I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Pensami
Pensami. Sono rannicchiata sulle tue corde vocali-
Non dire, non dirmi. Pensami come le nuvole azzurre, i prati, le viole e le eriche, gli scoiattoli e i colibrì, pensati da Dio. E il mare, con le attinie.
Pensami così. Sarò il respiro del silenzio prima dentro dopo il rumore-
sarò la parola d'amore che non muore sulle labbra.
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Laria oltre il varco dellinverno
Al di là delle stanze canterella bianca l'aria dell'inverno, in note già vissute. Altrove
sarà il fruscio nella brezza delle gonne di mussola e quello dei completi in shantung a spiegazzare la voglia di vita nelle prossime stagioni. Dovremo scegliere tra accessori e dolci apprensioni. Opteremo per le seconde ché ben poco avremo con noi -la lista è sempre più breve- nessun rimpianto, nessun rimorso.
E ben poco d'altronde ci servirà -sorrisi non richiesti tra i passi d'un ballabile, sguardi di seta verso il nido dei gufi che misconoscono la notte.
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Leziosa beatitudine
Ho imparato dai gatti il mimetismo calmo e austero, l’autentica ritrosia, l’affetto centellinato e vero, la memore riconoscenza.
Ho imparato l’autonomia -implicita domanda, lo sguardo che seduce -riverbero di un regno di malizie, lo scatto e la scorribanda -estrema saggia irriverenza.
Ho imparato da loro ad entrare ed uscire dalle tenebre, l’attitudine ad emergere da soverchie mischie
per sfolgorare in leziosa beatitudine.
Forgiata nel metallo la mia luce è sempre più prossima all’alba
che ho cercato con le unghie.
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Mitologica
Se potessi farti partecipe, Amore delle trasformazioni che tu compi in me, e dei tuoi stessi mutamenti.
Ah, se potessi dirti di quali amori ho amato e sono stata riamata -fra il privilegio e l’avventura.
Amori in eccesso. Pasifae accecata dal desiderio. Amori in fuga. Come Dafne mutavo fattezze al solo pensiero. Amori in ombra. Scomparivo Euridice, al veto infranto di Orfeo...
L’amore mi trasforma e si trasforma -gioca a rimpiattino col mio io come i fiori che tralascio.
-Sì, aspiro alla mano immortale di Flora che colga e non colga fiori divini.
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Grafite
Io sono un segno di grafite tracciato in supporto di nube. (Sono la forma stabile del diamante, di morbida untuosità al tatto come punta sfaldata di matita.)
Esacerbata luminosità distrugge il pallore e l’essenza - volatile, s’apre al Nulla.
Predilige, l’anima, per Essere il chiarore intrinseco del foglio, la tabula rasa dell’inconoscibile, la possibilità del sogno -itinerari...
(e la giunzione di Venere e Marte quando mi volto nuda e tu vi scorgi -tra le ciglia nere- planetari.)
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Sillabari
Se mantenessi lo sguardo per terra mentre incedi sul sentiero del bosco scorgeresti sassi di tutti i tipi fogge e colori, bruniti, rotondi come gatti acciambellati, rossicci lucidi, aguzzi, albi avori di mammut.
La fantasia ha alla portata tutto un bestiario di pietre fra le foglie, una stranita vita nei contralti degli scarafaggi e dei lombrichi, un sillabario eloquente di bimbi fra le eccelse parole dei rami alti
che già scrivono poesie.
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Fleurs et chaise longue

("Tulipano rosso", olio su cartone telato, opera dell'autrice) Rifiorire sulla tua bocca profumata di parole nell'arcobaleno- All'inizio, dopo l'ultravioletto di un addio germogliai con la timidezza di una viola mammola e la malinconia dei riflessi di un blues. Poi spiccai un volo nell'indaco tornai a correre su prati da verdi smaglianti. Nell'infiorescenza di un giallo girasole, dunque la mia eliotropia amorosa si compì. E seguì l'arancio generoso dei gladioli, la semplicità disarmante di quando si ama... Ma domina in me, oltre il rosso della devozione dei tulipani, quello della superba infedeltà delle rose quando sbocciano impertinenti dello scarlatto più maestoso occhieggiando a lidi alternativi, incandescenti. Dall'ultravioletto all'infrarosso la medesima evoluzione da una dormeuse a una chaise longue vuote: lo stesso spettro d'amore invisibile, in lontananza.
