I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Sulla strada dissestata del rifiorire
Sulla strada dissestata del rifiorire
Nasciamo sospinti da forze che mai sveleremo. Salpiamo nella valle del tempo cercando sentieri di senso sui greti dei fiumi all'addiaccio dove il dolore ha piume d'aurora.
Se amiamo troppo forte cadiamo franti a terra se abbiamo sogni trascinanti la corrente ci rapisce se stringiamo a piene mani si spezza la clessidra.
C'è un buio tutto attorno al seme e per questo il fiore non è mai completo ma solo morendo e rinascendo marcendo e rifiorendo possiamo conoscere chi siamo e saldare la bellezza all'origine abissale.
Id: 69980 Data: 01/02/2024 15:23:21
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La portata del respiro
La portata del respiro
Spinto dal respiro di mio figlio addormentato navigo nella notte oltre la melma del mondo. Chiudo gli occhi e punto una baia distante dove il mare è una madre radiosa.
So che appena fuori dalla stanza non si placherà lo sciame dei notiziari e nel parco dietro la chiesa resterà inchiodato alla ghiaia l'angelo del Milite Ignoto.
È scuro là fuori e ad Oriente le bombe hanno occhi d'orefice cieco e i corpi si stringono ai calcinacci dei muri portanti come vocali slacciate dal verbo.
Spinto dal respiro di mio figlio addormentato mi riverso dentro un fiume che precede quanto è buio. Qui m'inchino.
Id: 69597 Data: 06/12/2023 16:02:22
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Corsi di recupero
Corsi di recupero
Da un ponte guardo un piccolo fiume. È agosto, di acqua c'è n'è poca, un rivolo azzurro nell'intifada del sole.
Basta una minima pendenza per guidare la memoria dell'acqua alla sua vocazione.
Fiume, mio maestro, insegnami a scorrere a cucire il mio corso su quello che sono.
Id: 68943 Data: 30/08/2023 12:39:26
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Molo Audace
Molo Audace - Trieste
È l'attracco della luce sulle spalle delle onde è l'approdo di chi fugge da un agguato delle ombre.
Qui il mare è distesa febbre e nel cielo rasente risorge l'invisto.
Tra i passanti, tra le coppie sdraiate sui lastroni di pietra, il vento fa il suo repulisti
e noi torniamo scalze vele disposte ad Oriente.
Id: 66473 Data: 24/08/2022 16:20:00
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Anche la benzina fa l’arcobaleno
Anche la benzina fa l’arcobaleno (Vigilia di Natale 2020)
Ho atteso invano le dita rosate dell'alba frugare il soprabito grigio del cielo seminare un velo di luce sull'erba ma nel tardo dicembre piovoso, sul nero asfalto riottoso, sfolgorava soltanto l’uniforme arancio dello spazzino comunale.
Ho camminato a lungo cercando una comunicazione respiratoria con i canti di Natale dell'infanzia ma non riuscivo a liberare il senso di uno squarcio dentro questo tempo chiuso a chiave dall'interno.
E stavo quindi ritornando intorpidito al mio caffè quando vedo un nonno e il nipotino fermi accanto a una pozzanghera. Il bimbo infervorato indica qualcosa sul selciato screpolato e il vecchio gli sorride nel mattino di stagnola.
Aspetto che si allontanino e poi mi metto al loro posto a fissare l’acqua immota. All'inizio vedo solo l’orlo catramato della pozza ma poi scorgo in controluce una selva di colori nell'ovale di benzina.
E mi dico, sottovoce, come un salmo masticato, questa è la vigilia non dare nulla per scontato perché la rifrazione della luce ha postini imperscrutabili che inoltrano scintille nell’inverno dispiegato.
Id: 62681 Data: 26/03/2021 14:31:20
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Compresenze
Compresenze Forse il miracolo è questo procedere sghembo da una riva all'altra trascinandoci dietro le cadute rovinose e quell'odore di mimose proveniente dall’infanzia. Urtiamo il buio, perdiamo pezzi, strappi, graffi e frecce indiane ci colpiscono al torace trasportandoci indifesi dentro il suono senza rima dei nostri passi in corridoio mentre andiamo a far la notte a un nostro caro in ospedale. Finiamo spesso scoperchiati come case sotto assedio e saremmo alla deriva, se non fosse che l’amore lega insieme carne e cielo e scorta al largo le canoe verso il delta da cui sgorga. Forse il miracolo è questo strenuo stringersi di mani alle maniche del vento perché torneranno in altri canti i contorni che perdiamo se la morte scorda aperte le finestre in pieno sole.
Id: 62290 Data: 21/02/2021 09:44:12
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Ode alla presenza
Ode alla presenza
È nel presente che il distante si rivela è nell'oscillare della tenda giù in cucina che il vento fa esperienza e ci offre il solletico del cielo. È nelle dita tremolanti, nelle unghie, nella carne che l'amore trova essenza senza ritirarsi nell'aureola sognata.
La libertà ha bisogno di violare le catene l'alunno esausto vuole un banco poggiatesta e il filosofo eremita fa il suo pediluvio dentro il brodo primordiale delle stelle. Le poesie sono rosse funivie che si posano sui fogli per testare il proprio peso.
Anche i ricordi si servono degli oggetti per non varcare a piedi scalzi la frontiera e pure Dio, che talvolta sembra assente, sconfessa la didattica a distanza perché l'essere corale è giocoforza amalgamato nel vivente che incontriamo.
È la presenza che rende vero l'invisibile, è la presa di un amore a salvarci quando è sera, è negli occhi che sferraglia la preghiera.
Id: 61643 Data: 05/01/2021 18:47:45
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Oltre il buio
Oltre il buio
Chi ha serbato una luce lo sa che la notte continua a raspare nell'orto, che gli alamari della neve interrompono per poco le cancellate arrugginite, che il bambino chiederà invano agli angeli del latte di salvare il gattino avvelenato sotto casa.
Chi ha serbato una luce lo sa che in tasca non ha una mappa che possa essere compresa, un visto, un salvacondotto per sconfinare nei giorni a venire, perché la speranza è un daino che danza nei boschi di foglie decidue.
Spesso è così esile e lunatica che si pensa che il dolore sia la sola scuola di realismo, ma la luce che hai serbato il calore che hai incontrato l'attesa di una felicità possibile non sono meno vere delle lacrime raccolte sulla creta del perduto.
Alle porte non sprangate bussa l'anima del mondo.
Id: 60474 Data: 06/10/2020 11:49:33
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I rondoni dormono in volo
I rondoni dormono in volo
Ciò che sappiamo è così poco che non basta a coprire le spalle e ingrandiamo gli occhi al buio chiedendo ai tornitori di lenti poteri speciali per calcolare quando fa luce.
E intanto sopra di noi i rondoni dormono in volo senza atterrare - come attestando un canto segreto oltre la presa della pupilla.
Id: 60025 Data: 02/09/2020 08:05:19
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Elogio della camera oscura
Elogio della camera oscura
C'è troppa luce al centro troppe telecamere sulle porte delle bocche, come se l'essenza fosse una somma di pupille che ci forma dall'esterno.
La direzione artistica delle ombre è stata appaltata ai despoti virali e i proletari della depressione sprofondano impotenti come esausti amanuensi senza chiostro da salvare.
C'è troppa luce al centro e i bambini sanno tutto tranne i giochi a cielo aperto e gli adulti stanno all'erta pedinati da qualcuno che non sanno distanziare.
Ma il sogno vuole l'ombra la poesia la luce obliqua il desiderio il morso al buio l'infinito le mani scorticate dei pescatori di ritorno all'imbarco mentre albeggia.
C'è troppa luce al centro e dovremmo rincasare a cercare presso il cuore arcane vie carovaniere che si accostino alle entrate con la mente riverente.
Id: 56212 Data: 19/01/2020 16:07:56
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Chi disarciona la notte
Chi disarciona la notte
Chi disarciona la notte se non l'amore? Chi apre finestre nel buio infestato? Chi denuda la pioggia per scoperchiare l'ombelico del sole?
Solo l'amore insorge ostinato contro la furia della clessidra, ci torce la voce per farci voltare nel punto più vero.
Id: 55879 Data: 24/12/2019 17:37:23
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La lepre del tuo sorriso
La lepre del tuo sorriso
Sulle strade defilate di dicembre il botafumeiro della nebbia sale avvolgendo la terra con il suo reiterato elogio della fissità.
Niente sembra più forte della foschia: cadono le luci delle insegne sbiadisce il rosso dei semafori si stinge il diadema d'oro delle attempate aspiranti regine e perfino l'arancio dei cachi si lascia sfumare nel buio come una vecchia canzone di guerra.
E poi, all'improvviso mentre nevica nebbia, nel blablabla monocorde di una sera di provincia, ecco la lepre del tuo sorriso sbucare come un culmine estivo, ecco le bacche di sorbo sui rami anneriti, ecco il mio cuore risorto arrossire.
Id: 55755 Data: 13/12/2019 21:39:26
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Per tornare
Per tornare
Per tornare a casa prendi il mare sconosciuto e viaggia in terre fuori mano, scopri atolli appena nati sulla mappa disegnata dalla mimica del vento.
Per tornare a casa segui il canto morsicato che si staglia sul dolore come un noce che ricresce sulla faglia della frana.
Forse allora tornerai nella casa dietro il gelso e il profumo dell'infanzia sarà mosto primitivo per legare dolcemente le tue ossa alla sorgente.
Id: 55513 Data: 24/11/2019 16:47:37
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L’anima della vecchia Europa
L'anima della vecchia Europa
Cosa succede all'anima della vecchia Europa? Perché quell'agitarsi intorno al suo recapito impossibile? Perché quella ressa da tifosi? Psicologi, educatori, terapeuti, manager spirituali, esperti in fitness e flussi elettorali: cosa volete a quest'ora di notte?
Perché non la lasciate dormire? Vorreste forse accompagnarla in qualche spedizione notturna per poi consegnarla ai maestri del folklore? Le abbiamo già tolto il buio stellato le felci di fiume, il sottobosco della memoria non visionato, abbiamo reso superflue le edicole dei santi ai crocevia del seminato, abbiamo diserbato le ninfee, silenziato le danze spontanee, manomesso l'arte ispiratrice, abbiamo chiuso le Aperture come un sito improduttivo. Perché non levate le tende? O piuttosto ascoltate in silenzio i suoi quaderni di doglianza? Temete l'ira raddensata? Sospettate un'irruzione nell'inconscio digitale? Pensate ancora di rieducarla alla scuola del realismo?
Cosa succede all'anima della vecchia Europa? Le abbiamo imposto di guardare avanti sempre avanti come a un corso di economia aziendale, l'abbiamo convocata sulla spiaggia per nudisti della logica moderna e adesso siamo soli a cercare una breccia sulla mappa dettagliata pur sapendo che le strade sono state livellate e la cascata -se riappare- si rivela fuori scala.
Id: 55490 Data: 23/11/2019 15:15:59
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Un’altra potenza
Un'altra potenza
La potenza non cercarla dispiegata tra le schiere delle armate addestrate all'offensiva. Non è più tempo di duelli ad armi pari sull'altare della patria, questa è l'ora dell'offesa programmata dai computer, degli assalti in piena notte senza dichiarare guerra, del terrore grillotalpa che s'insedia nelle crepe e depista le sorgenti.
La potenza non cercarla più riposta negli emblemi di purezza che ti scindono dagli altri fino a farti denunciare il cognome dei vicini. Sappiamo già dove porta questo culto della stirpe che si addentra nelle case come raffiche manesche e prepara tra le arcate il messale degli estinti.
C'è una luce più sottile che resiste alla menzogna solo se ti schieri sul crinale a sua difesa. Lì cerca la potenza per versare la tua fiamma senza incenerire il bosco, perché la forza conseguita è l'amore che bivacca e discioglie la tormenta.
Id: 55241 Data: 03/11/2019 16:20:07
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Blues per Paolo
Blues per Paolo
Era estate ed era inverno e sudavamo in macchina curvi sui viadotti mentre in fondo traspariva il volo raso dei gabbiani sopra il golfo di Trieste e tu mi parlavi dei campi di calcio dell'infanzia e la memoria risaltava più del mezzo di contrasto nell'invaso dei polmoni dove il cancro già attecchiva.
Paolo, cugino dolce e contorto, incompiuto Van Basten della vigilia, stilita nel salotto baciato da una grazia singolare che quasi t'imponeva la consegna del silenzio, jeans consumati, denti da fissare, re di uno sguardo intenso e rinunciante, disarmato nell'impresa di essere adeguato in una civiltà che muore.
Quante Ultime Cene hai mandato giù nell'ultimo anno di ospedale purè, stracchini, composte di frutta, broccoli infecondi e pastiglie colorate. Hai lottato e spezzato il pane dei ricordi trascinando sulla schiena il bestiame della notte non trovando in fondo al bosco un alpeggio rischiarato.
Hai scritto fiabe e sperperato pomeriggi a rincorrere nel buio una rosa bucaneve, hai portato la tua scala dove il sole non festeggia senza perdere nel viaggio un risalto di bellezza.
Id: 55101 Data: 25/10/2019 11:57:33
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Verso unItaca del cuore
Verso un'Itaca del cuore
Ogni volta che risplendi e non spegni la risata nella notte d'ordinanza, ogni volta che riscopri la bellezza commovente sulla rotta inaspettata, ogni volta che l'amore disfa le valigie e t'impone di restare, tu sarai di nuovo a casa pur distando molte miglia dall'isola agognata perché c'è una luce che ritorna sulla scena del respiro e ti porta dentro il canto di tua madre che si inchina dove nasce la parola.
Id: 55096 Data: 25/10/2019 10:02:43
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La disciplina dellessere
La disciplina dell'essere
Coltiva la tua arte tutti i giorni fai il callo, porta il peso, scava il solco. Non c'è altra via per trovare una misura senza spegnere l'ardore.
Guarda il mare che si forma dal dolore intercostale delle cime più remote e poi discende nei suoi fiumi ballerini che scalpellano le gole per non farsi prosciugare.
Tieni a mente il magistero della pioggia che risuola il sottobosco inaridito, il tempismo della luce che si accende intermittente sulle orme di chi insiste per un impeto del cuore.
Id: 54376 Data: 09/08/2019 19:27:54
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Rompere l’assedio
Rompere l'assedio
Avvisate i facchini dell'alba che bisogna ritornare a mescolare con la terra, astri, corpi e aspirazioni, schiene spoglie sotto il sole e clavicole disposte a squarciare la visuale.
Il passo imposto è fuori scala e non riusciamo più a voltarci verso ciò che resta atteso riversati come siamo in immense rotatorie masticate dagli schermi non sapendo collegare l'edilizia popolare all'alluce di Dio.
Volgiamo dunque il nostro ascolto alla controcultura delle betulle ai fiori agresti impolverati che si lasciano portare dalle api di passaggio verso terre sconosciute per uscire dall'assedio.
Id: 54256 Data: 25/07/2019 10:04:48
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A chi si volta indietro
A chi si volta indietro
A chi indugia da sfollato e si ferma all'improvviso per guardare cosa resta non sapendo abbandonare il sentiero calpestato dal suo cuore nell'infanzia.
All'esitante moglie di Lot che non segue le consegne e si gira verso il fuoco che interrompe la corrente, all'uomo sotto casa che setaccia la memoria come un cercatore d'oro nell'Alaska del rimpianto, ad Orfeo che si volta per vedere se la vita brilla ancora inalterata sulle labbra di Euridice.
A chi non riesce a lasciarsi alle spalle un paese che svanisce un amore tramutato dall'influsso delle ombre.
A chi si volta indietro quando innanzi già schiarisce e si macchia di un errore così umano che commuove.
Id: 54193 Data: 18/07/2019 17:17:34
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Eppure la notte lampeggia
Eppure la notte lampeggia
La verità giunge di soppiatto e ti abbandona al culmine del passo successivo. La incontrerai di nuovo sotto una pensilina dei bus nel sorriso sconosciuto di una donna che raccoglie due gocce di pioggia nell'afa agostana e le sparge sul retro del collo rovente.
Ti invaderà all'ospedale mentre un tuo caro si sta assottigliando e il contapassi della memoria sfiora la neve mai calpestata. Ti farà segno da dietro un costone sotto la tunica azzurra del cielo come una stella che vedi spuntare sul torso nudo dell'attenzione.
La verità pesa quanto le ossa cave degli uccelli e non rilascia medaglie al valore da lucidare a guerra conclusa. Appare e scompare, lampeggia inattesa.
Id: 54000 Data: 02/07/2019 17:26:51
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La dolce tirannia del comfort
La dolce tirannia del comfort
Non è perseguibile da una Corte Suprema non lascia le sue impronte sulla scena del delitto sfugge ai controllori di volo ma non alle multe per sosta eccessiva.
Ama se stesso più di tutti i suoi sogni e non vuole essere disturbato dai seccatori di turno, dall'amore non corrisposto, dalle azioni che prevedono un rischio non calcolato.
Governa in tempo di pace come un accorto padre di famiglia, progetta la propria carriera sospinto dalla brezza più in voga, butta la ghiaia davanti alla casa per livellare ogni buca nel chiostro.
In tempo di guerra si scopre felino si toglie di dosso la luce del giorno sbarra l'ingresso a chi fugge ingobbito, scarta gli appelli invisi al Regime, alza il volume del quartetto per archi quando la ronda tortura in cantina.
L'agio è il nostro Dio domestico, è così dolce e servizievole che gli si perdona volentieri ogni anelito congenito al diniego pretestuoso.
È il veleno premuroso che ci uccide a poco a poco levandoci dal cuore le spine acuminate che sottendono la rosa.
Id: 53935 Data: 27/06/2019 17:46:13
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Immensamente quasi felice
Immensamente quasi felice
Per sfuggire alla menzogna la gioia si nasconde ubriaca sotto il palco della festa e mai si mostra nuda e completa nella luce spoglia di un appartamento dove tutto è ferocemente al suo posto.
Il mare non si compie per intero, ma si svela lungo il dorso di un pendio attraverso il finestrino aperto di una macchina parcheggiata tra gli ulivi rivieraschi.
Lascia sempre al tuo numero civico un sottotetto di legno sventrato per i rondoni senza fissa dimora, una distesa di notte insulare per una stella che intende iniziare.
Non è meta il porto riuscito ma l'amore che salda la luce incontrata alla manica vuota.
Id: 53489 Data: 19/05/2019 15:50:47
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Per continuare ad amare
Per continuare ad amare
Incontrerai molti saggi e teorici del volo che ti diranno di accamparti dove l'aria è rarefatta perché l'infinito si assapora sulla vetta ancora intatta.
Incontrerai maratoneti luminari e culturisti che ti diranno di restare incollato all'evidenza dei tuoi parametri vitali.
Ma tu continua a mescolare scalzi passi con il vento, le tua luce più scoscesa con il cantico del mare e una donna che ci nuota.
La bellezza è questo cielo che si addensa sulla terra, è il calore che ritorna a posare la sua tenda sulla valle del tuo cuore.
Id: 53459 Data: 17/05/2019 14:21:18
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Per non perdersi nel traffico
Per non perdersi nel traffico
Abitua gli occhi al buio per vedere comparire i lamponi nella macchia. Abitua gli occhi al buio senza fretta, inoltrati nelle viscere del bosco e lascia che la luce sia il tuo cane da riporto.
La voce che ti chiama non ti verrà incontro sull'asfalto levigato della nuova rotatoria ma sarà un'ustione sulla riva dell'infanzia.
Abitua gli occhi al buio prima che la notte ti consegni le sue frecce acuminate e accogli l'allegria delle foglie ricresciute dopo il culmine invernale. Abitua gli occhi al buio e poi esci a festeggiare sulla strada in pieno sole.
Id: 53391 Data: 12/05/2019 08:56:35
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Che ti aspetti qualcuno
Che ti aspetti qualcuno
Che ti aspetti qualcuno quando il mondo ti manda lo sfratto e tu sei costretto a cercare una casa nel sottotetto dei corpi più amati.
Che ti aspetti qualcuno spontaneamente, non per limare la rata del mutuo, che ti aspetti qualcuno nell'ala remota di un ospedale o nella virata che ti fa trasalire.
Che ti aspetti qualcuno con un asciugamano sulla spiaggia quando ti scordi di ogni arenile e ti fermi a contare le onde del mare come rughe attestanti l'impronta di Dio.
Che ti aspetti qualcuno nella memoria involontaria dei gesti evidenti che hanno reso l'infanzia la scuola del sole.
Che ti aspetti qualcuno è sempre un esile miracolo che si oppone alla calunnia della luce che si arrende sulla strada verso casa.
Id: 53199 Data: 26/04/2019 22:21:22
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L’arte di canticchiare
L'arte di canticchiare
Non aspettarti giornate migliori traguardi più vasti, tramonti di vele sul mare amaranto, non inseguire la felicità come un poliziotto ossessionato dal suo ladro fuggitivo, non spremere il succo di Dio perché hai bisogno di vitamine, non cercare nel desiderio la ricetta del fuoco.
