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Raccolta di poesie di Domenico De Ferraro
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Canto Del Gallo

CANTO DEL GALLO

 

 

Un giorno  un gallo cantò ,mentre  io crescevo nella terra dei padri ,  poscia fu  poi  abbandonato a me stesso ed al  mio inutile canto.  Per strada  si udivano le voci delle genti , gridare  tra le fessure  del tempo. Ed il mio canto s’udii in seguito lentamente sulla scia delle mie stonate  canzoni.

Ero  morto , ma  vivevo nei miei versi ,  in bilico sopra un filo spinato, dove  venivano   stesi una lunga fila di panni.  E La signora,  mi guardava  fare l’acrobata tra le molette e le mutande del marito , il quale  gridava  di chiudere la finestra perché faceva molto  freddo.

 

Ed il mio  canto , segui questa  musica celeste  che veniva  dalle campagne in festa , passava a testa alta  per le strade del paese   ben vestita . Celandosi  nel nulla del mio dire e fare.  Ed io rimasi  , estasiato  nel mio destino . Poi  presi coraggio , risposi al telefono e  parlai  di  questo  mio dolore nato  in tanti canti , saliti  dal basso.  E  volai   in alto con il  mio canto,  andai  verso il sole,  andai  verso il mio domani . E alla fine del mio verseggiare vidi   tre angeli che suonavano  per strada  ed erano  tre  angeli  liberi , tre  angeli senza denari. E  la loro  musica mi portò  a ricredere nel mio Dio  e nel loro canto.

 

Calmo il vento lievemente accarezzava   il mare , risaliva  lesta una sirena dal fondo degli abissi  ed un amore nuovo venne  a galla con tanti pesci  e  tanti corpi senza vita.

In quella  guerra , ho vinto un'altra medaglia e sono rimasto a galla in attesa di essere recuperato . Sono rimasto a galla per giorno per non annegare , mentre un  gallo cantava la sua mesta canzone del mattino   . Ed ero sicuro  che qualcuno  prima o poi, sarebbe venuto a prendermi e mi  avrebbero portato  al camposanto.

 
Ed io volevo ritornare  sul quel  verde colle  dove avevo trascorso   la mia infanzia. Stare nel sole , assopito  come una foglia.  Cosi m'accorgo che iddio  mi guarda dall’alto,  rinchiuso  in quella mia forma umana . Rimango  in silenzio. Spaventato sono assopito in un dolce silenzio, a  galla  rimango , sopra l’azzurro mare.

 

Ora so che i  treni passano,  una volta  sola nella vita , sono muti oramai. Come i miei anni in attesa del giusto treno .  Come la mia vita, stolta e  testarda. E' sono solo e svolto per  strade notturne  insieme ad una ragazza  con la sua tosse  secca di  fine di febbraio.

Ridono gli angeli  sopra   di me nel  cielo .

Torneranno mai  le rondini anche quest’anno , chi sa.

Voleranno  via via le  miei parole stanche e  stolte .

Ritornano, da  me,  le antiche parole dell'amore.

In me, risplenderanno.

Giocheranno  con me , nei miei  anni  crudeli.

Ed incerta in me , cammina solitaria e tranquilla la felicità.

Ammirare una fanciulla , ed ascoltare la propria voce crescere nel suo canto.

La buia sera , mi nasconde e  mi riunisce al mio soffrire. .

Lontano  dal mio cuore  dorme  la bella fanciulla.

Piangere ed ascoltare la propria voce crescere nel canto.

Lucente è il fiume sotto i raggi della luna .

E tu lo sai che basta poco per essere felici

Come baciare le tue guance , umide e fredde in un giorno  diverso .  

Nel buio della  mia stanza mentre  risplende il sole di febbraio , 

lieve,  anonimo,  interagisce  con questo soul .

Così l'anima  mia inventa  nuove  parole .

Nel blues  ...

La sera , arriva  più̀  scura   ormai.

E tu ritorni un poco malinconico nel  mio ardore.

Per  strada accadono mille  disgrazie
la gente si raduna intorno, intorno a vedere.

Città, antica, con il suo rumoroso carrozzone di carnevale il quale passa festoso  con le sue maschere .I lenti carrozzoni portano  lontano le sudice divise dei giovani operai. Giungono  fra un incrociar di lenti carri stetti fra un indugiar di lenti affetti. Sotto un  cielo grigio  , mirando le fredde stelle estasiato  nella sera tra i carri di carnevale. Non è questa  la città  dei padri,  dove la sera ,ebbro cantavo fra le sparse luci , nella  dolce umidità del fiume. Ubriaco di primo mattino nella  nera bottega di mio padre , bruciando  la mia esistenza . E non conoscevo ancora ,dove era la foce  del fiume delle mie memorie.  

 

Disegnavo  in me , nel mio animo  un'alba dalle  larghe curve. Assonnato, nella  bottega di mio padre ascoltavo il gallo cantare  la sua malinconia , mentre io salivo sul  carrozzone eccitato. Nell’allegro  carnevale della mia vita , attendevo una nuova vita , ed una nuova era per ritornare ad amare per ritornare ad essere me stesso . Perso  nel mio desiderio,  recondito , ignaro mischiavo l’acqua al vino   con tanti versi e frasi presi alla rinfusa dentro libri di poesie di famosi poeti. E sulla   strada lontano,  anonimo,  sentivo cantare  il gallo della mia immaginazione  il  suo primo amore.

 

*

Gennaio Blues

Gennaio Blues

 

 

Gennaio che tiempo è 'stu tiempo?

Gennaio, tieni due facce?

 Fà freddo, votte vento, piove, piove, piove

E io nun so' capace a fa' 'chiù nu sorriso.

 

Vulesse essere felice con una figliola tra le braccia

Vulesse essere felice tra le braccia di una maronna

Ma chiagne , chiagne , solo.

 

Cammino per le vie della città

E vedo la gente che corre

Forse ha freddo,

Forse ha fame

Forse come me ,ha paura di domani.

 

E io mi sento solo

E io mi sento triste

E io vorrei scappare

Ma nun so' capace chiù

 

Gennaio, che tiempo è 'stu tiempo?

Gennaio tieni due facce una ò bene e l’altra ò male?

Fà freddo, votte  vento, piove, piove,

piove nà semmana

E io nun so'  chiù capace di parlare

 

Gennaio che tiempo è stu tiempo

Piove e votte ò viento

Ed io scrivo e sputo,  sanghe a faticà.

Gennaio tiene due facce  una è bella, l’altra è brutta

Gennaio  di che colore  è  mò , stà  ammore mio.

*

La Pioggia

 

LA PIOGGIA

 

La pioggia , lava ogni tristezza

Ed ogni speranza si mischia lungo la strada che percorro.

Una canzone  ,mi accompagna per vicoli ,senza via d’uscita.

La pioggia bagna il passante  ed i suoi abiti, i suoi pensieri .

Nel silenzio dei giorni tristi passati insieme

con la sorte  , una donna senza cuore.

E un nuovo motivo  s’ode nel mattino della propria infanzia

La pioggia è un lavaggio di cervello .

E  quel passaggio verso un'altra dimensione.

Ed ha un vago segreto di tenerezza in sé
una musica soave  si sveglia con lei
e fa vibrare l'animo mio  addormentato nel paesaggio.



Ogni goccia di pioggia fa  tremare il vetro sporco

Ove sono riflessi tante immagini  , miti e intendimenti .

Vittime tanti popoli  sotto la pioggia,

Bombe e barlumi di speranza.


Queste poesie dell'acqua hanno visto e meditano

ciò̀ che la folla dei fiumi ignora.

Pioggia silenziosa; senza burrasca, senza bagnarti, pioggia tranquilla e serena ,

caduta sui i campi , pioggia buona e pacifica, gioiosa  pioggia,

quando amorosa e triste cade sopra le cose!

Vergine pioggia  porti in ogni goccia piccole preghiere           

Fonti di umili sorgenti!

Quando  cadi sui campi lentamente
le rose del mio petto apri con i tuoi suoni.

Il canto della terra  elevi  nel silenzio
e la storia sonora  s’’ode tra i rami degli alberi
il mio pensiero solitario  li commenta
in un nero e profondo pentagramma senza chiave.

La mia anima ha la tristezza della  segreta pioggia

Canzone rivoluzionaria  d’ideali  irrealizzabili,
Ho all'orizzonte una stella lucente la segue nel buio    

 insieme ai tre magi sotto la pioggia

Pioggia silenziosa che gli alberi amano e m’innalza a diversi intendimenti , dolcezza emozionante: eleva l'animo mio alla  grazia nella dolce canzone della pioggia che  silenziosa  ,cade giù.  

 

*

Abbracciati Ad Una Croce

ABBRACCIATI AD UNA CROCE

 

 

 

In cerchio, in cerchio ,abbracciati ad una croce

siamo morti, senza capire il perché.

Senza salutare i nostri cari , la morte è passata stamattina

con le mani in tasca ,diretta di corsa verso porta alba.

Ed un lungo corteo funebre ha sorvolato la città

Una lunga fila di anime perse .

Una lunga schiera di angeli e demoni

Una lunga manifestazioni

senza interruzioni , senza interrogativi.

Senza alcuno  epilogo

In questo canto, echeggiante dai  vicoli bassi della città.

Dove vivono le  tante anime morte.

 

Senza per questo diventar migliori.

Abbiamo camminato con angeli e demoni

Cantando la nostra pena

Cercando di salvarci

Perduti nel nostro dire

E qualcuno ,gridava tiene una sigaretta

Ed un altro , metteva la faccia fuori dal sacco

Tutti, siamo andati verso la fine senza sapere perché.

Verso l’Ade  con angeli e demoni

Abbiamo atteso il giudizio

Abbiamo atteso l’arrivo di una grazia.

Ed abbiamo udito tuonare il cannone a mezzogiorno

Chi ha detto :  tieni una forchetta

Risponde  quello di basso:  mi fai ridere tra i baffi

Ed io rimango  ad aspettare la sorte venga a prendermi

 

 

Abbiamo camminato  con angeli e demoni

Ci siamo ritrovati in  piazza Dante nell’ora

di punta a prendere un caffè.

E la folla ha  abbassato  gli occhi

Mentre passava il carro funebre .

E chi come me ,non aveva molto cose da dire

Mi sono seduto a guardare.

Ad aspettare il mio  domani ,

In molti  erano seduti dietro bancarelle colorate.

Migranti nell’aria di un canto che mischiava diversi linguaggi.

Tutto torna  e tutto accade.

Inciampa la vecchia sul duro selciato

La pioggia batte sulla terra , tuona il cannone.

E la voce dei marinai  si perde nell’eco di una canzone .

Una canzone senza calzone a spasso per la città.

Vestita di rosa ,dalle bianche gote, dai biondi capelli.

 

 

Mi perdo in  questo domani ,lungo  sponde deserte

Per giorni simili e dissimili, nell’intermezzo , nell’ irreparabile.

E la pioggia cade sul duro selciato

Bambini coi nonni, ossa su ossa

Incastonati come madreperla in un rosario comune.

Da sotto un  rovo sbuca una serpe.

Sopra  la terra una croce fiorisce.

Più̀ lontano, e più̀ vicino ancora, ancora

Camminano i padri morti ed erranti madre eterne.

Territori ridotti ad un ammasso di  macerie.

Stanche membra ,sedute in piazza Dante

Mentre passa il carro funebre

Mentre la gente continua a vivere.

Mentre tutto accade , il dolore appare sulla strada

Mentre i popoli camminano  e arrivano.

In nuove  terre , l’ acqua ritorna alla fonte.

Si seminano di nuovo le parole  dell’odio nell’orto dell’orco.

 

Ho dormito con te ,tutta la notte, mentre

l'oscura terra girava  con vivi e con morti,

mi sono  svegliato  all'improvviso

in mezzo all'ombra, il mio braccio circondava la tua vite.

Né la notte né il sonno potranno mai separarci.

Ho pensato, mentre passava il  carro funebre

con al seguito le tante anime perdute .

Ora nulla mi rimane sperare  ne  in questo domani

ne in questo dormire e vegliare.

La fine  s’avvicina sempre più verso di me

Sempre più verso di me.

L’amore e la morte, bussano  alla mia porta.

 

 

*

LAa Danza Delle Lucciole

LA DANZA DELLE LUCCIOLE

Questa sera, passeggio ,lungo il lago della mia immaginazione

Lungo un sogno  fattosi immagine,  attraverso la cruna di un ago.

Nel logos  esploro il parnaso  

Mi perdo nel viaggio dell’aldilà

Nell’immaginare ,intravedo l’oscurità dei secoli trascorsi.

Vedo danzare le lucciole vicino le sponde del lago

Ove Giove inseguì Venere

Dove Apollo giocò a palla con Acheronte.

Dove il tempo si  ferma per permettere ai turisti

di scendere nei profondi inferi della propria coscienza. 

Per la prima volta in molti anni, mi è apparsa di nuovo
la visione dello splendore della terra:

nel cielo del crepuscolo la prima stella sembra crescere

in luminosità̀ mentre la terra si oscura.

Cosi vedo  danzare di nuovo

le lucciole dentro i cespugli  profumati di mirto e miti.

 

Ed ad ogni passo, ogni cosa diviene  luminoso .

E la luce, che era la luce della morte,

sembra restituire alla terra il suo potere di consolare.

Non ci sono altre strade in questa estate sotto  altre stelle.

E la danza delle lucciole illumina i mio pensiero

E l’amore rinchiuso in questo corpo.

L’amore che cercai negli anni passati  

Sorrido e vivo,   nella danza delle lucciole 

nell’estate del duemila ventitré

Solo in questa luce   di cui  non sapevo il fine

poiché́ nella mia ed altra vita le avevo fatto torto:

Venere, stella del crepuscolo, a te rivolsi
la mia preghiera,  attraversando quell’oscuro sentiero.

Tu hai prodotto  luce sufficiente a rendere

la mia strada nuovamente visibile.

Insieme alla  danza delle lucciole piccole e indifese

nell’estate del mio duemila ventitré.

 

*

IL Mio Cuore E’ Una Farfalla

IL MIO CUORE E’ UNA FARFALLA

 

 

 

Il mio cuore è una farfalla, vola, verso prati infiniti

Nel ritmo migrante di   diversi momenti lirici

Cambia colore , sorride , pensoso  tra il bene ed il male

Mi conduce  verso questa storia,  tonda ,moscia , sbilenca come me .

Senza segnare il passo verso una meta finale.

Vado ,verso questo mondo  ,volo , verso altri versi ,verso me stesso.
Bambini  buoni  venite a giocare per strada sulla scia di un canto popolare 

Stravolti  nello spirito calcistico , in marcia verso altre vittoria

E nel silenzio ,affiorano  vari versi ,disseminati  poi per strade polverose.

Strade senza piedi  ,che provano ad andare oltre quello che sogniamo

Sogni catturati  dal ragno grigio del tempo .

Idee dirette nella delusione di un incubo.

Da piccolo cantai come voi, bambini buoni perduti per strade desolate
Provai a  liberare il mio spirito e con il sorriso mi feci largo tra la folla
Attraversai la città, alla ricerca della mia felicità
Navigai su un ruscello immaginario.

Fui felice  una sera fresca di maggio.
Quel tempo era per me l'enigma, di un amore senza nome
Una stella rosa  caduta sopra il mio cuore di titanio.

 

Navigai  lentamente verso i cieli.

Era una domenica di aprile
E vidi che invece di rose e garofani , la giovinetta  spezzava gigli con le mani.

Sono sempre stato inquieto, nel raccontare me stesso.

Bambini buoni venite a giocare  con me nel mio giardino ?
Tuffiamoci  in sogni di luce:

Chi di voi coglierà̀ i garofani e le rose di maggio del mio giardino ?
E cosi  vedremo  tanta gente in groppa ad un cavallo alato ?
Sarà la  sera  che nelle ballate, tristemente chiameremo  stella,

Supplicando il signore  di uscire a ballare sui campi di papaveri rossi ?...

Nell'aprile della mia infanzia , cantai , bambini buoni   venite a ballare .
Poi lei impenetrabile ,apparve all’improvviso nei miei versi

Scivolò ,si addormentò, allungò la mano, mi prese per il collo ,

afferrò un mio piede poi mi baciò, per  posarmi di nuovo nella mia fossa.

 

Cantai  nelle notti di aprile la tristezza dei mio amore ignorato
E la luna aveva tra le labbra un sigaro cubano  

Chi sarà̀ a cogliere i garofani e le rose di maggio nel mio giardino ?
E di quella storia  così bella, che sua madre ha portato in dote,

in quale angolo buio di cimitero dormirà , oggi con ̀ il suo dolore?

Io solo col mio amore sconosciuto senza cuore, senza pianti,
Vado verso la cima del mondo , volo  nei cieli  primaverili

con due grandi ali attaccate dietro la schiena.

Come mi pesa tanta tristezza!

Bambini buoni  venite a ballare sul pontile nord di bagnoli
Ed il  cuore ricorda dolcemente i giorni lontani...

Chi sarà̀ a cogliere i garofani e le rose di maggio del mio giardino ?

Chi sarà a cogliere questo triste amore partorito in una sera di primavera.

Dentro un nosocomio ,senza nome e senza strade per arrivarci.

 

*

Canzone Dantesca

DANTEDI’ VERSI D’AMORE

CANZONE DANTESCA


Vado nei miei verdi mattini per ridenti lidi , sulle onde del mare fino a baia ,fino a punta epitaffio. Sul mare delle memorie romane , turiste chimere, varie statue riposano in fondo al mare delle meraviglie.. Memorie imperiali . Ulisse senza testa in fondo agli abissi . Nel silenzio i pesci cantano, l’odissea insieme a baio , odo le voci di una natura in fermento, nuvole sparse nel cielo e sulla terra . Ascolto le voci di tanta gente che trascina seco il peso di questa esistenza . Ognuno va verso il proprio inferno, verso il paradiso promesso , laggiù verso il fine prefisso nella logica del creato ,nel senso di una poesia che si dischiude come fosse un fiore a primavera. E le mie rime sono esule ed esultano su questa terra ferita, sono figlie della mia malinconia del mio menzognero canto che cammina nel vento , verso un’altra esistenza. Navigano sul mare che m’apre le braccia e sorride aggrappato alla mia speranza . Dolce mia canzone dantesca mi accompagni nella meraviglia del creato tra dolci versi che fanno affiorare il mio sofferto canto nelle gesta di mille eroi caduti sul lavoro.

Là nei solinghi giacigli , molti infermi , sono riversi per strade sporche, avvolti dal soffio delle rime a primavera. Cosi prende piede il senso delle mie frasi , si fanno ergometriche , prendono forma in questo pedante canto . S’innalza tra le nuvole, tra i fumi dell'inferno in desolati giorni . Vedrò l’avvenire ed avrò paura , poi mi nasconderò con il mio cuore infranto , piangente ai piedi di una croce, dove un santo eremita sedette a sera dopo aver a lungo pregato . Ricorrerò il senso ed il verso di un vivere per sentieri austeri , andrò dove mi conduce la gloria , al ballo delle betulle. Per sentieri odorosi in mezzo al prato in cerca del mio amore che mi negò la sua bocca , mi negò il suo corpo ignudo . Ed oltre questa fantasia la mia canzone assumerà un aspetto ambiguo ,quasi fosse una canzone di rivolta in mezzo a tanta spazzatura poetica , in mezzo al cammino che mi condurrà al paradiso promesso .

Fresca ed azzurra in quest’aria la mia tristezza ,sembra una sposa perfetta, che fugge nel tempo delle sue promesse. Ed io andrò a capo chino, incontro a questa storia di sconosciuto nel trambusto fino sull’arbusto e in una busta troverò il tuo cuore strappato dal tuo petto. Troverò al fine di questo viaggio, l’immagine di me stesso seduto sotto un faggio. Che importa a me della gloria , cosa m’ importa del tuo corpo , cosa sarà domani , cosa sarò io tra poco, cosa sarà questo mondo che gira all’inverso nella sua fallace rappresentazione. Auliscono pure le rose , le rime danzino per l’inizio di questa primavera , suonino le campane nella pasqua post pandemica , suonino sotto fondo , mille strumenti diversi , dentro il dolore di molti, come ieri io canto i santi ed i poeti messi ognuno difronte al peccato commesso.

Fiori dei miei giovanili anni , fiore novello racchiudente il senso ed il detto in bilico nella rima obliqua , pendula risalente il crinale della meschina esistenza e nel fraterno ire il mio dire si perde nell’azzurro , nella gioia di un attimo, dentro il tuo corpo nella mia colpa . Chi si gratta infine risale nel verso, il quale s’accende e si colora di nuove rime ,verso nuove speme. In questa primavera il vero, sarà la veste della realtà, sarà la cura per il povero malato , sarà il parlare popolare appresso l’amore. Ed il folle santo sopra il campanile ride e saluta la folla . L’amore è uno stornello, una canzone masticata tra i denti a prima mattina la quale ti fa sentire bene , forte come un tempo in queste nuove rime di primavera.

Ecco le strofe apollinee , vipere alate in amore, armoniche vipere, striscianti nel sole di primavera, elle volano alte , parole verso il sole , sonore tra il verde, nella giovine selva, giù per le rosse fitte fratte. O canzone vivente, fiorisci sui rami, sbocci oltre quello che credo nel senso di molti anni trascorsi in esperienze varie . Male che attanaglia l’animo mio in preda a tanti incubi. Ed il mio amore si desta al sole della dolce primavera, nell’inferno dell’ospedale dove cantai questa vita , dove cercai una risposta religiosa, al tanto male passato.

Giorni pasquali , giorni gloriosi , trapasso silenzioso intriso di tanti amori perduti nell’oggetto nelle lusinghe, figlie di questo circoscrivere il verso scemante nell’incomprensione della sua apocalisse , lascivo dialogo narrativo .Suonino le campane a pasqua per Dante Pascoli e Carducci per il prode Dino Campana per questo amore tinto di giallo come i grandi girasoli che fanno ombra intorno ai fossi dove è sepolto il povero corpo di questo poeta .

Vorrei cantare Dante e l’amore che provo
Vorrei cantare questo amore ma sono incredulo
Sono come una cane , accetto il bene ed il male.
Sono questo ed altro e cerco un giusto senso a queste parole
Sono ad un passo dall’amore, forse risorgerò
Vado avanti non mi pento e canto il mio soffrire
La libertà, sgorga dal mio petto
Dal mio cuore spero per molti anni ancora
Sono estasiato perduto nel mio dire
Mi nascondo , gioco con l’amore e l’odio
Vorrei cambiare verso e vestimenti
Sono fuori questo bar , aspetto , mi saluti come un tempo.
Vorrei salire in camera tua
Ma non ho un becco di quattrino
Mi vendo la mia dignità per un goccio di vino
Mi vendo la mia anima all’orco
Mi vendo il mio mondo
Canto e seguo l’amore fuorilegge
Questo errore mi affligge
L’orgasmo é uno spasimo.
Ed io sono l’ultimo poeta di me stesso
Sono Dante e Boccaccio
Sono Carducci , Petrarca ,canto con un boccale di vino in mano
Sono questa storia la quale passa e spero mi porta in paradiso
Sono impegnato con le mie stupide poesie
Passo a piedi per piazza plebiscito
Scrivo, io vorrei cambiare nome e pelle
Poi tutti, mi seguono ed io sono non sono l’ amore eterno.
In questo gioco di rime , perdo il mio orgoglio
La malinconia comprime il mio cervello
Il velo della tristezza è bianco
Mentre il canto è rosso come il vestito di Dante

La bellezza non dovrebbe mai unire l’odio all’amore. Epoche avverse dentro una poesia come se fossimo ai margini di un fosso, dove ci si butta tutti i versi fatti , sballate rime di dei ed eroi, figli di notti insonne. Io questa vita, lo vista da sola, piangere il suo errore ,seduta in un bar di africani ubriachi.

Vorrei dirti sono felice
Sono desto nel mio canto
Vesto le vesti del se dei mie versi
Lo so il resto è niente
Per questo tiro la corda
Tutti copulano
Tutti vorremmo capire il perché
Ma l’amore è una colla , si attacca alle mani
E la vita sei tu, piccola e bionda
Sei tu che muovi questo amore , sotto questo cielo
Questo cuore, batte dentro il mio canto
Questa festa non si arresta
Neppure nel gioco delle rime
Di nuovo
Non sono nessuno
Sono fritto
Mi mangio una pizza
Guagliò
Non pazzià
Uocchie c’ arraggiunate
Zizze belle
Ma tu chi sei ?
Io sono mastrociccio
Ascite fore da casa mia
Facciamo pace
Ed è subito sera

La città vive di molti mali e di tanti amori passati , di tante glorie antiche e moderne. Gode della sua giovinezza a spasso per il centro con indosso solo vestiti alla moda . Solo pensieri e passioni. La città si nasconde dentro quello che sento in questo canto metropolitano . Mi conduce a capire chi sono e quando ho da vivere ancora . Ed il tempo è trascorso all’interno di una clessidra , mi ha trascinato verso di te in attesa sulla fermata dell’autobus . In tanti angusti pensieri mi armo con il mio dire, con il mio coraggio e sogno sempre di ritornare a casa sano e salvo . Dove m'attende quel dolce dormire in un gioco di rime a primavera, dove l’amore è questo navigare su leggendari mari , tutto il resto è poesia.





*

Passerò Un Altro Natale

 

PASSERO’ UN ALTRO NATALE

 

Passerò un altro natale a pensare di poter  stare meglio

Passerò un altro natale pensando  tutto quello ho scritto

E solo frutto di questo mia fantasia di questo  mio povero  vivere

Passerò un altro natala a pensare di  potercela fare

Di poter volare di nuovo

Di poter crescere

Di poter credere

Di poter saltare il fosso

Di poter cantare

Di essere quella fiamma ardente nel buio

Passerò un altro natale ad aspettare giunga un altro natale

Passerò oltre queste condizioni inumane

Sospeso  sull’eliotropo nella egocentrica conclusione

vertiginosa , girevole,  cangevole vivere.

Figlia di una gloria antica,  figlia  di un altro epitaffio

Passerò un altro natale nella calda  visione

avvolgente il pensiero di una possibile redenzione.

Passerò  quest’ore sacre in una  vita insignificante, ignudo.

Andrò a piedi nudi sulla neve mentre la vita  mi sputerà in faccia

Con al seguito tutte le disgrazie di questo mondo.

Passerò  verso un altra conclusione

ed una altra avventura letteraria.

Passerò in un altro sognare

In un altra forma metrica simile ad un  canto gregoriano.

Bigotto e formato di tanti eufemismi.

Figlia di questa povera passione

Passerò un altra festa

Sentirò un altra messa

Sentirò  un altro passo

Sentirò un altro verso

Ingurgiterò un altro pasto nudo

Tutto quello che ho da dire per rime

E come si diviene per altri intendimenti

diretti in   povere ragione metafisiche

Figli di  giorni pigri

Figli di nessuno e altri eventi  surreali.

Di  altre opportunità iconoclastiche

Di altri natali incantevoli

Di altri babbi natali sballati

Urlanti nell’ interno di un  condominio

Altri demoni saltati da nulla

Altri misteri eleusini

Altre corse verso l’ospedale

Tutto nelle sere di natale

Passerò  tutto ciò in questo amore

Tutto la mia stravagante  vita

Ed ogni passo ed ogni verso

Ed ogni brusio si perderà nell’aria agreste

Nel perdurare di altri idiomi

Estasiati  saremo  nelle sere di natale

Con in bocca  un  canto del natale

Che eleva  al cielo tutta la nostra vita

Tutta il divenire per altre forme

E altre opportunità teologiche

Altre porte chiuse alla fine del percorso

Altri natali con cui essere noi stessi

Altre i natali passati vicino al fuoco

Passati ad attendere  l’amore

 

Che freddo  faceva andando avanti

Quando sono passato ad altra vita.

Quando sono passato in altri intendimenti

Attraverso la  magia delle parole

Bibliche  e marinesche

Metriche cremate piene di creme pasticciera.

Con tanti  cromosomi di corsa verso il sacro ovulo.

Questo natale andremo a ballare insieme.

Al caldo  dell’inverno nelle balere del volere

Sopra quella casa di quel nostro amico

Passerò il natale in  silenzio ad aspettare  passi

Questo natale vecchio tanto vecchio

Il quale  non ha più nulla da dirmi.

Non ha più la forza di credere di essere il natale.

Un canto l’accompagna un sogno 

un bagno nel mare dell’incoscienza

Un dilemma arde nel credere

Nell’ ascoltare  il grido della civetta

Tutto scorre  nell’incanto del natale

Tra alberi grandi come grattacieli ricolmi di luci

Pieni di palline dai visi strani e goffi

 

Passerò il santo natale ad aspettare questa guerra finisca

Intanto  l’inverno  avvolge  Kiev

Saremo tutti  a mosca a giocare a mosca cieca

Andremo  tutti insieme al fronte

Seguiremo il pontefice in pompa magna

Con in testa  il prete di strada in  preghiera

Nel pianto di questa vita infinita

Con questo passo arriveremo al natale ortodosso

Arriveremo colmi di gioia e preghiere

Arriveremo in testa ad altre conclusioni

Arriveremo dove sono arrivati altri prima di noi

Arriveremo nella santa di notte di natale

Con tanti buoni propositi

Con il santo  pontefice

Con questo idioma latino

Con questa faccia piena di schiaffi

Con questo timore di non farcela

Ad  essere noi stessi

Saremo giudicati ed assaliti

Saremo uomini e santi

Saremo le tante palline sopra l’albero di natale

Saremo questa  povera preghiera

Saremo il male ed il bene

L’idioma all’ idrogeno  che esplode

Nell’effimera definizione dell’essere

Un natale senza pace

Senza amore senza male che natale è

Ascolta il tuo cuore figlio mio

Ascolta la voce del vento

Ascolta il tempo che passa

Ascolta la tua voce

Ascolta il credere mendace

La forza dentro di te

Ascolta il canto del natale che giunge

Giunge sofferente

Giunge a giugno maturo

Ebbro a  settembre

Freddo a Dicembre

Breve  come il canto di nostro vivere.

 

 

 

 

*

Segrete Sere D’estate

 

 

SEGRETE SERE D’ESTATE

 

Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera:
trasognato sentirò la frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura, lieto come con una donna

A.Rimbaud

 

 

Segrete sere d’estate  mi hanno  preso per mano , mi hanno spinto lontano,  verso un altra poesia,  in un altro circolo di rinascite in  intimi versi nostalgici , figli  della lussuria.  E nella  rosseggiante aurora andrò , imbelle dei miei perché, suonando un strumento senza accordi,  suonerò ed entrerò in altre dimensioni , in  altri spazi possibili , sarò il canto perduto sul mare della conoscenza  . Ed il  fiume scenderà lungo  i canali e la città si desterà nel suo peccato . Solo  nell’ estate  a guardare volare  i colombi sopra  i tubi ed immobili rimarranno i prelati sopra gli altari di marmo. Mentre  l’amore mi ha lasciato prigioniero  a pensare che tutto potesse andare bene alla fine di questo canto.

 

Sono solo nel cuore dell’estate , sento caldo,  vado verso un altra definizione in un azione che ricalca la rima e ripercuote nella sua morale . Mi eleva per illogiche definizioni in memorie sepolte dentro l’animo e la notte e lunga ed io non conosco il  nome del mio amore neppure la gioia del suo corpo e m’abbonderò  in altre tragedie .sarò il personaggio insignificante sarò li a combattere mille pettegolezzi ingiurie tutti i figli in Trocchia che non si vogliono fare i fatti propri. E quando sarò famoso , come una statua sarò il signore della piazza e tutti i pazzi verranno a fare festa, verrà ,Elena dagli occhi celesti, verrà Augusto vestito da marinaio ,verrà Michele dalle orecchie d’elefante. Verranno i signori dell’assurdo verranno e copieranno le parole sopra i muri di pietra lavica la bella canzone dell’estate redenta.

 

E volto pagine e ricopio il mio copione la mia illusione la sparuta  esistenza che mi ha lasciato giocare con la vita. Con la sorte e con la donna di picche con il signore del quarto piano partito per le vacanze . Vicino al mare fanno feste le sirene e le donne sono nude nei miei pensieri. Sono qui che mi struggo nel peccato con una gomma da masticare  in bocca mi riempio di pentimenti e passioni  di orride rime  in ordine con ciò che sono  ad un passo dall’uscire da questa storia e chiamo ma nessuno mi risponde.

 

Cosa hai nascosto tra i tuoi seni di marmo, cosa nascondi dentro la tua  logica . Quando sarai la signora di questa tragedia sarai l’amante perfetta sarai la donna a cui tutti aspirano ad avere , sarai la donna di cuore, sarai la  cattiva donna della cantina ,ove io vado a bere con il mio cane che abbaia alla luna E domani partirò per la guerra partirò per essere ucciso da uno stolto straniero ai confini di questa meravigliosa nazione io andrò e cadrò per dare ed avere una medaglia di bronzo da appuntare sul petto. E verrà il signor sergente con le mutande tirate su e verrà l’aquila romana , Cesare con la sua Cleopatra .  la strada è lunga poi si accorcerà,  mi  rimanderà ad un gioco di parole  misteriose che fioriranno nel vaso della signora grassa e accigliata scollata che ancheggia nella mia ragione di uomo perbene di uomo perduto nella sua età . Cangio mi distruggo da solo  forse questa e la strada che percorrerò in questa notte d’estate con il mio angelo custode.

 

Sono qui che ballo, in me una morale civile, mi elevo,  volgo verso altri lidi in altre pagine immagino un altra vita un altra avventura verso questo discendere e ritornare alla storia che sarà chiamata madre di civiltà che sarà chiamata santa dal popolo ed e il canto del popolo si udirà di nuovo sotto le volte delle  sante chiese . E scenderai e salirai e partorirai con dolore nella rima con indosso una veste , versi scritti  sopra un  foglio,  chiuso  dentro un portafoglio dentro questa voglia di uscire ed entrare da una fessura più stretta di una strada. 

 

 

Cammino a  testa in giù nell’estasi dell’estate che avanza nella canzone . nella mia   disperazione nella  tua bellezza  che ritorna danzando, ritorna indietro con  le sue scarpe rotte nell’esistenza di mezzo nell’ebbrezza   fuggente, gemendo, errante in questa illusione. Lasciandomi andare  in uno slancio di concetti piccioli come gli occhi di un bambino

Guardo il mondo da un oblò

Sopra un oceano di spazio infinito

Immagino tutto possa essere diverso ,tutto possa essere questo cammino a ritroso nell’ossesso dei  sensi . E la mia canzone si disperde nel bene e nel male nell’oscurità  che avanza e nasconde  i suoi peccati commessi .  Nell’ossesso di un verso nell’ossesso del sesso.  Fuoriesco  dalla bocca vaginale ,dall’ano torbido, dal corpo di un dio sudato, messo ad asciugare al sole dell’estate sopra una spiaggia senza saggezza.

Le montagne  , roccia sopra  roccia sono come  bolle nel vuoto

Vanno  dove gli pare  verso il cielo mi porteranno in altri infiniti ed altri dilemmi mi porteranno dove l’amore si piega alla sorte si piega nella sera dell’estate redenta ed io vivrò del mio vivere del mio soffrire delle mie rime gialle , rosse , verdi e turchini che saltellando per strade vicino al mare della mia giovinezza.

Diventano  elle Stelle cadenti nella notte incantevole, le quali  mi accompagnano passo dopo passo verso una poesia, mi accompagneranno dove questa storia nacque ,dove le acque di questo mare hanno bagnato le sponde di isole meste, isolati atolli vulcanici, covi di ipocriti  ippogrifi medicei . Tutto verrà a galla la ragione e la donna con la sua saggezza  con la sua bellezza di donna matura nel peccato . Risalirò nuotando incontro alle correnti letterarie risalirò il traffico del mattino e mi lascerò andare alla corrente del mio pensiero alla sorte che cambierà l’abito e la mia storia la mia leggenda , leggera come il vento, nell’estate. mi desterò e riposerò nel sogno d’amore che mi spinge ad andare incontro al domani e sono l’amore il bene profondo sono il mondo e il suo divenire sereno che medita dentro il suo letto. Sono questa ruota che gira all’incontrario nella vita che verrà e mi porterà ad amare un altra donna ed un altra sorte un altra viaggio intorno al mondo.  sono e non ritorno ad essere la mia specie esistita. 