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Per un solo attimo di realtà
Mi domandasti serio -Cosa sono? Identici ai fiori che dipinsi!- Surfinie sono, surfinie oltremare blu come la notte, come i lividi sul cuore, le impronte dell'incontro se approdi alla riconoscenza.
Qui sul terrazzo c'è l'ultimo tepore e tutte le argille dei ricordi, i fianchi si dilatano generando innocenza strepitosa, le ali della pioggia ci fanno fiore di murrina e braccia d'argano, ad alleviare non so quale destino dalla furia del vento.
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Caffè Florian
Lei entrò, riflessa nelle specchiere la vaporosa nube bionda dei capelli, la snella figura strizzata in un trench.
Lui l’aspettava sul velluto rosso l’impeccabile leggerezza della giacca di lino, davanti un libro aperto di D’Annunzio.
Girovagavano colombi incerti nell’umido sorriso delle labbra si distillavano gocce di rosolio.
Scorse in lei l’evanescente malia dei cieli di Venezia, il soave languore delle calli quando sale la foschia.
E la marea della sua voce d’angelo era come l’eco della sua anima, nel brusio della macinatura del caffè.
Con la magia delle sue forme disciolte dal rigoglio spumoso degli stucchi immaginò la via della seta e l’Oriente, intero.
L’amò attraversando il tempo e lo spazio, fra la vanità delle cose della terra e l’immutabilità cangiante del cielo.
Divennero memoria e desiderio.
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Preferisco che tu venga a prendermi
Col rammarico fasullo dei poeti le dracene perdono foglie -è normale in questa stagione lasciare qualcosa, qualcuno_
Più facile dirsi addio che amare, sfoltire invece di rinvigorire, soffrire invece d'essere felici_
Contro ogni catalogazione resta qualche sparuta venatura attaccata, tenace; nessuno così pervicacemente solare_
come fossimo noi quindicenni -lo siamo sempre stati- o, al massimo, avessimo trent'anni e preferissimo paesaggi con figure_
ci dispiacesse non sperare in cuori, in sogni, in tempi abitati.
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Filigrane di betulle, simposi
Filigrane di betulle, simposi di delicati passeri ciarlieri che prediligono il tepore urbano a fitte nebbie gelide e padane.
Piume, zampette, capini graziosi fanno spole dai rametti ai sentieri finché una dolce e minuta mano non offre loro briciole di pane.
Allora tornano in guizzi giocosi a vite di piccoli desideri, a rimirare da molto lontano le grandi ansie, smanie e angherie umane.
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Aura dartista
Rischioso aver a che fare con un artista ti dipinge sempre a modo suo col pretesto d'idealizzare ti cinge i capelli della pagina bizzosa di un tempo immobile
quando ancora non ti conosceva e non eri rondine, né tramontana né onda, né marea. Eri afasia di parole
e con le tue e le sue parole mute ti traccia come l'espressione arcaica di un dubbio.
In uno studio poco o tanto illuminato ti rinnova la fiducia nell'esistenza- giovane e scandalosa. Ancora.
E tu non stupisci neanche tanto perché è così che tu vedi lui.
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Killarney
Sul lago fermenta repertorio serale e la brughiera irlandese stinge nello specchio del sole lunatico un anello di nuvole capricciose distanti barlumi incastonati nel cielo sempre in movimento. Saranno gli spiriti del bosco o un agnellino sfuggito al gregge a belare di malinconia sino al filo d'erba più verde della mia anima? Non è irraggiungibile Killarney questa notte che volge in ametista e agata il placido stare attonito del mio giorno scompigliato. 
L'immagine è opera dell'autrice, "Lago di Killarney", acquerello.
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Camouflage
Attendi, seduto sulla soglia della luce -in questo tempo di dolina- confuso tra gli oggetti senza nome- ennesimi tentativi di trovarti.
La segreta corrispondenza delle e dalle cose suscita missive nuove in cui esprimi la mancanza. Ti manco, vivaddio, ogni giorno di più, dici.
Attendi intanto a qualcuno -suggerisco- prenditene cura. Con amore. La misura dell'amore è l'infinito.
