I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Grotte
In uno spazio dilatato dal buio rifulgono colonne di calcare lacrime trasudate dalla terra nell’alternanza delle forme un’unica direzione obbligata lo sfiorarsi di concrezioni verticali nell’intercapedine di un alito di stupore.
Sul terreno scivoloso sdrucciolano i perché aggrappati ad uno spiraglio di penombra fiumi sotterranei magnetizzano la caduta in un gorgo ceruleo i pensieri inghiottiti fluiscono solo emozioni in anfratti non lontani dai cunicoli interiori.
E ti sorprendi ad essere l’eterno viaggiatore dell’ignoto traghettato in un cammino circolare nel prosieguo greve ed immoto della materia rischiarata da passi a ritroso anelanti lucore.
Fuori è uno stillicidio di luci un’abissale gola di smeraldo adagiata su un crinale di domande.
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Sovversiva
Non voglio la conferma della mia stessa ombra, o anestetizzare la sofferenza e il rischio dell'abbandono.
Sono una donna amo, partorisco, educo sulla proda della catastrofe di una società dove conta il narcisismo, l'efficienza, l'approvazione
vorrei ancora e sempre la mia malinconia sottesa al coinvolgimento,
voglio essere il suono di uno xilofono riemerso l'urlo non edulcorato della vita,
vorrei essere la forza sensuale e sacra -sovversiva- del pensiero.
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La ragazza selvatica
Segue stormi di gabbianelle come fosse una farfalla si cela Saliga fra le acque e le selve dei masi e dei casolari ama le finestre aperte colme d'azzurro e polline dove tornare ad Essere -valore speranza creatività- Ha legami con la terra, il dono e la natura, tesse lini trasparenti che appende a raggi di Sole, essa stessa è trasparente non intaccata dal piacere del male canta danza mette in luce nutre procrea cerca origini di Paradiso -fiore bambina stella- nell'imperfezione di un antico giardino tende al cielo. Non sopporta la razionalità asettica e il consumo sfrenato, non è né l'una né l'altro è com-prensione, tiene in sè, custodisce com-passione, soffre insieme è com-pania Panica, confusa col Tutto si guarda e ti guarda dentro disposta al perdono all'aiuto all'ascolto senza ricompensa disposta altrimenti a ritornare ai suoi boschi alle sue rocce -una spiga di saggina, un filo di paglia, una piccola insenatura- È lì che si compie, armonia.
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Aprile
Tutto ti annuncia
Il ramo fiorito tra gli interstizi nel turchino respiro la quiete del sole velato di nuovo intravisto- Nel giardino in profferta di dono si duplicano, accese e caduche stelle immortali a grappoli.
Metti in chiaro anche l'ultima nuvola riottosa ad andarsene e sceglila per farmi d'amore- Non ho scarpe oggi ma ali fluorescenti di libellula dove mi porterai vige la libertà dei fiori che appartengono all'aria
e noi al cielo.
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La tua voce è un campo arato
La tua voce è un campo arato di primavera, raggiunto in bicicletta. Dove s’annidano prodigi all’ombra fantasma di albero solingo che custodisce segreti e rami azzurri.
-Sapessi- ti dico al telefono -qui s’agitano pionieri dell’aria più in là su coppi di un’altana in casa da fiaba, il pozzetto dell’acqua, le imposte marroni, buganvillee sguarnite al vento e alle nubi, viavai di occhi e di ali-
Rispondi -Tu senti tu senti la vita fra le tue gambe...
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Gratitudine
Il tempo non cancella il sentimento lo plasma come sabbia la marea, lo ombreggia con bruno Van Dyck. Ciò che rimane intatto -ripensandoci- è il sistema solare della gratitudine che scaldava allora giornate intere. Quel rischio -senza calcolo- del piacere, quel senso di grazia delle costellazioni arrivate tutte insieme a inondarci di baci.
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In sanscrito
Oggi i cirri si inseguono in sanscrito paiono usciti dalla scrittura di un tibetano mancino la cui mano del cuore rivela le sorprese della pianura-
quando il vento fa le bizze nella sterpaglia invernale e i pioppi sono intenti fianco a fianco a raccontarsi i segreti il Rosa appare all’orizzonte come un ottomila himalayano.
Non amerei una pianura senza questo sfondo di cartongesso che fa spaziare la vista da ovest ad est dal Monviso all’Ortles nel terso azzurro sopra il verdastro e il glauco della zona prealpina-
sarebbe amorfa la mia vita senza barriere da oltrepassare, senza vette a cui ascendere diverrebbe inutile, un Mandala che ha in sé solo la caducità delle cose
e non anche il loro perpetuo rinnovarsi, creativo- Incomprensibile.
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Last minute
Fra residue foglie, mimetizzate su rami spogli tortorelle stanno a volte solinghe, a volte accoppiate nei giorni raggelanti d'inizio anno.
Guardano d'intorno, di certo il cielo pronte per un volo ultimo minuto; se sono assieme, con previo zelo discorrono in abbraccio pettoruto.
Poi se ne vanno verso l'avventura nello spazio immenso che le sovrasta, senza bagagli, né meta sicura, solo fiducia, nuova ed entusiasta.
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Muliebri digressioni jazzistiche
Hai una magnanimità greve che non si sposa al mio orecchio femminile, minuto, all’ascolto che ti fa libero paroliere pallottoliere in sentenze di piombo. Reputi la disponibilità del fiore -che sostiene il mondo- non necessaria, né sufficiente
e invece io ti dico che l’apparente passività di chi accoglie, il sottile silenzio intercalato al tuo sfogo è superamento della tristezza, ripugnanza per le cose morte che affollano i viventi e divorano -come topi- lembi di cielo sui cui sbocciare, dalle radici
-gli snob felici sono quelli molto attaccati alla terra come la schlumbergera che si dipinge le unghie di rosso vivo, proprio per Natale-
Perdona la franchezza osa un uomo che non conosco, di nuovo. Sarai il benvenuto tra le parole che non ti ho ancora detto. Le ascolterà anche il mio satanico orecchio appuntito da te temuto, da te pervicacemente invocato nella musica,
ciò che davvero conta.
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Dispendio
L'enumerazione è lunga nell'antieconomia dell'amore: gli sguardi, le telefonate, le lettere il guazzabuglio delle parole gli incontri, le carezze, i baci soprattutto non sono da contare le attese e le assenze-
quel qualcuno e l'amore stesso stanno al di là di ogni calcolo (evitare il dolore, favorire il piacere? Sì, forse). Comunque l'amore eccede eccede sempre con l'effervescenza dello spreco si presenta, si attua, si consuma
nello sperpero
dove dimora, sull'abisso del Silenzio, la poesia.
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Leggerissima neve che ti degni
Leggerissima neve che ti degni ancora di lambirci e d'arrivare, noi con i nostri peccati e gli sdegni di chi neppure sé prova ad amare,
tu cadi con la grazia di altri regni dalle tue altezzosità dulcamare veli di purezza il mondo e i convegni di pettirossi e genti bieche o rare.
Oh neve leggerissima e soave fa che codesto mondo si ridesti da un tal incubo perdurante e grave
trovi la strada, del bene la chiave- lo stesso mondo che tu sopravvesti di sfumature angeliche e celesti.