Struggendomi nel nerofondo

Ma, ahimè̀, non sento mai arrivare la fine

Perché non mi lasci andare

Pigliati una pastiglia

Fatti una canna

Affitta una camerella

Portati una nammuratella

Una bottiglia di vino primitivo

Oste cosa hai messo nel vino

Acqua mio caro

Noi  che camminiamo incollati alla terra

Come blatte con il cervello grosso

 

Ignoranti di dove siamo,  come,  cosa, a testa in giù̀ da folli,

Inutile dire c’è lo fatta

Era tutto un utopia

Figlio hai messo nel frigo la bottiglia

Figlio hai messo da parte un pizzico di questo sentimento

Padre sono ritornato a visitarti

Sei ritornato a pregare

Sono ritornato ad amare

Il mare e grande

Le isole lontane

Il mare divide le terre

Inutile parlare di governi & di storia,

Il Vesuvio la più̀ bella montagna che ho mai visto,

Non fa che stare in mezzo al cielo  essere montagna,

Un'accozzaglia di roccia a due punte

Una donna gravida

Sospesa  nello spazio

O tremendo infinito spazio silenzioso

Tutto va verso la testa

Ed ella  giace  ignuda , per gli uomini

Come se fosse  Il succo di questa storia

Così le cime dei monti ,tacciano nelle sere d’estate

Sotto le stelle nell’oscurità del nostro essere  musica, mare ,cielo , terra.

*

Canzone Disperata

CANZONE DISPERATA

 

Canto , traducendo  il verso  nella sua singolarità,  inseguendo  una rana saltatrice alla ricerca della felicità,  una cenerentola con il velo da sposa  smarrita nell’ orrore della sera. Parole  promesse ai messi commensali. E  sulla scia dei fiori d’arancio  il lungo viaggio della verità , mi porterà a incontrare gli altri  nell’addio e nella sorte di questo sogno tricolore che colora il mio dire ed il mio verseggiare  disperato.  Frutto di una sintesi che partorisce la crudeltà di questa vita avvinta all’ edera  ,  mesta  nel crescere nella sorte che passa come fosse legata  alla sintesi di un verbo negro, pieno  d’invidia. Stipato in  un bagaglio culturale di alcuni vagabondi del dharma. Nel  tempo dell’amore, cerco di vivere  il mio essere in  una condizione inusuale al servizio della gente. Nell’orrore delle parole , morsicate in silenzio tra gli altri , in compagnia , dentro  un autobus  globale che muove le ali , nel verso fuorviante la meta promessa. Rinasco  nel cerchio delle reincarnazioni nella bella canzone di un tempo avvenire che esule imprime il concetto  melodico in un canto omologato all’avvenire.

Parole dipinte di nero o di rosso sulla scia di un canto estivo disperato come me  che eleva l’ animo mio gentile nel suo argomento filologico , inseguito dagli argonauti , lungo il  mare egeo.  Ed il suo bel ciglio  ombra il mio  cammino e fa  affiorano le  mistiche rose , nel silenzio delle mie idee.  Pargoli baciati , da  levatrici  di concetti empirici , figli della mia   pia volontà. Tutto quello che ho desiderato dire per inciso nell’ impossibile, anacronismo della partecipazione sedentaria dell’ atto filologico si riflette nella sua logica perpetua. Hanno  fatto crescere  il mio sognare  hanno  acuito  il mio dolore in un epoca globale bagnata di tante sconfitte morali . Rimango  seduto in disparte   sotto gli scipi archi adombri di belle rimembranze .  Vedo i figli della gente qualunque, correre , attaccata al suo tempo . Perduti molti  appresso   al loro  nero amore per una donna senza nome. Tutto passa e tutto si svolge nella gaia scienza  nella bella canzone della vedova .

Figlia hai messo nel frigo il morto ?

Lo messo di traverso

Era corto

Molto lungo

Figlio

Hai un nome ?

Pianista

Fumatore

Figlio dei fiori

Vagabondo

Vado oltre quello che vedo

Vado oltre il cerchio dei ricordi

Oltre il negro ombreggiare delle foglie del bosco

Oltre questo cadere e rialzarsi

Scegli  la scena

Tutto fluisce nella calda sera dei disperati

Nella bella estate dei desideri

Tutto scende , tutto si anima

Tutto scorre nello scrivere

Nel ritornare ad ieri

Nel canto della notte , sotto le mille  stelle cadenti

Ombre secolari abbracciate per strade asfaltate da poco

Languidi baci

Bei pensieri ,afferrati per il collo

Tanti  figli in seno

Stretti al  mio petto 

Rimanere qui da solo , difronte al mare, pronto a  ritornare

ad essere me stesso nell’estate dei miei verdi anni.

Aspetto  tutto passi,  la morte e la tristezza

Aspetto  il vento ritornare da levante

Aspetto  rinascono i sogni degli ultimi

Aspetto  di rinascere

Aspetto di  andare a trovare la mia donna

Un altra estate ,attraverso un'altra vita

Con i miei  ideali di ieri

Con le stessi ali

Nell’estate pallida ed assorta

Nell’estate dei fanciulli

Figli delle onde

Pensieri gentili

Giochi d’immagini

Idee salterine

Tutto scorre e tutto mi conduce dove nacqui

Dove assaporai  il gusto  dell’amore

Dove mi donai e danzai per giorni interi

Dopo aver cantato la mia canzone disperata

 

 

 

*

Tre Canzoni Per Te

Di: Domenico De Ferraro

 

 

LA CANZONE DI ROSA

 

Una volta lassù nel prato della mia giovinezza vidi correre una ragazza nel vento del mattino. Ella si muoveva nell’erba alta ondulante nel vento .Il suo sorriso splendeva con i raggi del sole in mille mie visioni . E la grazia sorgeva dalla terra ed il mondo era piccolo come l’occhio di un dio morente nei miei ricordi. Era cosi giovane e bella , sembrava una rosa appena sbocciata dondolante nel vento degli eventi e dove andai in seguito portai con me il ricordo del suo bel viso, simile ad rosa rossa , matura, dagli occhi verdi come il mare in primavera. E la sua gioia era tanta , l’anima sua annegava nell’amore dei suoi anni , andava come una vela dispersa in mezzo al mare, si muoveva perduta in mille avventure e mille viaggi . Giunse cosi ad Ischia un bel giorno con i suoi anni ed i suoi occhi sempre verdi fece innamorare il vecchio marinaio , il contadino e l’ortolano , tutti s’innamorarono di lei in quel giorno benedetto. Rosa di marzo, sogno di una generazione fuggita via . L’immagino oggi , salire ancora tra l’erba alta del monte Epomeo , correre a perdifiato verso la bassa collina delle croce . Ed un ragazzo gli disse ti vorrei amare E lei fu turbato dal suo sguardo Rispose che non aveva tempo per l’amore carnale non gli interessava . Che era tardi è la sera stava per giungere , come una serranda che viene calata su negozio degli alimentari. Il ragazzo gli disse : Io voglio il tuo frutto Ed ella : Non per dire sono il senso di questa canzone Abbassati, lasciati baciare Ma lei si tirò di nuovo indietro e lasciò il ragazzo in mezzo all’erba con il suo cuore a pezzi. Rosa della mia giovinezza , rosa circondata di molti versi primaverili , rime elette a grandi imprese, ora tutto scorre e perduto sono nel bel canto dei morti che vanno lungo le coste deserte . E sono di nuovo li dove nacque questa storia , questo amore bandito , beato nella mia sorte di uomo di mezz’età , con il mio credo ed il mio essere in altre storie. Io, signore di molti canti e di molte rime con le prime e le seconde , sono sotto la panca a capire il canto e l’inganno . E il rude ragazzo da solo , colse fiori per il prato, da solo li colse in fretta , mano nella mano ad un ricordo , mano nella mano di un fantasma. Ed il suo amore , volò via nel vento della sua giovinezza. Ora oggi , egli ritorna ancora oltre ogni intendimento, nella morte e nella vita di un amore , nato per caso là sul bel colle delle croci.

 

IL CANTO DEL TOPO

 

Io sono il cantante ambulante che va contrade deserte , per strade cantando il mondo di una volta . Sono il sogno perduto di un amore svanito nella volontà di rinascere che vola alto come un airone libero in arie e melodie. Sono sempre al fine dal capire , chi sono , dove mai il mio andare avrà fine e le molte rime fanno feste intorno alla mia voglia di viaggiare ancora . Sono il cantore che ha penduto l’amore , caduto là nel suo inferno. Tra la morte gente, ho cantato una dolce nenia, ed il mondo non mi conosce ed io non conosco loro ed io sono l’amore e la morte, sono l’atto filologico che si tramuta in un verso , sono il principio di questa storia che esulta nel suo vivere e nel capire cosa sta succedendo. Sono l’amore di molta gente , il canto di un cantore viandante per strade solitarie. In questa città, fatico e non so chi sono , tutto ciò mi ferisce come i molluschi venduti al mercato del pesce , come il canto delle donne vendute , dolce corona di spine intorno al capo del redentore. Questo sono io il cantore dall’animo sereno , un acchiapparatti che va cantando la morte di molta gente e di molte donne , questo sono io il cantore morto e risorto tornato dopo le tante rime dette nella confusione di molti versi , simili ad altri , sono il bel canto , la colpa commessa , il senso di essere questa poesia innocente. Ma cosa ho guadagnato da tanto amore e tale cantare , la mia gola vorrebbe altra acquavite per placare la sete delle mie passioni e sono innocente del mio creare , come in ogni vita che ho vissuto , sono non sono , sempre ad un passo dal capire me stesso .

 

IL CANTORE

 

Oltre questo canto , oltre questa porta, viaggio nell’immaginario . Sento le tante voce dei sofferenti , sopra questo ponte, mille persone lo passano. Ascolto questa voce echeggiare nel grigio pomeriggio , ascolto questo grido , corro a più non posso attraverso il ponte delle mie passioni, oltre il ponte dei miei ricordi. Ed oltre andremo, ci perderemo in un'altra canzone e saremo come figlio e padre , signore del mio vivere. Fu il presidente a dire che il mondo andava guarito, sanato da tanto male e la donna si diede da fare a pulire la sua piccola casa, la pulì da cima a fondo per paura di contagiarsi dall’ amore che non aveva nome. Ed era inutile ritornare indietro , ritornare a cosa fummo , immaginai tanta gente , senza testa e coda. Ed in una notte solitaria noi ritorneremo ad ascoltare il canto della locomotiva. Ora in questo amore, ho sepolto il mio cuore, lo sepolto sotto l’albero dei miei anni verdi , tra l’intendere ed il mio dire , nel ridere e passare ad altre elocuzioni, emozioni di marzo. Ed il cielo è ricco di astri di cui non conosciamo il nome ed lo canto, lo sento correre per vie deserte , dove un tempo di bocca in bocca s’udiva l’amore della propria terra ed il mare ed altri mondi possibili , sono il sorriso di me stesso in mezzo a questo pomeriggio. Il cantore strinse a se il suo amore ed il suo canto prese forma attraverso il senso ed il sesso , toccò le corde del suo destino , salto , si fece audace più audace della tigre tra lo sguardo delle belle donne invitate al ballo di marzo. La sedute accanto al prode presidente della nostra grande nazione. Al presidente piacque tanto quel canto che ordinò fosse ascoltato da tutto il popolo , da tutti gli uomini, fino ai confini della terra. Come l’uccello che dimora in mezzo ai rami degli alberi del bel bosco il cantore continuò cosi a cantare il suo amore ed il mare aveva un nome e la vita un'altra storia da raccontare . Ed io canto il mio amore , lo canto dal ramo più alto , con la mia gola arsa dalle fiamme dell’inferno. Allora alzo la coppa del vincitore e bevo , bevo la vita che mi disseta nel tempo trascorso , bevo il vivere bevo il bene ed il male e sono ubriaco di molti versi e di molte storie. E ringrazio iddio della sua misericordia con fervore per avermi donato questa voce , di aver placato per un momento la mia sete d’amore .

*

Mater Matuta

                         MATER  MATUTA

 

Un raggio di sole illumina in questo giorno di pioggia  il  mio ricordo il tuo viso nel sogno che cresce novello nella musica che scorre con il sangue dei santi nei  miti pellegrini con coraggio emergono  per luoghi d’inenarrabile bellezza attraverso la  tua immagine  racchiusa dentro di me  madre  del mondo.

 

Maggio  un caldo abbraccio   ,un  viaggiare  nell’ universale immaginario su questa terra  in guerra   , che  nasconde   ogni spirituale ragione    di luce propria  e fa  giungere ad  una visione  rosea  come il vedere     stringere  sul tuo ventre ferito   il  piccolo  corpo  roseo  et  innocente , frutto  di quell’amore d’uomini indigenti lassi nel peccato nell’ingiuria che gorgoglia come un mulinello di parole sincere per vortici concentrici in amplessi ed ossessioni di vecchi miti  coniugali.

 

Un amore che rende  santi , in cerca di chi siamo di chi fummo per emeriti sogni incipriati arcigne malaparole di bocca in bocca creati della stessa sostanza del padre .

E del creare  siamo liei come il viaggiare nel perdono che rompe ogni indugio nella preghiera che mesta  sale lenta figlia della miseria morale. Orizzonti di d’idee poeti immani , volgari strattonati pagati messi al macero. O versi ligi nella forma  elladica  di un canto  che esalta  il vincitore.

Seguendo la  morte per lidi solitari di fianco al mare antico nei tuoi occhi celesti sulla tua bocca avulsa in  forma di baci cilestri di acherontiche imprese linguistiche di acerbi coiti furtivi.

 

Noi tutti , senza tempo  nell'ore trascorse insieme , con  le lacrime raccolte  di fianco  un urna  ove sono  rinchiusi i  nostri morti  i  fatti   ed i  pensieri cruenti d’un tempo che passa inesorabilmente . Madre divina  forma  di  universale  divenire  che non ha spazio et  tempo ,  che non ha ragione di molte religione ella nutrice di un essere primordiale  frutto di milioni d’anni ella madre della vita , della favola bella che anima il nostro misero canto.

Andando incontro  all’incerto domani  ,celante in se il muto  dolore , profondo e crudele dei martiri . Oltre quel muro d’ipocrisie sociali, apoteosi del male , madre  del ricordo ,  madre dolente morta per mano ignota per un dubbio per un essere malvagio per invidia e spergiuri di caos di forme avulse al proprio essere parlamentare , dottore , primario,  commendatore,  asino che vola nel cielo di maggio che raglia contro gli imbecilli. Nel legame inviolabile,  nel cammino  , nel nome del padre  nell’essere uno e trino  . Immortale  legame nel  lento  morire di rime primaverili,  nell’onde del mare che bagna  questa terra ,  nell’eco del  canto  ,elevando suppliche

a quella immagine  luminosa  che digeriamo lentamente dopo pranzo. E nel crescere et contemplare il sacrificio ,le fatiche,  il tuo volto . Madre, dramma d’  amore ricordo di giorni intimi , rinchiusi  nell' animo ,prigionieri  dentro se stessi,  insieme alle sconfitte , alle contraddizioni,al sorriso, alle carezze a  quel sussurrare il tuo  santo nome  salendo faticosamente   lungo il crinale , incline agli errori commessi ,  verso il proprio calvario  quotidiano in  doloroso silenzio.  Salute a te  Madre degli Uomini.

Ave o  Madre Degli Dei .

 

*

Fantarime Di Aprile Dolce Dormire

FANTARIME DI APRILE DOLCE DORMIRE



Mattino di aprile, vedo uscire dalla mia penna, le prime rime primaverili ,agghindate di accenti , di punti esclamativi sole in mezzo al grande foglio bianco ove prende vita la mia forma espressiva . Versi che mi conducono lontano in un canto libero, verso un altro sogno , verso la disperazione dell’azione commessa nel senso che tergiversa ci spreme dentro un Boccaccio di peperoni imbalsamati e tutto ha un senso figurativo, inerme nel suo discernere le rime più belle , volare in alto con l’ombrello e poi stare li dove siamo sempre stati in mezzo agli altri più scemo di prima.

Continuare ad osservare dall’alto la pensosa bislacca signora filastrocca a spasso per il parco pubblico in cerca di rime da baciare , in bilico tra le righe ingiallite nella sera, ignuda sotto la luna ove al suono di cornamuse , violini elettrici, le poesiole s’accoppiano sotto le fronde fiorite d’un grande albero a forma di cuore. Rime mentecatte di cui non sì sa nulla e sarebbe interessante seguirle per strade poco illuminate, fermarsi con loro al bar a parlare per ore e ore , di come vanno certe cose ,seguirle fino in centro , vederle danzare allegre , spensierate senza tanti grilli per la testa.
Ma la vita ci ha preso la mano, ci ha condotti lontano dentro un fossa , sotto una croce ,sotto un cielo come Icaro siamo caduti dalle nuvole impressionati dal caso astronomico , copulante in ingranaggi e meccanismi minimali che hanno la corda di traverso, che hanno il cuore di acciaio, come un carillon senza coglioni . Ma la forma mi ha preso la mano e tutto diviene cosi sincero , come scivolare per strade solitarie a ridosso di mitici paesaggi verso un altro giorno ed un'altra canzone.

La gente cangia continuamente opinione si chiede perché, poi desume che sia un giorno come un altro , privo di sinistri introiti detratti dall’imposte da malvagi dirigenti dai cervelli bacati. Rime meretrici , narrate in fretta senza metri sulla lingua, uguali ad ieri forse a oggi , simile a tante altre storie , rassegnate rime metafisiche , chete, dall’aspetto di matriosche , meretrice , assassine , false fino all’osso che ti prendono per fesso, t’invitano a seguirle a salire sull’auto verde della speranza mentre tu canti la triste canzone dell’uomo che fu preso per il sedere. La da solo in attesa sulla fermata dell’autobus pronte a partire per una nuova avventura all’inferno. Con una divisa pulita , con polsini bianchi con questo cuore che non ne vuol sapere di correre , di camminare con le mutande abbassate, con te affianco dentro l’auto dei miei sogni, verso il sole, verso il mare , verso il monte dorato , verso questa ipotesi di congiunzioni e metafisica bistecca ai ferri , cotta a puntino , e quando credi che tutto sia una logica immaginativa verosimilmente bislacca, scalza quasi insignificante emerge in te l’idea che la priorità è una proprietà privata .

Rime divine in continuo movimento che continuano a remare per mari burrascosi ad essere traghettate da sponda a sponda, in speranze ed utopie ,con l’aiuto del vecchio Caronte. Emigrate rime venute da lontane , cosi lontane e senza nome , senza madre senza padre, sole come fosse nate ieri dall’ossesso della poesia di un tempo narrato troppo in fretta. Stringi il discorso in sicumera asincroni nella loro apoteosi nella loro stronzagine verginale che ti lascia sbigottito di come saremmo potuto essere senza quell’orribile cappellino sulla testa là in attesa all’ingresso dell’inferno . In viaggio nell’Ade nella forma ossessiva dell’essere, tartassato ,deriso ,offeso, calpestato, ingiustamente giudicato, trascinati nel delirio d’un era e dal suo incubo nato sulle pendici d’un monte di rifiuti, fatto di merda ,di plastica ,di sacchetti colmi
d’ ogni iniquità ,di vite consumate troppo in fretta . Forme gettate via per essere usate come recipiente ,come scusante a questa esistenza .

Cosi solitario il rimatore si consuma nel decantare l’estasi , per cadere poscia nell’oblio dei sensi, trascendere se stesso nella memoria del tempo che scorre , tempus fugit, carpe diem et memento mori . Disse tra se , credendo di aver capito ,ed ogni cosa era senza senso e senza denari , non si cantano messe , si cade inghiottiti dal caso , nella forma che trascende la questione ebraica. Si è soli nella sorte che non ritorna mai indietro a regalare il didietro, il detto e come un fatto ed i fatti dimostrano l’innocenza di ognuno , ma mai la colpa che cova nell’animo. Ed è orribile continuare a vivere in quei quartieri di periferia dove crebbe la volontà d’ essere migliori , fa salire il sangue alla testa e la rabbia di non poter cambiare , di dover ancora una volta vendere l’animo al diavolo. Per pochi versi stupidi per te che m’osservi senza capire , cosa saremo domani , cosa faremo , se costruiremo un ponte o una nuova chiesa, in viaggio verso una nuova terra che ci attende esuli figli di Eva ,
di Archimede, di Pitagora, di Socrate, di Einstein li dove i bambini giocavano a pallone schivando pallottole , manganelli , moto in corsa, dove crebbe l’erba del re di maggio.

Emozioni solinghe, bellezze sensuali e musicali , decantate lungo strade asfaltate perdute in ignari domani germogliate all’improvviso tra i righi rampicanti del mio quaderno su crinali grammaticali erbosi , invitate a partecipare alla causa penale senza alcun predicato come colpevole di fatto. Finzioni , indiscrezioni , elezioni di maggio , erezioni, congiunzioni linguistiche. Fiori di pesco , sbocciati all’improvviso in una storia d’amore e di tenebre , alla ricerca d’un nuovo senso , seducenti nell’aspetto ,morti nell’orto di casa s’ode il grido del gatto ad un tiro di schioppo da una disgrazia senza ignoranza , ratto , notte , motto , brutto , lutto , rutto concerto degli orchi sotto gli archi di san rocco ,al suono delle campane din don dan, din don dan. Dio mio c’è da uscire pazzi . Scosso , scendi , scappa , esplora , crolla , botto , rombo , bomba , ruba, ammazza, azzanna , risorgi , incula s’ode la morte ed il suo lugubre canto . Miei dolci fantarime di aprile , intuizioni canterine ,improvvisazioni leggiadre nel vento di fine aprile che danzano insieme a matti ritornelli marini. Tremanti rime birichine ,ballerine seminude , espressioni sconnesse , errori commessi, stipati in sacchi e valigie pronte ad emigrare sulla luna su di un pianeta animato dall’amore carnale , carnivoro , bisbetico , terribile, incapace di dare un significato a tutto ciò che può accadere in questa lirica gialla come un limone di Van Gogh . Aggrappati a queste indubbia ideologia , indefessi seggi e saggi lunatici ,voti ed elettori ,urbi et orbi ,rieletti e relitti d’un tempo passato ,sepolto il sacro, trionfa lo stato. Tra l’indifferenza altrui e cosi dolce lasciarsi andare , quasi dormire ,ancora, assopito, nel sonno , trascinarsi verso un nuovo giorno che verrà cantando , riassaporare la poesia e il risorto amore poi lentamente aprire le ali e lasciarsi trasportare dal vento nel vorticoso canto delle mie mite , primaverile , rime di aprile.



*

Il Senso Di Un Canto Di Aprile

IL SENSO DI UN CANTO D’APRILE

 

 

 

La fiamma che arde imperitura d’ amori sacri ha  bruciato  il nostro corpo tra mille fiamme, dopo essersi elevato in un canto di aprile.  Ha stretto un patto con il cielo ,ha chiuso in se stesso il mistero d’ essere soli in quel lasso di tempo che corre per giorni uguali ad ieri  Ci ha lasciati con la bocca aperta con un  gusto di fragola ad assaporare,  nel  sogno di una giovinezza  perduta.

 

Le  profonde radici infuocate hanno reso il mio amore una pianta malsana cinta di foglie d alloro pendule nel vento primaverile , legata ad un percorrere strade semi deserte ove il villico si eleva alla vita delle cose circostanti.  Poiché  le fiamme dell’inferno hanno  reso possibile l’archetipo di  una prosa salace mista di rabbia d’ arguzia di azioni insane ,  misfatti infiniti  rei di aver compreso il nostro destino. Qui con il volto coperto di sangue , come cristo anche noi siamo figli del creato  e di un padre che abbiamo tanto amato fino a giungere a  da dare la vita per lui in quel ritaglio di tempo tra sacro e profano , tra  il fuoco e le acque che purificano il corpo.

 

Dove siete adesso meschini  miei  compagni di giochi grotteschi .  Persi  in giochi concentrici in amori lassi per forme ed ordini , che immemori mi spingono oltre ogni intendere la morte di questo tempo. Ed ordino è cerco di capire cosa sono in questo tempo che  mi spinge  verso oriente e son desto nel mio pensiero fino a  giunge ad essere un gabbiano che vola su d’un mare voltagabbana . Pochi son   provvisti  del senso  eterno  , frutto  ragioni  salaci di espressioni sincere quasi  meretrici  deste ,  spoglie lungo la via sacra  che percorriamo a sera nel far ritorno a casa . Ed un pensiero m’assale  mi prende per mano mi  conduce oltre ogni intendimento verso una fallace verità. Rincorriamo l’amore di un era ,  mentre il carro  legata ad un somaro  trascina seco ogni strumento,  ed ogni suono   sembra sincero  fatto di vento di acqua di sabbia , di fuoco che arde a riva. Ed ogni punto si congiunge per incanto in un canto che s’ode da costa a costa come un disperato  grido di dolore. Nell’eco di un tempo nelle parole amorfe  , dall’ali piegate che s’elevano  nel vago nella giostra di un dire , per modi di dire marcondirondirondello.

 

Dove vi siete nascoste oggi mie locuste , bipedi intendimenti , orge genitrici fonemi impertinenti , anime pie legate ad un dire che vaghi  per gironi danteschi , con teschi piegati sotto le ascelle. E son senza ali,  sono senza denari , ne denti per mangiare questo domani.  Ombre di un vivere errante per pochi vissuti per poche ore consumate come un ossesso dentro un cesso dentro una passione che brucia e ti rende inerme.  Forse crudele  è questo vivere come il tempo che lo ha generato e portato lontano oltre ogni intendimento in   questa città,  fatta di donne immacolate , fatta di neri e bianchi , di rossi e turchini di angeli e demoni . Poi lassi  dormire in rime metriche concise circoncise senza sapere perché si è soli perché siamo rimasti in disparte , senza dirci ciao,  senza dirci addio. Dove cade il mondo dove la banda suona la sua marcia in un  post mortem che  avvicina l’anima d’ognuno alla gioia di un vivere errante per troppi dubbi  e troppe bestemmie.

 

La luce danzerà facendo schioccare quella scintilla  fatata , quante domande quanti termini ed oltre andando prendono forma  la sorte l’amore bestiale vestito da sgualdrina  che incanta  e canta,  suona la chitarra. Che ridere siamo paghi del peccato,  siamo nati pochi  attimi fa  e già siam morti dentro un idea  tra le braccia di una giovane madre  tra  mani che  delicate  spingono questa macchina su e giù per sentieri cupi dove i demoni s’alzano in volo.  Dove la banda suona,  dove il signore annuncerà la fine di un gioco. E tutti verranno ed ascolteranno cosa avrà da dire il mago ed il bugiardo,  la signora con la pancia ed il signore senza cravatta. Tutti diranno d’aver compreso poi come un  fiume in piena le acque trascineranno giù a valle questo corpo deriso  in due dall’ardore , dalla forza mite della bellezza.

 

Oh ma io vi conosco  nella sera,  nella triste sorte che vela  il volto a questa vita che passa per sotto le mie finestre mi  spinge lontano  per strade senza nome per giorni ed ore cantando invano. Ogni ricordo  va con l’alito di un domani  nell’attimo che spinge questo cuore vagabondo,  dormiglione che si ubriaca di passioni , si ubriaca d’immagini   timide  come l’amore . Si  va per  i campi solitari  in  questa sorte che non ti  lascia mai  da soli non ti  lascia capire perché siamo qui ad amare un mondo , tormentato da tante passioni da tanti dubbi.  E mentre le rane saltano  negli stagni azzurri , la storia prosegue per idiomi fallaci. La voce  dell’uomo di colore ci  porterà dentro l’antro della sibilla e verranno Anchise ed Euripide accompagnati da Polifemo accecato dall’odio con in mano una pecora belante , cantante un blues  uno swing veloce che scende per la gola come una goccia sulle guance della fanciulla. E si vedrà  per l’averno la  pia morale stringere le mani intorno al collo alla sibilla,  pregare,  vestire,  dire non posso debbo partire andare a Roma a salvare  un amore malato che  faccia stare sereno il mio cuore.

 

Morbida come l’incavo nel terreno in cui è  giaciuta una pietra cosi la primavera mi avvolge,  mani e braccia , morbida liscia e fresca. E non conosco altro nome ed altro amore se non questa strada che mi condurrà  ad Itaca mi condurrà oltre ciò che credo per domicili  orribili. Senza tenere conto di chi sono  senza cigli tradito da tanti  amici  che  mi hanno  pugnalato  alle spalle e poi sepolto il mio cuore in  fossi e fessure , in  dilemmi  assenze effimere figure di merda. Odio il mio nome,  odio  il volto di chi ferisce  e dopo  spera che nella desta primavera rifiorisca il  verbo che genera un  sentimento  una nuova vita,  una nuova avventura . E la musica spinge su le scale un  vecchio dilemma ,  madre dolente in  cura che tarda a risolvere  l’inghippo di una frase, una sconsolata conclusione  che purulenta , sanguina,  acerba,  insensata falsa fatta di ingratitudine   di drammi  , fatta di  soldi,  di tanto ardore che fa scoppiare il cuore in mille pezzi . Ed in mille frantumi , questa vita sparsa  per l’aria e  sulla terra, mille frammenti  sono visibili ai raggi del sole,  sono la che attendono d’essere ricongiunti , mentre  il mondo continua  a girare su se stesso. E  dentro quella rima dentro quel dubbio di  ombre giocose fatte di molliche di pane , fatte di poveri  colori viscerali  forme avulse al termine precostituito a quella sorte nera che apra le gambe ti mostra cosa  sei , come sei giunto dentro di lei. E giri , rigiri la frittata,  volge  al termine cercato come fosse la morte , spoglia di altro ornamento. Ed il nome profuma di addì,  di amori mai colti mai pagati di coiti interrotti  come una fonte di acqua che scorre,  scorre dentro di te e ti trascina via.  Momenti  che ti porteranno oltre ogni termine  ed ogni principio  verso l’ essere in se stesso in quella terra ed in quella gentile dimora dove l’amore e padrone del suo destino.

 

Densa come l’odore della terra e questa poesia , questo corpo che si distende sopra un letto di spine fatto di sogni , di amori mai sopiti  in  conclusioni  figlie della tristezza , figlia  di una stanca  stagione,  di una vacca che sa volare  per cieli grigi che si tinge i capelli ed il crine ma che ridere,  che bello  che ebete esistenza ,  passata insieme a sognare là  nel bosco incantato,  dentro una palla di cristallo,  dentro questo cuore che non ha più nulla da dire. Densa è questa poesia ,  come l’odore della terra fresca , su una pietra che è rimasta adagiata a respirare l’umido della sera. Densa è la  poesia  come questa storia rincorsa oltre ogni dire  ed oltre ogni fare ,  respira come la terra ed il mare  respira di aria nuova , si veste di luce,  si veste di forme luminose,   nella bellezza di un mito che tarda a rinascere . Ed ogni cosa sembra sincera  nello scorrere  dei versi,  sembra una mano tesa nel vuoto , che t’afferra e ti trascina via con lei da quel dolore,  da questa  storia fiorita in silenzio.

 

 

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Canto Funebre Di Carnevale

CANTO FUNEBRE DI CARNEVALE

 

 

 

Il carro del  carnevale  và  per strada,  inseguito da una folla disordinata che va verso una montagna di fuoco che potrebbe esplodere da un momento all’altro. La musica nel vento mi riporta a quando ero bambino, creatura con lo mucco ò naso,  chine schazzere dentro l’uocchio . Lasso in  questa storia passo , penso all’amore perduto che pian pian si è allontanato da me, cresciuto in disparte,  solitario  come una pianta di limone. Sulle note , viaggio nell’ aria limpida,  viaggio attraverso  mille immagini con una ragione che non ha testa,  ne coda . Un immagine  come un aquilone che sfiora il sole e s’impenna nel cielo azzurro. Mattino di carnevale c’è brighella e pulcinella che si dividono un pezzo di mortadella,   mentre il mondo cade  tutto è  cosi illogico come lo sberleffo  la sonora  pernacchia ,  flebile  che s’ode tetra  ed ironica lungo il vicolo.

 

Questa orrenda  maschera  senza nome,  senza tempo che prova ad esprimere il suo dolore, il suo soffrire ,  la sua sorte. Si muove sopra un palco cerca i suoi compagni con lo sguardo fa mosse poi si riposa  cerca di far ridere sulla sua triste  condizione,  sull’essere una maschera di cartapesta ed ogni scherzo vale se non mangi carne di cavallo,  vai alla grande ed anche questa e fatta. Poi ci si ritrova fuori al bar  mentre Pantalone tira fuori gli occhiali  l’inforca e recita la sua odissea,  la sua strana  storia. Buffo non capire non saper d’essere una maschera come tutti gli altri,  terribile dilemma la morte si avvicina e cerca di portarti dentro un fosso,  vorrebbe mostrarti il suo corpo decrepito la sua pelle a brandelli che cade a pezzi. L’altra faccia di giano bifronte.

 

Un raggio di sole illumina la nostra triste esistenza poi tutti insieme dentro la metro,  dentro questo viaggio che ci porterà verso un isola felice , aggrappati ad  una bugia con pinocchio ed il grillo parlante  che non smette di far morale mentre lucignolo tira il parrucchino a mastro Geppetto e tutti ridono tutti sono allegri i carri sfilano passano per strade in festa tra amori nascosti , baci carezze,  erezioni ed emozioni passa questa vita ed difficile continuare a  non credere nell’amore. Un bacio,  un stringersi nel freddo della sera, un  unico corpo che ricorda della vita e dell’amore  di come si era ,come si è . Sono in tanti,  tutti in  maschere , alcune non hanno più nulla da dire , altri  vanno dove gli pare. E la sera regala tenere  emozioni nel  bere vino,  ubriacarsi , cantare sotto le stelle . Come il tempo anche noi siamo giunti dove tutto ha fine , dove tutto ha inizio,  dove questa storia buffa ci resi maschere e spettatori di una tragica commedia.

 

Siamo in tanti in piazza,   in tanti senza mutande , senza cappello con un cuore fatto a pezzi  ed ecco pulcinella saltimbanco che beve e bestemmia.  Bestia vedrai come la terra si ribellerà al male che hai coltivato. Vedrai il mondo girare intorno ad un idea e sarai il signore dei tuoi sogni , sarai l’amore che hai sperato fosse.  Tutto scorre,  tutto cambia tutto è  un ilare  gioco , uno sberleffo un falsa mossa,  un rincorrere una donna per strade,  invase  di marionette con in capo uno strano turbante,  turbato dal caso,  turbato dall’amore morboso. Solo,  coperto da coriandoli sotto un portico attendo la vita cambi viso , cambi aspetto,  cambi abito poi rido come un matto e sono matto d’amore son morto per amore e per diletto recito la mia parte con pulcinella più ubriaco di arlecchino. E colombina la fa vedere a pantalone e gianduia ha un cuore di latte , una storia da raccontare a tutti i bambini del mondo. Ma quel matto di mangiafuoco si è infuriato ed ha chiamato i carabinieri quelli con i pennacchi a sedare la folla e gli animi . A sedare questa follia del carnevale ed ogni scherzo vale , come ascoltare tre liriche al mercato ,tirare l’ orecchio  al cane, seguire  un concetto tutto incentrato sulla pace e la tolleranza sulla razza della mazza.

 

La mia vita si nasconde dietro  una maschera grigia,  che racconta chi ero e cosa sono stato,  racconta delle mie passioni di quando girai il mondo a piedi e andai in Africa poi a Gerusalemme poi la sorte mi spinse per laidi lidi ,  perduto  in un vicolo di Napoli cercando di capire dove fossi finito,  mentre il mio cuore batte  forte,  la sorte  mi prende tra le sue braccia e mi culla vicino al mare della mia infanzia . Vivo in  un canto  ,verso dopo verso si spande nell’aria e vola, vola fino a sera  fin quando l’amore non muore nella animo d’ognuno. E vivo di sogni , di amori incompresi , di storie assurde fatte a tegamino in  giorni belli e brutti che un di faranno ridere i ben pensanti. Ed alcuni diventeranno  matti,  strane maschere di se stessi ,grasse e satire  in molte storie,  in  cammino , appreso  questo corteo funebre  in questo  buffo canto carnevalesco.