Camuffati da sabbia, da prato, da nevaio. Confonditi, confondimi. Che tu sia più natura del deserto, della collina, del monte, del fiume, delle vespe, delle lantane, degli isomeri...
Ti troverò comunque, dovessi percorrere chilometri e non ti sei mai mosso, nido di piccoli adepti alla felicità sul contraltare del dolore. Ti troverò: non ti sei mai mosso -per pudore incoercibile- dal glucosio delle mie labbra.
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Ondivaghi
Stiamo nel tardo pomeriggio, ondivaghi dell'amore. Amanti. China su di noi l'ombra sacra dai salici infuocati
s'alzano in volo germani reali- rubini, lunghi gemiti del giorno. Gli scoiattoli trepidano per noi un concavo rifugio di mitezza.
Non ci scoveranno mai. Abbiamo queste mura di ninfee una canzone, l'occhio stupefatto del vento. Stiamo sul verde abisso di un gioco felice.
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La casa abbandonata
Sovraespone verde rigoglioso l'ex frutteto di peschi e di ciliegi quasi una giungla in stile rococò a misura e prova di buon selvaggio.
Liane di arrampicanti bignonie penzolano tra gli aranciati fiori ravvivanti i ceruli pallori della casa liberty anni 'trenta dalle ossidate chiuse tapparelle e i bei cornicioni sbriciolati sotto la scrostatura dei fregi.
Avventurosi tordi e rondinelle alle grondaie non nidificano più. Qualche sparuto gattone curioso bighellona nelle erbe alte infestanti fra l'aristocrazia delle paulonie appropinquarsi all'entrata tenta -ove edera colonizza i mancanti intarsi dell'ingresso a vetrata- poi si guarda attorno e se ne va.
In notti di scolatura dal tetto in mezzo al cortile -dimenticata la gomma di una ruota di scorta vorticizza tre sprovvedute stelle come fosse un attivo pozzetto invitandole al fantastico viaggio in echi di trascorsa felicità impilata su masserizia antica.
-Proprio fino alla sbarrata porta, proprio proprio sino al tempo che passò e non è più, e non è più, e non è più...- un clacson pare imbonisca e dica.
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Però quantè vago il lago dinverno
Però quant'è vago il lago d'inverno
con l'ornatezza bianca della nebbia
stenebra pensieri sino al silenzio.
Non triste, bensì raccolto bocciolo
di lilla ondeggia -diviene emozione
tutta la bellezza armoniosa d'un arpeggio
la soffice carezza di una cipride
_il dardo di Eros, scacco e saccheggio alla pretestuosa ragione.
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Presso lacqua
Non posso stare lontano dall'acqua torrente, fiume, rio, laghetto, stagno... vi sono nata, porto il dolce segno profondità scura che si dilegua
La contemplo, mi contemplo, dissolvo scorro, trascorro, muoio e poi rinasco limpida traspaio, di nuovo fluisco cambio, muto, metamorfoso, evolvo...
Non sono altro che un riflesso fuggiasco.
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Il tamburello
Ambrata pelle, la fanciulla in fiore poggia angosce su musica silente. Il tamburello e il ritmo del suo cuore paiono taciti e non s’ode niente.
Il viso ha diffuso il suo rossore nell’astenia dettata dall’assente e dolgono membra pel mal d’amore che le sconvolge l’anima e la mente.
Tintinna appena il bronzo dei sonagli che ornano, con graziosa campanella, il cerchio teso d’agreste strumento.
Si pente ella d’aver commesso sbagli ché come foglia s’è zittita al vento la sua storia e l'allegra tarantella?
Ma era ed è così bella la vita nei suoi scalzati passaggi, che note e dì le sembrano, alfin, saggi.
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Coincidenze
Felice, la memoria srotola giorni di tears and rainbows.
Ho scritto su un papiro il nome del mare e sull'avambraccio il tuo.
Talvolta le coincidenze succedono, la vita accade
senza aspettare il ricordo è già onda, colore, lacrime, carne, parola. Amore, dicono.
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Terra di nessuno
Giungi da quel luogo, fluido e indefinito dove io, femmina, relego talvolta gli uomini per tedio, noncuranza, esperienza o saggezza; da quella terra di nessuno che ti marchia negli occhi una seducente non appartenenza a nulla.