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Incantesimo occidentale
C' è un bivio, un uroboro, una ciclicità che porta a ri-volere il passato_ pur immodificabile esso si ripresenta ricoperto di ruggine che sembra oro.
E noi, ad ordinare e aggiungere dettagli per giustificare gli sbagli si capisce_ nel vortice di quella o quell'altra volta che non si cancella non scompare non sparisce, ma si storna.
Giunti alla svolta sesso, vita, amore sono decisamente sinonimi, ci pare_
e tutto finalmente torna.
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Gli imprevisti
Da una calma apparente di protee esotici alcedi che flagrano sull'acqua-
lampi fulvi aranciati di flavedi vaporose gocce e schizzi turchesi rinnovano cicli, innovano idee- Distruggono e creano paradisi.
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Glauca la sera di novembre
Glauca la sera di novembre sui campi in deliquio sospeso un trambusto calmo di verde.
Ho visto l’alone grigio dei venti sfiorare le sommità delle cime.
Ma io ero uno spicchio di luce sui fiori purpurei dell’orizzonte un ramo derviscio che traballava d’incerto
filo d’erba involucro di rugiada e sentimento.
Ed ero ancora entusiasta prima del morire del giorno.
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Luna di giorno
Giunge improvvisa da un cielo setacciato, ancora un po' semisvestita -ha fatto le ore piccole- Durerà a lungo nella sua abbozzata incertezza senza il riflesso del sole e tutte quelle fiaccole? Nessun chiarore emana solo la scompostezza di un cerchietto sfumato. By day, by day, by day...
Ma che sia la stessa luna che infervora le passioni, quella che ispira poeti, sogni, amori? Quella che accresce maree e aumenta malumori? Da certi definita astro, da altri fanciulla o rana, quella che tutto rischiara con luce d'alabastro? La dea fra gli dei la protettrice dei ladri di fiori, la vezzosa, la silenziosa luna... By day, by day, by day.
Sì, è la stessa luna ma c'è chi non la vede. Però chi la scova di certo non soprassiede: ne scorge le imperfezioni, ne assapora una grazia nuova.
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Le amiche
Ogni volta ci troviamo complici
_un suono più tonfante dei discorsi
l’armonia dei silenzi
che raccontano paesaggi solari
quarti di luna, capricci di maree
_frutti asprigni ancora da cogliere
le chiome fiammeggianti
a sfidare le ali dei gabbiani
_il tacito sostare sulle indiscrezioni.
La nostra amicizia è un segreto di sguardi
_gioiosi uggiolii sottesi
allo stridio insistente della vita.
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Intorno a Piacenza
Baciati da un'alta luce bonaria che spesso s'incontra lì in Emilia -sollevati appena appena a mezz'aria sopra cenno ondulato, una quisquilia
di colli, colline e ridenti poggi- rustici, cascine, un largo casale, non più attivi come veri alloggi, Chi col preannuncio verde di un viale,
altro con agile e snella torretta, chi cintato da groviglio di vite, altra con bordo di una canaletta. Tutti con dolce aspetto antico e mite
in terre di sapori e di confini dove la parlata si fa vivace lento strascico di sollecitudini. Case di corte dove tutto tace.
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Ma giurerei
Non ti nego- sei arrivato ad essermi essenza, alfa e omega, giorno e tenebra, il pianto, la vendetta e il perdono.
Ora rimane la confusione libera del vento, il rimasuglio delle cose in stasi, il vizio d’esistere d’amore senza una scommessa.
Ma giurerei che ci sia sempre il mare e l’edera palpiti Clair de lune quando ti vedo riflesso dentro solo guardandomi la pelle.
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Poetessa
La nudità non è solo esteriore e una poetessa è ancora più nuda di un poeta.
C'è chi vuole uniformità come se le differenze si potessero annullare
sostengono che l'amore non ha sesso, la poesia non ha sesso. No, ce l'ha:
la fatica è quella della libera buganvillea che non vuole trasformarsi in glicine intrappolato nel cemento.
Non adeguarsi ad un mondo di uomini a partire dal linguaggio: poetessa perciò, non poeta-
come posso infatti fingere di non essere una donna e come può un uomo fingere di esserlo?
Fra le pagine di prosa ciò avviene ma la poesia è così viscerale
radicata negli anfratti d'Ombra di ognuno. La poesia è corpoverbo dolente
che si fa carneanima, gioiosa.
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La donna che legge
Vive un tempo sospeso medley di memoria e futuro, di sogno e realtà-
è una guerriera della parola mai schiava di nessuno, sempre libera una folata che increspa sicurezze -mare e montagne.
La donna che legge non subisce, partecipa, una spada d'avverbi, l'occhio pronto alla lacrima le mani all'agire, ostinata come su una pagina, lucida al modo di una copertina.
Ha un passaporto per il mondo e uno per l'eternità, perennemente iin rinnovo È contemporaneamente in Irlanda e in Andalusia, a San Francisco o in Emilia, a casa di Nietzsche o della Maraini, tra i versi di Cattafi e di Ritsos
avvolge i suoi ricordi di parole nuove, d'inusitate aspirazioni le proietta sui suoi angoli di penombra, svolge la sua vita come un fiume in piena dalle mille sorgenti, dai numerosi affluenti rigagnoli a volte -tutto confliuisce in una valle di luce, in un mare necessario.
Non la trovi mai a piangersi addosso, è pericolosamente candida e solare come le poesie che si diletta a scrivere-
il cuore, un fiore d'anthurium visibile e rosso emerso dalla neve, dal soffio delle pagine mosse dal vento -lieve.
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Intrinseca
La mia casa è un guscio di volute, un nido d’allodole che s’infervorano al mattino, una tana di volpe dal musetto aguzzo e la zampata ardita.
E vivo nascosta, segreta, innamorata, l’increspatura di un’onda lontana sulla pelle candida, il colore delle portulache appena nate, la speranza bambina egli sguardi.
Il tuo pensiero che non m’abbandona, costante come l’odore di una torta appena sfornata, la fragranza degli armadi, le suppellettili ordinate, i ricordi di viaggi e amori solatii.
Il tuo pensiero che non mi lascia, variabile come il mio umore, il tempo scandito dal ticchettio degli orologi, dagli scrosci di pioggia sugli infissi,
variabile come l’ombra di questo amore, la dismisura delle emozioni ingigantite dalla distanza e dall’impossibilità, la bava, la scia, la traccia di quello che è stato.
La mia casa è una conchiglia, un riparo di steli e piume, un covo nella terra, dove raggomitolo i miei più intimi pentimenti
ma il disamore che bramo non mi raggiunge e resto salda, scolpita nella tua roccia, ancorata ad una tua parola, attorta allo spregiudicato assenso che m’imprigiona e libera.
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Sconosciuto
Appari improvviso, assorto seduto su una panchina laddove il belvedere è ordito di terra e grumi di case.
Mi siedo accanto a te, chiudiamo entrambi lo smartphone quasi all'unisono ci sorridiamo. Ho un uomo che m'aspetta sotto nella piazzetta dove la torre fronteggia il campanile, un altro al cellulare e tu chissà quali amori anche tu stai vivendo. Riconosco l'apprensione di un oltre.