 

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Ditirambo D’una Notte D’inverno

Ditirambo  D’una Notte D’inverno

 

 

 

Il tempo ha ferito il nostro spirito , la  trascinato  dentro  un delirio di versi,  la  trascinato lontano dove nulla ha più senso , dove il mondo rifugge in frasi fatte in movimenti asincroni che inducono all’incertezza , dove ripiega la vita  in un amore troppo povero per volare aggrappati in  due. Dove finiscono i nostri sogni , dove rimaniamo  nudi , dove tutto è  incominciato.  In un vento solitario  che ci trasporta lontano nei giorni essenziali  in quella malia che libera noi stessi dal male legato a molte vite spese in un destino duro , freddo  al tatto . In punta di piedi guardare il mondo dormire con tutti i suoi strani desideri con la bocca aperta con una donna accanto.

 

Questo tempo  mi ha portato in case,  in ospedali , mi ha portato per mano lungo strade solitarie nella tua bellezza nel tuo coito,  nell’amore ramingo che muta pelle che brama assettato il sesso ed il senso di una frase scolpita nell’anima , nello spirito di mille canzoni che s’elevano nel vago udire nella sorte infame,  falsa fuggiasca che schiuma spreme le cervella e canta la sua misera vita.  Rimanere  fuori al balcone , affacciato a  guardare  la città addormentata , senza chiedere cosa siamo.  Io in  questo mio dolore in rima pronto a partire,  pronto a cedere in  dolce e meste  rimembranze,  vado via nel vento , sono quello che sono,  proverò a volare,  proverò a cambiare.  Quando tutto il mondo mi avrà dato un altro nome,  quando sarò vicino al tuo cuore,  sarò pari  ad un gigante del pensiero , sarò la speranza spezzata in mille pezzi , sarò l’altro che ti siede accanto nel tram, sarò la tua ancora di  salvezza.

 

Conquisterai  il mio cuore

Sarò veloce nel baciarti

Non basta essere ciò che siamo

Salgo sulla nave  di corsa

Sono malato  d’amore

Il mare ci spinge con le sue onde , oltre il porto

Chiedimi chi sono,  nella sera che bussa alla porta

Vorrei ritornare bambino come un tempo crescere nei miei sogni

Sei rimasto li per ore ad ascoltare le voci della  città

Volevo afferrare il senso della realtà

Nulla ha  più senso di  noi stessi

Mi muovo nella mia vita con il peso degli anni

Baciami adesso

Non posso,  sono sul punto di una vita spesa in fretta

Hai perso il tuo tempo

Lo ricorro nel vento

Afferra le mie mani

Ti prego non sporcare questo sogno di sangue

Chiedimi dove andremo

C’è mia madre che m’attende

Sono sola nel mio amore

Ridi. I sogni che dal cuore mi fiorivano come triste, come triste dileguare,

alba, io veggo a 'l mar, flottiglie candide di náutili!

Io sono il frutto di un amore acerbò che maturò  al sole di giugno in un pugno di parole legate ad un amore fantasma.  Fuggo nella furia dei sensi  dall’origine del male che mi perseguita poscia mi conduce ignaro per foschi  colli  nelle  profondità  del  vivere moderno. Lama  conficcata  nel cranio di un vecchio dio che dorme su un  letto d’alloro,  sulla sponda di un fiume che scorre e trascina i corpi dei vagabondi , dei derelitti , dei senza tetto , di chi giace già in una fossa.  

La vita è  crudele quando questo marcio amore .

Mi ronzano pe 'l capo sonnolente in quest'arsura immensa i versi a sciame senza pietà, qual turbine lucente di scarabei da putrido carcame.

Sono sul punto dal non capire chi sono, un fuggire lasso in   una forma triste che mi perseguita  mi conduce nel  caso  infame,  nella notte dai mille  volti , sul  tuo corpo nudo.  Ingrata  stagione,  figlia dei miei lascivi versi,  figlia di ciò che amai in  una sola notte , in  me stesso,  nel principio che assimila le memorie degli eroi  e mi trasforma in un leone o in  in un vile essere che  per  meste esperienze  bruciano  come la stoppa sopra al fuoco delle passioni.

Vorrei  vivere

Mi spoglio del mio bene

Calato lo  panaro signora

Siamo qui , non ci vedete

Tutti pronti a cantare una nuova canzone

Tutti come un dio senza nome

Che vile vita

Mi offendi,  non credi

Sei rimasto da solo

Non dispero ne oso parlare degli altri

Sei come ieri

Sono nel gioco del dare e dell’avere

Sei mio figlio

Sono il tuo principe azzurro

Non farmi ridere te ne prego

Perché non getti via questa maschera

Brucio dentro le mie passioni

Forse dovremmo smettere di vederci

Lo credo anch’io

Siamo troppo vecchi ormai

Sei rimasta la stessa di ieri

Io cerco a bocca aperta, avidamente, un po' di rezzo qui sotto le rame: dinanzi, l'Adriatico silente

ha barbagli terribili di lame

Lungo questo  costa andai , immemore di ciò che ero,  con ardore con lo zaino pieno di mesti canti  che danzano per me come nibelunghi  ubriachi  d’itali amori. Lungo il mio cuore solitario nella festa delle ninfe , nella bramosia del peccato nel punto in cui sono,  come un assolo  jazz che mi conduce per disgrazie ed estremi lirismi , isterismi impropri , oggetto d’amori carnali . Oggi sono il fuoco , sono la tua passione verace,  l’ultimo amore che brami a braccia aperte dentro un letto di spine,  con il tuo animo ferito con la vita che ti trascina dentro una bara.

Ho cercato di cambiare

Ci sei riuscito in parte

Prendi un caffè ?

Sono troppo pudica per essere nuda davanti a te

Sei rimasta una bambina

Sono qui che piango me stessa

Il modo non ha colpa

Ero pronta a partire con te verso altre terre

Rimane  il mio spirito , il mio amore segreto

Non mi guardi e ne mi aduli più come un tempo

Viviamo di illusioni mia cara

Sei bello dentro il tuo odio

Sono un uomo dentro al suo  destino

Mi conduci in dimensioni inopportune

Sei qui con me non basta

Prendi la mia mano

Tu afferra il mio corpo

Lasso,  meschino scherzo senza comprendere che  la sorte ci ha reso cosi simile al nostro peccato nella vana gloria degli atti , uniti al desiderio di una vita infame,  forse fatta di sole parole legate al carro d’apollo . Fuori la porta di un epoca troppo cattiva,  troppo caotica che accumula fortune e falsi miti , industrie,  palazzi , edifici pubblici , alcove segrete,  letti d’ospedali.

Vien per la spiaggia lento il funereo corteo seguendo croce e cadavere:

sol qualche risucchio di fiotto, qualche singhiozzo di strozza umana

Pazzo , sono nel non aver compreso me stesso , il mio dolore di padre,  pazzo sono stato a cadere nel pozzo con tutti i miei desideri , con la sorte stracca  che danza intorno ad una croce in fiamme.  Solo dentro una sagrestia , con un sconosciuto chierico,  che mi domanda quando sono morto. Ed ora non provo dolore,  neppure compassione,   piango  sul talamo nuziale la mia speme,  il frutto del mio amore venale, ed elevo il mio canto nell’inverno , inoltrato sopra il vivere spezzato dall’alito del chierico .  Fuggo dalla sorte megera , dal dannarsi per nulla,  come un trottola giro e rigiro dentro le mie storie perduto in questo amore. Un  mosaico che tiene in se mille pezzi diversi di versi e sostanze effimere figlie delle mie illusioni , figlie dell’ acerbo bene  che mi trascinerà dove il sole muore,  dove tutti hanno qualcosa  da dire.  Sarò nel mio vivere un amo gettato dentro il mare , sarò li in attesa che qualche pesce abbocchi ,  mi trascini ancora più in fondo alle mie storie ed in mille leggende vivrò di un amore grande quanto il mare .

Ora a  tratti a tratti  si rompe il silenzio greve; ne 'l cielo non una nuvola, non alberi a 'l piano, non vele spezzano  il  fascino de l'azzurro...

Fuggo dall’orrore dei giorni , dai morti messi ad essiccare al sole , fuggo nel mite azzurro , nella bellezza che presume ed induce nella forma che governa il mondo . Come un bambino bagnato di pianto come un figlio perduto dentro un sacco uterino, sotto   mille coperte di lana , in un amore severo , verso un altra storia,  lasso ed esule , figlio della mia sorte, perduto  nel canto di eurione che prova ad ammaliare gli dei ed incredulo suona la sua lira nel bel giardino delle esperidi,  tra  bionde dee,  tra cherubini e miti immemore del male . Con la bocca colma di  versi arcigni    freddi sollucheri  metri di nostra vita che ci conducono per mondi disordinati in oltretomba ed urbe desolate . Questa mia vita è un lungo viaggio nell’immagine di te che riempie il mondo d’amore , questo mio sogno è l’attimo di mille vite e sarò incredulo , forse bandito dalla città dei poeti e nei falsi miti sarò il signore dai mille volti.

Dietro la croce, dietro il cadavere, con litanie lunghe, allontanasi, va la pia carovana sotto la tragica luce immensa.

Ho bevuto l’assenzio,  ho bevuto dalle mani della vita,  dolci versi sugosi , mi sono tuffato nel tuo spirito nella morte di un tempo che attanaglia il vivere di memorie elleniche,  chete scemenze  fino all’osso nell’ossesso del sesso nella forma avulsa alla speranza alla mesta melodia di un mondo che continua a dormire nella  bella fiaba  d’Ermione.

Conquista il mio corpo

Rendi il mio dire felice

Non vendo parole

Sono io che cerco amore

Mi turbi con il tuo sguardo sornione

Mi svesto lesta e sono da te

Mi prendi per il deretano troppo onore poco gioco di squadra

Mi hai vista attendere  un amore maledetto

Ero sul punto di credere che fossi mia per sempre,

Sei rimasto ad aspettarmi

Ero deciso  d' andare fino in fondo

Mi hai baciate poi bruciata

Non volevo ferirti cercavo un  nuovo amore

Illegale vorrai dire come le rime senza lima

Come te che mi guardi con la bocca colma di baci

Sei tutto ciò che  sento

io credo d'essere l’odio che ti trascini seco

Respira  l’aria dei monti

Se potrei sarei un dio

Sei rimasto ad aspettare una nave carica di sogni

Ero  quello che cercavo

Non continuare a dannarti per un nome intriso di amori passati

Provo a convivere con il mio tempo con quello che sono

Sei troppo piccola nell’ordine delle cose

Sono l’ultimo amore , forse l’alba che s’affaccia

Canteremo con il resto dell’umanità la nostra storia

Sono qui che t’attendo con un cero in mano

Brucio nelle mie  passioni nell’insignificante foga amorosa

Pochi battiti d’ali  mi conducono lontano nel tempo in cui fummo,  nel passo di una danza nel vortice di versi  colorati in  volo come una farfalla sopra un mondo distrutto dall’odio

 

Si frangono le acque odorose con fievole musica a 'l lido; scintillano l'Orse ne 'l cielo profondo: un filo di luna su 'l mar tramontò.

Ed io veggente   andrò  in   volo come un gabbiano ubriaco d’amore,  ubriaco di canti , esule,  verso l’ossesso perso  nel  tempo in cui fui , come fosse me stesso o un altro , come nel  gioco delle ombre come sul  treno che passa,  come questo vivere disprezzato, diviso da mille misteri,  archetipi di un gioco verbale, confuso,  strano,  pazzo  forse più  folle di mia madre , forse più  bello del dio nascosto dentro di noi  luce  calante,  falce di luna sopra le nostre teste. Le nuvole mostrando il sorriso di un dio fedifrago , falso mito,  falso sogno ingordo ed  ingoio l’odio e l’amore del mondo,  dormo sotto un ponte come un  re di picche , il mio  canto  attraversa il tempo che porta oltre.  Verso Ladispoli, verso Bologna magna , note  dalle mille maglie colorate,  figlie  dell’ulivo del volgo dell’amore mosso  nel superbo cammino.

A tratti da le aie lontane mi giungono i canti co 'l vento; io veglio: da 'l cuore germoglia la strofe, ma bianca dinanzi la pagina sta.

Sono teso  nel testo,   apostolo , seggo dentro il caos dei mie versi,  nel soffrire  d’ amore che non regala all'animo pace.  Cerco dentro il mio verso sagace , spiegazioni , strofe amorfe fatte di  forme consone a  viluppi canori , ore morenti , mors tua vita mea.  E fingo dal credere nella possibilità di una redenzione ed azione il cambio , ingrano la marcia e vado di corsa per le strade della mia piccola  città . Sono li tra le meste tombe,  tra nomi altisonanti , sono dove ebbi modo di capire,  dove questa vita fumosa , falsa ed in fasce,  scema nella storia decantata  di un  inganno morale .  Nell'aurora l’ora tarda a venire , lesta pregna di buoni propositi,  tra  incerte rime,  eremite mitiche figlie di anni d’oro legate alla virtù di molti amori .

Ed ecco, supine le membra distendo a 'l richiamo de' sogni... Oh, vienmi su 'l petto, gentile vampiro; ti dono il mio sangue, la mia gioventù́.

Donami  l’ordine delle cose,   le molle membra,  belle a letto  che  dormono accanto al mio corpo come nel tempo dei signori della guerra.  Il sangue  scorre nelle mie vene , come il verso  greco   che preme contro il mio ventre  .  Mite  senza peccato con la morte accanto , con te sul mio seno,  nella mia vita  creo l’amore e fuggo dalla morte e  da ciò che sono.  Non voglio cadere in tranelli in anelli in molte rime  bisbetiche ,  eclettiche chete , tutte sole come verghe erette pronte a fare la guerra alle folte  fighe dell’isola di Samo. Sono sulla bocca di un fiume  che vedo  scorrere,   mi trascina a valle,  veggo immortale nella mia presunta genealogia l’amore che  mi conduce oltre ogni termine,  oltre ogni illusione , sopra il monte di venere . Seggo  e li rimango incredulo di molti amori mai assaporati ,  fuggo  e fingo di essere me stesso nel mio verseggiare,  originale,  svelto come il vigile vicino alla fiamma che doma con il suo idrante . Ed infine mi chiedo se mai   io  sarò  salvo,  nel  tempo che ha  arso il corso della mia povera storia .

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Primo Canto Di Gennaio




PRIMO CANTO DI GENNAIO



Gennaio è giunto con il gelo di sempre, attraverso porte che si chiudono e sogni che volano via dalle finestre aperte verso un nuovo anno. Gennaio con le gambe corte che saltella là nell’aia e non sa dove andare, dove è sepolto il suo cuore d’inverno. Ho scoperto tante cose là tra i miei ricordi, tra giorni uguali, tra giorni e mesi aperti ad altre esperienze. Mesti ricordi ed il mare entra dentro di me, esce senza bagnare il mio sogno fanciullo .

La bellezza del viaggio, le strade che si sono divise , le donne e gli uomini che entrano ed escono dalla loro esistenza s’alzano in volo verso un cielo stellato , mentre le navi dormono nel porto. Ed il dolore ha occhi piccoli e piene di lacrime, ha mani callose, ha una gobba ed il bambino sorride agli ultimi , mentre le ore passano , mentre il mondo cambia , diventa un altro corpo , diventa un nuovo spirito nell’esperienza , nell’eco dei canti, s’elevano nel vento freddo di gennaio alle porte.

Sono qui non vieni a giocare
Non voglio morire dietro questo sorriso
Io non voglio andare via
Prendi la mia mano
Non tradirmi
Non sputare nel piatto in cui hai mangiato
Sono qui che canto
Cosa t’importa di sbagliare
Sono incompreso
Sei stata tradita?
Sono quello che sono, un altro sogno
Non dirmi più quelle brutte parole
Non pregare la sorte
Vai nel vento è canta la pace

Mi sono perso , disperso dentro un'altra storia, dentro un altro canto , inerme come un verme striscio, scivolo via , vado e non conosco l’amore e l’odio altrui . Ed il sole s’immerge sopra i viali solitari , tra le dune di un deserto ove il pensiero prende forma, tra le macchine che corrono nella nostra esistenza . La solcano, l’attraversano vanno dove non si sa, dove finirà questa strada che ci conduce verso un'altra storia. Sole che emerge sopra i tetti delle case rosse e verdi , sopra le piccole case a forma di cuore che palpitano all’ombra degli alberi che dondolano nel vento che attraversa la loro vita. E un gruppo di uomini danzano intorno ad un bidone della spazzatura, mentre la luna cade in mare, la donna si denuda e mostra la sua peluria, il signore si uccide per un strano amore , mentre tutto è giunto alla fine, anche gennaio apre le braccia e abbraccia l’inverno. Freddo che entra con la sua falce , con la sua bocca sbavante, neve e gelo gambe pelose che fanno paura.


Non lasciarmi qui da solo a contemplare la morte
Non voglio bere questo amaro veleno
Non fare tardi stasera
Son forse il signore di questo canto ?
Io sono la strega cattiva
Io sono un folletto e danzo sulle punte dei piedi
Aprite la porta
Venite a danzare con gli uomini intorno al bidone dell’immondizia
Siamo in tanti
C’è spazio per tutti
Non vogliono capire cosa è la logica
Aprite la porta all’esperienza
Aprite la porta a cristo, siamo in tanti e vogliamo vivere
Vivere ed amare, bere veleno di primo mattino , morire ed amare
Adesso lo detto detto grossa
Sono in tre là a cavallo
Saranno i tre magi
Senza la stella cometa
Con i turbanti in testa con i doni per questa umanità ferita

Le rotaie del treno, azzurre come il cielo , si snodano all’infinito , corrono parallele in mezzo alla campagna , per terre sconfinate coperte dalla neve , invase dal freddo, nel canto esule degli uomini di buona volontà . Un canto povero che non ha domani , non ha vestiti, destino solitario come la morte che bussa forte alla porta, che dice fammi entrare , lascia che io sia la tua vita, la tua sorte , il tuo breve sogno che sboccia nella tua cattiva coscienza.

Verranno i giorni freddi , i giorni senza nome e senza pietà che ci lasceranno stupiti nel peccato . Prigionieri nella verità che cresce e matura come un frutto tra i rami dell’albero della vita. Un frutto che un tempo era un fiore ,adesso il sogno del genere umano il loro figlio prediletto. E capirai di non essere solo quando lo vedrai , disteso tra te e ciò che sei , tra il tuo passato ed ciò che sei , tra il mare e la terra , tra il dire ed il fare . Ed il suo spirito è un gabbiano che vola in alto tanto in alto che difficile da seguire .

Chi sei dietro quei occhi
Sono il tuo passato, la tua morte
Ho paura di guardare
Vieni nel mio cuore, siedi dentro di me , signore dei sogni
Fuggo per metri e versi , scopaio nel nulla , nell’amore raggiunto
Predi un bicchiere di liquore ?
Non bevo , sono astemio
Non fare cosi , entra dentro il tuo presepe
Non voglio fare la fine d’Erode
Sei il benvenuto a Bethleem
Non continuare a bere il tuo odio
Mi ritengo un santo
Scagli la prima pietra chi è senza peccato
Venite a danzare intorno al fuoco
Ma questa è follia
Son sempre più vicino i tre magi , sono tre re dai colori diversi
S’avvicinano alla grotta
Fermate questo treno
Non si può, ti rendi conto, non si può tornare indietro
Chi grida li dietro ? il giovane medico balla felice nella sua incoscienza, nel vento pungente , solo sulla fermata dell’autobus , che lo porterà verso casa, verso un altro amore , verso un altro inizio, sua moglie è incinta, suo padre morente dentro un misero letto, tutto è come abbiamo immaginato fosse . Ora pensa all’estate trascorsa , alle verdi scogliere , all’Innocenza che hai lasciato in quei lidi infantili.
Lunghi i grandi viali che conducono oltre questo breve sogno , oltre l’immagine di lei che siede nel mio cuore. Sopra bianche colline di neve che scende fitta nell’animo, come è dolce stare in un angolo in compagnia di un angelo.







*

Verso Un Nuovo Anno

VERSO UN NUOVO ANNO




Viaggerò tra morbidi cuscini sulla scia di un domani effimero. In compagnia di un mesto canto, empio ed oltre andrò perduto in mille note allegre. Giungerò nudo forse seduto sul tetto di un auto origliando ascolterò le voci vedrò il bel natale andare a zonzo e forse incredulo cercherò tra strade fredde ed a s’apre il bel tuo volto verso un giorno migliore ascoltando il vento e il potere dei maghi del natale. Canterò le odi al signore dai mille nomi dal viso color caramello. Ascolterò le voci del tempo e la morte verrà sul dorso di una moto correrà contro il vuoto di mille anni e nell’ipogeo nel genio che trasmigra ogni cosa e possibile come nascere in una grotta dentro una casa ove un cuore continua a battere nell’ore che mi fanno ricordare tutto il tempo trascorso.

Ora la pastorella ha una bella bocca ride mostra il suo didietro mostra questo cuore questa sorte che io ebbi ad amare ebbi un dono e proverò il dolore di mille dei proverò il giorno spalmato sopra il tenero pane sopra questo mondo io corro in tondo ballo e canto il mio dolore canto le guerre le spose ed il marito ferito canto il bambino che in noi. Cosa ascolto cosa penso nella sera fredda il mio cuore batte e pensa esulta mostra una parte di se mostra questo amore venduto mostra il gioco intrapreso mostra il sogno ed il vento mi porta via oltre questi nubi. volo a braccia aperte e canto sopra i tetti delle vecchia casa la mia pena il mio amore venduto per pochi denari.


Ora sarò il mite signore dei sogni , l'uomo dai tanti volti ed io vivrò in eterno nella parola che evade e gode di se. Fugge il mio verso gemente nell’attimo che scopre un sogno pietoso. Scopre il caos dell'universo ed io ammirerò il mondo bruciare nel suo peccato al fianco del prode cavaliere combatterà impugnando la sua spada cavalcherò oltre il giardino dell’esperide nel sorriso dei miti giganti .


Aprite la porta
Chi è là
Sono io il signore dei sogni
Aprite fate presto
Scendete venite a salutare il prode signore
Veniamo lesti in maniche di camicia con zappe e forconi in mano
Venite ad uccidere la bestia
Cerchiamo la terra promessa
Qui non c’è nulla se non un cuore che batte ed una donna malata
Ci sono i bimbi i nostri bimbi che soffrono
Venite tutti al bar a bere Martini ghiacciato
Siamo li tra poco
Credi di risolvere ogni cosa ubriacandoti
Fa freddo ed il cuore si riscalda nel tepore della fiamma che arde in me
Sei rinato .
Sono certo che ogni cosa sarà migliore di oggi
lassù i fatui fuochi splendono laggiù dove termine l’orrore della vita
Verremo tutti ad ascoltare le tue parole
Non c’è pace la fiamma continua ad ardere in noi
Siete figli dei miei sogni siete figli della sorte
Questo mare ci trascina verso terre sconosciute
Le onde godono nell’andare lontane trasporteranno i corpi dei nostri morti li porteranno dove il sole nasce e muore dove i sogni fioriscono dove le voci dei fanciulli rendono lieta questo vivere. Ed ogni cosa si tramuta in un gioco d’ombre in un canto morente che percuote l’animo nel sonno.

Non lasciarmi qui da solo
Vieni entra grida pure il tuo nome
Fermo non toccare le mie mutande
Ed io credevo di saltare il pasto
Ora giaccio con te su un giaciglio di rose rosse
Prendimi fai di me cosa vuoi
Ora aprite questa porta
Tu dove vai
Ora scocca la mezzanotte tutti noi siamo figli del dio dei sogni
Ma non dirmi ed io che credevo di diventare un angioletto
Sei diventato un bel giovane
Tu sei una stella del mattino
Io luccico nel buio come nei giorni chiari
Ma tu splendi nella tormenta della vita
Sono il faro dei viandanti
Nuda rimani vicino a me
Tu abbracciami , stringermi forte
Che freddo sotto questo cielo
Le ore stanno passando fai in fretta a casa mia madre m’attende
Non lasciarmi così un ultimo bacio
La mia bocca si congiunge alla tua la mia pelle odora di te
Sono io nessuno o il mondo mi ha dimenticato di nuovo
Non lasciarti andare tra le braccia della stige
Non credevo di venire subito
Apri le braccia stringimi forte
Ora e sempre un solo corpo un solo battito
Nel mio dormire, nelle mie rime tutto l’amore
Venite , venite voi tutti figli dei miei sogni e dei miei dolori alla gran festa del signore dei sogni.

Tutto passa, ogni tristezza svanisce nella fredda sera le luci di natale splendono la fuori luccicano a migliaia una ad una si uniscono in una sola luce in un solo bagliore e tutto diviene bello come avevo immaginato fosse. corro e ballo , la mia vita canto, il mio sogno diviene una luce immensa che illumina ogni povero cuore. Sere di fine d’anno tutto scorre nei miei tristi versi come salire sopra una scala ridere innocente credimi tutto sarà così dolce sarà come l’abbiamo immaginato fosse come il canto del cigno come nel canto del capro la nostra tragedia si consuma diviene parte del mondo parte di milioni d’anime di milioni d’uomini che sognano di avere un regalo per questo natale. freddo solitario natale eleva lo spirito verso altre dimensioni conduci il senso del vero lontano dai fatti come una lingua biforcuta penetra dentro la tua bocca dentro di te dentro la tua gola. scende la saliva scende il santo benedetto scende il vin santo e sono beato ubriaco nei miei versi tristi appeso ad un sogno infantile tenero dolce come le sere passate insieme agli angeli del cielo.

Ho dimenticato d’essere me stesso. Ora sarò il signore distratto che sale sull’autobus pieno di pensieri sarò il signore seduto di fronte a te che narra la sua vita le sue vicissitudini il senso delle sue frasi sconclusionato sarò l’attimo come il tempo trascorso sarò l’amore trovato per caso. Viaggerò nell’autobus attraverserò strade quartieri vicoli bui per poi salire lassù in cielo con gli angeli. berrò whisky di sotto marca poi faro finta di aver capito. Tirerà le mie reti ed il mio pescato.

Non prendermi per la gola
Ci mancherebbe sei matto
Dimmi quale e il tuo scopo
Sono qui che aspetto
Non voglio finire arrostito
fai ammenda dei tuoi peccati
Poi non chiamare il demonio
Sono costretto a benedire le tue parole
Io vado dove non c'è nulla
Non ti trattengo oltre
Siamo in tanti
Prego entrate in questo cuore
Non ferirmi ancora
voi non ridete di me
Attento non passare con il rosso
Sei un sogno o incubo
Sono la bellezza dei tuoi anni
Fa un freddo cane
Scendi giù riscaldiamoci vicino al fuoco
presto Scendo
Vieni subito
Portami il tuo amore
Dimmi ti voglio bene
Non lasciarmi sola
Non credere che non ci avessi pensato
Sei li a due passi del mio cuore
Sono qui che t’aspetto da ore
Il fuoco brucia i ricordi. brucia tutto il tempo trascorso insieme e non c’è limite al nostro credere. Non disperare non esiste amore che non possa cambiare questa nostra esistenza , questo correre dentro un nuovo orgasmo, breve sogno di nostra vita, un solo corpo un solo spirito, verso il nuovo anno che verrà.

*

L’ode Dell’Altro Mondo

L’ODE DELL’ALTRO MONDO


Nei mesti canti natalizi , lasciarsi andare in appaganti sogni per viaggi luminosi verso nuove speranze . Figlie di molte esperienze in mezzo ad una strada , dormendo sotto un ponte con in testa un idea fissa di libertà. Sotto un cielo straniero nella lasciva sorte sulle note di un canto africano che giunge da lontano porta seco l’odore di una terra negletta , di una vita infame in uno sperduto villaggio dello Zimbabwe . Nella legge morale che è in noi esulta infiamma l’animo e la mente ti fa ripercorre a ritroso il senso di essere sulla scia di una canzone di natale . Mesto canto che s’eleva all’alba , sbucando da un sacco a pelo sporco , pieno di cimice ballerine . Disordinato in vari discorsi , dove abbiamo compreso cosa essere sulla fermata dell’autobus , nella sorte che ci fatto incontrare su un treno che non farà mai più ritorno.


Un nuovo viaggio e siamo ingabbiati dentro un meccanismo dentro un dubbio senza un paio di scarpe nuove , senza un nuovo pantalone senza lacrime. Come un verme della terra strisciare poi diventare un leone , un toro , un astro del cielo in mezzo alle stelle cantare la pia canzone mista di rabbia. Andare sopra antiche rotaie in quel dubbio amletico in mezzo alla sorte nel bel mezzo di un freddo inverno. Ordinerai tutte le tue idee sarai l’artefice del tuo destino figlio di questa terra straniera in questa terra che ha visto morire tuo padre e tua madre ove hai creduto di giungere in una nuova rinascita.


Tutto così strano tutto da rifare senza alcuna importanza mieterai l’erba dai campi incolti , spaccherai la brulla zolla ed il ragno briccone farà finta di tessere una tela per te mosca ignara del suo incubo. In un altro sogno sullazzero e screanzato ubriaco alle prime luci del giorno. Tutto scorre nel bel dì con essa il male che anima l’animo. Tutto ci porterà dove abbiamo iniziato nell’essere un principio una fine . Sentirsi soli in queste sere di dicembre danzare tra le stelle o sotto un ponte , dormire sotto una gonna , ammirare il panorama poi morire lentamente dopo aver bevuto il sacro calice della giovinezza. Ebrezze sefardite miezzo fatto dimendicando . Oltre andato poi mai più ritornare da dove si è partiti con tutto il male patito .


Ed il resto del mondo non conosce il tuo nome non conosce il tuo viso e la sorte ti ha tradito prima di divenire nero a metà. Nero oltre ogni limite oltre l’intendere il tradurre il dire che deduce poi piscia dentro un fosso con tutte le sue illusioni e non ci sono scusanti la morte non paga il prezzo promesso. Ci sarà sempre qualcuno ad attenderti , qualcuno che ti ama si ferma a guardarti correre verso un nuovo traguardo, verso quello che hai seminato. E la città cadrà ed i dannati salteranno il fossato , entreranno con lance e forconi con in mano spade d’acciaio, uccideranno chiunque s’oppone , uccideranno se stessi e la speranza di poter vivere in pace. Questo il prezzo , questo il senso , chi si presenta allo sportello si riprende l’idea originale.


Mi chiederai se ho commesso errori , sono stato cosi a lungo dentro un fosso insieme ad un morto, ho parlato con lui ed egli mi ha raccontato la sua misera vita .

Mi hai lasciato con l’amaro in bocca , sopra una cavalcavia in attesa di un cliente.


Mi narrerai del tuo nome ? Mi farai vedere di che pasta sei fatto.

Ahimè ho perso il treno delle sette.

Hai messo la maglia all’incontrario , non hai ancora messo il cappello di lana quello che ti ho comprato a natale ?

Credo che mi ritiro di nuovo dentro un idea di solitudine.

Faresti meglio ad uscire da questo dilemma.

Ho ripreso a sognare, sono andata oltre nel tempo, mi sono spogliata delle mie afflizioni ho dormito , ho urlato contro il cielo poi ho cavalcato un cavallo alato ed ho volato sopra una città presepe cosi ho partorito una nuova idea.

Hai lasciato chiuso il mio gatto nell’armadio? Quando capirai che essere giusto è essere se stessi . Come sarebbe bello mietere glorie da un amore insignificante.

Non tentare la sorte . La vergogna scorre mista al sangue degli eroi

Dentro questo strano dialogo con angeli e demoni , dentro questo discorso frutto di un mistero picaresco , dentro la bocca del leone fuggiasco nella ragione fatale . In altre storie perduto in un alito di vento vedo la fine , vedo cadere angeli e demoni e mi sembra tutto bello anche se la miseria ed il ricordo ritorna nell’ode decantata. Canto come un orbo vagabondo, nell’amore della donzella che si aggiusta le calze rotte in una tenera carezza. Nel tempo trascorso in questo e quello ch’eravamo , come prima di essere salito su questo treno, per andare esule nel canto dall’altra parte del mondo.


*

Canto Dei Goti

CANTO DEI GOTI



In versi ombrosi andai con passo lesto con musici dilemmi . Il sogno mi condusse in memore esperienza eletta a grande impresa per strade tortuose per valli in fiore ove mesto il pensiero geme nella passione verace di ricordi sotto olmi e lunghi i vialoni adombri ai lati di platani morenti. Di molte vite esule nel bel canto scipio che risorge desto nell’animo che mi ravviva nel rammentare i miei anni nella sorte certa che mi condusse per codesti luoghi remoti.

Vedrai tu giovane le belle sponde dei fiumi , i marmi dei tuoi avi le belle donne adunche sulle panche con chierici segreti di come la vita nasce in scempi ed in clamori d’amori che sono antichi più antichi dei tuoi sogni e nel bel canto in cori d’alleluia nell’aria si consola . Capirai cosa è la morte casta di militi ignoti di mille creature nate dalla corteccia celebrare di un albero secolare pendulo sul colle del dolore.

E guarderai negli occhi quel tuo amore solingo con lei rimarrai in disparte a pensare all’incerto futuro tra gran balli ed epodi i tuoi nipoti illustri il vago poi chiarore traluce nell’alba della tua libertà. Si rimarrai solo, con tutti i tuoi anni con la morte di un era che spinge nel decantare desta tu sarai e ti spoglierai dei tuoi vizi delle tue virtù fallaci.

Quando l’amore verrà , sarai solitaria o mesta ancella nel gran casino incerto nel tuo silenzio ozioso nella bellezza di un atto che spinge a credere che rugge come un leone affamato . Amore ti consola ti spreme le meningi le chiose ed i ventagli , le belle mutandine dì pizzo e di merletti dai colori opachi , chiari nella veglia . Incerte liriche fanno emigrare di volta in volta verso l’America e lontane indie . E ritornai a casa stanco in preda a mille dubbi ed ero figlio tuo di gran cagione si immemore mi calai i calzoni poi portati la mano ed quel gran calore la mesta sorte mi avviluppo nell’incanto dei sensi. Ora son morto e canto le mia gesta per valli e monti in piedi pronto ancora a morire per rime taccio e faccio gran bisogno di sentire te mia vergine immortale , mia donna, mia amante , mia regina di cuori.


II

Cosi per giorni lieti spinto dal vento andai esule nel pensiero rincorrendo la fallace immagine di un tempo perduto lasso nel mio silenzio senza capire cosa mi stesse succedendo . Solo nella speme solo nel senso insito di una frase che tramuta in se ogni cosa in un lirico delirio di molti versi scritti in fretta con passione e diletto con amore casto fuggito nella forma del gotico nella bugia , nella ragione mortale m’ accompagna per giungere ove il pensiero annega nell’immagine empia e maldestra.

Ti recherai oltre questo paese ed oltre i monti sarà solo con le tue paure e generando, gemendo , mitigherai ed incontrerai l’ignominia emula anima oltrepassando l’ardire lungi nel verbo partorirai l’immagine di te vecchio e stanco ed in preda a mille incubi alla sorte scevra di furori . Lo scrivere ti ha condotto nell’impensabile sodalizio. E percorro le strade del paese dimenticato nella sua memoria con le sue antiche chiese , senza chiedere chi sono , come e quando la luna cadde nel pozzo. E mi faccio carico di quel tempo mi insinuo nel suono mesto in vesti sacre e profane fuggo dall’umore popolare.