Nelle tue contraddizioni sguazzo, sfoltisco appena l'erba alta del percorso, vi aggiungo le mie rigogliose antinomie; mi soffia sul viso un'inquietudine creativa, l'energia che si espande oltre i miei limiti.
In prossimità dei nostri confini diventiamo sempre più differenti:
io ho gerani e petunie alle finestre, qualche guizzo di materna comprensione, una contenuta fittizia emotività da filosofa, laghi calmi e sorrisi tra le ciglia;
tu hai le imposte semichiuse, forse il sole abbagliante dei cicli di Monet pagliai gialli e vivide cattedrali, dinamismo da demone ogni volta che parli
molto da dichiarare e una voglia matta di contrabbando...
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Lou a Orta
Deve essere stata la stessa luce che accolse Lou e Friedrich in un giorno di maggio dopo la salita da Orta al Sacro Monte:
la luminosità rinviava all'effetto dei colori, i colori rimandavano al profumo delle resine, i profumi sottintendevano canzoni wagneriane dalle onde.
Sì, deve essere stata la stessa luce che illuse Nietzsche e gli saturò la mente
la stessa luce che liberò crisalidi dal cuore di Lou e ne generò farfalle, ostinatamente pertinenti.
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Arrivai a Cordova
Arrivai a Cordova che la mattina ancora assonnata dipanava i suoi riccioli d’oro sul letto scuro e caldo del Guadalquivir.
Chiare furono allora le parole “...Cordova lontana e sola...” Più ci si avvicina a Cordova più essa è mai raggiunta
Sfugge nei giochi di luce tra il Ponte Romano e la Sierra Morena, nelle mille prospettive della Mezquita Catedral, nei dedali tortuosi dell’interno dove i patios fioriscono d’ascese e decadenze.
“...Cordoba lejana y sola...” Metafora della meta non intermedia, del luogo non provvisorio. Una bisaccia consunta per raccogliere olive e versi e alla magnificenza forse giungere, infine.
Concepimmo un poeta quella notte.
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Sulle rive
Poesia che levighi, con tempra furibonda pieghi, deformi, risani, sino alle ossa. Ne esultano i giorni affastellati come sassi in sponde alla vita che stagna d'acqua sonnolenta. Tu, poesia, onda ribelle che t'incunei nella diaspora del tempo nel logorio della parola fra pietre di senso t'avvali dell'ossigeno di un possibile dio per espirare una genesi dirompente: guizzano luci dalle branchie dei pesci e si creano fiori dal limo e dal nulla così lussuriosi e puri da governare la corrente. 
L'immagine è opera dell'autrice, "Amorino dormiente", olio su cartone telato.
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Watteville
Maestro dimmi a cosa sarà valso posare per te esibire la pelle avorio e seta percepire la vertigine del turbamento come un tulipano rosso all'occhiello del tempo?
Avevamo dalla nostra tutti gli azzurri di aprile e i vigneti avvampati d'ottobre per variare le vesti al ritmo inusitato dell'amore.
Il destino si crea come tu crei i colori e placido li distendi -paesaggi interni invisibili- sul mio corpo di lolita io assumo tutte le sfumature dell'iride da un torpore bianco.
Ma cosa sarà valso tutto questo zelo nell'immortalarmi se muore in te l'amore e non sei ora dove importa che tu sia, ad un passo da quello che hai creato?
Se non fossi sicura di rivederti, nel mio pensiero di sibilla prevederei una letargia senza arcobaleni
la rottura dell'alchimia tra la terra e il cielo.
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Delle tue mani
Delle tue mani conosco il ritmo, l’umiltà, l’andatura e il gesto non allineati del coraggio.
Il concetto che si fa attuazione colore, materia, legno, creta bronzo. Leghe e legami. Il pensiero cardato dalla scrittura.
So delle tue mani la carezza sul viso e dentro. Più a fondo, a fondo più di quanto appare la minima luce, il minimo corpo.
Venero le tue mani forti e delicate: il polso che congiunge alla terra, il carpo dove si muovono strade, il metacarpo, più invitante, di sentieri,
le unghie sono richiami felini, i palmi coppe con miele delle nubi, le falangi destinazioni per migratori.