Rimaniamo un eterno istante a fissare questa terra, senza parlare un tremolio di foglie ci canta una canzone che non conosciamo.
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The cat is on the table
Quando m'appresto a dipingere scodelle, mele verdi, oggetti pregni di prati e tu, gattino -Parsifal ti ho chiamato e sei di una lunga discendenza di Templari dal manto bianco e le vibrisse rosse- quando tu piombi miagolando -da non so quale tuo regno- nel mio quadro di mele e prati
allora parmi sussurrare la tua nenia voci di anfratti, bifore e castelli e le mie pennellate hanno la velocità delle spade, la tavolozza è uno scudo per ideali antichi perché il tuo giuramento alla vita è così leale, la tua fedeltà ai sogni così totale, da non farti restare che un attimo dove prima era il vuoto di ciò che già era.
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Fucsia
Fucsia è la pioggia di maggio fra le rose il tavolo che ti ho preparato quando accenni a cheek to cheek due cuscini écru per stare più comodi tortore noi a tubare in un tramonto -fucsia
è il classico magenta dei pittori mescolato al blu ciano e al giallo ottieni tutte le tonalità dell''universo visibile ed invisibile, sempre fucsia
la pura luce non ancora sgrezzata dell'aurora quando il giorno è incompiuto perché agli albori ed è tutto nuovo e fucsia
dolcemente irruento, un fucsia hollywood, una ciliegia il mio rossetto, la sottoveste e anche il sesso baciato da striature bianche nuvole che prima di piovere son fucsia
e tutto ritorna -ciclo di fucsia- alla terra al mare passando per rose, dipladenie, fuchsie, nomi amore.
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Le donne di Boldini
La pelle si confonde in sensuali bissi diafane dee di ere illuminate e chete stravaganti marchese pudiche contesse in pose accattivanti e audaci scollature dai loro magnifici abiti haute couture
consapevoli di un ruolo oltre il focolare ispirate e ispiranti l'arte del pittore che le denuda affascina seduce ne rimodella i tratti le movenze la bellezza effimera di occhi vispi traduce dalla sontuosità flessuosa delle organze
le colloca nei loro contesti sociali solo per la prorompente vitalità di anime ricche, geniali e gioviali o la malinconia di certi giorni strani in cui languono pensierose e compite
nei loro boudoir di teche segrete allunga all'infinito visi gambe mani, in corsetti stringe enigmatiche vite.
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Disgiunzioni
Mi colpiscono gli insiemi che non hanno nulla in comune le cui intersezioni sono insiemi vuoti. Ricordano: certi addii in giorni di novembre quando la nebbia rassicura che quello, pur bello, non era l’uomo giusto o, più profondi, i vuoti ineludibili del vivere -gli abissi e i cieli il male e il bene la realtà e la finzione... tutto s’interseca ma in insiemi vuoti, in proposizioni vere se almeno una delle due è vera, false se sono falsi entrambi gli enunciati. I tuoi braccialetti di filo colorati vel i miei slip di macramè nero stanno in due mondi a parte e questo è quanto. Anche se per un attimo, un attimo soltanto...
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Gargouilles
Le gargouilles scrutano torve e impietrite -come sempre- la spensierata Senna incurante, che scorre ai loro piedi di anomali serpenti, sotto ali rattrappite di chimere mancate, mostri dello strambo medioevale bestiario, demoni per esorcizzare il demonio che, per chi crede, esiste veramente.
E gli angeli di Notre-Dame -indifferenti- sono sublimi essenze pietrificate, la lontananza di ciò che non ha voce. Tuttavia, dalla loro tremenda bellezza o dall'aspetto ripugnante e truce dei doccioni, trapela doloroso richiamo a realtà diverse da quelle quotidiane.
Seppur voi non certo capiste o capite, dateci un mondo -angeli di pietra o gargouilles dal terrificante rostro- ove acqua e non sangue scorra dentro il fiume, dove siate del demonio unici testimoni, non lo siano esseri con sembianze umane che hanno il cuore più impietrito del vostro.
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Tratteggio e dicitura
Lei -in aeree volute di brezza folate su chiara pelle di burro- ha bisogno di lieve scompostezza la segreta armonia di un sussurro.
Lui dice, dice... Con tenerezza gli abiti di lei sfumano in azzurro del cielo la vaga fuggevolezza di nubi ombreggia ciglia in verdeazzurro.
Lui le solleva efebico il mento per farsi negli occhi intensi guardare e il Tempo improvvisamente s'arretra.
E lei ha vent'anni, un nuovo turbamento smuove da iridi colore del mare plettro dolcesonante d'una cetra.
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Bambini del dolore
Valica ogni sconcertato destino ogni umana bruttura la dignità dei bambini
composti, come s'addice al DIVINO subiscono della guerra gli orrori e le malattie, con timida paura di gattini sollevati da terra
occhi grandi, di perché spalancati come gli angeli e i San Giovannini dell'ARTE stupiti interrogano gli interlocutori.
Abitano il bene sempre, rassegnati mai tristemente a ciò che non si dice, la MORTE i suoi preludici fetori angherie soprusi abbandoni.
Della VITA entusiasti solerti, promotori inconsapevoli di pace dimorano l'AMORE sempre, ne sono testimoni.
Sui misteri più grandi son usci aperti.
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Ritengo un bene
Ritengo un bene il buongiorno e la buonanotte fra estranei e soprattutto tra le pareti domestiche un sorriso che parte per primo chiedere scusa manifestare gratitudine.
Ritengo un bene sapere il nome dei fiori quello dei venti e delle stelle, il nome del vicino di colore del condominio di fronte.
Ritengo un bene fare una passeggiata in collina riconoscere le erbe gli alberi le nuvole, saper trapiantare le fragoline di bosco nel proprio giardino sapendo già in anticipo che sarà un miracolo se attecchiranno, cucinare e apparecchiare sempre con accuratezza anche se siamo solo noi o, peggio, se siamo proprio soli.
Ritengo un bene leggere almeno una poesia al giorno ammirare un bel quadro ascoltare buona musica.
Ritengo un bene sentire dentro di sé qualcosa o qualcuno che questo bene supera.
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Questo spazio dove ti tengo
Ho il tuo nome tatuato nell'incavo generoso dei seni la spensieratezza del tuo sorriso sulle mie labbra, una veduta di Delft, del Sussex o del Midi nelle mie iridi.
Tu, così puro idealizzato nella memoria distillato d'anima che mi pulsa in musica dentro ogni cellula del sangue e coagula come piastrina le tue assenze.
Questo piccolo male della tua lontananza è lo stuporoso pegno per averti amato -troppo-
Ma non c'è misura nell'amore non c'è tempo, non esiste tentennamento indecisione remissione al malessere che procura questa distanza.
E mi ritrovo ancora una volta supplice di un bacio, che suggelli questo spazio dove ti tengo e non vi trovo che meraviglie -rose avvinte all'astrazione delle tue mani-
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La merlettaia
Pettinatura e viso di fanciulla dalla gota rubiconda e piena che con grazia soave si trastulla fra il ricamo e un libretto in pergamena-
mi piaci come e più della Gioconda piccola Merlettaia di Vermeer l'intimità solenne che ti inonda la luce perlata d'un interno legger-
concentrata al ricamo quotidiano non guardi che il lavoro lì davanti i fili dettagliati nella mano la tensione in quello che fai e che senti.
