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Raccolta di poesie di Carla Vercelli
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Evening


Ci si affatica e riposa
sul parlottare sommesso
dei commiati
-reversibili, definitivi-

fiordi e gole di un fiume
che fugge troppo rapido
verso il mare

mentre la sera
con artigli di velluto
ghermisce già
la nostra intenzione più bella.

Quello d'amare
fu per tutti il proposito
-inattuabile-

Il rinvio: sempre più
occhi d'oro e
cuore di tenebra.

*

Il recapito


Ho esaminato bene il tuo indirizzo,
abitavi in un posto bellissimo
adiacente ai binari del cuore
quelli che, se non arrivi troppo in ritardo
conducono sempre alla destinazione voluta.

Amavi le matrioske, la più grande e
la più piccola, al centro io -le tue falangi
a scompormi, perdere, colorare, tessere
per poi disfare, e ricomporre sempre
dalle rovine sotto perturbazioni atlantiche.

Di tutti i sinonimi che ti diedi
amore mi parve il più bello e
nessun contrario, tranne l'indifferenza,
ci affibbiò la sorte in cambio dell'euforia
rapita alle improvvisazioni delle nuvole.

Solo da parte nostra, a volte, la codarda
incertezza sul treno da prendere al ritorno.

*

L’angioletto addolorato

Oh dolce angelo addolorato
vicino all'inerme Cristo deposto
a reggere tanta aspra sofferenza
espressa dal tuo visino scomposto

Oh angioletto dal roseo incarnato
che simuli l'infranto antico patto
fra il Cielo e la Terra, la clemenza
infondi nel nostro e ogni cuore sfatto.

Col tuo volto di lacrime rigato
volgi lo sguardo compunto e afflitto
ai nostri occhi proclamanti innocenza

e rendi partecipi dell'inflitto
dolore, della rinata speranza
assumici il pietoso riscatto.

*

Pieghe di ciniglia

Una mattina, nei turbinii
gentili e verdi del Basso Monferrato
pur con la languida foschia di marzo
che pennella alberi ancora spogli.

Ho intrapreso dolci pendii
con noncuranza. L’inverno inveterato
ha riavvolto di brina il cardo,
sparso al vento le ultime foglie
del faggio e dell’eucalipto.

Sto in un battibaleno delle ciglia
come stanno campanule celesti
i vitigni potati della Barbera,
le case dorate di luce e di sassi.

Sto su questa morbida ciniglia
dei prati. Ho dato libertà ai gesti
come una remota primavera
che danza a ritroso sui suoi passi
A volte procedo, a volte mi eclisso.

*

Ho bisogno di un uomo romantico


Ho bisogno di un uomo romantico
che sappia della luce e
la scomponga policroma nel mio sguardo
incrociato al suo
per scorgere poi in uno specchio
la destinazione comune di un paesaggio
inarrivabile.

Di un uomo che conosca l'acqua
e mi vesta di cascate e torrenti
per poi spogliarmi nel fruscio
di carezze sulla pietra lunare
levigata dall'onda
mai doma.

Un uomo che smuova l'aria
viziata di un salotto
e compia primavera
istigando le peonie al profumo
le cialde di un tè alla fragranza dei lamponi
per scolpirmi poi di berillo e rubino
come gemma preziosa
nel suo tempo.

Uno che appartenga alla musica
con voce da baritono
moduli sulle mie forme fraseggi
e mi porga anche il suo silenzio
per poi colmarlo di cento romanze
di mille romanzi
noi due eroi
di una storia corale
inconcludibile.

Ho bisogno di un uomo così
ma forse non esiste:

esiste l'amore
gli abbiamo dato autorità
e ora s'atteggia a tiranno
esautorandoci.

Ho bisogno di un uomo
che sfidi a duello l'amore,
e l'Amore lo vinca.














*

Climbing

L'importante è non perdere la grazia
- nervi saldi, vigore, coraggio,
sottintesi.
Di arrampicate siamo già esperte
-non quelle sociali
ma quelle interiori e quotidiane
analisi e leggerezza
a favorire la cordata.

Nessun artificio di appigli
se non il reciproco aiuto e
una catena di protezione.
Nessuna recriminazione,
piuttosto in solitaria.
D'altronde alpiniste
non ci s'improvvisa-


Montagna, vita, anima
sono femmine.

*

Fiore di giada

Le cose ovvie-
fiorire alla luce meridiana
dietro ad una finestra.

Le cose semplici e ovvie, certo
come respirare, volgersi
o splendere.

Quelle cose di cui mai ci si accorge
-la quotidiana meraviglia-
un fiore di crassula insegna.

*

Polvere di sole

La nebbia ha inteso da tempo:
detergere lacrime
con grazia inavveduta
filtrando polvere di sole
su traiettorie interurbane.

In Galleria e ovunque -cimeli-
una vecchia madia
adibita a ripiano,
l'alzata di una fruttiera
e ciclamini bianchi
dai serici petali
e gli occhi di velour.

S'intona anche il brusio
-godurioso e assimetrico-
del divano
per rendere non numerabile
il tepore benigno dei ricordi.
E non avere rimpianto alcuno,
del futuro.

*

Betelgeuse


Ci dicono da anni che stai per esplodere
Betelgeuse di Orione,
dell'eroe invincibile la costellazione.

Sei pallida e cambi di forma
stella variabile
fra le più luminose del cielo
splendente anche negli inverni.

Diventerai una supernova
vedremo il tuo brillio distante
seicento anni luce
irradiarsi di materia prima della fine-
la tua, la nostra, quella dell'eroe?

Ma tu non esplodi
-sei la mano del Gigante
l'aiuto in incognito di Dio
ne tessi le lodi.
Continui a pulsare,
nonostante.

*

Guadando il fiume


-Guadiamo il fiume- mi proponi lieto.
Biciclette per mano, attraversiamo
tutto questo tempo, da greto a greto.

Il chiaro dì della vita solchiamo
fresca acqua amniotica che estremità
lambisce, con fiducia assecondiamo

in un’atavica serenità.
Non so ancora se il disuguale Eraclito
o Parmenide m’affascinerà.

Ho soltanto pochi anni oggi e il tacito
parlottio umbratile fra acque e fronde
non dice neppure cosa sia lecito

o illecito. Non ancor mi confonde
la scelta, lo scarto, non crea ressa
ancora il sasso che da acque profonde

inciampa. Mi vedo solo riflessa
in questo fiumetempo, dentro a metà
dentro cose, posti, dentro me stessa

come in un ritorno.

Ho solo pochi anni oggi e l’eternità
d’un giorno.

*

Confine orientale

Storia infinita di sangue e di guerre
odio razziale avida onnipotenza
ciò che è preso poi tolto ripreso

storie di esuli privati di un volto
costretti a fuggire da loro terre
folle di persone senza più peso
scheggiate ossa da Pola al Livenza

scorrono dalla sorgente alla foce
dal Bosco del Cansiglio sino a Zara
uomini e donne senza più la voce
legate mani in voragini tetre

Storia d'eccidio e strazio dissepolto
Storie di crudezza enorme che amara
incide del male ancora le pietre.

*

Femminile singolare

Sono un frammento di carne e universo,
energia e materia,
spirito e pulviscolo.

In un enigmatico lunario riconosco il ciclo del mio corpo,
gli sbalzi d'umore,
il ritmo del mare e della fecondità di ogni seme,
il momento di agire e quello solo di pensare.

Nel pensiero debordo -come la marea-
di suono, di luce,
di voce a lungo trattenuta, di emozione.

Perché tra il Nulla e il Caso
scelgo il Mistero, il mare, l'Infinito,
la disorientante (per taluni)
contraddizione.

*

Chiaroscuro

Resterei in questo chiaroscuro di bosco-
accecata dal sole del crepuscolo
a rimuginare che l'amore è esclusivo...

Ma chi lo dice? Io non so scegliere.
Amo con differente e uguale intensità il lago,
le fronde, l'usignolo, lo sciabordio della notte...
Amo te e l'altro.

Se i maschi non inventassero obblighi,
contrapposizioni forti; se solo s'aprissero
come nugoli di zinco
a includere e non arrugginire il cielo,

presto -forse per sempre-
vagherebbero nuovi astri
-resterei in questo chiaroscuro di bosco...

*

Crescendo

Mai dire sapremo cos'è un fungo,
una rosa, un frutto...
Non ne sapremo mai dire l'essenza,
l'intimo costrutto.
Né poesia, né filosofia, né scienza,
quest'ultima soprattutto.
Sempre e soltanto li vedremo, senza.
Con meraviglia, aggiungo.

*

Aura d’artista

Rischioso aver a che fare con un artista
ti dipinge sempre a modo suo
col pretesto d'idealizzare
ti cinge i capelli della pagina bizzosa
di un tempo immobile

quando ancora non ti conosceva
e non eri rondine, né tramontana
né onda, né marea.
Eri afasia di parole

e con le tue e le sue parole mute
ti traccia
come l'espressione arcaica di un dubbio.

In uno studio poco o tanto illuminato
ti rinnova
la fiducia nell'esistenza-
giovane e scandalosa. Ancora.

