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Domani
DOMANI “Ciao mamma, ci vediamo domani”. Così ci salutammo. Era lunedì Domani è martedì Ma per la terra che per lunghissima via procede intorno al sole quando sarà domani? Magari fra un anno. E per il sole che nella galassia orbita come se non avesse fine e per la galassia ch’incede lattea nello spazio senza confine quando arriverà domani? E il nostro domani, madre? Sarà quando ti raggiungerò, infine.
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Lame
LAME Là dove volta rapace la folla di palazzi sopra il porto una mezzaluna di brace la mia vista inquieta. Insegne di banchieri splendenti accanto ad austeri snelli campanili fari severi giallognoli e rossastri d’eterea e pelagica oscurità lacerano la comunione per tragica grandiosità d’evoluzione sulle banchine metallici carrelli imponenti lunghi bracci di gru sopra i mercantili possenti il diuturno dispiegarsi squarciano dell’etra cristallino verso il blu marino. Una bella giovane in care braccia quieta sull’ultimo scoglio a solivo mi colpisce: al diurno rosseggiare conclusivo con tetri occhiali i suoi lumi proibisce. Anche le canne, troppe, nella bonaccia a pescare sull’intera terrazza allineate, stagliano sulla mia cetra lame taglienti le caligini della sera slavate.
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Alto
Non sempre bassi di statura come colui che ispirò questi versi, esistono molti uomini che dedicano tutta la loro vita ad esercitare il potere, ciascuno nel proprio settore, con cinica precisione, chirurgica indifferenza. ALTO Va lesto e sii premuroso. Toccato parla al suo timore, accorato ricevi il suo dolore, turbato osserva la sua decadenza, amorevole consola la sua tristezza, generoso accogli la sua pochezza, sapiente cura la sua sofferenza, diligente lenisci la sua necessità, compassionevole sorreggi la sua fragilità. Va e riferiscimi sollecito. E quando allora mi scoprirai a questo mio potente dire nel cuore e nella mente estraneo, senza stupore rilasciati: fine coscienza sopra le vostre vite mi conduce alto.
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Invocazione senza dimora
La scena: quasi trent'anni fa, dentro un Istituto di ricovero costruito da una nobile famiglia tra fine 1600 e inizio 1800. Una Camera con due letti, uno solo occupato, il soffitto è altissimo, l'antico finestrone chiude male, passa il vento che fuori scompiglia le fronde d'un grande albero, attraversate dai raggi di sole che veloci nubi fanno passare, sembra dica qualcosa.. nella penombra la mano sinistra chiama, la dx è legata al letto, come la gamba sx, poi, mischiata al vento, la voce: è un omino minuto, gentile, non sa, o forse al contrario sa, sente dentro sè, quello che a me hanno detto, il pancreas malato, non si può fare nulla, ma neppure si può lasciarlo sulla strada. La voce è pacata, mi chiede perchè, mi chiede di liberarlo -non si può, cmq sarebbe subito riportato, a ciò che.. è giusto? doveroso? Mi racconta della regione lontana da cui ragazzo partì, per essere sulla strada, per sempre, invece ora.. Io, ricordo ancora, e scrissi, per ricordarlo. Oggi "Uomo di strada" di Annalisa Scialpi mi ha riportato lì. INVOCAZIONE SENZA DIMORA Signore, signore! Ti prego, vieni qui, perché queste sbarre? Sciogli la mia gamba, liberami la mano! Per decenni luoghi ho attraversato innumeri sulla mia pelle incidendo il Sole sulla Luna scrivendo i miei sogni. Signore, forse poco tempo mi resta: generoso lascia che porti i miei passi di nuovo a segnare la mia ombra senza ore sulla via che adoro. Perché nella penombra truce su questo letto mi trattieni? Umanità compassionevole, dici, ma il mio essere umano è cuore deciso là fuori lontano. Signore, sostieni che mi stanno curando. Protrarre non puoi il mio corpo. Con rispetto t’imploro: rilascia, e nostro sia un sorriso, per l’ultima volta viaggiatrice la mia anima nella luce delle stagioni felice. Sento le mie stelle chiamarmi in coro! Perché bianco ambizioso onnipotente narciso qui ancora m’imprigioni indifferente al lamento che al loro richiamo nel vento rispondo invano?
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Penso colori
PENSO COLORI Penso colori. Da palmo sanguigno sopra il cielo strisciati; da astrale fuoco dietro il malva d’ampia nube accesi e giù sfavillati; dentro le foglie luccicati dello slanciato pero, bianco a primavera e smeraldino, d’oro in autunno ridente e d’alabastro ruggine corallo sabbia arancio carminio ocra rubino bronzo e di cento e più ancora altri colori. Penso colori. Colori che amo che mi turbano che sogno che indosso che lascio custoditi temendo si sciupino. Colori ch’in me posso mescolare far vivere scintillare e fino alla pelle affiorare sì che colorandomi chiunque mi passi vicino o mi sfiori incauto ne sia tutto colorato. E tu? ……………………. Quando vuoi, anche tu pensa colori Buon inizio d'estate a tutti!
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In memoria di N.
Per tutte le persone che non sono ritornate dal lavoro, e per tutte le persone che qui sono restate senza di loro. IN MEMORIA DI N. * "Nel mosaico della corteccia sono nascosto ruvido bisbiglio fra densi ciuffi di prato schizzo ventoso sentore di sale fra piedi e cielo riverbero furtivo indistinta fragranza richiamo senza posto e suono nel vagare smarrito dei tuoi sensi fra lemuri di lecci guizzo traslucido filamento di nudità solletico tra le tue dita”. Sapiente abitudine d’ilarità senza fine le mie rigidità canzonando del mio pensare ingarbugliato l’assillo su una sedia blasfemo fermasti e coi miei buffi capelli ritagliasti, anche quell’estremo mattino bello e ridente a lavorare t’avviasti. “Al cospetto di Dio ora giullare gli intrecci della solitudine in sorridere ancora distillo su nebulosa riva luccichio d’affetto imperiosamente mareggiando” andrà pure il mio telefonino ch’ogni giorno ti sentiva a sfocare infine col mio destino oltre questo limitare d’inconsolato cammino. *A sua madre. Scritta sul finire del 2008, rivista tra maggio e giugno 2023.