Mi prostro al Maestro, al suo cospetto a quei gialli limone, grigi, azzurri io che dipingo per gioco, per diletto rapita sono da tenui sussurri-
nei fili rossi e bianchi la perizia della fanciulla e quella dell'artista ma oltre, oh, un velo di sublime mestizia addentro, al di là della scena vista-
impegno, ostinazione, leggiadria virtù femmine antiche e celebrate le pazienze di tutte, anche la mia per esser pure colte e letterate.
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Salvaguardia
Bello è dipingere, bello scrivere ma anche no. Rivedo il ruscello
in un giorno di maggio. Sassi levigati dalla canzone precipitosa dell’acqua tersa e argentina. Sono al tuo fianco
seduti sull’erba, le mani che cingono ginocchia ripiegate. Ignari ambedue. Neanche un accenno della tua felicità
della mia. Le ho messo di guardia il silenzio e un’alterna dimenticanza. La salveranno.
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La melagrana
Traslucida la polpa degli arilli, alveare di pietre incastonate -la cui luce in velo pare brilli- nella balausta. Agri e profumate
spandono fragranze i semi. Dai trilli d'arso vento coriaceo spezzate le punte della corona gingilli serbano, stelline cristallizzate. Nel mezzo del rigoglioso giardino l'Albero spicca -prospera maestà- un vero alberello da Paradiso.
Auspicio, promessa di felicità, se si sapesse sfidare il destino: sangue, passione, conoscenza, riso.
L'angelo accosta il suo bel sorriso al frutto, lo annusa come bambino goloso. Una vertigine.... E se ne va.
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L’affresco
La ridda dei secoli l’ha appena sfiorato,
guerre, saccheggi, dominazioni, l’andirivieni di gente d’ogni sorta, i regressi, le invocate evoluzioni, il confuso compiacimento di una falsa fede, l’acume del tramonto e dell’alba il brio, l’ilarità del vento che spegne il lume della ragione, delle foglie e del frate guardiano:
tutto questo ha appena imbronciato il viso del bambino dal caschetto biondo; ben quattro ali ancora possiede che lo figurano cherubino, serio e giocondo sull’affresco scrostato del vecchio convento sotto la volta a crociera della porta.
Il pellegrino ivi giunto in cerca di clemenza a malapena lo nota piuttosto dalla vista del lago lontano rapito si perde sulla vetta del Rosa, maestoso, nella distanza immota. Lo straniero ora non s’affanna all’ombra dell’ulivo riposa lo sguardo segnato illimpidito; nascosto, il solerte angioletto sotto l’arco del chiostro del milleseicento.
Il viandante sente da dentro lo sciogliersi di nodi che l’avevano chiuso. Avverte un’immensa fiducia, non del genere umano la purezza, di questa da troppo tempo si è illuso, ma della perduta innocenza la fiducia. Sulla nuca una lieve carezza, si gira per un momento, la gota che brucia...
Dell’angelico putto dal biondo intelletto, che è lì senza corpo, infine s’avvede, infine s’è accorto
infine comprende se stesso, forse Dio, forse Tutto.
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Jam session
Disdegna i percorsi predefiniti, ama l'improvvisazione l’armonia dei timbri in un concerto jazz-
osa incamminarti su strade scartate magari dispendiose con il rischio di deragliare dal tuo centro magnifico
(oh, se deraglierai sappi che non abita in te un re ai cui ordini devi sottostare, al massimo ti vive dentro un poeta)-
sfida il buonsenso, la partitura a volte pure la logica e affidati, così avverrà l’altro l’imprevedibile, l’inatteso
finanche il meraviglioso il prodigioso l'inimmaginabile
ti sfiorerà l’anima che è tutta musica, sempre nuova.
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L’isola prima della neve
Ne hanno sentore le frondose palme e l'isola ne conosce il momento, come sa il tempo d'acque marmoree o quelle agitate da troppo vento; sa i baci, i pianti, i sogni ed i sorrisi, i passi stanchi, o più briosi e decisi.
Adesso il lago è suonato da arpe, matasse e piumini rosa dipana solare eruzione e amnesia breve del crepuscolo misto a tramontana. Si vedono storie tornare calme, ritrovare vie trote iridee, arenarsi sul fondale le carpe.
Si vedono... amori tornare a luoghi di pace e anche il mio amore luce riceve da dolci emozioni e teneri sguardi.
Ne hanno sentore e adesso è già tardi: sussurrano che presto è la neve a dire amore in silenzio loquace.
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L’inciso e i lillà
Leggi sempre gli incisi dei poeti -lì traspare il rossore delle dita movimenti leggeri d'occhi inquieti, quando tentano afferrare la vita.
(Coltiva con amore la memoria e innesta il desiderio. Io ti dico che nasceranno fiorenti i lillà dalle piogge improvvisate d'aprile
e in un azzurro catino, il bacile del vento e della luna, coglierà per te il poeta intento e romantico gesto sincero e parola, illusoria).
Ascolta le frasi tra parentesi o sospese fra virgole e trattini -sono le più azzardate ipotesi di mondi puri, da cuori bambini.
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Vulnus
Si originano dalla vulnerabilità le sole parole che contano, quelle che fanno bene- ci fa ricettivi l'intrinseca fragilità sollecita la carezza, il legame, la cura, la gratitudine. La crepa, lo sfregio, è possibilità di vedere oltre, comunicare con l'Altro, dare senso alle parole, valore ai gesti. Giunzioni d'oro ricompongono l'integrità, le anfore spezzate sono più preziose- le sole parole che contano nascono da ferite-feritoie attraversate dalla luce.
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Prato alla Drava
Laddove uno degli affluenti del Danubio nasce rivolo festoso tra prati di smeriglio
lì, un cimitero -di quelli accanto alla chiesetta appuntita di vermiglio coi fiori interrati, vivi, non recisi e le croci di legno -il camposanto
saluta il rosa delle aurore, l’arancio dei tramonti che infuocano le crode.
Lì, talmente forti sono i venti da sentire le guglie nel costato e nei capillari sanguigni avvertire liquido il bosco.
Così è da sempre, sovraesposti come siamo all’ordine del giorno -non stabilito dagli umani.
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Sintra
Ti vorrei rincontrare in posti dove non sono
ancora stata. Ho troppe remore briglie dal trascorso, ricordi che affogano di menta il mio seno di latte. Magari a Sintra: porte che si aprono e indirizzano su corridoi in pieno sole principesco, otri d’agavi, pegasi e fado
prospettive mentali da scoprire come l’ozio all’entrata della vita la lingua imperfetta del lattante che è già un poeta -versi cullati dalla brezza, esistente anche dove ci siamo già visti, solo più leggera eggera, ggera, gera, era...
Scopriresti che il tempo fa restare
solo ciò che è più lieve, quel bacio senza parlare, un mio capello biondo sul giubbotto, e di Sintra o della vita ti rimarrebbe l’aria, la ria, l’ia, l’a...