E tu non stupisci neanche tanto
perché è così che tu vedi lui.

*

Tra gli addobbi

Temporaneamente
ti ho messo fra gli addobbi
i festoni dorati, le palline scarlatte
ti ospitano volentieri
nel work in progress del nostro amore
impegnato ad allestire
-al gelo dell’ennesimo silenzio-
l’albero di Natale
su una spianata d’indifferenza.

Ma è risaputo
si scioglie come neve al sole
la passione dei sensi
e quelli di colpa galoppano
ungulati ai piedi di monti invalicabili
renne dell’anno passato
stanche di fare i portaborse
di sogni avariati.

Nonostante tutto
io ti penso insondabile
come l’onda di luce
non scandagliata dalla festa.


*

Prenatalizia

Oh, il dolce languore della neve
il vorticoso torpore amorale
il grande abisso scialbo
sul quale alberi nuovi si rarefanno
così i pensieri d'amore
eccedono fino all'arpeggio.

Da un luogo rosso di fuoco
e trasparente di cristallo
la neve arriva leggera
a bruciare di più e ancora
il terribile manto nero del mondo
a renderne chiara la purezza.

Purezza di una Domenica Gaudete
-quella purezza che ha solo il Bene-
è la neve-vita che ci scrive
nella lingua del gatto e del cinghiale
sulla corteccia dell'abete
fra il battito d'ali dell'angelo.

La neve, transitoria e pura
contingente fragile fugace
perlustra gli occhi di bianca luce
all'oblio invita, all'evanescenza.
Così resta la speranza di pace:
nel culto gioioso dell'impermanenza.

*

Dea minore


Intabarrata in questa nebbia nera
agli sgoccioli di amori lunari
ho il pallore d’attese sfibranti
e la viva sensualità femminea
che non cede alle imposizioni.

Approdo da un mondo risommerso
dove mi penso libera e straniera
e il gesto d’amore che invento
ridona colore a guance di bimba
parola al silenzio degli occhi.

Il Fohn mi riconosce come ninfa
da tempo immemore ricompone
le labbra i capelli che tornano
ogni volta a platino e plexiglass
in domestici boschi e acquari

lasciando l’insolenza della pelle
agli squali, sottraendo ai rapaci
i baluginii semplici e temerari
delle stelle.

*

Il Tu poetico

Le antecedenze, vedi?
Un Tu poetico è la vita mia.

Gli ho confidato i sogni e le speranze
condiviso con lui momenti felici
qualche lacrima ha deterso
nel silenzio assordante delle stanze
alle prime o ultime luci di un tramonto
passeggiato con me a tempo perso.

Mi è più intimo degli amori
più fedele del cane
più indipendente del gatto
più caro del frutteto o del vento
più curato del roseto o dell'orto
perennemente insoddisfatto
come agli artisti si conviene
così all'innamorato e al dotto.

Tu -mio poetico Tu- che sei porto
memoria nostalgia
solitudine compagnia
calma irrequietudine
passato presente futuro.
Tu che sei di mia madre più indulgente
e di mio padre più severo.
Tu che sei squarcio della vita mia
ma non t'arrendi e non l'assedi.
Tu che sei tutto e non sei niente
ma in qualcosa sempre credi.

Tu, che sei poesia.

*

Grotte

In uno spazio dilatato dal buio
rifulgono colonne di calcare
lacrime trasudate dalla terra
nell’alternanza delle forme
un’unica direzione obbligata
lo sfiorarsi di concrezioni verticali
nell’intercapedine di un alito di stupore.

Sul terreno scivoloso sdrucciolano i perché
aggrappati ad uno spiraglio di penombra
fiumi sotterranei magnetizzano la caduta
in un gorgo ceruleo i pensieri inghiottiti
fluiscono solo emozioni in anfratti
non lontani dai cunicoli interiori.

E ti sorprendi ad essere
l’eterno viaggiatore dell’ignoto
traghettato in un cammino circolare
nel prosieguo greve ed immoto
della materia rischiarata
da passi a ritroso anelanti lucore.

Fuori è uno stillicidio di luci
un’abissale gola di smeraldo
adagiata su un crinale di domande.

*

Sovversiva


Non voglio la conferma della mia stessa ombra,
o anestetizzare la sofferenza
e il rischio dell'abbandono.

Sono una donna
amo, partorisco, educo
sulla proda della catastrofe di una società
dove conta il narcisismo, l'efficienza, l'approvazione

vorrei ancora e sempre la mia malinconia
sottesa al coinvolgimento,

voglio essere il suono di uno xilofono riemerso
l'urlo non edulcorato della vita,

vorrei essere la forza sensuale e sacra
-sovversiva- del pensiero.

*

La ragazza selvatica


Segue stormi di gabbianelle
come fosse una farfalla
si cela Saliga fra le acque e le selve
dei masi e dei casolari ama le finestre aperte
colme d'azzurro e polline
dove tornare ad Essere
-valore speranza creatività-
Ha legami con la terra, il dono e la natura,
tesse lini trasparenti
che appende a raggi di Sole,
essa stessa è trasparente
non intaccata dal piacere del male
canta danza
mette in luce
nutre
procrea
cerca
origini di Paradiso
-fiore bambina stella-
nell'imperfezione di un antico giardino
tende al cielo.
Non sopporta la razionalità asettica
e il consumo sfrenato,
non è né l'una né l'altro
è com-prensione, tiene in sè, custodisce
com-passione, soffre insieme
è com-pania
Panica, confusa col Tutto
si guarda e ti guarda dentro
disposta al perdono
all'aiuto
all'ascolto
senza ricompensa
disposta altrimenti a ritornare
ai suoi boschi alle sue rocce
-una spiga di saggina, un filo di paglia,
una piccola insenatura-
È lì che si compie, armonia.














*

Aprile

Tutto ti annuncia

Il ramo fiorito tra gli interstizi
nel turchino respiro
la quiete del sole velato
di nuovo intravisto-
Nel giardino in profferta di dono
si duplicano, accese e caduche
stelle immortali a grappoli.

Metti in chiaro anche l'ultima nuvola
riottosa ad andarsene e
sceglila per farmi d'amore-
Non ho scarpe oggi
ma ali fluorescenti di libellula
dove mi porterai
vige la libertà dei fiori
che appartengono all'aria

e noi al cielo.

*

La tua voce è un campo arato

La tua voce è un campo arato
di primavera,
raggiunto in bicicletta.
Dove s’annidano prodigi
all’ombra fantasma di albero solingo
che custodisce segreti
e rami azzurri.

-Sapessi- ti dico al telefono
-qui s’agitano pionieri dell’aria
più in là su coppi di un’altana
in casa da fiaba, il pozzetto dell’acqua,
le imposte marroni, buganvillee
sguarnite al vento e alle nubi,
viavai di occhi e di ali-

Rispondi -Tu senti
tu senti la vita fra le tue gambe...

*

Gratitudine

Il tempo non cancella il sentimento

lo plasma come sabbia la marea,

lo ombreggia con bruno Van Dyck.

 

Ciò che rimane intatto -ripensandoci-

è il sistema solare della gratitudine

che scaldava allora giornate intere.

 

Quel rischio -senza calcolo- del piacere,

quel senso di grazia delle costellazioni

arrivate tutte insieme a inondarci di baci.

*

In sanscrito


Oggi i cirri si inseguono in sanscrito
paiono usciti dalla scrittura di un tibetano mancino
la cui mano del cuore rivela le sorprese della pianura-

quando il vento fa le bizze nella sterpaglia invernale e
i pioppi sono intenti fianco a fianco a raccontarsi i segreti
il Rosa appare all’orizzonte come un ottomila himalayano.

Non amerei una pianura senza questo sfondo di cartongesso
che fa spaziare la vista da ovest ad est dal Monviso all’Ortles
nel terso azzurro sopra il verdastro e il glauco della zona prealpina-

sarebbe amorfa la mia vita senza barriere da oltrepassare,
senza vette a cui ascendere diverrebbe inutile,
un Mandala che ha in sé solo la caducità delle cose

e non anche il loro perpetuo rinnovarsi, creativo-
Incomprensibile.

*

Last minute

Fra residue foglie, mimetizzate
su rami spogli tortorelle stanno
a volte solinghe, a volte accoppiate
nei giorni raggelanti d'inizio anno.

Guardano d'intorno, di certo il cielo
pronte per un volo ultimo minuto;
se sono assieme, con previo zelo
discorrono in abbraccio pettoruto.

Poi se ne vanno verso l'avventura
nello spazio immenso che le sovrasta,
senza bagagli, né meta sicura,
solo fiducia, nuova ed entusiasta.