La bellezza non ha prezzo , esclude lo sguardo alla morte nei pensieri esuli nel loro suono nel loro discendere il bene dal male e son timido forse senza capire la morte mi sembra cosi vicina. In noi riflettiamo sulla caducità delle rime , sulla riluttante esperienza di un organismo che ci costringe a ragionare, secondo canoni e forme che non hanno misura delle cose create . Ed un diletto o delitto poter ammirare lo scorrere per rime del tempo che ci ha condotti verso questa morte in questa civiltà contadina. Ed amerai i tuoi simili li adorerai ne copierai le gesta e sarai come loro artefice del genio insito nella forma organica che avanza , mimetizza ed esulta al canto. Sarai fermo sopra un banco di prove, sopra un cumulo di rifiuti alla ricerca di ciò che siamo stati, saremo la a combattere i mostri della ragione metafisica.

Lontano dal coro di voci , per mesti sentieri tra i campi incolti ove Cerere desnuda nell’impressioni dell’animo lassa nella sorte lesta abbraccia il creato ed implora vendetta. Dea nei verdi anni suoi , nella magia scemando e domandosi se tutto può essere in vero una forma amata un fuggire che conduce oltre ogni credere a quella divina sua bellezza . E mitica appare nel chiarore di secoli oltre ogni concezione nella funzione e nel discernere la bellezza casta nella sua sorte di donna , dona con ardore languide carezze in giorni lieti per passi incerti tra esuli solitari confini.



*

Nenia Di Tutti Santi


NENIA DI TUTTI SANTI

EPICEDIO DI TUTTI SANTI

L’epicedio risuona di nuovo nello spirito dei santi nel fluire per immagini per spiagge ed altre ragioni , mi ritrovai in un selva oscura e la vita mia era smarrita per luoghi terribili . In mezzo alla danza degli scheletri tra uomini nascosti all’ombra di un altro sogno nel fluire per rime, vidi la morte prendere un caffè al bar in pigiama .Tutto scorreva , chi pregava in silenzio , chi cercava di volare per altri lidi nei canti funebri in vite eccelse tutto scorreva veloce.

Quando ogni cosa ti sarà chiara rinascerà l’esistenza che abbiamo desiderato.

Veramente ed io sarò li ad aspettare mi faro un nuovo vestito fatto di stoffe pregiate con passione affronterò la mia sorte.

In quel giorno arriveranno le amazzoni a cavallo a seno nudo, imbizzarrite dopo aver bevuto assenzio li sentirai dire : la vita è una disgrazia.


Creperò dal ridere mi vestirò da somaro faro finta di essere un imbianchino di ritorno da lavoro , mi toglierò le scarpe ed aspetterò mia moglie mi faccia da mangiare.

Stai attento in quell'ora funesta troverai tua moglie tra le braccia di un orco canterino che ti canterà l’incerta vita sua.

Ho costruito il mio amore sul bel dire ed ero soddisfatto di come iddio mi aveva trattato anche se il mio credo vacillava nella vasca della bagno. Forse in quei tempi le mie passioni era già annegata ed io attendeva un nuova era che con la marea avrebbe portato via le mie lacrime le brutte cose sognate i pensieri fallaci.

Quando giunsi all’eden il bar era uno ritrovo di teppisti perversi . Alcuni vestiti da principi altri da straccivendoli e la signora dietro il banco cantava la sua triste canzone nell’eco della vita raminga nell’eco dei giorni passati , trascorsi nella sorte avversa. La sera era mesta come gli occhi del cerbiatto, come il salto dello stambecco che saltellava nei sogni del parroco , nel canto della sua morte. il paese cambiava umore , cambiava pelle come un serpente . strisciava per vicoli immaginari alla ricerca di una preda di un pensiero felice. Grasso , piccolo un minuscolo uomo si affacciò sulla soglia della casa e fu subito mangiato dal serpente.

Ora bada bene dopo essere riuscito ad uccidere la serpe in quella pancia troverai i tuoi simili , troverai l’amore da sempre cercato e non dire in giro che il parroco era cattivo. Poiché verranno i cavalieri della tavola rotonda, verranno in groppa di asini alati con coraggio porteranno la palma della pace , canteranno aria antiche e diranno : tutto il paese è libero nell’arbitrio promesso .

Dietro il banco la bella donna dei nostri sogni continuerà a sedere con i suoi grandi occhi intrisi di sogni , venduti a meta prezzo tra un caffè ed un martini con ghiaccio , con il cuore trafitto al banco c’è chi beve litri di vino per diletto. Nella sera dei santi , solo con chi è morto , con chi non ha più nulla da perdere, con chi gioca tra mille bottiglie di vetro con questa morte che ritorna sempre e non si stanca mai di dirti : adesso mi vuoi , che si cala la mutande e ti mostra il sogno di una donna ribelle nelle sue paure. Si elevano i canti , Kaddish nell’eco della sera con le sue paure nel tempo rincorso. Con la donnina si va a braccetto, si discute del più del meno di come avremmo potuto essere e non esistono conclusioni in merito. Pendiamo aggrappati ad un filo , reciso nella collettiva memoria ed ahimè non si riesce ad afferrare l'immagine. Si rincorre per vie ove l'amore attraverso la mia memoria. Ed il timore di Dio si fa più forte mi spinge a credere ancora.

Sazio tutto diventerà un canto, vedrai ogni cosa sarà come desideri come le sere trascorse insieme nelle lunghe passeggiate immaginarie mano nella mano verso un precipizio senza fondo, verso mille ameni pregiudizi. Prigioniere le passioni chiuse nella gabbia di un uccellino che si lima le unghie , canta la sua canzone con una sigaro tra i denti . L’amore che abbiamo rincorso proverà a fuggire sarà come un fuoco d’artificio, sarà quella bella giornata passata insieme nel sole dei versi scritti a macchina in fretta , sarà come il sangue del toro sgozzato ucciso per strada e tutti danzeranno sotto la pioggia , danzeranno con le loro afflizioni e qualcuno influenzato , andrà per mare burrascosi in maniche di camicia. Con il suo vestito buono rincorre il sesso che la porterà lontano oltre quella linea d’orizzonte lo porterà su di un isola felice dove c’è gente che ha dimenticato cosa sia ragionare.

Vorrei salire anch’io su quella barca , ma ho paura di dire per rime ed altri sonetti quello che sono ed aspetterò che tu ritorni dai tuoi lunghi viaggi intorno al mondo alla ricerca di qualcuno così simile a te. E nell’attesa delle sere di primavera con il cuore che batte forte con la morte accanto che canta la sua canzone incomprensibile nel discendere il bene dal male nella morte di un uomo che ha combattuto ed ha vissuto mille vite diverse si dissolve ogni timore nel riso che abbonda sulla bocca degli stolti. Hai tanto viaggiato , sei ritornato a casa con una donna dai grandi seni dalla bocca color cammello con una tua filosofia in una forma perversa ha concluso il tuo ciclo delle rinascite.

Lo so mi hai cercato ovunque ed ancora mi vedrai battere sul tavolo il mio dolore mi giudicherai e mi porterai a vedere cosa hai fatto in tutto questo tempo passato. Mi porterai con te in auto, verso un altro canto , mi trascinerai nella scia di una menzogna , nella disgrazia nell’ossesso del sesso. Capelli ricci vestiti da pagliacci e tu mi darai uno schiaffo ed andrai dicendo in giro che ti ho tanta amata che ti ho lasciata per un cammello senza sella.

Mi vomiterai tutto addosso , quando sarò li vicino a te , quando la mia bocca si unirà alla tua in preda ai tanti incubi in preda ad un riscatto con ardore si potrà ricominciare tutto da capo , si potrà assaporare un sogno sporco di sperma sulla scia di altri sogni vivremo del nostro credo.

Mi sembra sciocco tutto ciò , ogni frase non ha senso un insieme di pensieri disordinati che si muovono nella mia pancia.
La strada ci conduce al bar, illuminato dalle stelle, solitario in mezzo alla piazza con tutti i suoi folli personaggi , con un mago che trasforma gli uomini in pulce in corvi ed altre meraviglie si aprono alla nostra comprensione. Nei mille giudizi espressi in mille discorsi campati in aria ed ogni logica si risolve nel vago tentativo di vivere un amore aldilà del bene e del male. Certi di andare lontano da questa morte oltre il giardino dell’esperienza dove vivono gli angeli dove i demoni danzano una tarantella e mangiano sfogliatelle calde cosi buone , piene di immagini, di crema pasticciera , piene di ricordi dolci al palato . Al bar delle stelle c’è sempre qualcuno che cambia pelle come un serpente , c’è chi la dà per pochi denari , chi beve e continua a bere senza annegare nei suoi sogni.

Non piangere ora ci ritroveremo tutti in paradiso senza mutande in punta di piedi con pazienza costruiremo una casa per i sofferenti si farà quello che abbiamo sperato e porteremo la nonna al bagno e lei c'è la farà vedere e noi rideremo , saremo felici , innocenti, noi figli delle stelle , figli della luna caduta nel pozzo. Quando accederemo la luce nel bagno vi troveremo un mostro abbracciato alla nonna . Che paura , che confusione , tutto scorre senza senso nelle nostre poesie , nel nostro ridere nel portare avanti un principio una sostanza, atta a far capire chi siamo stati per in vero.


Non avevo mai osato pensare , tutto ciò potesse avvenire che il viaggio mi avrebbe portato nel vento nella morte di un tempo concluso nella terra dei pigmei dal piè veloce . E come la gazzella cadiamo nelle grinfie del leone mentre afferra la sua preda. Ed in un balzo nel bel di saremo tra le braccia del negro in guerra , contro mille guerrieri , contro un treno , contro le insidie della vita.

La signora continuerà a servire dietro il banco a ridere del male che le scivola dentro. E la morte gli siede accanto con le gambe incrociate , chiacchiera con le altere signore che continuano a dire tutto è vano amico mio.

In un paradiso perduto accompagnati dai nostri sogni con l’amore nel cuore con la forza del leone nel vento contro le macchine nel canto saremo alfine salvi.

Andrai esule oltre l’immaginario salire le scale della menzogna e nell’orazione ricorderai te stessa , la tua piccola vita , fragile come le ali di una farfalla , dolce come il nettare degli dei , gioiosa come il giorno in cui tutto successe , mitica come il credere come il dire per rime in diversi metri ed altre congiunture che non hanno senso non hanno un padre a cui affidarsi. Troppo diverso dall' uomo che ha la morte in pugno apparso nel sogno di te fanciulla decantata in questo laudatio funebris di tutti santi .

*

Desto Nel Canto

DESTO NEL CANTO

DI DINO FERRARO

Desto nel canto lascivo ed immane mi conduce all’amore di un tempo perduto in leggendarie memorie ora fuggendo per altri lidi e beate congiunture si lasso senza saper convivere di solo pane ed amore in loco. Tra insane genti, s’andrà intrisi di logiche ermetiche con elmi macchiati di sangue dopo aver lavorato vicino fornace cilestre e senza finestre, infaticabili nella falsità dei miti . Si andrà mesti , ignudi per ore liete , decantando con liuti e zampogne la mesta ricorrenza e non ci sarà destino che tenga in seno ombre di fallaci intelletti. Esprimere il vano concetto d’essere ed ingrato il conoscere per rime felici in varie vite nel canto di spingule francesi : Nu juorno mme ne jètte da la casa, jènno vennenno spíngule francese lasso in metrici versi per cunicoli lugubri ove la mente s’inebria nella sua bellezza.

Fatti fummo per conoscere la morte e quando avvinti dall’ignoranza risorgeremo per combattere il male c’attanaglia. S’aprirà il forziere contenente tanti versi spesi in senile semenze, si farà gioco di noi il sapere e dei nostri sentimenti . Ma fummo lesti nel vedere la morte di come ella ignara viene a galoppo e denigrando , domandando , dondolandosi nel buio, ella scopre la sua peluria il suo virgineo sesso. Amore effimero fatto di solo esperienze ,migranti tra luridi fondachi di cultura che non conducono a nulla se non alla morte. E sopra l’alto colle nella bella piazza s’udrà cantare di noi e della nostra sorte . Si raduneranno mille soldati e mille donne, bimbi e vecchi di vetusta età. Si farà comunella si farà ammenda di ciò pensammo e saremo grati agli dei del nostro coraggio.

Ora lungi per molte ecloghe, cosa ci resta se non la sostanza l’effimera confusa prosa , bella ci consola, ci riempi i giorni ci fa sentire re e regine tra molti strepiti in gemiti sparsi nell’eco di nomi di amori solinghi . Ed in gaie avventure mi svesto di presunti affanni nei sensi mi faccio una Pippa poi guardo dalla finestra la stretta antica via , bello è il vivere , bella la morte. Seppur condonati ad essere uomini e donne ,schiavi, scugnizzi , lestofanti arriveremo alla sostanza poi avanti e indietro con l’estro di come avvinti nella sostanza ci desteremo dalla lussuria nel vano dire dormiremo, contenti ai piedi di una croce di legno.

Di notte andremo nei nostri sogni infantili , frustati dal destino dalla voglia di essere un solo padre, una sola madre. E ninna , nonna, zitto, zitto la gioia s’abbocca nella bocca della gaia sapienza allarga le gambe chiudendo in seno l’invitta speranza la presunta sconfitta. Fu io a capire in diversi anni, esule figlio proletario di un mondo profano fu io a scegliere di restare solo con il mio poetare con le mie passioni. Fui condannato per questo e mandato in carcere a scontare una pena con tanti perché di immote rovine di meriti empi di vite mai spese per pochi eletti fui castigato nella forma.


L’ingrato comprendere, scappa e rattrista poi si spoglia dei suoi averi non tralascia la storia di quello che noi siamo e seppur condannati siamo li a gridare chi siamo. La vita del vicolo la bella che balla nella mente di un dio nel ricordo noi figli scacciati da un paradiso senza padre. Di tante canzoni di tante esultanze , mischiammo il nostro capriccio con aglio e peperoncino. La festa ha inizio la morte c’invita ad essere seri ,siam tutti invitati nella vita e nella sorte ad assaporare l’eterna bellezza del mondo. Poi come tanti migranti come figli ingrati, spogli dei nostri anni con occhi venati di sangue con la voglia di fornicare tra fortune lasse San Pietro ci sveglia dal sonno e le campane suonano nell’eco del domani. Vedremo per un attimo angeli e demoni venir verso di noi uno stuolo di santi con a capo il profeta il macchinista del treno con Gigino insieme a Carmela senza mutande con il figlio in braccio , allegramente nel sacro cuore con l’amor di un popolo , saremo tutti invitati a capire . Ora si bea la morte di noi , si bea dell’infausto destino , dell’ingrato capire per rotti singulti , nei pianti , nei canti nell’amore molesto infine ognuno esulta vicino al capezzale della moribonda bellezza, cinto d’alloro il capo , desto nel canto di primo mattino.

*

Canto Del Mio Domani

Canto del mio domani


Canto del mio domani , poi dormo incantato nel vago suono di mille lire che suonano nell’eco del vento. Risuonano insieme sulla sponda di una costa che sembra una tomba. Croce sul burrone degli anni ceruli , si infiora ,nel fiato delle trombe, perepepe simili al canto delle ranocchie verdognole in coro intorno allo stagno

Tra i magici boschetti, sotto al sole novello , domenica delle messe, della festa che anima il mondo , intorno alla toga, turbato dal denaro, turbato dal male che l’attanaglia. Vivi vita , sulla scia di una nota nel bel canto delle sirene che megere si immergono nel mare a largo verso l’isole del fuoco.

Viaggi o mente ed immemore ,prolissa, zompa, pompa, magna, torna nella tua terra, onori , pani, ammuri , scorri ruscello della eterna giovinezza. Figli degli alberi, figli del vento cresciuti in seno o in galoppo verso ignoti luoghi verso un altra sconfitta . Tutto conduce alla prima età, verbo di periferia si anima poi tutto é quello che è . Un gioco di carte fuori la vecchia stazione che sembra una guerra mai conclusa. E c’è chi raglia come un ciuco, chi affoga dentro una bottiglia di vino, beve il veleno della vita, lo beve nella sua solitudine.

Quando ogni cosa per gioco ha cambiato il senso di essere se stesso quando la morte si è reso conto del suo errore e cerca come una timida aurora splendere sul cranio dell’avvoltoio sopra il picco del monte dove appare il tramonto delle idee. Squagli, ciuccia, cinge di mode inenarrabili dilemmi miti ed altre canzoni fallaci.
Nel tempo le cose passano ,superano il tempo stesso la sorte sembra un traguardo un altro fine che giace incerto , torturato impiegato ,piegato in due dalla morale.

Ed oltre questo mare ed oltre ogni altra storia che si rispetti come l’ onda anche il volo del gabbiano imita l’ andare ed il ritorno delle maree , calme nel porto orbo bus, bim bum bam, cose sballate che sconvolgono . Si scrive e vivo vengo oltre la morte nell’ attimo che nasconde in se la sorte di milioni di uomo di donne. Ritornano i miti nell’ora meno propizia verso te che rimani dentro un cuore solitario che batte con altre lune ed altri intendimenti. Nell’ ossesso del sesso verso un altro senso . Ed ignaro qualcuno si spoglia, si traveste, si ferma davanti questa immagine meretrice vergine, santa, vergine che scende dalle stelle. Invano s’affligge , geme ,rinasce ,scema sulla scia di una stella che cade lentamente fino in fondo in questo immenso universo poetico.

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Terzo Sonetto Estivo

Terzo Sonetto Estivo


Canto alla vita in riva al mare, seduto sotto le stelle, mi confondo nel senso profondo del silenzio circostante , nella forma che giunge da generatrici miti. Dentro questo canto il mio cuore palpita , dentro il tempo di un sospiro ogni cosa passa.

Ed il mare è solo una parte del dolore provato che batte nel mio petto, sotto forma di un errore che si perde in ombre fallaci difficili da capire . Questo sera sotto le stelle in riva al mare della mia infanzia ,del mio matrimonio, del mio divorzio , della mia morte, del mio delirio che s'anima in oniriche figure figlie del mio male, figlie dei miei giorni di vacanza.

Solo nel mio pensiero io cavalco le onde del mare, cado nel lieto dormire nelle vispe rime . Metrica elettrica , echi di voci, finestre aperte nella propria vita . Ed esule nel mio andare, perduto nel mio tempo , io ed il mare, io ed il mio amore che non ha pace, come un vento passa e mi porta via verso altre terre, verso un senso profondo , verso te che dormi nei miei versi. Ed è dolce morire in riva al mare sotto le stelle dopo il solleone .

Dimmi quando tutto questo finirà, dimmi quando il mio morire sarà amore. Sarà un bene legato al tempo in cui ho lottato in questa vita mia in questo mio andare verso altre dimensioni per paesi e città solo con la mia innocenza solo con il mio cuore che batte forte, batte dentro di me e nell' universo intero sotto le stelle d'agosto .

Verseggiare, inutile vivere e non poter raccontare questo essere uno e solo questo universo che s'apre ad un nuova canzone. Ascoltare il mare e le voci del mondo ascoltare te che vivi dall' altra parte che corri ed uccidi, ami e aspetti come me che risorga il sole . Non ci sono parole così dolci come lo scorrere dei versi che pensai per te , per questa vita buttata via ,gettata in un fosso. Ossa e sole dentro un deserto, un mare di notte, ed il canto delle sirene m'attirano verso di loro, mi chiamano nell'oscurità di questa esistenza ove io mi sono perso.

Folle questo mio essere, immagine pigra che spinge il carro delle stelle verso un buco nero , verso il sogno del bimbo che dorme dentro questo universo di stelle, innocente figlio della bellezza, figlio della mia sorte, del mio cammino , del mio delirio. Agosto, sogno grande imprese, sogno un mondo diverso , un amore da mordere, un amore malato da guarire come il tempo ha voluto fosse. Come il mare, anche il mio amore muore con il mio bene ed il mio intendere che splende sotto le stelle di una giovane estate, matura signora ignuda, distesa sopra un letto di ricordi.

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Ditirambo D’una Notte D’estate

DITIRAMBO D’UNA NOTTE D’ESTATE

 

DI DINO FERRARO

 

Salve, mesta estate, che di forme e suoni il cuor appaga la mente di caste melodie .Salve beata stagione della vita, salve meretrice estate, evasione spirituale, sensuale nel caldo meriggio che porta seco sussurri , echi di lontane terre , voci diverse , nate da confusi idiomi
che invadono all’unisono la mente ed il corpo.
Salve vita , rassegnata che sboccia cianciosa dentro se stessa che affiora alla mente con un immagine lasciva, suonno strignuto tra le mani , scurrile, piccirillo ,grazziuso , stracco , scannato , pezzentello , scetavaiasse , ammocate questa percoca , alluccanne sotto alla luna non cognure , non tiene la vocca affatata che bella dice parole sincere . Storie d’altri tempi , che vedo affiorare sulla scia d’un elica d’un vecchio biplano che vola quieto nello cielo sereno , universo celeste infinto , rincorrendo , quest’ammore mi sono perduto dentro ad un vico ed un verso sincero.
Melodia discorde , accordata con mille diversi strumenti
accompagnano il mio faticoso viaggio , trascritto sui fogli di un taccuino , macchiato d’inchiostro . Lode all’infingarda ,gagliarda rima che esala nell’ ultima strofa all’interno del pentagramma , accompagnato da un contrabbasso , chitarra , volino elettrico signore dell’orchestra , suonando una breve melodia tra loro , puerile stornello , fatto di note allegre
che tardano a morire , tremule nell’umile canto.
Mi beo mi ciancio ,mi strullo , mi vedo chiù niro dello gravone , chiù niro , dello niro , chiù maldestro di un mauriunciello , chiù muorto,
chiù bello, chi non risica , non rosica , chi rischia , chi nasce , chi cresce ,chi pasce che brutto pesce dentro questo piatto , fatto al forno con tante patanelle novelle attorno. Nù sciore che cresce , s’ammosce mi struggo d’ammore , un fiotto di sperma , una febbre una figura di merda , levete a cammesella , bellella balbetta , ballatetta , bagnata di verde ,di giallo, di rosso. Ora vai mesto ammore per l’aere puro , nell’ eco delle voci mediterranee che risuonano lasse nel ricordo del duro inverno trascorso , momenti eterei , mostro poetico che divora chiano ,chiano la sua metrica.
Isterica al sole di luglio la bella bagnante si stende ignuda tra le dune di sabbia ,bagnata tra l’onde rabbiose , schiumose , schiaffeggianti
i scogli biancastri ove turisti appisolati ,ammirano l’orizzonte.
Mentre disteso su un lettino seminudo , stanco il giovane
in riva al mare insegue la voluttà del suo tempo ,il piacere di un attimo,
travolto dal fato , solo , osserva estasiato i corpi abbronzati
d’ alcune femmine toste distese al sole.
Ascoltando musica rap , blues , jazz strimpellato per strada
ed altre questione illogiche del caso clinico di derivazione anglosassone dialogiche rime , d’origine volgare, sermone politico , orazione funebre, piglia la mazza , vatte lo scemo , sciogli li cani , stregne lo deretano , mettiti in posa fammi una foto , passa poi pensa che stato tutto una finzione in funzione di una rivoluzione guidata da un gruppo di operai in lotta con tante rate da pagare ancora.
Ma tu ardevi e non cessavi di stupire , ti bagnavi ignara nelle chete acque , andavi a largo ,nuotavi a paparella , sembravi una ranocchietta , nù purpetiello, rimuginando chi sa , quale vendetta , idee ribelli
frutto di dilemmi e quant’altro si voglia scoprire dietro
la comune morale . In citta tutto tace in molti continuano ad attendere il segnale del semaforo con un libro in tasca , impauriti da cronache d’ordinaria follia , affogati in storie di angherie di crimini commessi , elencati in mistiche trasmissioni medianiche frutto d’una civica morale radiotelevisiva.
Grammatica sequenza di frasi scurrili pronte per essere buttate nel forno ,in un istante la pizza fu subito pronta . Saporita , crocante ,sciuliarella , chiena d’olio e mozzarella, basilico e pummarulelle dello piennolo. Ti consolasti nel gustarla una volta giunto a casa. T’alzasti immemore dal tavolo , ubriaco incurante del conto e del torto di quel male antico portato addosso lungo i vicoli profumati d’ incenso , mentre un antico mostro tramava dietro ad un muro , dentro il tuo destino.
Grande eri madre lussuria , umbra brama circense , fuoco scoppiettante, travolgenti mugolio di piacere , infedele nascondevi le tue parti intime, dea del focolare.
L ‘ora giungeva incredula, impura , bramando amplessi virtuali , genuflessi sistemi elencanti mente elette a grande imprese , incredula
, voltavi pagina , approfondendo altre tematiche sociali e sessuali. Menando a quel paese l’autore di questo strambo ditirambo .
Cosi la mente s’elevava verso altre congiunture ed altre filosofie elencate nelle imposte statali , identiche nella logica dello scrivere e del leggere
dell’ essere sapiente o ignorante , sequenza di versi nati dalla mente di uno stressato , sfortunato scrittore , frutto di un suo sogno in bilico su d’un filo teso tra due steli.
E sulla sabbia disegnavi calligrammi , immagini surreali ,
piegavi in quattro , piccoli fogli di carta per farne varchetelle
per poi navigare incolume, padrone sul grande mare tenebrarum.
Meditando il nome tuo , l’aspetto di te padre dolente , semitica essenza , flebile ricordo riflesso in un subconscio alienato, prigioniero dentro questa vile esistenza.
Sconvolto in questa musica ancestrale , punk dalla cresta colorata , depresso per fine dentro al cesso. Espressione ipocondriaca frutto
del dialogo metropolitano ,in preda ad un delirio medico ,figlio
dell’ accidia e della scopereccia cinciallegra amica , d’una battona orba e zoppa emigrata da Milazzo in continente per vie traverse . Ed il vento portava via l’odore del mare inquinato , donando nuove sensazioni ,migranti per una altra vacanza dalle mille speranze , accompagnato dalla
chitarra d’un hippy ,ippocratico cantore dell’abisso, pesci e sirene , ossi di seppia arrostiti in riva al mare.
Ragionando meco del male e del bene , mi duole l’animo ed il ricordo tenero dei giorni passati oltre quello squallido muro di convenzioni ,fiume ideologico di corrotte correnti politiche.
Demenziali dialoghi , lacrime scivolanti sul pallido viso , verso un buco profondo fino al centro della terra , ove vivono demoni e dannati.
Andare, urlare , riportare indietro te amore per placare in me , questo dolore.
Tu funesta beltà , seduta solo l’ombrellone circondata da tanti corpi abbronzati , erettili e circonflessi presagi , onniveggenti dal vago aspetto ,carnale , mitica eterna Ermione . Dea della torrida estate romana.
Oh Ardente stagione bruci l’esistenza inversa. Presagi funesti , infelice speme, discorsi confusi , modi e altri indumenti.
E lunghe spiagge affollate ove ella si bagna nell’acqua chiara ,il suo
corpo sodo, rotondo , perfetto ,provato dal lungo freddo inverno .
Rimembra fisiche congiunzioni , breve pennichelle fatte nel romantico meriggio , ascoltando un concerto di cicale e di grilli canterini.
Ma tutto ciò poco s’accorda allo scrivere improvvisando ,ogni cosa ruota
risentita sotto il peso degli anni , sballati , solfeggi rime e ritmi , villanelle e ritornelli digrignando il muso ,offeso nel sole estivo fugge ignuda la gente , mentre muore la mitica decenza .
Ella venne così dopo l’eletta.
Venne dopo il dolore dell’inverno, dopo le cupe etiche riflessioni personali.
Immensa in cerca di se stessa . Sola lunga una spiaggia che congiunge coste diverse, ove l’onda ritorna a riva meditando il mal subito ,travolgendo i bagnanti con mille rifiuti d’ogni tipo che chiacchierano tra loro con arrabbiati bagnini.
Relitti concetti lasciati andare alla deriva verso il breve vivere di questa eterna estate.
Giorni diversi votati ad altre imprese , riscoprendo per un attimo
il gusto di narrare novelle nella fresca sera sotto le stelle , socchiudendo gli occhi , lasciarsi andare , ascoltare le voci del mare , della terra del cielo , ascoltare il canto degli eroi degli dei , partiti per le vacanza come il resto del genere umano. Pagando il pedaggio , la discesa al lido, l’affitto dell’ ombrellone mangiando sulla spiaggia , angurie e panini
senza mai distogliere lo sguardo dai pargoli che corrono
sul bagnasciuga che giocano con palettine e secchielli.
Laudata sii dolce estate.
Laudata sia il canto dei tuoi figli dispersi in questo mondo ed oltre ,il mare , i monti, la natura intera.
Laudata sia questa immensa forza , questo piccolo amore terreno.
Laudata sia la fonte di questo bene profondo ,
nell’ intenso mio verseggiare in questa breve notte d’estate.

 

*

Proemio Della Bella Estate

PROEMIO DELLA BELLA ESTATE


Vortici di versi per caso scritti nella vaga conoscenza di logiche infime , tra forme che si congiungono nel tempo. Nell’ avversa sorte di milioni di persone, nella mesta ricor-renza di un giorno qualunque, nella gioia , nel peccato che si porta via questo delirio di frasi inutili . Tra silenzi infiniti il pensiero vola per valli ed oscuri luoghi , che destano in noi il credo di un mondo dimenticato . Come giorni sempre uguali come nel vento del deserto. Tutto scorre nella mia storia, tutto scorre , senza fermarsi. Versi si formano nel-la voce che sale lenta et lesta. Fugge gemente nel vago ar-dore che indora l’aurora che fulgida appare ed immane cade nel suo delirio e spegne la caduca passione che ignara regna nel cuore. E si sconvolta sorte chiama a se la vita che le resta da vivere. Oh amene ombre , spiragli di luce che lungi per lidi luminosi, mostri antichi prendono vita da favole esoteriche fatte di amorfe forme. Forme che pren-dono vita come per incanto dalla mente di un piccolo Dio .

Forse sono io che piango, lungi da me ciò che vivo e dopo prego che lesta venga la morte . Morte che lungo il mio deli-rio, per storte vie , vette estreme , odo solinghi usignoli canticchiare la gaia canzoncina dei bimbi perduti. Morte provo , fingo , forse mi beo di amorfe forme , incantevoli presagi nell’eco di guerre che non finiscono mai.

Vedi , forse credo di giungere a questo amore bagnato di sangue , bagnato di oro che indora il mio dolore. Fingo, cado , mesto, arrivo , esule come fossi beato in quello amore creato che ti riempie il cuore. Son solo ,volo nel vasto cielo che mi trascina sopra città ,sopra questo mondo di-strutto , sopra le macerie letterarie , dentro un amore mala-to e mostro il mio coraggio, il mio destreggiarmi in vane forme e vani pentimenti che non so dove nasce in me tal rabbia, tale orrore. E di tanta parte , di tanto vivere, sono il signore di mille nomi e mille vite assai derise.


Son io che soffro e canto contro la crudeltà degli uomini o e l’ amor che mi conduce in paradiso per vie belle ed eleganti , per quartieri dormenti , strade di un sincero dio che governa il mondo. Dormi figlio mio , sugli allori scipi ,nella gaia novella, nell’accidia di un verbo che prende cor-po dentro me , dentro questa storia che io narrai dopo aver percorso l’ade tutto da solo , dopo aver percorso il mio tempo ed il mio amore.

Fingo di vivere di ire per oscuri lidi , per giorni lieti in compa-gnia di un amore che si desta all’alba che si eleva nel vago dire che per estreme liriche et eclettiche consonanti per casi oscuri fan di me un mostro tra gente dabbene. E provo orrore ,provo pena per me stesso per ciò che sono per ciò che rappresento.

E muovo i miei passi sulla scia di un verso oscuro, nella sorte che bigia , ama il grigio ardore, nella metamorfosi di forme umane che si evolvono nel vano ardire. Nella gioia di un attimo , ora sono io, ora sono tanti e non trovo tregua , ne ritegno nelle delucidate estasi che possono esimere l’essere dall’essere tale in come noi abbiamo sognato di vivere.

E nel bel mattino di nostra età , quando ogni cosa è conclu-sa quando per ore liete il nostro corpo ha provato l’estasi di un sesso amorfo , fatto di forme erranti e lubrici lirismi, sulla scia di un dolore che si desta dall’inverno trascorso che si desta al caldo sole d’estate. Io rinasco in sofferti mattini che si congiungono all’idea di un mondo che lentamente va alla deriva che insegue un suo credo in una sua personale visione di ciò che si è di ciò che avremmo potuto essere ancora . E nella gioia nel viaggio che mi ha condotto oltre ogni credo ed ogni incontro che alla rinfusa ha unito spiriti e corpi assai simili al mio vedere nel decantare gioie e dolori dell’animo umano.

Versi che fuggono , gioiosi, bizzarri in vane ragioni , rag-giunge il fine estremo di una esistenza di mezzo , attraver-so il fiume di quei versi in silenzi estivi , ove la mente evade per sogni ed avventure , alla ricerca di una pace che vive in ventimila leghe sotto il mare ed in altre avventure che non ti conducono a nulla , se non all’estremo di se stessi all’estremo di un morire mite in un acerbo dire , un morire per rime chete , cretine che si spogliano all’alba nel bel mattino di una vita raminga.



II

E come in un caos senza fine che trascende il gioco del di-venire per erranti lidi macchiati di sangue innocente, cheti nel divenire che mesto incomincia ad assumere la sua for-ma fisica. Versi erranti , deformi senza senso s’elevano nel gioco erotico, nella gaia giostra di anime morte di baci e carezze . Tu ferma ammiri , forse incapace di riprendere un suo percorso nominale. Abbondonata sotto le luci della città , nelle parole dette in fretta che cadono di bocca in bocca , adunche ,sconosciute , scritte con vigore dentro un bar davanti ad una birra . Tutto passa , ed ogni cosa si muove si fa chiù bella come fosse una rosa giovane e fre-sca che s’alza la gonna mostra il sedere , mostra le sue grazie. Mi fermo nel tempo in cui fui ,incapace di credere ai miei occhi di ritornare ad essere ciò che un tempo fui. Tutto scorre ,musica e desideri. Tutto si desta dall’ipocrisia di un essere uno e trino.

Ora la morte non ha riguardo e mi sussurra amabile parole mi sussurra del suo tempo di quando si era insieme, m’incammino per marine, immemore per visioni oscure , per giorni che non riesco a congiungere a quella assioma che assume forme cosi sinistre. Ed il dubbio di chi siamo , cosa saremo di nuovo vivendo mi riporta ad una gaia me-lanconia ad una incerta visione ad un bruciare nel fuoco dell’inferno della città .

Ti ho vista vicino al mio corpo, ti ho visto pensare ai tuoi giochi, al tuo dare ed avere, mi hai toccato il mio maturo sesso ,le mie parole sono così triste ed il canto che urlo nel mio ricordo , assume una inquieta visione di cosa saremmo divenuti strada facendo.

Continuo a vederti muoverti dentro di me con i tuoi pensieri , mi travolgi, mi baci e mi fortifichi, come Catullo et Serbia cornifici tuoi et bella puella nella fabula atellana . Figlia del mare , figlia della amore carnale , figlia della lupa , vicino a questo sciato dopo tanti vasi , pigliati questi soldi. Fosse state chiù contento , se me l’avesse detto in faccia quello che pensavi di me . Ti sei annascunuto dietro a questi uoc-chie verdi e ti sei avascate a mutanda addirete a uno specchio da sola , senza essere vista da nessuno..

Tu volevi una bambola da bere ,buona come un bicchie-re e vino, tu volevi un suonno chiù bello d’annusare nello vento sconvolto , sotto alle stelle di Capri , sotto allo cielo di Ischia e pensando a Maria, pensando questa sciorta chiù scura da notte , me trove rassegnate dentro ad un altro errore.

Son figlia della terra , son figlia della mia storia ,son tre giorni che te cerco miezzo a questi vicoli neri e fetenti . E non trovo pace, non trovo sincerità e mi spoglio , mi ve-sto faccia l’ ammore e nu trovo giustificazioni ,essenze, mezze misure che mi conducono ad una ragione plausibile , mi trovo inginocchiato alfine davanti ad un santo . Nun tengo chiu tiempo , nun tengo certezze , tutto mi dona amore ed ogni cosa è dolce come fosse una musica nova.