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Cara madre
CARA MADRE Ti rammento, cara madre, in notti d’estate calde e quiete sul ponticello di salde pietre anche con le pupille tristi e liete le memorie canticchiarmi piano del tuo paesello tanto lontano quanto nel firmamento la Luna piena. Su noi desti a lungo l’astro luceva pallido nelle tue strofe in pena mentre agli occhi miei piccini candido quel fulgore maestoso dinanzi il luccicore dei lumini celesti splendeva fascinoso.
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Anche per te
ANCHE PER TE (Canzone dell’Empatia) Urta sfiora rabbrividisci ignora, anche di te un lampo parlò al Cielo, uomo passante, un lampo parlò: “Da ventri di terra ad occhi di nembi vuoi che io corra. Verde alto è il larice fiero bello forte quanto la tempesta vitale come l’aria in cui lui slanci e me vuoi lampo. Come ordini saetterò, ma ove verde beltà io non debba incendiare fammi correre ove beltà viva io mai possa stroncare”. Urta sfiora rabbrividisci ignora, anche di te una rosa parlò al Cielo, uomo passante, una rosa parlò: “Talamo comandi che sia il giardino di me tinto e profumato. Forte scanzonato verrà uno sposo nobile giovane magnifico come questo mio giardino solare come l’aria di cui nutri il suo respiro e me fai regina. In abbraccio di fuoco come ordini l’accoglierò ma sì che grazia gioiosa io non possa guastare pur fammi pungere sì che grazia meravigliosa io mai possa sciupare”. E l’oceano vasto possente al Cielo parlò: “I chiari rispecchio e gli scuri, molteplici pesci nutro, attese piogge genero. Mortali sono le barche, fragili le rive, ascolta quanto vuoi la mia voce ma le mie onde piano muovi adagio il mio cuore smuovi”. Ed il fiume maestoso elegante al Cielo parlò: “Accogliente sconfinata è la piana verdeggiante di frutti ricolma di vite brulicante, dissetandola fino al mare come desideri arriverò ma nel mio letto fammi stare tra le mie sponde fammi restare”. Anche di te parlarono al Cielo, uomo passante, oceano e fiume parlarono. Urta sfiora rabbrividisci ignora: scorrono nei versi emozioni storie dei trascorrenti incontri le impressioni le memorie e sono fissate nelle parole implumi penetranti sfoglie di cuori.
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E cosa potrei ancora scarabocchiare
E COSA POTREI ANCORA SCARABOCCHIARE E cosa potrei ancora scarabocchiare sulle pagine bianche di stupore nei giorni bramosi di ore? Promette favolose gare vittoriosi allori l’ordito malioso delle Economie senza pudore ed intanto cresce il calore fino dentro le glaciali dimore dei tempi cresce duraturo. Davanti al tempio dell’ardito futuro se ne sta il mio cuore sbalordito.
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Sulle Arti
Un tentativo di riflettere su cosa possano avere in comune le pur tanto differenti, sia tra loro sia ognuna in se stessa, forme della creazione artistica. SULLE ARTI Uditive e visive Arti per riparti di fantasia danzanti dive sorelle su ciglia prime di stelle v’accorda sublime Armonia.
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Domenica delle palme al Monte
DOMENICA DELLE PALME AL MONTE (20 Marzo 2016) Sono fermi sul piazzale disusata una lanterna foglie arbusti radici spoglie fusti ramoscelli d’olivo capelli vesti ghiaie d’antico cammino testi. Argentei giri lento all’elica del camino per primi comanda poi fuscelli chiama giuso a comune sarabanda con gemme aghi steli ciuffi veli fili verdi piante di polvere sbuffi lodi gocce sante palme devote. Punge le gote custodi dei respiri diffuso un vento.
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Un incanto
Su una collina del quartiere genovese di San Fruttuoso, sovrastante la piana del torrente Bisagno, si trova il Santuario di Nostra Signora del Monte. Dall'antistante ampio sagrato lastricato in ciottoli bianchi e neri secondo la tecnica del cosiddetto risseau (nel quale sono raffigurati lo stemma della città, il simbolo dei francescani e la lettera "M" di Maria) lo sguardo spazia sulla tratta costiera della città, sul mare, lungo la costa ligure che curva lontano a sud-ovest, ad occidente spingendosi fino alle vette delle Alpi Marittime che seguono il confine con la Francia. In tale luogo si ritrovano in ogni stagione persone d'ogni età che aspettano i calar del sole variegati. Qualche tempo fa, uno di questi tramonti: UN INCANTO Due nivei gabbiani le ali su canto di brezze del ciel ricevono carezze. Intorno alle punte delle penne empirei colori d’occaso mero si raccolgono accesi. Fino a terra volare già li vedo a pennellare a caso qua e là sul suo manto ciclamini fiordalisi biancospini narcisi giacinti gigli mimose viole rose tulipani.. Due aitanti gabbiani veleggiano distesi nel tinteggiare del sole e dagl’occhi fino in cuore sopisce il mio desiderio effimero il dolce incanto. Buona Primavera a tutti.
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Sul tuo lato
SUL TUO LATO Fra le auto come se tu fossi di là attraverso la strada. Contro la catena potrei sbattere incocciare nel palo rimbalzare sul cassonetto inciampare nel tombino urtare lo scalino scontrare lo stop sbandare potrei cozzare nel vuoto che è riflesso bianco di porta a vetri arrossire col semaforo perdere gli occhiali cercare la suoneria, in quale tasca poi, dimenticare il gradino saltare la fermata schivare il fiorista ambulante di fazzoletti e accendini, soffocare pur di non respirare i nerofumi che il Comune chiama “Bollino Blu”. Potrei passeggiare correre o saltellare davanti al vigile senza patente e libretto condurre i miei pensieri da solo parlare piangere e ridere. Alle parole al riso al pianto cercar compagnia potrei non vedere l’amico come il nemico tre gabbiani sul lampione andando a investire l’unico albero in mille miglia cento piccioni un topaccio la pancia già sazia di qualche gatto i lasciti dei cani, scusate, dei padroni umani. Potrei impattare contro la colonnina dei taxi, credendo li arrivi il metrò, scuotere il parcometro per avere gomme da masticare far viaggi da sogno sulle scale mobili scorgere pecore vere sull’erba finta a De Ferrari, inchinarmi felice a Garibaldi credendo sia re Carlo. Potrei confondere il cassiere lo scaffale alimentare il politico l’artista l’elettricista il lattoniere il barista il gioielliere la rotonda con la giostra le strisce blu col mare il traffico con la musica le pubblicità con le verità l’alternativo col positivo amicizia e amore presenza e assenza veglia e sonno sul tuo lato camminando della strada.