Tutto è già qui, seduto al tuo fianco, presente, come l'erba che calpesti sul viale dell'infanzia quando l'immensa portata del tuo essere in transito brilla come un fiore non raccolto.
E' importante canticchiare alla Scala del presente, perché ogni istante ricomincia e dispone l'ombra e il sole sul tuo cuore più vitale, perché se non ami la potenza della luce che circonda i contorni sotto casa non potrai andare in cerca del motivo misterioso che ti è apparso vero in sogno.
Id: 52657 Data: 16/03/2019 16:33:48
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Cosa tiene in piedi il mondo
Cosa tieni in piedi il mondo
Ci hanno provato in tutti i modi a uniformare i volti, a livellare i nomi, a transennare i corpi a candeggiare ogni ombra con la luce resa innocua.
Hanno confiscato terre requisito passaporti ritoccato i toponimi delle strade secondarie, hanno imposto coscrizioni obbligatorie per rendere accessoria l'infinita differenza delle storie sul crinale.
Oggi Google ci dice che la morte sarà sconfitta che la vita non avrà segreti da serbare in fondo al cuore che nella rete universale il pesce palla e il pescecane sono giocoforza equipollenti.
Ogni potere predispone lo stradario più conforme al suo sogno d'espansione ma la bellezza cresce solo fuori pista, nei giardini non ancora rizollati a corale prato inglese, nella voce scarcerata dal controllo capillare, perché l'amore è collisione della lava nella neve.
E' la calura di agosto che arrota la tempesta, è l'innesco generato da correnti ascensionali a tenere il fuoco acceso, è il canto controverso di ogni essere nascosto a salvare l'armonia dal deserto che si staglia.
Id: 52200 Data: 10/02/2019 15:10:21
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La danza degli opposti
La danza degli opposti
Contro il tempo già concluso ascolta il primo violino della pioggia adolescente dentro un giorno soleggiato, accogli il silenzio conventuale della neve che si impone sul raccordo autostradale, accosta la chiglia delle labbra sull'approdo innamorato di un oceano di donna.
E' la danza degli opposti a salvarci dalla morte, è l'ombra del ginocchio a fondare mezzogiorno, è la fusoliera dell'aereo a catturare nel suo volo l'amore per la terra di ogni altezza appena scorta.
Nulla è più chiaro della notte rischiarata da una luce in mezzo al bosco e se il tuo cuore trema all'orizzonte è perché è vivo come il battito delle stelle percepito ad occhi chiusi.
Id: 51835 Data: 13/01/2019 10:24:12
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Processo alla vita
Processo alla vita
L'accusa chiamò a deporre una lunga lista di storici e studiosi cardiologi e archivisti, biologi e dentisti. In forme diverse tutti dichiararono la vita colpevole di omissione di soccorso, inadatta a salvare il viandante senza mappa o la ginestra che si sporge nell'inverno più tardivo.
La difesa si guardò attorno e si accorse che i suoi teste non erano schierati lì presenti. Li cercò nel palazzo di giustizia ma gli amanti eran stesi fuochi accesi sulla luna e il violinista celebrato era dato per disperso come un fante disertore e la commessa sorridente si era spinta in pieno sole a cercare la corrente incustodita.
L'avvocato strinse gli occhi e proprio in fondo all'aula vuota scorse un vecchio senzatetto che veniva lì a dormire. Non sapendo cosa fare lo chiamò a testimoniare tra le risa contundenti dei presenti laureati.
L'uomo non rispose alle domande non capiva i sotterfugi ma con mani tremolanti fece solo un gesto antico. Approfittando dello scranno si sbucciò il suo mandarino e il profumo tutto intorno fu la sola cosa viva.
Nell'aula scese il gelo e fu subito evidente che le colpe addebitate non toglievano alla vita la sua luce manifesta la sua forza sprigionata.
Id: 51261 Data: 13/11/2018 18:21:28
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Irripetibile presenza
Irripetibile presenza
Siamo venuti al mondo come immensi abeti di risonanza, stretti al nostro nome come sciarpe incandescenti, frasi senza punto che spetta a noi riformulare.
Ricordalo sempre, specie quando piove forte e le nuvole si consegnano al mandato di cattura della terra, specie quando il dolore marchia le sue impronte digitali sull'anima indifesa e l'amore pare toglierti la scorta.
Nessuno dopo di noi avrà lo stesso modo di correre fino al limitare del bosco, nessuno guarderà similmente la vecchia bocca di areazione nella stazione di primo mattino, nessuno si espanderà verso l'eldorado di un altro corpo con la rima della tua febbre.
Siamo parte in causa di un'opera che non comprendiamo ma che possiamo illuminare dall'interno se portiamo a compimento questa esile presenza irripetibile.
Id: 51176 Data: 07/11/2018 13:37:14
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Settembre
Settembre
Sulla cime degli alberi seduce il tuo accenno di scalpo dorato. Non brucia più il giorno ma il tepore ancora riscalda la solitudine degli zigomi alteri.
In tutto l'anno mai le donne saranno così belle, esaltate dagli alti prelati del mare e del sole, antilopi alate a gambe scoperte nel traffico desto.
Eppure non visti solerti postini hanno spedito da tempo avvisi di sfratto agli uccelli sudisti e di notte ai bambini sale la febbre del primo giorno di scuola.
Questa tua doppiezza è la tua forza, settembre: continui a pranzare a prezzo fisso sul litorale ma poi flirti con l'ombra invereconda, convochi la pioggia al tuo capezzale sproni la morte a esortarci ad amare ogni morso di luce nella clessidra.
Id: 50316 Data: 29/08/2018 10:30:40
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Presbiopia
Presbiopia
Sul porticato dei corpi abbandonati resta la rabbia a far da chioccia ai suoi pulcini, semplificando alla bisogna, spostando armate silenziose nella sera dell'insulto.
Sembra che al telefono senza fili dell'isolamento la sola fascinazione sia il revanscismo dei fantasmi allevati su misura da affaristi travestiti da facoltosi netturbini dell'alba.
E sulle sponde limacciose dei fiumi poco illustri restano recisi i respinti della storia, abbandonati spalle al muro alla notte ipovedente, senza alcuna protezione che non sia risentimento.
Rabbia e paura sono i gemelli siamesi ubriachi alla guida sulle strade di provincia della Vecchia Europa, così vecchia che non ricorda dove ha infilato gli occhiali da vista per leggere il mondo senza assistente vocale.
Id: 49791 Data: 20/07/2018 20:04:55
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Sua Maestà lInfanzia
Sua Maestà l'Infanzia
Viaggiamo da sempre sotto scorta dell'infanzia: prepara i nostri incontri governa la speranza concede regalità alla leva modesta dei giorni seriali.
Abbiamo inghiottito caviale di avventure, grattato mattine come carote, slogato spalle di pomeriggi per assaporare dall'esterno quanto andava messo a cuore. E ancora adesso, specie quando il sole si abbassa e riga di lilla le poltrone reclinabili del reparto di oncologia è quella luce che ci viene incontro con la sua sfilata di biciclette sculettanti dirette al campo da calcio.
Abbiamo giocato fino alla fine del confine, setacciando il mondo come piccoli indiani, scoccando frecce sul palato delizioso della terra. A questa infanzia dobbiamo un orizzonte sottaciuto, un oliveto che si espande sulla guancia silenziosa della sera.
Id: 49767 Data: 18/07/2018 17:55:38
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Amare con volto
Amare con volto
Dicevano di amare l'intera umanità ma quando un soldato nemico si trascinò ferito nei campi circostanti la casa, si ricordarono di non sopportare l'acustica del pianto non commestibile e denunciarono l'infiltrato all'Accademia della Crusca.
Dicevano di amare la pace ma quando il pane divenne oro al mercato nero della disgrazia sollevarono cinte murarie intorno ai granai, abolirono la scorta alle colombe scorrette, impararono a chiudere un occhio e poi tutti e due, fino a sentirsi martiri offesi in tutto quel bianco.
Dicevano di amare l'uomo in generale ma temevano il volto non epurato la lacrima impropria il sorriso delle salamandre apparso nella pioggia ritrosa la solitudine di un grattacielo dentro un gomito di neve la nuca di un vagabondo sul prato all'inglese l'alito cattivo di chi bacia ogni giorno un rospo che non si trasforma.
Uno a uno si può amare un volto senza astrazione, quegli occhi, quella voce, il tatuaggio del sonno sugli zigomi azzurri, l'inestirpabile oscuro che ogni frutto preserva.
Id: 49686 Data: 12/07/2018 16:00:12
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Fuori portata
Fuori portata
La nostra mente si espanderà come un'immensa nebulosa e l'intelligenza artificiale sarà l'assidua bambinaia di questo orfanotrofio.
Fino in fondo il mondo sarà vagliato, ma sotto i piedi impolverati delle donne lungo il fiume rimarrà acquattata l'invisibile visione.
Fuori portata resta il senso che sfioriamo solo in sogno nella voce che ci incontra per vederci immensamente. Questo canto è di chiunque si sia unito a un altro ascolto in attesa che l'amore corrisponda alla sua meta.
Id: 49574 Data: 04/07/2018 18:36:04
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Abbellire il mondo
Abbellire il mondo
Abbellire il mondo non è una cosa da niente specie se nasci circondato da anime stanche, spaventate dal suono sinistro della miseria che impregna il respiro di conseguenze.
Non è affatto semplice sapere in anticipo se la nebbia che hai ingoiato sarà commestibile o se il dolore ti porterà sotto una pensilina in una sera di pioggia, stretto a stranieri con la camicia hawaiana, con il cuore carente di canto possibile.
Creare qualcosa che ispiri il passante non è una scampagnata, una corsa mattutina sul porfido del centro, ma è una somma di passi iniziati nel sogno infantile, è raccattare lamiere dismesse per riparare le baracche dei tuoi compagni di strada, è arrampicarsi come un rachitico ragno per generare ferito la Cappella Sistina, è finire rapinati ogni giorno dai ladri senza per questo scoprirsi indigenti, è rimanere nei pressi dell'alba con i denti cariati di notte coriacea.
La bellezza offerta è la nostra seconda genesi, un bacio calcato sul collo scoperto del cielo.
Id: 49483 Data: 28/06/2018 17:00:05
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Sopraelevate
Sopraelevate
Abbiamo costruito contorsioni di strade ponti sostenuti dal filo interdentale, abbiamo scavato la terra, imposto la rete, infestato di traversine il cuore siberiano. Abbiamo forato la roccia, addomesticato il mare con docenti incomprensibili, abbiamo invaso i tracciati neurali con feroci sistemi operativi aumentando la realtà fino a farla svanire.
Eppure di notte procede a tentoni il viandante che cerca nel cielo una crepa e trova nel cuore lentiggini d'oro e un viale che sale al primo albeggiare. Eppure di notte ancora saltella la coppia che va zigzagando ad amarsi e sfrega le anche su ogni panchina perché quello che sogna è un incendio doloso.
Non basteranno l'asfalto, l'intelligenza artificiale, le puntuali statistiche, non basteranno gli ingegneri giapponesi, né gli operai con la canotta arancio a farci arrivare dove vorremmo essere.
Sarà un sentiero disidratato una pista per capre sediziose a segnalarci un'altra direzione una convergenza verso un punto più vero del nostro passaggio.
Sarà qualcosa di incalcolabile come il ponte di pelle che tiene legato l'amore ai tralicci fissati sul nostro stupore.
Id: 48944 Data: 20/05/2018 20:30:06
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Minimo sindacale
Minimo sindacale
Mantieni un minimo di bellezza in tutte le cose che incontri perché la fiamma va tramandata come la fiaba del principe Ivan e data in affido alla madre della risata e al padre che intona a capo scoperto il canto più fondo.
Sotto quel limite non c’è riposo, non c’è ristoro per la mente scialba, ma una nebbia che incolla alle ossa ogni campo da volo.
Mantieni un minimo di bellezza come conservi l’acqua nella massa corporea, perché non puoi farne a meno.
Id: 48925 Data: 18/05/2018 20:10:24
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Lala di un insetto
L'ala di un insetto
Liberata la luce pignorata dall'accento troppo inglese della pioggia marzolina ecco l'ala di un insetto sorvolare la mia guancia fuoriuscita dal cappotto.
La precisione delle sue ali il sole che risorge sopra il sacco dell'inverno, il vento più sottile che impone all'erba un esatto galateo, tutto mi ricorda l'infinita tessitura e il miracolo subacqueo della nostra apparizione.
C'è più stupore nell'ala di un insetto adolescente che nel sistema operativo di un computer, c'è più creazione in questa vela irrilevante che nell'arte concepita per servire.
Nel parco macchine del nostro presente lasciamo sbucare il mare dell'essere.
Id: 47791 Data: 09/03/2018 21:47:29
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Vie di scampo
Vie di scampo
Quando l'estate sta per finire il frinire delle ultime cicale è più commovente, quando il cielo sembra il sipario sconfitto di un circo la chioma di una stella minore acquista il rango della prima luce.
Fissa la tua tenda dove la strada si perde nel bosco e al mattino troverai un sentiero che ti viene incontro, un fiore d'ortica nella casa rasa al suolo.
Lo stupore detesta i convenevoli è la primadonna mai puntuale l'orma non saputa, il centro sconosciuto di un'attesa.
Id: 47682 Data: 04/03/2018 17:56:49
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Mi toglie sempre il fiato
Mi toglie sempre il fiato
Queste nostre ossa ancora in equilibrio questo sangue che scorre all'interno come fossimo intatte Venezia e la marea potesse rubarci ogni giorno la breve conquista dell'amonia.
Questa sequenza di gesti dormienti, questa cadenza di parole che solo tu pronunci, la cicatrice sul ginochio quando cadesti sul pietrisco in giardino, eri piccola, così piccola che l'estate sembrava più vasta di te e le rondini erano due volte le tue scarpe nere laccate.
Questo insieme di orme non combacianti sono le nostre tra molte miliardi, sono gli appunti lasciati segreti sul margine estremo della parola, sono l'uva passa dei ricordi che il merlo del tempo becchetta inspiegato.
Id: 47489 Data: 23/02/2018 23:06:40
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Come vessilli fuori stagione
Come vessilli fuori stagione
Non siete stanchi di marchiare i morti con le vostre esauste etichette, destra, sinistra, fascista, lotta continua e antagonista? Perché non soccorrete chi cade riverso colpito alla schiena nel campo contrario? Perché non riuscite a guardare negli occhi un uomo divelto senza indossare le lenti parziali di una corta visione?
Passate oltre i memoriali che sconfessano la vostra versione, non applicate due gocce di dubbio sul porto d'armi della dottrina e sotto il diluvio non porgete un ombrello -seppur sgangherato a chi non attesta idonea fazione.
Così finite per strattonare i morti come vessilli fuori stagione, con il sangue che si spande come rosso segnalibro nel romanzo della storia.
Così cresce l'ingiustizia e risale la valle della paura fino a trovare un terreno fecondo per dilatare la frana dell'odio.
Id: 47286 Data: 16/02/2018 21:17:17
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Ardore
Ardore
Ardore, non ci manca più nulla ma siamo così stanchi che non riusciamo a chiudere occhio e restiamo affacciati al portone della notte con il nostro universo di chiavi che non aprono il buio.
Ardore, la nostra attenzione la vendiamo ogni giorno ai pusher delle sinapsi agli scafisti delle emozioni agli alchimisti degli ansiolitici ma non sappiamo come arretrare come cercare una stella schiarente in pausa pranzo, sul planetario di esatte isolate pendenze.
Ardore, senza di te la libertà è un infinito pedinamento di tagliagole e vigilanti, un ospizio per naviganti che non sanno più il mare. Dobbiamo tornare a bussare sull'alba delle tue foglie, sui tralci dei tuoi fianchi dischiusi, sulle radici silenziose che si muovono come volpi dentro la tana del mezzogiorno, dentro le guance dei morti nella preghiera dei tuberi insonni dei ciclamini.
Dobbiamo tornare a bussare al controverso sestante che ti sospinge, dobbiamo ripresentarci al maniscalco delle anime antiche, dentro ai fagotti addormentati nella tormenta, vicino alle bocche di salvataggio, perché questo tempo sta divorando gli operai della fertile luce, le bianche strade non aggiornate, la brughiera allevata nella fervida attesa, l'amore non visionato.
Ardore, se abbiamo scordato come invitarti, vienici incontro una sera d'aprile con un innesco per l'anima viva.
Id: 46958 Data: 03/02/2018 08:07:02
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Su coloro che amiamo in assenza
Su coloro che amiamo in assenza
Con la sua esausta pazienza il tempo impone il suo camice bianco e fa nevicare ovunque la terra si lasci spogliare.
Ma nulla ti impedisce di confidare più nell'orma che nella risacca, di prestare più attenzione al confabulare di un sogno nei pressi dell'alba che all'azione erosiva del vento sul nome.
Restano infatti gli spasimanti dell'ombra a tenere le fila degli amori distanti, restano i cornicioni nascosti, la telepatia dei lampioni notturni a farci voltare in mezzo alla folla al cospetto di una speciale visione che ti porta a sondare l'eterno nel cuore.
Ogni grande amore è un amore contemporaneo e si alimenta da solo nei sottopassi delle stazioni nei banchetti di giugno a cui non viene invitato, nei parlatori alle due del mattino, nei romitori sul lungomare d'inverno con il cielo che alberga camerieri di luce.
Così si ravviva il fuoco degli amori trascorsi, così si dipana la storia delle strade interrotte, come antica promessa rimasta più forte di ogni scomparsa.
Id: 46474 Data: 12/01/2018 23:39:17
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Lisola del tesoro
L'isola del tesoro
I bambini sanno che i tesori non stanno all'aria aperta in piena luce. Bisogna scavare, disseppellire, scrutare le mappe fino a sfocare i contorni, abituare gli occhi al buio e solo allora affondare la vanga nel chiaro di luna.
Così si forzano i posti di blocco e la luce diventa il salvacondotto per salpare oltre la morsa della mosca tse-tse, oltre le secca sterpaglia, verso il cuore della foresta dove il fiume ritorna varco terrestre.
Perché in fondo il tesoro che cerchi già lo possiedi, ma resta insondato se non ti abbandoni al Gange iniziale nel sogno di te.
Id: 44353 Data: 24/09/2017 20:18:06
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Lode al larice rosso
Lode al larice rosso
Salendo sul pendio sassoso lungo la lingua franosa delle Dolomiti, vi vedo arrancare e restare piantati alla terra senza indietreggiare o lagnarvi come eroi temprati dal silenzio di un dolore inespugnabile.
Non fate tante storie quando vi opponete allo scivolamento delle masse nevose, incassate, chinate il capo, morsicate il sole, vi spogliate infine indossando incendi dorati sui rami pensosi.
Vi amo molto, perché non ostentate la vostra fatica di linfa, perché portate i vostri colori sull’aspro crinale sassoso, perché tollerate i rigori più estremi e sapete piangere resina densa, perché resistete sotto il peso prussiano delle bufere, inarcando esili fusti sopra il valico alpino.
Id: 44035 Data: 02/09/2017 20:07:20
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Il ponte sulla Mundina
Il ponte sulla Mundina
Le piroghe tagliano l’aria, solcano il tempo presente fino a ferirlo con la regata della nitidezza. Cammino in questi campi arati verso le suole del piccolo fiume, e i ricordi mi soffiano addosso il loro lucido cantico, appena turbati dalle regalie dell'afa.
Non è l’ansa dell’Hudson e nemmeno lo specchio incensato dai versi gelati dei pattinatori riversi sulla Moscova, ma è il primo fluire di un’acqua in cui sono stato guidato leggero nel risoluto silenzio dei giorni d’estate con mia sorella che sognava di costruire una zattera fino alla foce del Mississipi e mia nonna che ci raccontava storie di bocche affamate e lingue mordaci sotto una specie di sole tomista, nella balbuzie agostana dell’ombra.
È su questo ponte stonato, sorto in mezzo alle bacche di rovo e all'erba insistente, è qui che sono stato scortato a cercare le confidenze della natura, è qui che ho imparato a calibrare il taglio degli urticions, è qui che ho capito quanto il cielo possa abbassarsi, incarnarsi a cuore spontaneo.
Fiumicello(UD)
Id: 44034 Data: 02/09/2017 20:05:26
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Lode all’errore
Lode all'errore
Perfetti corpi, soavi bombe, schiavisti cyborg, droni perspicaci, carri armati robotici. Sarà questo il mondo presieduto dai solerti sacerdoti del silicio? Il pane del lutto sarà gestito da algoritmi? Si negherà alla guerra la possibile clemenza di un illogico soldato? La coscienza continuerà a occultare versi umani originali? Il pilota automatico ci spingerà a sabotare la scuola serale del corteggiamento estivo? Affideremo l'astrolabio delle scelte a una setta di scacchisti digitali?