Ti volevo raccontare poi portare sopra ad una nuvola, ti volevo sentire , rincorrere dentro questa passione, fino alla fine di un male antico. Ed una febbre m’assale e ti penso tutti i giorni , ti penso quando scendi le scale e vado a fati-care, Quando sono innanzi ad una croce , quando mi toc-co la facce e pensa a te sola dentro questa vita . E nun tengo chiù a capa , stanco ascolto il ribelle canto del mare , la bella e la bestia , la magica fiaba dell’orco.

Sciorta nera , simili a notti passate scrivere versi mezze misure , senza seguire conclusioni , versi angelici , belli come te che riposi dentro un letto di spine , che abbracci e sogni un altro , che mi ruba l’anima ed inquieto rimango . Sono in trappola , sono caduto dentro una gabbia, sono quello che tu vuoi , sono solo a questa età. Mi chiamavi Cic-cio con bacetti e berretto con un gilè giallo acrilico , con cinque rose per Jennifer , con una matita sull’orecchio, con timore son venuto mi sono avvicinato , ti ho baciato in fretta e tu sei caduta nei miei sogni, nella mia insana vita , nella bella canzoncina, nella mia inquietudine di uomo di mezza età.

Mi hai cercato sulla soglia di un bel sogno, mi hai torturato con i tuoi pensieri, con la moglie ed il bambino , con il gagà ed il lacchè, con il mastro costruttore , con il prete un po’ in-capace , con l’amante ed il lestofante, in questo tempo cosi amaro , così dolce da assaggiare, così bello da amare in riva al mare, in riva a questo mare di rime , stretti , stretti nella macchina che traballa ad ogni botta , che si muove dentro me , che rende dolce il canto, dolce dentro un orga-smo che sale per nuove mete fino a giungere a Sorrento . Seduti in una macchina gialla e verde ascoltando questa canzone che risuona nell’aere puro , che risuona mesta e gaia nel ricordo , nel dolore dell’atto coniugale.


E ti chiamavo ad ogni ora , tu cattiva mi attaccavi la cornet-ta in faccia , mi dicevi : vattene via , ogni cosa e finita tra noi . Nun a voglia fa questa vita , nu me vogliò chiù rovina per te . Te pigliate a vita mia, te pigliate tutte e suonno miei, te pigliate chesta ammore, chesta storia deve finire . Esco fuori di testa dentro questa sciorta . Sotte alle stelle , mane e mane, passeggiando in riva al mare. Passeggiando dentro a quest ’ammore, dentro a questo tormento, dentro al cuore di milione di persone , dentro una storia che tuz-zelea fore alla porta che chiede di entrare per raccontare l’inverosimile vicenda personale.


Ora che tutto è finito il Sole , rinasce , scalda i tanti versi nella insana inquietudine che splendono in mezzo al cielo , per lidi immemori , per giorni dal sapore di mare , in im-perturbabile agonie , giorni sinceri , giovani , forti e sono morti , son morti cantando inni al signore , inni alla patria , inni per anni dolenti , che sono parte di nostro vivere. Versi nell’insieme cretini nati dalla nostra volontà di crescere. Frutto di un amore sensuale , frutto di questa morte che bussa lesta alla mia coscienza . Che m’appaiono davanti ad uno specchio senza nome e senza motivo con chi stare seriamente, solo dentro le mie mutande, nei miei ricordi ri-dicoli di uomo dabbene ed egoista , con le mie fisime et stimmate alle mani con la gioia di essere , con te in me che si congiunge in un ipotetico amplesso senza sesso descritto in pochi versi senza senso.

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Versi Dell’Ossesso

VERSI DELL’OSSESSO

DI DINO FERRARO


Versi per caso nati dall’ossesso scritti nella vaga conoscenza di logiche infime. Versi nati tra forme ratte che si congiungono nel tempo nella avversa sorte di milioni di persone. Strofe sulla mesta ricorrenza nella gioia nel peccato che si porta via questo delirio di frasi e silenzi . Va il pensiero per valli ed oscuri letarghi che destano in noi il credo. Come giorni sempre uguali come nel vento del deserto. Tutto scorre nella mia storia tutto scorre senza fermarsi. Versi si formano nella voce che sale lenta et lesta fugge gemente nel vago ardore che indora l’aurora che fulgida appare ed immane cade nel suo delirio e spegne la Morta passione che ignara regna nel cuore e si sconvolta chiama a se la vita che le resta da vivere. Oh amene ombre e spiragli di luce che lungi per lidi luminosi sbocciano da semi e favole esoteriche chine di amorfe forme prendono vita come per incanto dalle mani di un piccolo dio .

Forse sono io che piango lungi da me vivo e dove prego che lesta venga la morte . Morte che lungo il mio delirio per ite vie e vette estreme , solinghi usignoli canticchiano la gaia canzoncina dei bimbi perduti. Morte provo, fingo forse mi beo di amorfe forme, perfette idee effetti di luce nell’eco di guerre che non finiscono mai.

Vedi forse credi di giungere a questo amore estremo , bagnato di brina , bagnato di oro che indora il dolore che finge credula ed arriva gioiosa nella mesta ricorrenza come fosse beata di se stessa di quello amore creato ti riempie il core. Son note amene consone al mio coraggio al mio destreggiarmi in vane forme e vani pentimenti che non so dove nasce in me tal rabbia tale orrore. Di tanta parte di tanto vivere sono signore di mille nomi e mille vite assai derise.


Son qui che soffro ,volo contro il cielo , che amor mi conduca in paradiso per vie belle ed eleganti per quartieri dormenti tra le mani di un dio che invade il mondo. Dormi figlio sugli allori mesti nella Gaia novella nell'accidia di un verbo che cade dentro se stesso , dentro questa storia che io narrai dopo aver percorso l’ade dopo aver percorso il mio tempo.

Fingo di vivere , di ire per oscuri lidi per giorni lieti in compagnia di un amore che si desta all’alba che si eleva nel vago dire che per estreme liriche eclettiche, consonanti e per casi oscuri fan di me un mostro tra gente dabbene. E provo orrore e provo pena per me stesso per ciò che sono per ciò che rappresento.

E muovo i miei passi sulla scia di un pentimento nella sorte che bigia ama il grigio ardore la metamorfosi di forme umane che si evolvono nel vano ardire. Nella gioia di un attimo ora sono io ora sono tanti e non trovo tregua ne ritegno ne delucidate eclissi che possono esimere l’essere dall’essere tali a come noi abbiamo sognato di vivere.

E nel bel mattino quando ogni cosa è conclusa quando per ore liete il nostro corpo ha provato l’estasi di un sesso amorfo fatto di forme erranti in lubrici lirismi,sulla scia di un dolore che si desta dall’inverno trascorso desta nel caldo sole d’estate. Io rinasco in Sofferti mattini si elevano all’idea di un mondo che lentamente va alla deriva che insegue un suo credo una sua personale visione di cio che si e di cio che siamo. E nella gioia nel viaggio che ci ha condotto oltre ogni credo ed ogni incontro che alla rinfusa ci ha unito, spiriti e corpi amici.

Versi futili che Fuggono gioiosi, bizzarri in vani ragionamenti in vano raggiunge il fine estremo quel fiume versi d’amore in infiniti silenzi ove si nasconde forse una pace che non ha occhi ne mani che verseggiano di ventimila leghe sotto il mare ed altre avventure che non ti conducono a nulla se non all’ossesso di se stessi all’estremo di un morire mite ed acerbo un morire per rime chete cretine che si spogliano all’alba nel bel mattino di una vita raminga ed amara moglie e figlia della mia età.

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Ballata Del Sabato Santo

Ballata del Sabato Santo


Di questo sogno che ha molte lingue , alcune di fuoco, alcune leggere , con braccia serrate, con un cuore di pietra , tra il dire che mena vanto, invano si gioca, con il vivere, con rime ed amori senili. Avanza il tempo, il momento d'un bacio, ora mi ridestò in apologie e reati , in metriche poco usate.

Vedo ed immagino, ora , divento un serpente, vedo cambiare la mia pelle , la cambio , mi trasformo in nuove arcane figure , conchiglie piene di sabbia, pellegrino per lidi immagino mondi possibili. Evadere da questa morte, da questo gioco che pesa sulle spalle , terribile per mondi possibili, ancora ed oltre non conosco una via per giungere a questo amore bagnato dal mare . Ora io fingo , fuggo , ritorno , dove tutto ebbe inizio ,dove tutto , si tramutò in mille domande , tutte in fila pronte a richiedere un loro tornaconto, con un cuore sofferto, con una morte accanto , con te che parli alle stelle , sotto lune immaginarie , in universi sconfinati ,fino a quando tutto si potrà comprendere. Dire, cercare, un senso a cosa si vuol fare , vedo terre lontane , guerre pronte a combattere , navi solcano il mare, vanno verso tutto é incominciato , vanno verso di te , vanno a conquistare una dignità che non ha più braccia.

Io , ora cosa mi resta sognare , cosa devo sperare , cosa devo rincorrere sull'onda, di questo mare sporco di sangue , intrise di parole mai dette da ignoti poeti, rime e ritmi carezze , baci , sussurri , tutto svanisce, scema in questo gioco crudele, all'interno del corpo d'una città che si desta all'alba, ed afferra. per il collo una chimera ubriaca di poesie a buon mercato . Quando tutto avrà inizio , quando i cannoni smetteranno di sparare cazzate , il cielo diventerà un luogo sicuro . Pasqua, ministri e santi , seni , sederi, ed altre lussurie, nel vento mi conducono a cercare , nel senso , nel fluire, fino alla fine , mi ritrovo a pasqua con tanti agnelli sgozzati . Pasqua, uova rotte, occhi pieni di lacrime, pasqua, sul dorso d'un asinello , s'aspetta che entri in città, gridando Shalom , Shalom la voce si diffonde per le strade , tanta gente, cieca, zoppa, pieni di rancore , c'è chi si vende questa vita per pochi denari.

Strano vivere, morire come quell'agnello appeso a testa giù, come questo cuore che va lento, tanto lento nell'eco dei morti , che ascolto, seduto , in disparte, c'è chi sà, c'è chi non sà , c'è chi ride, prega , galleggia, naufrago dentro una scialuppa , schizzinosa, derelitta, dignitosa esistenza , svestita, ignuda , riversa sulla sabbia, sporca di sperma, di pensieri che crescono, salgono vanno, verso l'alto, verso un nuovo mondo, nella dolcezza di un divenire legato a molte lingue.


Son felice, forse folle, forse son salvo e ritorno a cosa ero ai tanti dubbi racimolati lungo la strada in questo guazzabuglio, incomprensibile , eccomi son qui, non mi vedi , si ricomincia ignaro , sopra una pietra, tra tanti dubbi ancora tutto intero con il mondo che attende che tu risorga dal male generato , che tu ritorni a vivere , nel vento ove mi beo ed ascolto le voci sparse, perdute nel tempo, nell'amore che infrange barriere .Sabato santo che colpa ho io , che colpa pesa sulla mia coscienza di padre , di uomo , d' individuo qualunque che sogna vicino al mare una vita diversa, abbandonato in multicolori arzigogoli ,pieni di sentimenti , di passioni che cadono goccia dopo goccia , lacrime che scivolano lungo il tuo pallido viso, coronato di spine. Senza tempo ogni cosa ritorna con il vento , con l'onda del mare con le tante domande , sepolte dentro di noi, tutte in fila per essere comprese , per essere appese, insieme all'agnello fuori una bottega.

Sabato santo , sono qui di fronte al mare , seduto su un sasso , cercando un senso , alle mie parole ridicole, elleniche, chete parole bugiarde, giovani e forte, simile ai tuoi baci , simili alle tue carezze, simili ai tuoi pensieri che liberi volano via, verso altri lidi, in destini, in vite congiunte , tutte allo spirito santo. Campane forse suonano lontano, fiato alle trombe, chitarre elettriche, mandolini , violini zigani , scetavajasse , tutti uniti in un solo verso , in una sola vita , che ci conduce verso di te padre, nel tuo regno , nel cuore dell'agnello.

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Prati Verdi

PRATI VERDI

Cammino tra i prati verdi della mia infanzia nel pensiero di giorni immemori, crudeli nell'evolversi , nello esprimere efebiche forme che s'elevano in vane scritture , come in un vivere derelitto, che preme contro il suo essere ,nello schernire che circoscrivere il bello, il vano dire per rime eretiche ,veggenti versi ,profeta efebico che siede in seno al nostro dire. Immeritevoli ,illogiche ,genuflessi significati , copule nei pronomi di un sapere che consuma se stesso nell'ossesso delle lettere , migranti in diverse forme , tutte unite nella falsa visione di beceri intrallazzi d'un vecchio istrione.

Ora si giace in disparte , chini in evoluzioni liriche, iperbolici slanci , piccole eretiche espressioni , ermetici presagi che sfuggono alla gioia , di giorni vissuti , dimentichi nel vago che lasso ci ha trascinato nella chiavica d'un buco che accoglie il coglione, peloso, pendulo sull'orlo di un amore primaverile. Il male ha molti visi , sinistri ,strumenti diversi , che formano un orchestra cretina, c’è chi suona il pianino, chi il tamburello, chi suona l'armonica, chi ad uno, ad uno si fa protagonista di quell’ armonia celestiale , di quella lunga maratona televisiva ,vulva che accoglie i disperati , gli imbecilli, gli eretici di ogni partito. Disperato meco nel credo ,incredulo, alzo cartelli in fila per un voto, per una rivolta che emerge ,raggiante, germoglia tra gli alberi , dai rami scheletrici di rosa , celeste, bianchi e puri germogli ed è bello passeggiare per i prati verdi , aprire i sensi , nel silenzio in altre concezioni , forme tutte che compongono quel vivere cruento che emerge dal fondo della coscienza. Nel bagliore di mille battaglie, verso un nuovo traguardo , esibire sulla scena le proprie miserie , serio , ferito nel tempo che ha preso il mio cuore , la mia vita di uomo , d'imbecille che legge che fugge per terre sconosciute per imprese estreme.

 

Vorrei capire cosa brucia in pentola , questo amore malato, buono solo per pappagalli immaturi , chierici ubriachi di spirito santo ed oltre vado, immondo ,ingoiando questo boccone amaro . Dolorosi episodi ,epiteti ,smargiassi, scetavaiasse ,che scennene, sagliane, si mette in posa per un ora mostrando , tutto lo scuorno dello munno, chiove, chiove, e rimango basito, aspettando che schiove, che qualcuno scene dalla croce a liberarci. Fingo di non capire , forse chiagno, provo pietà in un etica che non conduce e non congiunge il mare alla terra ferma, ai mondi possibili che in ogni uomo di fede , persegue in se stesso. Vivo una vita , tra il nero ed il grigio, tra mille perché che si radunano tutti intorno a mille domande di prima etade. Giunta è primavera, vedo e voglio , vivo tra periferie immaginarie , sobborghi campagnoli dove ancora si vive all'aria aperta, là nell'orto con il cane ed il gatto appisolato tra l'erba alta . Ed un monello ha urlato il tuo nome o signore egli ha ascoltato il tuo dolore , tu che giungi da molto lontano sul carro dei sogni in compagnia di tanti buoni propositi , ed oltre io vado , mischiando il vero ed i fatti nel compianto tuo nome, elevo il mio canto, calmo, incredulo che tutto possa essere o esistere nella tristezza di un verso che si scinde in tante sillabe , prende forma , vigore , viene in simbiosi nel silenzio di chi ultimo venne e portò con sé il fuoco sacro degli dei.

Ingrato tempo non comprendo, cosa voglia dire chi mi siede accanto, non sento il lamento che turba l'animo le tante domande, gli imbrogli che il sindaco apostrofa dalla sua poltrona , gridando allo scandalo . Ed il portiere dorme con il berretto sul capo , aspetta che termini questa altra giornata di lavoro per ritornare a casa sua a dar da mangiare al suo canarino . E la signora dell'ufficio tributi ,moglie e madre di tre figli sale di corsa le scale con un plico di documenti da firmare ed un vecchio giardiniere se nascosto la bottiglie di vino , chillo buono sotto a giacchetta , mentre la guardia giurata ha avvisato la polizia, che sono corsi ad arrestare il consigliere , orgoglioso o battilocchio senza molla de mutande, un politico che tutto può e nulla dona le diverse scemenze, in mezzo a tanti guai, chi siamo noi per giudicare?

Oggi è una bella giornata , il cielo è limpido, fà caldo , dormono le paure , dorme il drago ed il contadino, là nell'orto con un bidone di liquami da smaltire. Fuma una, due sigarette , s'appresta a seminare , poi a raccogliere tutto il male che ha coltivato, vaga per terre , per luoghi lontani , nell'eco d'un canto che ricorda un dio perduto , che placido ancora assolve ed eleva, immaturo il bello ed il brutto, le tante incertezze. Immerso nel verde , chi vive di sogni non può vendere guerre, chi uccide per denaro non può avere quest 'amore a limone , nè forse il rimorso d'essere libero .

E sono solo, in un pensiero che si scompone, si ricompone, presume un nuova comprensione , vette, mete, mondi campagnoli dove la biscia striscia alla ricerca d'un topo. Placido meriggio , genera pace , poi confusione , timore di non farcela e rammento il caos della città, il sole nero le fabbriche a lutto, le grida delle donne, la lunga fila di morti davanti al comune. Ricordo cosa eri, cosa facevi , in quel vivere meneghino , un inchino, un batti mano , ora tutto e compreso nel prezzo. Tutto inutile, tutto vecchio , poi ritorno e nel ritornare , ridivento padre, figlio, vittima e carnefice in un luogo immaginario, su un pianeta lontano dal male che mi ha generato , nell’aedo  canto mi lascio andare , al sole caldo della mesta primavera.

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All’Italia

ALL’ITALIA


All'Italia mai vissuta che ho visto negli occhi delle sue gentili genti , migrante, con la coda di volpe, che gironzola in gruppo cantando bandiera rossa. All'itala perduta in riva al mare che non ritrovo nel volgo ,nella gola arrosata , nella gioia repressa, nel lasso di tempo che scorre funesta, in pace , tra i militi colli, tra le dune in disparte, tra le voci confuse che s'uniscono in coro.

All'Italia che amata, si parte per terre lontane ora pensando alla morte, ora alla vittoria che echeggia nel vento che porta le nove , le vecchie questioni, i dilemmi di sempre. Riassumendo nell'atto , nel punto cruciale, ora siamo liberi , ora siamo schiavi . Ora c'apprestiamo a combattere ,marciare, passo dopo passo, nella polvere , ripenso ,vi scivolo dentro come un leone, tiro fuori gli artigli.

Placido mare, voce lunare, che s’ode tra la morte, la vita , con le sue vesti stracciate, bifolco, buffon, già siamo, pronti nell'ora della dipartita. Già provo rancore , poi rabbia, un vecchio magone dove son giunto, nuotando, correndo sul l'ali del vento ogni illusione svanisce. Con Topolin che lotta ed aspetta che Pippo venga a salvarlo dai feroci pirati , dalle sue paure di sempre. Pippo che chiama Gilberto gli dice non aver paura la vita continua. Il mare, la sua storia, la sua eterna condanna, che avanza , urlando venite voi avanti, illegittimo artefice, oh figli della lupa, sull'orlo di un dubbio, d'enorme cratere, nel placido giorno che ritorna ignaro da tanti casini, dalle tante disgrazie , si grida venite, rubate, un amore, con poche carezze, con pochi denari, confessiamo , amareggiati la nostra condanna.

All'Italia che sogna ai piedi d'una croce, che scrive le sue memorie con un piede in una fossa, che fa finta di non capire , di essere grande, eterna, d’ essere bella, gira, rigira la solita frittata per nulla poi cotta , il grido d'un popolo, un lamento che s'ode in lungo ed in largo, che echeggia per valli et monti , invano con il suo destino. Tu rubi la gloria, la vile vittoria che un tempo rinacque ed acquetò l’orgoglio , con l'acqua alla gola , un nodo ,un cordone, un giano bifronte , un lupo et un cammello , il fato, le fate, una fame atavica, un chiamare di botto sempre alle otto in piedi o seduto, in canotto, a tribordo, ordinando, un dolore ben cotto.

All'Italia che siede sopra un monte di merda, con tutti i suoi re , vassalli e vaiasse , pizze e frittelle , fatte con estro e vile licenza, aziona il cervello, gira la manovella, allarga la propria coscienza, schizzinosa, repellente principessa tutta ossa e pelle, tutta ignuda davanti all'altare, remota memoria d'una Italia tardona. Scancinata chesta vita ,tengo ò core scuro, scuro, tengo a vocca chine e vase, tengo a faccia sporca e sangue, tengo tiempo me guardà , tengo tanta sentimenti, tengo chiesto sciore che stregne tra li mane, che nun scaccio a chi l'aggia dà, poi tengo chesta lacrima, assetate nzino ò cielo penso a mamma , penso ma non scaccio che aggia fa . Son cuntento sotto ò cielo e nù cielo che non saccio , appriese a chesta sciorta me ne vaco poi smargiasso, silente, siente, rucelea chesta follia, come l'onne torna indietro, come a voce dè creature, come ò core che non parla , siente forte pietto a tè , diventa forte chesta Italia quando sona la campana , tanti lazzari felici, tanti figli , piezze e core , gente falsa, gente bella , strafottente , gente come me , come tè.

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Su una panchina sopra Posillipo

SU UNA PANCHINA ,SOPRA POSILIPPO

Tra tanti  versi  rimasti in piedi ,tra le mille rose rosse che circondano il cuore di metallo di questa realtà, tra affanni , giochi ,corse, desideri che diritti portano oltre ogni dubbio ad una verità che lambisce il credo, bagna la fede , circondato da buoni propositi nel sacro, nel profano , ogni cosa ci riporta indietro nel tempo.

 

Dietro una faccia gialla, languide carezze , senza un filo di grasso, facciamo chiarezza, bellezza sireticcia , oltre ogni dir potrei lodarvi al cospetto di un Dio , mi sento bambino, non sò più cosa fare, mi lavo le mani , mi rimetto a cantare , come fosse la prima volta, come fosse ieri che entrai nell’Ade così triste , così sincero , quante pene, quante gioie sepolte nell’animo che han raggrinzito questo cuore, hanno destato quest'uomo sul punto di morire, ed io ti cerco nel buio, io volevo capire, pur comprendendo la vostra avversione io m'accingo a subire il torto , quella vaga illusione trascritta per caso sopra una pelle di pulce, sopra un vecchio cappotto. Come soffro , non posso espiare le mie colpe , non posso lasciare stare questo fatto pur proseguendo immemore di questo castigo, io dico avanti.

 

Non trovo parole migliori, non trovo soluzioni che sappiano con lungimirante abnegazione condurre a dire :faciteve e fatte vuosto, che mo’ non e cose ci stà a finanza , sè s'accorgono della truffa, insieme a Ninuccia finiamo tutti in galera. Voi sembrate una persona apposta uno studioso, tenete la faccia come lo core, tenute due palle pelose , una moglie , una figlia ,tenete questa ammore malato che come una catena vi streghe le mane , voi tenete il coraggio d'affrontare la morte a viso aperto . Ah lasciva sorte , megera compagna di tante notti oscure, voi che menaste lo sguardo su colei che muove il mondo , abbiate per cortesia questa bona creanza, di castigare questa gelosia che vi rende inerme , difronte agli uomini , difronte alla storia.

 

Son passati trent'anni ed io continuo a ragionare meco , su quel modo di dire che lascivo, ingrato , ignaro del domani m' adduce a credere di speranze meste ,di visioni che trascendono l'Intelletto a nuovi traguardi a nuovi intendimenti, voi mi capite , non indietreggiate, fatevi, avanti non abbiate paura, io vi rammento possente, intrepido ,pieno di volontà che vi guidava verso altri lidi , lesto nella favella ben accorto , or dunque voi lasciate che sia , pur tra tanti dolori, questa impresa vi condurrà a comprendere il torto subito.

 

Così in bilico sull'orlo d'un precipizio con tutte le buone intenzioni, in compagnia di vecchie filastrocche , intrecci e canovacci mentre il vento ti sputa in faccia ti porta via sul golfo delle meraviglie , parlando con un gabbiano il gabbianesco , parlando del dolore che provo a stare qui seduto su una panchina sopra Posillipo sulle rampe di sant’Antonio, io aspettando che ogni cosa si compia che il domani incerto torni sopra le tant'è vicissitudine nella calma dell’animo nel dolce meriggio, veggo le tante vicissitudini , i tanti giorni spesi .

 

Nulla mi separa dal vivere legato ad un mistero così profondo fatto di parole giulive, chete meste ancelle amiche dell'oste ,sincere ,spaesate ,sciancante figlie d'una canaglia, veggo il bel dire tra i tanti arzigogoli, goliardica prosa in bocca a questa vita che non s’abboffa mai che rende pigro l'intelletto ,le tante pene subite. Oggi non sò dire se son sincero , se mostro coraggio seguendo il senso d'una frase , il falso dire per rime meretrice nel breve tragitto io mi dissolvo, nel nulla , nell'aereo cielo che mi è difronte, forse seguo con scrupolosa memoria la mia giovinezza quella antica bellezza , ebbra di gioie di chi dorme di glorie che arrancano lungo la costa, perduto in mille dilemmi. Vengo ed oltre ragiono con la mia mente a cavallo d'un ippocampo , forse sulagno, scapricciatelo aspettane stà sciorta che rosica queste ossa , vengo ed oltre vado ramingo, spergiuro , migrante di logo in logo senza mai fermarmi , senza vittoria, senza perdono.

 

Qualcuno mi crede folle , guardandomi qui seduto, forse ubriaco di tanta fantasia , figlio della cicala, figlio dell'onda che corre beata a riva senza mai fermarsi, dove sepolto alfine giaccio nella sabbia sporca di sangue nell’ apogeo per altre vie , elevandomi dalla comune prole ,trascendo me stesso non ò saccio chi sono , quanta vita ci stà ancora a vivere quanti suonno scicchilocco , zinnariello , puricchiuso , scanginate, senza pate, senza dio , vedo , penso e scrivo , sopra ad una panchina un sonetto antico.

 

Me sò scusate con tutti, mi sono aizzate per pigliare questo cielo tra le mani ,nù poco mare, nù sorso di vino , senza che nisciuno te dice statte accorto , intanto spero di altre grazie , di casti concetti legati a questo incanto a questa vita che vaga affligge, gemente e piangente in molte considerazioni in molti titoli, io prego ed ascolto il vento che da ponente, giunge allegro con la sua gente con mille disgrazie con molte lingue , con tanto amore io seggo nel tuo cuore . Io vivo beatamente, vestito di laceri versi con tutte le buone intenzioni con mille dubbi con poche chiarezza io seguo me stesso sulla scia d'un onda sulle tante afflizioni stipate nell'animo in chiara esistenza con tanto coraggio , ogni cosa brucia nella sua passione, pur rammentando il tuo viso , forse seguendo nel moto delle stelle , mi congiungo in altre dimensioni , lasciando fuori da questa vita il male dei troppi anni, vado per laide vie sorseggiando la follia d'un era , scalando le poche elette vette che in breve, solchiamo nel nostro esule silenzio.

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Lievita Nell’Aria

LIEVITA NELL’ARIA


Lievita nell'aria il primaverile pensiero , vola su un onda che giunge a riva ridente ,temente, elegante oltre questo porto orbo e bigotto ove siedono i vecchi con occhi asciutti ad ammirare la vita come è trascorsa in fretta , spinosa, selvatica vita, cambiata tutta d’un tratto , navi che ha portato via ogni illusione, ogni gesto sfuggito dalle mani di una signora in compagnia del suo cagnolino al guinzaglio , bianco come le nuvole, nero come l'inferno. Lugubri recessi spirituali ove s'urla contro un tiranno assetato di sangue innocente, contro un dio senza pace. Cadono dal cielo lacrime di cristallo ,s’infrangono per terra in mille cocci . Odoacre in guerra contro Roma ,nell’eco delle battaglie , le tue leggende impavide , richiami, migranti , eccelsi, scurrili nel verso che risorge nella vittoria. Seduto all' in piedi fermò davanti a questa giostra di cavallucci colorati tra i sorrisi dei fanciulli, io sono perduto in questo bel giardino, in questo ultimo saluto.


Andrò , piegato ancora pregando di ora in ora con l’oro in bocca , oltre i tanti dire ,oltre questo insano costume in bianco e nero . Traspare la mia voglia di vivere ,vengo , inerme, con tanti buoni propositi , con me solo , nel giorno, nella notte, attaccato a vecchie rime con le mie scarpe rotte, eretto su una croce , legato ad una terra bagnata di sangue plebeo , in una tempesta improvvisa , rinchiuso in una stanza infestata di spiriti malvagi che m’inseguono, mi vogliono, mi chiamano nell’ora del desio. Misantropo ,blasfemo in una filosofia dai denti macchiati di nicotina, con l'abito cattivo, con la morte chiusa tra la coscia ed il braccio ,tra la sinfisi pubica e la cresta Iliaca . Un passo e saremo ancora lì a raccontarci le nostre belle fiabe , i nostri ricordi, le nostre paure, ebbrezze, tenere emozioni , fragili sensazioni , ronzanti su vivide corolle di fiori di campo . Tutto è così vano , ogni ricordo scivola nel vago dire ,non c'è certezza senza una giusta guida in questo autobus zeppo d'immigrati, di musici ambulanti, di malati terminali, di feriti, di donnine allegre. Andrò oltre questa notte, tra le braccia di un tempo crudele , senza barba, senza cigli, senza questo amore che ha fatto nascere alberi, monti, città, oltre il fiume vedo la morte abbracciare monti e valli nella gioia dell'esistenza e non sò spiegarmi perché debbo ancora pagare questo tributo per un onore che non regala nessuna gloria .


Anche se mi guardo indietro, vedo solo una lunga scia di morti , scendere dalla cima del monte ,gente che và e ritorna , che dorme sulla candida neve , su una nota che muore nella speranza, verso dopo verso, in se stesso io cerco una giusta ragione una danza che impazza in mezzo ad una strada in questa piazza ove fiorisce l’albero della libertà , io chiuso in casa, dentro un ricordo. In giorni legato al male, dopo che ho creduto, ho rincorso il treno dei tanti diseredati dove seduta stava la bella dagli occhi verdi con il sorriso che sprigionava sensuali frasi d'amore. Vengo , seggo , insieme a te nel cuore di questa follE canzone , tanto folle da farmi girare lo sguardo verso un mondo che perduto giace in vecchie filosofie in enigmi ed incertezze, in rivoluzioni, in ricordi quando correndo felici io e te , io e questo mio delirio in questi versi che spingono il mio cuore ancora a sognare.


Io e tanti altri come me, in questa vita che ama , ammazza , impazza , s'appiccia, accompagna le creature' a scuola dentro una giornata di sole, con un pensiero fisso in faccia alla morte. Nisciuno ha creduto, nisciuno ha voluto perdonare, nisciuno e cresciuto , le porte sono state chiuse in faccia alla povera gente , lasciando i propri figli mezzo ai guai.
Cammenanne fonne alla via ,fonne a stò core , quanti comme a me hanno perduto se stessi , un gioco crudele in una ragione che broglia e sbroglia ,s’annasconne , ciarlona, cuntento non cugnere non sisca faccia alla sciorta , ammartenate, sciancato , a chi coglie, coglie fino alla cantina di coglia, coglia.



Per te per i tanti che hanno creduto in questo primaverile mattino io poeta, migrante, io di passaggio , io ignaro di cosa voglia dire odiare . Ritorno indietro nei miei pensieri, forme astratte, similitudini, infermo sul letto giaccio ,fermo sul ciglio di un altra avventura in bilico sulle tue labbra rosse , io ,forse tra cent'anni ancora come oggi, una forma astratta che s’evolve in grandi imprese , fatto solo d’illusioni , di sangue, di versi , tendo le braccia verso di te che giaci su un letto di spine. Tendo la mano verso ognuno ,ordino la mente mentre continuo a cantare una dolce canzone per tutte le donne del mondo .

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Un Bel Mattino

UN BEL MATTINO

 

 

 

Un bel mattino ci sveglieremo e capiremo che siamo morti. O che non siamo ancora nati  che la vita ci ha lasciati da soli in angolo oscuro in attesa che risorga il sole ,con tante domande con un pugno di mosche chiuse nel palmo di mano con tante paure di non rinascere più .Rincorreremo il tempo andato i dolci ricordi  dai mille colori , del dire, del fare saremo una via di mezzo, saremo il bel canto che s'eleva dal volgo che echeggia in squallide  periferie in sogni per lo più infranti.

 

Saremo il mattino che giulivo ci conduce alla battaglia , uniti per mano saliremo verso il cielo, saremo a migliaia , milioni d'anime, compagni , camerati, fratelli, sorelle saremo questo folle amore , questa giustizia che impazza poi s'incazza e prende a pesci in faccia chiunque.

 

 

Saremo che cosa ? forse una bella poesia , un grido di dolore  che s'ode aldilà del monte, saremo questa folla che balla davanti al comune insieme alla vecchia che canta la sua ninnananna al figlio che non è mai nato , insieme alla bella ed il suo amante insieme al disoccupato all'operaio, all'imbianchino, all'idraulico al contadino  , saremo loro, la loro voglia di vivere saremo noi che insieme sfideremo la sorte , nel cuore della giustizia , pensando al domani , ci caleremo le braghe in questa libertà.

 

 

Stropicceremo gli occhi assonnati con sollievo, ci accorgeremo.

Che le sofferenze, legate ai giorni, legate alle ore, sono svanite.

Che le veglie paurose tra mostri assillanti, le corse affannose su strade giganti, sono svanite e rideremo, ormai tranquilli, prendendoci in giro per la paura che abbiamo avuto, il sogno di vivere sarà finito.

 

 

Sarà la fine che ci condurrà alla ragione  , legati al dubbio ad un soggetto politico, ad una fragile ricerca etimologica , ignari d'aver compiuto chi sà quale prodigio. La fine c'attende a braccia aperte , assonati, indiscreti ignari di cosa sia la verità fatta donna  su questo minuscolo  pianeta , lontano dal cuore che abbiamo sempre amato in maniche di camicia. Con gli occhi socchiusi, in fondo a questo tunnel , usciremo consapevoli di ciò che siamo , figli di secoli  passati di tante lotte , di tante guerre nascoste dentro una tasca di un vecchio calzone.

 

Ma oggi amore dobbiamo andare, giù nella strada, dobbiamo lottare, perchè il sogno che ancora vediamo, che annega i nostri visi in un dolore ormai quotidiano, sia meno triste mentre aspettiamo, quel bel mattino in cui il vento gonfi le vele verso la morte, in cui ci guidi verso il nulla, verso il nulla, verso la fine insieme  forse ,verso la vita.

 

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Improvvisata Ode Di Una Sera D’estate

          IMPROVVISATA  ODE  DI UNA SERA D’ ESTATE

 

Spari  s’odono di  fuochi d’artificio a sera  sui  brulli colli

disegnano nel cielo  forme   infuocate. Un aura brilla intorno  al viso della luna ammaliante ed immortale. Incantesimi  notturni  , versi  redivivi   tratti da celebri libri affiorano alla  mente confusa , oppresso  dal caldo soffocante  intriso di filosofismi , inseguito  da mostri metropolitani  per strade insanguinate.

 

Appriesso  a  un  suonno  m’appare senza conoscere la fine di un era , la voglia di capire  che cheta , smargiassa,  senza una fine certa cammina assieme alla  morte , che passo , passo  t’insegue, senza ammiccare,  allecanne  un gelato  al pistacchio , una vita serena ,sulagna  dentro  un cuore   che  triste a volte  diventa  nella sera. Passo , pensanne a tanti cose , quand’ero guaglione , quand’ero sfortunato  , non me faccio tanti problemi , mi  fermo fore a un bar mi piglio   un caffè , assestate,  vola con il pensiero lontano , forse in un altro mondo , forse dentro un domani  . Appuiato sotto allo  muro , quante parole dietro di me  , quanta pensieri  rassignate , tutti insieme  appresso a questo carro  e muorto. Una sola faccia , una sola vita , uguale  ad ieri ,uguale ad oggi ,verso  un  giorno felice , fatte di vase  e carezze , sotto questo sole che spacca le pietre sotto questa veste , aspettannne  questa ammore.

