
Id: 27825 Data: 05/10/2014 21:16:14
*
Per ritornare, dal mare
Ha la calma del latte
che tiepido arriva-
abbandonato alla grazia
che lascia cadere,
versando sull’erba
tre gocce di luce- il suo seno
Le daranno della gitana
per la lingua inventata
a tenere segreta la luce,
per come si porta via con l'inverno
l’odore dei nascondigli
ottanta mondi lontano
in una pentola grande di riso
sbattendo la neve coi semi di lino
e un mandala, il più bello d’oriente,
preparando il ritorno tra le montagne.
Adesso vola,
filtrando sott’acqua all'autunno
a rincorrere i raggi dell’ultima notte,
la ghirlanda del disco dei pesci,
con lente parole e un profumo che tiene
come un filo alla gola di kashmir.
Lei sa che morire è generare
un atto magico. in vita
confuso in preghiera. Le sale tutto il viso
un limpido rosso- nell’accenno della sera
convocata e lieve- nel tuo sonno
viene a dirti “torno torno”
su quella strana trottola che gira
nella saliva della luce per la casa
è forza antica allora il gioco
che riprende il filo all’invenzione
se ci passi sopra con le dita, puoi sentire
dove vanno a finire delle cose
con le gambe a penzoloni, nel pozzo di calore,
mostrando di parlare con mezzi di fortuna
dallo scarto, per battiti segreti
come lucciole alla nebbia,
anche il pianto è una freschezza
improvvisa, nel sangue,
un dolore rimosso ai bambini
dove il taglio si adagia sicuro
e un nastro chiude le punte
facendo passare ninive
attraverso ciambelle di pane.
Sprofonda il mio petto carico di tane
fino all’inguine del sogno, e giragira-
cavezze, finimenti, morsi per piccole bufere
otto buchi d’alberi .. 36 vedute del Fuji
tutto il resto è selvatico aramen-
sott’acqua…
tra il nero religioso una nicchia di luce
traduce dal silenzio la visione
impressionando fontanelle nuove
il piacere di pianori messi a bagno
nel godere. tu sapevi che senso aveva
un’altra vita nella vita della mia felicità:
il blu il boato il fuoco di lingam,
linga purana, quando ci siamo allontanati
con il cuore fino ai reni..vogheremo,
una battuta a mezz’aria, da un fianco soltanto,
poi via, da quell’altro,
e tra le mani una corda di perle
fitta di nodi a scorrere il tempo
risalendo il klin otto lungo le dita,
cantando al contrario del fiume,
per ritornare, dal mare.
Id: 27798 Data: 03/10/2014 21:45:04
*
Nella danza dell’aurora
Ti sei alzato come un pane, nelle viscere,
una misura sacra e misteriosa che penetra e comanda di avanzare, di spingersi più in là della scrittura,
sulle palpebre del tempo e un bacio d’oro,
con un gusto di radice sulla lingua, unendo i fiori che cogliemmo dentro gli occhi, nella parte che mancava della sera,
nel lavoro più invisibile dell’alba
versando la tua luce, tra le gambe, nella loro prima volta insieme, sei venuto, per lunghe pause, a prender fiato tra la carne, viva. È un’altra pelle che ci domanda ora un'altra gioia, al principio delle dune di Bisanzio, e piu in là della memoria, dove l’iride risale testimone allungato sul chiarore della riva
In così tanta luce, ci sei tu,
a nessun’altra uguale, a fare spazio per il cuore lungo i seni disegnando con le dita la tua terra, i suoi fondali chiari, tra le mani,
con un fiore bagnato di saliva per l'amore della notte.
Un accordo maestoso, di miracolo e umiltà, sospeso dentro al cielo, e al suo segreto,
mi trascina ancora sotto l'll manto, fino a farmi un velo con gli odori, a viver la sua luce che si muove uscendo da un stelo, a respirare.
Ed io lo sento, per i versi, le carezze, con lo sguardo di topazio che hanno i lupi,
nella danza dell'aurora. Al boscovecchio,
solo così,
si può ascoltare la tua canzone
senza distanza,
l’eco, talmente profonda,
a far uscire i nostri corpi
in questa bellezza
sia fatto l’amore
e penetri il canto della parola
come un suono nel suono
dell’universo che siamo
Id: 27752 Data: 01/10/2014 19:47:29
*
Va alla gioia
Le parole non sono le cose,
e dici la verità. Tuttavia
acquistano questo potere, selvatico,
e dal profondo dell’abse animale,
scalpicciando nella capanna di pace,
cavalco ogni bestia inondata di sangue,
e ognuna contiene il suo dio,
non un’idea,
qualcosa che crea irruzione, imminente,
che risponde al punto del cielo lontano:
sulla lingua migliaia di stelle
dilatano in gola l’inchiostro
nel seme, nell’urlo che viene. d’amore
l’immenso si fa sterminato
e in tutta la grazia lo annuncia, inevitabile
noi siamo dentro la camera, sacri, e gemelli
di sposi illuminati. Ecco la gemma,
che cerca la lingua in un punto, il suo latte,
e solo quello può essere, in terra del viso,
il più remoto e nascosto al pensiero,
una parola che ride, a morire nel gesto,
che oscilla col corpo per disegnare
facendo esercizi dentro il respiro
nella formula del sangue, se ti leggo,
mi siedo sulla tavola del pane
battendo coi talloni sulla sedia
a contare il tempo alla domenica, che manca,
per restituirti le mie dita umide nell’aria
indicando con un salto giù per terra,
dove ti aspettano e dove sei, altri segnali
se c’è un giacere, come chiamando,
è nella crescita pregressa,
nel tacito afferrarsi,
una piccolissima estensione nascitura
che tocca la parola e cambia il segno,
imprimendo al suo alfabeto un passo
che sposta gli occhi e danza, dove batte,
riportando il campo di una lacrima
alla gioia, da cui riparte un filo,
un’aria fresca dalla finestra
fin su alle chiome..
che sembrano qualcuno,
che accolto dentro si bagna, in questo solco,
poi.. si trasforma in luce, e ancora
precipita nella parola, proprio in cima,
adesso, è qui, nel mio respiro largo,
che sporge tutto fuori dal cuore
e va alla gioia.. va alla gioia
Id: 27646 Data: 26/09/2014 22:29:09
*
Dall’ombelico al timo
Dall'ombelico al timo,
rotolandoci nel fango finivamo per brillare dall'inizio,
colmi di raggi nell'ignoto,
sbiancando come cenere e un animale di cristallo
nel magistero chiaro di bellezza, e nel suo grembo
una folata d'acque, che ondeggia come un fiore
un grido d'oro al vento, e nuota
nel flutto, nuota, danzando
sulla pozza nera indifferente
Chiamavamo ogni forza, in altri spazi,
notte misteriosa , scavando la dolcezza delle tombe sui nostri polsi bianchi di ogni giorno:
una manciata di zapiskj,
un iman acceso agli occhi
ricombaciava l'ombelico con le stelle
e il fiato perso dei suoi passi
nel pieno dello scuro, senza domande nelle ossa.