Studieranno sistemi sempre più efficaci per ridurre i difetti del cammino, l'ombra che deforma ciò che appare sconveniente. Agiranno a fin di bene e come tutti i dittatori toglieranno la corrente a chi non segue la versione.
Sia dunque lode alla nostra imperfezione, al difetto di pronuncia contenuto nell'amore all'errore che ci spinge a riversarci dentro un punto di domanda.
E' lo sbaglio che ci scorta alla patria del risveglio, che sospinge il nostro scafo verso l'Itaca interiore e l'intrepida Speranza.
Senza squarcio viene meno la rincorsa, la disperata ricerca di un mondo migliore, la chiamata notturna al centralino della grazia.
Id: 43909 Data: 23/08/2017 22:37:21
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Verso ciò che ti fa ridere
Verso ciò che ti fa ridere
Va' verso ciò che ti fa ridere verso ciò che ti costringe a liberare i denti al sole. Il dolore serve a questo, a preparare la risata con cisterne sconosciute, a scavare romitaggi sui versanti incustoditi.
Nuota pure nei fiumi incassati sognando pepite, digiuna come un fachiro che scruta i polmoni, perlustra la foresta più tetra, affonda il pensiero nel lago scartato dall'alba, ma non scordare mai quanto devi alla gioia sfacciata, al solvente che discioglie la frontiera, all'adunata degli uccelli variopinti.
Va' verso ciò che ti fa ridere affonda nei corpi che ami, issa l'ancora sommersa e scorta la carovana del respiro sui precari alpeggi in fiore.
Id: 43891 Data: 22/08/2017 17:14:19
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La Verità non si cattura
La Verità non si cattura
Sono partiti prima dell'alba impressi nel cuoio dei propri scarponi intestarditi in digiuni inflessibili affusolati sulla canna dei fucili circospetti come poeti riversi sul pavimento della Lubjanka.
Sono partiti a caccia di Me posseduti da un demone guida, si sono appostati circondando la cima del monte, hanno occupato gli osservatori più alti e testato la consistenza del filo spinato, hanno sciolto i loro segugi attorno ai testi degli antichi profeti, hanno manducato i fiori appena dischiusi, hanno torturato i testimoni oculari affinché svelassero i fattori della mia esistenza.
Sono venuti prendendo la mira sparando ad ogni breve movenza, convinti di possedere la purezza per carpire l'essenza dei sogni e portare alla luce il mistero di un'altezza reperibile. Si è sparso intenso il fuoco, il sangue dai monti è sceso, gli uccelli hanno chiesto disperato asilo al deserto, ma alla fine del giorno della preda più ambita non restava che il vento.
Dopo millenni ancora non sanno che sfuggo la cattura, che appaio e scompaio nel sottobosco più fitto dell'attenzione, nella radura del canto cruciale, nella focaccia dei corpi estasiati d'amore, nella preghiera scandita da labbra non educate.
Ancora non sanno che passo il mio tempo a preservare il sentiero che unisce giù a valle il cielo e la terra, il porto sepolto e la vela che intona la rima più interna della materia.
Id: 43473 Data: 12/07/2017 10:43:45
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Qualcosa dissero
Qualcosa dissero
Qualcosa dissero quegli istanti qualcosa che compresi pur non sapendo la lingua del posto.
Qualcosa dissero e ancora pronunciano e non muoiono mai.
Sono gli attimi a cui torniamo i fiumi africani che salvano i pachidermi dall'arsura, le navi di Turner che bruciano al largo di cieli in tempesta e mari d'altura.
Sono le lampadine rimaste accese quando la festa si è già conclusa e i suonatori russano immemori sotto un salice piangente.
Sono gli attimi in cui amore ci porse per alimento anime antiche e noi le addentammo come assaggiando sushi di cuore.
Id: 43408 Data: 06/07/2017 15:06:08
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Finita la tempesta
Finita la tempesta
Lasciarsi cuocere dall'alba dopo che la pioggia ha risciacquato le foglie dei ligustri e ha accorciato la densa barba di foschia sulle facciate dei palazzi ancora semi addormentati.
Camminare sulle impronte della notte messa in fuga e diventare primario nel reparto di pneumologia del mondo. Persino la donna che affigge gli annunci dei morti sulle fredde bacheche si lascia sfiorare da una libellula errante.
È un'alba ridipinta da una mano di colore che risalta l'ossatura estroversa della terra, è l'abiura alla realpolitik dell'afa, è il riscatto dell'uvaggio della luce.
Id: 43312 Data: 26/06/2017 18:17:24
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Almeno non addolcire
Almeno non addolcire
Viviamo in tempi di potenti finzioni corpi speciali e missioni di pace torture travestite da guarigioni cronologie di google e bassi fondali dove è facile restare incagliati sulla costiera mentale.
E intanto muoiono lontano ostaggi senza protezione scudi umani irraggiungibili. E intanto muoiono vicini persone prese a caso, commessi viaggiatori sulla rotta del terrore.
L'epoca dei lumi ha smarrito i lampionai e la notte è scesa come una seconda retina a impastarci la lingua a incantare gli occhi spalancati con la musica techno delle immagini.
E' allora che nasce la tentazione di addolcire il mondo, di zuccherare le zone ad alto rischio, di rovesciare gocce di stevia sui taccuini di guerra, aspartame sui dispacci delle fabbriche, zollette di canna grezza sulle scapole dei braccianti declinate sui cassoni.
Se davvero vogliamo preservare un angolo di dolcezza spudorato dobbiamo tornare a chiamare le cose per nome, per quello che sono, abbandonando la cautela dello sguardo, andando a scuola dai boschi, dalle cascate, da chi non teme d'incontrare lembi di vero nel calco del caos, fino a spogliare la simulazione con la realtà svelata dalla sua esigenza.
Id: 43306 Data: 26/06/2017 09:49:29
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Orto-grafia
Orto-grafia
Oggi l’albero di ciliegie è un dettato ortografico sul quaderno di un bambino.
Accenti i merli linfa i verbi tronco il punto esclamativo.
E il rosso degli errori che tracima sulle foglie e infuoca l'inchiostro dei rami.
Id: 43069 Data: 05/06/2017 16:06:43
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Il passo è breve
Il passo è breve
Basta respirare fuori dal centro delle città appisolarsi sull’ultima metro, dondolare passo su passo nelle gengive del continente.
Il passo è breve, la Turchia affolla le sue galere, odora il fiato di ogni indiziato, toglie al lattaio la precedenza sulla pagina bianca.
Il passo è breve, la Siria avvampa, il mare tossisce i suoi gabbiani in pelle umana, il terrore ritorna a frugare i concerti blasfemi e le stanze da ballo.
Il passo è breve, la rabbia monta, sale sui paraocchi del torto subito, s’innesta nei cuori lasciati incupire, ingrossa le file degli affluenti del mesto signore Nessuno.
Il passo è breve, gli anfibi già predisposti, le cartelle degli psichiatri schierate come truppe, la libertà pronta a imboscarsi nelle retrovie la forza difensiva ridotta a sorveglianza.
Il passo è breve, ma possiamo ancora virare, invertire la rotta, sminare il fondale, unire i silenzi ad altre laringi
portare il dolore a contatto col volto degli altri, così simile al nostro da suggerire
lo stesso lievito madre.
Id: 43056 Data: 04/06/2017 15:52:52
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Assemblaggio
Assemblaggio
Lascia che i fiumi si uniscano a valle, che il crinale sconfessi la sua alterigia, che il bacino idrografico della memoria forzi l’assetto d’archivio prussiano.
Lascia che l’odore di cuoio coli dalle scarpe scomparse ti sorprenda sulle scale e ricopra le voci scheggiate come un timpano di neve. Fuggi le classificazioni perché la menta già profuma il giardino e il mendicante si copre col foglio dei morti e la gatta svezza i suoi cuccioli ciechi in una scassata cassetta di kiwi, perché quello che ami rimane amato solo se riconcepito.
Id: 43038 Data: 02/06/2017 13:13:30
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Prima che sia tardi
Prima che sia tardi
Prima che sia tardi che gli orologi girino a vuoto sul debole polso sinistro, prima che il dolore si scavi una tana profonda a prova di scasso, prima che la capacità di presagire bellezza sia per sempre alterata, ricorda il potere delle nuvole di trasformarsi nel piumaggio della neve, ricorda la risata riemersa da millenni di siccità.
Porta a spasso il dolore, non lasciarlo incupire sotto coltri di meningi silenziose, trasforma l'albero secco in una panchina per fumatori, togli l'urlo dalle cassapanche dove hai costretto il pane raffermo.
Trasforma il tuo difetto di pronuncia in un'altalena di suoni ballabili, esalta la linguaccia del lampo nel cielo più afoso d’agosto, assembla più che puoi gelo e scintilla, cuore e caviglia.
Trasforma la blatta che regna nei sottoscala in un cervo volante e punta a divenire la tua luce commestibile.
Id: 43016 Data: 31/05/2017 16:21:03
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La spaccatura
La spaccatura
Perché il potere non produce più bellezza? Quali cattedrali sta innalzando il nostro tempo elettrico? Quale patina di splendore sprigionerà fra un millennio la carcassa di una Trump tower? Dove sono i progetti di piramidi di teatri, di templi scavati sull'omelia del mare? Dove sono gli affreschi, le colonne, i palazzi conturbanti, i colossi, gli antri ospitanti le Sibille Cumane?
Restano ancora le ruspe a drenare la terra dai suoi nutrimenti, restano gli schiavi a spezzarsi la schiena con le travi d'acciaio della superbia, restano i sudditi attoniti quasi stravolti dai disturbi mentali.
Perché il potere non produce più bellezza? Cosa resterà degno di essere visto una volta che il tempo avrà valicato? I memoriali dei morti nelle tragedie? I piani di volo dell'intelligenza artificiale? Le miniature di un algoritmo? La mancata traduzione di una spinta verticale?
Id: 42957 Data: 27/05/2017 16:49:49
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Amore nel pomeriggio
Amore nel pomeriggio
Fare e disfare col pane dei corpi l'istante infinito
Id: 42942 Data: 26/05/2017 13:03:43
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Il morso della matita
Il morso della matita
In un cassetto che non apro mai ritrovo una matita morsicata, una 2B da disegno morbida.
Noto il calco dei dentini impresso sul legno colorato come un fossile nell’arenaria.
La giro e rigiro tra le mani l’annuso, la dispongo come Archimede sul padiglione.
Poi non resisto e l’assaggio e un sapore di densa grafite stravolge la successione.
Id: 42893 Data: 22/05/2017 14:56:09
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Cantare con precisione
Cantare con precisione
Cantare con precisione le tomaie sdrucite nel sottopasso della stazione, l’iride tramontato nella pupilla, la punteggiatura di un silenzio di neve, la chioma punk del glicine, le pallide cene dove ognuno sorseggia il suo sé, l’umorismo degli ombrelli sfasciati, il poggiatesta sulla Giulietta infantile, le parole taciute di Whitman infermiere, la ferma clessidra dei braccianti sotto il sole, la massa dei corpi costretti a vascello, mia nonna Regina che sfida la notte per un bicchiere di latte nel coprifuoco.
Adesso che le ombre si stanno cambiando nel camerino della paura bisogna stringersi addosso al corso dei fiumi, al timone più chiaro degli occhi, perché il cuore dell’uomo è il boccone del prete che la notte vuole spartirsi. Adesso che ognuno coltiva da solo la speranza del carcerato, adesso che Aleppo è stata sventrata e spettri con voce melliflua scrivono i nuovi libri di storia, adesso che si bombardano le sponde del Tigri, impugnando parole di greggio, adesso che migliaia di yazidi sono state estirpati come aquiloni di carne velina, adesso che la ricchezza ha mascelle al silicio e amnesie di pane agognato, adesso che la droga della sicurezza viene spacciata come elisir di lunga vita, adesso che i vecchi rimpiccioliscono perché non sanno postare, adesso che la censura stende la trapunta leggera su ogni globo oculare, adesso che vestiamo dolci parole negriere e armiamo la bocca di esangui distinguo,
noi dobbiamo spogliarci e cantare con precisione la maestosità di un volto che si desta al mattino, i fuochi degli sterpi sulle sponde del Danubio invernale, la virata dei colli protesi in un bacio, i corpi accuditi in assorta preghiera, la polvere scossa, il desiderio che erompe dal magma del ventre, perché l’amore è l’oscuro ponte levatoio che trapassa le sbarre mentali e ci trascina fino al torsolo della bellezza iniziale, nella spelonca radiosa dove il senso rinasce.
Cantare con precisione la polpa, il canto poliglotta della farina, il terso abisso che ci muove al pianto. Cantare con precisione la vita, accostando la bocca alla pieve del bosco, gli occhi all’imam delle stelle, l’orecchio al kaddish della grazia che persiste a intonare, a lasciarsi cadere dentro la nostra portata, perché è tempo di portare l'acume della torcia un passo più dentro al nesso vitale.
Id: 42886 Data: 21/05/2017 19:06:17
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Le storie sono elefanti discreti
Le storie sono elefanti discreti
Le storie sono elefanti discreti che si muovono a passo rilento forzati dalla testuggine delle savane costretti a nascondersi dietro alberi immensi dietro strati di sabbia arenaria, dentro i pistilli dei fiori, dentro matrioske di dettagli irrisori.
Noi ci nascondiamo in attesa come bracconieri scrutiamo la meta fiutiamo il sentiero, abbiamo binocoli di curiosità e fucili di sesto senso.
Bramiamo l’avorio delle zanne spolpiamo carcasse per comporre un solo racconto, ma stiamo perdendo l’arte di domandare, di aspettare che la storia si raccolga attorno ad un pozzo d'acqua sorgiva.
Le storie sono vecchi elefanti che vanno fatti respirare sulle sponde dei laghi ancestrali. Non ci appartengono, in cattività morirebbero camuffate da opinioni, stritolate da polverosi poliziotti retrocessi per sempre in ufficio.
Le storie sono vecchi elefanti che si prostrano a bere. Seguiamole di sottecchi amiamole fino a disfare i nostri contorni, fino a a fare di noi stessi immensi cuccioli pregni.
Id: 42882 Data: 21/05/2017 13:50:08
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Dolce far niente
Dolce far niente
Scivolare sulla laguna affondarci i piedi schivare i granchi camminare sull’epidermide della terra riscaldata fino alla foce del fiume Ausa, fino a sfiorare il collo dei cigni protesi, fino a comporre l’agiografia degli asparagi di mare.
Per un giorno non fare niente, lasciare il pensiero a maggese, soffermarsi a dondolare nel respiro picaresco. La capitaneria scagli pure le sue navi da pattuglia, gli educatori persistano a predicare il lifelong learning, il telefono continui a pigolare le sue arie da soprano...
Oggi voglio solo tralasciare, staccarmi dalla linea del fronte, tornare al dolce far niente, perché qui si cela l’esca viva del contemplante, il silenzio che plasma parole e maree sulla pedana del salto in alto.
Id: 42864 Data: 19/05/2017 19:22:38
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Forze schiarenti
Forze schiarenti
Perché i buoni se ne stanno spesso in disparte come correttori di bozze incorporee? Perché i vincitori si iscrivono in massa ai corsi serali di Storia Coeva? Perché è così difficile non farsi abbagliare dal potere che viene a letto con noi?
Sono i generali che danno le carte gli avari che avvelenano i pozzi gli affaristi che rimpolpano il fuoco i perbenisti che lustrano le loro caste fedine penali fino a scambiarle per qualcosa di vero.
A pensarci bene è un miracolo che il buio non sia tracimato a cancellare del tutto gli impedimenti che la luce frappone spontanea, è un miracolo che la notte incontri volti non disposti a lasciarsi intirizzire, deltaplani di speranza salpati da improbabili alture.
Questo insieme di piccoli scudi questo sciame ferito ma non atterrito, è la contraerea che si leva ad opporsi al buio saccheggio del nostro respiro.
Id: 42626 Data: 29/04/2017 17:00:25
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Discorso di un vecchio castagno
Discorso di un vecchio castagno
Venite a cercarmi la domenica nel frumento dei cieli più tersi per sedervi sotto il conclave dei rami gonfiati dal sole.
Venite a elemosinare un torsolo d’ombra quando l’estate rapina il torace di refoli alpini.
Spesso chiedete alle dense radici il segreto della durata e a lungo restate a frugare nel tronco come biblisti assorti nel Libro. Forse bramate una frase casuale che sappia saldare il vostro labiale all’antico alfabeto della natura, ma esitate a farvi rapire dal salto in alto dei rami. Eppure sulle mie mani i passerotti si posano in volo e sulle crepe della corteccia il vento raschia la sua risata. Forse per questo davvero venite, per questo profondo dolore d’amore che unisce le foglie al magma esplosivo,
per la mossa di un’ala che scuote la chioma e lega il mortale a un’altra attenzione.
Id: 42624 Data: 29/04/2017 16:26:31
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Restare sull’argine
Restare sull’argine
Restare sull’argine quando l’acqua lambisce il terrapieno, quando le nutrie scavano le fondamenta con prodigiose mascelle da minatore, quando il cielo si abbassa e quasi ricopre la luce precaria del sole.
Restare sull’argine e non ingrigire, senza smettere il balzo del tuffo festoso nel fiume che unisce il resto del mondo.
Solo così il viaggio non si staccherà dal tuo contorno, solo così i messi inviati al confine del globo sapranno dove tornare, perché hai scelto di stare a difesa di un punto senza scansare la piena raggiunta.
Id: 42609 Data: 28/04/2017 20:50:33
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Poncho
Poncho
Due mesi appena una tempesta notturna gli occhietti richiusi per un’acuta infezione e Mamma Gatto che latita da cinque giorni.
Sei uscito così da sotto le felci piccolo Borges senza bastone miagolando come un bambino che geme sul bagnasciuga.
Peso piuma, etti di gatto, piccolo fradicio cuore. Ti ho asciugato e messo il collirio, ti ho girato gli avanzi del tonno e chiamato Poncho per fama acquisita.
E tu mi hai guardato quasi intessendo le tue palpebre cieche al dolore che bussa dentro di me e tutto accomuna per saldature.
Id: 42608 Data: 28/04/2017 20:48:08
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Unaltra potenza
Un’altra potenza
La madre di tutte le bombe ha cuccioli idrofobi e una balia pericolosa a cui affidare la discendenza.
La distruzione elevata a potenza risuona in ogni tremore sporca gli occhiali da vista al lettore che scruta il conto corrente, macchia di sangue il vestito di un passante tranciato sul ponte dall’urto di un fanatico autista.
I ciliegi, le madri fragranti, gli amanti ricolmi di gioia gli sminatori prostrati come astronauti tornati, gli eroi stralunati, ignari emissari di un’altra potenza, gli alamari delle anime scalze le menti percorse da lattanti visioni sono i puntini, le dieresi accese a cui volgiamo lo sguardo per resistere all’esercito osceno che vuole arruolare ogni forza.
Id: 42407 Data: 14/04/2017 17:12:24
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Ciò da cui non posso staccarmi
Ciò da cui non posso staccarmi
Ho impiegato anni a capire che ciò da cui non posso staccarmi è l’adesivo che tiene insieme i miei pezzi uno ad uno.
Tutti i giorni spariscono dettagli migratori la parrucca delle foglie ogni marzo si rinnova persino gli anni volano via come bambini in testa coda sullo scivolo gonfiabile.
Volti, incontri, parole, gesti, detriti di sole nel giorno di lutto, agrumeti di abbracci, trulli di preghiere sul tavoliere notturno, corpi salvati da un altro accesso al mare.
Ho ancora a volte la tentazione di traslocare, di andare in un posto senza peso, il cui nome è il disegno di un pioppo e la strada è il salto in alto nella memoria di una volpe artica.
Ma ciò da cui non posso staccarmi mi trattiene e in fondo mi ricorda di continuare a lasciare filtrare la vita perché il tempo non si scopra prosciugato.
Id: 42398 Data: 14/04/2017 12:27:18
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La nostra attesa
La nostra attesa
Voi che volete estrarre dall’uomo ogni filone e innestare un chip che scopra i reperti subacquei dell’anima antica, voi che presto entrerete nei mitocondri e spoglierete le intenzioni fino a renderle chiare,
lasciate in pace la nostra attesa, questo imbarco dissestato dove i passanti si travestono da fantasmi e i vaporetti non dormono mai,
lasciate in pace la frontiera e permettete ai morti di partire con il loro fagotto d’amore e rimorsi e una scala che sale le rampe insolventi della preghiera, lasciate che i vivi possano perdersi nel Mar di Marmara di passioni non reperibili e infischiarsene della chiave d’accesso e connessione.
La nostra attesa si nutre del suo rapimento, lasciate al desiderio la sua mancanza, al vero la sua lacuna.