*

Muliebri digressioni jazzistiche


Hai una magnanimità greve
che non si sposa al mio orecchio
femminile, minuto,
all’ascolto
che ti fa libero paroliere
pallottoliere in sentenze di piombo.
Reputi la disponibilità del fiore
-che sostiene il mondo-
non necessaria, né sufficiente

e invece io ti dico
che l’apparente passività di chi accoglie,
il sottile silenzio intercalato al tuo sfogo
è superamento della tristezza,
ripugnanza per le cose morte
che affollano i viventi
e divorano -come topi- lembi di cielo
sui cui sbocciare, dalle radici

-gli snob felici sono quelli molto attaccati alla terra
come la schlumbergera che si dipinge le unghie
di rosso vivo, proprio per Natale-

Perdona la franchezza
osa un uomo che non conosco, di nuovo.
Sarai il benvenuto
tra le parole che non ti ho ancora detto.
Le ascolterà
anche il mio satanico orecchio appuntito
da te temuto, da te pervicacemente invocato
nella musica,

ciò che davvero conta.







*

Dispendio


L'enumerazione è lunga
nell'antieconomia dell'amore:
gli sguardi, le telefonate, le lettere
il guazzabuglio delle parole
gli incontri, le carezze, i baci
soprattutto non sono da contare
le attese e le assenze-

quel qualcuno e l'amore stesso
stanno al di là di ogni calcolo
(evitare il dolore, favorire il piacere?
Sì, forse). Comunque l'amore eccede
eccede sempre
con l'effervescenza dello spreco
si presenta, si attua, si consuma

nello sperpero

dove dimora, sull'abisso del Silenzio,
la poesia.

*

Leggerissima neve che ti degni

Leggerissima neve che ti degni
ancora di lambirci e d'arrivare,
noi con i nostri peccati e gli sdegni
di chi neppure sé prova ad amare,

tu cadi con la grazia di altri regni
dalle tue altezzosità dulcamare
veli di purezza il mondo e i convegni
di pettirossi e genti bieche o rare.

Oh neve leggerissima e soave
fa che codesto mondo si ridesti
da un tal incubo perdurante e grave

trovi la strada, del bene la chiave-
lo stesso mondo che tu sopravvesti
di sfumature angeliche e celesti.

*

Incantesimo occidentale


C' è un bivio, un uroboro,
una ciclicità
che porta a ri-volere il passato_
pur immodificabile
esso si ripresenta
ricoperto di ruggine che sembra oro.

E noi, ad ordinare
e aggiungere dettagli
per giustificare gli sbagli
si capisce_
nel vortice di quella
o quell'altra volta
che non si cancella
non scompare
non sparisce,
ma si storna.

Giunti alla svolta
sesso, vita, amore
sono decisamente sinonimi,
ci pare_

e tutto finalmente torna.


















*

Gli imprevisti


Da una calma apparente di protee
esotici alcedi
che flagrano sull'acqua-


lampi fulvi aranciati di flavedi
vaporose gocce e schizzi turchesi
rinnovano cicli, innovano idee-

Distruggono e creano paradisi.

*

Glauca la sera di novembre

Glauca la sera di novembre
sui campi in deliquio sospeso
un trambusto calmo di verde.

Ho visto l’alone grigio dei venti
sfiorare le sommità delle cime.

Ma io ero uno spicchio di luce
sui fiori purpurei dell’orizzonte
un ramo derviscio che traballava d’incerto

filo d’erba
involucro di rugiada e sentimento.

Ed ero ancora entusiasta
prima del morire del giorno.

*

Luna di giorno

Giunge improvvisa da un cielo setacciato,
ancora un po' semisvestita
-ha fatto le ore piccole-
Durerà a lungo
nella sua abbozzata incertezza
senza il riflesso del sole
e tutte quelle fiaccole?
Nessun chiarore emana
solo la scompostezza
di un cerchietto sfumato.
By day, by day, by day...

Ma che sia la stessa luna
che infervora le passioni,
quella che ispira poeti, sogni, amori?
Quella che accresce maree
e aumenta malumori?
Da certi definita astro,
da altri fanciulla o rana,
quella che tutto rischiara
con luce d'alabastro?
La dea fra gli dei
la protettrice dei ladri di fiori,
la vezzosa, la silenziosa luna...
By day, by day, by day.

Sì, è la stessa luna
ma c'è chi non la vede.
Però chi la scova
di certo non soprassiede:
ne scorge le imperfezioni,
ne assapora una grazia nuova.

*

Le amiche


Ogni volta ci troviamo complici

_un suono più tonfante dei discorsi

l’armonia dei silenzi



che raccontano paesaggi solari

quarti di luna, capricci di maree

_frutti asprigni ancora da cogliere



le chiome fiammeggianti

a sfidare le ali dei gabbiani

_il tacito sostare sulle indiscrezioni.



La nostra amicizia è un segreto di sguardi

_gioiosi uggiolii sottesi

allo stridio insistente della vita.





*

Intorno a Piacenza

Baciati da un'alta luce bonaria
che spesso s'incontra lì in Emilia
-sollevati appena appena a mezz'aria
sopra cenno ondulato, una quisquilia

di colli, colline e ridenti poggi-
rustici, cascine, un largo casale,
non più attivi come veri alloggi,
Chi col preannuncio verde di un viale,

altro con agile e snella torretta,
chi cintato da groviglio di vite,
altra con bordo di una canaletta.
Tutti con dolce aspetto antico e mite

in terre di sapori e di confini
dove la parlata si fa vivace
lento strascico di sollecitudini.
Case di corte dove tutto tace.

*

Ma giurerei

Non ti nego-
sei arrivato ad essermi
essenza, alfa e omega,
giorno e tenebra, il pianto,
la vendetta e il perdono.

Ora rimane
la confusione libera del vento,
il rimasuglio delle cose in stasi,
il vizio d’esistere d’amore
senza una scommessa.

Ma giurerei
che ci sia sempre il mare
e l’edera palpiti Clair de lune
quando ti vedo riflesso dentro
solo guardandomi la pelle.

*

Poetessa

La nudità non è solo esteriore
e una poetessa è ancora più nuda di un poeta.

C'è chi vuole uniformità
come se le differenze si potessero annullare

sostengono che l'amore non ha sesso,
la poesia non ha sesso. No, ce l'ha:

la fatica è quella della libera buganvillea
che non vuole trasformarsi in glicine
intrappolato nel cemento.

Non adeguarsi ad un mondo di uomini
a partire dal linguaggio: poetessa perciò, non poeta-

come posso infatti fingere di non essere una donna
e come può un uomo fingere di esserlo?

Fra le pagine di prosa ciò avviene
ma la poesia è così viscerale

radicata negli anfratti d'Ombra di ognuno.
La poesia è corpoverbo dolente

che si fa carneanima, gioiosa.

*

La donna che legge

Vive un tempo sospeso
medley di memoria e futuro,
di sogno e realtà-

è una guerriera della parola
mai schiava di nessuno, sempre libera
una folata
che increspa sicurezze -mare e montagne.

La donna che legge non subisce,
partecipa, una spada d'avverbi,
l'occhio pronto alla lacrima
le mani all'agire, ostinata come su una pagina,
lucida al modo di una copertina.

Ha un passaporto per il mondo e
uno per l'eternità, perennemente iin rinnovo
È contemporaneamente in Irlanda e in Andalusia,
a San Francisco o in Emilia,
a casa di Nietzsche o della Maraini,
tra i versi di Cattafi e di Ritsos

avvolge i suoi ricordi di parole nuove,
d'inusitate aspirazioni le proietta
sui suoi angoli di penombra,
svolge la sua vita come un fiume in piena
dalle mille sorgenti, dai numerosi affluenti
rigagnoli a volte -tutto confliuisce
in una valle di luce, in un mare necessario.

Non la trovi mai a piangersi addosso,
è pericolosamente candida e solare
come le poesie che si diletta a scrivere-

il cuore, un fiore d'anthurium visibile e rosso
emerso dalla neve,
dal soffio delle pagine mosse dal vento -lieve.

*

Intrinseca

La mia casa è un guscio di volute,
un nido d’allodole che s’infervorano al mattino,
una tana di volpe dal musetto aguzzo e la zampata ardita.

E vivo nascosta, segreta, innamorata,
l’increspatura di un’onda lontana sulla pelle candida,
il colore delle portulache appena nate,
la speranza bambina egli sguardi.

Il tuo pensiero che non m’abbandona,
costante come l’odore di una torta appena sfornata,
la fragranza degli armadi, le suppellettili ordinate,
i ricordi di viaggi e amori solatii.

Il tuo pensiero che non mi lascia,
variabile come il mio umore,
il tempo scandito dal ticchettio degli orologi,
dagli scrosci di pioggia sugli infissi,

variabile come l’ombra di questo amore,
la dismisura delle emozioni
ingigantite dalla distanza e dall’impossibilità,
la bava, la scia, la traccia di quello che è stato.

La mia casa è una conchiglia,
un riparo di steli e piume,
un covo nella terra,
dove raggomitolo i miei più intimi pentimenti

ma il disamore che bramo non mi raggiunge e
resto salda, scolpita nella tua roccia,
ancorata ad una tua parola,
attorta allo spregiudicato assenso
che m’imprigiona e libera.

*

Sconosciuto

Appari improvviso, assorto
seduto su una panchina
laddove il belvedere è ordito di terra
e grumi di case.