Delle tue mani non conosco la rabbia, il pugno scomposto, il cambio repentino delle carte, la falsità del baro.
Conosco l’autentico respiro dei tuoi pori, la complessità delle articolazioni nervose che obbediscono a un caso di scelte. So i muscoli, i gangli e le sinergie celesti.
Celeste so il caldo tepore delle dita quando mi prendi per mano e intrecci tenerezza alla tua.
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Concerto (i miei morti)
Vi immagino nel giardino grande d'una villa palladiana sul Brenta con antichi strumenti musicali: un clavicembalo, un flauto, un liuto,
la voce solista che si espande fra le note di lieti madrigali, l'acqua che scorre placida e lenta su confidenze che vi ho taciuto.
Gli alberi ondeggianti al vento, la ieraticità delle gorgiere, ritmo e colore dai vostri vestiti, un dio classico in marmo pregiato
a idealizzare il fugace momento. Vi immagino eternamente adibiti a felicità e sogno provvedere, con chi, come me, avete amato.
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La consistenza del voile
Avrei voglia della libertà di un sogno -essere arborea fronda, radura, terra, come Dafne fuggire l’ingombro della carne, in un voile di volant verde ritornare incontaminato pensiero -evento che deve realizzarsi ancora- muovermi al soffio del grecale.
Nella cavea di un teatro antico da una ripida gradinata -alberello di lauro assistere ad episodi salienti della mia esistenza snobbare le scelte compiute i compromessi da commediante gli imprevisti svincoli tragici.
Pigiare sull’acceleratore del tempo e vedermi così -ragazza che ero- a sentire ancora da te -Ti dona immensamente il verde- e in quell’immensamente perdermi e rinascere piccola foglia nell’ombra allungata dei tuoi occhi colmi d'amore.
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Piccolezze

Le illustrazioni avevano la patina delle favole e rosseggiavano i capelli tra le pagine, dolcemente come quarantatré tramonti in un solo giorno, la volpe e la rosa che volevano Esser-ci, una addomesticata e l'altra innaffiata, il legame e la cura, nessuna solitudine, nessuna sopraffazione -nessun controllo- Le cifre erano righe sul pavimento, giunchi centrifughi -solo apparenze- oltre le quali sedersi a immaginare... ed era ed è questa la realtà. (L'immagine allegata è dell'autrice del testo, "La volpe e la parola", olio su tela, particolare).
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Grembo
S'addormenta l'amico sul mio grembo di peonie e astri gentile lo sfioro come una madre nulla gli domando- è giunto dalla scintilla dell'aria
dal fosco rimuginare del tempo ha con sé intrugli, polvere d'oro, si è fatto verbo, incerto rimando al miracolo o all'ombra immaginaria.
Come una madre il prodigio gli insegno la mia carneanima, che è luce.
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Dora in poi
Tutte le cose che ho provato ma non ho mai conosciuto del tutto: la fotografia, il corso di danza e d'acquagym, le lezioni americane di Calvino, i monumenti, i musei e gli orizzonti all'alba, quegli uomini che dicono adorabili bugie per portarti con loro e, meno adorabilmente, se ne vanno dalla tua vita
e soprattutto te, d'ora in poi voglio vivere meglio; un tentativo di discernimento mi compete adesso che si è appianato quello strano conflitto fra tempo e impazienza e il tempo è il corpo e il corpo è la memoria -tempo sedimentato
ora che impagino i miei giorni di vaniglia e sentori dei mari del sud sappi, mio amore, che sei più di un fondale, uno scenario, un atto... Sei quel divenire delle cose che mutano, e restano.
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Optical
Talvolta siamo ai margini dell'emozione sulla cornice sbrecciata di un quadro optical osserviamo la minuziosa testura dei nostri incasellamenti le nostre virtuosistiche spirali di riferimento ci conducono appena con cinestesia illusoria al nero sfumato del mistero.
Piuttosto che abbordare la mera illusione ottica quanto sarebbe meglio sprofondare nel sogno variopinto e incauto del cuore e con un vigoroso movimento delle braccia arrivare a sfiorare il viso di qualcuno ravvisarvi l'immagine dell'amico o dell'amore ritrovato o anche di Dio.
L'Altro
Pigmento fermo Insolubile pattern d'ogni moto D'ogni commozione perno.
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