Id: 42322 Data: 09/04/2017 18:41:49
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Aggiustare e lasciare andare
Aggiustare e lasciare andare
Si usurano i tubi dell’acqua s’imbarcano gli scuri di legno il filtro dell’aria tossisce, la pelle si macchia l’amore si sposta dall’asse la fibra è rosa dai sorci.
Armati di cacciavite occhiali e chiavi inglesi ci sediamo a rattoppare gli squarci accessibili consultando i libri dei vivi le carte dei morti, le stoppie trascorse del granoturco.
Difficile dire quando fermarsi, quando non calpestare di cure il morente, quando liberare una poesia dal ritocco usurante, quando togliere il telo antigrandine dal meleto di un amore infestante.
Aggiustare e lasciare andare le cose al loro punto, senza premere troppo senza trascurare la potenza dei sarti sciamani, senza abbandonare la speranza di bilanciare un giorno le separazioni con altre ricongiunzioni.
Id: 42078 Data: 24/03/2017 20:40:47
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Il bisbiglio dell’arte anonima
Il bisbiglio dell’arte anonima
Anni fa, camminando per Parigi, in una notte di buio antracite con una Loira di vino nel cuore restai a lungo a vegliare il trionfale anonimato di Notre-Dame.
Restai seduto insonne ad ascoltare il brusio pedante degli scalpellini la caparbietà dei fabbri, il volo dei vetrai alpinisti, la cecità degli orefici armonici. Tutto insisteva nell’aria di maggio unendosi al grido degli operai scivolati dai pinnacoli, alla smorfia dei bestiari impressi nella pioggia. Invano l’indomani cercai nei testi una firma posta in calce all’opera, ma sulle altezze al limite della statica restava solo l’orma della vetta collettiva.
Da molto tempo l’arte non è più anonima e il nome campeggia come un sigillo imprescindibile sui dorsi dei libri impilati, sulle assonometrie dei palazzi esclusivi, sulle pale d’altare all’ultimo grido, sulle foto che indugiano sul cornicione del sonno come uccelli rapaci di Hitchcock. L’arte di strada viene pedinata dai bagarini delle aste, la provocazione consuma spesso la sua vocazione nell’androne di un commercialista, il rudere di una casa tatuata da Banksy diventa presto virale ed è riassorbita dal palcoscenico.
L’anonimato non potrà tornare, specie oggi che abbiamo lasciato addormentare la forza delle correnti ascensionali, specie oggi che fatichiamo a venerare lo sconosciuto con archi rampanti sospesi nel vuoto. L’anonimato non vorrà tornare, ma forse i profeti della condivisione diventeranno presto evanescenti se non si lasceranno varcare da una bifera spoglia, da una bellezza ritrosa che nutra -nascosta- il tarassaco della mancanza.
Id: 41793 Data: 03/03/2017 21:35:05
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Sulla gioia come scudo
Sulla gioia come scudo
Il sapore incauto della gioia è il punto più profondo del palato dove le balene del pianto vanno a riprodursi, dove i delfini della risata saltellano spinti da un refolo irraggiungibile.
La gioia è il nostro essere alati lo stato di domanda che non indugia sul canto dolente del fiore reciso, la gioia è il solletico delle ossa che dimentica di portarsi addosso il libro contabile delle contusioni.
Se la gioia ritrova il tatto delle acacie il sapore dei sentieri brulicanti di colpo la crudeltà dilegua e perde la capacità di deviare i corpi, di seccare orti di volti diurni, perché la gioia rende il buio navigabile e salda la paura al cuore giallo dei ranuncoli spontanei.
Id: 41707 Data: 27/02/2017 10:27:15
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L’ironia della storia non fa ridere
L’ironia della storia non fa ridere
Oggi le multinazionali ci insegnano pure come ribellarci al sistema dannoso, come liberare il mercato dalle interferenze, come diventare connessi e virtuosi, saggi angeli idonei che sanno schivare i conflitti e armare quinte colonne mentali.
Ieri ho sentito Jeff Bezos concionare sul vantaggio competitivo degli immigrati come un novello Marat che si offre alla patria, poi ho ascoltato il cherubino Zuckerberg definire l’ingiustizia un algoritmo perfettibile, mentre Tim Cook lì vicino arringava la folla con un’aura da guerrigliero Tupac Amaru.
Saranno così le nuove giunte militari? Così gentili che non ci accorgeremo di pensare senza fremiti impropri? Così accorate e trasparenti da celare le sbarre nella caligine dei desideri? Sarà ancora possibile riconoscere l’orma degli insorti dal passo cadenzato delle guardie se le voci tendono a disarmarsi in un solo abbraccio opportunista?
Id: 41701 Data: 26/02/2017 18:50:22
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39 anni luce
39 anni luce
Sette pianeti nuotano a trentanove anni luce e quasi ci sembra possibile avvistare la nuca di un altro pianeta sensibile.
Ci sarà qualcuno che si chiede lo stesso puntando il suo telescopio sul diorama stellato che scuote i suoi rami nel bosco infinito?
Ci sarà un poeta marziano benedetto dall’insonnia che si strugge in cucina perché nella luna rivede il suo tisico amore mai morsicato?
Resteremo sempre soli a bivaccare nella Mongolia delle galassie o qualcuno si affaccerà con il prepotente labiale di un’altra intenzione?
39 anni luce e basta un secondo per innamorarsi di ogni frangente o restare a fluttuare senza orbita dolce nel reparto gravi ustionati, bruciati dall'ombra incombente, incapaci d'amare due acri di cosmo davvero presente.
Id: 41679 Data: 24/02/2017 20:16:11
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Questa è la tua musica
Questa è la tua musica
Suona la ruggine della trachea sferza la tromba intirizzita, componi con quello che passa il convento, sposta l’asticella del sublime in un capannone.
Non verrà la melodia completa l’onda perfetta attesa dal surfista il sonetto che non devi stuccare l’amore spavaldo che abbraccia due corpi in osmosi col mondo.
Non verrà se non sai cercare la sonata nel trillo dei balestrucci il bacio nelle carie degli incisivi il calore nel fuoco abbioccato l’eterno negli acini d’uva.
Suona dunque quanto esiste e lascia che il tuo rintocco si espanda a dismisura in una stanza disadorna, a due isolati di distanza, in tutto il cuore udibile.
Questa è la tua musica.
Id: 41581 Data: 18/02/2017 15:56:44
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Non c’è neve abbastanza coprente
Non c’è neve abbastanza coprente
Ogni giorno il presente fatica a tenere pulita la pista da slitta, il guado dello sguardo, perché il passato continua a nevicare sulle falde delle palme protese e gli spalatori sono spesso in sciopero schiacciati dalla concorrenza digitale o impigriti in un caffè sulla decima strada.
Il passato si nasconde appena, ogni tanto fa capolino come una timorosa marmotta, perlustra i sogni fino a stanarci sull’arenile della ninna nanna. Il passato ansima come un brandello di stoffa che il vento non vince e volteggia in ogni singola foglia sopra il ramo infinito.
Ai bambini piace molto il bianchetto, pensano di cancellare per sempre gli errori, ma le parole sbagliate sono addormentate in incantesimi di correzione e possono tornare a staccarsi dal rostro dei fogli.
La voce resta intrappolata nelle sorgenti, il corpo ritrova le ossa possenti del sicomoro, il respiro intasa il broncio dei radiatori notturni, quando le difese sono meno schierate e l’invisibile indossa polmoni quasi evidenti.
Niente sparisce davvero, tutto si accuccia nel grembo latente e talvolta si svela nel bangio di una risata, nell’ambo amoroso che porge la lima al fuggitivo.
Id: 41573 Data: 17/02/2017 22:27:13
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Pesca a strascico
Pesca a strascico
L’anemometro del risentimento segnala burrasca, ma i capitani restano sotto coperta, impegnati a giocare a ramino, inadatti a ideare nuovi sestanti.
Mia cara vecchia Europa le cancellerie hanno esaurito i vasi di colla, i fogli si stanno staccando dal tuo mappamondo e non basterà la Banca centrale a tenere cucito il nesso causale della concordia.
Si cambieranno di nuovo i toponimi delle strade, la fedina penale dei doganieri sarà spesso ritinteggiata, gli scafisti verranno ospitati ai seminari di filosofia aziendale, lo sciovinismo contagerà le tavole calde, salvo restare annesso e connesso ai sogni gitani di Google.
Il rocchetto della paura lentamente avvolgerà le sue lenze da pesca e i pesci abboccheranno senza badare tanto al sottile. Potrà ancora un canto levarsi dal mare profondo? Potrà ancora svegliare le branchie attutite, destare una rotta d’amore subacquea?
Id: 41493 Data: 12/02/2017 19:18:11
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Stringi, stringi
Stringi, stringi
Stringi, stringi e ti chiedi cosa resta a sentinella del giorno, dopo che il dolore ha riscosso il suo vitalizio e la nebbia ricopre le strade con studenti mai convocati alla Sorbona della speranza.
Stringi, stringi e senti il tuo fiato disertare in un altro respiro, cessare la tosse, cercare la veglia più luminosa dentro la festa di un altro polmone.
Stringi, stringi e trovi il lampo non medicato, la sciarpa di Dio sospesa alla gruccia radiosa del vespro, la pioggia che cade al sole frammista sui denti da latte della bellezza.
Id: 41488 Data: 12/02/2017 12:46:09
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La sedia di Manzano
La sedia di Manzano
Da qualche giorno non c’è più la sedia più alta d’Italia. Il tempo, la tormenta, la pioggia hanno manomesso la spalliera; l’uomo, poi, ha fatto il resto smantellando l’alto schienale sradicando le gambe da modella dall’arato della rotatoria.
Il distretto della sedia non ha più il vessillo, il totem è pronto per la discarica, gli anni novanta giacciono a terra sconfitti e come gli occhi di Schillaci rimandano braci incompiute.
Ora la rotonda accarezza un vuoto al centro, mentre ai lati si dispongono emaciati capannoni che non sanno lasciarsi estirpare.
Bisognerà trovare altre strade per intrecciare la paglia delle stagioni, adesso che la rete seduce e segmenta ricuce e rivende senza aspettare l'agire artigiano.
Da qualche giorno non c’è più la sedia più alta d’Italia e forse è meglio così, anche se fa tenerezza pensarla nelle stagioni, issata come un gigante esibito allo sguardo bramoso, come una tigre ammansita in un circo in declino che muore distante dalla ribalta.
Id: 41482 Data: 11/02/2017 17:54:53
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Restare svegli
Restare svegli
Dio (o la polvere smossa) abbia pietà di coloro che non sono mai stati svegli sotto un semaforo spento o seduti sugli scalini sconfitti di un’autorimessa del secolo scorso, aspettando per tutta la notte il parto cesareo di una comparsa, la linea confusa di un volto adorato sbucato dietro la pensilina dei bus.
I titolisti continuano a scrivere sulla sabbia delle clessidre che tutto è un nulla casuale, ma chi è rimasto sveglio ad aspettare l’essere amato lungo la bisettrice dell’alba e ha sofferto l’umido dei tergicristalli inamovibili, il rancio dei cantastorie ubriachi, il fantasma arancione dei netturbini, senza battere ciglio, senza ripiegare le spalle nel doppiopetto della ragione, può aggiungere una sillaba aliena all’alfabeto della scomparsa.
Id: 41476 Data: 10/02/2017 21:41:35
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Le farfalle della farina
Le farfalle della farina
In questo giorno di inizio febbraio con i cortili che incupiscono troppo presto con la pioggia che sfrutta il lavoro minorile della foschia per raggiungere con dita sottili gli antri intimisti delle sassifraghe,
in questo giorno dove un tizio con i capelli arancioni ci costringe a pensare al suo parrucchiere prima che alla ferocia del mondo, in questo giorno senza pretese apro la credenza del pane e vedo le farfalle della farina svolazzare sopra le fette biscottate.
Non sono farfalle monarca, non hanno i colori di un dolcevita Missoni o il telaio di un veliero del cielo, sono piccole e insulse, sembrano uscite da una Varsavia del secolo scorso; eppure, guardandole bene, hanno una certa tenace eleganza e adorano infilarsi negli anfratti fuori controllo.
Forse farfalle sgraziate anche da voi possiamo imparare l’arte del volo notturno, il fiuto esemplare che vi spinge a cercare una breccia nel pacco di pasta, un’orecchia socchiusa nell’imballaggio, un varco discorde di tersa farina.
Id: 41375 Data: 04/02/2017 16:05:28
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Asteroidi, brontosauri e amnesie
Asteroidi, brontosauri e amnesie
Ieri un piccolo asteroide ci ha quasi sfiorato; come dicono i telecronisti ha fatto la barba al palo ed è rotolato fuori dalla nostra portata.
Poteva ucciderci, forse annientarci, come pare successe ai tempi in cui il brontosauro collezionava premi nel lancio del peso e il velociraptor infrangeva record su record di corsa anaerobica.
Non è raro che una minaccia così fosca venga a sfregiare il sonno dell’uomo, d’altronde l’atomica galleggia da decenni nel ventre impietoso dell’umana risacca e noi continuiamo a dormire, a piegare camicie inamidate, a disporre forchette sulle bianche tovaglie della domenica.
C’è una rimozione che ci aiuta a tirare avanti, a concentrarci sul sasso sulla riva del fiume, eppure talvolta dovremmo alzare la testa, frugare la luna, tornare a cercare l’intento primario che muove l'immenso cetaceo di stelle impetuose, il cieco asteroide e l’amore apripista.
Id: 41359 Data: 03/02/2017 21:40:46
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Il battito antico
Il battito antico
Nella nebbia occorsa salpano ancora le barche da pesca i bambini si fermano a conteggiare sul vetro le gocce di pioggia, la luce spalanca il catechismo alla pagina bianca l’astro nascente del desiderio lancia infocanti molotov sulla folla di un cuore innamorato.
Il presente accorcia i battiti striglia il fantino addosso allo schermo digita insonne spezzoni di vita dimenticando Argo morente che mena da solo il suo tozzo di coda.
Tutto cambia così in fretta che la comprensione pare incolmabile, ma dentro di noi sentiamo ancora defluire lo stato d’esordio e contempliamo maggio dall’interno coscia di un istante infinito.
Tutto cambia così in fretta ma il presidio silenzioso di una stella ci appare ancora tra gli alamari spaiati della notte.
Id: 40297 Data: 18/11/2016 19:43:21
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Faith
Faith
Per chi svanisce senza eco
Dicevi come tante di chiamarti Faith e di essere apparsa il primo gennaio.
Dalla Nigeria al buio di Mestre spacciavi il tuo corpo per sbarcare il lunario senza sapere come la notte devasti gli acrobati inermi e imbratti le pievi dei fianchi affrescati.
Ti hanno torturata e gettata in un fosso e la tua piccola storia è tracimata lontano da un estuario di mani accudenti.
Sono passati cinque anni e nessuno ha chiesto conferma che esisti, nessuno ha provato a cercarti nella ghiaia a Marghera.
Sei vissuta e scomparsa senza restare impigliata in altre solerti memorie
(chissà se qualcuno distante ti associa al risvolto di brezza di un luglio lontano)
perché questo accade ai milioni di spettri fatti costretti a vivere schiavi.
Spentosi il battito abbiamo solo un cuore deforme per provare a lambirti, per venire a forare il silenzio dei morti, per venire a sfiorare il tuo nome disperso.
Id: 40222 Data: 12/11/2016 21:45:44
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Tenue è il vento fraterno
Tenue è il vento fraterno
Così tenue è il vento fraterno che pare una brezza a chiamata per esclusivi stabilimenti balneari.
Possente incombe la paura, cresce come un passaparola, sbriciola consunte guance di cartongesso.
S’innalzano muri, si plagiano reti, si serra la voce al valico alpino, si torna a sondare la mossa del lupo.
Festeggiano i poligoni di tiro dal sottobosco fischiettano i bracconieri l’anima oscura riprende a osannare stagioni deterse di Sangue ed Onore.
Crescono le diffidenze, il bronco calloso, l'antro estremista, la canzone incupita; sui bordi percossi dalla crisi industriale si eleva lo sparo a preghiera indiscussa.
Tenue è il vento fraterno una corta folata, una raganella che canta arrochita nell’acqua melmosa.
Id: 40217 Data: 12/11/2016 16:54:41
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Il vespro della piscina
Il vespro della piscina
In piscina, un venerdì sera, nuoto per sbaglio nella corsia veloce. Subito vengo inseguito braccato e superato sul fianco sinistro.
Prima di cambiare corsia mi fermo a bordo vasca a guardare lo sciame vespertino dei nuotatori.
Cosa temiamo così tanto di perdere? Perché ci disponiamo come eserciti in schiera senza parlarci, guardandoci appena sopra il pelo dell’acqua?
La malinconia delle piscine e i loro interpreti muti la pioggia che picchia sulla tettoia senza bagnarci.
La sapienza delle piscine la capienza dei corpi scolpiti il nostro nuotare appaiati sfiorandoci i polsi, senza capire come calcare bracciate più folte di tolta paura.
Id: 40132 Data: 06/11/2016 18:39:49
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A scuola dalla Storia
A scuola dalla Storia
Come ogni giorno la Storia entra in classe gli allievi si alzano in piedi, si inizia la conta, si annotano assenti, si annunciano nuovi argomenti. Poi la Storia comincia a svelare come inizia una guerra partendo da un'oscura pertosse, da due linee tracciate a casaccio da un generale. Si susseguono cifre, dettagli, si passa al setaccio l’emporio dei nomi, si cerca il ponte che unisce la miccia esplosiva al fuoco diverso delle stagioni.
Non vola una mosca, tutti prendono appunti, in religioso silenzio si attende lo squarcio che renda evidente il vincolo impuro che segna da sempre il petto dell’uomo. Si susseguono immagini di apprendisti stregoni truccati da profeti indolenti, i corpi rimasti sul campo a morire in un palmo gelato di neve amaranto. La morte strega lo schermo, impone il suo punto di vista percuote i discenti sgomenti fino a sedarli di buone intenzioni.
La Storia valuta tutto, l’importanza di un paio di baffi su un volto incolore, le variabili cieche che impongono ai corpi divise aderenti e gonfiano il battito di soldati disposti a baciare la morte con lingue impastate di latte materno.
La Storia si concentra con puntiglio sulle possibili cause, sul contesto che segue una crisi economica, dispone i suoi molti fattori e costruisce disegni imperfetti dove si specchia la vita interiore.
Non si esime la Storia di parlare del pianto di citare l’ombra pluviometrica cresciuta su un volto restato incapace di lacrime umane, perché ha smarrito il testo integrale la chiave di volta del proprio nome.
La Storia insegna per due semestri assegna i suoi libri, indice gli esami. E ogni anno ricomincia daccapo con scolari uguali e diversi: di nuovo le guerre del Peloponneso, Anzio e Bisanzio, fino ai boati assordanti ad Aleppo. Ogni anno un alunno arringa la classe rombando stentoreo: dal nostro passato possiamo imparare a salvare la linfa di un mondo migliore.
Lontano dalla Storia, quasi fuori dal suo sguardo, nell’ultima fila di banchi, siedono gli studenti fuoricorso. Non alzano mai la mano, non prendono appunti, hanno barbe pietose e occhiaie dove si frange sorella amnesia. Sembrano assenti, ma osservano ancora il lento fluire del tempo, la sfilata continua di feretri ignoti i nomi neri sulle lapidi bianche, le bandiere che fluttuano fino a strapparsi, le ragioni dei vinti e dei vincitori, il potere che passa il rosso rastrello e fissa le date della memoria. Se un giorno uno di loro si alzasse in piedi e proferisse parola se un giorno il silenzio delle comparse si sollevasse al centro dell’aula
allora forse un altro sentiero potrebbe iniziare, destando una rotta non ancora usurata inadatta agli eserciti in schiera al volo radente dei droni echeggianti, ma segnata dal canto insorgente di una pattuglia di angeli idioti.
Id: 40086 Data: 02/11/2016 20:09:56
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Continuare il mondo
Continuare il mondo
Oggi ho visto un cieco continuare il mondo, schivare le transenne della polizia e sedersi calmo e sorridente sull’usuale panchina con il cane accucciato ai suoi piedi mentre invano un agente agitava nel vento la sua rossa paletta da calabrone.
Id: 40013 Data: 29/10/2016 19:24:17
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La vela maestra
La vela maestra
Se non possiamo sfuggire a noi stessi andiamoci incontro, solleviamoci contro l’afona resa la risonanza rimossa.
Se non possiamo sfuggire a noi stessi grattiamo una piccola barca, riverniciamola e mettiamola in acqua, perché la cattiva marea si combatte con la pesca del Marlin.
Se non possiamo sfuggire a noi stessi all’ombra piccina che cresce sulla midolla viaggiamo fino a toccare l’Eufrate interiore
il punto iniziale la rima solvente la vela maestra.