Mi siedo accanto a te, chiudiamo
entrambi lo smartphone
quasi all'unisono
ci sorridiamo.
Ho un uomo che m'aspetta
sotto nella piazzetta
dove la torre fronteggia il campanile,
un altro al cellulare
e tu chissà quali amori
anche tu stai vivendo.
Riconosco l'apprensione
di un oltre.

Rimaniamo
un eterno istante a fissare
questa terra, senza parlare
un tremolio di foglie
ci canta una canzone
che non conosciamo.

*

The cat is on the table


Quando m'appresto a dipingere
scodelle, mele verdi, oggetti pregni di prati
e tu, gattino -Parsifal ti ho chiamato
e sei di una lunga discendenza di Templari
dal manto bianco e le vibrisse rosse-
quando tu piombi miagolando
-da non so quale tuo regno-
nel mio quadro di mele e prati

allora parmi sussurrare la tua nenia
voci di anfratti, bifore e castelli
e le mie pennellate hanno la velocità delle spade,
la tavolozza è uno scudo per ideali antichi
perché il tuo giuramento alla vita è così leale,
la tua fedeltà ai sogni così totale,
da non farti restare che un attimo
dove prima era il vuoto di ciò che già era.

*

Fucsia

Fucsia è la pioggia di maggio fra le rose
il tavolo che ti ho preparato
quando accenni a cheek to cheek
due cuscini écru per stare più comodi
tortore noi a tubare in un tramonto -fucsia

è il classico magenta dei pittori
mescolato al blu ciano e al giallo
ottieni tutte le tonalità dell''universo
visibile ed invisibile, sempre fucsia

la pura luce non ancora sgrezzata
dell'aurora quando il giorno è incompiuto
perché agli albori ed è tutto nuovo e fucsia

dolcemente irruento, un fucsia hollywood, una ciliegia
il mio rossetto, la sottoveste e anche il sesso
baciato da striature bianche
nuvole che prima di piovere son fucsia

e tutto ritorna -ciclo di fucsia-
alla terra al mare
passando per rose, dipladenie, fuchsie, nomi
amore.

*

Le donne di Boldini

La pelle si confonde in sensuali bissi
diafane dee di ere illuminate e chete
stravaganti marchese pudiche contesse
in pose accattivanti e audaci scollature
dai loro magnifici abiti haute couture

consapevoli di un ruolo oltre il focolare
ispirate e ispiranti l'arte del pittore
che le denuda affascina seduce
ne rimodella i tratti le movenze
la bellezza effimera di occhi vispi traduce
dalla sontuosità flessuosa delle organze

le colloca nei loro contesti sociali
solo per la prorompente vitalità
di anime ricche, geniali e gioviali
o la malinconia di certi giorni strani
in cui languono pensierose e compite

nei loro boudoir di teche segrete
allunga all'infinito visi gambe mani,
in corsetti stringe enigmatiche vite.

*

Disgiunzioni


Mi colpiscono gli insiemi
che non hanno nulla in comune
le cui intersezioni sono insiemi vuoti.
Ricordano: certi addii in giorni di novembre
quando la nebbia rassicura
che quello, pur bello, non era l’uomo giusto
o, più profondi, i vuoti ineludibili del vivere
-gli abissi e i cieli
il male e il bene
la realtà e la finzione...
tutto s’interseca ma in insiemi vuoti,
in proposizioni vere se almeno una delle due è vera,
false se sono falsi entrambi gli enunciati.
I tuoi braccialetti di filo colorati
vel i miei slip di macramè nero
stanno in due mondi a parte
e questo è quanto.
Anche se per un attimo, un attimo soltanto...

*

Gargouilles

Le gargouilles scrutano torve e impietrite
-come sempre- la spensierata Senna incurante,
che scorre ai loro piedi di anomali serpenti,
sotto ali rattrappite di chimere mancate,
mostri dello strambo medioevale bestiario,
demoni per esorcizzare il demonio
che, per chi crede, esiste veramente.

E gli angeli di Notre-Dame -indifferenti-
sono sublimi essenze pietrificate,
la lontananza di ciò che non ha voce.
Tuttavia, dalla loro tremenda bellezza
o dall'aspetto ripugnante e truce
dei doccioni, trapela doloroso richiamo
a realtà diverse da quelle quotidiane.

Seppur voi non certo capiste o capite,
dateci un mondo -angeli di pietra
o gargouilles dal terrificante rostro-
ove acqua e non sangue scorra dentro il fiume,
dove siate del demonio unici testimoni,
non lo siano esseri con sembianze umane
che hanno il cuore più impietrito del vostro.

*

Tratteggio e dicitura

Lei -in aeree volute di brezza
folate su chiara pelle di burro-
ha bisogno di lieve scompostezza
la segreta armonia di un sussurro.

Lui dice, dice... Con tenerezza
gli abiti di lei sfumano in azzurro
del cielo la vaga fuggevolezza
di nubi ombreggia ciglia in verdeazzurro.

Lui le solleva efebico il mento
per farsi negli occhi intensi guardare
e il Tempo improvvisamente s'arretra.

E lei ha vent'anni, un nuovo turbamento
smuove da iridi colore del mare
plettro dolcesonante d'una cetra.

*

Bambini del dolore

Valica ogni sconcertato destino
ogni umana bruttura
la dignità dei bambini

composti, come s'addice
al DIVINO
subiscono della guerra gli orrori
e le malattie, con timida paura
di gattini sollevati da terra

occhi grandi, di perché spalancati
come gli angeli e i San Giovannini
dell'ARTE
stupiti interrogano gli interlocutori.

Abitano il bene sempre, rassegnati
mai tristemente a ciò che non si dice,
la MORTE
i suoi preludici fetori
angherie soprusi abbandoni.

Della VITA
entusiasti solerti,
promotori inconsapevoli di pace
dimorano l'AMORE sempre,
ne sono testimoni.

Sui misteri più grandi son usci aperti.

*

Ritengo un bene


Ritengo un bene
il buongiorno e la buonanotte
fra estranei
e soprattutto tra le pareti domestiche
un sorriso che parte per primo
chiedere scusa
manifestare gratitudine.

Ritengo un bene
sapere il nome dei fiori
quello dei venti e delle stelle,
il nome del vicino di colore
del condominio di fronte.

Ritengo un bene
fare una passeggiata in collina
riconoscere le erbe gli alberi le nuvole,
saper trapiantare le fragoline di bosco
nel proprio giardino
sapendo già in anticipo
che sarà un miracolo se attecchiranno,
cucinare e apparecchiare
sempre con accuratezza
anche se siamo solo noi
o, peggio, se siamo proprio soli.

Ritengo un bene
leggere almeno una poesia al giorno
ammirare un bel quadro
ascoltare buona musica.

Ritengo un bene
sentire dentro di sé
qualcosa o qualcuno
che questo bene supera.




*

Questo spazio dove ti tengo


Ho il tuo nome tatuato
nell'incavo generoso dei seni
la spensieratezza del tuo sorriso
sulle mie labbra,
una veduta di Delft, del Sussex
o del Midi nelle mie iridi.

Tu, così puro
idealizzato nella memoria
distillato d'anima
che mi pulsa in musica
dentro ogni cellula del sangue
e coagula come piastrina le tue assenze.

Questo piccolo male
della tua lontananza
è lo stuporoso pegno
per averti amato
-troppo-

Ma non c'è misura nell'amore
non c'è tempo,
non esiste tentennamento
indecisione
remissione al malessere
che procura questa distanza.

E mi ritrovo ancora una volta
supplice di un bacio, che suggelli
questo spazio dove ti tengo
e non vi trovo che meraviglie
-rose avvinte all'astrazione delle tue mani-

*

La merlettaia

Pettinatura e viso di fanciulla
dalla gota rubiconda e piena
che con grazia soave si trastulla
fra il ricamo e un libretto in pergamena-

mi piaci come e più della Gioconda
piccola Merlettaia di Vermeer
l'intimità solenne che ti inonda
la luce perlata d'un interno legger-

concentrata al ricamo quotidiano
non guardi che il lavoro lì davanti
i fili dettagliati nella mano
la tensione in quello che fai e che senti.

Mi prostro al Maestro, al suo cospetto
a quei gialli limone, grigi, azzurri
io che dipingo per gioco, per diletto
rapita sono da tenui sussurri-

nei fili rossi e bianchi la perizia
della fanciulla e quella dell'artista
ma oltre, oh, un velo di sublime mestizia
addentro, al di là della scena vista-

impegno, ostinazione, leggiadria
virtù femmine antiche e celebrate
le pazienze di tutte, anche la mia
per esser pure colte e letterate.


*

Salvaguardia


Bello è dipingere, bello scrivere
ma anche no. Rivedo il ruscello

in un giorno di maggio. Sassi levigati
dalla canzone precipitosa dell’acqua
tersa e argentina. Sono al tuo fianco

seduti sull’erba, le mani che cingono
ginocchia ripiegate. Ignari ambedue.
Neanche un accenno della tua felicità

della mia. Le ho messo di guardia il silenzio
e un’alterna dimenticanza. La salveranno.