’
Finché anche quella sarà sparita.
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Mi soffermerei sul penultimo capitolo
Mi soffermerei sul penultimo capitolo se potessi, all'apice del conflitto, al culmine del coinvolgimento quando l'amore è ancora scelta, l'assassino non scoperto, il gatto gironzola per casa le unghie affilando sui divani, la vicenda in corso, le rose stanno ritte pur recise, la tazza del tè fuma- (Still life, vita immobile o ancora vita? Non l'ho mai capito. Nel dubbio approvo entrambe le ipotesi, la sintesi sublime degli inglesi)-
Mi soffermerei sul penultimo capitolo quando non bisogna tirare le fila della storia, dare o cercare spiegazioni, quando la paura non è ancora ansia. Ma devo concludere, affannarmi a concludere- c'è sempre una conclusione nella vita stramaledetta conclusione, un ultimo capitolo. Nemmeno una footnote? Forse neanche una postilla. E per favore il gatto fuori...
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Installazioni
Siamo originali installazioni, quell'essere dentro agli ambienti: creatività e mere ripetizioni, grovigli di eredità e accadimenti.
Abbiamo senso, sensi -molteplici, simboli, individuali e universali, immagini e somiglianze, tradite.
Campane sul pavimento adagiate, pareti bianche d'opali primordiali, soffitti con lettere cubitali, suoni e concetti, epifanie e spiegazioni.
Siamo tramonti di rosse sinfonie, battaglie di Algeri non finite, interattivi, in balia di emozioni.
Luci al Led come stelle cadenti ma concise a un luogo o a una stanza così da forgiare i temperamenti fra i nostri sogni e la speranza.
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Non didascalica
Tutte le poesie non didascaliche che vivo con te ho il rammarico di non poterle scrivere. D’altronde:
come tradurre in parole quelle tue dita da pianista e lo sguardo da bambino intento allo stupore?
Io ti penso come l’intercapedine; oltre la quale il mondo appare una visione, da avallare. Sarà l’euforica dissolutezza dei sensi -così virtuosa- o le parole scaturite da questi silenzi -battesimali- che non posso proprio dire...
Ci insegniamo un lungo sollievo, una parata da lodolaio, da aquila dei serpenti l’apprensione empirica del non morire- tranne per ciò che -a detta di molti- si chiama amore.
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Cantaor
Dimmi cantaor delle grotte scavate nella nuda roccia, le piante scalze della gitana inebriata dal tuo lamento esausto.
Il fuoco avvampa da Guadix a Triana nello schioccar di dita e lo zapateado sensuale di piacere dalla tua bocca di stagno e pioggia.
Fiorisce l’arancio ed esplora la genetta la terra furiosa dell’Andalusia.
Raccontami cantaor le tue avventure i nomadismi del tuo cuore ribelle profano di corte disperato, come quello di tutti, arabi, cristiani, ebrei, schiavi...
Nel tuo canto grande o jondo vaga l’angoscia e la speranza. Tu che ti spostasti su ore erranti dall’Oriente a dove finisce il mondo
raccontami, raccontami le tue storie ai margini di tutta la storia
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Di luglio e altre intemperanze
Ruggisce alle estremità la collina d'aranciato ocra il dorsale si stempera all'apice in chiome torride e sottomesse ad un cielo in umidore cobalto, mansuete.
Di luglio è un turbinio statico di promesse mantenute matrignamente, dietro le imposte chiuse dei meriggi si prosciugano lacrime come torrente, si mietono amori, rinfoltiscono, s'accentuano spossatezze d'evi, desertifica il silenzio dopo urla sconnesse: verso il punto più alto prima del declino.
D'estate è il passo a ritroso del gambero nel suo nascondiglio invisibile a farsi trovare solo dai cercatori d'oro e dai segugi d'aquiloni, il mattino.
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Di getto
Di getto sono i coriandoli -e non è tempo i confetti, il riso -ma lo è stato il latte, l'acqua che bolle fuori un poco lo zampillo, la fontana, la cascata di quel sentiero che sa solo Dio dove conduce, il falco pellegrino sulla preda -mi pare un nibbio, non si discute-
La chiave che ti lancio e tu la prendi e non capisco se sono io dotata di mira o tu che non sei distratto per niente. Di getto è il calcestruzzo del muratore nel piazzale, un pallone che t'attraversa e tu rilanci come a dieci anni, le braccia al collo, gli abbracci -e non è festa.
Di getto il germoglio e l'albicocco quando all'improvviso nella notte canta una canzone rosa, in sordina -strepitosa. Di getto è l'acquerello, un'ora anche meno- è concluso, tornare indietro non puoi -e questo è il bello. Quando leggo o scrivo poesie a caso, un po' per tedio e trovo sempre. Di getto è il metallo liquefatto e caldo del tuo sesso. Ed io la forma.
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Gioviale
Sai, è come catturare lucciole -ci fossero ancora- o la libellula grande correndo sul prato d'erba medica per i conigli con la disperazione di mio padre, e liberarle poi e liberare anche i conigli strofinarsi i musetti e i palmi delle mani -a rimanere- coi petali della rosa thea e ridere, nascosta, alle invettive del genitore
o piluccare amarene e ciliegie, ma dai rami stendersi, vestita come per assistere a una corsa all'ippodromo, sul primo campo di grano spruzzato di papaveri
o andare, sporca ancora d'erba, lungo il fiume sino a quella trattoria che appena entri sa di buono buono e tu, con tutto quel verde e giallo tra le ciglia oggi sei straordinariamente bello e per di più, oltre a narrarmi di Guareschi bisbigli di soppiatto un -Bambolina- che promette bene...
Sai, in fondo è questo saper vivere: parlo di quell'attimo, prima della morte.
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Intesa col lupo
Tu, lupo che hai l'anima della foresta e il cuore della notte. Terrorizzi il gregge e gli armenti ma ti spauri al fuoco del male e ingiustamente perseguitato fuggi. Vaghi in branco, domini e ti sottometti con indocile fierezza di guerriero, sempre. Alle trappole ti celi, nascondi licantropi e bambine nel tuo ventre, superi il varco inaccessibile degli amanti e la tua solitudine dispieghi sotto pleniluni di rimembranze e futuro braccato. Ululi il tuo grido inascoltato che alla brada sponda originaria ti richiama e non t'ammansisce che l'omelia dei santi e il fervore straripante del giorno...
Nel tuo cuore nero in nostalgia di luce, nella tua anima in perenne fuga io mi riconosco -come una menzogna vera-
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L’arancione
Diffida e sempre diffida di chi afferma che nulla vale la pena nemmeno splendere per qualcuno. Sii almeno qualcosa, come tutto è colore- indossa -dentro e fuori- tutti i pigmenti soprattutto il preludio, l'intermezzo, l'intermedio, non il giallo che stride, non il rosso che urla, l'arancione, più quieto ma solare. La foglia d'autunno ancora viva, il bosco intero, la bella attesa, le albicocche un giorno, la clementina, il tarocco, la sanguinella le arance di Cézanne, il sorriso aperto dei nasturzi, bignonie rampicanti mani d'amore nella scollatura, le rose variegate, veglianti sulla meraviglia le note di Kandinsky, labbra sciroppate, un cuore di gioia. Il raggio che ci inaugura e non termina -non è l'ombra a cui siamo destinati- è l'arancione -antidoto alla noia- che albeggia, tramonta -significa ed elude. Non lo senti? È l'arancione, con dita di solletico e coccinelle e il blu, suo diretto interlocutore che ci sovrasta precede, non conclude, da un pulpito di stelle.
