chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Fabiana Frascà
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Scripta manent #poesiapoeti

Se pure sparecchiassi

le pagine imbandite

di parole

da tutti i libri,

resterebbero filigrane

di memoria

prive solo

del pigmento

d’inchiostro.

Più forte

della svogliatezza

di risposte,

la parola ci vive

nella carne mortale

e ci dà scampo.

*

Bava – da “Aporia delle scorie”

Lingua doppia, labbra indurite.

Come poter trattenere le parole

belle nell’impasto della bocca

otturata di polvere? Una lingua

che farfugli un’ultima strisciata

d’inchiostro sulla pagina,

una bava grigiastra di lumaca.

Fuori programma un segno

tra il legno della sedia e lo scrittoio.

*

Crepe – da “Aporia delle scorie”

Sotto, dal fondo

verrà su un domani

per questa casa-scempio

vuoto di ogni ora, tempio

di germitudini trascorse

annidate nelle crepe 

che nessuno vede.

Gli screzi secchi

nel mio corpo

la calce forse dei vermi

li potrà tappare.

*

Penelope I - da “Apria delle scorie”

Lenta col mio vigore

e mio malgrado recidiva

tesso dalle mie tempie

l’attesa del ritorno.

Quanti cantori muti

dalle gole gozzoviglianti

intessere non potranno

raggiri ai miei più arditi!

Sciogliere un filo

di preghiera ai piedi

del più beneficiato disertore.

*

Statua - da “Aporia delle scorie”

Se non fossi che pietra, un granito

stabile e fisso io saprei quelle braccia.

Ma non ha carne la pietra, né fiori.

Non conosce la terra, gli odori.

Sa imitare soltanto nel tatto,

simulare in quel freddo contatto

parvenze di mani di bocche di denti.

Inventarsi in un simulacro

un’anima dura. Necrotica e pura.

*

Gravità

Tutte le ipotesi cadono.

È l’ora cupa della malinconia.

Cadono i sogni, cade l’amore

perfino la grazia e la levità

cadono. Pesanti come piume.

Se avessero ali, allora solo

non cadrebbero. Volerebbero

anche nel cielo che si disfa.

 

Cadono i giorni, le ore, cade la vita

si avvita al suo perno che la infigge

nel nero fondo della terra.

 

E cade la terra. Cade piano.

Lenta si affloscia sulle ginocchia

di Dio. Che le sorride.

*

La parola è un coltello

La patina di sangue

che gocciola sul filo

s’effonde nell’affondo

dello scatto di lama.

 

Dentro il mondo di dio rotondo e intero

scende il taglio che squarta i suoi ludibri.

 

Parola di metallo.

 

Puntuta si conficca

nel cervello

ficcata in mezzo al tempo

divide le sue trame.

 

Sopra il tempo di dio spaccato in due

la vita dorme stesa sul confine.

*

Talamo

Cerchiamo amore

nel gioco

dei sussulti.

Archi di schiene

ventri apparentati

guizzi di lingue

inarticolati.

Afrori schiume

granuli di fiato

limaccio

d’umore corporale.

 

Amore scivolato

sul sudore

da tanti troppi anni

coniugato.

*

Traguardo

Tempestiva

opportuna

suggestiva

 

sconveniente

lasciva

inadempiente

 

oleosa

sdrucciolata

scivolosa

 

la parola

scelse la verità.

Formò il presente

e ci portò fin qua.

*

Fughe

Reticolo venoso, viluppo

in cui si accorpa questo

nostro restare.

Ventricoli propellono

sviluppo d’energia

pleonasmo funzionale

all’apparenza

di giorni, voci, passi.

È tutto sempre in corsa,

l’attimo non riposa,

ci sfoglia, ci appassisce

ci eguaglia

per bisogni e per morte.

*

Avanzi

Perni slentati

le giunture nei legni

ossuti dell’amore.

Burattini schiodati

dalla scena dei corpi

giù al mercato.

La merce resta vile

avanzo sempre uguale.

Pezzi cercati

allo scasso nel mezzo

del fracasso dei ricambi.

Nella scelta dei rottami

tutti i gracili incastri

sono niente.

*

Scripta manent

Se pure sparecchiassi

le pagine imbandite

di parole

da tutti i libri,

resterebbero filigrane

di memoria

prive solo

del pigmento

d’inchiostro.

Più forte

della svogliatezza

di risposte,

la parola ci vive

nella carne mortale

e ci dà scampo.

*

Finale

Dentro il mondo residuo che s’attarda

arrendevole il cuore ancora pulsa

ma già adora la morte che conosco

che apre un’altra porta e svuota gli occhi

e cava dentro il ventre la ripulsa

di giorni inerti andati nei rintocchi

di campane a martello rimbombanti

dentro le chiese vuote come crani.

 

Carcasse di pensieri abbandonate

nei deserti di quanto indietro resta

di rappreso nel caravanserraglio

di facce nomi consumate gesta.

 

Il gioco già giocato della vita

simulato fin dentro l’ultimo atto

per rendere in extremis la mia storia

meritevole di un illecito baratto.

 

Fabiana Frascà

(I classificata perla sezione ‘Poesia inedita’ al Premio Internazionale Mario Luzi – 2009)