*

La melagrana

Traslucida la polpa degli arilli,
alveare di pietre incastonate
-la cui luce in velo pare brilli-
nella balausta. Agri e profumate

spandono fragranze i semi. Dai trilli
d'arso vento coriaceo spezzate
le punte della corona gingilli
serbano, stelline cristallizzate.

Nel mezzo del rigoglioso giardino
l'Albero spicca -prospera maestà-
un vero alberello da Paradiso.

Auspicio, promessa di felicità,
se si sapesse sfidare il destino:
sangue, passione, conoscenza, riso.

L'angelo accosta il suo bel sorriso
al frutto, lo annusa come bambino
goloso. Una vertigine.... E se ne va.

*

L’affresco


La ridda dei secoli l’ha appena sfiorato,

guerre, saccheggi, dominazioni,
l’andirivieni di gente d’ogni sorta,
i regressi, le invocate evoluzioni,
il confuso compiacimento di una falsa fede,
l’acume del tramonto e dell’alba il brio,
l’ilarità del vento che spegne il lume
della ragione, delle foglie e del frate guardiano:

tutto questo ha appena imbronciato
il viso del bambino dal caschetto biondo;
ben quattro ali ancora possiede
che lo figurano cherubino, serio e giocondo
sull’affresco scrostato del vecchio convento
sotto la volta a crociera della porta.

Il pellegrino ivi giunto in cerca di clemenza
a malapena lo nota
piuttosto dalla vista del lago lontano
rapito
si perde sulla vetta del Rosa,
maestoso, nella distanza immota.
Lo straniero ora non s’affanna
all’ombra dell’ulivo riposa
lo sguardo segnato illimpidito;
nascosto, il solerte angioletto
sotto l’arco del chiostro del milleseicento.

Il viandante sente da dentro
lo sciogliersi di nodi che l’avevano chiuso.
Avverte un’immensa fiducia,
non del genere umano la purezza,
di questa da troppo tempo si è illuso,
ma della perduta innocenza
la fiducia.
Sulla nuca una lieve carezza,
si gira per un momento,
la gota che brucia...

Dell’angelico putto
dal biondo intelletto,
che è lì senza corpo,
infine s’avvede, infine s’è accorto

infine comprende se stesso, forse Dio,
forse Tutto.











*

Jam session

Disdegna i percorsi predefiniti,
ama l'improvvisazione
l’armonia dei timbri in un concerto jazz-

osa incamminarti su strade scartate
magari dispendiose
con il rischio di deragliare
dal tuo centro magnifico

(oh, se deraglierai
sappi che non abita in te un re
ai cui ordini devi sottostare,
al massimo ti vive dentro un poeta)-

sfida il buonsenso, la partitura
a volte pure la logica e affidati,
così avverrà l’altro
l’imprevedibile, l’inatteso

finanche il meraviglioso
il prodigioso
l'inimmaginabile

ti sfiorerà l’anima
che è tutta musica,
sempre nuova.

*

L’isola prima della neve

Ne hanno sentore le frondose palme
e l'isola ne conosce il momento,
come sa il tempo d'acque marmoree
o quelle agitate da troppo vento;
sa i baci, i pianti, i sogni ed i sorrisi,
i passi stanchi, o più briosi e decisi.

Adesso il lago è suonato da arpe,
matasse e piumini rosa dipana
solare eruzione e amnesia breve
del crepuscolo misto a tramontana.
Si vedono storie tornare calme,
ritrovare vie trote iridee,
arenarsi sul fondale le carpe.

Si vedono...
amori tornare a luoghi di pace
e anche il mio amore luce riceve
da dolci emozioni e teneri sguardi.

Ne hanno sentore e adesso è già tardi:
sussurrano che presto è la neve
a dire amore in silenzio loquace.

*

L’inciso e i lillà

Leggi sempre gli incisi dei poeti
-lì traspare il rossore delle dita
movimenti leggeri d'occhi inquieti,
quando tentano afferrare la vita.

(Coltiva con amore la memoria
e innesta il desiderio. Io ti dico
che nasceranno fiorenti i lillà
dalle piogge improvvisate d'aprile

e in un azzurro catino, il bacile
del vento e della luna, coglierà
per te il poeta intento e romantico
gesto sincero e parola, illusoria).

Ascolta le frasi tra parentesi
o sospese fra virgole e trattini
-sono le più azzardate ipotesi
di mondi puri, da cuori bambini.

*

Vulnus

Si originano dalla vulnerabilità

le sole parole che contano,

quelle che fanno bene-

 

ci fa ricettivi l'intrinseca fragilità

sollecita la carezza,

il legame, la cura, la gratitudine.

 

La crepa, lo sfregio, è possibilità

di vedere oltre, comunicare con l'Altro,

dare senso alle parole, valore ai gesti.

 

Giunzioni d'oro

ricompongono l'integrità,

le anfore spezzate sono più preziose-

 

le sole parole che contano

nascono da ferite-feritoie

attraversate dalla luce.

*

Prato alla Drava

Laddove
uno degli affluenti del Danubio
nasce rivolo festoso tra prati di smeriglio

lì, un cimitero -di quelli accanto
alla chiesetta appuntita di vermiglio
coi fiori interrati, vivi, non recisi
e le croci di legno -il camposanto

saluta il rosa delle aurore,
l’arancio dei tramonti
che infuocano le crode.

Lì, talmente forti sono i venti
da sentire le guglie nel costato
e nei capillari sanguigni
avvertire liquido il bosco.

Così è da sempre,
sovraesposti come siamo
all’ordine del giorno
-non stabilito dagli umani.

*

Sintra


Ti vorrei rincontrare
in posti dove non sono

ancora stata. Ho troppe remore
briglie dal trascorso, ricordi
che affogano di menta il mio seno di latte.
Magari a Sintra: porte che si aprono
e indirizzano su corridoi in pieno sole
principesco, otri d’agavi, pegasi e fado

prospettive mentali da scoprire
come l’ozio all’entrata della vita
la lingua imperfetta del lattante
che è già un poeta -versi cullati
dalla brezza, esistente anche
dove ci siamo già visti, solo più leggera
eggera, ggera, gera, era...

Scopriresti che il tempo fa restare

solo ciò che è più lieve, quel bacio
senza parlare, un mio capello biondo
sul giubbotto, e di Sintra o della vita
ti rimarrebbe l’aria, la ria, l’ia, l’a...



Finché anche quella sarà sparita.

*

Mi soffermerei sul penultimo capitolo

Mi soffermerei sul penultimo capitolo
se potessi, all'apice del conflitto,
al culmine del coinvolgimento
quando l'amore è ancora scelta,
l'assassino non scoperto,
il gatto gironzola per casa
le unghie affilando sui divani,
la vicenda in corso,
le rose stanno ritte pur recise, la tazza del tè fuma-
(Still life, vita immobile o ancora vita?
Non l'ho mai capito.
Nel dubbio approvo entrambe le ipotesi,
la sintesi sublime degli inglesi)-

Mi soffermerei sul penultimo capitolo
quando non bisogna tirare le fila della storia,
dare o cercare spiegazioni,
quando la paura non è ancora ansia.
Ma devo concludere, affannarmi a concludere-
c'è sempre una conclusione nella vita
stramaledetta conclusione, un ultimo capitolo.
Nemmeno una footnote?
Forse neanche una postilla.
E per favore il gatto fuori...

*

Installazioni


Siamo originali installazioni,
quell'essere dentro agli ambienti:
creatività e mere ripetizioni,
grovigli di eredità e accadimenti.

Abbiamo senso, sensi -molteplici,
simboli, individuali e universali,
immagini e somiglianze, tradite.

Campane sul pavimento adagiate,
pareti bianche d'opali primordiali,
soffitti con lettere cubitali,
suoni e concetti, epifanie e spiegazioni.

Siamo tramonti di rosse sinfonie,
battaglie di Algeri non finite,
interattivi, in balia di emozioni.

Luci al Led come stelle cadenti
ma concise a un luogo o a una stanza
così da forgiare i temperamenti
fra i nostri sogni e la speranza.

*

Non didascalica


Tutte le poesie non didascaliche che vivo con te
ho il rammarico di non poterle scrivere. D’altronde:

come tradurre in parole quelle tue dita da pianista
e lo sguardo da bambino intento allo stupore?

Io ti penso come l’intercapedine; oltre la quale
il mondo appare una visione, da avallare.
Sarà l’euforica dissolutezza dei sensi -così virtuosa-
o le parole scaturite da questi silenzi -battesimali-
che non posso proprio dire...

Ci insegniamo un lungo sollievo,
una parata da lodolaio, da aquila dei serpenti
l’apprensione empirica del non morire-
tranne per ciò che -a detta di molti-
si chiama amore.

*

Cantaor


Dimmi cantaor
delle grotte scavate nella nuda roccia,
le piante scalze della gitana
inebriata dal tuo lamento esausto.

Il fuoco avvampa da Guadix a Triana
nello schioccar di dita
e lo zapateado sensuale di piacere
dalla tua bocca di stagno e pioggia.

Fiorisce l’arancio
ed esplora la genetta
la terra furiosa dell’Andalusia.