Rincorrendo la magia dei tempi  andati,  un motivo d’una vecchia canzone  cantata lungo i vicoli uterini ove mai  giunge  il sole  ad illuminare   le disgrazie dei suoi poveri abitanti. Sconvolto , scivolando nell’ore che giunge presto alla morte  in uno sparo udito  per strade sporche di sangue  , divorate  da orde dì immigrati affamati di sesso , di droga ,di  facili guadagni  .   Fermo in bilico  sulla sponda d’un ricordo  oltre l’immaginario  , politici  istrioni ,  ministri sinistri ,  ricercatori  di favelle , novelle  scritte per far sorridere grandi  e piccini  , mare che  unisce  la terra ed il  cielo ,lambendo  le coste dei pensieri   oscuri .

Non c’è sta pace , muzzecanne  queste parole , pesanne questa sofferenza , miezzo  fatto tra la gente , miezzo  questa folla che te votta , te gira,  ti chiamme , ti voglio per un ora poi basta  come lo vento  che passa , comme un onda felice  che ritorna  a riva per  essere niente. Ritornare  ad essere  ciò che ero , quello che ho sempre perseguito ,  un stana  follia  ,  un  povero maccarone .

Pienza   questa ammore ti ha pigliato in giro , pienza  che ogni cosa questa ammore se rubato . Mi guardi , mi rincorri per strade assolate  senza pronunciare il mio  nome  , senza te, son perduto son sulo come  un  fasulo dentro un sacco.  Gatto , topo , leone pigliatavilli  questo  core , pigliatevela  questa vita , fatte a pezzi , pigliatevelo questa ammore africano.

 

Scrivere poesie inutili  , versi  fioriti   nel silenzio in   magici meriggi nell’animo  latino . L’ode  lunga  di una sera  d’ estate , rincorrendo le falene  elettriche  lungo le afriche  coste , memore di glorie passate. Senza  ritrovare più il senso etimologico  del comprendere  il senso delle cose ,  osservare sepolto sotto un salice piangente , ombreggiante la  sagoma  della  disperata  inchinata sulla tomba del suo amato.

Cielo raggiante  annunzia l’ apparire degli elleni eroi

l’udire   ruggire il coraggio del leone ,le costellazioni in armi,

il sogno del divin fanciullo  risuonante in  un  novo canto d’ amore.

 

 Scrivere, scrivere,  ridere della morte che donna ti seduce , ti piglia per  lo  collo , ti rifresca , ti sazia , ti dice ti voglio bene  e tu non pienze a me.  Mille anni , mille parole , mille poesie , piccerelle , paonazzelle, pazzarelle , poverelle, pigliatela  questo  vasillo,  pigliatelo  sta pazzia.

 

 Ire in compagnia di personaggi fiabeschi  nel fitto bosco cittadino  fatto di cemento e ferro.

Sotto gli orribili occhi d’un orco digrignante i denti.

Volare oltre questa dimensione , inseguendo  fate ed elfi.

Ogni cosa tace , non svela alcun  arcano mistero

chiuso in seno  ad  un   sofferto   canto.

Pianto  antico , fatto  durante  un sofferto   viaggio

intrapreso con l’intera compagnia degli infermi

mano nella mano  andare senza chiedere nulla

satiri  e giullari ,  strani  incubi picareschi

vortici di parole  stregonesche , chiose di verbi arabeschi.

 

 Siscando , melodie , generando ,rinnegando , sotto questo canto  avveluto  , bastonato, fatto della stessa sostanza del padre, ruciulianne  ,scennene felice lunga le scale siscanne , cantando arie neomelodiche , siscanne ,cianciando ,voglia di capire ,voglia di vivere , di correre ,di cambiare .

 

 Nella comune  ragione  , raggirare la sorte

la  fiabesca   favella  echeggiante  nell’aria infetta.

Finti diritambi ed altre ecloghe dal significato  perverso

prolisse   prose  emergono  dal  fondo della  storia.

Ritornare in seno ai secoli passati  ,  arrampicarsi

su i monti  con l’armi in mano , gridare  dalla sommità  la libertà conquistata , mostrare il male  esistente.

Arrampicarsi sulle cupole  delle chiese , sui tetti dei palazzi

,sui templi  d’orati  ,riemergere dalla follia  d’un epoca.

Passando  verso una nuova estate , attraverso

l’antro dell’ averno  , sotto lo sguardo di medusa.

Ascoltare l’onde cullarsi  infrangersi sugli scogli

mentre un palombaro scende cantando l’Aida  in fondo al mare.

 

 Pazzia ,pazzia,  piezzo e core scordato coppe ad una panchina

Affacciato a guardare l’immenso panorama, la morte che diventa peccerella si fa bellella  se mette lo trucco , ti dice mi vuoi bene ?

Te stregna la mano chiano ,chiano ,ti ritorna a mente tutta una vita tutta una storia che se trasformato e divenuta morte,  poi vita poi sorriso , gioia , dolore. Che bella giornata ,quanta gente per la via ed io cammino assieme a loro,  mi perdo tra mille facce,  tra mille ricordi , pensieri , sentimenti diventano  un  solo senso , poesia , un gelato al limone.  Assetatevi non abbiate paura non ve magnammo, appicciate  questo ventilatore , appicciate queste  stelle in questa  sera affatata  fore lo chalet .

 

Magica  gloria  chiamata  giovinezza   ,perfetta  armonia , un fiorire

di speranze  nel buio. Soffrire ,  crescere   e altre parvenze dello spirito poetico. Seguire  nei ricordi , gesti della madre il suo ricamare rime e altre storie   sul telo ove è impresso il  viso  del suo figliolo  defunto .  Rammendare, meditando le mendiche spoglie di lui  vagabondo per l’ade. I  fatui fuochi sui i colli  nel cielo notturno salutano

il declinare della sera  ,  si   placa  il  dolore e nel muto intendere

 madre d’eterne estate  ogni cosa diventa lecito ,  improvvisate rime   accompagnate   da  una mesta musica   in riva  al mare di nostra   etade .

 

 

GIANDOMENICO FERRARO 

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Nova Elegia Di Maggio

NOVA ELEGIA DI MAGGIO

Era de maggio e te cadeano nzino
a schiocche a schiocche li cerase rosse
fresca era ll’aria e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciente passe….




Elegia di maggio regala il turgido sole ed il canto in gola gorgoglia come in una immagine smarrita in un timido pomeriggio. Naufraghi personaggi ,sciancati eroi d’un tempo lontano approdano sulle coste d’una isola baciata dal sole.

Morte ,costruisce vaghe evanescenza ,esperimenti linguistici , sogni perduti di generazioni tradite dalla cupidigia, dagli ingannevoli sensi. Ora il mondo volge il suo viso verso speranze erranti , fogli di giornali , amori primaverili , idee dedicate a miti et illustre schiere di personaggi oscuri , signori di questa città immensa che si mangia la coda ,balla et canta nove tammuriate , nove litanie dialettali.

Scivolanti leggeri sul dorso delle onde , le sirene s’affacciano ridenti in superficie per rituffarsi
nell’immensità del mare, svaniscono i faticosi giorni all’improvviso. Nuotano le muse ,le madri coraggio i padri crociferi, i nonni di ferro , le vecchie di stagno , le belle promesse di lidi lontani d’idilli et elleni amori congiunti a nuovi giorni ad amene conquiste di trasecolati sogni caduti in padella.

Giovane e belle combattono contro orizzonti infiniti contro l’orrore d’ un mare di rifiuti ,contro ingiustizie et disgrazie d’ogni genere , contro i palazzi di cemento taciti sulle coste in attesa di barbare orde di bagnanti.

Gli adolescenti scimmiando rincorrono gli amori di sempre sicuri di se stessi , frutto d’ingranaggi d’un mondo diverso rifiutando per comodità regole e compromessi. Frasi fragili come germogli d’arbusti maldestri ,malandrini intendimenti ,fisiche forme che prendono forma ,aspetto di baci et carezze. Svanisce ogni tristezza , ogni onore ,retto dall’amore verso il prossimo ,verso quel verso che immane pesa sulla coscienza di adulti , intellettuali , dirigenti , prelati fatti d’inganni di carne di anima che evapora per l’aria giunge come un dolce profumo al naso delle stanche vergini.

Solingo seggo in questo vecchio cuore ,abbandonato ,pendulo lungo i grandi tisici viali fioriti lassù in collina. Andando incontro alla morte il viaggio si colora di varie luce, folle l’andare in auto solcando il traffico cittadino percorrendo entusiasta i lunghi rami rosei ,celesti ,blu, rosso ,giallo , un gallo ubriaco di gioia canta in cima all’ albero della vita.

Correre senza fermarsi , verso il sole del mattino fino al tramonto in cerca d’una ideale bellezza
d’un bene senza peccato e senza francobollo.Nulla è il bene rinato se non un canto antico
eco di un mondo perduto , rinchiuso dietro un cancello che apre lentamente le braccia al mago di maggio. Signore venuto oltralpe con tutta la baldanza seguito dalla sua eletta figliolanza
infingardo musico malandrino , leggendaria storia d’una sirena sedotta in mezzo al mare .

Caduti sono dallo stendardo una falce ed un martello, un corno ed un cappello , ucciso un filosofo senza favella . Maggio risveglia la favola bella che un giorno m’ illuse che ancor oggi m’illude , perseguendo ombre ,fallaci versi ,sogni , speranze in mezzo agli altri mi sento vivo ,ardo d’amore ,passioni anastomizzo ,ideali immemorabili immagino , illuminato sono dalla fiaccola sotto il moggio , omaggio all’ immaginifico per il suo lungo immemorabile viaggio, tra fiabe e ditirambi ,egloghe e poesiole. Maggio risveglia segrete antiche memorie , parole ora dolce, ora amare parole che sono sempre.. parole d’ammore.



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Canto Del Fuoco

CANTO DEL FUOCO




Fuoco ,fuoco , canto mentre brucio tra le tue fiamme . Si fosse nato auciello o che sò ricco con tante case di proprietà , avrei cantato tutto il giorno a dispetto di chi mi vuol male , ma son nato poverello senza alcun bene, senza padre e senza madre .Se fosse nato nelle Filippine o chi sà in Brasile avrei dormito in una capanna accontentandomi di poco , se fossi nato a New York in una strada longa e grande con tante facce diverse, con tante lingue da capire ,avrei potuto essere diverso da ciò che sono senza dover dar conto a nessuno.

Fuoco ,Fuoco che ti riscalda silenzioso .Si fosse nato ,ah si fosse nato , scrivo , penso , cerco un senso , una spiegazione plausibile a questa sventura . A questo dover credere ad un domani migliore ad una sana religione, qualcosa che mi faccia stare buono con me stesso che mi faccia volare lontano, oltre a questo mare di rifiuti , sopra a chisti paesi , sopra a questa città che mi ha cullato nelle sue braccia ,mi ha accarezzato a faccia e mi ha fatto amare terre lontane.

Fuoco ,fuoco che avvampa e danza .Si fosse nato cento anni fa avrei cambiato il corso della storia , oggi mi scavo a fossa , prego ed immagino nuovi mondi, mi diverto ad essere ciò che voglio , un gigante che mette apposta le nuvole in cielo , un idraulico che fa magie con i tubi , un girovago impenitente ,un equilibrista applaudito in ogni piazza in cui s’esibisce ,un vecchio marinaio che piace raccontare le sue avventure seduto fuori l'uscio della sua casa in compagnia di un buon bicchiere di vino.


Fuoco , fuoco amico mio . Quanta facce ,quante persone racchiudono me stesso , quanti aspetti di questa vita , quanti abiti ho indossato ,quante donne ho amato ,quanti errori ho commesso, uno e centomila sono stato personaggio o regista , bambino , ragazzo un genio con lo stesso viso sulla stessa moneta.

Fuoco, fuoco illumini l’oscuro. Non credo d'essere saggio non credo in ciò che dico , non cerco il perdono , il libero arbitrio non cerco spiegazioni o pietà altrui in barba ad ogni legge mi reco ogni giorno a lavoro credete che sia folle ? Credete io non comprenda, il fondo del barile ho raschiato con cura ed ho trovato un buco in quel buco son caduto sono sceso in fondo, in fondo ho pregato e ripregato poi mi sono addormentato mia madre ho sognato ,ho cercato di salvarla di trascinarla via , fino in fondo a questa storia sono giunto in punta di piedi.


Fuoco , fuoco luce dell’universo . Vorrei lasciare stare , vorrei trovare un senso a questa storia surreale , questa grande avventura tra lettere ribelle, meretrice parole tra i sogni io navigo rincorro rime et amori ,speranze et illusioni,. Son partito da Milano sono giunto a Caltanissetta ho comprato un gelato a pistacchio mi son guardato in giro ed ho visto un gatto morto, ho capito la lezione è son subito ripartito per Bologna ma a Bari ho incontrato un vecchio amico che mi ha invitato a casa sua , sono stato là tre giorni , ho mangiato , bevuto e scopato , zappato la terra , raccolto frutti dall'albero che aveva nel suo giardino, ho parlato, parlato ho cercato insieme a questo mio amico di capire io chi ero, poi perplesso , quasi appagato , sono subito ripartito questa volta son tornato a Milano dalla zia di mia madre a Cologno Monzese.


Fuoco , Fuoco che purifichi da ogni male . Giunto lì mi son denudato ho camminato in mezzo alla neve a dispetto del freddo una guardia mi ha fermato , mi ha portato alla centrale della polizia. Uno di loro mi ha chiesto chi ero ?io sono scoppiato a ridere dopo un lungo pianto ho raccontato la mia storia tra lo stupore e la meraviglia anche il commissario si è commosso , dopo avermi rinchiuso in una cella , tutto solo per tre giorni mi hanno rilasciato a piede libero . Ho promesso di fare il bravo , una guardia mi ha sorriso ed un altra mi ha regalato un maglione . Due giorni dopo in un letto d'ospedale pieno di lividi , fratturato in diverse parti del corpo ho dichiarato al medico di essere caduto, scivolato accidentalmente su una buccia di banana.


Fuoco , fuoco primordiale . Lungo la strada, tante facce diventano una , tante domande si sommano si rincorrono si fanno belle , gentili intorno al fuoco scoppiettante ed io non comprendo mi chiedo sono in paradiso o sono all'inferno faccio finta di nulla mentre spazzo la strada , mentre raccolgo queste sporche carte da terra.


Fuoco , fuoco che dai vita . Avrei voluto essere io a scrivere quei versi , avrei voluto essere non essere , piccolo indifeso un angelo o un demone non importa ,avrei voluto volare oltre il cielo grigio di questa metropoli ,portarmi sulle spalle tutti i poveri , tutti gli afflitti. Avrei voluto essere per un attimo il bene ,un gelato e limone una pagnotta di pane caldo, un pasticcino alle mandorle. Tra quelle bianche mani. Avrei volto esserti accanto mentre crescevi diventavi un altra donna. Avrei voluto un giorno migliore ,cantare con Rocco una nuova canzone ,avrei voluto ricominciare da capo , correggere ogni errore , ogni male.


Fuoco ,Fuoco dell’inferno . Avrei voluto essere un auciello affatato cambiare questo mondo con una mia canzone ,con queste parole con questo calore, con queste mani fare miracoli , fare qualcosa che nessuno ha mai fatto o ha mai scritto , nessuno ti ha voluto chiù bene di me.

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Spiagge Pallide E Assorte

 

Spiagge Pallide E Assorte

 

 

La verità viene a galla  tra i righi  di nuove pagine scritte  tra alti e bassi, tra momenti intimi e delusioni

incomprese . Dopo  aver provato a  comprendere il male .

Godi se il vento ch'entra nel pomario vi rimena l'ondata della vita:

qui dove affonda un morto viluppo di memorie orto non era, ma reliquiario.

Come tra l'erba alta, tra i fichi secchi   schiacciati ai lati dei sentieri  sabbiosi  che giungono fin giù in riva al mare ,assaporando i frutti di un tempo che matura . Dubbi, incertezze tutto scorre ,niente ritorna indietro n'è questa vita ,n'è questi versi . Tutto ciò  che poteva  essere compreso ,inseguito

nel placido  meriggio  era girare  pagina, apparire tra la gente, entrare nei loro sogni in quel dolce intendersi . Senza toccare il pomo della discordia pendulo da un ramo secco.   Vedi qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l'odore dei limoni che inebria l'aria. Incontrare se stessi far finta che tutto vada bene ,pagina su pagina e poi un altra ancora ,crescere in quel intrigo  di parole amorfe che si contorcono e diventano strane cose ,ricordi di un tempo che urla fuori al balcone la sua voglia di vivere. Il bel giardino dei gialli limoni ,splenditi sotto il sole, passeggiando ,ragionando, intorno al  frutto proibito. Lo scoppio della bomba, un domani che ha mille occhi e mille gambe che non riesce a liberarsi di questa paura di essere o credere. Un domani dalle mani sporche di sangue  che ti conduce a dover  soccombere in nome di un diritto innaturale . Ed il mare ha un suo  bel viso, ha la sua capacità di essere ciò che desideri .L'immagine  del bel giardino  dove si andava a giocare da piccoli ,dove si provava a rubare quei  limoni  grandi come la luna  Un breve tragitto tutto finisce, ogni cosa diviene ,nella forza che m'assale ,mi porta via con se nel ricordo  ingordo d'emozioni, scisso in tanti momenti ,in tante vite. In ogni cosa risorgo e produco ,ordino ,ascolto, gioie fugace che mi portano lontano  tra i pomai adorati. Scatta, ripiomba ,sfuma, poi riappare soffocata e lontana: si consuma. Non s'ode quasi, si respira. Bruci tu pure tra le lastre dell'estate, cuore che ti smarrisci! Ed ora incauto provi le ignote note sul tuo flauto. Beltà perché non mi hai preso per mano e mi hai reso vate nella tua lunga Estate? Triste tragitto ,

la febbre m'assale  non riesco a narrare le tante odissee passate . Il canto dell'onda, il suo dolore ,l'occhio, la coda  le tante  lezioni  assimilate ed imparate in silenzio. Un viaggio senza fine ,senza un bacio una carezza ,senza un sentimento che mite affiora tra le alghe  verdi e brune sotto la  volta del cielo ,lontano dal mondo, lontano dal dubbio. Proseguire, incauto andare, domandare a me stesso dove è finito   tutto quell’ amore . Riposo sotto una pensilina , solitario ,aspetto l'autobus, aspetto che ritorni un tempo in cui  uomo  e spirito divengano un unico essere. Oltre ogni conclusione, oltre ogni aspettativa viva o morta che sia la  città mi stringe tra i suoi seni ,mi culla ,dolcemente mi canta una dolce ninnananna  poi mi stringe più forte ,sempre più forte fino alla fine di questa spiaggia pallida e assorta.

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All’Ombra Di Un Faggio

ALL’OMBRA DI UN FAGGIO

 

Abbandonarsi al fluire delle idee ,nello strido delle rondini , riposare all’ombra di un faggio . “Forse tutto è già inutile, come l’incerto dire , assopito tra le braccia della morte natura, dondolandosi cullati dal vento, oltre ogni limite, oltre ogni scrivere , trasformare la propria esistenza in sublimi versi , entrare in simbiosi con ogni cosa circostante ,divenire sole, acqua, monte, albero, dissetarsi alla fonte della eterna giovinezza “. Futile cosa l' amore a volte non dona nulla che già tu non hai, ti cambia nel passare del tempo . Tradito da una falsa libertà , interrogandosi perché si e giunti a tanto ,perché l' amore non ti ha salvato e così per caso in un giorno qualsiasi perdersi nella comune storia degli uomini . Divenir per un attimo quest' acqua, questo vento, questo canto, divenire questa beltà , sorella lasciva e sciancata ,sorella di oggi e di ieri , morte che comanda angeli e demoni che non si acquieta mai, non tramuta nulla in gioia. Piccolo peccato che pesa sulla propria coscienza. E la musica continua a regale momenti incredibili a cambiare la sorte d' ognuno. Morte eterna amica di mille battaglie ,figlia del suo tempo ,della vittoria e della sconfitta, figlia del domani , di oggi, reietto, morte vado cercando come un ossesso e preso nel vortice della follia vorrei sconfiggere l' iniqua speme ,la perdurante lasciva malvagia sorte che m’ insegue. Umano lasciarsi andare, liberarsi nell' aeree puro ,scindere l' infamia dalla vergogna ,sradicare la mala tempora. Ore e ore solitarie , represso soffrire, essere o non essere , trasmigrare non giungere mai al luogo prefisso. Giorni crudeli taglienti ,pellegrini attimi che non donano nulla, dal doppio viso , dalla doppia vita, figli , padri , vittime e carnefici ,simile allo scoppio di un petardo che esplodono nel cielo , illuminante la notte. Urla disperate escono dalla bocca dei vicoli , il grido delle madri rimaste sole, tutto rifluisce in un angusto sistema, un fuorilegge gioco ,un utopia in cui il bene soccombe alla realtà e chiede di ritornare indietro ma a nulla serve, tutto è compiuto, tutto termina . Amore che mai tramonta , ascoltando le parole che ti sussurra il vento nell’animo , così si conclude in fretta spesso l’inusuale viaggio intrapreso e con esso il senso della propria breve esperienza.

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Aria Natalizia

ARIA NATALIZIA

Nel silenzio degli anni trascorsi ,nel senso oscuro delle parole appese insieme al bucato asciugato dal vento marino giunto da lontano, porta con sé nuove parole, nuovi giorni ,nuove avventure. La città si apre lentamente ,si lascia toccare ,amare. In ogni casa luccica un albero con tante palline colorate ,in ogni angolo un piccolo presepe ove vivono minuti personaggi. Luci di tanto tempo fa che ardono dentro di noi nella nostra breve vita nei momenti più duri incontro ad un arduo destino. Rinascere, crescere, arrampicarsi sul gigantesco albero andare sempre più su ,fino in cima dove splende radiosa la stella cometa. Viaggiare ,credere di potercela fare ,nell'infinito attimo tra ninnoli , decori nella favola bella che ieri m'illuse e ancora oggi m'illude per strade bagnate ragionando di vittorie , sconfitte di occasioni perdute. Quante domande ,quanta tristezza, un interminabile idea di un vivere aldilà di regole ,certezze . Camminare nella gelida aria invernale ,ammirare le vetrine dei negozi, ammirare gli occhi di una ragazza, perdersi in varie tentazioni ,in quella colpa riflessa nelle luci del natale tra la folla andare con un sorriso in tasca . Tanti babbi natali ubriachi fradici che cantano una dolce canzone. Macchine che passano occhi che ragionano ti osservano oltre ciò che sei ,oltre ogni vanità ,invidia . Il cuore batte corre a cento all'ora non si ferma e non si può fermare, scivolare sotto ò muro. Poi un sentimento invade l'animo, riflettere su ciò che siamo stati nei giorni crudeli ,nei giorni di scuola ,nei giorni dell'amicizia innanzi ad un crocifisso per strada con la sigaretta in mano . Ragionare ,credere che domani sarà diverso ,diverso nei versi scritti di sera in solitudine. Piangere, senza farsi vedere dal mondo ,piangere ,gigante tra i giganti con una forza senza pari ,disfarsi di questo male ,queste calunnie. Piangere ,esistere per un attimo nella pelle altrui. Poi natale con gli occhi umidi le grida dei bimbi ,benino che dorme sul colle tra le pecorelle, beato sogna ,mentre i soldati si tolgono l'elmo lo posano per terra abbracciano i loro nemico. I poliziotti si tolgono il casco ed abbracciano i manifestanti. E la protesta corre nell'etere ed i baci sono scintille ,giovani coraggiosi ,vecchi con i forconi . E la notte è tenera ,notte di natale. Domani ,domani ancora sperando ogni cosa possa essere uguale o forse diversa ,partire ,ritornare vincitori. Partire ed essere salvi ,passeggiare per le strade di Roma. Lungo l'albero fino in cima in compagnia di tanti e nessuno in compagnia di un sogno. In compagnia di questo calore di questa dolcezza senza fine, che ti prende per mano ti fa ritornare ad essere un bambino . Felice tra il cielo ed il mare tra le rime le bugie tra i rami dell'albero addobbato con mille fili argentati , sotto la neve infreddolito , taciturno tremante ,mano nella mano di questo matto amore ,latino, ladro di passioni. Un punto fermo un dire a meta, un nero a meta, essere l'altro che t'aspetta , seduto ,ordinato ai tavolini del bar del corso che ordina il suo crodino non dire cretinate io mica sono Dio. Credevo di esserlo poi mi sono reso conto che tutto passa .nell'attesa nella speranza popolare. L'ignoranza, il disprezzo il vile denaro, la crudeltà , che bello il re e la regina ,un vagito nasce ,cresce muore, risorge, eppure nacque in un umile famiglia il padre un povero falegname. Cosa ho compreso? ritorno su i miei passi , piccolo ed ignudo con le mie perplessità in viaggio verso casa . Un nuovo giorno sorge ,svegliati . Oggi è natale, domani capodanno.

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Poema Lametino

POEMA LAMETINO



Ascoltare il mondo da un angolo di spiaggia nel silenzio il mare muta forma aspetto. Oltre ogni giudizio, felice o dannato perduto in onde anomale forme incomprensibili mutanti dentro un discorso divorante la sua metrica la sua capacita d' essere inverosimile. Attraverso l'interagire con spiagge e bagnanti, elevare il proprio credo ad una nuova concezione sociale. Il sole riscalda le parole, fredde lettere, tutto prende vita nel discendere il bene dal male, nel lieto comprendere. In un vortice di concetti raccogliere in se un mondo diseguale . Nel raccontare una breve illusione un attimo un delirio un dire ,un fare. Una diversa concezione ,una nuova creazione, e quando credi che tutto sia diventato un gioco, un risalire a galla un congiungere a questo interloquire ,qualcosa si raggomitola in se stesso e langue nel suo spirito. Tutto falso o troppo difficile da digerire un lasciarsi andare verso mete estreme, giungere ove mai nessuno e giunto. In cima ad un albero, affogare dentro un bicchiere di vino, nello sguardo di una donna nella vita nella morte nell'illusione di una amicizia dietro ad un carro funebre per strade assolate ,dentro una bara, dentro al domani con le valigie in mano pronto a partire per un paese sconosciuto e la storia ti osserva, ti giudica, ti intimidisce. Dentro questa stupida poesia con tutti gli errori commessi in una esplosione espressiva in una città che scompare e riappare nei ricordi . Con la gioia di credere di essere ancora vivi oltre tutto il male che ti può capitare oltre questo giorno lascia che il sole tocchi la tua pelle ed il mare la bagni ed il tempo faccia il suo corso. Scivolando lontano dal soffrire da mille ipotesi suggestive da volti e innominate conclusioni ,una sapienza che si riassume in poche frasi . In trepidante attesa fuori una stazione ferroviaria mentre ogni cosa si muove intorno ,mentre il mondo si trasforma in un altra malvagia forma in un grido di dolore, in una nuova guerra senza significato ogni cosa ritorna ad essere una utopia, origine di un linguaggio illogico incapace di trasmettere sentimenti , idee ,modi fare una breve illusione stipata dentro se. Giochi grammaticali , guerre sanguinarie di verbi e vocali in mezzo ad una piazza con a capo il scemo del villaggio che dirige questa pazza orchestra musicale . Mentre tutti seguono il filo di questa follia il sole brucia, splende ,riscalda la sabbia ed altre elucubrazioni . Mentre si cerca di essere. Il silenzio ti riporta all'inizio del viaggio intrapreso di nuovo con il sacco sulle spalle ,di nuovo alla ricerca di un luogo ove poter essere felice poter riflettere sul proprio passato, nel proprio futuro in un amore liquido così simile al mare.





                                                   II

In questo pigro meriggio rincorrendo le dolci parole dell'estate nel cuore scivolare dentro se stessi nel silenzio nelle voci dei bimbi nel canto della cicala, nel caldo vento che ti porta lontano sui monti ai piedi di antichi dei. Oltre ogni immaginario descrivere l'umano arbitrio il combattere contro orde di formiche marcianti per il prato alla ricerca di cibo . Nel frugare dentro la memoria di un mito, nella dolce morte di un antica estate. Senza comprendere , senza provare a giustificare la logica delle cose circostante in una amena soluzione a questo lento perire. Parlare, credere ancora cercare d'uscire dall'acerba sostanza ,dal pigro gemere, sottoscrivere contratti o altre terribili cambiali, il mondo ti rincorre e con esso l'onda di un mare in tempesta. Estate languida sdraiata sulla sabbia , nel fiore degli anni,mostri ignuda il tuo frutto . Maturo il corpo caldo nel solleone nel lascivo divenire, timide melodie accompagnano queste rime per solitarie strade. Nulla è giustificato ,nulla in seno al creato ,congiunto a teologie dissacranti anticamera di una tetra ragione. Stagione dello spirito, invecchiare, crescere allungare i propri rami verso il cielo azzurro tra le nuvole, nascondere tra le fronde dei nodosi rami i nidi di acerbe idee . Come natura madre timorosa, madre tiranna schiava del suo amore ,del suo creare. Ogni cosa finisce e rinasce ,scemando in un senso sinistro in un fascio di luci che riflettono sul mare tra gli alberi ,fuoco, fiamme, occhi, labbra, braccia, mani ,corpi uniti, congiunti ,fusi in una unica realtà, in unico corpo.


                                                     III


Tutto finisce, tutto ricomincia nei ricordi ,ordinati per fila cresciuti dietro un banco di scuola con un insegnante dal naso appuntito dagli occhi gialli ,dalla lingua rossa che si scioglie come un gelato al sole nel raccontate dei miti dell'antica Grecia . Migranti drammi di uomini venuti da lontani continenti insieme ai loro affanni , alle loro speranze ,solcando diversi mondi sfidando l'ira di un dio troppo vicino al denaro, troppo vicino alla morte.Termine, paragone, gorgone ferita in un bosco ti guarda con i grandi occhi si trasforma in altra forma, in un altro guerriero in altro eroe. Tutto passa con gli anni, tutto entra ed esce senza chiedere nulla in cambio tradite note, allegre esperienze ,mezzi discorsivi, pretese sessuali, avamposti cosmici in attesa tutto accada ,tutto diventi un altra storia un altra leggenda da raccontare in notti fredde e solitarie.




                                                      IV

Questa vita rifiuta e accetta, cede nel credere nell'amare nel redimere la sorte d'ognuno . Ignominia o ignara sostanza mezzo o fine in ultimo ,tutto si trasforma in ciò che abbiamo desiderato in ciò che abbiamo deriso . Solo ancora solo nel solco di mille battaglie. Giugliano ,spoglia latrina ,periferia luogo materno ,ombre di giorni passati con tanta rabbia in corpo . Solo oltre questo mistero chiuso in me stesso simile alla gorgone ferita nel bosco simile ad un cane randagio . Parole volgare che volano intorno Odissea di d'operai ,di idraulici ,di infermieri in rivolta . Politici criminali ,meccanismi collegati ad un unico gioco ad un unico pensiero che scolora all'alba rivive nel sole, muore dolcemente nel tramonto. Estate eterna forza, finzione, azione, sistema , tutto così complicato così incline ad una cattiva gestione. La dove prese vita ogni cosa al passo con il tempo trascorso. Abbandonarsi alla brezza del vento marino ,miezzo o grano miezzo a sti ' parole storpiate e sincere in fila fore a questa latrina.


                                                      V

Dovrei ridere ,ridere a denti stretti in riva al mare mentre remo in un mare di rime ,cretine, dolci e persuasive che giocano con le ore che passano ,in flebili passioni in fiori appassiti messi fuori al balcone . Questa melodia diabolica intrisa di mistero di oltraggi ,coltivando ortaggi e altre fandonie. La sera giunge a cavallo di un vecchio sentimento che scodinzola la coda, nitrisce .In groppa appare trionfante Nettuno seguito da una scia di sirene, urlanti che fanno scappare tutti i bagnanti così rimango da solo sulla spiaggia ad ammirare questo fragile ,tenero ,possente tramonto.  Un altro giorno volge alla fine ,nero in volto, una mano che tira la corda lasciando scendere dolcemente il pesante sipario , debole luce s'infila tra le fessure debolmente scolora tingendo il mare di fragili colori . L'oscurità è pronta a scendere a inghiottire in se ogni cosa lasciando solo le stelle luccicanti a tarda notte indicare ad amanti e marinai la strada per giungere nel regno dei sogni.




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Ode Alle Donne

ODE ALLE DONNE


Donne decantate in un ode lunga e senza giambo.
Donne fragili e confuse , sorelle e madre di ogni tempo.
Dolcezze inseguite tra gli intrigati sogni ,labirinti
senza via d’uscita, ricerca disperata dell’essere simili.
A cosa vale cambiare la storia per risollevare
sentimenti recisi , l’aspetto oscuro e silente
d’una vita spesa a divenire certezza e intendimento .
Ragione segreta che anima l’amore a compiere
gesti e imprese , riflesso nel cielo illuminato dagli astri.
Donne d’oriente dai visi scarni dagli occhi secchi
mai stanche di condurre avanti una famiglia
lavandaie lungo i fiumi ove poi vengono gettate
le ceneri dei propri defunti.
Donne dell’africa , figlie della savana, all’ombra degli alberi
in fiore intente a far faccende circondate dalle grida dei fanciulli .
Donne dell’Europa del nord e del sud .
Donne diverse ed identiche , nei gesti,
nel linguaggio ,negli intimi sentimenti, tristi e sensuali.
Donne sedotte abbandonate al loro destino
sole con le proprie sconfitte o conquiste.
Donne , anima del mondo stanco di guerre e disgrazie.
Donne conquistate in una breve notte d’estate
ricordi d’una dolce sera, eterna giovinezza
intrisa d’ insuccessi e speranze .
Donne prima amiche poi nemiche ,complice di sempre
dai corpi grandi e piccoli , dalle mani di velluto
dai capelli morbidi e profumati .
Donne per un pò amate ,viste entrare ed uscire
come se nulla fosse mai successo dalla propria vita.
Donne perdute nel loro dolore nei giorni trascorsi
consumate da passioni personali e familiari.
Donna custode del divino mistero
della vita e della morte ispiratrici di questi versi
a cui è dedicata questa dolente ode.
Donne in auto di corsa a lavoro , poi a casa
a preparare il pranzo o la cena.
Donne modelle ,moderna novella , musa metropolitana.
Donne a cui mai nulla e stato negato
figlie del tempo che scorre ,passa ed invecchia.
Fiore del peccato ,sbocciato nel giardino dell’eden.
Madre a cui si e levato il primo sguardo
a chiedere aiuto , un ultima carezza.
Donna dal tuo grembo è nata questa favola bella
storia d’amore divina e crudele
immagine della vergine ai piedi della croce.
Donna, figlia e madre ,creatura lunare dal dolce nome di Maria.

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Breve Ode Della Candelora

BREVE ODE DELLA CANDELORA

 

Ovvero la Ballata degli Alberi

 

 

Nel crepuscolo una fioca luce illuminano i silenti boschi

che circondano la città ,stretta nella morsa del freddo in cima

alle calve colline ove si tiene il ballo degli alberi

per la gioia di questo gelido Inverno.

Rami secchi protesi verso il cielo un groviglio d’anime,

spiriti e folletti camminano sparsi e dispersi per stretti sentieri

sussurrando il misterioso nome di madre natura.

Personaggi leggendari usciti dai libri delle fiabe

rendono la dura quotidianità ,momenti innocenti ,

cambiano il proprio modo di sentire in diverse espressioni e intuizioni.

L’uomo è come l’albero di frutta………

Tra sentieri e brulle campagne , rinasce un mondo ove ogni cosa sembra sfuggire

a tutte le cognizioni razionali l’animo s’ubriaca di filosofie e dialettiche,

vagando alla ricerca d’ etimologie singolari ,congiunzioni spirituali

che fan sbellicare dal ridere chiunque l’ascolti.

L’uomo è come l’albero del peccato……….

Sotto l’albero dell’impiccato , balla con la morte in compagnia di sinistre

figure nate dall’illogicità dei giorni disegnati sui fogli d’un segreto taccuino .

