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Raccolta di poesie di Maria Musik
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Mimo #controviolenzadonne

Liberamente ispirato al suicidio di Daniela Carrasco, artista di strada nota come Mimo.
Non si sa se si sia tolta la vita e il suo gesto sia stato strumentalizzato dalle organizzazioni che guidano la rivolta popolare cilena o sia stata vittima di tortura e stupro da parte dei militari e, poi, impiccata ed esposta  per scoraggiare chi manifesta contro le politiche presidenziali.
Però, resta il fatto che l'uso del corpo di questa donna, che proveniva da una famiglia poverissima e aveva partecipato alla manifestazione di ottobre, sia stato efferato e brutale qualunque versione si dimostrasse attendibile.
E resta il fatto che si stia usando violenza sessuale politica contro altre donne.

Mimo

 

volevate il terrore negli occhi.

volevate il terrore negli occhi.

volevate il terrore negli occhi

che avevano sfidato il manganello

sotto una pioggia di proiettili

e non bastava il fumo dei lacrimogeni

per spegnerne la sfida.

Mimo era il mio nome

il nome del corpo che avete sfondato

forse a colpi di slogan forse a colpi di reni.

la mia morte usata e profanata.

il terrore lo avete avuto

e anche il mio povero corpo vi siete presi.

ma non la mia voce.

la voce di un Mimo

vale più di mille parole.

anche se mi avete suicidata

spezzandomi il collo

ed esponendomi come fossi un maiale macellato

dalla tomba dei secoli si alza il mio canto

si uniscono i gesti silenti

alla ballata delle sorelle morte.

spunteranno fiori neri dalla terra

che mi ha accolta come una madre.

il giorno della liberazione

risplenderanno i loro colori

esploderanno in tutti i cieli

invasi dai palloncini di Mimo

che era solo una donna

ma che per la causa

è stata martoriata.

*

Amore sorride

toglievi gli occhiali

e Pesca Rosa diceva

che occhi grandi che hai!

sono una civetta. Rispondevi.

naso a naso

ruotavano le teste

una in senso orario

l’altra in antiorario

e il tuo minuscolo orologio da polso

scoccava risate argentine.

 

e venne il giorno buio.

la vista abbandonò, fedifraga

le tue perle nere.

Pesca Rosa pensava

come farai, Civetta

senza le tue amate righe misteriose?

non tolse i tomi di filosofia

dal comodino gravido di pensiero

ma li sposò a un registratore

che leggesse per te ad alta voce.

 

e venne il giorno vuoto.

Demenza, la ladra d’intelletto

cavò il terzo occhio alla Civetta

le perle nere persero la profondità

e si vide il buco lasciato dal suo dardo

al centro della fronte distesa.

Pesca Rosa cambiò nome

immergendosi nel fonte del Nulla

e scoprì che Amore sorride

sulle labbra secche degli stolti.

*

In un altro mondo

primo piano inferiore al quinto.

uno sotto

che non è quattro e non è cinque.

l’ascensore si ferma sempre

al mezzanino sbagliato.

salgo e scendo scale

con un Carvasin non mio

nel taschino cardiaco

di una giacca doppiopetto

sei bottoni, come i piani.

scendo e salgo, scendo.

porte.

a battente, a doppio battente

con scorrimento esterno, scorrevoli a scomparsa

basculante, a bilico verticale

battenti automatiche, bunker schermate da ospedale.

nessuna è la tua

né la mia

non di altri

ma di qualcuno

in un altro mondo.

*

Non merito #GiornoMemoria

Josefa

 

lo vedo quello sguardo violato

si fa più vicino e chiede:

"sorella, dove sei? Non lasciarmi nell'oblio!”

tendo le braccia sino allo spasimo

ma non ti raggiungo.

non riesco a prenderti, Abbandonata,

a trarti in salvo

ad afferrare - almeno

il figlio che -  disperata

lanci tra le mie braccia.

i tuoi occhi terrorizzati:

solo quelli ho catturato.

mi perseguitano

ora che siamo così indifese

lasciate scoperte e divise - persino

da quella Memoria che doveva aprirsi

come un ombrello impermeabile al male.

non merito -  alla fine

neanche di chiederti perdono.

*

9 dicembre 2017

ci sono Epifanie

attese per decenni.

anche per la Stella Binaria

bisogna trattenersi,

perché sia manifesta,

che le sia dato un nome

e abbia un giorno suo

nel calendario d’altri.

quella che ho visto io

è la più bella!

genererà comete

o forse è proprio lei

che ha procreato Oumuamua1

così veloce e libero

da non gravitare

intorno al sole.

la sua eccentricità iperbolica

si chiama Amore.

 

1 Termine hawaiano per “esploratore”. Asteroide interstellare generato da un Sistema Binario

   https://www.youtube.com/watch?v=3kh8uHP6xTc

*

Comunista!

Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Guardare certi morti è umiliante (…) Ogni guerra è una guerra civile; ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione. (Cesare Pavese, La casa in collina)

 

e tu mi chiami COMUNISTA!*

feccia da prendere a calci in culo

da cacciare come un cane rognoso.

eppure, se oggi parli da un palco

capelli sciolti e vestita da signora,

se siedi su uno scranno del senato

e governi la cultura

con una laurea altisonante

e insulti che sgorgano dall’Interior Design,

lo devi a questi piedi stanchi che marciarono

a queste mani da intellettuale

callose e senza smalto

che da quarant’anni lavorano

per poter continuare a scrivere la parola Libertà.

pensavo sarei stata orgogliosa, come lo fu mio padre

delle affusolate gambe nude e giovani

che mi avrebbero superata in corsa

calzate le scarpe dell’apprendimento

il capo coperto dal libero pensiero.

invece, donna, ti ritrovo ad arringare folle

contro lo straniero fur panem nostri*

a reggere il pizzo del mantello

dell’Italico Maschio Alpha

seguendolo nella caccia e nella riproduzione

plaudendo alle sue quotidiane lotte rituali.

grazie a Dio mia figlia e le sue sorelle

non ascoltano i tuoi richiami

malgrado nessuno dia loro lavoro

e piangano studi profumati

messi a essiccare tra le pagine di quel libro

che ancora sfogliano.

 

 

 

 

*https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/28/la-sottosegretaria-alla-cultura-borgonzoni-lega-conquistiamo-la-regione-e-diamo-un-calcio-in-culo-ai-comunisti/4522937/?pl_id=1&pl_type=category

*ladro del nostro pane

*

Cose che si fanno nell’Equinozio d’Autunno

 

ho comprato una cartolina

si vedono il fiume e l’isola.

il francobollo l’ho leccato

perché una cartolina senza DNA

torna sempre indietro

se la spedisci con il vento.

ho vergato con inchiostro verde

la promessa sarò lì ad aspettarti.

all’approdo avvisterai lo sciorinare

della mia sciarpa viola.

ma vedi di tornare vivo

con lo scudo o senza scudo

vedi di tornare vivo.

E speriamo non sia d’inverno.

 

*

Rimangono solo le scarpe

http://www.repubblica.it/esteri/2016/05/11/foto/messico_in_mostra_le_scarpe_dei_desaparecidos-139575761/1/?ref=fbpr#8

 

Dedicata a Miriam Elizabeth Rodriguez, madre-coraggio uccisa dai narcos messicani il 10 maggio 2017, nel giorno in cui si celebrava la Festa della Mamma

 

 

oggi te lo ripeto

dopo essere entrata nella tua stanza

e, con un sospiro, averti lasciata

al sogno e al sole di un nuovo giorno.

oggi te lo ripeto

che tu sei Unica e che se rinascessi

mille volte

mille volte

non vorrei avere figli

vorrei che Tu fossi mia figlia

non altri.

tu sei Unica ma non l’unica.

 

troppi figli nel mondo non tornano

troppe madri nel mondo

appuntano occhi febbricitanti

su letti, stuoie o pagliericci

che ritrovano vuoti ogni mattino.

l’Argentina gli ha dato un nome

il Messico piange sua madre

ma i desaparecidos abitarono il mondo

e il mondo è il mercato della morte

e i Signori della morte si prendono tutto

non restituiscono i corpi

e condannano le madri

alla disperazione di una speranza inetta

per punirle di aver partorito l’innocenza

e le giustiziano per aver perso la speranza

ma non la Voce.

*

Che d’è ‘n anno?

Che d’è ‘n anno?

 

so’ dodici rintocchi de campana

che a mezzodì sembreno zompi de rana

così improvisi e ratti

che t’aritrovi a ciancià solo come li matti

dicenno: ma c’or’ è?

me pareva er tocco e ‘nvece so’ ‘e tre!

 

intemità che dura ‘n secónno

ma a te s’è vortato tutto er monno

a specchiasse nun t’ariconosci più

prima stavi de sopra, adesso aresti giù.

Nun riffiguri né casa né città

ché manco l’ombra tua riesci arritrovà.

 

fù corpa della vemmarìa che intoccò a morto

se aripiagnessi sangue drentro all’orto

poro Gesucristo de Dommineddìo

alla Vita stavi a dà l’addio.

pe’ tutti arfine ariva quell’annata

ma 'n conto è morì, n’antro esse' ammazzata.

 

mò la cerchi sur vorto der fratello

sur capo de’ scala der palazzo bello

te la ‘nsogni che aritorna e arivàvvia

o t’ariscappa fòra da ‘na fotografia.

è la Raggióne quella che, iradeddìo, nun astrovi

ché la giustizzia ha steso l’ossa ‘n mezzo ai rovi.