Raccontami cantaor le tue avventure
i nomadismi del tuo cuore ribelle
profano di corte
disperato, come quello di tutti,
arabi, cristiani, ebrei, schiavi...

Nel tuo canto grande o jondo
vaga l’angoscia e la speranza.
Tu che ti spostasti su ore erranti
dall’Oriente a dove finisce il mondo

raccontami, raccontami le tue storie
ai margini di tutta la storia

*

Di luglio e altre intemperanze


Ruggisce alle estremità la collina
d'aranciato ocra il dorsale
si stempera all'apice
in chiome torride e sottomesse
ad un cielo in umidore cobalto, mansuete.

Di luglio è un turbinio statico di promesse
mantenute matrignamente,
dietro le imposte chiuse dei meriggi
si prosciugano lacrime come torrente,
si mietono amori, rinfoltiscono,
s'accentuano spossatezze d'evi,
desertifica il silenzio dopo urla sconnesse:
verso il punto più alto prima del declino.

D'estate è il passo a ritroso del gambero
nel suo nascondiglio invisibile
a farsi trovare solo dai cercatori d'oro
e dai segugi d'aquiloni, il mattino.

*

Di getto

Di getto sono i coriandoli -e non è tempo
i confetti, il riso -ma lo è stato
il latte, l'acqua che bolle fuori un poco
lo zampillo, la fontana, la cascata
di quel sentiero che sa solo Dio
dove conduce, il falco pellegrino sulla preda
-mi pare un nibbio, non si discute-

La chiave che ti lancio e tu la prendi
e non capisco se sono io dotata di mira
o tu che non sei distratto per niente.
Di getto è il calcestruzzo del muratore
nel piazzale, un pallone che t'attraversa
e tu rilanci come a dieci anni, le braccia
al collo, gli abbracci -e non è festa.

Di getto il germoglio e l'albicocco
quando all'improvviso nella notte
canta una canzone rosa, in sordina
-strepitosa. Di getto è l'acquerello, un'ora
anche meno- è concluso, tornare indietro
non puoi -e questo è il bello. Quando leggo
o scrivo poesie a caso, un po' per tedio
e trovo sempre. Di getto è il metallo
liquefatto e caldo del tuo sesso.
Ed io la forma.

*

Gioviale


Sai, è come catturare lucciole
-ci fossero ancora- o la libellula grande
correndo sul prato d'erba medica per i conigli
con la disperazione di mio padre, e liberarle poi
e liberare anche i conigli
strofinarsi i musetti e i palmi delle mani -a rimanere-
coi petali della rosa thea
e ridere, nascosta, alle invettive del genitore

o piluccare amarene e ciliegie, ma dai rami
stendersi, vestita come per assistere a una corsa all'ippodromo,
sul primo campo di grano spruzzato di papaveri

o andare, sporca ancora d'erba, lungo il fiume
sino a quella trattoria
che appena entri sa di buono buono
e tu, con tutto quel verde e giallo tra le ciglia
oggi sei straordinariamente bello
e per di più, oltre a narrarmi di Guareschi
bisbigli di soppiatto un -Bambolina-
che promette bene...

Sai, in fondo è questo saper vivere:
parlo di quell'attimo,
prima della morte.

*

Intesa col lupo


Tu, lupo che hai l'anima della foresta
e il cuore della notte.
Terrorizzi il gregge e gli armenti
ma ti spauri al fuoco del male
e ingiustamente perseguitato fuggi.
Vaghi in branco, domini e ti sottometti
con indocile fierezza di guerriero, sempre.
Alle trappole ti celi, nascondi
licantropi e bambine nel tuo ventre,
superi il varco inaccessibile degli amanti
e la tua solitudine dispieghi
sotto pleniluni di rimembranze e futuro braccato.
Ululi il tuo grido inascoltato
che alla brada sponda originaria ti richiama
e non t'ammansisce che l'omelia dei santi
e il fervore straripante del giorno...

Nel tuo cuore nero in nostalgia di luce,
nella tua anima in perenne fuga
io mi riconosco
-come una menzogna vera-

*

L’arancione

Diffida e sempre diffida

di chi afferma che nulla vale la pena

nemmeno splendere per qualcuno.

Sii almeno qualcosa, come tutto è colore-

indossa -dentro e fuori- tutti i pigmenti

soprattutto il preludio,

l'intermezzo, l'intermedio,

non il giallo che stride,

non il rosso che urla,

l'arancione, più quieto ma solare.

 

La foglia d'autunno ancora viva, il bosco intero,

la bella attesa, le albicocche un giorno,

la clementina, il tarocco, la sanguinella

le arance di Cézanne,

il sorriso aperto dei nasturzi,

bignonie rampicanti

mani d'amore nella scollatura,

le rose variegate,

veglianti sulla meraviglia

le note di Kandinsky,

labbra sciroppate, un cuore di gioia.

 

Il raggio che ci inaugura e non termina

-non è l'ombra a cui siamo destinati-

è l'arancione -antidoto alla noia-

che albeggia, tramonta -significa ed elude.

Non lo senti?

È l'arancione, con dita di solletico e coccinelle

 

e il blu, suo diretto interlocutore

che ci sovrasta

precede, non conclude,

da un pulpito di stelle.

*

Pensami

Pensami. Sono
rannicchiata sulle tue corde vocali-

Non dire, non dirmi. Pensami
come le nuvole azzurre, i prati,
le viole e le eriche,
gli scoiattoli e i colibrì, pensati da Dio.
E il mare, con le attinie.

Pensami così. Sarò
il respiro del silenzio
prima dentro dopo il rumore-

sarò la parola d'amore
che non muore sulle labbra.

*

L’aria oltre il varco dell’inverno


Al di là delle stanze canterella bianca
l'aria dell'inverno, in note già vissute. Altrove

sarà il fruscio nella brezza delle gonne di mussola
e quello dei completi in shantung a spiegazzare
la voglia di vita nelle prossime stagioni.
Dovremo scegliere tra accessori e dolci apprensioni.
Opteremo per le seconde ché ben poco avremo con noi
-la lista è sempre più breve-
nessun rimpianto, nessun rimorso.

E ben poco d'altronde ci servirà
-sorrisi non richiesti tra i passi d'un ballabile,
sguardi di seta
verso il nido dei gufi
che misconoscono la notte.

*

Leziosa beatitudine

Ho imparato dai gatti
il mimetismo calmo e austero,
l’autentica ritrosia,
l’affetto centellinato e vero,
la memore riconoscenza.

Ho imparato l’autonomia
-implicita domanda,
lo sguardo che seduce
-riverbero di un regno di malizie,
lo scatto e la scorribanda
-estrema saggia irriverenza.

Ho imparato da loro
ad entrare ed uscire dalle tenebre,
l’attitudine
ad emergere da soverchie mischie

per sfolgorare in leziosa beatitudine.

Forgiata nel metallo la mia luce
è sempre più prossima all’alba

che ho cercato con le unghie.

*

Mitologica


Se potessi farti partecipe, Amore
delle trasformazioni che tu compi
in me, e dei tuoi stessi mutamenti.

Ah, se potessi dirti di quali amori
ho amato e sono stata riamata
-fra il privilegio e l’avventura.

Amori in eccesso. Pasifae
accecata dal desiderio.
Amori in fuga. Come Dafne
mutavo fattezze al solo pensiero.
Amori in ombra. Scomparivo
Euridice, al veto infranto di Orfeo...

L’amore mi trasforma e si trasforma
-gioca a rimpiattino col mio io
come i fiori che tralascio.

-Sì, aspiro alla mano immortale di Flora
che colga e non colga fiori divini.

*

Grafite

Io sono un segno di grafite
tracciato in supporto di nube.
(Sono la forma stabile del diamante,
di morbida untuosità al tatto
come punta sfaldata di matita.)

Esacerbata luminosità
distrugge il pallore e l’essenza
-
volatile, s’apre al Nulla.

Predilige, l’anima, per Essere
il chiarore intrinseco del foglio,
la tabula rasa dell’inconoscibile,
la possibilità del sogno -itinerari...

(e la giunzione di Venere e Marte
quando mi volto nuda e tu vi scorgi
-tra le ciglia nere- planetari.)

*

Sillabari

Se mantenessi lo sguardo per terra
mentre incedi sul sentiero del bosco
scorgeresti sassi di tutti i tipi
fogge e colori, bruniti, rotondi
come gatti acciambellati, rossicci
lucidi, aguzzi, albi avori di mammut.

La fantasia ha alla portata tutto
un bestiario di pietre fra le foglie,
una stranita vita nei contralti
degli scarafaggi e dei lombrichi,
un sillabario eloquente di bimbi
fra le eccelse parole dei rami alti

che già scrivono poesie.

*

Fleurs et chaise longue

("Tulipano rosso", olio su cartone telato, opera dell'autrice)

 

 

 

Rifiorire sulla tua bocca

profumata di parole nell'arcobaleno-

 

All'inizio, dopo l'ultravioletto di un addio

germogliai con la timidezza di una viola mammola

e la malinconia dei riflessi di un blues.

Poi spiccai un volo nell'indaco

tornai a correre su prati da verdi smaglianti.