Inseguendo una melodia aspettando Sanremo seguendo l’ amore tra motivi allegri

a lume di candela. Ecco l’annunzio d’una nuova stagione.

Danza di purificazione, sulle note d’una canzone popolare ,

ignari tra la folla con la bocca colma di volgarità perdersi in vaghi concetti

cercando la giusta forma d’un dialogo che lega la realtà alla natura.

L’uomo è come l’albero della conoscenza………..

La città s’apre alle varie culture ai miti sentimenti ai letterari amori senili ,

intenerisce assai osservare alcuni sbilenchi migranti soli e infreddoliti

per strada rincorre l’autobus delle sette.

In viaggio oltre l’usato dire nascosti dietro una conoscenza senza denti

che continua a mordere i poveri ,gli ultimi ,coloro che non sanno difendersi .

L’ uomo è come l’albero della giustizia ………..

Nel freddo pomeriggio un singolare personaggio d’un dramma

recita a soggetto la propria singolare commedia .

Giunta la sera Michel s’affaccia nel cielo trapunto di stelle con in testa

un cappellino colorato in compagnia di una sua amica s’avvia

conversando beatamente lungo la via lattea a bere un the caldo con pasticcini al bar degli astri .

Mentre un fanciullo smarrito in astratte visioni gira l’angolo lesto

per ritrovarsi solo tra la folla lungo il corso degli eventi con nascosto

sotto la giacca la luce d’un povero cero.

In ogni luogo ove giunge illumina piazze e palazzi passo dopo passo

corre verso la fine di questa storia , fino alla fine di questa poesia.

L’uomo è come l’albero del campo dei miracoli ove si balla e si canta

tutti insieme in attesa fioriscano i rami e diano i sospirati frutti della propria singolare storia d’amore .

 

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L’anno Che Verrà

L’ANNO CHE VERRA’

L’anno che verrà affiora dalla fragile realtà in cui viviamo, insieme ai tanti dolorosi ricordi, nelle albe dei freddi giorni ,nelle omelie che trasudano dai pori delle chiese silenziose disperse ,solitarie nelle contrade dell’immensa periferia. Situate ai margini della città grassa ,orgogliosa d’allori e successi che s’arrampica avida verso il cielo in cerca di altre ricchezze . Tante amarezze , un tenersi stretto le proprie certezze ,una bellezza ebbra di amori e canti ,un lento morire per rime cullati dal sognare vicino al mare d’inverno. Un anno diverso da ieri verrà ,fatto di tanti dubbi e fatiche ,errando per strade bagnate di sangue , di corsa in macchina con la musica scivolante cheta e amica ,compagna di tanti amori ,rincorsi nel cuore della notte. Andare senza mai indietreggiare giungere ,sperare di ricominciare tutto da capo, da dove tutto ebbe inizio ,continuare a lottare contro il male generato da miriadi di personaggi malvagi. Corpi stanchi scivolano in angoli oscuri , ombre inquietanti che nascondono vite bruciate ,delitti antichi , miserie individuali trascinanti seco sconfitte ,disperati tentativi sotto un cielo che ti guarda arrancare ,credere poi piangere, aspettare che ogni cosa finisce affrontare a viso aperto i mostri di questa esistenza. Uscire di casa di primo mattino e vedere i netturbini ridere mentre raccolgono rifiuti di vario genere fatti di cartone ,di plastica ,di varie indifferenze ,fatti fosti a non essere bruti ma a seguitare virtu’ e conoscenza. Un perseguire un bene che non è di questo mondo nascosto nel senso di volgari antichi e circoncisi in forme espressive scisse in gruppo pronti a dar battaglia ai cattivi concetti del pianeta dei delinquenti canterini . E anche sé l’ umiliazioni svaniscono in un crescendo di reminiscenze , difficile diventare, creare ,costruire , andare alla ricerca della bella damigella regina delle fiabe. Prigioniera del grande drago guardiano d’un mondo millenario conteso tra popoli diversi che vola sulle metropoli ad ali spiegate sputando fiamme e dimenando la coda. Inseguito da un prode eroe in groppa alla propria motocicletta che brandendo la sua magica spada con coraggio l’affronta in ogni luogo , una lotta senza esclusione di colpi che lascia spegnere a volte il sorriso sulla bocca degli stolti ed ogni cosa che è stato un tempo dolore ,sembra diventare così per incanto un canto d’amore per l’anno che verrà.

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Sanvalentino

SANVALENTINO

La neve cade lieve sulla terra ,imbiancando ogni cosa un gelido vento , passa è porta
con se preghiere ,speranze per giungere in luoghi irraggiungibili su monti e valli in paesi ,città affollate e ad ognuno. nella propria intimità ,sussurra fredde frasi d’amore .
Vento che racchiude in se tanti eventi pubblici e privati da cui emergono esseri che litigano ,si cercano ,s’amano ,s’odiano , sognano ,combattono , lavorano , muoiono . In calde alcove o chiusi in macchina giovani coppie s’abbracciano davanti a un estatico panorama , la città cangia colore , s’apre a dolci meraviglie. Passione che è una rosa macchiata da una goccia di sangue uscito da una profonda ferita , goccia di sangue che scorre insieme a sogni, desideri , poesie , canzoni. Vecchi e nuovi amori tingono di rosa il mondo che cambia e invecchia sempre più ed il cielo sorride tra sé con le stelle nascoste dietro oscure nubi.

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Cantico Notturno

CANTICO NOTTURNO


Rincorrere nel silenzio un tempo che scorre insieme ai suoi errori insieme a milioni di sentimenti , ricerche personali ,ragionamenti fatti al buio ,chiuso in una stanza da soli. Una ricerca silenziosa intorno ad una verità che tenta di fuggire e tu l’insegui con il retino in mano la cerchi d’afferrarla con le gambe ma lei si divincola vuol fuggire andare via forse a Miami in cerca di facili amori .Un tempo simile ad un gambero ,colorato, che dialoga con lo spazio con una idea che tenta d’uscire fuori dal suo guscio ,ingordo d'ogni piacere ,oltre ogni momento psichico uno slancio verso una possibile creazione, redenzione . Un tempo tiranno che ha generato ombre ribelli pronte a combattere contro ogni dispotismo. Attendere, rimanere in attesa che tutto passi, tutto scorre ,scivoli via insieme all'orrore ,alla bugia ,al peccato all'intolleranza verso i nostri simili. Verso un modo d’intendere gli altri aldilà del bene del male circonciso intorno ad una frase ,un senso che illustri una nuova filosofia ,una fisicità di forme , evoluzioni di un concetto filosofico sfociante come un fiume in piena in un mare di liquami. 
Un nascondersi forse da noi stessi, da quel senso che noi vogliamo distruggere a tutti costi, satirici e malconci pregiudizi così simili alla degenerazione morale di un era cosi simili ad un passato fatto di tante soprusi ,un guardare giù nel pozzo e chiamare colui che ci vive in fondo ehi ci sei ? rispondimi. Ma spesso tutto ciò è inutile , un eco troppo colto, sordo , ingenuo che fa fatica a spiegare i suoi perché senza una voce culturalmente impegnata a destra o sinistra senza ricevere risposta alcuna rimanere perplesso a guardare il secchio che scende, raccoglie l'acqua e la porta su. Ritornare a immaginare , a contare le nuvole incredulo che tutto questo sia possibile, eppure bisogna farsene una ragione ,bisogna scavare in fondo all'anima di questa storia umana di questa comune storia , dare una spiegazione logica al nostro correre ai nostri perché . Trascendere l’illusione ,vivere una splendida giornata senza rancore sedersi al sole ed ascoltare le voci che ti circondano ascoltare la città ,il traffico ,ascoltare il cuore che batte , il pensiero che muta. Cambiare con le cose circostanti lentamente come il passare dalla luce all'ombra ,dalla falsità alla verità . Verità che ci ha resi ,fratelli e sorelle, buoni e cattivi , ubriachi nel bere un buon bicchiere di vino in compagnia con dei vecchi amici narrando di gesta d’eroi in politica a lavoro in guerra su altri pianeti contro le feroci truppe di mostruosi invasori alieni provenienti da un lontana costellazione . E li fuori c'è un buio brulicante d’ombre malvagie che t'attende un freddo che fa accapponare la pelle e vorresti essere a casa tua nel tuo letto sotto le coperte a sognare tante belle cose ad aspettare che un nuovo giorno nasca. E la luce illumina il cammino rende ogni cosa possibile ,raggiungibile, una gioia che allieta la speranza senza dover sentirsi piccolo e anonimo nell’affacciarsi alla finestra e ammirare la sconfinata città distesa ai tuoi piedi con le sue strade sporche ,tortuose ognuna con le proprie storie, le proprie sconfitte. Attraversarle e come voltare pagina e continuare a verseggiare mentre la logica rende eterno ogni concetto rincorso nel buio.

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Rimembranze Settembrine

RIMEMBRANZE SETTEMBRINE

Mi hanno sepolto sotto un albero cavo dove un uccello canta
di notte la sua triste canzone ,canta di un popolo oppresso
di paure e sciagure. Mentre i ricordi affiorano alla mia mente
come onde del mare ,corrono giulive , spinti dal vento verso spiagge deserte.
Nel declinare dell’ estate la melodia dell’aria inebria lo spirito .
Seduto in seno a questa morte in attesa di una matura visione .
Ogni cosa muta , mentre la città ha divorato mille corpi,
con rabbia ha gettato le loro ossa in una discarica abusiva.
Settembre dolce donzella che danzi nel mio intelletto.
In cammino con te sulle montagne al fresco dei boschi ,
nell’incanto della natura , lontano dal caos e conflitti.
Immemore forma celante un’ antica storia nata per caso in una terra lontana
tra casermoni affumicati , in periferie sconosciute ,
il giorno china la testa e muore nel meriggio, pallido e assorto ,
muore con la voglia di conoscere ancora , inghirlandata di speranze e promesse. 
Vano lottare contro questa realtà in bilico , in una dimensione triviale , pronto a cadere 
 come una foglia al prossimo autunno. Tra vigne pendenti sulle basse colline 
l’ uva matura pende sui filari , tesi e infiniti .
Dionisiaco sapere , il vino inebria lo spirito , ubriaca e fa delirare.
Mentre dolce s’ode il canto della cicala nella sera sensuale.
Tra feste e fuochi qualcuno finisce per cadere in un fosso oscuro.
Estate mi sussurrasti all’orecchio in silenzio tanti dolci pensieri.
Ora che giunta la fine , ebbro settembre ,all’ombra d’un amore trascurato e deriso . 
Muta in me ogni intendimento nell’ andare incontro alla morte che avanza .




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Il Fiume Della Vita

Il Fiume Della Vita


Rapido fiume,che d’alpestre vena rodendo intorno,onde il tuo nome prendi,
notte e dì meco disioso, scendi ove’amore me,te,sol natura mena,vattene innanzi :
il tuo corso non frena né stanchezza né sonno ;e pria che rendi suo dritto al mare ,
fiso mostri e svela l’erba più verde e l’aria più serena.


Un fiume di parole scende dentro di noi , nei ricordi, sentimenti ,miti d'un tempo remoto. Come il sangue che scorre attraverso vene ed arterie che fa pulsare il nostro cuore che anima il nostro corpo ed il nostro spirito nutrendo organi e sensi un fluire dell’ esistenza che anima il nostro dire e vivere di gioie e dolori, d'amori
e speranze così il fiume lambisce le sponde selvagge della terra ,trascinato
dalla corrente e dagli eventi , sull'orme di venerati padri scivolare tra le acque inseguendo un amore agreste . Sui passi dei pellegrini riposarsi al canto delle cicale, elevarsi con lo spirito oltre ogni limite umano, attraverso dimensioni e sistemi divenire un cheto canto, tremulo nell'eco dei monti e delle valli eco di versi
e sillogismi , credi dolenti che rendono beato il rimembrare esperienze ove funeste età hanno reso dura la propria sostanza. Ascoltare la natura ,narrarti di ere antiche , di giorni dolenti in seno ad una dimensione surreale ,il dialogo degli alberi, il canto degli uccelli, il volo raso sulle acque, delle nere farfalle ed il pensiero si riposa sulle sponde del fiume rimirando l'ordine naturale delle cose circostanti . Ascoltare voci e versi :Non aver paura di lasciasti andare ,il male ha molte vite e molti nomi ,aspetti diversi facce e forme che spesso si confondono
con la realtà circostante,con le proprie ansie ,paure. Ma dicci cosa ti preoccupa ?
La similitudine genera la diffidenza, la mal creanza un insano fare che si ripercuote sulla propria sorte, costretto a trascinare questo corpo pieno di ferite e pustole infette, tra gente assetata di gloria e cupidigia .
Che brama alle spalle di chi soffre aspettando che tu sbagli per infliggerti
una dura severa condanna .
Oggi un ladro di nascosto ha rubato un mio vecchio ricordo ,
per poi scappare via con esso ,lontano , stringendolo al petto come se fosse suo .Qualcuno lo ha riconosciuto mi e stato descritto come una brava persona, inoffensiva , un uomo tranquillo che fino ad allora non aveva mai fatto male a nessuno.
Credici tutto ciò non ci meraviglia affatto ti comprendiamo altri hanno subito lo stesso torto e si sono rivolti a noi , per questo siamo scesi dal cielo in terra, alla ricerca di un nuovo comune senso , antico al par di questa naturale bellezza
che si trascende in noi ,perlustrando ogni anfratto ,ogni luogo dopo tanto ricercare, per caso l'abbiamo trovato disteso per terra vicino alla sponda del fiume calore
che piangeva ,disperatamente c'implorava di tramutarlo in un airone.
Poveretto che pena ,causa certo del mio ricordo e di ciò che io serbavo chiuso in esso, un ricordo d'un tempo in cui infante avevo desiderato ardentemente di poter volare su ogni cosa , alla ricerca di mio padre morto di li a poco .
Ora cosa pensi di fare ti abbiamo riportato indietro il tuo innocente ricordo e con esso ciò che ti aveva reso triste per questo breve lasso di tempo? Eccoti ciò che ti dovevamo ,il tempo tuo perduto e ora come pensi di liberare noi da questo infausto incantesimo che ci lega ai tuoi desideri ? vorremo tanto ritornare liberi come un tempo eravamo . Chiare,fresche e dolci acque,ove le belle membra pose colei che sola a pochi par donna , gentile ramo ove piacque (con sospiri rimembra) a lei di fare
bel fianco colonna erba e fior ,che l’abito leggiadro ricopre l’angelico seno;
aere sacro ,sereno,ove amor con i suoi begli occhi il cuor m’aperse ;
date udienza ,insieme alle dolenti mie parole estreme.
Scorrete acque chiare, ove si specchia ancora la beltà della vergine natura , vi dono questi miei ricordi ,questi miei sciocchi pensieri, portateli via con voi , verso altri lidi, verso luoghi lontani e segreti. Ho ripassato le diverse epoche della mia vita . Ed ora ,questi sono i miei fiumi.


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Trascendente Estate

Trascendente Estate


Salve, serena estate, che di forme e di suoni il cuor s’appaga;
O primavera della vita, salve . Visïoni e gloria,
e l’ombra vaga per i boschetti memore dei tuoi versi .
Amore ed odio incalza austero e pio, a noi fra i tormentati
or conviene ire tesoreggiando le vendette e l’ire .
Trascendente, tormentata estate , che avvolge ogni momento
ogni stato d'animo in una surreale dimensione .
Come un ombra scivolare per strada svanire tra intrigati vicoli ,
lunghi e tortuosi ,sinuosi e solitari che salgono fino
al cielo e insieme a questa torbida estate attraversare
le varie stagioni della vita in una notte calda e profonda ,
errando nel nostro domani ,nelle nostre domande , nei nostri dubbi.
Sfuggendo alle sconfitte ,storie oscure che nascondono
l'altra parte segreta ,chiusa in se stessa .
Silenziosi passi simili ad orme di animali feriti impressi sulla sabbia .
Un principio ed una fine, un orizzonte che limita
la nostra visione dell'universo ,una linea sottile
e fragile come il sogno di un fanciullo .
Camminando memore dell'amore di mille e mille giorni passati insieme ,
gustando un bene capovolto in un bicchiere colmo di vino .
Assaporando ,sorseggiando questa esistenza ingiusta,
schiaffeggiata ,calpestata ,stupidamente affondare
con le mani in questa vita , annegare in un lago di melma .
Aspettando , ancora amore ,frutto amaro che illumina l'animo
che rende libero il mondo ,te stesso, ogni individuo ,animale o divinità ,
giusto o ingiusto che sia questa estate mi sembra una sottile
linea d’ombra che divide un inferno da un altro inverno.

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Lirica Onirica

LIRICA ONIRICA


Confusa estate , illogica sequenza di momenti surreali
fragile verità che impura vola sopra i tetri cimiteri
della memoria sotto mentite spoglie si nasconde agli uomini
dal gergo scurrile, note stonate che accompagnano , l’uomo nudo,
di corsa per strada inseguito da malvagie ombre
che si radunano nella sua folle mente come un incubo quotidiano.
Ricercando la pace nell’ immaginario dialogo dei saggi.
Santi seduti nell’anima popolare mangiano il pane dell’oblio
una luce ,illumina l’orizzonte marino , appaiono in lontananza
forme riflesse nella notte il pallido viso della signora
regina profana d’un antico reame mostra la sua bellezza struggente
vergine data in pasto alla folla sola in preda a rimorsi e ricordi morde
la luna dolente a spasso per il cielo.
Impaurita prova a stringere sul suo petto decadente
momenti d’una confusa esistenza tenta d’ uscire di gridare aiuto .
Segni enigmatici , etimologie trascritte su taccuini segreti
descrivono la legge del sacro scarabeo
il vivere all’ombra delle piramidi ,simboli dell’aldilà
porte dell’ amore eterno che si schiudono
ai viaggiatore intergalattici di passaggio per questa dimensione .
Sentimenti anni luce, profusi in eufemismi lirici
virtuose serenate elettriche per dark donzelle metropolitane.
Un senso misterioso scorre attraverso di noi .
Un immagine ultraterrena un salto e lo strano personaggio
di questa prosaica commedia metterà gli occhiali prenderà
il bel libro dell’infanzia e ci narrerà la fiaba della buonanotte
al dolce suono di una ninnananna.
Dormi, dormi bel bambino ,dormi ,dormi mio piccino
nel cielo luccicano le stelle della vetusta estate
che cadono inseguendo i sogni d’ognuno .
Coltiva in te speranze , visioni di nuovi mondi ,
aspetti d’un vivere giusto ,sincero
allo specchio di ciò che è diverso.
Accompagnati da una soave musica per la festa del santo patrono.
Le luminarie s’accederanno , giovani coppie innamorate
mano nella mano passeggiano sotto i lucenti archi onirici.

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Elegia Di Maggio

ELEGIA DI MAGGIO

Era de maggio e te cadeano nzino
a schiocche a schiocche li cerase rosse
fresca era ll’aria e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciente passe….




Giorni di maggio regalano dolci sensazioni accompagnate
da una timido melodia d’una città che prova ad alzarsi dal fango
regala il turgido giureconsulto sogno ed il timido canto germoglia
come un’ immagine smarrita in un meditabondo pomeriggio.
Naufraghi personaggi , sciancati eroi d’un tempo andato approdano
sulle memore coste d’una isola cementificata .
Scivolano allegre sulla cresta delle onde , varie creature marine
affiorano ridenti in superficie per rituffarsi nell’immensità
del mare, insieme ai loro faticosi giorni .
Nuotano elle contro orizzonti infiniti
contro l’orrore d’ un mare di rifiuti
contro ingiustizie e disgrazie d’ogni genere
contro i palazzi di cemento taciti sulle spiagge
in attesa di barbare comitive di bagnanti.
I giovani rincorrono gli amori di sempre
insicuri sul domani , vittime d’un mondo che corre
rifiutando per affari suoi diritti e doveri..
Discorsi fragili come rami fioriti d’arbusti maldestri .
Svanisce ogni tristezza ,solingo lungo i grandi
tisici viali lassù in collina andando incontro alla morte
il viaggio si colora di varie luci e folle l’andare
in auto solcando il traffico cittadino percorrendo
entusiasta i lunghi rami dell’ albero della vita.
Andare senza fermarsi , verso il sole del mattino
fino al tramonto in cerca d’una salvezza
d’un bene senza peccato e senza compromessi.
Ogni dignità risorge nella melodia di un canto antico
eco di una realtà perduta , prigioniera dietro un decrepito muro
che s’apre lentamente al passaggio del re di maggio.
Signore venuto oltralpe con tutta la baldanza
seguito dalla sua magnifica figliolanza
infingardo musico malandrino , leggendaria storia
d’una terra sedotta in mezzo al mare .
Ora che caduti sono dallo stendardo una falce ed un martello,
un albero ed un cappello , un filosofo senza favella .
Maggio risveglia la favola bella che un giorno illuse
che ancor oggi illude all’ombra della fiaccola sotto il moggio
omaggio all’ immaginifico per il suo lungo immemorabile viaggio.
Maggio risveglia segrete antiche memorie parole ora dolce,
ora amare parole che sono sempre.. parole d’amore.





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Mantra Di Maggio

MANTRA DI MAGGIO


“E io sono il Re di maggio il quale è amore , attività in eloquenza
e azione ,e io sono il re di maggio il quale ha capelli lunghi di Adamo e la barba del mio stesso corpo, e io sono il Re di maggio ,il quale è Kral majales nella lingua cecoslovacca ,e io sono il Re di maggio il quale è la vecchia poesia umana ,e 100.000 persone scelsero il mio nome.
Allen Ginsberg


Quando il bene ebbe trascinato il dolore oltre ogni indifferenza l’albero del loto chiacchierino fiorì in silenzio in un crescendo
di note e sospiri. Alcuni personaggi apparvero per strade silenziose danzanti insieme alle loro dame ridendo del poveretto di corsa contro il suo destino. Ci fu una gran danza a ritmo di chitarre e tammorre e altri strumenti parlanti che presero a cantare nella loro musicale lingua . I suoni si mischiarono nell’aria, alcuni giovani dai lunghi capelli soffiarono in lunghe canne ,apparvero così i mostri della ragione.
Che spaventarono un po’ tutti i presenti, compreso l’Alberto che si trovava di lì a passare con la sua bicicletta. Ma ,quella confusione il signor del quarto piano di professione guardia giurata non la poteva sopportare , usci fuori al balcone gridando: smettetela ò scendo giù e faccio una strage.
Una colomba che sorvolava l’aere puro precipitò a terra colpita al cuore con un filo d’erba chiuso nel becco. Alcuni giovani udito l’avvertimento raccolsero i loro indumenti e i loro strumenti musicali e senza voltarsi indietro andarono via.
Presagi oscuri , piegano la sorte schiava della sua logica mentre passanti distratti in attesa osservano passare i loro giorni , la loro esistenza.
Perché ridi chimera ? disse l’uomo vestito di nero passeggiando sotto la luna
non vedi come ti morde le zampe , la tua coda di serpente . Ma ella non rispose e continuò a fumare la sua pipa di teschio sbuffando nell’aria nuvolette colorate
che affumicarono l’ignaro viaggiatore. A nulla valse ogni pretesto ,il narrare gesta ,
il ripercorrere itinerari filosofici e musicali.
Cavalcare draghi e cavalli alati narrati in leggende metropolitane.
Nella popolosa città in festa passarono per strade
soldati e spose , vecchi e bambini ,il vetusto campanile
oscillava nel vento sotto il peso del tempo.
In quel paese delle meraviglie risorgevano spiriti della gioia
e delle fiabe, le filastrocche delle fate ,le avventure di pinocchio
la rinascita della fantasia nella sua festa di primavera.
Nobildonne con ventagli e lunghi abiti strascinanti lussurie e coiti
accompagnate da loro virili amanti ,entusiasti e divertiti
uscire dal retro del teatro dell’opera dei pupi.
Lungo i tetri vicoli s’udiva l’eco d’un canto novo che divenne
un urlo disumano al calare della sera fino a far giungere l’eco
di quelle parole ai confini tra il bene e il male di questo mondo .
Orrore che terrorizzò l’uomo , all’ombra d’una palma macchiata d’inchiostro ove si riposava solitario nell’aria calda d’ un metafisico pomeriggio rincorrente con la mente versi e conoscenze d’altri tempi. Perduta esistenza ,veggenza d’una voce profana nella breve stagione di nostra conoscenza si consumò l’omaggio al Re
di maggio e del suo messaggio racchiuso in una bottiglia e gettata via in questo mare agitato ove naufraga la vita da a riva a riva.



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Fantarime Di Aprile Dolce Dormire

FANTARIME DI APRILE DOLCE DORMIRE


Rime di primavera ,agghindate di accenti , di punti esclamativi sole in mezzo al grande foglio bianco ove prende vita la forma espressiva . Osservare pensoso la bislacca signora filastrocca a spasso per il parco pubblico in cerca di rime da baciare , in bilico tra le righe ingiallite nella sera, ignuda sotto la luna ove al suono di cornamuse , violini elettrici le poesiole s’accoppiano sotto le fronde fiorite d’un grande albero a forma di cuore. Rime mentecatte di cui non sì sa nulla ,sarebbe interessante seguirle per strade poco illuminate, fermarsi al bar con loro a parlare per ore di come vanno certe cose ,seguirle fino in centro , vederle danzare allegre e spensierate senza tanti grilli per la testa. La gente cangia opinione si chiede perché, poi desume che sia un giorno come un altro privo di sinistri introiti detratti dall’imposte da malvagi dirigenti dai cervelli bacati. Rime meretrici narrate in fretta senza metri sulla lingua, uguali ad ieri forse a oggi simile a tante altre storie , rassegnate rime metafisiche , chete dall’aspetto in attesa sulla fermata dell’autobus pronte a partire per una nuova stagione da passare all’inferno. Rime divine in continuo movimento in un continuo remare , traghettare da sponda a sponda speranze e utopie ,con l’aiuto del vecchio Caronte. Emigrate rime in viaggio nell’ade nella forma ossessiva dell’essere, tartassato ,deriso ,offeso, calpestato, ingiustamente giudicato, delirio d’un era e del suo incubo nato sulle pendici d’un monte di rifiuti, fatto di merda ,di plastica ,di sacchetti colmi d’ ogni iniquità ,di vite consumate troppo in fretta . Forme gettate via per essere usate come recipiente come scusante a questa esistenza . Solitario il rimatore si consuma nel decantare l’estasi , per cadere poscia nell’oblio dei sensi, trascendere se stesso nella memoria del tempo che scorre , tempus fugit, carpe diem et memento mori . Quartieri di periferia dove crebbe la volontà d’ essere migliori dove i bambini giocavano a pallone schivando pallottole , manganelli , moto in corsa, dove crebbe l’erba del re di maggio. Emozioni solinghe, bellezze sensuali e musicali , decantate lungo strade asfaltate perdute in ignari domani germogliate all’improvviso tra righi rampicanti su crinali grammaticali invitate a partecipare alla causa penale senza alcun predicato come colpevole di fatto. Finzioni , indiscrezioni , elezioni, erezioni, congiunzioni linguistiche.
Fiori di pesco scolpiti , sbocciati all’improvviso in una storia d’amore e di tenebre alla ricerca d’un giusto senso , seducenti nell’aspetto . Nell’orto sotto la luna s’ode il grido del gatto ad un tiro di schioppo da una disgrazia senza ignoranza , ratto , notte , motto , brutto , lutto , rutto concerto degli orchi sotto gli archi di san rocco ,al suono delle campane din don dan, din don dan. Scossa di terremoto , scendi , scappa , esplode , crolla , botto , rombo , bomba , ruba, ammazza, azzanna , rispondi s’ode la morte ed il suo lugubre canto .Dolci fantarime di aprile , intuizioni ,improvvisazioni leggiadre nel vento danzano insieme a canterini ritornelli marini .Tremanti rime birichine ,ballerine seminude , false essenze , errori commessi, stipati in sacchi e valigie . Aggrappati a indubbie ideologie , seggi e saggi ,voti ed elettori ,urbi et orbi ,rieletti e relitti d’un tempo avvenire ,sepolto il sacro ,trionfa lo stato. Tra l’indifferenza altrui ,dolce lasciarsi andare ,dormire ,ancora assopito trascinarsi verso l’alba che verrà cantando , riassaporare il sapere e il risorto amore poi lentamente aprire le ali e lasciarsi trasportare dal vento nel vorticoso canto delle mie primaverile rime di aprile.

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Apri le porte ed è Primavera

APRI LE PORTE ED E’ PRIMAVERA

Piove, un'aria oscura vela il volto del pallido pomeriggio sembra
che l' inverno non voglia lasciare codesti lidi, ammutolito nei silenzi
delle abitazioni l’umore s'accorda al melanconico canto degli uccelli in gabbia .
Tempi cupi e freddi rimangono inculcati nella singola memoria,
giorni scivolati via in attesa di momenti felici che ora sembrano germogliano
per incanto tra i rami spogli e secchi degli alberi.
Piccole gioie fioriscono quasi di nascosto, boccioli delicati dai colori intesi,
rosei colori che riaccendono i luoghi delle squallide periferie ove termina
la città e si estende la brulla campagna .
Dove finisce la morte , inizia una nuova vita, nasce un'altra storia,
dove finisce il male che opprime l'uomo moderno rinasce
una nuova consapevolezza ,un bisogno d' essere migliori d’ ieri.
Dopo aver attraversato strade impervie , alla ricerca d'una ragione
che sappia risolvere i mille quotidiani problemi nati con dubbi
e incertezze . Ogni cosa viene lasciata alle spalle, immersi
nello spirito della natura e dalla voglia di continuare a vivere
questa folle avventura che é l’ esistenza .
Tra mille ostacoli e tante difficoltà ,contro il giudizio altrui ,l'ignoranza
la maldicenza, la soprafazione , la cattiveria .
Continuare ad essere solo in mezzo agli altri, debole incapace                                                   di reagire al corso degli eventi che ti divora le idee .
Mentre un timido sole s’affaccia sulle tante disgrazie ,
una strana melodia ti prende e ti porta via.
Verso una nuova pagina in attesa di un spiraglio di luce
che sappia colorare le case basse e grigie in cui si vivi .
Legando se stesso agli altri , ai giorni febbrili e creativi ,
aggrappato ad un sogno sorvolare la città e la sua storia
che ritorna in silenzio puntualmente ogni primavera dentro l’anima d’ ognuno .


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Fragili Foglie

FRAGILI FOGLIE


Fragili versi ,trascinati in un alito di vento insieme
alle foglie d’ autunno ,vengono portati via , lontano
sulle ali di un tempo oscuro.
Scolorando gli alberi, si tingono di rosso, avvolgono ogni cosa
nei loro soavi colori ,colline calanti nel mare, tra i boschi primitivi
sui monti appuntiti , per valli ombrose
le donne s’aggirano per le strade vestite di faticosi pensieri
trascinando seco varie vicissitudini della loro esistenza.
Sul dorso del mondo rincorrendo tante delusioni ,disperse
ai confine d’un universo ove ogni cosa si tramuta per incanto.
Concerti di topi campagnoli vengono improvvisati
in piazza sfilano i gatti lisciandosi i baffi .
Vecchiette sedute fuori l’uscio a far la maglia
che coprirà d’inverno, l’ignudo corpo della città.
Si radunano in assemblea, i colombi sotto le grondaie
discutono impettiti sui quotidiani problemi del traffico
delle macchine che non rispettano le regole
del malandrino che ha rubato l’ uovo dal loro nido .
Autunno, notte errando per la città
la morte giunge dietro alle spalle brandendo la sua falce.
Adorando il corpo , ferito ai piedi dell’albero della vita ,
la città entusiasta insegue le muse nel giardino dell’ esperidi.
I fumi delle fabbriche son nuvole nere , ombre che accompagnano
gli operai sporchi di fuliggine all’uscita da lavoro,
in groppa alle biciclette pedalando
con vivacità s’alzano in volo passano sopra le strade ,
paesi ,nazioni , fanno ritorno verso le loro piccole case.
Emozioni e passioni ,sogni colorati, variopinte idee
rincorse tra i prati , sui monti , fin giù nelle valli
ove l’eco risuona e ti porta via nel vento del nord.
In agguato l’ ignaro domani pesante come un macigno
sulla coscienza, quasi un immagine fuggita
dalle mani d’ un scrivano ,un espressione , un immagine ,
figlia d’un povero scarabocchio.
Sulla bilancia della giustizia giorni belli e brutti
in attesa che ogni nodo, un giorno venga al pettine.
Autunno, meditando su un idea per i boschi
di San Bruno ove vengono raccolte le caste castagne .
Vaga per contrade polverose il chierico chiedendo offerte
per i poverelli, porgendo le mani dispensa parole di conforto
lungo la storta strada diretta al solitario convento
arroccato sul monte delle pie beatitudini.



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Rimembranze

RIMEMBRANZE SETTEMBRINE

Ti hanno sepolto beltà sotto un albero cavo
al canto d’un popolo oppresso da paure e sciagure.
Vecchi ricordi ritornano come ode del mare navigando
giulivi , spinti dal vento verso spiagge deserte.
Nel declinare dell’ estate la melodia dell’aria inebria l’immagini.
Seduto in seno a questa morte perduti in se stesso.
Ogni cosa muta , mentre la città ha divorato questo corpo
con rabbia ha gettato le sue ossa in una discarica abusiva.
Settembre dolce donzella che danzi nel mio intelletto.
In cammino con te sulle montagne al fresco dei boschi ,
nell’incanto della natura , lontano dal caos e conflitti.
Immemore forma celante una storia crudele nata
tra casermoni affumicati , in periferie sconosciute ,
la ragione china la testa e muore nel meriggio,
pallido e assorto , muore con la voglia di conoscere ancora ,
inghirlandata di giorni spensierati .
Vano lottare contro questa realtà in bilico ,
in una dimensione triviale , pronto a cadere
come una foglia al prossimo autunno.
Nelle vigna scoscese sulle basse colline
l’ uva matura pende sui filari , tesi infiniti .
Dionisiaco sapere , il vino inebria lo spirito , ubriaca e fa delirare.
Mentre dolce s’ode il canto della cicala nella sera sensuale.
Tra feste e fuochi qualcuno finisce per cadere in un fosso oscuro.
Estate mi sussurrasti all’orecchio in silenzio tante cose.
Ora che giunta la fine , ebbro settembre ,all’ombra
d’un sentimento trascurato e deriso .
Muta in me ogni intendimento nell’ andare incontro alla morte che avanza .



*

Canto Della Morte Estate

CANTO DELLA MORTE ESTATE


Trascendere se stesso dal male che dilaga , trascinarsi
per strade assolate insieme allo spirito poetico , prigioniero
in una visione che deforma la realtà in tanti diversi aspetti
e non so perché l’angoscia m’assale per questa negletta via
lungo codesti campi ,brulli e incolti ove le serpi ed i ramarri
girano tra i sassi cercando un po’ d’ombra che li rinfranchi.
Non oso conoscere l’altrui volgare ragione , ed ho paura nell’ascoltare
il suono delle campane risuonanti nei vicoli lunghi e tristi.
In questo mio delirio, annego tra le pagine dei libri e cerco disperatamente
d’uscirne diverso ,almeno salvo alfine .
Aggrappato ad una speranza ,perduto nel canto del mare
In una città sommersa dai rifiuti , tra le idee d’illustri spiriti
che sapevano ragionare aldilà del bene e del male ,
che sapevano narrare l’intima storia d’un popolo.
il mio cammino per codesti orrori non ha mai fine .
Scendendo per codesti lidi cantando, rincorrendo la lasciva
sorte, seguendo il moto delle stelle , l’universo intero cambia aspetto .
I labili ricordi d’un tempo in cui non ancora maturo esercitavo l’ingegno
e la favella a compiere prodigi , tra strade
stracolme di rivoltosi , alla ricerca d’un effimera libertà,
d’una verità dalle labbra rosa dagli occhi chiari come il cielo.
Risuonano le note e ogni cosa ritorna in vita ,pensieri
insipidi , lascivi sentimenti che strisciano nella polvere
pronti ad afferrare e mordere chiunque .
Questa era la sospirata avventura , questo il gioco delle parti
il mistero del nome di ogni cosa muta.
Quanta strada ancora da percorrere senza alcun titolo ,senza essere nessuno ,
vagando con una grossa borsa sulle spalle.
Tentando di vendere versi e prose , cercando
di vendere una breve felicità , un ventilatore portatile,
un pacchetto di fazzolettini profumati.
Tutto qui , misera la vita del venditore ambulante sotto il sole
di luglio ,nessun che compra qualcosa, tranne chi ha pietà dell’ altrui sconfitte.
Così deluso seduto fuori al porto, guardando la giovine madre
tenere stretto a se il suo figliolo che l’accarezza ed aspetta
l’arrivo della grande nave , il canto delle sirene echeggia nell’aria ,
un eco di libertà ,il bisogno di dover partire verso una nuova terra
dove su gli alberi fioriscono felicità inaspettate ,banconote , gioielli , case , televisioni , macchine e mi chiedo se è vero che ogni bene è una breve illusione ,
se ogni bene è una intuizione, una effimera rappresentazione d’una azione rivolta
a cambiare se stessi nel continuare a riflettere
sull’ amore e la morte di questo mondo.