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Pensami
Pensami. Sono rannicchiata sulle tue corde vocali-
Non dire, non dirmi. Pensami come le nuvole azzurre, i prati, le viole e le eriche, gli scoiattoli e i colibrì, pensati da Dio. E il mare, con le attinie.
Pensami così. Sarò il respiro del silenzio prima dentro dopo il rumore-
sarò la parola d'amore che non muore sulle labbra.
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Laria oltre il varco dellinverno
Al di là delle stanze canterella bianca l'aria dell'inverno, in note già vissute. Altrove
sarà il fruscio nella brezza delle gonne di mussola e quello dei completi in shantung a spiegazzare la voglia di vita nelle prossime stagioni. Dovremo scegliere tra accessori e dolci apprensioni. Opteremo per le seconde ché ben poco avremo con noi -la lista è sempre più breve- nessun rimpianto, nessun rimorso.
E ben poco d'altronde ci servirà -sorrisi non richiesti tra i passi d'un ballabile, sguardi di seta verso il nido dei gufi che misconoscono la notte.
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Leziosa beatitudine
Ho imparato dai gatti il mimetismo calmo e austero, l’autentica ritrosia, l’affetto centellinato e vero, la memore riconoscenza.
Ho imparato l’autonomia -implicita domanda, lo sguardo che seduce -riverbero di un regno di malizie, lo scatto e la scorribanda -estrema saggia irriverenza.
Ho imparato da loro ad entrare ed uscire dalle tenebre, l’attitudine ad emergere da soverchie mischie
per sfolgorare in leziosa beatitudine.
Forgiata nel metallo la mia luce è sempre più prossima all’alba
che ho cercato con le unghie.
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Mitologica
Se potessi farti partecipe, Amore delle trasformazioni che tu compi in me, e dei tuoi stessi mutamenti.
Ah, se potessi dirti di quali amori ho amato e sono stata riamata -fra il privilegio e l’avventura.
Amori in eccesso. Pasifae accecata dal desiderio. Amori in fuga. Come Dafne mutavo fattezze al solo pensiero. Amori in ombra. Scomparivo Euridice, al veto infranto di Orfeo...
L’amore mi trasforma e si trasforma -gioca a rimpiattino col mio io come i fiori che tralascio.
-Sì, aspiro alla mano immortale di Flora che colga e non colga fiori divini.
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Grafite
Io sono un segno di grafite tracciato in supporto di nube. (Sono la forma stabile del diamante, di morbida untuosità al tatto come punta sfaldata di matita.)
Esacerbata luminosità distrugge il pallore e l’essenza - volatile, s’apre al Nulla.
Predilige, l’anima, per Essere il chiarore intrinseco del foglio, la tabula rasa dell’inconoscibile, la possibilità del sogno -itinerari...
(e la giunzione di Venere e Marte quando mi volto nuda e tu vi scorgi -tra le ciglia nere- planetari.)
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Sillabari
Se mantenessi lo sguardo per terra mentre incedi sul sentiero del bosco scorgeresti sassi di tutti i tipi fogge e colori, bruniti, rotondi come gatti acciambellati, rossicci lucidi, aguzzi, albi avori di mammut.
La fantasia ha alla portata tutto un bestiario di pietre fra le foglie, una stranita vita nei contralti degli scarafaggi e dei lombrichi, un sillabario eloquente di bimbi fra le eccelse parole dei rami alti
che già scrivono poesie.
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Fleurs et chaise longue

("Tulipano rosso", olio su cartone telato, opera dell'autrice) Rifiorire sulla tua bocca profumata di parole nell'arcobaleno- All'inizio, dopo l'ultravioletto di un addio germogliai con la timidezza di una viola mammola e la malinconia dei riflessi di un blues. Poi spiccai un volo nell'indaco tornai a correre su prati da verdi smaglianti. Nell'infiorescenza di un giallo girasole, dunque la mia eliotropia amorosa si compì. E seguì l'arancio generoso dei gladioli, la semplicità disarmante di quando si ama... Ma domina in me, oltre il rosso della devozione dei tulipani, quello della superba infedeltà delle rose quando sbocciano impertinenti dello scarlatto più maestoso occhieggiando a lidi alternativi, incandescenti. Dall'ultravioletto all'infrarosso la medesima evoluzione da una dormeuse a una chaise longue vuote: lo stesso spettro d'amore invisibile, in lontananza.
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Per un solo attimo di realtà
Mi domandasti serio -Cosa sono? Identici ai fiori che dipinsi!- Surfinie sono, surfinie oltremare blu come la notte, come i lividi sul cuore, le impronte dell'incontro se approdi alla riconoscenza.
Qui sul terrazzo c'è l'ultimo tepore e tutte le argille dei ricordi, i fianchi si dilatano generando innocenza strepitosa, le ali della pioggia ci fanno fiore di murrina e braccia d'argano, ad alleviare non so quale destino dalla furia del vento.
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Caffè Florian
Lei entrò, riflessa nelle specchiere la vaporosa nube bionda dei capelli, la snella figura strizzata in un trench.
Lui l’aspettava sul velluto rosso l’impeccabile leggerezza della giacca di lino, davanti un libro aperto di D’Annunzio.
Girovagavano colombi incerti nell’umido sorriso delle labbra si distillavano gocce di rosolio.
Scorse in lei l’evanescente malia dei cieli di Venezia, il soave languore delle calli quando sale la foschia.
E la marea della sua voce d’angelo era come l’eco della sua anima, nel brusio della macinatura del caffè.
Con la magia delle sue forme disciolte dal rigoglio spumoso degli stucchi immaginò la via della seta e l’Oriente, intero.
L’amò attraversando il tempo e lo spazio, fra la vanità delle cose della terra e l’immutabilità cangiante del cielo.
Divennero memoria e desiderio.
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Preferisco che tu venga a prendermi
Col rammarico fasullo dei poeti le dracene perdono foglie -è normale in questa stagione lasciare qualcosa, qualcuno_
Più facile dirsi addio che amare, sfoltire invece di rinvigorire, soffrire invece d'essere felici_
Contro ogni catalogazione resta qualche sparuta venatura attaccata, tenace; nessuno così pervicacemente solare_
come fossimo noi quindicenni -lo siamo sempre stati- o, al massimo, avessimo trent'anni e preferissimo paesaggi con figure_
ci dispiacesse non sperare in cuori, in sogni, in tempi abitati.
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Filigrane di betulle, simposi
Filigrane di betulle, simposi di delicati passeri ciarlieri che prediligono il tepore urbano a fitte nebbie gelide e padane.
Piume, zampette, capini graziosi fanno spole dai rametti ai sentieri finché una dolce e minuta mano non offre loro briciole di pane.