Id: 40012 Data: 29/10/2016 19:12:06
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Requiem per gli ombrelli
Requiem per gli ombrelli
Ho perso decine di ombrelli dispersi come soldati rimasti a svanire nella tormenta, accucciati dietro alle porte, scivolati sul polso gentile di donne finite a cantare lontano da me.
E oggi che viene autunno e l’oceano prepara la sua arrringa puntuale di pioggia giuro che non cercherò altri ombrelli, che accoglierò la burrasca inattesa camminando con le spalle incassate nel buio, cercando riparo sotto le ascelle sporgenti del mondo là fuori.
Id: 39723 Data: 09/10/2016 17:07:13
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Titanic 2.0
Titanic 2.0
Si continua a vagare sul ponte a digitare messaggi indignati a riparare rotaie sotto la pioggia a progettare muri di sole spinato.
L’agiografia della democrazia sembra non riuscire a scaldare il pulpito delle case popolari, la cantilena dei pomeriggi di chi non lavora.
E l’odio preme sul pavimento del sottosuolo, e la paura trova dispense capienti in altri alleluia.
Si continua a vagare sul ponte senza osservare il mare di lato, l’onda sommersa, lo scafo che imbarca tritolo, le stive inondate, la vela rimasta a corto di brezza.
Id: 39700 Data: 09/10/2016 11:44:45
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Manda a memoria
Manda a memoria
Manda a memoria la fragranza del trifoglio appena tagliato, perché ti sarà chiesto di descriverlo in poche parole a un tuo caro murato su una lettiga nella dolente disperata dolcezza di un ospedale notturno, quando i passi risuonano sordi e nei parcheggi una mano rialza i tergicristalli perché il bollettino prevede neve insistente.
Manda a memoria lo scricciolo della bellezza, il piumaggio delle ali veliero, la zavorra di due zampe imperfette, manda a memoria l’amore incontrato perché l’asse portante non sopravvive al dolore infestante se non contrappone tralci di calicanto disposti a fiorire nel gelo.
Id: 39675 Data: 07/10/2016 23:10:18
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Divelte maniglie
Divelte maniglie
Nelle strade tanto stremate a stento il rancio di un lampione illumina la camminata dei senza passo. Sempre meno unisce chi annaspa da chi in alto saluta in inglese e scrive ricette sul bisogno di innovazione, sul valore sacrale della competizione.
Sempre meno facce nate in quartieri diversi trovano guance capienti per unirsi in Pangea e molti finiscono accovacciati sulla storia sfinita, covando l’uovo impossibile, sognando un lontano cugino che ha fatto fortuna in Germania, sfogliando la rete delle emozioni, insultando le scale in rovina che ogni giorno si è costretti a lavare con l’ernia alla schiena.
Fingiamo di non notare questa crepa che si allarga il fallimento della parola i fragili ponti che franano come uccellini di cartapesta. Fingiamo di non notare la violenza che si accuccia nel girone infernale, nel limbo dove l’attesa è una tosse senza sciroppo, dove si campa senza riuscire a continuare di un niente la rima solare del mondo.
Fingiamo di non notare la retina insonne, il buio assistito, la mano inceppata del nuotatore il palmo abbassato sulla fondina. Fingiamo di non capire e invece dovremmo destarci al fioco chiarore che ancora ci innalza e ci invita ad unirci all’esile diaspora d’altre scintille sui passamano.
Id: 39410 Data: 18/09/2016 10:06:56
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Sul passante di Mestre
Sul passante di Mestre
Li avete mai visti abbracciarsi nella sonnolenza di un giorno di nebbia, quando il sole indossa ciaspole per polveri sottili?
Due pini marittimi spiegano i rami sull'autostrada portando sorsi di resina dentro il sorpasso.
Abitano la striscia elusiva che separa il senso di marcia, indossano una chioma d’aghi leggera, per non disturbare il flusso continuo.
Li avete mai visti sfiorarsi discreti nella bufera del traffico ostile? Li avete mai visti affacciarsi sul finestrino stremato del camionista che sogna una donna a Belgrado?
Li avete mai visti inchinarsi, tendere un ramo di verde per rinnovare il vostro sorriso neonato?
Quei due pini paiono unirci al lampo della bellezza, come amanti si tengono insieme, fino a spogliarsi di ogni risolta stagione.
Id: 39398 Data: 16/09/2016 19:52:16
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Una sera a Llanes
Una sera a Llanes
C’è una specie di pace dopo giorni di cammino, un vorticare di sere calme che svuota di peso le suole e le riempie con il sale di un altro destino.
Tutto il giorno sotto il sole a calpestare le profezie dei pioppi ad ascoltare il vento che raglia sulle falesie la canzone di un amore poliglotta.
C’è una specie di pace stesa su questo lembo di Spagna, una pace non del tutto taciturna. Qui mi sento riparato: una frase che si fonde al romanzo della terra.
Id: 39277 Data: 07/09/2016 18:36:51
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Corso di prima difesa
Corso di prima difesa
Quando qualcuno si avventa sui tuoi polmoni e ti soffia l’alito guasto della paura e vuole convincerti che non è umano chi dorme sulle panchine e puzza di piscio e dolore, quando qualcuno ti chiede un attestato di correttezza sulle parole e poi ti invita ad unirti alla Crusca dei doganieri, quando qualcuno ti incolpa di marinare la scuola della realtà solo perché indossi criniere di notti agitate e nella valigia trasporti l’uva passa della memoria per non affamarti di vecchi ricordi,
quando qualcuno vuole tossirti la sua verità e impugna i versi più sacri per degradare il volto di un uomo, quando qualcuno ti invita a tradire la fiamma più antica per risparmiare sulla bolletta, quando qualcuno ti spoglia di vera presenza e ti esorta a trovare l’essenza nella Siberia di un abbandono,
tu non arretrare, ma corri verso il tuo mare profondo verso il punto stellante e lascia che il pane nero dell’immaginazione ti cresca piano addosso fino a coprire lo strappo con un rammendo di luce vitale.
Id: 39268 Data: 06/09/2016 22:20:12
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Di tutto resta scia
Di tutto resta scia
Di tutto resta un vasto cenno che espone il cuore a una capienza misteriosa e ci ricorda la tenerezza ambigua della ruggine.
Di tutto resta così tanto che sembra un miracolo ritornare dalla sorgente con nuove anfore d’acqua.
A stento l’anima non straripa, ruscelli cresciuti introversi si laureano fiume alla scuola serale della memoria.
Di tutto resta così tanto che a volte fatico a raccogliere legna per il prossimo inverno, tanto carica mi pare la dispensa del respiro dove mi attardo a nuotare, riamare, salpare verso salvi bivacchi notturni.
Di tutto resta questo spessore infinito di vita vissuta, le forcine smarrite sul comodino come soldati feriti alla schiena, l’eternità sbadigliante delle domeniche, la paura di un rospo che ti colse sull’uscio di casa, la cartilagine degli abbracci a conchiglia, la posizione preferita dei nostri corpi nel sonno, gli alamari dei cappotti lasciati dondolare nelle mani appena socchiuse, Janis Joplin che strilla Summertime mentre fuori nevica e nevica e l’infermiera non trova la vena e il tuo braccio si tinge di blu e viene il momento in cui nessuna parola attecchisce al silenzio dell’Amen.
Di tutto resta così tanto che danzare al Bolshoi dell’anima colma è un azzardo da acrobati nudi.
Id: 39245 Data: 05/09/2016 16:28:22
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Fare provvista
Fare provvista
È tempo di imballare l’estate e riporre i cuori di bue sulle scapole interne.
Verrà il buio di novembre, i rami andranno in palestra e perderanno chili su chili di foglie,la neve coprirà ciò che resta delle strisce pedonali.
E io avrò bisogno di un sentiero verdeggiante e di un pugno di more sparse per abbinare ai tuoi occhi la condizione serale del cielo.
E io avrò bisogno di un oceano tascabile e di una tavola da surf per scivolare sulla brina e non scordare la polpa più chiara della mattina.
Id: 39193 Data: 31/08/2016 17:08:38
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Una vasca d’acqua calda
Una vasca d’acqua calda
La rivolta del secolo sarà un mantello d’esultanza portato a braccia intrecciate sopra il permafrost dell'inclemenza.
La luce verrà salvata da chi preserva una fiammella nella cartilagine e si sporge fino alla corteccia di un altro innesco, di un altro volto per continuare il mondo senza esserne appiattito.
La rivolta del secolo sarà un bosco di spiragli in tripudio, perché la gioia si oppone alla morte violenta e lascia una vasca d’acqua calda in un appartamento vuoto come un amore donato per dopo.
La luce verrà salvata senza essere attinta ma scivolerà sui laghi gelati come una bocca sospesa nel bacio.
Id: 39097 Data: 23/08/2016 09:41:04
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Kamikaze adolescente
Kamikaze adolescente
Da dove vieni kamikaze adolescente? Da quale infanzia posseduta hai tracciato i tuoi passi fino a scagliare il tuo corpo esplosivo sopra il banchetto di un matrimonio?
Hai mai disegnato allo specchio la mappa di un desiderio? Hai mai provato a sognarti più alto dei tuoi carcerieri? Una ragazza ti ha mai sfiorato la nuca e portato per un’ora nel Parlamento della speranza?
Quale demone ti ha rapito la voglia di vivere? Chi ha forgiato il tuo cuore come un’arma?
Nel pozzo cavo è caduta la bobina del filo e non sarà facile sondare l’abisso di questa sciagura.
Id: 39087 Data: 22/08/2016 09:14:51
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Gusci di noce
Gusci di noce
Forme di scialuppa sono issate ai miei fianchi a ricordarmi la salvezza nei giorni più cupi, gusci di noce a cui tendere un’ultima cima,
corpi amati spogliati nella luce di un pomeriggio portati al largo a sostenere una brezza e la fede riposta nei porti mai visti.
Id: 39077 Data: 21/08/2016 15:05:09
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Occhi ridenti su faccia umana
Occhi ridenti su faccia umana
Pensavo oggi agli occhi di chi amo a come sia impossibile ridurre il cospicuo a una somma di reazioni chimiche.
Potrà mai il sorriso mescolato al pianto trovare un traduttore che sappia disporre le cellule fino a chiarirne il significato? Potrà mai un tecnico computare un pensiero che varchi la morte di un figlio?
Pensavo oggi agli occhi di chi amo al limite incandescente custodito nella faccia umana.
Possiamo diventare feroci e il male spesso ci sovrasta, ma siamo i soli a ridere insieme a compiere scelte misteriose ad amare gli scarti, a cercare nel cuore un Dio spazioso sfuggito ai microscopi.
In questo amore del corpo rifulge l’anima e noi dobbiamo restare a difesa di questa scintilla contro i puritani che non ridono mai contro chi vuole portare l’uomo a uno stato di profonda resa.
Pensavo oggi agli occhi di chi amo alla pietà che circonda la cucina da campo di un’intera esistenza, alla dolorosa bellezza che scava la nostra cascata nell’ora più afosa.
Id: 39069 Data: 20/08/2016 16:32:48
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Sotto l’altalena
Sotto l’altalena
Torno nel giardino dell’infanzia una sera d’agosto inoltrato con la luce che imbuca scarni dispacci infuocati.
Osservo il trionfo del verde la linea dell’acero, la dura scorza della magnolia, il fico impaurito costretto a cercare ai piani più alti la nuca del sole.
Osservo e qualcosa non torna un particolare che sfugge allo scatto della memoria. Mi concentro per vedere meglio e mi accorgo che nel quadro manca il solco polveroso scavato da noi bambini sotto l’altalena.
Adesso l’erba ricopre tutto e del nostro esteso dondolio non resta che un avvallamento appena visibile, un buffetto sulla guancia del tempo che bruca infinito.
Id: 39057 Data: 19/08/2016 18:52:11
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Il corpo di Garcia Lorca è la sua poesia
Il corpo di Garcia Lorca è la sua poesia
Perché cercarti ancora nella terra, Federico, se già sappiamo come moristi, fucilato dai falangisti vicino a Granada in un giorno d’agosto di luce ferale nei campi cariati di fosse comuni?
Perché chiedere ancora alle ossa di deporre la propria versione quando i tuoi versi giacciono intatti e il tuo cuore riposa sotto l’ombra introversa di un tamarindo?
Perché non lasciarti sospeso alle ali delle tue metafore alle arance amare dei sogni andalusi alle api d’oro degli amori insonni alle colombe che ancora s’innalzano fuori dal dorso dei libri fino a innescare la guerra civile del cuore?
Perché cercarti ancora nella terra, Federico, quando le tue sillabe svegliano il vento e la tua luce risale le scale più antiche come un’alba venuta a incontrare la stella più rara dispersa nel buio?
Id: 39053 Data: 19/08/2016 12:37:04
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Amare in brutta copia
Amare in brutta copia
Ogni anno mi sento ripetere: fate attenzione al tempo organizzate i pensieri chiamate il falegname che avete in testa a costruire una scaletta di idee sensate, ordinate l’intreccio come il cambio di guardia della Regina.
Lasciatevi il tempo - scandisco - di ricopiare, di alterare i refusi, di portare a chiarezza la sintassi inceppata. Lasciatevi il tempo di ricopiare in bella copia il disordine della creazione, di limare il volume che intasa la trama.
Ma in fondo so che il vero tema nasce in brutta copia e che la vita non concede pagine nuove per ordinare in bella grafia il clamore di un’esistenza. Non resta quindi che imparare a scrivere vivendo l’indelebile destino e a calibrare in poco tempo il tuffo carpiato di una parola il sax del verbo amare la forza inesorabile della punteggiatura.
Id: 39039 Data: 18/08/2016 10:26:55
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Canto degli inizi
Canto degli inizi
Imparare da morti ad essere vivi, in un giorno di neve sporca e foglie ancora indecise, palpando nel buio la sveglia spicciolando brevi sorrisi nella filiera d’ogni mattino.
Perché oggi si compie il tempo l’ora, il battito, il frullo del passerotto nella chioma scossa dal vento rugbista.
Imparare da morti ad essere vivi, perché oggi si compie il viaggio e l’amore è il ponte che porta l’acqua a valicare ogni singolo fiume, a ricordare all’autunno la sua infanzia vissuta da primavera, perché dentro il buio noi siamo disposti a intuire altri inizi.
Id: 39035 Data: 17/08/2016 22:41:23
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Il molo infinito
Il molo infinito
C’è un punto in cui lo scafo si stacca il contorno si piega, la pelle si arcua, c’è un punto in cui la teoria del tutto non sa cosa dire e sbadiglia nei porticcioli dove i gabbiani cantano il karaoke della pioggia.
Quel punto è la polpa essenziale, è l’amore lasciato aderire alle scapole insonni, è il tuo nome invocato a scialuppa, è il dolore di un anello che si gonfia in un ospedale senza orefici pronti.
Da quel punto in poi non sappiamo più nulla e giaciamo come cedri di mare strappati dalla tempesta, come candele senza stoppino che non sanno orientare la combustione del vento e la danza d'ombre cinesi delle sinapsi.
Oltre questo molo davvero viviamo e impieghiamo il resto del tempo a prendere appunti, a formulare intenzioni per quando ancora saremo disposti a salpare, a sposare il mistero alla scatola ossea.
Id: 39017 Data: 16/08/2016 17:14:11
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Un ragno ad Aleppo
Un ragno ad Aleppo
Ho faticato molto a venire sin qui la fila di olmi abbattuti, l’altalena dei lampioni divelta, gli insetti fuggiti a volo radente, la polvere che impregna di sangue le ragnatele.
Ho detto qui sarò al sicuro dentro una sala operatoria nel bossolo della persiana, piuttosto vicino al profilo sacerdotale dell’anestesista.
Ho pensato che la guerra non sarebbe entrata senza indossare i guanti di lattice o almeno lavarsi le mani per tutti quei morti.
Ho pensato adesso sono a posto qualche moscerino non manca mai nemmeno in un ambiente asettico, specie quando la luce si smorza e il chirurgo si spoglia del verde.
Ho pensato di essere salvo ma non avevo capito che la guerra detesta le sale d’aspetto e dileggia i luoghi più umani.
Ho pensato -mentre morivo- alla mia cattedrale di fili sospesi, poi un boato e l’ultimo lampo sul bisturi cieco.
Id: 39015 Data: 16/08/2016 11:21:05
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Trovare una voce
Trovare una voce
Mica facile trovare una voce che sappia riferire cosa si prova ad essere vivi.
Io sono stato fortunato a trovare la mia voce alla fine di un mondo che sgocciolava, il friulano calpestato nelle stalle profumava ancora di bucato.
A lungo ho lasciato la mia lingua stesa al sole, poi l’amore e il dolore sono scesi a bersagliare ogni forma di discorso.
E nei frantumi di parola ho trovato una tensione cui legare la mia luce verso un sogno che redime gli alfabeti del naufragio.
Id: 39006 Data: 14/08/2016 19:39:10
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Qualcosa di non misurabile
Qualcosa di non misurabile
Deforma il goniometro, la perspicacia delle statistiche, l’indice di popolarità, la nuda realtà del costante controllo. Sciogli la corsa dal battito cardiaco il tiramisù dal consumo di calorie l’amore dalla prestazione il pensiero dal like. Come pastori transumanti decimati dal pascolo insonne ci trasciniamo nelle gole emotive incapaci di sognare una lenta pianura una rondine scabra da porgere al cielo:
Chi sono io?
Deforma lo schermo, ritorna alla vista, un’altra realtà sonnecchia dentro di te e puoi ancora salvare dai medicinali la tua piccola psiche, ricomporre l’attacco di panico, ribellarti ai pasdaran dell’efficienza. Il potere attenta la tua intimità e ti induce a spogliarti senza ridarti un silenzio non condiviso.
Chi sono io?
Cerchiamo dunque insieme con bracciate non concordi una baia più nascosta: l’esitare dell’oceano sulla zattera del nome.
Id: 38990 Data: 13/08/2016 10:08:44
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Sbrinare il frigo
Sbrinare il frigo
In un caldo pomeriggio di luglio prima di un viaggio, ho pensato che fosse venuto il momento. Una cosa noiosa, ma semplice, meccanica, un esercizio di pratica zen.
Ma sbrinare il frigorifero non è mai una passeggiata un pranzo di gala verso un nuovo regime.
Splendono nel fondo ibernato le olive taggiasche che mi hai regalato in un giorno di pioggia e dorati sospiri, dal folto del secondo ripiano torreggia il vaso di marmellata di albicocche del giardino d’infanzia sprofondato nel gelo come uno yeti. A est dei formaggi brilla di brina una bottiglia di pinot grigio tre quarti bevuta una notte d’aprile.
Resto un minuto a contemplare l’interno del frigo, come se sfogliassi un album di foto ingiallite e per questo più care. Poi dolcemente richiudo appoggio la spatola sul lavello e annoto che la memoria non contempla scadenze indicate sul retro.
Domani -dico- domani sarà più semplice sbrinare i ricordi, fare spazio nel gelo tardivo per nuove leccornie e primizie d’amore.
Id: 38734 Data: 21/07/2016 11:19:44
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Piccola arringa per l’esile Europa
Piccola arringa per l’esile Europa
Mia cara piccola Europa sono il tuo avvocato d’ufficio e non è un buon segno se i Perry Mason, gli araldi del foro sono fuggiti, nascondendo la propria toga dietro un pallido specchio.
I popoli che ti hanno riunita si perdono in zuffe, si lanciano sfide, giocano con la tua sostanza come se non ci fosse una meta a sostenere un mattino di slancio.
Da fuori sei ancora anelata in migliaia si aggrappano ai tuoi litorali, dondolando sul mare scafista, pregando di trovare una terra più dolce.
All’interno sei quasi spacciata, pochi si perdono nella tua gloria, nessuno rammenta la timida pace salvata nelle stagioni, ma ogni fascio di luce ingrandisce le linee di faglia.
Anch’io ti colpisco di lato, di schiena, sui fianchi molli e indifesi, quando ti aggiri come un revisore dei conti dallo sguardo accecato, come un cecchino che bara alla Borsa.
Ogni tanto inciampiamo in un coccio più antico nella cenere calda dei tuoi arsi vivi nella voce dei morti caduti a Verdun nella siepe uncinata che appena distoglie il giardino di Goethe dal campo di Buchenwald. Ogni tanto inciampiamo e ricordiamo a malapena lo Stige da cui proveniamo e stringiamo la vita dei nostri più cari perché sentiamo la gioia di essere parte di un raro insieme prezioso, dove un uomo non si arresta a piacere, dove il potere non allunga le gonne, dove la fede rimane una scelta, dove un infarto non sempre costringe a esibire un conto corrente. Ogni tanto inciampiamo e presagiamo la bellezza in cui siamo trasfusi, e ciondoliamo all’ombra delle cattedrali nel mare di Omero, nei borghi medievali addossati a un afoso pomeriggio estivo. Se abbiamo caldo pensiamo alla neve caduta contro le guance di Anna Karenina, se abbiamo freddo scendiamo con Dante all’inferno a sciabolare terzine infuocate, se siamo affranti chiediamo al Bardo di ricucire la passione amorosa prima che il cuore diventi Bastiglia, se non ci piace leggere, se la storia ci viene a noia, se il lavoro ci impone una veglia continua su note invernali, possiamo vagare a piedi o fasciati al pensiero verso la luce del Mediterraneo verso le nuvole snelle dei cieli olandesi verso le immense abetaie o le albine betulle ortodosse, verso il fienile di una stalla che tuo nonno predispose con cura, verso tutto quello che rende immenso questo umano frugare.