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Visioni
Nota: parecchi anni fa, un'estate, in diversi momenti e luoghi della costa ligure. VISIONI (a Antonia) E se fantasticassi che centenari i pini marittimi dopo aver disteso il lapislazzuli stravaganti sull’azzurra volta pennellano forme vaporose? E se pensassi che pendolari le spume scintillanti sullo scurirsi della sabbia liscissima con estrose chiarità lunari amoreggiano viepiù splendenti? E se immaginassi che le policrome canoe i fulgenti riverberi difronte a me chiamano a danze rapinose? E ancora, se mi figurassi evasa la mia mente nei giochi dei solari riflessi abbacinanti dagli scogli fino all’orizzonte luccicanti? Amatissima, mentre in tanti luoghi seducente m’appare ogn’alba ogn’espero sorgente di meraviglie inebrianti pervasa d’amore sempre donami per queste mie visioni ammalianti che tradirmi potrebbero al niente forte e semplice la tua realtà vivente.
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Gioioso
GIOIOSO Forse i raggi che tramonti ed aurore accendono luminosi non lumeggiano i miei passi? Forse i monti che svettano ardimentosi al cielo non invitano i miei occhi? Forse i flutti che la riva percuotono potenti del mio petto non scuotono i fiotti? Forse d’augelli i canti tra fronde e fiori briosi non attraggono i miei pensieri? Forse i venti che polveri e chiome e nubi e stormi scompigliano irruenti non soffiano nei miei respiri? Nel tuo libero spirito gioioso riconosco l’Amore.
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Attenti al vino!
ATTENTI AL VINO! Ne danneggia tantissimi seri studiosi avvertono severi più d’ogni altro inciampo ne guasta e pure uccide il bere sapienti consiglieri avvisano. Forse il Ciclope non ebbe per ebbrezza cecità? Assai meno del principio d’un battito di ciglia ed ancor meno dell’istantaneità che segna l’accendersi del lampo è il mio tempo senza scampo chino sulle lancette lunghe dell’Universo. Ed io a tale ineffabile vastità dovrei far voto di saggia sobrietà quando nel bicchiere cadendo il vino veri già disegna cerchi d’astri fittissimi?
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Ma chi sei?
MA CHI SEI? “Ma chi sei, foglia che tra foglie stormisci luce che stelle distribuisci scurità che notti vegli acqua che sorgenti scegli soffio che venti conduci gemma che tra gemme riluci? Ma chi sei, musica che suoni invaghisci canto che voci rapisci estro che marmi impreziosisci pittura che tinte unisci essenza che tra siepi incuriosisci vaghezza che ciglia smarrisci?” “Chi sono? Dolce gioia senza misura ben mi conosci Bellezza-Amore e se m’appelli lieta la mia fama ti si svelerà deliziosa qual nitore della pelle colore dei capelli onda negli occhi riso sulle labbra seta preziosa perla di me luminosa”.
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Due raggi
DUE RAGGI Prendi due ciocchi forti desiosi. L’un l’altro accostati fa che il Fuoco li tocchi dell’Amore solenne ed essi incendiati brilleranno ed illumineranno e scalderanno consorti con il calore e la luce dell’Amore per il tempo in cui svanirà la loro consistenza e solo il Fuoco resterà dell’Amore perenne. Prendi due raggi, due raggi partoriti da una stella. Fa che si sfiorino selvaggi e con dita infuocate si stringano per mano ed essi uniti viaggeranno viaggeranno.. Su una terra come la nostra bella qualcuno abile punterà uno strumento li scorgerà emozionato e dirà contento: “Attraverso lo sconfinato universo fin qui è arrivato dopo miliardi d’anni d’un astro mirabile lo splendore, lo chiamerò Sole”. Ed essi, passando silenziosi, gli sorrideranno:” Ciao “ e continueranno meravigliosi il loro viaggio d’Amore sul sentiero dell’Eternità.
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Llm (Acrostico)
Llm* Libertà di scrivere con insufficiente conoscenza dello scrivere e Lungimiranza degli Autori per l’Artificiale Intelligenza procurano Mire emozioni ai Lettori che non fan distinzioni in luccichio d’ori. *Large linguistic model (ad es. Chat GBT)
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Ascolta le preghiere
ASCOLTA LE PREGHIERE Rapide come sgombre illusioni le corsie ripartiscono pagine di tempo, ingombri come trascorsi ipogei i Corsi distribuiscono resti d’aria, e le campane, nostalgia di deposti spartiti sono le campane insieme ai cantori dell’aria precipitate nel fragore dei propri silenzi. Con cura sono stati rasati i forti tronchi nudi come antiche colonne sopravvissute allo schianto barbarico degli altari. Credi non sia capace di ferire, non porti dolorose trasmutazioni l’astratta forza dei poteri di carta? Ascolta le preghiere della terra dell’acqua dell’aria del fuoco silenziose sulle ali grevi degli Angeli, la corsa misteriosa delle galassie ci riceverà, del Sole la polvere rappacificata nella memoria del cielo custodirà i nostri passi schiacciati sulla rotazione ingenua della Terra. Quando iniziò il massacro dei tetti consentiti ai nidi delle brezze odorose di lillà dei colli vestiti di prati dei boschi intrisi di curiosità, dei lampi del cuore disciolti tra le ciglia dei suoi auspici scintillati sulle labbra? Quando delle limpide stagioni cesserà l’eletto d’esser corruttore ed il pettirosso e la capinera torneranno liberi ad alzarsi dal rametto non più traditore? Ho paura di sprofondare nella pavida calca, nel cerchio inquinato dei giorni corrotti e confusi, la luce mi sostiene, ed il dubbio, non chiedermi, devo dubitare, l’uomo esplora le profondità della notte il senso profondo delle stelle sottomette nel riflesso di specchi padroni il cuore del tempo oscuro, devo dubitare. Dall’autostrada vidi lungo il mare assopirsi i lampioni dentro il risveglio del giorno, alla fine dei Corsi trovai l’azzurrità del cielo abbracciata ai grappoli verdi della rinascenza dei tronchi e la radura luminosa riconobbe la mia anima. Senti? Ogni atomo d’aria reca la traccia d’un volo ed il mio cuore non può che cantare, sulle note mosse dalle sue ali non può che cantare. A tutti Buon Natale e buon 2023.