Nell'infiorescenza di un giallo girasole, dunque

la mia eliotropia amorosa si compì.

E seguì l'arancio generoso dei gladioli,

la semplicità disarmante di quando si ama...

Ma domina in me, oltre il rosso

della devozione dei tulipani,

quello della superba infedeltà delle rose

quando sbocciano impertinenti

dello scarlatto più maestoso

occhieggiando a lidi alternativi,

incandescenti.

 

 Dall'ultravioletto all'infrarosso

la medesima evoluzione

da una dormeuse a una chaise longue

vuote:

 

lo stesso spettro d'amore invisibile,

in lontananza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Per un solo attimo di realtà


Mi domandasti serio -Cosa sono?
Identici ai fiori che dipinsi!-
Surfinie sono, surfinie oltremare
blu come la notte, come i lividi
sul cuore, le impronte dell'incontro
se approdi alla riconoscenza.

Qui sul terrazzo c'è l'ultimo tepore
e tutte le argille dei ricordi, i fianchi
si dilatano generando innocenza
strepitosa, le ali della pioggia ci fanno fiore
di murrina e braccia d'argano, ad alleviare
non so quale destino dalla furia del vento.

*

Caffè Florian

Lei entrò, riflessa nelle specchiere
la vaporosa nube bionda dei capelli,
la snella figura strizzata in un trench.

Lui l’aspettava sul velluto rosso
l’impeccabile leggerezza della giacca di lino,
davanti un libro aperto di D’Annunzio.

Girovagavano colombi incerti
nell’umido sorriso delle labbra
si distillavano gocce di rosolio.

Scorse in lei l’evanescente malia
dei cieli di Venezia, il soave languore
delle calli quando sale la foschia.

E la marea della sua voce d’angelo
era come l’eco della sua anima,
nel brusio della macinatura del caffè.

Con la magia delle sue forme disciolte
dal rigoglio spumoso degli stucchi
immaginò la via della seta e l’Oriente,
intero.

L’amò attraversando il tempo e lo spazio,
fra la vanità delle cose della terra
e l’immutabilità cangiante del cielo.

Divennero memoria e desiderio.

*

Preferisco che tu venga a prendermi


Col rammarico fasullo dei poeti
le dracene perdono foglie
-è normale in questa stagione
lasciare qualcosa, qualcuno_

Più facile dirsi addio che amare,
sfoltire invece di rinvigorire,
soffrire invece d'essere felici_

Contro ogni catalogazione
resta qualche sparuta venatura
attaccata, tenace; nessuno
così pervicacemente solare_

come fossimo noi quindicenni
-lo siamo sempre stati-
o, al massimo, avessimo trent'anni
e preferissimo paesaggi con figure_

ci dispiacesse non sperare
in cuori, in sogni, in tempi abitati.

*

Filigrane di betulle, simposi


Filigrane di betulle, simposi
di delicati passeri ciarlieri
che prediligono il tepore urbano
a fitte nebbie gelide e padane.

Piume, zampette, capini graziosi
fanno spole dai rametti ai sentieri
finché una dolce e minuta mano
non offre loro briciole di pane.

Allora tornano in guizzi giocosi
a vite di piccoli desideri,
a rimirare da molto lontano
le grandi ansie, smanie e angherie umane.

*

Aura d’artista

Rischioso aver a che fare con un artista
ti dipinge sempre a modo suo
col pretesto d'idealizzare
ti cinge i capelli della pagina bizzosa
di un tempo immobile

quando ancora non ti conosceva
e non eri rondine, né tramontana
né onda, né marea.
Eri afasia di parole

e con le tue e le sue parole mute
ti traccia
come l'espressione arcaica di un dubbio.

In uno studio poco o tanto illuminato
ti rinnova
la fiducia nell'esistenza-
giovane e scandalosa. Ancora.

E tu non stupisci neanche tanto
perché è così che tu vedi lui.

*

Killarney

Sul lago fermenta repertorio serale

e la brughiera irlandese stinge

nello specchio del sole lunatico

un anello di nuvole capricciose

distanti barlumi incastonati

nel cielo sempre in movimento.

 

Saranno gli spiriti del bosco

o un agnellino sfuggito al gregge

a belare di malinconia

sino al filo d'erba più verde

della mia anima?

 

Non è irraggiungibile Killarney

questa notte

che volge in ametista e agata

il placido stare attonito

del mio giorno scompigliato.

 

L'immagine è opera dell'autrice, "Lago di Killarney", acquerello.

*

Camouflage

Attendi, seduto sulla soglia della luce
-in questo tempo di dolina-
confuso tra gli oggetti senza nome-
ennesimi tentativi di trovarti.

La segreta corrispondenza delle e dalle cose
suscita missive nuove in cui esprimi la mancanza.
Ti manco, vivaddio, ogni giorno di più, dici.

Attendi intanto a qualcuno -suggerisco-
prenditene cura. Con amore.
La misura dell'amore è l'infinito.

Camuffati da sabbia, da prato, da nevaio.
Confonditi, confondimi.
Che tu sia più natura del deserto,
della collina, del monte, del fiume,
delle vespe, delle lantane, degli isomeri...

Ti troverò comunque, dovessi percorrere chilometri
e non ti sei mai mosso,
nido di piccoli adepti alla felicità
sul contraltare del dolore.

Ti troverò: non ti sei mai mosso
-per pudore incoercibile-
dal glucosio delle mie labbra.

*

Ondivaghi


Stiamo nel tardo pomeriggio, ondivaghi
dell'amore. Amanti. China su di noi
l'ombra sacra dai salici infuocati

s'alzano in volo germani reali-
rubini, lunghi gemiti del giorno.
Gli scoiattoli trepidano per noi
un concavo rifugio di mitezza.

Non ci scoveranno mai.
Abbiamo queste mura di ninfee
una canzone, l'occhio stupefatto del vento.
Stiamo sul verde abisso di un gioco felice.

*

La casa abbandonata


Sovraespone verde rigoglioso
l'ex frutteto di peschi e di ciliegi
quasi una giungla in stile rococò
a misura e prova di buon selvaggio.

Liane di arrampicanti bignonie
penzolano tra gli aranciati fiori
ravvivanti i ceruli pallori
della casa liberty anni 'trenta
dalle ossidate chiuse tapparelle
e i bei cornicioni sbriciolati
sotto la scrostatura dei fregi.

Avventurosi tordi e rondinelle
alle grondaie non nidificano più.
Qualche sparuto gattone curioso
bighellona nelle erbe alte infestanti
fra l'aristocrazia delle paulonie
appropinquarsi all'entrata tenta
-ove edera colonizza i mancanti
intarsi dell'ingresso a vetrata-
poi si guarda attorno e se ne va.

In notti di scolatura dal tetto
in mezzo al cortile -dimenticata
la gomma di una ruota di scorta
vorticizza tre sprovvedute stelle
come fosse un attivo pozzetto
invitandole al fantastico viaggio
in echi di trascorsa felicità
impilata su masserizia antica.

-Proprio fino alla sbarrata porta,
proprio proprio sino al tempo che passò
e non è più, e non è più, e non è più...-
un clacson pare imbonisca e dica.





*

Però quant’è vago il lago d’inverno


Però quant'è vago il lago d'inverno

con l'ornatezza bianca della nebbia

stenebra pensieri sino al silenzio.


Non triste, bensì raccolto bocciolo

di lilla ondeggia -diviene emozione

tutta la bellezza armoniosa d'un arpeggio

la soffice carezza di una cipride

_il dardo di Eros, scacco e saccheggio

alla pretestuosa ragione.

*

Presso l’acqua

Non posso stare lontano dall'acqua
torrente, fiume, rio, laghetto, stagno...
vi sono nata, porto il dolce segno
profondità scura che si dilegua

La contemplo, mi contemplo, dissolvo
scorro, trascorro, muoio e poi rinasco
limpida traspaio, di nuovo fluisco
cambio, muto, metamorfoso, evolvo...

Non sono altro che un riflesso fuggiasco.

*

Il tamburello


Ambrata pelle, la fanciulla in fiore
poggia angosce su musica silente.
Il tamburello e il ritmo del suo cuore
paiono taciti e non s’ode niente.

Il viso ha diffuso il suo rossore
nell’astenia dettata dall’assente
e dolgono membra pel mal d’amore
che le sconvolge l’anima e la mente.

Tintinna appena il bronzo dei sonagli
che ornano, con graziosa campanella,
il cerchio teso d’agreste strumento.

Si pente ella d’aver commesso sbagli
ché come foglia s’è zittita al vento
la sua storia e l'allegra tarantella?

Ma era ed è così bella
la vita nei suoi scalzati passaggi,
che note e dì le sembrano, alfin, saggi.

*

Coincidenze

Felice, la memoria
srotola giorni di tears and rainbows.

Ho scritto su un papiro il nome del mare
e sull'avambraccio il tuo.

Talvolta le coincidenze succedono,
la vita accade

senza aspettare
il ricordo è già onda, colore, lacrime,
carne, parola. Amore, dicono.