Miopiccolo re, fradicio di luce,
prestami la voce e il copricapo a fiori
per il miele, per l'haoma dell'avesta dove scompare il mio cervello, tra le foglie rovesciando l'invisibile nel ventre
se mi baci a lungo, se mi spingi
col muso in avanti [ terribilmente bello ] dall'ombelico al timo si continua per la luce con l'erba strega, con una mano in dono illuminata dal riflesso vegetale e lingue rosa di bestiole sane
puoi fare le magie se ti protendi-
coi lupi d'argento in viso, e ad ogni ora puoi fare luce come un punto di raccolta ad ogni goccia puoi danzare formando laghi più vicini come cuori
tirando i fili dei baccelli per giocare come fanno le marmotte con i denti- dove c'é la possibilità di gioia
infine fare tana, ai ripostigli della neve,
una capanna di colori sui fianchi delle acacie,
immersi fino al collo in questa nuova casa, che cammina sulle spalle, e con le ali.
se premi ancora alla radice dei gemelli ti saltano marmotte sulle braccia,
come un soffio d'arpa nella pelle
attraverso i secoli dei sogni, nell'arco della nube con un patto:
essere ogni cosa a fare petalo, nel fango,
impastato alla saliva del tuo accento
è un suono caldo che fiorisce ora
lo vedrai salire dal fondale nello stretto del presente, ricadere,
nell'aperto dell'amore, con scintille,
per l'intero corpo trasparente,
nel dolce movimento verso..
che è già amare.
Id: 27591 Data: 23/09/2014 22:20:34
*
Come gole che bevono sogni
In sogno ti scrivo coi seni,
come fossi intorno ad altre terre,
che aprono e chiudono, nelle tue mani,
un fiume un sole una via;
sei splendido nell’aria. sei al fianco
e cammini sul filetto di una vite
illuminando la striscia di un sentiero-
da un filo che rimane sempre teso,
che a sfiorarlo ricominci dalla carne-
il tempo interno che vive in una freccia
quando sfonda l’incoscienza e resta,
unendo insieme l’ombra con la grazia,
tra la rosa di ieri che ora cresce
la nuova rosa. È così,
come un giovane fiore
che risale alla voce del giorno
con la parola più lunga che sa
-unavoltapersempre-
una pioggia caduta e diffusa
dove mette tutte le voci,
della più violenta dolcezza,
e conquista, nei grandi petali, un’anima
impregnandola di un’unica luce
che continua anche nel sonno
con l’attenzione di una preghiera,
con la forza interiore di un PadreNostro.
Nel sorriso del volto più amato
la necessità della natura, spietata,
è di amare con le ali degli occhi,
nel luogo più aperto della realtà,
di esserci e basta,
nell’eterna corrente del suono
della voce che chiama in continuo,
che in ascolto sorride. Sei tu,
nella profondità di un destino,
che salti in braccio all’autunno
nell’ampio pube alle onde
come gole che bevono sogni
unavoltapersempre
Id: 27553 Data: 21/09/2014 20:14:08
*
Tenue come l’aria fa l’amore
Si è ha fatto giorno tra le acacie
l'accumulo del tempo,
e la salita delle membra alle marmotte cade nel sorriso sulla valle succhiando la radice dal silenzio
si ricomincia, ogni volta, con la luce, tra i boschi e tutti gli angeli che danzano nella vecchiaquercia ballerina col grido degli zingari cantiamo battendo l'amaranto sopra il petto nella paglia della cova, ed una voce, più forte della nostra stessa voce, delle più lunghe notti spinte in fretta.
Nelle cose ultime saremo a casa, dici, togliendo la ragione dal profondo, per sentire a poco a poco lo stupore del bambino irresistibile .. l'azzurro che spinge sulle labbra, la divinità del giorno più minuscolo e immortale nella dimora quotidiana, e la risata la somma di tutte le risate
di ogni firmamento, dei deserti
dei conventi nella gola.
Con dolci grappoli,
lasciati al freddo sulle viti,
vengo a te, in comunione, colma di succo della nostra solitudine divina, nelle mani delle cose,
per infiniti sempre nuovi, dopo la crista che sono stata nel tormento
ecco il mio bambino, il miodiobambino, nella culla radiosa mai adulto sulla via perenne della grazia
io lo servo, per disordini e capricci,
per scorgere miracoli e follia,
dove affondo con i piedi nella melma del sole della notte che non viene dalle cose, ma da noi, bambini: la possibilità di vivere secondo com'è il cuore, nel pianto che precede la rinascita.
Il resto è già accaduto, ed ora
nella pioggia mi fecondi sulla terra
sorridi con il caos e ti accudisco
come il frutto più antico ancora dell'albero che invecchia,
con la tua voce azzurra, da venire, colmando d'acquabuona il più profondo
degli inferni in gioco.
E’ un allegro paradiso, non perfetto, dove cresce il mio bambino dentro l'anima, che tenue come l'aria fa l'amore.
Id: 27518 Data: 19/09/2014 23:24:19
*
Pieni d’uva
Saperti l’uva dentro gli occhi a sera
il nudo e la parola, la tua casa,
qualcosa di grandioso fa tutt’uno
sulle mie ginocchia coronate
mentre mi lavo con il giorno al fiume-
portando in processione l’edera, a cavallo,
come un testo sacro in un continuo
insieme alle preghiere quotidiane-
là, dove cresce l’albero del cedro.
Anche al buio chiedo strada a quella luce,
una strada alla radice del tuo nome,
un inizio, l’ispirazione, a gocce,
tra la vista ed il visibile. Sei tu
a fare il movimento di ripetere
di ritornare dove si era stati
nel preparare doni e meraviglie
per farmi scintillare tra le nocche
le nuvole, da cui ricevi luce,
le stesse, cariche di pioggia,
nel silenzio che sentiamo insieme
indovinando il luogo preferito
un lampo, nel mezzo di una pagina,
leggero come l’aria, inafferrabile.