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Bambini
BAMBINI* Noi respiriamo giorni sereni con genitori d’amore pieni: son per i bimbi giochi e risi per i parenti caldi sorrisi. Senza gioia solo a penare amara sorte non lo lasciare: il nostro cuore vuol riposare in larghe braccia fallo cascare. Tra i bimbi spersi da amare cara mamma mi devi cercare, se i miei occhi guardar vorrai dentro i tuoi baci mi cullerai. Brividi corron sopra la terra l’anima sola afflitta erra, da ogni alba sorge fiorita in ogni sera cala sfinita. Scendon le notti giù dal cielo nere crudeli e senza velo: anche nei giorni preme oscura come nei sogni tanta paura. Ma dolci una mamma un papà a stringermi forte vengon già, bellezza di dea potenza di dio felice e libero ho pure io. *Per tutti i bambini che non hanno una famiglia
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Povero Blek
POVERO BLEK Povero Blek incatenato di pietra ti scagliai ire bambine. Strappavamo code alle lucertole e bruciavamo formiche, sul quaderno di Scienze le tinte delle foglie spillavamo e delle farfalle. Nelle fasce nei panni stretto imprigionato nella casa nel grande orto nell’asilo nella scuola nelle sacre funzioni nei raccolti abbandonato a pulirmi nutrirmi andare pensare parlare, a chi? Da uomini educato bruschi per altre grosse incombenze insultai terrorizzato l’ago del dottore, per noia pietre d’un muro iniziai a tirare sventato, con una lancia ferii il piede dell’amica, con un sassolino lontana centrai la paterna fronte, giocando a rubamazzetto nel cortile di casa cercai disonore, pronte sgridate ricevetti e percosse furenti. A metà dei dieci comandamenti agitato davanti al Direttore restai imbambolato: il peccato con un coniglio al maestro fu espiato. Da un unico film a lungo sospirato pauroso ritornai solo nel buio, senza più voce fui trascinato ove offeso non desideravo. Asfittici vuoti e galline dentro sacchi costrinsi e rabbioso bastonai. Recluso in tenaci sordità mi rivolsi all’attesa grande pioggia perché tutto portasse via insieme alla mia esasperazione e fui rimproverato con sdegno. Blek, quando quelle catene d’antica potenza sento tornare per carcerarmi e soffocarmi stringo la mia mano d’allora e con dolcezza mi conduco ove con occhi talvolta lucidi e labbra a sorridere dischiuse libero come lieto canto senza più tanta paura e collera vuol della mia anima ora dirigersi il volo.
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Speranza
SPERANZA Sempre ti ritrovo compagna speranza nel me che non sa per quali vie tu arrivassi quali abiti indossassi quali incontri desiderassi quale tempo ci unì quant’altri punzecchi in quale cantuccio talora sonnecchi. E quando dubito solo e perso d’esser svuotata maschera d’oltre il nimbo avverso sento legata la tua sembianza d’empireo pelago nitente sì che il mio limbo d’astri svestito rifulgente torni crogiolo fiorito.
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Nebbia
NEBBIA La sua voce fluente è decisa e creativa. Come nebbia avvolgente parla fascinose lusinghe deliziose accezioni coinvolgenti definizioni suadenti riflessioni. Lambisce maschera custodita nella sua precisa caligine graziosamente mutevole diva per i più incantevole la mia anima trasparente sul limite della bruma stranita .
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Egoismo
EGOISMO E quando accade che umano il mio egoismo a te venga incontro facciamo che passi come fievole ombra di fuggevole nube come lieve orma di breve vento sulla sabbia di luglio dorata. Genova, estate 2008
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Io che morte chiamate
IO, CHE MORTE CHIAMATE Fin dalla nascita distribuisco singhiozzi col mio passo regolare attraverso lesta l’infanzia, forse un po’ trascurata, e veloce la gioventù innanzi la notte sfrontata. Nel mezzo del cammino indugio solo un pochino, ai maturi passi so donare duri sassi, l’età saggia calma attendo sull’ultima spiaggia. Quando mi chiamano appetiti imprudenze ed armi anche se stanca certo non posso fermarmi. Consumo fiori coloriti frutti saporiti sempre nuovi vigori germinando dai loro cuori e così dissolvendo tutte le vite Io, che Morte chiamate, genero storie nuove infinite.