*

Terra di nessuno


Giungi da quel luogo, fluido e indefinito
dove io, femmina, relego talvolta gli uomini
per tedio, noncuranza, esperienza o saggezza;
da quella terra di nessuno che ti marchia negli occhi
una seducente non appartenenza a nulla.

Nelle tue contraddizioni sguazzo,
sfoltisco appena l'erba alta del percorso,
vi aggiungo le mie rigogliose antinomie;
mi soffia sul viso un'inquietudine creativa,
l'energia che si espande oltre i miei limiti.

In prossimità dei nostri confini
diventiamo sempre più differenti:

io ho gerani e petunie alle finestre,
qualche guizzo di materna comprensione,
una contenuta fittizia emotività da filosofa,
laghi calmi e sorrisi tra le ciglia;

tu hai le imposte semichiuse,
forse il sole abbagliante dei cicli di Monet
pagliai gialli e vivide cattedrali,
dinamismo da demone ogni volta che parli

molto da dichiarare
e una voglia matta di contrabbando...

*

Lou a Orta


Deve essere stata la stessa luce
che accolse Lou e Friedrich in un giorno di maggio
dopo la salita da Orta al Sacro Monte:

la luminosità rinviava all'effetto dei colori,
i colori rimandavano al profumo delle resine,
i profumi sottintendevano canzoni wagneriane dalle onde.

Sì, deve essere stata la stessa luce
che illuse Nietzsche e gli saturò la mente

la stessa luce che liberò crisalidi dal cuore di Lou
e ne generò farfalle, ostinatamente pertinenti.


*

Arrivai a Cordova

Arrivai a Cordova
che la mattina ancora assonnata
dipanava i suoi riccioli d’oro sul letto
scuro e caldo del Guadalquivir.

Chiare furono allora le parole
“...Cordova lontana e sola...”
Più ci si avvicina a Cordova
più essa è mai raggiunta

Sfugge nei giochi di luce
tra il Ponte Romano e la Sierra Morena,
nelle mille prospettive
della Mezquita Catedral,
nei dedali tortuosi dell’interno
dove i patios fioriscono d’ascese e decadenze.

“...Cordoba lejana y sola...”
Metafora della meta non intermedia,
del luogo non provvisorio.
Una bisaccia consunta per raccogliere olive e versi
e alla magnificenza forse giungere,
infine.

Concepimmo un poeta quella notte.

*

Sulle rive

Poesia che levighi,

con tempra furibonda pieghi,

deformi, risani, sino alle ossa.

 

Ne esultano i giorni

affastellati come sassi

in sponde alla vita

che stagna d'acqua sonnolenta.

 

Tu, poesia, onda ribelle

che t'incunei nella diaspora del tempo

nel logorio della parola

 

fra pietre di senso

t'avvali dell'ossigeno di un possibile dio

per espirare una genesi dirompente:

 

guizzano luci dalle branchie dei pesci

e si creano fiori dal limo e dal nulla

 

così lussuriosi e puri

da governare la corrente.

 

L'immagine è opera dell'autrice, "Amorino dormiente", olio su cartone telato.

 

*

Watteville


Maestro dimmi
a cosa sarà valso
posare per te
esibire la pelle avorio e seta
percepire la vertigine del turbamento
come un tulipano rosso
all'occhiello del tempo?

Avevamo dalla nostra
tutti gli azzurri di aprile
e i vigneti avvampati d'ottobre
per variare le vesti
al ritmo inusitato dell'amore.

Il destino si crea
come tu crei i colori
e placido li distendi
-paesaggi interni invisibili-
sul mio corpo di lolita
io assumo tutte le sfumature dell'iride
da un torpore bianco.

Ma cosa sarà valso
tutto questo zelo
nell'immortalarmi
se muore in te l'amore
e non sei ora dove importa
che tu sia, ad un passo
da quello che hai creato?

Se non fossi sicura di rivederti,
nel mio pensiero di sibilla
prevederei una letargia
senza arcobaleni

la rottura dell'alchimia
tra la terra e il cielo.

*

Delle tue mani

Delle tue mani
conosco il ritmo, l’umiltà,
l’andatura e il gesto
non allineati del coraggio.

Il concetto che si fa attuazione
colore, materia, legno, creta
bronzo. Leghe e legami.
Il pensiero cardato dalla scrittura.

So delle tue mani la carezza
sul viso e dentro. Più a fondo,
a fondo più di quanto appare
la minima luce, il minimo corpo.

Venero le tue mani forti e delicate:
il polso che congiunge alla terra,
il carpo dove si muovono strade,
il metacarpo, più invitante, di sentieri,

le unghie sono richiami felini,
i palmi coppe con miele delle nubi,
le falangi destinazioni per migratori.

Delle tue mani non conosco la rabbia,
il pugno scomposto,
il cambio repentino delle carte,
la falsità del baro.

Conosco l’autentico respiro dei tuoi pori,
la complessità delle articolazioni nervose
che obbediscono a un caso di scelte.
So i muscoli, i gangli e le sinergie celesti.

Celeste
so il caldo tepore delle dita
quando mi prendi per mano
e intrecci tenerezza alla tua.







*

Concerto (i miei morti)


Vi immagino nel giardino grande
d'una villa palladiana sul Brenta
con antichi strumenti musicali:
un clavicembalo, un flauto, un liuto,

la voce solista che si espande
fra le note di lieti madrigali,
l'acqua che scorre placida e lenta
su confidenze che vi ho taciuto.

Gli alberi ondeggianti al vento,
la ieraticità delle gorgiere,
ritmo e colore dai vostri vestiti,
un dio classico in marmo pregiato

a idealizzare il fugace momento.
Vi immagino eternamente adibiti
a felicità e sogno provvedere,
con chi, come me, avete amato.

*

La consistenza del voile


Avrei voglia della libertà
di un sogno -essere arborea
fronda, radura, terra,
come Dafne fuggire l’ingombro della carne,
in un voile di volant verde
ritornare incontaminato pensiero
-evento che deve realizzarsi ancora-
muovermi al soffio del grecale.

Nella cavea di un teatro antico
da una ripida gradinata
-alberello di lauro
assistere ad episodi salienti
della mia esistenza
snobbare le scelte compiute
i compromessi da commediante
gli imprevisti svincoli tragici.

Pigiare sull’acceleratore del tempo
e vedermi così -ragazza che ero-
a sentire ancora da te
-Ti dona immensamente il verde-
e in quell’immensamente
perdermi e rinascere
piccola foglia
nell’ombra allungata
dei tuoi occhi colmi d'amore.

*

Piccolezze

 

Le illustrazioni avevano la patina delle favole

e rosseggiavano i capelli tra le pagine, dolcemente

come quarantatré tramonti in un solo giorno,

la volpe e la rosa che volevano Esser-ci,

una addomesticata e l'altra innaffiata,

il legame e la cura,

nessuna solitudine, nessuna sopraffazione

-nessun controllo-

 

Le cifre erano righe sul pavimento,

giunchi centrifughi

-solo apparenze-

oltre le quali

sedersi a immaginare...

 

ed era ed è

questa la realtà.

 

 

 

(L'immagine allegata è dell'autrice del testo, "La volpe e la parola", olio su tela, particolare).

*

Grembo


S'addormenta l'amico sul mio grembo
di peonie e astri gentile lo sfioro
come una madre nulla gli domando-
è giunto dalla scintilla dell'aria

dal fosco rimuginare del tempo
ha con sé intrugli, polvere d'oro,
si è fatto verbo, incerto rimando
al miracolo o all'ombra immaginaria.

Come una madre il prodigio gli insegno
la mia carneanima, che è luce.

*

D’ora in poi


Tutte le cose che ho provato
ma non ho mai conosciuto del tutto:
la fotografia, il corso di danza e d'acquagym,
le lezioni americane di Calvino,
i monumenti, i musei e gli orizzonti all'alba,
quegli uomini che dicono adorabili bugie
per portarti con loro e, meno adorabilmente,
se ne vanno dalla tua vita

e soprattutto te,
d'ora in poi voglio vivere meglio;
un tentativo di discernimento mi compete
adesso che si è appianato quello strano conflitto
fra tempo e impazienza
e il tempo è il corpo e il corpo è la memoria
-tempo sedimentato

ora che impagino i miei giorni di vaniglia
e sentori dei mari del sud
sappi, mio amore,
che sei più di un fondale,
uno scenario, un atto...
Sei quel divenire delle cose che mutano,
e restano.

*

Optical

Talvolta siamo ai margini dell'emozione
sulla cornice sbrecciata di un quadro optical
osserviamo la minuziosa testura dei nostri incasellamenti
le nostre virtuosistiche spirali di riferimento
ci conducono appena con cinestesia illusoria
al nero sfumato del mistero.

Piuttosto che abbordare la mera illusione ottica
quanto sarebbe meglio sprofondare
nel sogno variopinto e incauto del cuore
e con un vigoroso movimento delle braccia
arrivare a sfiorare il viso di qualcuno
ravvisarvi l'immagine dell'amico
o dell'amore ritrovato
o anche di Dio.

L'Altro

Pigmento fermo
Insolubile pattern d'ogni moto
D'ogni commozione perno.