 

 

Traduzione dal vernacolo in lingua italiana

 

Che cos’è un anno?

 

sono dodici rintocchi di campana/che a mezzogiorno paiono salti di rana/così inaspettati e veloci/che ti ritrovi a parlare solo come i pazzi/dicendo: ma che ora è?/mi sembrava mezzodì e invece sono le tre!

 

eternità che dura un secondo/eppure per te è cambiato il mondo/se ti specchi non ti riconosci più/prima stavi in alto, ora resti sprofondato./non riconosci la casa, la città/neanche la tua ombra riesci a trovare.

 

fu colpa di quella campana che rintoccò a morto/se piangesti sangue nell’Orto degli Ulivi/povero Cristo Figlio di Dio/alla Madre stavi dicendo addio./per tutti arriva il momento della fine/ma una cosa è morire, altro essere uccisa.

 

Ora la cerchi nel volto del fratello/sulla rampa di scale della casa materna/sogni che torni e che riparta/oppure ti riappare integra da una fotografia./ma è la Giustizia quella che, disperato sino alla violenza, non trovi/perché il diritto è morto in mezzo alle spine.

*

Diritto d’ossimoro

 

non di felicità parlammo.

 

non ti chiesi la gioia incastonata

da indossare ogni giorno

o abbandonare, in languido velluto,

nel buio di un cassetto.

 

lo zaino sempre pronto

una borraccia d’acqua

neanche la bussola

ché navigare è a vista.

 

ma l’allegria dei naufraghi?

non dovevi togliermi il diritto,

mio per eredità,

all’ossimoro.

 

*

Lascia che te lo dica

se solo il fiume non scorresse al contrario

andrei finalmente al mare

solo per il gusto di vedere un gabbiano

fuori dalla discarica

 

e lascia che te lo dica

amico mio

non sempre una casa costruita sulla roccia

è il Paradiso

*

Non morirò a novembre

fu quando la pioggia

cominciò a rigarle la faccia

che indossò la livrea.

baciò le labbra di piombo

del Principe nudo

e battendo le braccia

aprì le ali.

volò via

un tremendo garrito

a frantumare

il timpano di Oscar.

*

Per te, mia Bella

come sei bella oggi

fasciata nel vestito vintage

i capelli folti e corvini

che sfidano la stanchezza del volto

e attraggono le dita

che vorrebbero affondarci dentro

a scompigliarli.

Gli altri non sanno

che la prorompente sensualità

appartiene a un Angelo

che ogni giorno

vola per nascosta compassione

lasciando nel nido

un uovo di serpente.

e io che ancora t'amo

ti spio e rispetto la consegna

veglio in silenzio e digiuno.

Se verrà l'ora (Dio non voglia)

il mio piede nudo sul tuo

schiacceremo insieme la testa

della schifosa bestia.

*

a M. M.

a M. M.

Manco che sorto fora dar portone

me se fa ‘ncontro ‘na Vèsta

e disce

‘Ndo annate bella Sposa tutta vistita a fèsta?

C’ho da annà a accènne le cannéle a ‘n Santo,

nun c’ho er tempo de favve er controcanto!

Che cazzaccia! Che cucuzza maritata…

annate a favve de’ lumache ‘na spanzata!

‘No, Sora Cosa, stasera ‘n ce cojete

er Nostro so’ solo otto lustri ch’è arivato

mentre er Vostro, sarvognuno, da mò ch’è decollato.

Vado a onorà ‘n Soriso

che sà de Roma e puro de Paradiso.

Uno che c’ha sempre ‘n’ apprenzióne

ma nun manca mai de fà ‘na bona azzione

Merita er bonugùrio pe' via ch’è raro

forse, l’unico agnolo der Quadraro.

 

24 giugno 2016

*

Vento di Parkinson

A Pietro

fremono le fronde dei pruni

sferzate dal vento di Parkinson.

sembra di camminare

su un autunno di tremiti

e duole l’elogio

delle foglioline cadute.

volti immoti

guizzano di occhi spaventati

il festinare

è pallido e assorto.

 

eri suntuoso mirabolano

alpha dominante

la maestosa chioma purpurea

si ergeva sul solido tronco

dalle radici puntavi al cielo.

ora sei fragile ulivo

contorto e assetato

costretto in gabbia

per non cadere

una volta di troppo.

*

L’urlo de Roma »
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*

La mia ombra in piedi

c’è il sole.

la mia ombra

s’è sollevata in piedi:

è un ologramma

dalla trama sfilacciata.

ogni morte ha spento

un grappolo di pixel

lasciando un graspo

vuoto degli acini

che hanno ingozzato il corvo.

 

pare una sindone lacera.

spero

alla fine

rimanga acceso il  s o r r i s o.

*

Dall’altra parte del vetro

(Siamo sempre dall’altra parte di un vetro)

a Maria

 

nivea e vermiglia,

l’indomita criniera leonina

adagiata immota

a sparigliare il bianco.