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Uomo
UOMO Venne l’Uomo brillante, altero si pronunciò: “Con generosi lumi rischiaro il nero velo, rassegnatevi astri del cielo. Ogni sentiero conduco distante, dai miei bitumi scostatevi piante. Nei miei tepori mi riparo e il mio fresco m’è caro, dove vuoi irradiati sole. Con maestose navi ti so domare, come puoi agitati mare. Fragranze produco e colori, a loro inchinatevi rigogliosi fiori. In copiose acque posso sguazzare, lassù lacrimate grandiosi vapori. Assai veloce so ovunque andare, di più soffiate orgogliosi venti. Deliziosi sono i miei canti e belli, ascoltate contenti voi uccelli”. Prosperava l’Uomo trionfante nei suoi vanti specchiandosi finché dentro gli occhi baldanzosi inopinati vide riverberarsi pianori infocati di sale. Provò a modulare la voce ma con altre note in lontana corale insolenti si sbizzarrivano le armonie, sorpreso diede forza alla gola ma indipendenti in altre romanze soavi volavano le melodie. Con l’ingegno sospeso fu tentato di raggiungerle: cielo stelle luna e sole mare piante fiori venti uccelli vapori nel Regno della Vita pensierosi s’interrogavano: “Il migliore, potrebbe essere il migliore. Riuscirà mai a trovarci? “
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La Tassa
LA TASSA* A Voi, tristo Signore, tutte le delizie ho destinato del mio desco imbandito ma non s’è saziato il vostro appetito. Per Voi dalla miglior botte fior di vino ho spillato ma non s’è placata la vostra arsura. Per Voi dura fatica ho lavorato ma non s’è appagata la vostra ingordigia. A Voi fidente ho portato monete e gioie rare ma non s’è quietata la vostra cupidigia. A Voi dolente ho lasciato delle mie amate figlie la più graziosa ma non s’è aperto il vostro sorriso. A Voi incerto ho consegnato l’inciso Cristo degli avi dorato: mosse avete le ceree labbra con voce bassa e sguardi ardenti ancora chiedendomi qualcosa. Per le Vostre pene tutta la notte mi sono angustiato, il giorno abietto m’ha trovato intorno alle funeree dimore a me più care. Quando ha letto il Vostro malumore belli antichi nomi e date entro gli anelli come le catene e i denti aurei si sono illuminati “ora che savi pure i trapassati la loro tassa hanno pagato gaudio m’è assicurato” i Vostri occhi infine beati. *Tramandata da un lontano tempo imprecisato questa storia, a monito dell'umana avidità, a me piccolo fu raccontata da mio nonno, che la riteneva certamente vera, soprattutto la spoliazione delle tombe, al punto da indicare il luogo ove coperte dalla vegetazione ancora stavano pietre del castelletto di quel tremendo Signorotto locale..
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Annunci
ANNUNCI (estate 2012) “ Scomparsa Melody, che non è una composizione, accanto si disperano per Brenda, che non è una fidanzata e probabilmente è tanto spaventata, in farmacia cercano Isotta, timida e sterilizzata, poco più avanti sta fotografato Cleo, molto legato alla famiglia, martedì è scappato. Fuggite tre cocorite, due verdi piccole, una grande turchese; non sono parenti del pappagallo grigio con la coda rossa né del pennuto verde con la faccia arancio. Perduto un gatto fulvo un po’ sovrappeso, smarrita gatta nera con occhi gialli e una macchia bianca, trovato un giovane micio tigrato, ma non è Tigro, che di vagabondare via da casa ha deciso, tuttora ricercato quello d’una vicina fotografia: è Caos, anche per Ulisse, forse è il suo miao assai sconsolato poiché altri ignorano dove Penelope sia finita e perfino Beffa, cinque anni, castrato, con un maramao s’è allontanato”. Sui tronchi, sui paletti, sulle pensiline, sui muretti altro in questo tempo di Professori m’aspetterei di leggere: “Smarrita occupazione, svanita pensione persa casa trovata ingiunzione dimenticata vacanza trascurata salute create tre disperazioni tutte grandi e senza colori..” penserei di leggere in ogni annuncio preciso sui lampioni sulle ringhiere sui tabelloni mentre passeggio e temo che in questo mattino sia il mio buon senso maldestramente svanito dentro qualche grappino travestito da cappuccino giacché più facilmente perdiamo quel che più distrattamente custodiamo.
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Tarantola
TARANTOLA (agli Artisti della Notte della Taranta) Una voce, è una voce, gote labbra denti evoluzioni una suonata ruote canzoni muscoli giunture pelli veementi lenti elevazioni flessioni sui pavimenti piedi tendini nei venti gole lingue partiture una prestanza una serenata tamburelli una danza volteggi istantanei d’eleganza braccia fianchi occhi capelli mediterranei ritmi arie mulinelli veli cori fantasie stornelli mani colori melodie salterelli guizzi pizzicori giri d’amori da tante genti intonati ballati destrezze vigori fattezze sudori emozionati incantati in musici sentori affratellati scioltezze battiti ardori.
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Ricchezza
Ricchezza* L’interiore ricchezza va in ciascuno a suo modo scorre. Andrebbe fermata ogni tanto riposata. Si può fermare la corrente? La corrente va scivola da approdo ad approdo fluisce, inzuppa rive disseta radici carezza caducità, in anse del vivere indugia, scivola, si scioglie in lucciolante bellezza e va *Risposta a “Scivolando nella notte”, di Annalisa Scialpi.
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Lacrima
LACRIMA Tra le mie ciglia non disprezzare dolce amica inattesa la lacrima: sono una fortuna il pianto timido e palese la pioggia sospesa e crosciante: ogni nube d’oscuri pensieri scioglie il loro candore
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Un sorriso
UN SORRISO Piccolissima casetta sulla scogliera levata mentre il tempo smorza il profilo del tuo tetto, scalcina la tua scorza salata sbilenca la finestrella in un angolo spaccata custodisce l’anima incognita al cospetto dei grandi azzurri. Sul tuo ancor rosso intonaco caldo tra l'acquei sussurri il sole al mio cuore illumina un sorriso.
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Il Ponte
IL PONTE GENOVA, 18 AGOSTO 2018 Sono precipitate le mie travi senza vitale linfa senza amare lacrime gravi di intemperie e d’inamovibili miserie in urlo di polvere ammutando sbriciolando e schiacciando indicibili lutti e tribolazioni scavalcando mi ricostruirete perciò senza dizioni care vi dico tuttavia: ricordate, oltre le commosse orazioni oltre le rimosse macerie tutto e tutti ricordate.
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Coscienza
COSCIENZA Coscienza, io non so quale fu la prima aria nei miei polmoni la prima luce nei miei occhi la prima sonorità nelle mie orecchie. Io non saprò l’ultimo respiro nel mio petto l’ultimo suono nelle mie orecchie l’ultimo chiaro nei miei occhi. Brividi d’aperto mare stringono i miei pori il cielo è terso barbaglio di sole, dove ti nascondi, coscienza?
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Lumachina
LUMACHINA Onde sopra il mare mare sotto il vento vento con le ali ali nel sole sole lungo il cielo cielo con le nuvole nuvole sopra le foglie foglie tra la pioggia pioggia nelle sorgenti sorgenti per i viandanti viandanti per le contrade una lumachina trascina piano la sua casa, tutti vorrebbe amare e non può.
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Ninna nanna rovesciata
NINNA NANNA ROVESCIATA Taci taci dormi un po’ un sogno tra cento c’incontrò del tuo sorriso non dirmi no in questo canto lasciati un po’. Sulle strade della vita vado corro come te in quei giorni che non so sull’ali del vento verso stelle d’argento, dormi un po’ dormi ora mio è quel tuo allora. Taci taci dormi un po’ un cielo d’argento c’incontrò dei tuoi occhi non dirmi no in questo canto cullati un po’. Sulle strade della vita fortune rade troverò, sotto l’ignoto firmamento non chiamarmi sgomenta lesto fu il tuo momento non il mio suona lento. Mentre canto turbolenta questa canzone ch’è unguento dormi dormi contenta sogna ch’io sia portento: ricorderò al venir di stenti efficaci i tuoi strumenti. Dei rumori hai per me spavento? Vivaci solamente odo soffi di vento. Delle costrizioni hai per me timore? Batte ardente il mio cuore. Taci dormi sogna un po’ dal tuo seno presi calore fra le tue braccia vigore cullandomi nel tuo canto da coro d’Angeli ispirata perché senz’esserti più accanto sempre m’avessi abbracciata. Taci adesso, dormi un po’ un giuramento c’incontrò del tuo amore non dirmi no mentre per le vie del mondo vado guardo corro via taci dormi sogna un po’ cara questa canzone che ti do.
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Dove capita
DOVE CAPITA Vivo, nel subbuglio divergente, dove capita: accosto ad un tombino basso, a lato d’un vano sasso, vicino ad un albero affamato, accanto ad un rivo assetato, di fianco ad un cespuglio differente. Ei giardinieri? Dove abita preziosa la loro conoscenza che scernente potrebbe trar fuori dal giulebbe la mia riottosa essenza? Nel grande parco vivono i giardinieri della sfarzosa Villa effervescente con le siepi i vialetti le fontane i laghetti le statue i boschetti i padiglioni i tempietti degli esatti saperi dei ben fatti lavori lor soli veri signori.
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Capriole
CAPRIOLE Lotta contro l’onda cupa, non mollare, soffia sbatti i piedi dai sta su fuor dell’atra acqua che brucia gli occhi sputala alza le braccia prendi l’aria, ecco, una spinta perché la testa sia fuori. Ci siamo, scattano i piedi dal fondo. “Lasciatemi! Faccio da solo: il mare ha sentito la mia forza, ho vinto il bianco riso famelico dei cavalloni”. Salto rotolo danzo. Spavento i granchi incalzo i pesci rincorro i gabbiani. Afferro il vento stringo la sabbia abbraccio il sole. Avvinco gli occhi inseguo il seno catturo il sorriso, costruisco giravolte e poi ancora capriole ubriache per l’esser qui vivo di felicità.
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Dissolvenze
DISSOLVENZE (per Forugh Farrokhzad) Altri petali sanguinei letali baci e rigeneranti azzurre vene corpi apollinei nella via privi d’ombra echi di passione erranti. Altri precipizi di verdi giorni tenerezze di fonde notti traboccanti brezze d’audacia dissolvenze nel sole alchemiche. Mentre nella mente ripeto il canto della sposa dei grappoli di acacia della focosa voce messaggera cosciente che negli atomi del tempo sui laghi del vento tempestosa resta e commuove potente e con lo sguardo verticale ridisegno il volo all’astrale luminosa essenza proiettato delle mani, d’amore inchiostrate, nel cortile solo magicamente piantate, del mortale uccello con il trascurato giardino col candore dei sogni flautato piccino cuore altrove migrato brandello d’alfabeto nell’invisibile groviglio io sono profondato
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Stella alpina
STELLA ALPINA Dentro una fessura piccola della roccia graziosamente sbocciata timida ammiratrice del cielo bramosa di spazi di venti di soli contenti delle notturne mai gelosa sorelle splendenti ribelle pensosa aperta gioiosa esperta scolara semplice rara riservata vezzosa delicata orgogliosa impudicamente mirata imprudentemente toccata, stella d’alpi t’ho pensata amica mia poesia.
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Ritorno
RITORNO Un tempo conoscevo silenziose correnti alghe conchiglie pesci e coralli. Poi conobbi la luce, la forza dei venti il potere di Selene la sosta del gabbiano. Dopo conobbi radici, pelli zoccoli colori, l’aria cieca, l’impronta dell’uomo. E ora che pure conosco l’artiglio dell’aquila, la lama del ghiaccio, il sonno del sole il suo sguardo bruciante, quando mi bagna la pioggia dal cielo in un istante sulle tracce del tempo ritorno all’acqua, che sola conoscevo.
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Ombre
OMBRE * Ombre, salate impolverate di patrie terre devastate scuotono inquiete le faglie delle coscienze remote sotto le pupille fuggiasche. Cadute schiere dalle lor mete alate or paiono mosse della luce pregevole entro fiere cinte d’aura mutevole castigate spinte schiacciate percosse larve fuggiasche da immote Moire impietose per miglia e miglia scosse. Sono spenti gesti, ceneri di stenti che a novelli incendi vanno veloci sperdute ciglia pelli vesti voci dalle volute numinose intrecciate ombre d’umanità paurose. * A S. I., ragazzo dell'Afghanistan e a S. R., madre di Aleppo.
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Rugiada
RUGIADA A volte l’aere pure è avvilito: vaga nella tempesta, nel temporale fosco scuote il proprio scoramento. Alito rattrappito dal tormento reclinandosi al calmo accoglier loro nella culla dell’erba solo riesce a stillarsi nell’incavo della foglia nel cuore del giacinto in gocce di rugiada.
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Gelsomino
GELSOMINO (a Antonia) Nelle viuzze gironzolando del tuo paese t’ho rivista: sulle ginocchia d’un nonno tenero batuffolo di boccoli infiammati, da mamma indesiderati da tanti altri ammirati. Cresciuta t’ho rincontrata in compagnia briosa lunga rossa cascata di gioventù pensosa. Di rosso adesso tinta, mentre dei gelsi ricordavi la fresca dolcezza, sognante t’ho vista arrestarti disciolta in antica fragranza: come il tuo essere delicata intensa come la fortezza acuta del tuo amore ferita e caparbiamente ricostruita alle nostre cure offerta in custodia ogni giorno muliebre materna mano donata cara al nostro cammino, essenza unica di gelsomino.
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La danzatrice
LA DANZATRICE (a P.S. ) Cosa catturano del mare le onde degli alberi le fronde delle aquile le ali di Cupido gli strali? Ed i cigli, la mente socchiudendo nei lucenti scrigni regali come gigli attenti cosa catturano raffinati e baldi della danzatrice i cigli? Il vento il sole il cielo il cuore saldi sopra il suolo i muscoli i passi librati a volo.
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Sulla Bellezza
SULLA BELLEZZA Affermò uno: “La Bellezza salverà il mondo”. Replicò un altro: “La bellezza del presente come del passato bruto il mio imperio ovunque distruggerà certosino, affinché acuto a nessun nato sospettare sia mai dato nel brillare divino della bellezza il desiderio”.
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Illividiscono le mie aurore
ILLIVIDISCONO LE MIE AURORE Inimmaginati strazi obbligate a rischiarare illividiscono sgomente certe mie aurore quando violenze sono così grandi deità delle proprie potenze invaghite da pietrificare il mare tumulare gli spazi asfissiare l’aria carbonizzare il fuoco paralizzare il firmamento. Dinanzi alle luci spente alle vitalità annichilite alle stagioni sfregiate alle gioie accecate alle forme corrose alle voci esplose in sanguinei pulviscoli di rigettate angosce livide si tingono deserte in me aurore.
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Rosaluna
ROSALUNA Rosa dianzi sbocciata dalla Luna catturata sognante danzi tra le stelle raggiante seguendo il giovane sull’infuocata quadriga stupendo che sopra l’orbe a rapir con Aurore per l’ardir de’ giorni accende Amore. Gioisci focosa, ché luoghi venti gemme occhi per l’incanto che ogni incantata ad incantar sposa ardenti sono complici del tuo fiorir meravigliosa.
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Quanti volti hai Amore
QUANTI VOLTI HAI, AMORE Quanti volti hai, Amore. Sei coloritura di delizie variegate, fioritura di lidi sconfinati, tessitura di sete screziate. Quali frutti vorrò per la mia bocca asprigni o mielati e saran sempre gli stessi frutti? Quali fiori sceglierò per i miei capelli accesi o delicati e saran sempre gli stessi fiori? Sotto quali veli i nudi seni celerò fermi o fuggenti e saran sempre gli stessi veli? Come calme e venti nell’inseguirsi dei giorni, come piogge e soli nel contraddirsi delle stagioni, rudi si sfidano i dissidi dei sentimenti. Oltre i vetri della mia vista nessun mattino è sorpresa.
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Non correre
NON CORRERE Non correre all’assordante prigione di Brignole. Ascoltandoti cammina fino alla Foce. Cerca lo scoglio ove nessun paraocchi possa costringerti, manda lontano lo sguardo. Riflessi d’onda vedrai sugli orizzonti dell’anima eleganti pennellare scolorire e ridipingere tinte fulgide emozioni sulla tela cosmica fulminee come ali di gabbiano. Laggiù possono incontrarsi i respiri separati delle nostre vite.
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Può essere
PUO’ ESSERE Può essere l’Amore trasparente cristallo che la sua stessa libertà nell’invisibile imprigiona. E’ l’Amore illuminata corolla che sul tramonto si rinchiude ma nulla in sé confina: non un richiamo d’occhi né un riflesso di perla né una pagliuzza d’oro né la radiosità del proprio sole.
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Mattino
MATTINO Sei impudente caro mattino che le stelle scacci senza rispetto e del mondo sveli ogni angolino gli amanti chiamando al tuo cospetto. Che la casa riempi di fretta contro la figlia pigra in fondo al letto mentre la mamma ti segue perfetta ed il papà nel caffè scorge un dispetto. Sei impudente caro mattino così testardo nel venirci vicino: anche per quanti t’ignoriamo sfrontati sfoggi i tuoi chiarori scanzonati lesto carpendo i nostri sonni beati.
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Sera
SERA Sei compassionevole, sera, sopra questa mia città sopra le luci che rade s’accendono dentro fitte buie finestre sui muri che nell’oscurità s’avviano a confondersi sugli alberi che a sagomare inizia il tuo inchiostro sui riflessi che tra i moli si sparpagliano multipli sull’andare delle persone lesto com’il loro sfocare distendi del cielo blu-carminio lievemente il sudario.
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Cartolina
CARTOLINA
Celesti balconate sull’infinito blu, assolati gialli limoneti verdi pergolati rosse pizze giubilanti amici cucinieri ghirigori di tornanti e gradini discese dirupate sospese quieti pittorici giardini. Silenzi e brusii stranieri zaffiri e smeraldi odori ed artisti brillanti tetti e case di bambola chiare, allettevole di fiori in musica invitare bei cavalieri.. Non tentare di svegliarmi: da galleggianti monti a isola fiera è questa non un fuggevole sogno ma degli Dei incantevole la Costiera.
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La mia pittura
LA MIA PITTURA Prima imparai le vocali: A, come arancio E, come eburneo I, come indaco O, come oro U, come ultramarino. Poi vennero le consonanti: B, come bianco F, come fucsia G, come giallo L, come lilla M, come magenta N, come nero P, come porpora R, come rosa S, come sabbia V, come verde.. A lungo la C di carminio pronunciai T, come turchese. Mentre il mio compagno di banco i tratti d’un viso l’immagine d’un vaso i dipinti del cosmo com’il nonno pittore ritraeva lesto e preciso rozze le mie fantasie d’imitazione lasciavano sulle carte pure bozze di delusione. Penso già sapesse il mio cuore che presto o tardi melodie riecheggiando e cantori con gesto diverso i colori e le vie delle mie avventure avrei steso di verso in verso sulle pagine come pitture.
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Un bambino
UN BAMBINO In braccia amorose negli spazi davanti casa di fresche calle adornati e di pensose madri schiarati dentro l’occhio cèrulo il secondo anno l’acque luminose il mare aperto della vita che lieta sorgeva anch’io mirai scolorati dentro l’occhio spento i due anni l’acque tenebrose il male chiuso del vivere ch’ivi già discendeva. Avevo sei, sette anni e sentii quanto è duro scoprire dentro l’alba l’imbrunire. A Franco Battiato e C. B. Genova, maggio 2020
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Pianoforte
PIANOFORTE (a B. R.) Neri bianchi, non siete tasti. Combinate storie accordate pene solfeggiate sogni accompagnate desideri improvvisate passioni danzate felicità. Falangi dell’anima, per plurime fantasie col sentire amoreggiando, cromie cantate ed aneliti vasti ed il mio spirito, la pelle come l’aria traversando in cui vibrate appassionando, nei lampanti giorni e nelle sognanti notti del suo ire stelle mirando ricolmate d’armonie.
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Suona canta gira
SUONA CANTA GIRA (per Simon Jeffes) Suona per chiamare incantare canta per destare amare gira per invitare conquistare suona canta per mostrare donare cercare suggerire sognare sentire suona canta gira per stupire inventare scoprire liberare offrire ricordare disegnare ornare cerchi spirali linee trecce salti trottole ruote e stelle suona canta gira nel sangue corri nel nerbo sfrena nel petto batti nell’alito vola brilla e vira suona canta gira diffondi ispira slancia e attira orbite mondi cuor muscoli vene respiro in unico giro.
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Lascia
LASCIA Lascia in te comporsi come orchestiche del cielo dell’animo nobili quotidiane le imperfezioni le cesellature artigiane le accordature delle conoscenze e delle ignoranze curiose le tessiture delle noie e delle rivelazioni imponderabili le sequenze delle venute e delle partenze inafferrabili le lune delle afflizioni delle esultanze fantasiose le peregrinazioni delle discordie delle concordie indocili lasciale nelle policromie delle giornate nei circoli dell’aria azzurri e bianchi di sole andare scanzonate.
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Aerei
AEREI Fin sul mare eleganti nel sole tra radi vapori con arte volteggianti oltre gli umani lavori dipingenti tricolori di verde seminatrici giocose son l’aeree falci rimirate dalle plaudenti beate genti affollate come piante rigogliose che possono i metalli eccellenti in un lampo far braci ardenti.
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Nonno classe 1899
NONNO, CLASSE 1899 Quassù è più freddo che sulle mie montagne. Dentro ghiaccio scavato prigionieri ci raggomitoliamo. Non temiamo il buio dalle vampate rischiarato ed il gelo è riscaldato dal calore delle bombe. Sorseggiamo poco vino rosso ed aspettiamo, nella notte che incombe in fondo alla trincea da ieri un rancio. Con dita rotte scrivo al mio paese: della gioventù raggelata del silenzio stroncato dello slancio stremato della prece singhiozzata. E’ colpita pure la borraccia, non resta che masticare la neve rosata. Ha uno strano sapore sulla lingua metallica. Nessuno sa, non v’è di questo dolore che scroscia memoria al mio paese. Vorrei fare ritorno e raccontare, dell’avida morte nostra consorte, della gelida angoscia nostra sposa, perché dal vostro domani nei cuori entrando questa nostra sorte pietosa s’allontani.
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Figlia dell’impossibile
FIGLIA DELL’ IMPOSSIBILE Nell’alba splendida diss’ella: “mi bastano: il sole che mi bacia le brezze che di me cantano il fiume che mi culla il mare che mi accarezza il cielo che per me piange i giorni che mi lusingano le notti che mi desiderano; perché dovrei con me tenerti piccola insignificante corolla?” Cosi parlò ed un istante dopo mentre l’esili radici da lei staccandosi stavano per precipitare in fondo all’abisso ella si vide: bruciata dalla calura derisa dal vento sbattuta dalla corrente fustigata dai marosi infradiciata dalla pioggia desolata nelle vuote giornate spaurita nelle tenebre. Il minuscolo fiore prezioso afferrò allora e d’impeto a sé strinse perché non svanissero i suoi colori già meravigliosi, fragili come l’arcobaleno. Alla vita in cui ora ti conosco così tu nascesti, bella e tenace, figlia dell’impossibile.
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Sconosciuta
SCONOSCIUTA Sul bordo della terrazza di Quinto nel mezzodì improvvisamente pensoso vedo le tue chiome sciolte raffiche di grecale, le tue labbra socchiuse corolle fra pietre salate, la tua fronte le tue guance segnate scogliere dai marosi, le tue gambe ferme sbarre di ringhiera, il tuo mirare libero orizzonte d’azzurri. Anche tu, giovane sconosciuta, presso i giochi i tuffi il ridere dei bagnanti portata, sei di quest’assolato settembre l’aria l’acqua la luce.
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8 Marzo
8 MARZO Donne, fate conto vi siano sorelle Del cielo rilucenti tutte le stelle Fate conto che tutto vi sia Luccichio giocoso di brillanti E voi in quell’arie scintillanti Fate conto d’essere gioie Colà splendenti come rose Come sorgere d’albe festose. (Parafrasi-divertimento q. 103, O. Khayyam) Buona Festa!
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Giammai
Giammai Giammai vedrai acque sconfinare che il cielo non scenda a carezzare. Giammai notte non s'attarderà a mirare la propria alba, luce non condurrà per mano la propria ombra e giornata non s'assopirà tra le coltri dell'imbrunire. Giammai inverno ripudierà primavera ed Aurora scolorerà innanzi la baldanza d'Oriente. Giammai mare si stenderà placido senza il sorriso degli astri nè vele ed ali viaggeranno senza la passione del vento nè Luna sarà piena senza il desiderio del Sole. Innamorata anche la parola a questa e quella legandosi degli affetti dichiara il muoversi.
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