Allora tornano in guizzi giocosi a vite di piccoli desideri, a rimirare da molto lontano le grandi ansie, smanie e angherie umane.
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Aura dartista
Rischioso aver a che fare con un artista ti dipinge sempre a modo suo col pretesto d'idealizzare ti cinge i capelli della pagina bizzosa di un tempo immobile
quando ancora non ti conosceva e non eri rondine, né tramontana né onda, né marea. Eri afasia di parole
e con le tue e le sue parole mute ti traccia come l'espressione arcaica di un dubbio.
In uno studio poco o tanto illuminato ti rinnova la fiducia nell'esistenza- giovane e scandalosa. Ancora.
E tu non stupisci neanche tanto perché è così che tu vedi lui.
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Killarney
Sul lago fermenta repertorio serale e la brughiera irlandese stinge nello specchio del sole lunatico un anello di nuvole capricciose distanti barlumi incastonati nel cielo sempre in movimento. Saranno gli spiriti del bosco o un agnellino sfuggito al gregge a belare di malinconia sino al filo d'erba più verde della mia anima? Non è irraggiungibile Killarney questa notte che volge in ametista e agata il placido stare attonito del mio giorno scompigliato. 
L'immagine è opera dell'autrice, "Lago di Killarney", acquerello.
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Camouflage
Attendi, seduto sulla soglia della luce -in questo tempo di dolina- confuso tra gli oggetti senza nome- ennesimi tentativi di trovarti.
La segreta corrispondenza delle e dalle cose suscita missive nuove in cui esprimi la mancanza. Ti manco, vivaddio, ogni giorno di più, dici.
Attendi intanto a qualcuno -suggerisco- prenditene cura. Con amore. La misura dell'amore è l'infinito.
Camuffati da sabbia, da prato, da nevaio. Confonditi, confondimi. Che tu sia più natura del deserto, della collina, del monte, del fiume, delle vespe, delle lantane, degli isomeri...
Ti troverò comunque, dovessi percorrere chilometri e non ti sei mai mosso, nido di piccoli adepti alla felicità sul contraltare del dolore. Ti troverò: non ti sei mai mosso -per pudore incoercibile- dal glucosio delle mie labbra.
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Ondivaghi
Stiamo nel tardo pomeriggio, ondivaghi dell'amore. Amanti. China su di noi l'ombra sacra dai salici infuocati
s'alzano in volo germani reali- rubini, lunghi gemiti del giorno. Gli scoiattoli trepidano per noi un concavo rifugio di mitezza.
Non ci scoveranno mai. Abbiamo queste mura di ninfee una canzone, l'occhio stupefatto del vento. Stiamo sul verde abisso di un gioco felice.
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La casa abbandonata
Sovraespone verde rigoglioso l'ex frutteto di peschi e di ciliegi quasi una giungla in stile rococò a misura e prova di buon selvaggio.
Liane di arrampicanti bignonie penzolano tra gli aranciati fiori ravvivanti i ceruli pallori della casa liberty anni 'trenta dalle ossidate chiuse tapparelle e i bei cornicioni sbriciolati sotto la scrostatura dei fregi.
Avventurosi tordi e rondinelle alle grondaie non nidificano più. Qualche sparuto gattone curioso bighellona nelle erbe alte infestanti fra l'aristocrazia delle paulonie appropinquarsi all'entrata tenta -ove edera colonizza i mancanti intarsi dell'ingresso a vetrata- poi si guarda attorno e se ne va.
In notti di scolatura dal tetto in mezzo al cortile -dimenticata la gomma di una ruota di scorta vorticizza tre sprovvedute stelle come fosse un attivo pozzetto invitandole al fantastico viaggio in echi di trascorsa felicità impilata su masserizia antica.
-Proprio fino alla sbarrata porta, proprio proprio sino al tempo che passò e non è più, e non è più, e non è più...- un clacson pare imbonisca e dica.
*
Però quantè vago il lago dinverno
Però quant'è vago il lago d'inverno
con l'ornatezza bianca della nebbia
stenebra pensieri sino al silenzio.
Non triste, bensì raccolto bocciolo
di lilla ondeggia -diviene emozione
tutta la bellezza armoniosa d'un arpeggio
la soffice carezza di una cipride
_il dardo di Eros, scacco e saccheggio alla pretestuosa ragione.
*
Presso lacqua
Non posso stare lontano dall'acqua torrente, fiume, rio, laghetto, stagno... vi sono nata, porto il dolce segno profondità scura che si dilegua
La contemplo, mi contemplo, dissolvo scorro, trascorro, muoio e poi rinasco limpida traspaio, di nuovo fluisco cambio, muto, metamorfoso, evolvo...
Non sono altro che un riflesso fuggiasco.
*
Il tamburello
Ambrata pelle, la fanciulla in fiore poggia angosce su musica silente. Il tamburello e il ritmo del suo cuore paiono taciti e non s’ode niente.
Il viso ha diffuso il suo rossore nell’astenia dettata dall’assente e dolgono membra pel mal d’amore che le sconvolge l’anima e la mente.
Tintinna appena il bronzo dei sonagli che ornano, con graziosa campanella, il cerchio teso d’agreste strumento.
Si pente ella d’aver commesso sbagli ché come foglia s’è zittita al vento la sua storia e l'allegra tarantella?
Ma era ed è così bella la vita nei suoi scalzati passaggi, che note e dì le sembrano, alfin, saggi.
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Coincidenze
Felice, la memoria srotola giorni di tears and rainbows.
Ho scritto su un papiro il nome del mare e sull'avambraccio il tuo.
Talvolta le coincidenze succedono, la vita accade
senza aspettare il ricordo è già onda, colore, lacrime, carne, parola. Amore, dicono.
*
Terra di nessuno
Giungi da quel luogo, fluido e indefinito dove io, femmina, relego talvolta gli uomini per tedio, noncuranza, esperienza o saggezza; da quella terra di nessuno che ti marchia negli occhi una seducente non appartenenza a nulla.
Nelle tue contraddizioni sguazzo, sfoltisco appena l'erba alta del percorso, vi aggiungo le mie rigogliose antinomie; mi soffia sul viso un'inquietudine creativa, l'energia che si espande oltre i miei limiti.
In prossimità dei nostri confini diventiamo sempre più differenti:
io ho gerani e petunie alle finestre, qualche guizzo di materna comprensione, una contenuta fittizia emotività da filosofa, laghi calmi e sorrisi tra le ciglia;
tu hai le imposte semichiuse, forse il sole abbagliante dei cicli di Monet pagliai gialli e vivide cattedrali, dinamismo da demone ogni volta che parli
molto da dichiarare e una voglia matta di contrabbando...
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Lou a Orta
Deve essere stata la stessa luce che accolse Lou e Friedrich in un giorno di maggio dopo la salita da Orta al Sacro Monte:
la luminosità rinviava all'effetto dei colori, i colori rimandavano al profumo delle resine, i profumi sottintendevano canzoni wagneriane dalle onde.
Sì, deve essere stata la stessa luce che illuse Nietzsche e gli saturò la mente
la stessa luce che liberò crisalidi dal cuore di Lou e ne generò farfalle, ostinatamente pertinenti.