È l’incontro a piedi nudi del tuo viso
l’odore che si prende con le mani,
in un dire lungo i lati delle labbra
per cinque ore, ferma, sotto l’albero:
non c’era un solo nodo, e lo sapevi
che io volevo essere una vite;
l’intreccio era perfetto, e lo splendore
rivelava al suo sottrarsi la chiarezza,
superiore a questa notte, in verità-
manifestando un cuore scuro l'oro insieme,
libero, di ogni eccedenza, illimitato,
all’orlo estremo della tunica, sui piedi,
che noi siamo un unico sentiero, tra le cose,
fino a contare i sassolini trasparenti
alla foce del tempo, e scomparirvi
come sorgenti insignificanti e vere
bevute dalle sabbie dei deserti
a voce bassa, semplici bambini,
custodi e testimoni della lingua
che affonda il remo, con dolcezza, e a lungo,
per l’umiltà dei nostri occhi chiari,
quando si sporgono in silenzio
e pieni d’uva
dalla cima dell’ultima parola
Id: 27464 Data: 16/09/2014 23:52:31
*
Dove la vita rimane
E' una brezza che amo e dove porta è culla della sola primavera nel ventre pieno d’acqua di una foglia s’insinua in fondo al tondo che contrae nelle sue mille logiche l’adesso di un gioco misterioso che trapassa, chi sa da quale lato, a prima sera
di là dalle notti di tutti gli inverni, nel cuore dell’essere è un plesso solare, la sposa divina, cui ti rivolgi, la mandorla in germe portata nel guscio, risale le curve del proprio avvenire- un serpente un cucchiaio un uovo di luce nel silenzio più bianco che muta di stato sposando la vergine da cui nascerà.
congiungendo il miele immaturo al mio ventre,
tra la saliva ed il fiato, prima del bacio,
in quell’attimo a forma di labbra
si avvia l’eternità..
nello spazio imprevisto del mandorlo,
tra le vene lucide di meraviglia,
ha disegnato parole, ed il caos
delle voci, leggero, dei passi il via vai
negli occhi bagnati col sole
fila l’oro l’amore e noi
ribaltiamo la notte nel petto
a prendere posto per terra,
secrezione preziosa della natura
che spinge nell’ora. Soltanto giocando,
così, si dilata la conoscenza, e un bambino-
milioni di anni fa, che correndo
nel corpo d’amore capace di stringere
spirito e carne all’immenso-
squarcia la luce di un soffio,
piccolezza che basta, persino all’inferno,
con l’identica semplicità del filo d’oro di bisso
per come sorregge e il coraggio
in tutte le sue iridescenze, il sigillo,
la folgorazione, che dona la libertà
È un cervo blu, nell’incendio d’amore,
che ti prende per mano e cammina
fino a sbucare nel prato delle cascate
dove brillano i piedi nelle strelitzie
e le ombre compatte, allungate sul viso
a seconda dell’ora del giorno, di gioia,
tra lo stomaco e il petto , tremenda
irriducibile e gonfia di carne e capelli
un attimo prima che stacchi dal ramo
un cuore rosso pulsante, sulla realtà,
con la polpa esposta agli uccelli, alle larve.
Ti ho visto pregare stamane per il dolore
segnare lo sguardo, la trama dei frutti,
le fibre cadute dagli alberi. Eppure,
è un canto ampio e infinito che sale,
dove la vita rimane,
con tanta forza nelle parole che amo,
è la poesia, che riparte,
ancora una volta, da terra.
Id: 27427 Data: 14/09/2014 23:03:49
*
Con un dito sulle labbra
Non scambiare le immaginazioni per i fatti ,
e i fatti miei per immaginazione-
se credi in Dio, opera con lui,
se non ci credi,diventa lui o l’uno
e l’altro- E' vita
che si nutre della vita dall’inizio
infliggendo a tua madre quei dolori,
e ancora per il cibo lotterai, ed un riparo.
Una colonia di formiche, o gli uccelli in stormo
sanno che il principio della terra fu nel verde
al terzo giorno appena, e solo il sesto noi
gli ultimi arrivati. Ci sono terre emerse
se nel becco c’è l’ulivo, e si offre tra le mani
a garanzia di vita. Puoi piantare quella vite d'oro
nell’asciutto ed ora. È un gesto libero
succhiare alla radice con la bocca
la noce e i piedi in aria, è tenerezza
il tuo sesso sulla terra e il sogno che ne viene
sembra fermo, ma cammina come gli alberi che amo:
due percorsi insieme, nomadi e stanziali, uniti
per la luce vegetale. Dove un buco ci ferisce
viene nuovo un ramo, se ti offro un fiore per talea,
si propaga il tuo giardino e siamo ancora uno
tra la terra e il sole. Nella ricerca non fuggire
l’ombra con lo scopo del rivale.
Se tieni gli occhi lontano dalla mente
sono dappertutto, sui viticci gli apici e i germogli,
persino il legno e le radici hanno occhi piccolissimi
per trovare il buio, odorano la terra, per chiamarti-
sono le parole delle piante, quegli odori in aria,
come i geroglifici o le rune, è una sola voce
che per paura per amore avverte.
Mimosa pudica.. ti chiudi se ti tocco,
e in giro per i boschi ti riapri
e ascolti, quando cerchi l’acqua,
senza orecchie. Io ti sento dentro
con la pancia sotterranea della musica
traspirare gocce e offrirti, da una foglia
all’altra, passare la parola dai capelli
ai piedi senza niente per la mente
distribuita timidezza delle chiome
sfiorando con le cure la famiglia
facciamo ancora insieme i fiori bianchi
del ciliegio, per le api, fino al rosso,
per gli uccelli in volo, e il nostro seme,
andrà lontano dalla pianta-madre,
per riprendere la vita. Siamo così pochi
tra le piante al suolo, nella presunzione dominanti
con la bocca ed un cervello e il cuore,
due polmoni. Sanno andare all’acquabuona,
non è questa intelligenza? O servono astrazioni
la parola e gli strumenti? io li sento camminare,
per raggiungere una parte della luce, gli alberi
mentre tocco le radici di ogni giorno
come stimmate, piegando i rami all’apice,
inginocchiata sulla fonte dell’umidità,
parsimoniosa e gravida la luce si raccoglie
bianca, tra le mani, colma di ogni sua mansione,
dell’essere senziente per milioni di filini,
come stormi uniti in volo, la sua voce
è sciame. Puoi vedere?
-o è più forte la cultura per negare,
se non ha occhi al centro della fronte.