*

Marea

MAREA


Placido pomeriggio cangia il suo naturale segreto
nel silenzio che sopraggiunge lento nel suono melodico delle onde
che si rincorrono nel grande golfo .
Un brivido di note disordinate che diventano una, nel tempo che scorre
nel battito del cuore ,nel canto della risacca
che trascina a riva derelitti resti di pensieri naufraghi.
Lungo questa spiaggia infinita occupata da migliaia di bagnanti ,
attraversata d 'agguerriti venditori ambulanti , lungo questo sogno ,
in questo secolo spoglio ,figlio dell'odio , giace sepolto
sotto la brulla sabbia un corpo d’un annegato , un amore senza domani.
Nel lento scorrere del tempo nell' oblio dei ricordi alla ricerca
di un senso di te inerme al sole come un verme, all'ombra d'una visione
che trascende la verità dei giorni trascorsi.

*

Universi Estivi

UNIVERSI ESTIVI


Un raggio di luce attraverso l’universo , viaggio nello spazio
illumina mondi sconosciuti , oltre l’immaginazione ogni cosa si trasforma
in nuova sostanza , creando in sé una dimensione parallela .
Mutando aspetto , forma , espressione abbraccia l’intera creazione .
Rendendo ogni cosa simile al suo creatore .
Un suono dolce e giulivo si spande , risuona ,si propaga all’infinito.
Il vuoto prende forma ,aspetto misterioso .
Brucia et trasforma si collega ad ogni battito , s’immedesima in ogni esistenza.
Gira su stessa ,lasciando scivolare dentro se stesso ,un senso di rivincita, riordinando interiori vicissitudini che hanno maturato in silenzio
la loro ragione d’essere. Simile ad un urlo che si propaga nel tempo,
un eco di dolore che rompe l’ossesso, infrange il muro del suono
e si scinde in milioni di voci disaccordi che discutono, dialogano ,
cantano il loro sofferto vivere .
Canzone superba , brivido di bellezza. Umile rosario di versi .
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore.
Tutto si scioglie in gioie che non hanno nome e colore ,
un rincorrere una felicità senza ali che zoppica per strada cercando amore .
E l’estate sembra essere giunta, il sole ritorna a splendere
dominando le menti e l’aeree puro , dominando il cuore
che continua a battere all’ombra di una antica fiaba .

*

Apri Le Braccia E Corri


APRI LE BRACCIA E CORRI



Apri le braccia e corri incontro al vento che mite soffia tra i rami degli alberi
in fiore. L’inverno ci ha lasciati con mille dubbi con un terribile dolore chiuso
nel petto ,palpitante al suono delle note che giulive, ballano spensierata nell’aria d’aprile. Giunta la mite stagione , l’animo s’incanta ad ammirare i colorati passaggi, leggiadre voci , nel vento ritornano. Perduto nel mito l’ombre della sera ,strisciando vengono , ingorde ossessive si radunano aggressive nell’ore plagiando l’amore d’un tempo addietro e immemori sono i momenti trascorsi inseguendo
i propri ricordi . Un grido che s’ode in mezzo alle strade , dove passano le auto , dove i passanti tirano diritto senza guardarti negli occhi , un orda di barbari barbuti sull’onda di soavi melodie approdano in questo antico porto , dove affonda lentamente questa nave carica di speranza. E con essa la storia che ha generato ogni cosa ,ogni lotta , ogni sforzo ora sepolto sotto un mucchio di terra senza un nome , senza onore . Dorme sull’alture del Golgota , ai piedi d’un monte tenebroso , sulle pendici innevate ove i stambecchi saltano felici rincorrendosi nel silenzio.
Dorme sognando un mondo migliore, meno inquinato ,senza ladri o assassini.
Dorme ai piedi d’una croce , nel sorriso che culla i fanciulli vestiti di rosa e d’azzurro che escono di scuola gridando, che salgono gioiosi nelle macchine dei loro genitori. Breve pomeriggio ove si consuma questa passione , questo delirio di frasi senza metro , messe ad asciugare fuori al balcone insieme a vecchi indumenti bagnati . Un raggio di sole che penetra attraverso fitte oscure nubi a illuminare i tetti delle povere case ,delle chiese , dei palazzi , dei castelli pendenti sui colli dormenti . Muore e rinasce ogni cosa nello spirito della resurrezione ,nel sogno di nuove generazioni di corsa verso nuovi traguardi .
Alla ricerca d’una pace ,d’una breve illusione ,d’una dolce canzone , di un qualcosa che ti renda felice , senza continuare a sentire dentro di sé questa ipocondria , tornare ad essere spensierato come un tempo abbandonarsi in mezzo alla folla, ire perduto e contento con i libri sotto il braccio come si faceva da studente . Guardare curioso le vetrine e le belle donne , la gente che viene da lontani paesi . Che cammina e sorride con te , tre metri sopra al cielo e pare non aver paura di questa strana storia che bussa forte , fuori alla porta e vuole entrare ad ogni costo a raccontarti della sua vita , del suo mistero.

*

Canzone Dell’Amore

CANZONE DELL'AMORE


Amore che move il mondo che spinge ognuno a credere
ad aprire quella porta a nuovi intendimenti.
Amore con cui si ragiona scrutando gli astri del cielo.
Il senso dell’amare non ha regole e certezze
un lungo itinerario etimologico per raccogliere
frasi ed aforismi, verbi, modi per dire Ti amo.
Di questa eterna lotta tra il bene e il male
di questo lungo viaggio, infernale e infinito
attraverso le strade di questo mondo.
Tra gioie e angosce tra sogni e speranze di sempre
gli occhi di lei mi parlano dei giorni trascorsi insieme.
Frasi attaccate l’une all’altre, come dalla pelle al cuore.
Vagando confuso per strade solitarie.
Le parole prendono forma , nascono, vivono
sentimenti che sbocciano da fragili passioni.
Inseguendo amori mai giunti al termine.
Inseguendo l’amore santo, l’amore sognato, l’amore alato,
l’amore rubato, l’amore malato, l’amore pagato.
Teorie dell’amore credo non esistono filosofie e morali,
grossi libri da leggere in proposito, né ricette e consigli.
Ognuno fa a modo suo ed ogni errore è un cadere
un rialzarsi un comprendere quell’amore.
Chiudere gli occhi e lasciarsi andare
per altri mondi sconosciuti in groppa alla fantasia
viaggiare lontano alla ricerca di mille avventure.
I colori dell’amore tingono l’essere e il vivere
momenti interminabili unici e teneri, dolci e sinceri.
Insieme con fiducia per vie impervie,
l’amore regala dolori e onori, storie senza tempo da narrare
quando si è vecchi dopo aver assaporato il frutto suo maturo.
L’amore non ha confini, ne spazio ne tempo ogni cosa è in lui
principio e fine, ogni momento, ricorda sorrisi e lacrime sue.
Umile preghiera e canto al suo tramonto.
L’amore non ama chi non sa...amare.







*

Notte di Natale

Luccicano nel buio le luci natalizie come cuori solitari
palpitano all’unisono sui balconi delle desolate periferie.
Per strade deserte che ti conducono ove ogni cosa diviene
dolce, tra sentieri di sughero, sui monti di marzapane
tra schiere d’angeli in un angolo del cielo che brilla
alla luce del mistero che fugge e mai si spegne,
nelle fragili passioni bagnate dalla fitta pioggia.
Misera la vita dei pastori lungo le brulle colline di cartapesta,
tra paesi e strade che conducono lontano in un luogo segreto
ove si dialoga di sentimenti, dei colori dell’essere e del divenire.
Cala la notte con le sue ragioni, in molti ritornano
a casa a contare gli affetti le loro pie illusioni
ed il vivere è men duro con un sogno sotto il cuscino.
Per le strade illuminate vaga lo spirito d’un nuovo natale.
Il cielo oscuro copre il corpo infreddolito della natura ignuda.
Tra i brulli boschi intorno ai fatui fuochi
nelle radure silenziose la danza dei fauni cornuti.
La magia delle cose addolcite dal gelido canto dell’inverno,
accompagna il bruno carro trainato dei buoi
guidato dal villano ubriaco che non farà mai più ritorno a casa.
Di questo eterno e immemorabile noumeno che
cresce come una pianta verso l’universo stellato
dei tanti errori, delle tante cose assaporate in silenzio.
Questa vita nasce e prende forma dalle mani d’un triste artefice.
Le luci in lontananza sembrano richiami d’amori.
Una dolce nenia accompagna la vita e la morte.
Quanta tenerezza, ogni cosa svanisce insieme
a ricordi e grandi imprese. Andare di luogo in luogo alla ricerca
d’un messaggio di pace, d’un incontro con verità comuni.
E l’amarezza si scioglie nel fondo di un bicchiere di vino.
Nell’udire il canto dei cherubini, il suono delle zampogne
stridule nell’aria fredda, sera d’annunzio della lieta novella.
In quel pacco ornato con un bel fiocco ci sono nascoste
tante speranze, tanti sogni, giorni e guerre mai concluse.
Misero l’andare ignoto tra i vicoli lunghi e lucenti
il credere rende santo il proprio vivere.
Nel nome e nell’onore, nella gioia e nella sventura
in ogni altro colore, l’amore trionfa alfine sempre sul dolore.


*

La Scura Aria D’autunno

LA SCURA ARIA D’AUTUNNO


Le streghe a sera nell’orto d’ottobre ballano
una danza senza tregua , nervose , isteriche , scivolano, s’accoppiano ,
raccontano la loro esistenza ,la loro follia.
Nel silenzio dei giorni grigi ogni cosa muta
come i concetti nell’ ore del meriggio
a meditazioni funeste , come il vento piega i rami degli alberi
al richiamo di chi disperso per boschi di cemento
vaga alla ricerca di felicità passate.
Solitario, ignudo il sinistro satiro fuma
le foglie morte di questo autunno
mentre bruciano i rancori tra i fatui fuochi sui monti
ove le madri dai lunghi ricci rossi ricorrono i loro ricordi.
La natura muta le membra dell’idee ed elle maturano e cadono
una dopo l’altra come le magnifiche castagne.
Le voci dei giovani ignari e soli sempre pronti a trafugare
facili felicità ed il pensiero lasso scolora nel disperso mondo
nei giorni illogici, nel tedio, s’attende l’arrivo del freddo inverno.
Ascoltare il canto funesto del povero uomo
solo in mezzo ai tanti grattacieli tristi e silenti
gracchiante una sua lugubre lirica.
Canzona ,sola rimandi a pianger meco dove serbo il dolore
né fra la gente d’andare chiedendo pietà abbi vaghezza
che l’alto mio martirio conforti e sprezza.
Ma , se doglia compiangi e meno si sente
sdegna ch’ancor tu resti a pianger seco
l’afflitto cuore ,che disperato vuole
che l’aspre pene mie non si sentano più sole.
M’ aiuta a passare la via mi dice una vecchina dal naso uncino
con un bastone tra le mani pronto a diventare un serpente.
Prego venga, gli porgo il braccio ,passiamo così dalla luce alle tenebre
si destano così l’anime morte ,si destano i sorrisi e sovviene nel sonno
della malandrina il tintinnio dei talleri rubati.
Metto qui la macchina ?
Non vi preoccupate qui sta benissimo
ingenuo seguo il consiglio sciogliendo i lacci alla fortuna
per rimanere a piedi a fine giornata sottratto d’una ruota ,
gabbato infine da un gradasso parcheggiatore
misero con un grappolo alla gola rimango.
Ma il sole asciuga le misere lacrime
riscalda l’andare il perdersi in infausti sortilegi.
Or lungi per la scura aria d’autunno vado, i rami senza fronda
paiono braccia protese ad imprecare l’ira funesta dei giorni della femminile ragione.


*

Un Gelato A Limone

UN GELATO A LIMONE

Io camminando per la mia strada, penso al domani, un odio m’assale e l’immagine
della vita scolora tra le pagine di questo libro che vado scrivendo.
Passando per la luna ,stravolto dalla visione d’una ragione illuminata dal lume
delle stelle . Le forme migrano in altri luoghi e non riesco a fermare questa morte che bussa forte alla mia porta bussa nel silenzio della notte mentre dormo o sogno
nuove avventure. Città del sesso che non ha colore, sapore , storie di solitudini d’esistenze legate all’eccesso o al difetto d’ ognuno legato al senso di un tempo
che incatena la vita riuscendo alfine a cambiarne aspetto.
Com'è difficile credere che ogni cosa possa avvenire senza pagare nessun prezzo,oltre
se stesso , attraversando secoli cupi in compagnia di vecchi ideali ,
nulla rimane allo sguardo vagando nell'universo ,scendendo verso sud nel vento
del deserto a bordo di autobus pieni di turisti , correndo su strade serpentine
e solitarie , navigando per tangenziale e autostrade , perdersi ,salire e uscire bruciando vani concetti continuando a combattere contro carri armati di marzapane ,contro l’ipocrisia , contro i mulini al vento e non so quanto altre illusioni create da questa guerra , ma ora se mi guardo intorno nulla rimane
se non un mite sentimento vissuto in un caldo pomeriggio, nulla rimane
se non questo amore che non è amore ma solo un gelato al limone

*

Blues Di Mezza Estate

BLUES DI MEZZA ESTATE


Le numerose voci del mondo , si confondono all’unisono,
grida di guerra , errando spinte da un lieto vento
giungono dentro casa portando seco l’odore del mare.
Messaggi , voci confuse e diverse, figlie della stessa notte stellata.
Lasciarsi andare alla dolcezza , sulle ali di un viaggio senza fine alla mesta melodia dell’estate, spalancare le triste finestre dell’esistenza , cielo azzurro ,calypso, nuvole e sogni.
Estate dolente , eterna , candita infanzia.
Fuggire verso l’ignoto per giungere in una nuova terra
in groppa ad un cavallo alato oltre un sogno sionista .
I miei versi improvvisati prendono vita
sopra un foglio di carta , si muovono ,ridono, copulano.
Il mare s’agita, onde enormi e ruggenti
la nave sale e scende la rotta più non trova.
Affrontando l’ignoto , mille pericoli per giungere
in luoghi sconosciuti ove parlano i cavalli e gli uomini
non son più alti d’un dito.
Ritornerò ,per esserti di nuovo accanto
dopo aver percosso tante strade in silenzio.
Ogni cosa che posseggo mi ricorda dei nostri giorni insieme
mentre guardo ballare la morte al ritmo d’una rumba.
Su una bancarella in centro ho acquistato diversi libri usati
spiriti e spettri hanno accompagnato il mio cammino
attraverso la città saccheggiata , nella calda torrida estate
mi guardo intorno in ogni piazza, vicoli e palazzi
sembra dimorarvi una identica strana follia.
Oscura ,fredda ed aspra e l’esperienza figlia della strada.
Suicida beltà impiccata ad un robusto albero.
Sull’onda dei ricordi e d’amori passati.
Canta il marinaio la sua canzone a poppa della nave
navigando all’avventura nel mare dell’ immaginario .
Portando via con se questo soffrire verso terre lontane.
Narrando di sconfitte ed errori di cose mai dette.
Il mio cuore triste sbava a poppa.
Il mio cuore coperto di trinciato.
Vola,vola mio sonetto
và su i monti, nelle valli , sulle alpi a verseggiare
in città e paesi in sobborghi in perdute periferie
colora ogni passione in blues .
Suona spiritello suona questo rap paolino .
Gitano sentimento ,amore ballerino.
Tante strade diverse.
Desideri inauditi.
Panni appesi ai fili della memoria.
Cieli notturni , coste illuminate.
Danza questa rumba nella notte dei desideri.
Ladri di sensazioni.
Sentimenti mai sepolti .
Luglio figlio della lupa.
Figlia di Roma .
Amore nel mondo .
Musica beata , regina del nostro povero canto.

*

L’ode Lunga Di Un Giorno D’estate

L’ODE LUNGA DI UN GIORNO D’ ESTATE


Spicchi di luna illuminano le notti d’estate ,riconosco d’essere nisciuno guardando
ò munno fore o balcone con la bocca aperta incantato innanzi alla città che si è mangiato la vita mia e mi ha rimasto sulagna dentro un sogno affaticato .
Versi sparsi di celebri libri affollano la mente
confusa da male parole , liriche alchimie , muse inseguite
da brutti ceffi per strade deserte. Chi sa quanto ogni cosa ritornerà ad essere quella ch’era l’Italia senza calze a righe , l’Italia senza mutande che si fa lo bagno cantando arie neomelodiche e sogno d’essere un uccellino che vola felice verso l’orizzonte portando via chesta malinconia. L’aria e fresca e fine e respiro a pieni polmoni e non mi so trattenere e m’alzo in volo e lontano vado sorvolando
case e quartiere periferie dimenticate.
Rincorrendo la magia dei giorni andati, un motivo d’una vecchia canzone cantata
per i vicoli uterini ove mai giunge il sole ad illuminare le disgrazie dei suoi poveri abitanti.
Scivolando nell’ore che giunge presto alla morte ,la paura di
uno sparo udito risuonante tra le campagne divorate da orde di cavallette affamate .
Fermo in bilico sulla sponda d’un ricordo , oltre l’immaginario
dire di politici istrioni , alla ricerca di un senso nuovo d’un motivo sincero che ti faccia sorridere ,filastrocche scritte per far sorridere grandi e piccini mentre il mare amante della terra e del cielo lambisce le coste dei pensieri oscuri .
Pagine di poesie ,germogli fioriti nel silenzio in magici meriggi.
L’ode lunga di un mattino d’ estate rincorrendo
le farfalle elettriche lungo l’africo corso delle cose mute.
Senza giustificare più il senso etimologico del comprendere l’immagine aulente sepolta sotto un salice piangente , velante il viso della disperata donna inchinata sulla tomba del suo amato.
Il cielo raggiante annunzia l’ apparire degli elleni eroi
l’udire ruggire il coraggio del leone ,le costellazioni in armi,
le note del divin fanciullo rifiorire in un novo canto d’ amore.
Ripercorrere vecchie strade in compagnia di personaggi
equivoci , scartellati , malandrini, ubriaconi nel fitto bosco
cittadino fatto di cemento e ferro.
Gli orribili occhi d’un orco parcheggiatore digrignante i denti.
Nelle pieghe della sera inseguendo una libertà fatta di sole
e sale di sapere e essere di amore e speranza.
Ove ogni cosa tace e non lascia scoprire l’arcano
mistero chiuso in seno ad una sofferta visione .
Strani ditirambi ed altre egloghe dal significato perverso
insabbiate prose nel fondo di una clessidra.
Ritornare in seno all’ avventura, arrampicarsi su i monti
con l’armi in mano urlare dalla sommità la libertà conquistata
per salvare il corpo di lei morente.
Arrampicarsi sulle cime dei grattacieli , sul dorso del drago
sui templi gobbi , per poi sparare cazzate e mandare
a quel paese tutto il resto.
Passando verso una nuova estate , attraverso
vari interrogativi , sotto lo sguardo di medusa.
Ascoltare l’onde cullarsi infrangersi sugli scogli
mentre un palombaro scende cantando l’Aida in fondo al mare.
Nulla è chiamato amore , universale armonia
se non un fiorire di speranze nel buio.
Soffrire gemere e altre parvenze dello spirito poetico.
Seguire i gesti della madre il suo ricamare rime e altre storie
sul telo ove è impresso il suo ricordo .
Dolce e rammendare, meditando le mendiche spoglie
di lui vagabondo per l’Ade . Le luci sui i colli nel cielo notturno salutano
il declinare del tragico destino , si placa il dolore
negli occhi di lei madre d’eterne estate ogni cosa diventa
men duro, accompagnati da un lieto canto in riva al mare
di nostra etade .



*

Canzone Della Sua Terra

CANZONE DELLA SUA TERRA


Giorni d’estate ,una pioggia fitta per le strade deserte ,non c’è nulla che arresta questa malinconia , una lancia spezzata, una giostra di bimbi ,si smorza la voce , si spegne una luce chiusa dentro di noi . Sulle colline tra i boschi sapienti ,sopra la folta chioma della città , vagabondi assopiti che sognano di vincere, di cambiare la propria esistenza . L’estate colora le parole, brucia i timidi sentimenti , i lunghi silenzi , la voglia di un dialogo. L’estate che conosce le sconfitte d’ognuno , che culla e matura il grano nei campi , che rende oscuro il pallido viso , che ti lascia ridere senza un perché in riva al mare. Proseguendo nel proprio cammino , manifestando , marciando , aspettando natale ogni cosa è una breve visione un tuffo fra l’onde rincorrendo un ricordo , nuotando giulivo tra una flotta di navi . Estasiati in pigri pomeriggi illuminati da una ragione ai limiti della follia , quasi sull’orlo d’una crisi di nervi , in bilico tra il bene e il male , tra la realtà e la finzione l’eco d’un canto di libertà , il sole ,il carro d’Apollo che solca nel cielo. Giorni d’estate, giorni speciali , un traguardo lontano una musica dolce ti conquista l’animo , fuggire, pregare chiudersi a chiave in casa ed aspettare che finisca quest’altro inferno . Si alza nell’aria un solo grido, si alza nell’aria una bandiera seguita da un popolo intero , giovani e vecchi , domani saranno tutti morti , ma quell’urlo rimane come un momento crudele ,una ferita che non guarisce in una ennesima estate sporca di sangue innocente . Una nave entra nel porto sepolto a prua canta il mozzo la canzone della sua terra.

*

Giugno un Pugno Di Parole

GIUGNO UN PUGNO DI PAROLE

Come l’estate porta l’oro in bocca
Il fiume porta il silenzio alla sua foce…



Giugno, immaginando solo con un pugno di parole.
Nell’eco del canto del capro che risuona nel vento , un urlo disumano
tronca le parole in bocca , sconcertato corre lo spaventapasseri
tra i brulli campi gridando il suo dolore sulle basse colline,
tra le spighe di grano maturo.
Un grilletto malandrino , correndo va girando ben vestito suonando un contrabbasso
più grande di lui. Cantando una nova canzona,
una musica allegra ,che faccia sorridere, chi soffre in silenzio .
Saltando foglia su foglia, fino a giungere ad improvvisare
un concerto di cicale canterine nel villaggio dei grilli per la festa d’inizio estate. Sobrette e sciantose , attrice di varietà truccate con vestiti trascinati nella polvere ,dopo una notte passata a bere vino o sciampagna sotto la luna .
Danzano nell’aria gli spiriti degli alberi e dell’acque,
danzano la malinconia di un popolo, di chi e disperato
e sconfitto e non sa dove sbattere la testa.
Si radunano in tanti, una folla enorme di poverelli ,mendicanti , disoccupati
tra le radure del magico bosco per il centesimo compleanno della vecchia quercia
pendula sulla collina franata a causa delle ruspe.
Un tempo luogo in cui si giocava felici rincorrendosi, ridendo
tra le braccia di madre natura, oggi divenuta contestata discarica comunale. Partecipano in tanti, tutti gli abitanti del villaggio vengono giù dai monti
e dalle valli silenti portando seco , chi una cosa , chi un’altra.
E nell’eco di latine laudi , l’anima sogna ed agogna
annegando in un mare di frumento dal cimino solitario
ai vitiferi colli dei volsci fino a Minturno ove errò nel limo Mario
fino a Sinuessa ebra di Massico forte fino alle auree porte
della Campania promessa in un mare
di frumento innumerevoli canti d’amore s’elevano
come le trionfante stirpe dalla sua guerra infinita.
Volano nell’ alba nova, coppie di farfalle variopinte
volano sui fiori meccanici senza mai fermarsi ,
mentre le fate aiutano alcuni folletti a girare le lancette
del grande orologio del mago dei monti.
E nel tramonto d’ogni giorno, nascono nuove promesse
affiorano nell’animo ricordi , gioie , finzioni ed altre canzoni.
Momenti ermeneutici del nostro crescere.
Percorsi minimali, attraverso comuni sentimenti.
Anche sé vittime dell’ignoranza altrui e d’una gran voglia
di continuare a credere in ciò che sentimmo , rimaniamo
messaggeri per le strade di questo mondo.
Inseguendo le muse di questa acerba estate mentre
si è a lavoro in fabbrica o in ufficio, in macchina, in mezzo
al traffico , sulla fermata della metro .
La solitudine genera come sempre un caos interiore.
Incontrollate frasi al chiaro di luna, un senso di tristezza.
Una poesia appesa all’amo pronto ad essere gettato in mare.
Di ritorno a casa dopo aver ascoltato il canto delle onde
lungo le tirrene coste in compagnia di Peter Pan
che continua a credere, d’essere ancora un bambino
e a combattere Capitan Uncino sull’isola che non c’è.


*

La Libertà

LA LIBERTA’


Da un ramo d’un albero in fiore sbocciata è la pace
dopo il lungo inverno dal volto oscuro si ritornano
a vedere leggere l’ali delle rondini nel vento librare
nel cielo azzurro , passare sui monti verdi ,
sulle ferite città sulle rovine ,su ogni disgrazia
nell’eco d’un dolce canto di primavera.
Le nevi si sciolgono , scroscianti i fiumi scendono
a valle bagnando la terra ove i bimbi allegri corrono
ed ogni cosa rinasce in seno alla desta patria .
Navigando sul deserto mare verso altri esili lidi
al timone dell’ingegnosa navicella solcando onda su onda
ogni orrore ed errore viene trascinato a largo.
Rammentando le giovane vite estinte.
Il grido esamine dei giovani caduti pronunciando il suo nome.
Sognando nuovi ideali alla ricerca di nuove avventure.
Sfidando l’avversa sorte in marcia insieme ai soldati
attraverso una terra insanguinata , tra l’indifferenza dei giorni .
Fianco a fianco ,senza mai cadere gridando oh vita o morte .
Rialzarsi e ritornare a combattere negli occhi di lei fanciulla
nello spirito , nella speranza sorridere e andare avanti
fin dove l’ amore rende santo ogni cosa nel nome della libertà.

*

Fantarime Di Aprile Dolce Dormire

FANTARIME DI APRILE DOLCE DORMIRE


Rime in libertà ,agghindate di accenti e di punti esclamativi
sole in mezzo al grande foglio bianco ove prende vita la logica dell’inchiostro.
La bislacca signora filastrocca a spasso per il parco pubblico in cerca di sinonimi , in bilico tra le righe ingiallite nella sera, ignuda sotto la luna ove al suono di mille violini elettrici le macchine tubano all’ombra d’un grande albero a forma di cuore.
Rime innamorate di cui non sì sa nulla ,sarebbe bello seguirle
per strade illuminate fermarsi al bar con loro a parlare
per ore di come vanno certe cose seguirle fino in centro vederle danzare allegre
e spensierate senza tanti grilli per la testa.
La gente cangia opinione si chiede perché, poi desume che sia
un giorno di festa esente d’esperimenti di sinistri introiti
detratti dall’imposte da malvagi dirigenti dai cervelli elettrici.
Rime meretrici narrate in fretta senza metri sulla lingua, uguali ad ieri a oggi forse simile alle tante altre , rassegnate rime metafisiche chete dall’aspetto in attesa sulla soglia d’una nuova stagione all’inferno.
Rime di cui non si comprende il fine di questo traghettare da sponda a sponda
senza l’aiuto del vecchio Caronte.
Virtuale viaggio nell’ade nella forma ossessiva dell’essere echinococco coccolato, bulbo oculare estratto, ferita infetta messaggio d’un uomo e del suo sogno nato sulle pendici d’un monte di rifiuti, fatto di latta, di plastica ,di sacchetti colmi
d’ ogni iniquità ,di vite consumate troppo in fretta gettate via
per essere usate come recipiente come scusante a questa esistenza .
Solitario lo spirito si consuma nel verseggiare
nello scalare la vetta per cadere nell’oblio dei sensi
svanire nei sentimenti attraverso la memoria , fuggit tempus .
Quartieri fioriti in periferia dove crebbe la volontà d’ essere
dove i bambini giocavano a pallone schivando pallottole ,
manganelli , auto in corsa, dove crebbe l’erba del re di maggio.
Emozioni bellezze sinistre e musicali ,sfreccianti
per le strade senza peli sulla lingua perdute in dubiti domani germogliate all’improvviso tra rami arrampicanti su crinali comuni invitate a partecipare
alla causa legale senza alcun imputato come colpevole di fatto.
Finzioni , indiscrezioni , elezioni, erezioni, congiunzioni linguistiche.
Fiori di pesco sconvolti , sbocciati all’improvviso in una storia
d’amore e di tenebre alla ricerca d’un senso comune, sciupati
nel pensiero , nell’orto sotto la luna s’ode il botto ad un tiro
di schioppo da un sorriso senza contratto , ratto , notte , motto , cotto, lutto , rutto concerto degli orchi sotto gli archi di san rocco .
Scossa , scendi , scappa , aiuto , crolla , botto , rombo ,
corri , trema , scava , ricostruisci .
Dolci fantarime di aprile , intuizioni d’ altri mondi ,
nel vento danzano insieme a canterini ritornelli marini .
Terremoti di rime intorno a dubbi e dolori , false promesse ,
errori commessi, stipati in tende e vagoni . Aggrappati alla speranza ,
un tempo leale elettore , urbi et orbi ,botte da orbi
bucato ruota anteriore di auto comprata di seconda mano .
Tra le macerie dolce lasciarsi andare dormire ,ancora ferito trascinarsi verso il sole cantando assaporare il sapere e il risorto amore , aprire le ali e lasciarsi trasportare dal vento .
Ecco il vorticoso canto della mia primaverile rima di aprile.

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AMORI DI MARZO

AMORI DI MARZO

È arrivato marzo, fischiando come un pazzo e entrato
cantando un ode alle donne di tutto il mondo.
Mischiando la morte alla vita, il bel tempo al cattivo tempo
i pensieri oscuri, ai fiori di pesco, il mistero del sangue
all’ intensa dolcezza delle mimose fiorite in giardini silenziosi.
E giunto portando allegri acquazzoni
un arcobaleno di colori, un senso di vittoria e di sconfitta.
Strade avventurose percorse pensando te da sola
incontro a giorni difficili e diversi, giorni di gloria
rimembrando la libertà di gioventù passata.
Canticchiando arie elettriche, vecchie liriche elleniche
buone a scacciare i fantasmi della ragione.
Meditando sul bene, partire per terre lontane
insieme alla speranza cavalcando il vento della bellezza.
Perdersi ancora in quel senso misterioso chiamato poesia
annegare in quel mare di lettere bisbetiche e occhialute.
Parole mai domate, mute in attesa fuori l’uscio di casa
pronte a seguirti in ogni dove,
sempre dietro claudicanti, nervose,ignude
che t’inseguono in ogni dove in casa, in macchina
t’aspettano fuori al bar dove ogni mattino fai colazione,
per condurti gioiose ed estroverse fino a sera.
Buffe lettere, qualche volta bisticciano tra loro
poi in solitudine narrano sovente dei loro amori.
Lasciandoti stanco di combattere quella singola lunga guerra anonima.
Innocente nel canto della primavera che s’affaccia
cullato da tenere note addormentarsi felice al suono
di una dolce melodia come un bimbo tra le braccia di sua madre.

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Canto Carnascialesco

CANTO CARNASCIALESCO

Vivere ancora per divenire dopo aver attraversato molte vite.
Trasformarsi in qualcosa altro di nome e di fatto.
Tra coriandoli e stelle filanti in mezzo ad una festa
io mi perdo in un falsetto tra lazzi e frizzi oh oh oh
schiamazzi e sghiribizzi, sghignazzando e scherzando .
Cadendo nel mondo dell’incontrario
con i suoi folli personaggi mascherati
da comici e politici che mi trascinano a largo
nuotando verso il mare aperto, a pesca d’ illusioni .
Il ricordo variando forma e contenuti
mi riconduce indietro a frasi ed aforismi
filastrocche e pinzillacchere, concetti obsoleti
idee mascherate da Arlecchino e Brighella.
Nell’incantevole gioco d’ essere e non essere
sembianze assai simili ad un giovanile sogno .
Nulla rimane della caducità del tempo se non la memoria
di giorni effimeri e filosofici , recitando la propria parte
insieme a mimi e attori in un moderno psicodramma.
Svegliarsi è non ritrovar più la felicità d’un tempo
sentire bussare la porta ,aprire e veder apparire
la strega cattiva scappata via
dal libro delle fiabe di Andersen ,sorriderti sdentata.
Pantalone , Colombina e quel matto di Pulcinella
ubriaco come al solito ,fare scherzi a destra e sinistra.
Sfuggendo all’ipocrisia quotidiana
provando a cambiare la propria esistenza
aspettando di rinascere in migliori vesti.
Con la mente perduta in immagini d’ altri mondi
macchine grigie, dialettiche chimere spennate e messe a cucinare.
Legato ad un sottile filo con l’amore molesto.
La vita cerca la vita in ogni angolo della terra
seduto in piedi , in ogni luogo ti trovi, ella ti cerca
per sussurrati all’orecchio i suoi nuovi amori.
Nel silenzio dell’ animo in armonia con l’universo.
Nulla è il tempo delle meraviglie nell’instancabile ricerca
d’una pace duratura nel breve viaggio di nostra etade.
Singolari maschere spesso…. il vero volto della vita.



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Canzone Dellamore

CANZONE DELLAMORE


Amore che move il mondo che spinge ognuno a credere
ad aprire quella porta a nuovi intendimenti.
Amore con cui si ragiona scrutando gli astri del cielo.
Il senso dell’amare non ha regole e certezze
un lungo itinerario etimologico per raccogliere
frasi ed aforismi ,verbi, modi per dire Ti amo.
Di questa eterna lotta tra il bene e il male
di questo lungo viaggio , infernale e infinito
attraverso le strade di questo mondo.
Tra gioie e angosce tra sogni e speranze di sempre
gli occhi di lei mi parlano dei giorni trascorsi insieme.
Frasi attaccate l’une all’altre , come dalla pelle al cuore.
Vagando confuso per strade solitarie .
Le parole prendono forma ,nascono , vivono
sentimenti che sbocciano da fragili passioni.
Inseguendo amori mai giunti al termine.
Inseguendo l’amore santo, l’amore sognato ,l’amore alato ,
l’amore rubato ,l’amore malato , l’amore pagato.
Teorie dell’amore credo non esistono filosofie e morali ,
grossi libri da leggere in proposito, né ricette e consigli.
Ognuno fa a modo suo ed ogni errore è un cadere
un rialzarsi un comprendere quell’ amore.
Chiudere gli occhi e lasciarsi andare
per altri mondi sconosciuti in groppa alla fantasia
viaggiare lontano alla ricerca di mille avventure.
I colori dell’amore tingono l’essere e il vivere
momenti interminabili unici e teneri , dolci e sinceri .
Insieme con fiducia per vie impervie,
l’amore regala dolori e onori , storie senza tempo da narrare
quando si è vecchi dopo aver assaporato il frutto suo maturo.
L’amore non ha confini , ne spazio ne tempo ogni cosa è in lui principio e fine ,
ogni momento ,ricorda sorrisi e lacrime sue.
Umile preghiera e canto al suo tramonto.
L’amore non ama chi non sà ….amare.