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Arrivai a Cordova
Arrivai a Cordova che la mattina ancora assonnata dipanava i suoi riccioli d’oro sul letto scuro e caldo del Guadalquivir.
Chiare furono allora le parole “...Cordova lontana e sola...” Più ci si avvicina a Cordova più essa è mai raggiunta
Sfugge nei giochi di luce tra il Ponte Romano e la Sierra Morena, nelle mille prospettive della Mezquita Catedral, nei dedali tortuosi dell’interno dove i patios fioriscono d’ascese e decadenze.
“...Cordoba lejana y sola...” Metafora della meta non intermedia, del luogo non provvisorio. Una bisaccia consunta per raccogliere olive e versi e alla magnificenza forse giungere, infine.
Concepimmo un poeta quella notte.
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Sulle rive
Poesia che levighi, con tempra furibonda pieghi, deformi, risani, sino alle ossa. Ne esultano i giorni affastellati come sassi in sponde alla vita che stagna d'acqua sonnolenta. Tu, poesia, onda ribelle che t'incunei nella diaspora del tempo nel logorio della parola fra pietre di senso t'avvali dell'ossigeno di un possibile dio per espirare una genesi dirompente: guizzano luci dalle branchie dei pesci e si creano fiori dal limo e dal nulla così lussuriosi e puri da governare la corrente. 
L'immagine è opera dell'autrice, "Amorino dormiente", olio su cartone telato.
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Watteville
Maestro dimmi a cosa sarà valso posare per te esibire la pelle avorio e seta percepire la vertigine del turbamento come un tulipano rosso all'occhiello del tempo?
Avevamo dalla nostra tutti gli azzurri di aprile e i vigneti avvampati d'ottobre per variare le vesti al ritmo inusitato dell'amore.
Il destino si crea come tu crei i colori e placido li distendi -paesaggi interni invisibili- sul mio corpo di lolita io assumo tutte le sfumature dell'iride da un torpore bianco.
Ma cosa sarà valso tutto questo zelo nell'immortalarmi se muore in te l'amore e non sei ora dove importa che tu sia, ad un passo da quello che hai creato?
Se non fossi sicura di rivederti, nel mio pensiero di sibilla prevederei una letargia senza arcobaleni
la rottura dell'alchimia tra la terra e il cielo.
*
Delle tue mani
Delle tue mani conosco il ritmo, l’umiltà, l’andatura e il gesto non allineati del coraggio.
Il concetto che si fa attuazione colore, materia, legno, creta bronzo. Leghe e legami. Il pensiero cardato dalla scrittura.
So delle tue mani la carezza sul viso e dentro. Più a fondo, a fondo più di quanto appare la minima luce, il minimo corpo.
Venero le tue mani forti e delicate: il polso che congiunge alla terra, il carpo dove si muovono strade, il metacarpo, più invitante, di sentieri,
le unghie sono richiami felini, i palmi coppe con miele delle nubi, le falangi destinazioni per migratori.
Delle tue mani non conosco la rabbia, il pugno scomposto, il cambio repentino delle carte, la falsità del baro.
Conosco l’autentico respiro dei tuoi pori, la complessità delle articolazioni nervose che obbediscono a un caso di scelte. So i muscoli, i gangli e le sinergie celesti.
Celeste so il caldo tepore delle dita quando mi prendi per mano e intrecci tenerezza alla tua.
*
Concerto (i miei morti)
Vi immagino nel giardino grande d'una villa palladiana sul Brenta con antichi strumenti musicali: un clavicembalo, un flauto, un liuto,
la voce solista che si espande fra le note di lieti madrigali, l'acqua che scorre placida e lenta su confidenze che vi ho taciuto.
Gli alberi ondeggianti al vento, la ieraticità delle gorgiere, ritmo e colore dai vostri vestiti, un dio classico in marmo pregiato
a idealizzare il fugace momento. Vi immagino eternamente adibiti a felicità e sogno provvedere, con chi, come me, avete amato.
*
La consistenza del voile
Avrei voglia della libertà di un sogno -essere arborea fronda, radura, terra, come Dafne fuggire l’ingombro della carne, in un voile di volant verde ritornare incontaminato pensiero -evento che deve realizzarsi ancora- muovermi al soffio del grecale.
Nella cavea di un teatro antico da una ripida gradinata -alberello di lauro assistere ad episodi salienti della mia esistenza snobbare le scelte compiute i compromessi da commediante gli imprevisti svincoli tragici.
Pigiare sull’acceleratore del tempo e vedermi così -ragazza che ero- a sentire ancora da te -Ti dona immensamente il verde- e in quell’immensamente perdermi e rinascere piccola foglia nell’ombra allungata dei tuoi occhi colmi d'amore.
*
Piccolezze

Le illustrazioni avevano la patina delle favole e rosseggiavano i capelli tra le pagine, dolcemente come quarantatré tramonti in un solo giorno, la volpe e la rosa che volevano Esser-ci, una addomesticata e l'altra innaffiata, il legame e la cura, nessuna solitudine, nessuna sopraffazione -nessun controllo- Le cifre erano righe sul pavimento, giunchi centrifughi -solo apparenze- oltre le quali sedersi a immaginare... ed era ed è questa la realtà. (L'immagine allegata è dell'autrice del testo, "La volpe e la parola", olio su tela, particolare).
*
Grembo
S'addormenta l'amico sul mio grembo di peonie e astri gentile lo sfioro come una madre nulla gli domando- è giunto dalla scintilla dell'aria
dal fosco rimuginare del tempo ha con sé intrugli, polvere d'oro, si è fatto verbo, incerto rimando al miracolo o all'ombra immaginaria.
Come una madre il prodigio gli insegno la mia carneanima, che è luce.
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Dora in poi
Tutte le cose che ho provato ma non ho mai conosciuto del tutto: la fotografia, il corso di danza e d'acquagym, le lezioni americane di Calvino, i monumenti, i musei e gli orizzonti all'alba, quegli uomini che dicono adorabili bugie per portarti con loro e, meno adorabilmente, se ne vanno dalla tua vita
e soprattutto te, d'ora in poi voglio vivere meglio; un tentativo di discernimento mi compete adesso che si è appianato quello strano conflitto fra tempo e impazienza e il tempo è il corpo e il corpo è la memoria -tempo sedimentato
ora che impagino i miei giorni di vaniglia e sentori dei mari del sud sappi, mio amore, che sei più di un fondale, uno scenario, un atto... Sei quel divenire delle cose che mutano, e restano.
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Optical
Talvolta siamo ai margini dell'emozione sulla cornice sbrecciata di un quadro optical osserviamo la minuziosa testura dei nostri incasellamenti le nostre virtuosistiche spirali di riferimento ci conducono appena con cinestesia illusoria al nero sfumato del mistero.
Piuttosto che abbordare la mera illusione ottica quanto sarebbe meglio sprofondare nel sogno variopinto e incauto del cuore e con un vigoroso movimento delle braccia arrivare a sfiorare il viso di qualcuno ravvisarvi l'immagine dell'amico o dell'amore ritrovato o anche di Dio.
L'Altro
Pigmento fermo Insolubile pattern d'ogni moto D'ogni commozione perno.
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