Continua pure la ricerca della tua ragione,
in qualche parte dello spazio, io le ho viste,
le ho viste accendere di notte le radici
una luce per se stesse, per sognare.
è il sonno delle piante,
quando il loto si solleva con le foglie
riunendole a preghiera,
per rendere invisibili i suoi fiori,
nella posizione di riposo
che avevano alla nascita i germogli...
con un dito sulle labbra,
abbiamo tra le gambe un nuovo nato.
Porta nel sogno quello che noi siamo,
la presenza eterna della vita.
Id: 27382 Data: 12/09/2014 11:17:37
*
Buonanotte amore
Non scambiare le immaginazioni per i fatti ,
e i fatti miei per immaginazione- se credi in Dio,
opera con lui, se non ci credi,
diventa lui o l’uno e l’altro- Come la vita
che si nutre della vita dall’inizio
infliggendo a tua madre quei dolori,
ma ancora per il cibo lotterai, ed un riparo.
Eppure una colonia di formiche, gli uccelli in stormo
sanno che il principio della terra fu nel verde,
al terzo giorno appena, e solo il sesto noi
gli ultimi arrivati. Ci sono terre emerse,
nel becco c’è l’ulivo, e si offre tra le mani
a garanzia di vita. Puoi piantare quella vite d'oro
nell’asciutto ed ora. È un gesto libero
succhiare alla radice con la bocca
la noce e i piedi in aria, è tenerezza
il tuo sesso sulla terra e il sogno che ne viene,
sembra fermo, ma cammina come gli alberi che amo,
due percorsi insieme, nomadi e stanziali, uniti
per la luce vegetale. Dove un buco ci ferisce
viene nuovo un ramo, se ti offro un fiore per talea,
si propaga il tuo giardino e siamo ancora uno
tra la terra e il sole. Nella ricerca non fuggire
l’ombra con lo scopo del rivale:
se tieni gli occhi lontano dalla mente
sono dappertutto, sui viticci gli apici e i germogli,
persino il legno e le radici hanno occhi piccolissimi
per trovare il buio, odorano la terra, per chiamarti-
sono le parole delle piante quegli odori in aria,
come i geroglifici o le rune, è una sola voce
che per paura per amore avverte.
Mimosa pudica.. ti chiudi se ti tocco,
ma in giro per i boschi ti riapri
e ascolti, quando cerchi l’acqua,
senza orecchie. Io ti sento dentro
con la pancia sotterranea della musica
traspirare gocce e offrirti, da una foglia
all’altra, passare la parola dai capelli
ai piedi senza niente per la mente.
distribuita timidezza delle chiome
sfiorando con le cure la famiglia
facciamo ancora insieme i fiori bianchi
del ciliegio per le api, fino al rosso
per gli uccelli in volo, e il nostro seme,
andrà lontano dalla pianta-madre,
per riprendere la vita. Siamo così pochi
tra le piante al suolo, nella presunzione dominanti,
per la bocca ed un cervello e il cuore,
due polmoni. Sanno andare all’acquabuona
non è questa intelligenza? O servono astrazioni
la parola e gli strumenti? Sai, li ho visti camminare,
per raggiungere una parte della luce, gli alberi.
Mentre tocco le radici di ogni giorno
come stimmate, piegando i rami all’apice,
inginocchiata sulla fonte dell’umidità,
parsimoniosa e gravida la luce si raccoglie
bianca, tra le mani, colma di ogni sua mansione,
dell’essere senziente per milioni di filini,
come stormi uniti in volo la sua voce
è sciame. Puoi sentire?
-o è più forte la cultura per negare,
se non ha occhi al centro della fronte.
Continua pure la ricerca della tua ragione,
in qualche parte dello spazio, io le ho viste,
le ho viste accendere di notte le radici
una luce per se stesse, per sognare.
è il sonno delle piante,
quando il loto si solleva con le foglie
riunendole a preghiera,
per rendere invisibili i suoi fiori,
nella posizione del riposo
che avevano alla nascita i germogli.
Buonanotte amore..
con un dito sulle labbra,
abbiamo tra le gambe un nuovo nato.
Porta nel sogno quello che noi siamo,
la presenza eterna della vita.
Id: 27375 Data: 12/09/2014 01:46:52
*
Nellerezione della luce
Attorno alla vertigine l’ascolto,
dove la dimora è provvisoria
e la sua erranza un abbandono,
nello strappo oscuro, luminoso
è la visione umile e improvvisa,
tra una luce sfiorata e la penombra
di un destino impronunciabile, che chiama
la vita nuda: gioia, di una voce
che non finisce di venire accesa:
una candela umana, un dono dell’amore,
compagna all’ombra dello scialle a sera
benedetto dall'esistenza e dal suo peso
sulle spalle come nulla. È vero
ammutolisco e sciolgo le domande nella cera
con le mani più infantili che conosco:
dove sei esisti e non c’è nulla, se sorridi
nella grazia del riposo, rinnovata
tra le infinite madri della luce.
Nel mistero che mi spinge all’infinito
tra i larici e nel buio mi fai libera
nella nebbia sei la lingua della lupa
della collina e l’erba che altri lupi hanno
già percorso con i lasciti che marcano :
l’esser vivi. Sulle radici dei fossati, da qui,
ricominciamo in giravolte la montagna
bagnando ancora la coscienza al fiume-
e quante volte ancora ci saprà- la stessa-
per rifiorire in altra lingua l’anima
tesa nell’ascolto sulle piante, con la polpa
d’albicocche nella bocca, noi splendiamo
tra i chicchi d’uva e i torsoli di mele
che continuano a vibrare dalla terra
ai fianchi più remoti del giordano:
il succo chiaro delle arance è dentro
agli occhi senza età, ed ora
se spingo piano sulle palpebre le mani,
le voci amate si alzano a colori,
nell’erezione della luce che beviamo,
puri.
Id: 27352 Data: 10/09/2014 18:47:01
*
Spugna d’amore
Mi chiedi se ricordo quando siamo nati.