Perché la realtà esige amore e non solo interessi, perché l’odio ha copiosi Stavrogin pronti a tuffarsi nelle crepe lasciate infettarsi. E se non sappiamo cosa difendere, con quale coraggio, se non ricordiamo la noce cruciale, se non riusciamo a disfare la notte in traccianti di stelle eventuali, la violenza si farà spazio con altri roghi islamisti e con l’atroce ritorno del filo spinato.
Id: 38722 Data: 20/07/2016 15:35:40
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Presenza
Presenza
Al risveglio a volte ti segue sul canalone, cade come un santo sul calendario si appoggia sulla sponda del caffè ti passa lo shampoo sotto la doccia.
A volte un’acuta presenza continua a versarsi nel sole mentre corri o ti imbatti per caso in Nina Simone.
La presenza ama ritirarsi a svernare in spiagge deserte dove la rena assomiglia alle ossa di legno dei morti.
Quando pare sparire risorge e tracima, perché ritorna da lacerti improvvisi e ha il denso profumo di un maglione che già conoscevi, il sapore di un retro collo morsicato dalla passione, lo spessore di una voce che riporta a levante il tuo cuore.
La presenza è già tutt’intorno, non servono brevetti da sub o carte cifrate di volo, la bellezza respira nei secondi chiamati alla labile leva.
La presenza bussa sui battenti delle nostre emozioni, tenta le maniglie, sfiora le imposte del bacio, perché non ama il vuoto senza contorni
ma adora toccare l’amore, sfiorare la sola potenza che porta l’assenza a farsi memoria.
Id: 38702 Data: 19/07/2016 13:31:36
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Dentro il contagio
Dentro il contagio
Non sono le volpi rosse, i tassi o le manguste, non sono i cani randagi le lepri scattiste, non sono i gatti, i topi, gli sciacalli dorati.
Da dove proviene questa rabbia feroce? Insigni sociologi scrivono trattati, maestri e psicologi battono ostinati le fatiscenti periferie, dispensando manuali e discorsi assennati, approntando ricette sulle pareti scrostate dei palazzoni. Serafici giornalisti dispensano al pubblico pillole di storia mediorientale tra una raffica di notizie angosciose e il rischio costante di guerre civili.
E anch’io balbetto inutili versi affacciandomi al primo balcone, sorvolando indenne gli avvenimenti con parole che non sanno abitare là fuori.
Non è solo indigenza, disagio e miseria, non è solo il reciso orizzonte, ma un ritorno di forze impastate col sacro, demoni pregni di sacrificio, piromani attenti che chiedono all’odio un’altra espansione.
Sul lungomare di Nizza alla stazione di Istanbul a Parigi, a Bruxelles a Baghdad, i corpi a frammenti ci ripetono che dobbiamo guardare nel buio indecente la notte del mondo, se vogliamo fermare la bestia bacata prima del morso.
Id: 38657 Data: 15/07/2016 17:30:56
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Meduse
Meduse
Eccoli, anche stanotte, senza vedersi l’uno con l’altro si agitano sulla battigia.
Qualcuno si dimena come un pugile e tira un gancio contro il vento, qualcuno è uscito così come stava, le ciabatte di velluto a costine, la vestaglia distesa sulla magnolia del seno, molti cantano con gli occhi infuocati, altri tacciano come sfollati indifesi, altri ancora borbottano, imprecano, ridacchiano passandosi una mano tra i capelli dolenti.
Molti sono qui stasera e torneranno insieme agli altri, chi dice che non c’è mai stato finge distacco o non sa di mentire.
Tutti torniamo sulla spiaggia notturna a innalzare preghiere, domande, richieste, a reclamare soccorso, a impugnare un’iniqua sanzione, a lamentarci, a benedire, a scoperchiare la mente a lungo ovattata, tutti torniamo gonfi di domande come mongolfiere di carne velina.
La vita ci porta a dondolare sopra il mare impetuoso e quando il sole si alza e la risacca compie la sua consueta orazione, di noi resta solo una traccia irrisoria del varco notturno, una conchiglia scheggiata, un cavalluccio di mare insecchito, una piccola spugna, meduse.
Ma prima che il giorno si compia un raggio incrocia la chiglia del cuore e per un istante ci riconosciamo nel vapore più chiaro della rugiada.
Forse la risposta balena in quell’istante, prima di tornare a celarsi nell’urlo, nel sogno, nel battito rosso, nell’elica immensa di ogni respiro venuto a sfregare la propria capocchia sopra un cielo azzurro abrasivo.
Id: 38631 Data: 14/07/2016 10:52:33
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Il sorriso di mia madre
Il sorriso di mia madre
Una luce favorevole mi protegge le spalle da quando bambino non sapevo come fronteggiare il dolore.
Il sorriso di mia madre splende come un Tabor nel mio sguardo e sempre si lascia scalare nel buio impettito.
In mezzo alla chemio, al busto ortopedico, alle stampelle che troppo presto ti hanno ingerito
tu rimani come uno sfondo di isola greca a guidare la mia luce apprendista verso un’ora festosa lontano intravista.
Id: 38610 Data: 12/07/2016 16:37:02
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Sparire è impossibile
Sparire è impossibile
In mezzo a una foresta di faggi e sparute betulle, si affaccia una vecchia casa sconfitta. Le rovine sono intatte e la pioggia perfora il pavimento con le sue doti da rinomata pianista.
Un tempo qualcuno si sedette a un tavolo che ora manca, accese un fuoco per diradare l’insistenza della neve e per amore fece cigolare una rete da letto arrugginita.
In mezzo a una casa che sparisce tutto ricomincia. I ragni lanciano il loro piano Marshall edificando condomini di ragnatele, il muschio si posa sulle ferite, il fico selvatico prega sul fianco strappato.
Così va il mondo, una casa si sfarina senza perdere peso, la morte continua a declamare, senza capire cosa si salva di ogni durata.
Id: 38596 Data: 11/07/2016 16:53:17
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Capitano McBride
Capitano McBride (il capitano McBride trovò la morte mentre monitorava l’andamento di una frana in seguito al terremoto che colpì il Friuli nel maggio del 1976)
Non so altro di te che quanto dice questo cippo, capitano McBride caduto contro il cielo musicale di Avasinis.
Era il 16 maggio 1976 la terra si era appena spaccata e tu lontano da casa volavi perlustrando dall’alto la linea di faglia.
Non so se avessi figli o una donna d’acero rosso ad aspettarti per l’estate sul lago, conosco solo la storia di un uomo inciampato nel cavo di una teleferica.
Stavi dando una mano a una terra sconvolta, ma spesso la sorte deride i piloti, lesiona i rotori dell’elica e accorcia i residui assetti di volo.
Non so altro di te che quanto dice questo cippo, capitano McBride, precipitato nella valle scavata dal torrente Leale.
Id: 38593 Data: 11/07/2016 15:07:12
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La linea del tempo non è lineare
La linea del tempo non è lineare
Accadono istanti infiniti - si ferma la mano sul rimmel, la forchetta vibra senza misura il moscerino risparmia il suo volo lo scoiattolo rimira la sua nocciolina una lacrima si lancia spavalda nel vuoto-
Accadono istanti infiniti senza che nessuno li annunci. Il capostazione non abbassa le sbarre e se fischia annoiato il merlo dissente, il casellante non ammonisce il ladro che fugge in barba ai divieti.
Accadono istanti infiniti pause nel tempo che brucia, istanti che lo stupore trascina dove lo sguardo non duole ma zampilla impetuoso verso un’altra visione.
Id: 38562 Data: 08/07/2016 15:49:58
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La compassione partendo da un picchio
La compassione partendo da un picchio
Stamattina ho visto il picchio affondare il suo becco nel tronco del mio vecchio pino. Eppure non sembra malato, tutti i rami sono al suo posto, ricoperto lo sfregio di una saetta caduta la sera in cui Baggio tirò alle stelle il rigore di Pasadena. A ben guardare il verde dei suoi aghi non brilla vitale e qualche chiazza giallastra compare sul fianco sinistro. Ma si conceda qualche acciacco a questo vecchio pino, -pure la luna continua a brillare a dispetto della sua calvizia.
Dopo pranzo il picchio è tornato a martellare il tronco nella calura. Ho iniziato a odiare la sua sicumera la sua fame insolente di larve d’insetto. Il pino era immerso nella siesta estiva poi una brezza gli ha gonfiato le spalle e per un attimo è tornato il maestoso principe di Salina, immenso nella decadenza di un ex-impero.
Mi sono avvicinato al tronco sentivo l’orologio del picchio scandire fatali i secondi e avrei voluto cacciarlo lontano. Ho raccolto un sasso, pur sapendo che la morte non teme quisquilie. L’uccello si è bloccato quasi fiutasse l’agguato e volando è andato a posarsi poco lontano.
Nel volo ho visto una sua ala aprirsi a fatica, il dorso tremare, tanto che a stento è planato sul pesco vicino. Allora ho posato il mio sasso ritratto la mano, ascoltando quanta pietà -nei dettagli- si celi.
Allora ho capito che se troviamo la forza di vedere da vicino un pino, un picchio, un uomo, se abbiamo la forza di stendere la nostra attenzione su una cicatrice evanescente di varicella, se abbiamo la forza di immaginare la clorofilla scorrere nelle propaggini il dolore puntellare la spina dorsale l’amore emanare influenza, allora forse saremo davvero respiro a difesa del mondo.
Id: 38551 Data: 07/07/2016 16:29:01
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Chiedi al silenzio
Chiedi al silenzio
Chiedi al silenzio un cenno di storia del verso, i lacci più arsi della preghiera, i trucchi di neve per ricoprire lo strappo di uno scalino.
Chiedi al silenzio l’amore levriero il tuffo carpiato nel mondo primario.
Chiedi al silenzio i segreti di un posacenere lacerato sotto la pioggia, le risonanze di due sguardi disposti a cometa, i sogni di un bambino che dorme nella dispensa deserta della memoria.
Chiedi al silenzio un riparo dalla parola impugnata a sopruso, quando basta non sapere il Corano per cadere riversi, come tronchi divelti sul prato di luglio.
Chiedi al silenzio il kimono per sottrarti al flusso continuo e cercare nel petto la virata dell’ala protesa nel volo di una canzone.
Id: 38525 Data: 05/07/2016 17:16:44
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Dare un nome ai morti
Dare un nome ai morti (sul recupero del barcone naufragato nell'aprile 2015)
Perché non lasciare che il mare pulisca le ossa, che il relitto diventi saggio sepolcro, casa occupata dai pesci indigenti?
Perché non lasciare che il mare si chiuda sul costo dei corpi che nessuno reclama?
Specialmente ora che Mario muore in silenzio, sommerso da debiti iniqui, come possiamo chinarci su una stiva straniera?
Non sarebbe meglio lasciare che i morti vengano a riva come conchiglie raccolte a tifone concluso?
Ma se non vogliamo svanire in una macabra danza, dobbiamo dragare i corpi annegati, ripescare l’esile miccia di un nome annerito, scavare una buca e posare accanto alle salme spezzate un timido noi.
Id: 38473 Data: 01/07/2016 16:25:30
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Uau!
Uau!
Niente di vero si compie senza un piccolo uau generato da un gorgo di luce.
Niente ali d’apripista niente api predilette, niente saliva radiosa nei baci sulle betulle.
Senza un piccolo uau il divino si assenta, la parola diventa foglia decidua, i corpi ripudiano i palpiti aperti.
Siamo costretti a non scordare il principio, a piantumare piccoli uau in ogni sofferta adesione.
Se lo stupore tiene incollato lo stormo dei vivi e dei morti, la gioia può spicciolare una via verso il nome.
Id: 38449 Data: 29/06/2016 16:56:45
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La parola che salva
La parola che salva
C’è un punto dove il silenzio smette di essere neve e il corpo tace tremando l’urlo del mozzo in tempesta.
C’è un punto in cui la parola torna dai prati deserti dai volti inaspriti e indossa il fuoco del primo alfabeto.
C’è un punto in cui la parola viene ad amare e si offre come garante del grano sognato.
C’è un punto in cui la parola salva, perché riporta il mistero all'arco primario del ponte.
Id: 38443 Data: 29/06/2016 09:33:22
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Linspiegabile
L’inspiegabile
Questa è una breve intrusione in ciò di cui non si può parlare,
dello scafo di una barca riversa sul dorso di un mare arenato, dello sperpero delle sigarette in una sera di luglio estenuato, della milonga del respiro di un uomo che muore svanendo nel proprio letto, del trasalire dei meli in fiore al tuo piluccare l’amore con roghi di labbra spontanei, del muto riconoscere le persone di famiglia dal picchiettare dei passi sul porfido prima di casa, dell’annaffiatoio arrugginito delle nostre preghiere, curvo sul grembo di un fiore evasivo.
Questa è una breve intrusione nella Meseta delle parole taciute, dove la vita si aggrappa al silenzio come una vela che sonda il suo vento.
Id: 38365 Data: 22/06/2016 12:52:52
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Stanislav Evgrafovič Petrov
Stanislav Evgrafovič Petrov Il 26 settembre 1983 il tenente colonnello Stanislav Petrov identificò un falso allarme missilistico, evitando così di attivare la procedura di reazione sovietica che avrebbe innescato la guerra nucleare con gli Stati Uniti.
Forse non sarebbe scoppiata la Terza Guerra Mondiale, forse Mosca non avrebbe replicato all’allarme missilistico con centinaia di testate nucleari, forse il mondo non sarebbe finito il 26 settembre 1983.
Ma noi non possiamo saperlo e per questo ti acclamo, tenente colonnello Petrov, distante uomo minuto, mentre osservi un cielo d’acciaio nel tuo bilocale Kruscioviano dove il sole non smorza le rughe.
Ti rendo omaggio Petrov, perché nel tuo turno di guardia hai remato in senso inverso contro il sistema che esorta a schiacciare il rosso bottone, a delegare al protocollo la decisione più estrema.
Ti rendo omaggio Petrov, perché dalla tua periferia ci hai ricordato che un uomo può cogliere l’anomalia, mentre un programma informatico può scambiare la rifrazione del sole sulle nuvole stinte per un attacco da una base nemica.
Ti rendo omaggio Petrov il saggio, perché spesso gli eroi più potenti indossano lise divise e vivono come uccellini dimessi all’ombra dei palazzoni, perché il tuo dubbio è lo schivo stoppino che fa capolino nel bunker della cieca obbedienza.
Ti rendo omaggio Petrov, perché chi temporeggia mai uccide un uomo alla schiena.
Id: 38350 Data: 21/06/2016 13:01:47
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Se sapremo accorgercene
Se sapremo accorgercene
Se appena svegli, pulendo il filtro del caffè, lambendo la brina cresciuta sul fiore, sfiorando i giubbotti di pelle, toccando un palmo di mano proteso nel resto, varcando l’ufficio, osservando il vetro scheggiato da un chicco di grandine, nuotando con braccioli di vento nel mare largo dell’esistenza, nella bufera di ogni Itaca a pezzi, se riusciremo a respirare più a fondo a ricordarci da dove veniamo e dove si disfa la vita nel sogno, allora forse ritroveremo la giusta attenzione per non abbandonare le costole a un cuore isolato.
Se sapremo accorgercene forse potremo sentire il lento lavoro di sarta del tempo, l’umile ordine che regna in un bosco di faggi, l'alba di due corpi sbocciati all’unisono, il misterioso equilibrio dei tuoi capelli raccolti a chignon.
Se sapremo accorgercene saremo come afferrati da un amore più ampio di ogni singolo incendio e sarà più semplice non smarrire squarci di gioia sull'erta insidiosa.
Id: 38334 Data: 20/06/2016 11:36:42
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L’inaspettato, ovvero l’ape regina
L’inaspettato, ovvero l’ape regina
Questa mattina dal cassonetto delle tapparelle sono cadute api a pioggia lungo il bordo della persiana. D’improvviso centinaia di api in camera da letto, un ronzio degno di un coro presbiteriano intento alle prove della Vigilia.
Ho guardato la scena seduto sul letto, come un fattore che osserva impotente uno sciame di cavallette vorticare sul mais a smisura. Poi mi sono alzato e mi sono diretto a cercare l’insetticida che l’anno prima avevo usato contro un’invasione di formiche volanti.
La bomboletta era di un blu abbagliante ed era mattina e la luce avvolgeva la sala da pranzo con chiaroscuri di squame di pesce esultante sopra il lavello della cucina.
Ho posato la bomboletta a terra sono tornato sui miei passi e ho parlato alle api come un buon padre di famiglia. Prima di uscire ho spalancato le finestre e indicato la via.
Intorno a mezzogiorno erano tutte uscite, ne rimanevano 4 o 5 che io stesso ho assistito nell’assetto di volo.
Un interno di camera con api evasive, una cosa minuscola, un fatterello, alamari invisibili sulla blusa del tempo, possibile polline, nostro alfabeto.
Id: 38302 Data: 17/06/2016 22:28:39
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Cercare Cassiopea in un centro commerciale
Cercare Cassiopea in un centro commerciale
Non servirà a nulla schermare i lampioni limitare l'illuminazione delle periferie preferire i led con sobria gradazione coprire i tizzoni dei fuochi, brandire lenzuoli coprenti l'immenso bagliore.
Non servirà a nulla, se continueremo a tenere il capo abbassato, se non torneremo a frugare gli sterminati uliveti di stelle che parlano e traducono alfabeti come il primo giorno di scuola.
Non servirà a nulla usare la luce come deterrente al crimine, se poi finiamo a ingoiare dosi di buio impazzito nell'eremo di una cantina, se in fondo è il cielo in noi a sbiadire.
Non servirà a nulla riportare a casa il buio, se la notte rimarrà una reggia senza quesiti, se i denti di latte delle costellazioni non saranno dondolati da un'altalena mossa per stupore.
Id: 38276 Data: 15/06/2016 23:04:51
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Sulla strada verso Gerico
Sulla strada verso Gerico
Anni fa, sulla strada verso Gerico alla guida Najwan, arabo-israeliano, palestinese. Fa caldo, beviamo e succhiamo la linfa dei datteri. Un uomo sul bordo della strada ha il dito puntato. Ha capelli lunghi e un sorriso da autostoppista. Najwan si ferma, lo carica con un gesto abituale. Amos, si presenta. Israeliano. Non dovrebbe essere lì. E’ vietato andare nei territori da quando. I due parlano e ridono. Amos ci spiega che è venuto due giorni sul mar Morto. Rischia d’essere arrestato, ma indica il segno bianco del sale come un bambino che scopre il frangente dell’onda. Coetanei foggiati nella stessa creta, scherzano, fumano, parlano di donne adorate dal sole. Ci spiegano che questo fottuto caldo non se ne andrà facilmente. Ma più si avvicinano a Gerusalemme più si accartocciano in un bosco di sotterfugi, sorvegliati dagli insediamenti che declinano sulla tregua degli ulivi come immense mantidi religiose. Cala la sera color melograno si scende, ognuno si riappropria del sentiero, Naiwan e Amos si stringono la mano, sanno che la pace è una scarpata che nuovi roghi scenderanno fino a loro. Ma quando li vedo allontanarsi verso rive opposte la luce non appare solo omessa ombra. Maestosi moscerini di speranza lottano sul parabrezza della storia per strappare al cielo un varco d’ala.
Id: 38054 Data: 31/05/2016 14:06:26
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Sere di maggio
Sere di maggio
Da anni vi vedo sfilare -sere di maggio- vi vedo truccare da attrici le gote dei cirri impetuosi, denudarvi a poco a poco nel lento acino del buio.
Amale, mi ripetono le rondini a scheggia, amale incalza l’erba modesta, amale ribadisce- il mare puerile.
Amale perché i tuoni che senti sono a un passo da te, perché non c’è pace bastante per costruire gazebo di stelle e lampi di scale antincendio.
Da anni vi vedo passare -sere di maggio- e non farò nulla per invogliarvi dentro il giardino, se nulla significa amare l’ora vigente e fugace.
Id: 38041 Data: 30/05/2016 17:37:17
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Restituire la vita
Restituire la vita
Se un verso non vi obbliga a scavalcare la riga, a darvi la briga di voltare lo sguardo verso un altro pertugio, non vale più delle parole che trovate sull’etichetta adesiva di un bagnoschiuma.
Se un verso non restituisce la vita, se non riesce a portare a risalto la polvere ossea tradisce la propria promessa.
L’arte può raccogliere la storia da uno strofinaccio e innalzarla a bandiera abbagliante, perché l’esito della bellezza va ricercato nel riassetto che l’uomo balbetta a tifone operante.
Id: 38021 Data: 29/05/2016 18:43:35
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Preghiera per non sbiadire
Preghiera per non sbiadire
Ti cadano i denti, si storca la voce, la giacca si sformi in un dosso di gobba, la bocca si crepi come in tempo di scossa.
Ti cresca una certa diffidenza per le speranze troppo vaste, per le camicie troppo strette, per le parole che non calcificano il cuore allo sterno evidente.
Si attenui lo slancio si razioni il discorso si porti la fede a livello dell’orto.
Tutto, quasi tutto, ma non lasciarti sbiadire. Porgi strenua resistenza e un costante lumeggiare inclinato verso il mondo.
Id: 38018 Data: 29/05/2016 16:38:44
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Strabismo di Venere
Strabismo di Venere
Dall’oculista baravo sulla grafia spietata del tabellone luminoso, inventavo lettere, componevo alfabeti per restare aggrappato al convoglio della chiarezza.
Oggi non temo più la sfasatura ho imparato a vedere senza stanghette novene di parole rimaste abbozzate riverberi di sentimenti stralciati da un esatto campo visivo.
C’è un mondo che teme di essere visto che si dispone per dettagli evasivi, c’è un mondo che amo che tende a sottrarsi, a non farsi notare, a disporsi sul limitare di una radura scontrosa.
Ci vuole uno spreco di lenti sbagliate per avvicinarsi a vedere la vita senza stampelle di bende oculari, per dire ti amo senza terrore che il buio ricopra il nitore.
Id: 37753 Data: 13/05/2016 21:46:13
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La libertà è una pianta così delicata
La libertà è una pianta così delicata
La libertà è una pianta che vuole le sue ore di luce, un palmo di vento vanesio, una quota di ombra curiosa, un furto di breccia amorosa, un accenno di tronco affiancato, procelle e bonacce, afa di letti disfatti e costanti ascese in altura.
La libertà va presidiata con morsi e improperi, quando i ficcanaso si mettono in cerchio a cercare lo stipite incerto, a diserbare il mistero introverso con dozzinale ironia.
La libertà è una pianta che non ammette potature ingannevoli, assedi saccenti, calcoli obliqui, ma festeggia il verde fecondo, il coraggio prosciolto dal gelo, la chioma cresciuta per vaste radici pescose e tagli di cielo proteso.
Id: 37678 Data: 08/05/2016 00:34:10
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Guerriglia, speranza e Chanel
Guerriglia, speranza e Chanel
Adesso che a l’Havana la folla assalta le sfilate di moda, adesso che Gisele Bundchen indossa un basco brillante griffato Chanel, adesso che il potere sembra addolcito, adesso che Fulgencio Batista spaventa solo gli spettri, adesso che Fidel si trascina da un letto all’altro senza sfilarsi la tuta dell’Adidas, adesso che la Sierra Maestra il Che, l’assalto alla Caserma Moncada sono ricordi sottoposti ad esausta usura romantica, adesso che forse i dissidenti potranno sbarcare parole abrasive senza temere spietata confisca, adesso che vediamo l’immensa mascella Consumo ruminare storie e bandiere, trascinare crociere di sogni notturni, seminare visioni distorte nel giubileo di feste esclusive, adesso intatto rimane il mancato riscatto dell'uomo costretto a pesare il suo pane senza lettere aggiunte.
Id: 37672 Data: 07/05/2016 16:41:18
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Fare un Erasmus nel caseggiato
Fare un Erasmus nel caseggiato
Abbiamo bisogno di tornare ad amare la luce spiluccata giorno per giorno, perché siamo cosparsi di lontananza e scordiamo la vita che scorre appena discosta, il rivo emaciato, la rimessa ostruita, lo spessore di un uomo che arranca e risplende sul pianerottolo, la povera nuca che sale sull’autobus spoglio, il cespo di rose che invita al riscatto l’atroce ringhiera mai tinteggiata.
Abbiamo bisogno di tornare a nuotare accostati, perché il cloro dell’isolamento si nutre di reti rapaci cui manca un affianco. Abbiamo bisogno di tornare a venerare la vita del caseggiato, la vistosa sapienza dei tristi isolati, i faggi contorti in rosse altalene, la zolfatara del cielo che compone epitaffi di pioggia senza smarrire approdi di tavole calde nel mutuo scontrarsi di storie spontanee.
Id: 37582 Data: 01/05/2016 15:09:38
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Se marzo non muta
Se marzo non muta
Se marzo non muta Se il cielo non cresce nelle camicie distese nel sole, Se la conoscenza non si espande come il giovane pruno fin dentro le rogge,
la notte viene a cercarci con esatta gelata tardiva.
Se marzo non muta Se il cuore non cresce Il ramo non rompe nel crampo radioso del fiore
Id: 37310 Data: 12/04/2016 15:10:37
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Il giardiniere dell’ospedale
Il giardiniere dell’ospedale
Martedì sera, mentre camminavo tra i padiglioni di un vecchio ospedale dopo una giornata trascorsa nel tiki-taka di istanti inesplosi, ho percepito il dolore fuoriuscire dal carapace del nosocomio, lo stillicidio delle clessidre battere il polso delle preghiere, la pioviggine delle carezze inondare le nuche amorose, la speranza dei corpi accalcarsi sulla battigia, come ballerine rivestite da piroette di rischio.
Era così potente questo sciamare che prima di entrare mi sono seduto su una panchina di pietra scheggiata nei giardini nascosti tra i padiglioni. Solo così l’ho visto, dentro un cespuglio, armato di cesoie e di uno sguardo adatto a captare il primo imbrunire. Solo così ho avvistato il giardiniere celato come un fachiro introverso, devoto a potare le foglie di un bosso.
Abbiamo iniziato a parlare dell’erba, dei fiori da poco sbocciati, del segreto dell’erica, dell’arsura capace del rododendro, di come una siepe si tagli a misura, delle api che stanno tornando, di un giorno di torrida estate sulla foce del fiume Danubio. Intanto, attorno a noi, passavano le persone indossando piccole lacrime stagne, avanzando piano come testuggini, mormorando oscuri referti, accelerando verso una sera normale di buona salute. Ogni tanto si sentiva il lieve rimbalzo di un maniglione antipanico e un camicie bianco che sospirava per scomparire in un cirro di nicotina.
Tutti anche se non lo sapevano, anche se non se ne accorgevano, anche se camminavano serrati in pensieri sì vasti, tutti segretamente erano grati a quell'esile giardiniere della Voivodina, che esercitava il proprio mestiere con zelo incessante, medicando le foglie più inferme per concimare a bellezza il giardino dolente, per serbare a misura di siepe una visione addolcente.
Id: 37256 Data: 08/04/2016 21:13:23
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Occhi più vasti di noi
Occhi più vasti di noi
In questo squarcio di secolo abbiamo già visto uomini precipitare a testa in giù nell’inverso ascensore del cielo abbiamo visto l’intonaco delle scuole tingersi di un fosco rosso carminio, città intere sparire in un bosco di calcinacci, donne e uomini sostenersi nel fumo dell’esplosione come passanti cercati dall’apocalisse.
In questo squarcio di secolo i nostri occhi sono cresciuti immensi così grandi che non abbiamo più palpebre per ricoprirli, lacrime idonee a inumidire la pupilla quando spira la raffica spoglia, quando il dolore s’incarna nella morsa di una visione.
Non c’è stato il coraggio per ascoltare quello che abbiamo rivisto, per calare uno spicchio di luna lampante nel buio omesso del mondo, e così siamo rimasti spesso seduti con occhi giganti e gessetti colorati a raccontare con parole indigenti -all you need is love- le emozioni disperse nell’avanzare della cataratta.
Abbiamo bisogno di una comprensione nuova, di uno scatto di visione interiore o finiremo per inseguire la scia degli incendi, le sirene delle ambulanze che rimbalzano nell’eco dei palazzi, come alpinisti dispersi nella bufera che invano innalzano fugaci bivacchi di sola emergenza.
Id: 37017 Data: 25/03/2016 00:15:23
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Osservatorio astronomico
Osservatorio astronomico
Scrutando verso le stelle dell’Orsa maggiore è stata avvistata la galassia più distante da noi. Dicono sia molto vicina all’origine dell’universo conosciuto, ma gli strumenti sono insufficienti a marcare l’esordio della resa scintilla.
Io non credo verrà mai quel momento in cui l’uomo si siederà sazio in un alpeggio di luna avvolgente e ammainerà le vele perché l’ingegno avrà decifrato il vero movente.
Conoscere è questo andare verso la realtà possibile, è questo lasciare una riga di mistero sul risvolto del respiro che nessun confine potrà misurare, pena l’estinzione della luce.
Id: 36698 Data: 06/03/2016 20:38:46
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Assenza di segnaletica
Assenza di segnaletica
Stanotte una bufera ha tolto la segnaletica da ogni lembo di strada asfaltata, turbando persino la rotta campestre delle coppiette raccolte sullo sterrato più schivo. Dove diavolo vi siete nascosti operai dell’Anas? Non vedo l’arancio delle vostre uniformi tempestare le carreggiate, trafficare con le scale, tracciare strisce e divieti sul nero bitume dell’osservanza.
Stamani tocca a me vedere oltre la rotatoria, percepire le orme, intuire il sentiero che si perde nell’arco vallivo, raccogliere nere bacche di alloro, pestarle, ottenere un inchiostro coprente e disporlo a misura di freccia sul crocevia della decisione.
Questo insegna la vita, le scelte più importanti sono mancanti di segnaletica esterna. È allora che ti devi piegare all’ascolto del vento più raro che spira e risale dal raccordo anulare del cuore, che viene a guidare lo sterzo verso un battito di precedenza.
Id: 36658 Data: 04/03/2016 22:13:53
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Mettere in prospettiva
Mettere in prospettiva
Al cospetto della scomoda sera divampa la pretesa delle spalle di calmare il mare agitato della baia interiore. Apro allora la finestra e rimesto la mia breve storia umana con la gobba cresciuta sul tronco della magnolia con le bocche intagliate nel legno del noce, con la solenne processione del riccio verso i croccantini del gatto, con il racconto a ritroso del bulbo stellare.
Mettere in prospettiva sentire il coagulo sciogliersi nel fiume che allaga il pietrisco del cuore.
Id: 36566 Data: 28/02/2016 18:14:19
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Curarsi di crepare
Curarsi di crepare Parlo della crepa che porta a stupore, dello scalino che oltrepassa la palizzata e scaglia la vita rasente al portento.
Abbiamo bisogno di crepe vitali di punti luce sbocciati impetuosi sulla bonaccia di un pensiero rimasto senza pescaggio.
Abbiamo bisogno di parole discusse di persone generose e oltremodo iraconde con le nostre lacune, che non impartiscono benedizioni da pulpiti di false attenzioni.
Parlo della crepa del masso dove s’innesta la svolta del fiore, parlo del vento venuto a storpiare la rotta ingessata, parlo dell’amore che cade senza calcolare la propria incidenza.
La possibile armonia è questa partitura per crepe anomale, è questo avviso a navigare a capo scoperto per avvistare lo scarto in volo dei cardellini, la linea oscura del nostro destino che scompare e riappare fino a lambire il tesoro nascosto nel galeone.
Id: 36535 Data: 26/02/2016 22:36:10
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Scrivere per chi non riesce a dire
Scrivere per chi non riesce a dire
Cerco di scrivere per chi resta nel silenzio contuso, per chi soffre imbragato al palato, come un alpinista che scende e risale la stessa parete di roccia.
Cerco di scrivere per attivare questo ordigno inesploso, questo ripieno di maestosa omissione che si ferma sul contorno della parola, come uova incapaci di schiudersi.
Questo silenzio cattura la mia attenzione, come una macchia di neve nell’erba ingiallita, e mi porta a cercare una svolta, una chiave di melodia nascosta nel coro per archi di volti azzittiti.
Id: 36438 Data: 21/02/2016 19:57:14
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Ammaraggio
Ammaraggio
Riconoscere un'altra anima è un’offerta arrischiata che non si controlla, ma sopraggiunge nei luoghi scarsamente illuminati come un ladro costretto a flagrante rapina.
Riconoscere un'altra anima è un viaggio insidioso, ma non conosco appigli più intensi di questo bengala che esplode sponde di meraviglia.
Tutte le cose di una certa importanza nascono da un riconoscimento, il bacio scoccato per solenne attrazione, la mano intrecciata nel dormiveglia, l’opificio notturno di un’amicizia che sbatte i suoi rami di pioggia sulla veranda di ogni ingannevole arsura, perfino le stanghette usurate che la morte ci infila per vedere nel buio la vita che indossa i suoi panni più vasti.
Riconoscere un'altra anima è tutta la potenza che porta una stella al dolce collasso di due corpi riuniti, è tutta la potenza che possiamo opporre alla dissolvenza, al teatro kabuki delle uscite di scena nascoste sul retro.
Id: 36419 Data: 19/02/2016 21:19:01
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Sul contorno di qualcosa più grande
Sul contorno di qualcosa più grande
Mi sono svegliato nel cuore della notte quando l'aria si predispone non vista al trucco fatale dell'alba che tinge d’albume le occhiaie coprenti del buio.
Ho sospirato a fondo tenendo le mani intrecciate sul petto, come se il cuore potesse accodarsi all'insieme dei merli che invocano il giorno.
Ricordi, immagini, tranci di volti in processione, stelle collassate si propagavano come onde oscillanti sulla risacca del mio torso marino.
Tutto presenziava, sciabordava e mi invitava a chiamare all'appello i nomi più amati, i nomi più esposti a rischio scomparsa.
Sono rimasto sospeso, aspirando profili e, come correndo si ingoia il respiro, ho lasciato che il mondo traboccasse il suo ritmo profondo.
Così sono riemerso, su pioli di sogno portati a intuire che tutto ci cerca, tranne la fine.
E il mio contorno si scopre ogni giorno infinito più grande di me.
Id: 36324 Data: 12/02/2016 22:22:19
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Lotta alla povertà
Lotta alla povertà
Su una corriera all’apparenza dimessa sono partite le 62 persone più ricche del mondo. Una gita normale, qualche monumento, due passi sullo sterrato, un rifugio d’alta quota appositamente prenotato.
Senza dare nell’occhio hanno assaggiato specialità tirolesi e discettato sul disavanzo dell’economia nei paesi del Mediterraneo. Qualcuno ha schiacciato un pisolino leggero prima che uno scalatore famoso fosse chiamato a raccontare l’ultima ascesa invernale sulla parete nord dell’Eiger.
Prima di partire, tutti insieme sul prato hanno scattato una foto di gruppo e non sono mancati scherzi e lazzi, primi piani di cime innevate e battimani di barzellette. Una volta seduti in corriera, come alle gite dei cardiopatici, qualcuno ha fatto passare una busta da ufficio, PER IL RESTO DEL MONDO, c’era scritto in stampatello sull’indirizzo del destinatario.
Era tutto così retrò - la busta di carta, il contegno dei boschi, l’inarcarsi degli stambecchi sui precipizi - che più di qualcuno si è concesso un’offerta cospicua, emettendo dei gridolini di piacere al pensiero di una vita più agreste, postando le foto dell’escursione in chiave campestre bucolica.
Id: 36272 Data: 10/02/2016 18:13:38
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Lambire la luce dellaltro
Lambire la luce dell’altro
Sul libro mastro del mondo sulla corteccia scuoiata dell’anima, imbastiamo note anonime che talvolta riappaiono nella riserva di caccia di una pupilla, nella stretta di uno sguardo che non incrocia il nostro, ma lo contagia con la stessa radianza di due stelle sorelle anni luce.
Id: 36210 Data: 06/02/2016 16:18:02
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Salvate il soldato di sole parole #SaveAshrafFayadh
Salvate il soldato di sole parole #SaveAshrafFayadh
I nostri discorsi contano poco se il bugiardino della sentenza già spiega le dosi per debellare i tuoi immondi pensieri, i tuoi peccati di strofe infedeli.
Per quanto posso, mi prenderò i tuoi imputati versi sulle spalle e da una mente in volo lancerò al vento le tue poesie, affinché si spargano come il polline dei pioppi a rischiarare questo buio cappio di radice d'odio.
Id: 35734 Data: 14/01/2016 09:30:13
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Langelo custode
L’angelo custode
L’angelo custode può ferirsi con un filo d’erba perché sa bene che anche la carta taglia, che la parola va difesa con tutto il cuore.
L’angelo custode può morire crocefisso a un palo della luce in un bosco di pietre a Palmira, lasciando contuso per sempre il Nostro Qualcosa.
L’angelo custode ci aspetta al cancello conosce la ruggine che attorciglia la chiave quando ci perdiamo nel picaresco pensiero senza capire come rendere vera la linea di costa, la claudicante bellezza del verso interiore.
Id: 35445 Data: 20/12/2015 19:02:50
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Verso casera Colmajer
Verso casera Colmajer
Saliamo mentre la neve insegna teologia dal bianco scranno di particelle aeree.
L’arte orafa delle foglie ci spinge a brillare cadendo, perché il bosco è la madre che viene a coprire i suoi figli.
Cade su di noi la sera, precipita come un busto di dea che si impone senza inchiostro sulla cataratta della tormenta.
Così dolcemente aderiamo al teatro dei faggi introversi al lieve autismo del cerbiatto sulla carreggiata appena coperta.
Tutto sembra attecchire, solo il dolore si stacca per tuffarsi dove l’umano non tocca.
Poi la neve si attenua e il buio rivela api di stelle regine, spie venute dalla cortina di ferro del cielo.
E noi, soverchiati da questo chiarore, diventiamo pelle d’oca incendiata del mondo.
Id: 35424 Data: 19/12/2015 17:04:10
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Non fa notizia
Non fa notizia
Non fa notizia la felicità che hai trovato nelle corti andaluse dei corpi incendiati, il fare condensa delle bocche in un giorno di galaverna.
Non fa notizia il dolore dei pioppi sbronzi di nebbia al benzene, la mano di tuo padre che trema stringendo un bicchiere di latte nel vetro svuotato della Nutella.
Non fa notizia l’omelia del melo il catrame dei bronchi costretti a preghiera sbilenca, la gola congiunta alla lingua impastata, le sillabe asciutte, le reclute salve.
Non fa notizia il maestoso mozzicone di un cielo consumato fino al filtro, l’officina orante delle formiche, il canto creolo delle foche assassine.
Non fa notizia la bruciatura il tubare delle ore salienti il nitore di notte cresciuto nel palinsesto del volto.
In questo notiziario invisibile la vita più intensa si compie nella posa struggente di ogni singolo nome.
Id: 35345 Data: 11/12/2015 19:44:48
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Stay hungry, stay foolish
Stay hungry, stay foolish
Il potere affamato si veste sgualcito allampanato al punto da sembrare invisibile, dolcemente obbligato dall’evidenza del progresso assoluto.
Il potere si stringe sulle impronte digitali sulle retine insonni sui potenti sensori della nostra accensione. Di cosa ti preoccupi? Cosa nascondi nel cono d’ombra delle sinapsi? Non vedi che vogliamo solo proteggerti dalle camere oscure, dal diniego ostinato, dall’incolto terreno arato a gramigna? Non scorgi la luce del bene che schiarisce il lembo scabroso del fuoco interiore?
Difendi il tuo mistero inviolato, difendi la tua parte di vento, la spiaggia a ginestra, la franchigia dell’orma votata al segreto dal ritorno dell’onda.
Id: 35187 Data: 29/11/2015 11:17:11
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Del minuto scricciolo umano
Del minuto scricciolo umano
Sulla carotide del mondo incombe l'idioma dell’odio, vacilla il frutto più impuro bramato come carnale bottino di guerra.
Si bandisce l'accento ribelle, si tortura il culto yazida, si diserba l’assiro cristiano, si persegue la donna che balla, si tartassa il bracciante africano fino a sfinirlo di usura nei pomodori.
Il filo spinato ritorna a infestare le smagrite gengive magiare e la storia riappare smaniosa di ritrovare la causa smarrita sulle traverse meno assolate.
Nella saliera del mondo si elevano verdi stralci di compassione: anime non consanguinee si cercano a voce, uomini con pelle notturna si accampano sul palmo di mani protese, la speranza germoglia sul pugno dell’onda, propone sterrati d’amore per preservare lo scarto fraterno delle formiche.
Sull’orlo del buio, non possiamo differire la scelta, ostentare distacco. Sbriciolati nella residua bellezza desfogliati dal verbo assassino dobbiamo restare a difesa del minuto scricciolo umano.
Id: 35179 Data: 27/11/2015 21:20:36
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Abbassarci a bere
Abbassarci a bere
C’è un segreto che scorta la transumanza dell’animo umano. C’è un mistero di faglia radiosa che accompagna il riverbero di un uomo in rivolta, che riempie di orme raggianti il buio selciato interiore.
Fiori chiusi da decenni si stendono su petali d’ambra, labbra screpolate ballano il liscio con passo argentino, parole accasciate nella depressione oltrepassano le tube di Eustachio per respirare un’altra estensione, l’amore torna a forzare i posti di blocco, a cercare l’unione dei corpi in Pangea.
Parlo della grazia raggiunta per infinitesimi spiccioli di sorrisi nel casinò delle guance colibrì di bellezza senza caparra foche gioiose sul pack norvegese.
È allora, quando il gelo si squarcia che noi possiamo abbassarci a bere.
Id: 35096 Data: 22/11/2015 17:50:21
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Riallaccia la terra alle stelle
Riallaccia la terra alle stelle
Non basterebbe una vita per cercare le cause infinite di un mondo in cancrena. E qualcuno potrebbe sempre obiettare che il suo dolore manca di peso che la bilancia è truccata e la sua discendenza soffre di un torto venuto dall’orogenesi alpina. Forse è meglio cercare più vicino accanto alle porte che apriamo alle scapole che sfreghiamo nel sonno al fuoco che dardeggia così tiepido da spingere non poche persone a preferire la morte che esplode al crescente conflitto intestino. Non sappiamo come opporci al terrorista blasfemo, se non stringendoci addosso ai divieti, ai controlli, indossando pettorine d’ansia pettegola, bombardando a casaccio i deserti incresciosi. Ma la barbarie nichilista si è innestata nell’osso sacro del mondo e allatta i suoi cuccioli ciechi. È un dannato problema spirituale attecchito nei torsoli delle periferie dove vivere è rauco fluttuare, dove la solitudine ha spogliato ogni bagliore possibile e il fanatismo spesso rimane l’unico pensabile sfarzo. È un dannato problema spirituale questo prosperare dell’angoscia nelle gengive delle metropoli, questo perdere slancio fino a svanire nella supplica dei barbiturici, nella rabbia sovrapposta alle sure del Corano. Bisogna accasciarsi fino all’innesco perlustrare i pozzi ammorbati, portare sulla riva delle facce una barca di buio albeggiante uno scudo di varco stellato. O la guerra riempierà ogni tregua e la minaccia picchierà sul respiro come un diluvio ancestrale, come un assolo di erba infestante che non sappiamo estirpare.
Id: 35067 Data: 20/11/2015 22:22:32
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Il cardigan di Kurt Cobain
Il cardigan di Kurt Cobain
Voghiamo affamati nel giorno pigiando i nostri remi ferventi sullo schermo della nostra immagine, contenendo il dolore della segregazione con l’onnipotenza della pubblica opinione.
Voghiamo come nutrie elettriche scaviamo i margini dei fossati sabotiamo gli argini medievali ci adagiamo sulle labbra digitali nel conforto tecnologico della resa.
Ci sentiamo intelligenti, perfino tolleranti ora che ci hanno insegnato che la diversità crea prodotti migliori, che la condivisione è una questione di principio e impone il romitaggio dello sguardo.
Indossiamo la nostra arroganza in modo informale, incollando la nostra allegria a tutte le insegne finendo da soli a torchiare la sera del pianto.
Bisogna percorrere ogni frontiera assorbire ogni ribelle, guadagnare su ogni refolo di vento che prova a latrare il suo canto contrario. Sopra il letto dei talentuosi campeggia il poster di un ceo assertivo e tutto continua ad essere battuto all’asta, l’ultima cena congelata del poeta i sacri oggetti degli indiani Hopi il cardigan di Kurt Cobain. E’ un potere folle che incorpora la speranza e il nichilismo, la fede e la lotta, la poesia e l’offesa, è un potere che affida lo stato delle anime ai manager spirituali, ai serafici reverendi dell’autostima.
Ci vuole molto coraggio per vogare in senso sbieco, senza scartare nella nostalgia di un bugiardo mondo arcaico senza confondersi nello scroscio della distrazione, aggrappati alla vastità di un’espansione che si flette nel mistero di una vertigine amorosa, di una scheggia da cui si eleva il rebetiko del cuore
Id: 34973 Data: 13/11/2015 18:21:27
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Tredici anni di cuore
Tredici anni di cuore
Fu nell’eremo della notte nell’ustione dell’iride insonne che iniziai a perlustrare i sobborghi carcerari della memoria.
Andavo alle medie e il lutto più grave mi aveva sbalzato dal paradiso dell’infanzia all’indigenza delle ali infeltrite. Miscellanee di nuvole nere erano planate sulla gomena del mio respiro, torchiando a dismisura i testimoni della mia anima estiva.
Ricordo il costante fruscio della televisione, la sigla finale di Derrick, i rimbombi delle guerre balcaniche le telecronache sportive risalire le scale, contagiare le mie guance contorte sul cuscino. Ricordo come tutto nuotava in modo maldestro e come chiedesse smisurata attenzione al mio cuore di pugile guercio.
Fu allora, in quelle notti di furibondi inseguimenti, pedinamenti, imboscate, in quelle notti di agguati ed estorsioni, che provai a ricucire il peso dello strappo con stormi di sdrucite preghiere, con voli meno stringenti, più estesi, fino a toccare una strana radura, dove il dolore si scioglieva e foglie e tosse e pianto e sonno e strazio e tregua, si tenevano insieme avvinti a una lingua più antica del silenzio che non sapevo attutire. E allora mi addormentavo e il piccolo crocefisso di legno mi cadeva dalla mano e la foto di mia madre ad Atene e lo scafo dolce di mio padre sprofondato sul divano spaiato e la pila di Dylan Dog accanto al letto e la collezione di soldatini e l’apotema del triangolo isoscele e l’ascella sensuale della mia compagna di banco familiarizzavano e si disponevano attorno a quel sentimento di un insieme infinito cresciutomi in petto come un pulcino, come un mozzicone d’incendio venuto a placare il buio indecente,
come un chiarore innestato sul fiato del mondo che solo compensa il furto con scasso.
Id: 34884 Data: 06/11/2015 20:38:07
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Scavare la terra con Pasolini
Scavare la terra con Pasolini
Avremmo ancora indugiato potendo su quelle tue povere sillabe portate dalla rugiada, scavalcando la linea di nuca delle fontane, palpando la terra traforata dei contadini raccolti in preghiera sul fieno.
Avremmo ancora sostato potendo sui ceppi delle risorgive, non confinati dietro la colpa d’essere adulti, ma abbiamo lasciato schedare gli dei, schienare gli uccelli, e la nostra voce riesce a stento a ricalcare la cascata del vento.
Resta ancora un sacro poco da difendere, da salvare, da stuccare, una borraccia di bellezza da passare di bocca in bocca, da amo ad amo, per portare la vita verso un’alta urgenza, per tramandare il tuo sguardo da scavatore nella torba del mondo amato.
Id: 34831 Data: 01/11/2015 22:13:54
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La luce va arrischiata
La luce va arrischiata
La luce non ama riposare nelle gengive protette dei baci annunciati, ma si contorce senza bottoni nell’esile polpa di un frutto ammaccato.
Lentamente la morte avvita le domande cruciali, mentre sulla battigia delle pupille. il demone della sicurezza alleva in modo istantaneo staccionate di soluzioni. Così il cessate il fuoco viene sempre pronunciato nell’armeria di un mondo che ricopre di pace gli scempi di guerra.
L’anima cresce nella dismisura, lenisce la ferocia con i fiori allevati dalla crepa.
Id: 34817 Data: 31/10/2015 15:30:56
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Amnistia per una cimice
Amnistia per una cimice
Pioveva appena, la luce del giorno a malapena sbarcava il lunario e l’ora ammoniva a proseguire spediti verso una doccia.
Aveva sempre odiato le cimici il loro canto da kamikaze l’impudenza del loro infilarsi nella confidenza di un'acconciatura.
Conoscevo il suo odio, perché era simile al mio, entrambi maledivamo quel fetido volo generato da un’astrusa corazza.
Così non mi sorpresi quando tra la folla la vidi respingere sprezzante la cabrata dell’insetto sopra l’orlo del pullover, con la cimice planata capovolta sotto il peso della scorza.
Stavo per attirare la sua attenzione ma indugiai vedendo che indietreggiava fino al confine della carreggiata. La vidi piegarsi sul madido asfalto e con una moneta da un euro rovesciare l’insetto scalciante.
La seguii allontanarsi come un ladro che teme d’essere visto e non la chiamai, preferendo serbare a memoria quel gesto essenziale.
Rimasi a fissare la cimice, la vidi indugiare e poi compiere un balzo d’ali capestro e ruggire ostinata nella sincope del traffico avulso.
Id: 34809 Data: 30/10/2015 17:04:35
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Mettere a posto
Mettere a posto
C’è chi per ore e ore pota le rose o mette a dimora roghi di passiflora, c’è che si infila in garage a ripianare i bordi tarlati dei serramenti, c’è chi si siede al pianoforte a dondolare la vibrazione più tersa, c’è chi si disfa dei propri lemmi per infilarsi in un silenzio oltraggioso, c’è chi non può più nulla e si tiene il suo disordine come un holter incarnato al broncio del cuore.
Io, per quanto posso, compenso le mie aritmie con strenue parole scudiere, pulizie di primavera che mai smentiscono l’assoluto rilievo della polvere.
Id: 34754 Data: 25/10/2015 17:52:18
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Quantè strano essere un nome
Quant'è strano essere un nome
Cammino nella notte accostato alla bretella del mare cammino pigiando più che posso gli acini dei miei passi tardivi.
Il tempo inchioda le sue assi circoscrive le mie scelte tiene a bada con forza canina la tentazione del divino assemblaggio. Eppure continuo a camminare fasciato di spifferi obliqui premuti sui polpastrelli del vento e un’infinita immaginazione si rovescia sul portamento della mia armatura.
Mia madre si posa appena sulla penisola delle scapole e sorride da dietro una culla, tutto l’amato soffia e traspare al di sopra del pelo dell’acqua, gli amori tornano dalla collina truffando il superbo archivista, i dolori pizzicano il respiro come aedi di un canto anteriore.
Cammino nella notte incalzato dalla mia piccola storia che si frantuma per ricomporsi sotto la suola di orme incarnate.
Id: 34746 Data: 24/10/2015 16:50:30
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La buona brezza
La buona brezza
Per soffiare, la buona brezza ha bisogno di un paio di guance corali di una vela maestra stesa sull’arco di una breccia non del tutto stuccata ma nemmeno indurita a tagliola.
Spesso restiamo braccati ancorati al nostro pescaggio all’arsa cambusa interiore, oppure muti restiamo a contare le sillabe del nostro passaggio la breve distanza dal mosto. Spesso la notte si dispone a bonaccia ci incatena al respiro inglorioso ci costringe a restare a riposo nella giusta battaglia. Spesso l’amore ci strattona in tempesta si frappone all’infanzia del fiume ci plasma senza cosmesi fino a scannarci in un salmo di stelle incendiate, in un cielo che non sappiamo lasciare sguarnire.
Per soffiare, la buona brezza ha bisogno di un mandato dell’anima di un’immaginazione meno fortuita di un respiro, di un sogno, di un’isola, di uno scafo di donna che tutto raccolga.
Id: 34736 Data: 24/10/2015 00:19:25
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Scarno autunno
Scarno autunno
Ormai la luce giunge a strappi e come il panico del pesce prova a redimere la bocca dall’amo di buio insolvente. Spesso si ferisce mortalmente o finisce a rimirarsi le branchie nell’apnea degli alberi spogli.
Perché presto la sera si oscura e non conosce intercessioni specie quando la nebbia procede indolente a filare il cotone, o quando la pioggia si infila nei covi dei ragni assonnati.
Ma quando la luce svicola nel nudismo di un mattino è un trionfo di colori calcarei è un’embolia di parole che porta la bellezza a radicarsi nel crampo essenziale, nel busto di Buddha dei gelsi potati.
Id: 34654 Data: 17/10/2015 15:53:49
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Amache di muse insolenti
Amache di muse insolenti
Torme di sogni avvolgenti mi fasciano il risveglio, così fragorosi che il caffè non riesce a ricondurmi lungo la camionabile del giorno feriale. La teoria del tutto si frange nel mistero delle occhiaie, nei riflessi conturbanti della notte che si cullano nella mente come amache di muse insolenti.
Quello che sono, quello che siamo, è un immenso sfiorare un’oscura prospettiva, è uno sciabordio rifluito sugli scogli, è un sorriso svezzato sullo zigomo asciutto, è il formicolio ventricolare di un cuore che si contrae verso un’altra arteria, è il dolore che si toglie il pastrano e riscrive la prefazione dell’alba, è la crudeltà che si ostina a superare l’istinto primario, è la generosità partorita nei margini obliqui, nei sobborghi funambolici dello spirito. Tutto quanto tenta d’essere conosciuto, rimane pencolante nella corteccia cerebrale, nella crisalide del mistero germinale.
Sulla scena del crimine sull’ascisse del bacio invano si cercheranno le impronte digitali della coscienza, invano la mucillagine del dogma imbastirà nuovi banchi dei pegni dove comprare false occasioni, senza riuscire neppure a spiegare l’indugiare di una lacrima ossea sul vetro del primo imbrunire.
Accolti nel cosmo insoluto non possiamo tracciare al dettaglio la mappa rupestre dell’anima, ma dobbiamo continuare a remare nella stanza gremita, fino a distillare il tubare indistinto delle preghiere, fino a portare a spiraglio la nostra veggenza corporea, fino a portare ad amore la nostra ostinata esistenza.
Id: 34639 Data: 16/10/2015 22:24:16
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Conversazione alchemica
Conversazione alchemica
Un’ape conosce più di quanto presume l’asceta che scarta lo sciame ai piedi dell’erta.
La minerale pazienza scultorea dello spirito che pota le rose selvatiche smentisce la statua di sale, s'accosta al sacro cordoglio dei bucaneve richiusi.
L'anima è la pietra focaia che mira a portare il nome a scintilla, per risuonare persino nell'infinito fraseggio di un moscerino.
Siamo questo insieme di compresenze unite da un soffio di conversazione possibile.
Id: 34572 Data: 11/10/2015 18:03:07
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Discount dal volto umano
Discount dal volto umano
Dopo il lavoro, in coda alla cassa le luci ci fanno assomigliare a gocciolanti candele di carne. E’ sera e la stanchezza spegne il fuoco delle stufe e nelle corsie quasi abbagliano i colori spettrali, come uno schermo rimasto acceso a violare il riposo notturno. Guardo la cassiera mentre sistemo il pane precotto, il sacchetto di rucola, il petto di pollo allevato in gabbia e sollevo le bottiglie dell’acqua fino a coprirle la fronte. Ha una bellezza lacerata da uno spesso torpore che le cola sul rossetto della bocca. La vedo stringere gli occhi controllare quanto manca alle venti spostare gli oggetti, uno ad uno, come i pedoni su una scacchiera. Poi la vedo estraniarsi dal quadro travolta da una mimica improvvisa e capisco che è stata rapita dalla canzone di sottofondo. La riconosco, è Battisti, la collina dei ciliegi. Tutto rallenta e nel raccogliere il resto dalla sua mano protesa per un attimo il nostro sguardo barcolla in una brace più umana vicino a una vita meno diafana. Finiamo a canticchiare insieme sorridendo, mentre mi allontano con la confezione di bottiglie che mi fascia la mano e l’incalzare dei clienti che ci osserva sgomento per poi cominciare a seguirci in un canto corale, sconnesso, stonato, vitale, che mi accarezza di gelsomino le spalle già medicate dal piccolo lampo.
Id: 34547 Data: 09/10/2015 19:18:21
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Anche se non serve
Anche se non serve (per Ali Al Nimr, condannato in Arabia Saudita a decapitazione e crocifissione)
Non scalfiranno la lama del boia le mie poche parole pattuite dalla pioggia né serviranno a vestire di bende le enormi ferite, l’attesa morente. Non porgeranno nemmeno una spugna imbevuta d’aceto, avranno l’esile suono dei passerotti in un parco sventrato nel cuore di Aleppo.
Appena vent’anni e sei costretto a domandarti a quale punto la carne comincia a putrefarsi, quale volto ti staccherà dalla croce con guanti di lattice sterili. Ti guardi le braccia pieni di nei il petto già scucito a tortura, osservi le tue anche scarnirsi di scuro l’amore pigolare sulla nuca ritrosa e non sai da che parte voltarti per non tradire il ricordo più puro.
Ali, questo è un abbraccio di parole di respiro potente e d’inchiostro scadente che non riesce nemmeno a macchiare le tuniche bianche dei tuoi carcerieri nostri sodali di guerra e di greggio. Ali, questo è un abbraccio di parole un abbraccio che si estende alle donne lapidate dai sassi, ai condannati per apostasia, ai violati nel tessuto interiore, ai violentati nella carne, ai sopraffatti dall’oblio, confinati nella memoria sconosciuta, soggiogati dagli apprendisti stregoni del bene assoluto.
La nostra voce tace illesa non riesce più a disturbare il sonno dei potenti,non riesce più a tossire l’orrore manifesto sulle scarpe seducenti dei sovrani. Restiamo a marcire al sole degli schermi calibrando puntuali petizioni sempre più lievi, sempre più tenui sempre più attenti a non ferire chi potrebbe a sua volta colpirci alla schiena.
Id: 34501 Data: 04/10/2015 16:56:04
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Verso dove
Verso dove
Certa solitudine si accalca alla miseria, alla clausura taciuta come un peccato di lupara. Certa solitudine serpeggia nelle vite restate residue, deforma i nostri accenti infantili, si diffonde nei viali alberati adibiti a conforme successo.
Questo incedere del mercato globale assomiglia un’efficiente camicia di forza dove tutto rimane impellente e sedato agitato dalla sola diffusione virale. Staccati dai nostri segmenti vitali restiamo stranieri ambulanti privati di un fiume che scorre.
In Giappone, sulle porte di settembre, molti giovani muoiono suicidi, accasciati samurai ripudiati dal tepore del coraggio. I nostri vecchi se ne stanno scostati confinati con i cellulari comprati per segnalare la loro presenza, hanno lenti spesse e numeri ampi sulla tastiera della memoria. Questo perduto raccordo, questo profondo patire ha radici lontane, ha corpi a lungo saziati, ma menti smarrite d’ali senzienti.
Tornare alla terra umana, ai pulsanti capillari dispiegati a fuoco lento nella vocazione della faccia. Tornare alla bellezza lievitata nella torsione del pane invisibile, fino a saldare al cosmo il solco dell’anima irrigua.
Id: 34424 Data: 27/09/2015 17:26:26
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Da bisbigliare nel dormiveglia
Da bisbigliare nel dormiveglia
Dolce sera, schiera i tuoi profondi scudieri a protezione del tanto cospicuo. Lascia che i più amati ricordi scortino la nostra insonne crociera, delfini ammaliati dal cuore anteriore.
Dolce sera, scaglia i tuoi ami di luce oltre la corteccia più austera. Lascia che i ricordi si muovano per migrazione, dal buio respiro al divino esproprio del sole.
Id: 34324 Data: 18/09/2015 16:10:32
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Sulla diga di Grado
Sulla diga di Grado
I tronchi bianchi di laguna sono sogni scuoiati dalle onde. Riportati sulla spiaggia addossati al sole obliquo sembrano volti ossuti, saldati allo spessore salmastro delle storie.
Voi tronchi dispersi da quale schianto fuggite? Qual era la vostra chioma prima che vi imbarcaste? E mentre mi siedo sugli scogli tace nella ruggine una barca e un airone si stacca dallo specchio.
Tutto quello che siamo qui risuona e rasenta l’espansione del mistero. Tutto quello che siamo nuota semi-sommerso se la morte è questo aspro morso di marea.
Ma se nei tronchi arenati non sbiadisce il verde applauso delle foglie, noi non cederemo tutto il calore accumulato. Restituiremo le spoglie ma non verseremo che stralci di linfa nell’infinito imbuto.
Qualcosa rimarrà appeso al tempo e saremo io, e sarete voi; come ninfee più leggere del peso dell’acqua spiccheremo fuori dal bordo, appena fuori di noi.
Id: 34306 Data: 16/09/2015 17:35:23
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Guerra Mondiale con geco
Guerra Mondiale con geco
Ore di spiegazioni, di trincee di racconti sull’importanza del filo spinato di camminamenti sulle pietraie assolate. Ore di cimiteri all’aperto di ossari di roccia, di poesie riassunte dall’elmo corroso. Ore dense d’umano dolore di coraggio contorto al furore, ore di schegge isolate, di corte preghiere cucite a brandelli.
Poi un ragazzino si stacca dal gruppo lo vedo fissare per terra, vicino a un cespuglio di euforbia. Lo vedo illuminarsi di gioia e roteare gli occhi in un urlo: Un geco! Venite, c’è un geco! