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Raccolta di poesie di Domenico Ciarlo
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

L’albero antico

 

Concentrici anelli del tronco

raccontan la storia sua antica,

di venti e stagioni piovose,

bufere affrontate a fatica

e nevi pesanti sui rami,

estati di seti paurose.

 

Svettava, già prima ch’io fossi,

sui monti, anziano ma altero;

per secoli ha visto passare

ai piedi, su arduo sentiero,

soldati, viandanti e pastori.

 

Ma poi è venuta la fine,

com’è nelle cose terrene,

e, come natura prevede

per tutti, è caduto nel fosso,

lasciando uno squarcio ben grosso

e luce per nuove piantine.

 

Ed ora il suo tronco segato

fa l’ultimo dono all’inverno:

nel ciclo continuo ed eterno

ridà nelle fiamme alla stufa

l’estivo prezioso calore

avuto negli anni dal sole.

*

Orme

Vediamo sulla sabbia tante orme

che dilavano le onde sciabordanti

e cancellano subito le forme,

anche fossero quelle di giganti.

 

Il simbolo è un banale avvertimento:

effimera è la vita e nessun segno

lasciamo dell’inutile cimento:

il mondo non l’abbiamo come regno.

 

Ma forse questa legge tanto amara

dev’essere accettata con favore,

non come pena di natura avara,

 

perché conserva tutto il suo lindore

la rena dove resta un’orma rara,

che altrimenti perderebbe ogni candore.

*

La storia

Io non sono, lo confesso,

un intrepido soldato,

battagliero ed indefesso.

 

Non mi va d’attaccar brighe,

di difendere il puntiglio,

di parlar sopra le righe:

sono, insomma, un po’ coniglio.

 

Che si parli di campioni

del pallone e poi di fedi

o politiche illusioni,

do ragione a questo e quello.

 

È già tanto faticoso

nella vita d’ogni giorno

destreggiarsi tra furbetti

che ci assediano d’intorno!

 

Chi ci chiede per due volte

di pagare una bolletta,

chi approfitta della fretta

per rubarci anche la firma…

 

Chi s’è preso già un impegno,

quando poi si viene al dunque,

non può scrivere un assegno

e ci lascia a bocca asciutta.

 

L’incapace e buono a nulla

ci sorpassa allegramente,

esibendo la patente

di chi l’ha raccomandato.

 

Per uscir da tante pene,

ritrovando un po’ di pace

e un anticipo di bene,

che non sia solo fugace,

 

alla sera mi rivesto

di quegli abiti curiali

che mi fanno dialogare

di materie non venali.

 

Mi rifugio, vale a dire,

nella storia del passato,

ché passate son le mire

degli antichi personaggi.

 

Ch’io parteggi per Antonio

o per Cesare Ottaviano

non fa proprio differenza:

ogni tifo adesso è vano.

 

Ch’io sia guelfo o ghibellino,

carbonaro od austriacante,

non mi muta più il destino:

son passati troppi lustri.

 

Così passo quattro ore

senza noia e senza affanni;

rappacifico il mio cuore

e dimentico i malanni.

 

*

All’imbrunire

 

D’inverno la luce è più rosa,

di sera che il sole va sotto

più presto e la notte subentra

che pare infinita:

così mi solleva la vita

che triste altrimenti nel buio

profondo cadrebbe.

S’allungan le ombre di uomini

e cose. Un riflesso di luce

rimanda dal fronte del golfo

un qualche palazzo di vetro

e pare un augurio più lieto

di giorni sereni a venire,

un caldo sorriso d’estate

in questo mio freddo imbrunire.

*

All’imbrunire

 

D’inverno la luce è più rosa,

di sera che il sole va sotto

più presto e la notte subentra

che pare infinita:

così mi solleva la vita

che triste altrimenti nel buio

profondo cadrebbe.

S’allungan le ombre di uomini

e cose. Un riflesso di luce

rimanda dal fronte del golfo

un qualche palazzo di vetro

e pare un augurio più lieto

di giorni sereni a venire,

un caldo sorriso d’estate

in questo mio freddo imbrunire.

*

Alla luna

Perfetta e serena, la notte;

la luna di gelo e di bianco

ricopre la dolce distesa

del mare, né fiato di vento

si muove per l’aria d’intorno.

È piena di grande splendore

che illumina colli e poi monti

di là dalla chiusa del golfo,

e qui la mia ombra proietta

con toni uniformi di grigio

in mezzo al giardino di rose.

Lontano per l’aria proviene

un lieve vociare di donne

e un tenue ronzio di motore:

si sperde, non porta disturbo.

 

Nel mezzo del mare una nave

di tante lucine agghindata

trasporta incuranti pensieri

di gente che viaggia in crociera:

chissà se qualcuno ti scruta,

o luna, dall’alto del ponte

e pensa alla breve sua vita

di fronte alla tua ch’è infinita!