 

ti ho vista circondata da alieni.

carezzavano la tua mano

e ti parlavano sommessamente

nella vostra lingua.

 

dall’altra parte del vetro

lacrime umane

bestemmie

preghiere.

 

il vecchio leone

fugge, afono il ruggito

verso un pianoforte muto.

 

nell’anticamera dell’inferno

fragili spalle bionde

singhiozzano.

 

a me tocca il ritorno

consolato dal Suo nome

che è il nostro.

*

Latte e miele #SaveAshrafFayadh

potessero le parole
strozzare la sentenza
nella gola omicida
potremmo credere
di aver sottratto le tue ossa
agli sconsacrati deserti
destinati ai poeti (i più fedeli fra gl’infedeli)
per restituirti alla Terra
Inferno dei profughi.
ma non c’è speranza
per le anime estratte
se non quella di un sognato Paradiso
dove scorrano senza argini
il latte della libertà
e il dolcissimo miele dei versi.

intanto,
non so dirti Addio.

*

Mago

Dedicata a R. M.

Arabia Felix[1] era la mia patria

profumata di nardo, cannella e cinnamomo.

attendevo la notte, regno del fuoco, per scrutare

corpi celesti e sogni avvistatori.

 

fui Mago e non fui Re

perché fede, mente e scienza

potessero, alla fine, dare risposta

a quello struggimento della mente.

 

quando un astro fallito e un titano sconfitto[2]

si scambiarono gli anelli

deflagrò in cielo il godimento:

il fluido viscoso esplose e implose.

 

seguii la luce intermittente

per nove mesi in carovana di mercanti e magi

fino al terzo scintillio che osò posarsi

su una tiepida stalla odorosa di sterco.

 

la nona luna partorì il Bambino

e io soggiacqui a un sentore ignoto

che acquietò l’agonia del pensiero

svelandomi l’arcano.

 

non c’è mistero negli occhi di un neonato

non menzogna nel suo vagito

e nei pugnetti serra l’onniscenza

del Creatore e del creato.

 

nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

l’eterno è manifesto e palesato

e ci sarà sempre un erode o un sacerdote

pronti a mozzare la testa a chi lo vede.

 

non tornai più al tempio

e al fuoco sacro.

fui in ascensione trasportato

in altro mondo a tutti sconosciuto.



[1] Attuale Yemen

[2] Giove e Saturno si congiunsero

*

Il fiore di vetro »
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*

Festa #controviolenzadonne

Me piacerebbe che 'sto giorno

nun fosse mai sortito da quel forno

che pe' tutti se chiama monno

anche s'è accuminato più che tonno.

 

Penza che bello arzasse domatina

e mettese alla finestra, là 'n cucina

a urlà co' tutto er fiato che c'hai 'n gola

oggi è la festa mia, dajè: se vola!

 

Invece, si se tratta de noi donne

è sempre 'na commemorazione de le gonne

strappate, carpestate e rinzozzate

de sborra, de sangue e de mazzate.

 

Tu me dirai: e la festa de la mamma?

Lassame perde, che nun è 'na manna

si er fijo vede che je se porta 'n fiore

'na vorta all'anno e l'antri ggiorni more.

 

Vojo 'na festa tinta e ripulita

che nun sappia de botte e de fatica

'n giorno intero che nun puzzi de morte

e che se senta cantà da ogni corte.

 

Ma visto che piovono bombe e cazzotti

invece de canzoni so' rintocchi

de 'na campana a morto ogni minuto

pe' 'na donna morta e 'n omo sordo e muto.

 

E lassamelo dì, puro si storci:

quello che me fa vedè verdi li sorci

è quanno chi t'ammazza e te tortura

c'ha propio la tua medesima natura.

 

Fa finta de nun crede e lì t'accanna

dovrebbe fa' la mamma e 'nvece danna

recita la parte de l'omo cazzuto

che gode solo quanno t'ha fottuto.

 

Te rinnego, feccia de la terra

pe' convenienza tradisci la sorella

pure si credi de portà i carzoni

sei 'na carogna senza li cojoni.

*

Io #controviolenzadonne

Io correva

correva lungo la riva

e trasmutava in vacca.

 

Orrore colava sul corpo di bestia

dai cento occhi che mai smettevano

che mai dormivano e sempre guardavano.

 

Che cosa pensavi mentre ripetevi

ti piace?

ti piace?

 

io sognavo lo ionico viola

per trasmutare la viscida schiuma bianca

in soffice spuma d’onda.

*

Dormiveglia

è in quell’ora

né sonno

né veglia

che il tuo nome viene

a serrarmi le braccia al petto

perché il battito non fugga

involontario donatore d’organi

all’Ade.

*

Quaranta gradi

Con gli occhi sodi

guardo una zebra attraversare la strada

e schiantarsi, spalmata sull’asfalto.