Posso vedere solo il mondo,
attraverso i tuoi occhi di dolore
e nel piacere, una proiezione di memorie
nella mente. Tuttavia è oltre
quei confini che si stende
una remota immensità di gioia,
ed è una casa quell’amore eterno
dentro la coscienza. c’è la prova
della mia indimostrabile esperienza-
chi altri può se la realtà dell’altro è pari
al suo apparire nella mia esperienza?-
Ma non siamo soli nell’essere profondo- amore-
siamo il tutto, quando percepiamo con il niente
il sussurro delle stelle, siamo il Dio
che non sappiamo nell’essenza,
la spinta indietro che ci fa andare avanti
consapevoli, da sempre, universali liberi
senza confondere il ricordo nella conoscenza
sempre fresca e nuova; è, la nostra ciotola
da mendicanti, d’oro puro, e noi dei miserabili,
finchè non la vediamo : in modo naturale,
portando a brillare la realtà, sinceri,
senza parole per comunicare senza idee-
non puoi mangiare la parola “pane”
immaginando di conoscere
solo ciò che possiamo definire,
se porti alla bocca la realtà c’è amore
con azioni religiose e silenziose, insieme
chiedi, e ti sarà dato- per non rimanere
un sacco d’ossa nelle citazioni sacre.
Ho toccato la materia nella stanza buia
mentre dipingevi l’intero mondo un quadro,
il pittore Dio, e tu, che contenevi il mondo e lui,
nell’atto di conoscenza puro essere
quando hai spalancato la finestra
inondandomi di luce a gioia,
stava tutta dalla parte della stanza,
e non del sole, la misura del candore
nell’estasi del dare. Non ho dimenticato
quella luce, di quando siamo nati
non posso ricordare
o attendermi la fine, invece,
perchè non è mai accaduto.
Nell’infinito impercettibile di un compito
siamo seme l’uno all’altro aperto
in piena fioritura, siamo gioia,
che di volta in volta vola senza fine,
una ghirlanda di luci, le più intense,
nell’andirivieni di questo cuore umano,
pagliuzze d’oro, nel palmo della mano
spugna d’amore -che chiamiamo pane,
riducendola in parola-
il terreno che l’accoglie
e ama.
Id: 27286 Data: 07/09/2014 19:01:16
*
Puoi solo avvicinarti un poco al giorno
L’azzeramento tiene il passo
con l’amore che può darsi, anche
nella voce spaventata, eppure ferma
sulla lingua
temprato battere del poco
rimasto in piedi.
Prendo con me le pieghe azzurre
del bianco invaso di parole,
che tallona e spinge e la risposta
è ancora un sacco nuovo di domande
matrice e calco a richiamare voci
ne dice il nucleo esplica il legame
e guarda dentro con limpidità
le offerte minime ai propri giorni
come un'acqua che trascina in sé
la luce per amore e sassolini,
con un filo più sottile del cotone
non c’è fine, con le mani pure,
dove un giorno torneremo
a innalzarci senza volto
ci si riempie di gesti, di parole
che non sanno di morire, per tornare
-e puoi solo avvicinarti un poco al giorno
al vero che non vedi come l’aria,
finchè il vento lo rivela coi capelli
sulla fronte, e non la nuca-
come l’altra faccia della luna
in ombra- siamo noi. Poi viene sera
ed un sorriso dal chiarore certo,
assomigliandosi l’ovunque
e una preghiera, non sei tu
il motivo della gioia, sono io
che mi avvicino al canto.
Id: 27260 Data: 05/09/2014 21:50:51
*
Accanto ai pozzi
Un minareto che perfora il cielo
basta un niente che ti trovi nella gioia
poche briciole di un seme di quinoa
in mezzo all'erba e ai fiori, lentamente,
un sopracciglio chiaro, il quarto di una noce
che diviene azzurro mentre canti
le lettere intorno ad un giardino,
dove puoi sentire anche una tigre
tossire accanto a noi - Amina
Che cosa stai cantando? -
Mi sto spostando verso te
tra lunghe spine bianche e fiori gialli.
C’è un segreto irriverente senza tempo
se muovi sulla terra la tua bocca
trovi il foro dove i nostri cari son tornati
dentro, seduti nello stesso posto remotissimo
delle nostre connessioni umane
in un soffio risuonano le strade,
in un suffragio rifiorisce il mondo visto
nella nostra mano più di ciò che è,
per condurre, tra la pietra e il rosso, noi,
nella parabola che ritorna e gioca
- ed ora cosa canti ? sto venendo a casa nostra,
che vive a pochi suoni di distanza,
lungo distici di versi. Come uccelli
ci passiamo di mano in mano l’armonia,
se t'incammini, lungo piste d'asini selvatici,
spargiamo voci sulla gioia, ed è una mappa
tramandata da canzoni
catene di montagne e fiumi. No..
non avremo oggetti da scambiare,
il canto come bene, si baratta,
al tempo di suonare il nostro pezzo
dall’inizio, lungo i pozzi. Sul gran posto
c’è un canale buio sotterraneo
che sbuca in cima tra le acque rosa,
è un fiato caldo di midolli
e quasi non ti accorgi
che le montagne son di nuovo le montagne
e sei nel foro delle lacrime del mare
con la dolcezza più grande sulle spalle
di esser foce e la sorgente insieme
ci scambiamo gioia per scintille
al punto d’incontro d’altri canti
le nostre ossa sono vasi d’oro
guidati da lontane vicinanze,
abbiamo il cuore di una lepre dentro gli occhi
un viso verde, tra le ginocchia coronate,
come un bozzolo: è quel canto,
dentro la sua foglia, srotolato
avremo cura del germoglio
dell’onda ininterrotta di smeraldo
che ci tiene insieme per canzoni
scambiando gioia, accanto ai pozzi
Accanto ai pozzi- mi deve avere ripetuto
le stesse parole dentro il sogno,
perchè furono le prime
a venirmi nella bocca
quando mi svegliai. Bagnata
nel liquido ancestrale
come avessi scambiato tutto il mondo
annidato nel palmo di una mano.
Id: 27162 Data: 31/08/2014 21:48:29
*
Nell’orecchio debole
Ti ascolto con l'orecchiodebole,
sotto la carne della rosa, è la mia carne,
di un corpo nudo nel bagno della luce;
consonanti addolcite sparse ai piedi
nel profondo centro della terra
dove tutto risuona contro pelle
nell'umida gioia, ed uno spasmo
che mi piega sul ginocchio e dove
tutto affiora così forte in un istante
a corrompere gli acuti nella grazia
dell'imene incoronato al buio:
-è di quel giorno che non sai in mezzo al fiume,
quando gettai la testa avanti e china,
la cascata mi coprì coi propri sogni
nell’orecchio così forte in un istante
fu il silenzio delle rose. E del dolore poi,
che scendeva al fondo di ogni petalo
caduto, con il fiume. Poi passò,
passò piano pianissimo la luce
per il foro come un angelo leggero
che mi aveva attraversata,
lasciandomi il prodigio fra due mondi
e il tremolare della sua ferita in polline,
un alfabeto di acque memoriali
da venire. Con la sua dolce mano
fu il seme di una pioggia luminosa,
una matrioska che si apre per sentire
quando l’erba cresce o nasce un nuovo anello
dentro gli alberi, quando l’acqua si restringe
poi si allarga sottoterra, o l’esplodere dei passi
di una lepre, sul bagnato.- Io ti sento
a piedi nudi se cammini, nell’orecchio debole,
se respiri dall’altra parte della vita
se il tuo sesso si fa grande per venire
nell'ampolla fragilissima del cuore
benedico ancora il fiume,
dorato di ninive e nascondini
pieni d’acqua
per sentire i corpi delle lingue da lontano,
prima ancora della luce.