Un’indiana che cola kajal

dentro un sari infuocato d’arancio

la calpesta soave

mentre freno sibilando

per non investire

questo miraggio suburbano.

*

Crash

oh Baby, Baby

il fusto è sottile, corto

il colpo si consuma in vibrazioni

sul tamburo che tende la tua pelle.

non sfuggire la legge di decadimento

lasciati andare in suono.

non così in fretta, Baby

non così in fretta.

 

crash.

*

Domenica delle Palme

‘sta domenica de parme ‘npugnate

de frasi strillate dar coro

me mette da sempre ‘n accoro.

 ‘na mamma se piagnerà er prediletto

che ammazzino ‘n croce er Capretto

oppure, co' ‘n corpo de pasce, ‘n poretto.

 

teremoto, eclissi

tutti penseno solo

a mette’ er ziggillo all’infissi.

dimani n’antra Spósa nun c’avrà er fijo

traménte er popolo avvanterà

ar novo Presidente der Consijo.

 

***

 

questa domenica di palme brandite

di frasi scandite nell’acclamamento

mi mette da sempre sgomento.

una madre piangerà il prediletto

che muoia di croce il Capretto

oppure, di pace, il reietto.

verranno terremoto ed eclissi

ma, al massimo, chiuderemo gli infissi.

la Donna avrà perso suo figlio

mentre in piazza acclameranno

al nuovo Presidente del Consiglio.

 

*

La deposizione dell’albero

non c’è stato tempo

di svestire la festa.

oggi, tolto il puntale

spezzata la matita

ho spogliato l’abete.

L’albero è rimasto inerte

ad attendere d’essere deposto

e insieme a lui

la pace.

 

come ogni anno.

*

Ti sollevo

Ricordi la bimba dal fiato spezzato?

La prendesti dal lettino

la avvolgesti in una coperta soffice

e, in ultimo, la sollevasti

perché mettesse la stella

in cima all’albero profumato.

 

Preparati.

Ti prendo, rubandoti al cielo

ti avvolgo nel mio caldo amore

e ti sollevo - come sei leggero -

perché tu possa mettere la stella

in cima al mio albero.

 

Questa è la notte in cui

cielo e terra

si uniscono indissolubilmente

nella promessa fatta carne.

Annullata ogni distanza

siamo tutti vivi e fusi

in un unico sguardo

pieno d’umana misericordia.

*

Ti aspetto

guardami in quest’ora

vedimi scalza

(ho lasciato sulla strada le mie scarpe rosse).

Ti sono figlia

madre

la madre dei tuoi figli.

 

dove sto ti aspetto.

 

ci sono altri uomini come te

nel mio esercito.

non lasciarmi da sola

a guidare le truppe.

marciamo nel silenzio

scappiamo dal fuoco amico

prendiamo le giuste distanze

disarmantemente disarmati.

ma se tu non verrai

avrò perso la guerra.

domani dovrò ancora morire

perché ogni tua assenza

è pietra non scagliata

che connivente

lapida.

*

La sposa

organza

e una vera c-amelia bianca.

avresti voluto candeggiare il dopoguerra.

ti donarono fiori finti

e seta di paracadute americano

che puzzava di U.N.R.R.A.

 

Stasera

volteggi candente

dentro la pioggia.

hai aperto la corolla della gonna

e plani lenta

ma non atterri.

 

Cucinerò zuppa di piselli.

*

Eri ciliegio in fiore.

inerme Sakura

ti sei offerta all’onda roboante.

ora camminiamo

salendo muti la collina

calpestando la coltre di petali scintillanti

delicati e sparsi

mentre tu parli

fitto fitto

all’orecchio del fratello Giovanni.

*

Con gli anni i piedi si fanno più grandi

con gli anni

i piedi si fanno più grandi

ma basta che un alluce sfiori l’onda

perché un formicolio salga

attraverso le vene un po’ esposte

e solletichi la voglia nascosta

nelle impronte digitali.

sfoderate le unghie

vorrei fare a brandelli

il tuo penoso amore

che vigila severo

affinchè io resti

e non sia.

*

Ti credetti Estate

ti credetti Estate.

un giorno

fu davvero Ferragosto

e una notte

stelle a San Lorenzo.

 

tergi la lacrima d’inverno

e assaggia il sapore del corpo

di una donna

che inesorabilmente

invecchia.

*

L’amara medicina

non verranno i conigli neri

se non prenderai l’amara medicina.

 

appariranno fantasmi bianchi

lo specchio con due falsi negativi

aprirai sulle candide braccia

ferite d’accesso all’inferno.

 

bevila, e in pochi giorni sarai guarita.

non chiedere zucchero:

è finito.

*

Meravigliosa vita »
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*

Clessidra

ricordi quanto mi piacevano

le clessidre?

 

oggi che sono sabbia

le detesto.

 

una mano al mattino

capovolge tutto.

 

ultimo grano sullo zerbino

e tac!

 

girata, ricomincio a fluire

nella casa.

 

ampolla lavoro, ampolla famiglia

senza tregua

 

e sogno un’esplosione

per disperdermi.

 

fuori contesto, libera-mente

raccogliere orme.

 

per questo unico motivo

caparbiamente scrivo.

*

Il Poeta ha suonato la tromba#poesiapoeti

Il Poeta s’abbracciava

Mentre la voce impostata

Tinteggiava i suoi versi

Rubando la scena al violino.

 

S’abbracciava, il Poeta

Ai suoi figli

Ma guizzava lo sguardo

Ed il piede, nervoso, incurvava.

 

Ad un tratto s’azzitta il violino

E la tromba annuncia la carica.

Il Poeta non può più tacere

In assolo, a tre ottave è l’acuto.

 

Non si può bestemmiar la Merini

Né nominare Mondadori invano.

Ma che vuole, un intero scaffale?

Vuole, forse, di destra una quinta in vetrina?

 

Non pretenda la carta, la foto

Copertina ed esergo.

Quelle sono dei Grandi.

S’accontenti del blog che gli spetta.

 

I Poeti son grandi se morti

O se amici di Amici

Od almeno invitati, per cena

ma soltanto se sanno Che tempo fa!

*

Figlia

Ad Elsa e Marcello

 

hanno raccontato che ti sei sentita Figlia

ed io, che avevo le parole

allagate dal pianto,

non ho saputo dire

che mi sei stata madre

ed il tuo sposo, padre.

gioisci serena nel bel Paradiso

ché, da oggi,

amerò di più

il suo viso leggiadro

ed il tuo, soave.

*

Esercizi spirituali

sul prato all’inglese

ho raccolto due berilli

di vitrea lucentezza tagliati

dicroismi da Minas Gerais

cilestrini in acciaio dolce.

 

preferibili ai felini smeraldi

socchiusi dal sole calante

hanno urlato in silenzio

svegliando anche i morti

assonnati sotto gemmata coltre.

 

il postino ha suonato

ha suonato due volte

consegnando l'epistola allegra

ha timbrato la faccia

irradiata dal giallo lampione.

*

Memoria di ennesima pioggia

memoria di ennesima pioggia scorre

la goccia.

non goccetta

non globulo

Macha la rincorre

e scivolano

quasi parallele

a tratti tangenti

convenientemente incestuose

di colpo, scostanti.

 

golose lambiscono trattenuti piaceri

per cadere, sfinite

nel calice rosso granato.

*

Non chiamarlo amore

finita la seta

usai il cotone

svuotato il rocchetto

mi strappai i capelli.

 

ora che sono corti

come quelli di un soldato

non ho più filo

e mozzo ho l’ago.

 

con quale ricamo rattopperò

l’ennesimo strappo

perché i tuoi occhi non vedano

che la veste è ormai frusta?

*

Li Padri Fonnatori - dedicata a Giuliano e Roberto »
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*

Nel bene e nel male

Nel bene e nel male

Ma il male che straccia la promessa

È cosa di donne

Che mille/e/mille volte

Maledette

Partoriscono con dolore

Sole

Finchè morte non ci separi

*

Cicala

compulsivamente stofino

sul gonfio ventre vuoto

le mani

rese scheletriche dai tuoi silenzi.

 

vanamente mi nutro di rugiada

imploro Atena.

la musica si perde

morirò in inverno.

*

Come una linea rossa

è una firma che appare

come una linea rossa

in quinta di destra

sulla mia pagina personale.

 

il tempo di quattro monete

nella gettoniera virtuale:

chiamata internazionale

profumata di Nigritella.

*

Race for the cure

Dedicata, con amore,  a C. e ad S.

care amiche ed indomite guerriere

e a tutte le donne che lottano contro il cancro del seno.

Questo è il mio modo di correre per voi.

 

Ogni mattina parte la radiosveglia

Sintonizzata su Good Morning Vietnam

E dà sempre la stessa notizia canaglia.

Mi alzo per lottare

Indossando la corazza

Di un brutto reggipetto medicale

(Cercando di dimenticare)

L’orrore dell’alieno

Che mi ha dato per medaglia

Questa cicatrice sul seno.

Senza parrucca faccio la mia entrata

Nouvelle Jeanne d'Arc senza elmo e spada

Con un coloratissimo foulard e ben truccata.

Vado al lavoro, curo la famiglia

Sorrido e taccio

La rabbia che mi piglia.

Da dove vieni, triste nocciolo

Che invece di morire e dare vita

Nasci per lo sconforto e per il dolo?

Perché fatto per dare latte e suggere piacere

Ora divieni estraneo

Amaro calice da bere?

Ogni mattina parte la radiosveglia

Sintonizzata su Good Morning Vietnam

E dà sempre la stessa notizia canaglia

Ma io non mollo

E vinco la battaglia!

*

Non dimentico

di Edo ricordo i colori

 

il pantalone arancio scoppiettante

 

la camicia arcobaleno

 

e sul far dell’estate

 

l’India addosso.

 

 

 

di Edo ricordo la bianca mano affusolata

 

che si librava a dirigere l’orchestra inesistente

 

dei suoi pensieri pacifici ed aggraziati

 

che ricadeva stancamente

 

come foglia oblunga appassita.

 

 

 

di Edo ricordo il dolore negli occhi

 

e il coraggio di non lamentarsi

 

del gioco perverso dei compagni/Compagni

 

che lo chiamavano frocio negli spogliatoi

 

e lo lasciavano a casa se c’erano donne nella comitiva.

 

 

 

di Edo ricordo la casa (a piazza Tuscolo)

 

sopra alla sede dei fasci

 

che con virilità di cotone nero

 

lo picchiarono una sera

 

per la maglietta rosa.

 

 

 

Edo era omosessuale?

 

non lo so, non chiesi, non me ne fregava niente.

 

ma non lo dimentico!

 

e non dimentico te, ora avvocato,

 

che davanti tacevi e dietro lo irridevi.

 

 

 

*

Una vite nella texture

Una vite nella texture

(tornando a casa)

 

sfioro appena il volante rovente di nero

galleggiando sulla voce di Paolo.

uno squarcio nello chassis.

mille puntini verdi,

usciti da un divino rapidograph,

mi strappano all’abitacolo

scagliandomi verso l’alto.

piroetto.

mi conficco come una vite

nella texture azzurro/cilestrina.

sono bollente e luminosa

ma le ali rimangono intatte.

non precipito,

torno.

e planando,

riposo.

*

Cento passi

Non mi hai riconosciuta

Finché non hai fissato lo sguardo

Nello specchietto retrovisore.

Fai attenzione:

Un riflesso quasi mai

È reale.

Guarda dinnanzi.

Sono avanti a te

Di cento passi

Zoppicati verso l’eternità.

*

Cambiamento di stato in due tempi

Fuori il sole
Si burla
Della tempesta
Cha avanza
Sulle ali d'un vento
Che innalza al cielo
Turbini di foglie e cappelli.

 

                 * * *

 

La pioggia ha vinto
Ed ora picchia come un fabbro.
Penso alla tua tomba
Al marmo che si lucida
A te che metti radici
Che dalla terra bevono
Vogliose di vita.
A primavera rifiorirai
Violetta
Per la tua sposa.

*

Eterno quotidiano 1987_2012

(a Marco)

Scilla ghermisce

Cariddi risucchia

nulla più mi placa.

ma tu

acqua di fonte

semplice mi disseti

con un quotidiano

gesto di cura.

il passato è passato

il futuro non esiste

resta il presente

non il migliore

ma nostro.

*

Riparo gomme »
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*

Contro-parata

nel giorno
più sobrio dell'anno
sfilano i carri.
è tempo
di maschere
è tempo
di peste.
il Carnevale impazza
al seguito
dei Cavalieri dell'Apocalisse.



*

Non abbiamo più una Bandiera

Dal tricolore

Gronda il rosso

Emigra il verde

Resta il bianco

Colore del lutto


*

Senza fobia

Come vorrei un’utilitaria

Con attaccata sul lunotto

Una piccola maglia

Non di grande gusto

Verde

Con su scritto

Maria a bordo

Che mi scarrozzasse

Ignara della meta

E chiusa nell’abbraccio

Di sicure cinture.


*

La parola ci fu consegnata

A Giulia, per il suo compleanno


di madre in figlia

ci fu consegnata

la parola scritta.

 

sacerdoti e re

promisero di preservarla

la chiusero

in stanze segrete di templi

e in alessandrine biblioteche

che ad Eva erano interdette.

 

ma Eva scriveva sulle foglie

sulla sabbia delle dune

su tele tessute al buio

sulle note della spesa.

 

di madre in figlia

ci fu consegnata

la parola scritta.

 

Linda la consegnò a Maria

Maria la nascose come talismano

fra le fasce di Giulia

Giulia lo custodisce nel petto.

di parola che viaggia veloce

riempie la notte.


*

Danzerò scalza

me lo concedi un ballo?


mi sono vestita d’aprile

la musica arriva leggera

dalla finestra aperta.

la gatta miagola

la porta cigola

il cuore pigola.

ma tu non sai ballare

e ti vergogni.

per questo hai appeso al chiodo

le mie scarpette rosse.

*

Ajò, Giuseppe »
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*

La luna, stanotte

La fetta di pera grassana
adagiata sul letto fondente
mi schernisce
complice l'allergica primavera.
Celeste dessert
non placa
la notturna bulimia
e resto
affamata di vita
ormai andata

*

Antica romana

Voglio

 

libri di carta

che devi sfogliare

piano piano

per non svegliare

chi ti dorme accanto.