Id: 27109 Data: 27/08/2014 20:27:53
*
Tu chiamalo come vuoi
Sai vendemmiare le stelle
sulle tue terre bianche di neve
fino a casa, nel palmo delle mani
io ti mostro la bellezza di ogni seme
la lunga vita del suo fiore e il rosso
di ogni pane quotidiano
custodito per millenni in pasta madre
l’amaranto, lo chiamavano huauhtli,
un tempo che finisce e l’altro torna
vivo, nell’eucarestia, finchè
tagliarono le mani delle donne
per lo sguardo in cielo, e il rosso
poi sparì.
Ma nelle zone impervie
l’anima è immortale, ed io
mi amo a consumarlo, come il grano,
come una madre che s’allarga
su tutti gli occhi rossi in pieno sole
ammorbidendo le sue braccia-
da un mondo all’altro- dentro l’acqua
più veloce, più lenta..Sempre accanto
le mani dormono come ali
fra l’amaranto che cresce
ricongiungendo il suono della gioia
alle sue labbra, femmine instancabili.
Il cielo non può nascondere
l’offerta di un amore, è qui,
se mi apri nel petto
non è una ferita, e gode
illuminata da tutte le stelle,
in ogni nome che lo rivela
quello che vedo, quello che tocco,
tu, chiamalo come vuoi - Dio,
i sandali da sfilare, una battaglia, una pietra,
il monaco che disseta, la casa da abitare-
il mio amaranto,
che beve nel buiosplendente
viene dall'amore per la terra
Id: 27050 Data: 24/08/2014 17:20:16
*
col respiro, tuedio
Accade non ci si accorga nemmeno
di pregare, a me succede, nel vuoto
del dolore, al colmo della gioia come di essere compiuti in se stessi
"immensi"
un nuovo luogo di vita, un miracolo
che entra per gli occhi
quando la luce si presenta "intera",
senza lotta,
in chi si concede al nascere,
al nuovo respirare
Farsi incontro a questa luce
col respiro,
senza esserne abbagliati, io credo sia l'illuminazione
e quanto essa chiede: amore
che nasce con la nascita
Id: 27022 Data: 23/08/2014 02:15:25
*
Filo di luce
A Franca,filodiluce
Sospesa a rubare pezzi di cielo
dalla bocca degli uccelli pieni
di speranza nel cielo primordiale
dove rinasce ogni destino e la bellezza
è sempre sul punto di sparire
-Porta via il bambino prima che rientri
a far parte del dolore degli adulti
Deve correre con la testa in alto
voltarsi ancora da una stella all’altra
Non ha tempo di produrre il tempo
chiuso dentro il pugno con la sabbia-
È l’altra gioia promessa dalle stelle
nella danza- senza occhiaie tra menhir
e dolmen, nel loro sprofondare dove
non c’è respiro e la stessa oscurità
che è oltre il cielo- dove indugiano
i bambini per vedere fino in fondo
chi aveva fatto comparire l’arcobaleno
con la voce chiara tra le nuvole
e gli otto colori della pioggia:
il suo volto verso il mare con l'inverno
la bassa marea che le scopriva i piedi
sulle rocce, giovani della vita camminata.
Nel silenzio qualcosa che- come un bambino
rapito dalle stelle- avevo atteso a lungo,
la tua voce, in dono. Nel giorno autentico
prima di sparire in volo mi ha fatto nascere,
benedire ogni parola e il passo, al tuo
filo di luce. ti sono accanto,
in lontananze inconcepibili,
perchè ti sono parte,
nell’avventura dello spazio,
oltre ogni congedo sei in me
col respiro dei cieli
Id: 27016 Data: 22/08/2014 22:37:36
*
L’universo sogna in noi
Un viaggio notturno e un lampo
improvviso, più della luce
sul comodino lieve e sempre accesa,
ha illuminato il telaio, liberando la trama
dei fili, rubando alla materia la scintilla
di una luce, in fondo alla schiena,
un linga splendente. E' quasi un altare
in acque terribili
che penetra e ruota l’intero universo
e noi, travestiti di rame, acqua divina
è l’unione dell’ombra con la sua identità,
tra la maschera in volto e l’immagine
sono nozze dell’anima, sul grande letto
all’entrata di casa, l’apertura del corpo
verso lo spazio, una danza l’orgasmo
nell’unità. Com’è la natura a se stessa,
quando mescola le proprie membra,
divenendo leggera, nel ritorno all’essenza,
più leggera di se stessa
trasformando gli occhi
alla culminazione del sole,
al limite di quell’altro mondo,
accanto,
è quella donna che fa il vino sposa
di tutto ciò che esiste nella coppa d’immortale.
Nel perenne punto di partenza
di ogni creazione,
l’universo sogna in noi, disposto,
per esser vivo, a vivere
come una sfera. La coppia è dentro noi,
al crescere dei seni,
leggera come un’anima
ogni coppia è un angelo, e ti chiama.
Così ho visto l’ombra, accanto,
la mia ombra insopportabile per poco.
Siamo state a lungo insieme dentro il fiume
guidate da una voce, la più ampia
tra il divino e l’animale, incomunicabile,
smuovendo acque melmose
per toccare il cielo e l’uomo
nascosto dentro il cuore con la donna
nel mondo delle Madri, fino a Sophia,
dove l’amore si denuda
tutt’uno con la conoscenza
ora puoi venire, nel volto aperto,
nel sorriso chiaro di tanti anni fa,
di cerchio in cerchio nella coppa
puoi propagarti come in sogno.
Io ti veglierò, come una fiamma.
Id: 26999 Data: 21/08/2014 17:55:01
*
Nel cesto nero c’è altra luce
Scende fino a mare il desiderio
si dispiega largo, pacato con l'odore
mescola i sapori del garbo e un'acqua limpida
alimenta il fuoco, appreso in sogno,
dentro ogni parola c’è altra luce:
un pescatore taglia le sue corde con i denti
infila gli ami in un cesto nero, le mani calme
emergono dal buio. Un canto a bocca chiusa
difficile non piantarsi nel suo cuore
come un muscolo infinito nell'ascolto
mi inginocchio. Ammiro.
In un cesto nero c’è altra luce, c'è calore che trapela ai bordi- i miei cespugli rossi, gli oleandri, il mirto
il colpo d'occhio rammendato, il borgo intatto,
la processione delle luci, le pezze bianche a notte
la lunga coda umana tra i sentieri stretti per l'estate.
Un lungo canto senza peso, un buco nero,
naturalmente caldo, non è poi cosí nero,
una lievissima sorgente di calore, se fosse
isolato in un cielo senza stelle,
pallidissima luce, sfuggirebbe al buco..
eppure non c'è nulla, non materia o superficie,
solo non ritorno che gravita, cosa muove?
Molecole di spazio il tremare infinitesimo
della grana elementare, non è calore di un oggetto
ma dello spazio vuoto in nulla,
dov'è il tempo che si ferma velocissimo
per sempre
a caccia dello strappo d'acqua per infrangere, per rigenerare il limo
quello che noi siamo
fissando ancora quel brusio di ere,
nelle strettoie del suo buio vibra,
con la forza misteriosa che diffonde
tra la lingua di ogni giorno e le sue mani,
nel mestiere di contemplare in cielo,
concentrato in un’intesa, il mare
adesso è qui. nel buio immacolato
e caldo. Prendi la mia mano,
quando andremo via,
dal nocciolo più interno del mio cesto nero
fino al bianco infinito del tuo interno vibrare
cantando, in gioia, al nuovo giorno
il calore inesauribile fra stella e stella
come pesci in fiore
porta nel cesto, quello che noi siamo
Fotografia: Yury Pustovoy
Id: 26956 Data: 19/08/2014 15:10:42
*
il mio posto delle fate
Fidandosi del buio dietro gli occhi
si trovano bagliori come stelle
quando la tua carne riempie il vuoto,
scavato per i fianchi, nel palato
basta un sospiro, un tutto che si tiene
ritrovando la sua vera identità,
come se appena fosse senza fine
il tuo sapore, in tutto può contrarsi,
poi passa ancora un giorno che rimane
fino a toccare con la fronte il gran silenzio
del tuo sguardo sulla sera - è il nostro mondo,
di toccarci con le ali, piccoli passi, poi raccolti:
ne scorgo i bordi, sopra il tavolo in castagno,
i passaggi luminosi verso il cuore
attraverso l'uscio della mia cucina, aperto
verso un lembo raro del giardino
come a varcare una gola di montagna
tra boschi e vigne fino al mare aperto
al sole. Ne ho cura, come una mansione,
un compito che risponde al desiderio-
il prolungamento della casa, quel che tocco
e come sei, lungo il sentiero dei lecci secolari,
dei platani, fin giù, alla distesa delle viti
-giungendo dentro agli occhi
senza conoscere il mistero.
.mi abbandono dove inizio a camminare.
intravedo i nostri fiori più selvatici,
il cuore dell'agave
che ti offro sulle labbra.
È un esercizio che taglia i nodi delle mani
dove cessa il confine che separa,
è il mio posto delle fate- basta poco
per vedere il faro e le tempeste,
quando fai bollire nell'ambra le tue reti,
i resti delle mareggiate si mischiano alla mia
vita, tra l'odore del fogliame c'è il profumo
delle tue albicocche, quando salgo sopra il noce
per toccarti da lontano. Ho un filo al piede
annodato all'altro capo con l'azzurro,
in un continuo che ogni sera quasi muore,
poi di nuovo stelle fiori gocce a copricapo
varcano la nudità, e le vene sono fiumi,
la tua barba l'erba di questo prato ed il sorriso
i rilievi della terra, con i semi che può spargere
una baia : colandovi colore
spruzzando di fertilità la voce
...
fino al bordo chiaro
del fiordo che più amo,
il precipizio il salto che tace la parola
per l'amore, che più teniamo, che solo
posso mostrarti
col silenzio della vita
dischiudendo altro, con il vento,
che sale dal mare sopra il mondo,
un punto luminoso, dove tutto ha inizio
e tu rimani.
Id: 26909 Data: 16/08/2014 14:43:44
*
Più minuscolo di un grano
La particolare intonazione della voce
mi spinse in mezzo al Campo
a girarmi verso un uomo, chino
sui bambini..l'espressione quieta dello sguardo,
con gli occhi d'acqua chiara
pesanti come perle. sentì arrivare me,
dentro le sue mani, diventare lui,
quei bambini e le carezze, insieme
sollevò lo sguardo, ormai vicino:
"sei entrata come un uragano- disse-
fai più piano quando vai negli altri
respira adagio, a far l'amore
più minuscolo di un grano"
...
lo sentii venire dentro
con la dolcezza di un amante
inconosciuto, mentre io danzavo
nella sua mente, camminava in me,
come una pioggia, lieve,
trovando gli alberi e i caprioli in cima
mia madre invisibile e se stesso
entrammo insieme dopo
nei bambini
cominciando a cantare per Bagdad
" hai una quercia speciale ragazza ed io
troverò il mio albero così ci parleremo
attraverso le radici da lontano
con innocenza ed esperienza insieme
nel luogo dove potremo continuare
ad unire con la carne il cuore per le vene
baceremo la gioia quando passa
con gli uccelli nei polmoni di ogni tendine,
per raggiungerci, per sfamare noi"
[ come figli e figlie che si sposano tra loro
come stelle penetrate ai fianchi
siamo entrati nel nostro petto camminando
in cieli e terre, scorgendo il fuori
tutto dentro, portando il nostro cielo
la nostra terra, da qualche parte
nel profondo, offrendo un pane per radice
a chi si era nutrito soltanto di se stesso ]
Nel buco fondo che è rimasto a terra,
dove la quercia poggiava le sue gambe,
sotto i piedi le cose sono altrove,
strato dopo strato, fino a te,
il luogo dove unirsi nei vagiti, il sesso aperto
dalla nascita, alla resa del respiro
La voce è udita fino in fondo
alla felicità improvvisa
-innata- come un passo ingovernabile
squarcia il costato finchè ne esca
un sacramento di pace
e si muovono le dita ripiegate per il suono
e il corpo il gioco e le parole in tondo
girano per il loro esistere alla luce
fino a stordirsi di un sorriso solo
sapendo che stai bene ovunque
un'erba cresce. Tra i seni sempre nuovi
di respiro, da ovunque tu sei qui,
più minuscolo di un grano.
Id: 26896 Data: 14/08/2014 23:01:53
*
Con un soffio violento
Con un soffio violento una vertigine a Ravenna scesa al suolo per nutrirsi nella colonna vertebrale riparte in volo -non tocca un pensiero- via dalle mani, dai piedi trasformando la realtà nel sogno spalancando gli occhi per fissare orizzontale la luce che cancella i confini delle cose illuminate
Una pelle esposta. A quanta luce? Abbastanza cielo. Impregnarsi ? Oh..Fino all'allucinazione! E poi ? Ai piedi del muro vivere, semplicemente [ senza morire] del volo degli uccelli che l'hanno attraversato nella schiena
mostrando il cuore investito della stessa aria dalla luce in cui il corpo si solleva libero dell'indicibile respiro che non finisce il muro di riflettere diverso come un cielo in ombre c[i]elando ciò che s'offre alla nostra contemplazione.
fantasmi dell'uomo .. lasciati nel buio notturno degli animali? Sul muro è la culla del graffio, lo schizzo, e l'orgasmo la prateria stessa, e noi più lontano- con gli occhi nel volo- di un uomo nello spazio. Per l'infinito andare di queste onde, che frusciano col mare come un bosco con le foglie, mi vola via dal petto il muro.. Sei tu!
Id: 26825 Data: 09/08/2014 00:11:21
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Come risacca nella notte
Nascose lentamente le due stelle
nel buio delle palpebre
per un'altra migrazione
Là posai la gola
slacciando i tre bottoni lungo il seno
senza una parola. Vidi allora gli occhi,
tagliati netti per la vita, del nero
più antico al mondo, e un'onda verde
di albe trattenute. Un solo movimento
un caldo sole, poi il mare dentro
come a una brocca, mi lasciò infinita.
Com'è bello il gesto che rimane
sfilando via la stoffa del ricordo
sei la fonte che mi lava nel cammino
del profondo, sei lo spazio fra i miei seni
ed una fede nel frastuono che zampilla
in perenne pulsazione. Ad ogni asola
hai la grazia stessa della farfalla
che entra ed esce con le labbra
contro il cielo, mite
dentro il fiore amato.
Dove hai nascosto la parola
sulle montagne del cuore
c'è una pace tenera e fedele
custodita per due stelle
in cui tu parli sempre,
un'onda larga che ti accoglie
fin dentro il sogno-vita
non è che questo
le stelle così basse, sono gli occhi
garze inumidite
su un lembo semplice di terra
come risacca nella notte
Id: 26798 Data: 04/08/2014 23:03:20
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E’ il giorno che scompare e torna
E' il giorno che scompare e torna,
coi capelli fradici sul prato,
mi raggiunge il viso, da dove era partito.
Col cuore umano e la pelle più sottile
di ogni mattina, gli occhi mi domandano
di essere esauditi - nella cripta del palato
non c’è pensiero- e viene
dal sangue religioso luccicante
nell’umido di poche sillabe un respiro,
contenendo in pochi tratti di mistero
tutto ciò che l'intelletto poi separa
dalla remota intensità di un sogno,
dove il tuo salmo non arriva,
imparo con le interiora delle bestie
l’armonia, dal volo degli uccelli
come danzi,
nella processione dei bambini,
che camminano sul verde come cielo
lasciando lievi impronte, con l’arrivo
affondavo nell’aria del mio prato,
nel taglio che riapriva la visione,
e una sola
creatura di fango nelle mani
cui poggiare la testa rannicchiata:
un’altra pelle mi toccava
per la prima volta nuda, ad ascoltare,
nel brivido del mondo addormentato,
la notte della carne di un bambino
che mangia cantando della neve.
Nell’erba tornavo gravida a vederlo
dare calore sui luoghi da cui sgorga
raggrumata nei gorghi dell'inconscio
-in un'altra terra, in altro tempo, e a lungo-
la parola che teneva sulle braccia-
di quando solo per un giorno
il fiume andò all'indietro come me
tra i fili indescrivibili del prato-
nel privilegio della quiete. Con la luce
sulle punte più sottili io ti ascolto
dove il muschio si corica la sera
a carezzare i sassi sopra il greto,
dalla tua quercia, che ogni giorno corre
finchè diviene un'aquila e scompare,
nel moto unitario di natura
la morte non può niente,
in piedi, dietro te.
mentre mi piego per lavarmi il viso
al fiume sei tu che mi sostieni
perchè non cada.
Id: 26781 Data: 03/08/2014 16:08:45
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Nello splendore del grano
Imparo a baciare con una lingua nuova
tutto lo splendore del grano,
dentro il ventre continenti
di larici e betulle, nelle orecchie
campi e mani a disegnare
dove gli alberi hanno gli occhi
e dove dormi, sul mio viso
sono ancora insieme, ovunque tocco
respiri di bestie, di gioia, e una risata
nel buio che insegna a partorire,
scrutando la propria terra,
grammo a grammo il nero, con un canto,
come serbasse il codice di una costellazione,
lì, dove incomincia una pianura
per diventare collina-
una striscia sul labbro, un punto esatto
dove le cose coincidono
"un calmo alito, un vento, un soffio in nulla"
tra percezione e rituale-
la bocca è altro respiro
a celebrare le unioni di un piccolo seme
che so nelle tue tasche che amo
da tutto ciò che fa male, a quell’ombra
riposa l’estate che viene il tuo nome,
a rifugio, come farebbe un bambino, con te
che mi ascolti nella cadenza la voce-
di quando ti scrissi dei mostri nel grano
dei cingoli neri a radunare i braccianti
che toglievano il giallo al silenzio
dei chicchi- fino a dissolversi in crusca
sui fogli scalzi di sempre
che chiamano i cervi nel grano futuro.
La ricordanza è cenere in aria
che vibra,
che benedice il cammino,
per quanto a lungo stende le mani,
la terra che vola sei tu che ti alzi
nell’istante del grano, che plachi nei secchi
formando col pane
ciò che la luce già sa
il palmo è offerto al vento e ora
se aggiungi un altro passo poi sorridi,
ti offro le mie mani per le ombre
nel petto qualcosa di dolce, il posto
e il nome dove l'erba voleva volare
poi preferì rimanere, per dare riposo
ai rami dei cervi.
Nello splendore del grano,
inumidendo la terra come un messaggio,
ascolto gli alberi, la cerimonia semplice dei frutti