 

la puntina di aguzzo diamante

a sporcare il suono

con lieve fruscio

che legge l’armonia del solco

facendo eterno girotondo sul vinile.

 

un'unica sala buia

il film sul telo bianco

a viso aperto

senza occhiali treddì

ed un sonoro surround

a colpire la nuca

 

un corpo caldo

da toccare a tutto tondo

non touch ma tocco

sul ruvido della barba

e la seta del pelo.

 

una BIC blu

che mi scoppia in mano

ed alcool rosa

a strofinare le dita

imbrattate di lavoro.

 

 

Ah Marì:

scenni che c’è la biga!

E c’hai raggione, barbaro.

Prepara puro er triclinio

‘che so’ romana e matrona.

Visto che ce stai,

porta l’uva così me ‘nbocchi!

Ma lavala co’ l’acqua, fa er piascere

che la pioggia acida

me se rimpone!

 


*

Così muore la madre di un Angelo

Partoristi senza Annunciazione
Un Angelo
E quando volò via
Fu schianto.
L’eco fu rombo
Che occluse per anni
L’orecchio
E serrò gli occhi.
Venne la neve
E più non sopportasti
Il freddo al cuore.

Sei saltata giù
Facendo a gara
Con i fiocchi bianchi.
Pesando di dolore hai vinto.
L’Angelo ti ha raccolta
E con le ali
Ha coperto la tua nudità.
Arrivato dal Padre
Ha detto solo:
“Questa è mia madre”.

*

Pensami barbone

non ho mai fatto

il cambio di stagione

indosso sempre lo stesso cappotto

liso, senza più colore

ha perso tutti i bottoni

e sento freddo.

ma salto

d’agilità

i saldi.

 

pensami barbone

e fammi la carità

d’un bacio.


*

Noi, nel mezzo.

eccomi intenta a preparare

per gli ultimi rimasti

per i nuovi arrivati.

e noi,

nel mezzo,

disorientati e stanchi,

serviamo memoria e futuro

mentre il Natale

inesorabile

c’imbianca.


*

Il Giorno della Manovra

oggi è stato più duro
mettersi in ceppi,
oppressa l’ora d’aria.

fu ingiusta la pena
per aver mangiato una mela
ma insopportabile è l’essere
mandati all’inferno
da chi razziò frutteti, armenti
e campi e case.

mentre i mercanti nel tempio
lucrano senza pagare il dazio,
saldo il parcheggio
di fronte all’ospedale.

non vi meravigliate più
se il popolo
volle libero
Barabba.

*

Insetti immortali

novembre si offre all'inverno
e tende gelide mani
in queste notti
di buio bianco.
ma noi non temiamo
di muoverci
di brancolare
spingendoci oltre
il muro di vaporosa calce
contro l'incontro
dentro un abbraccio.
abbiamo vibratili antenne
che impazzite
sondano la strada
verso la consapevolezza.

*

Primo mattino allo specchio

 

“Ciò che conduce l'uomo a osare e a soffrire per edificare società libere dal bisogno e dalla paura è la sua visione di un mondo fatto per un'umanità razionale e civilizzata. Non si possono accantonare come obsoleti concetti quali verità, giustizia e solidarietà, quando questi sono spesso gli unici baluardi che si ergono contro la brutalità del potere

Aung San Suu Kyi

impolvero di kohol
la congiuntiva
morbido ed inesorabile
chiude la caruncola.

non avrai le mie lacrime
da incastonare sul tuo diadema.


*

Tango del padre morto e dello psichiatra immaginar

Padre, sei morto.

Non rispettasti la promessa

Di tornare e dirmi

Se c’era il tuo

Aldilà.

Mi lasci qui da sola

A ballare un tango

Con lo sconosciuto.

Alla mia età

Di nuovo mi ordini

d’apprendere

Ad andare

Oltre me stessa.

Zitto, imbecille,

al diavolo Edipo e Freud

parlo d’amore:

tu, taci!


*

Uovo alla coque

una sorpresa in cambio
di ventiquattro rose rosse
gambo lungo un anno.

non potevi, almeno,
darmi un uovo
da cucinare alla coque?

*

Il trionfo dell’umile baccalà »
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*

DAP

Ti infliggi ferite rossastre

                                      Si aprono crepe sui muri

Tatuando il tuo dolore

                                      Compaiono intraducibili graffiti

Oltre la pelle sottile

                                      Sul fragile intonaco delle pareti

Profani il tuo corpo

                                      La mia casa si popola dei tuoi fantasmi

Manifesto ambulante

                                      Scricchiolano e gemono le cornici

Del DAP.

                                      Che incarcerano la tua immagine bambina.


*

Buon Compleanno, Loredana

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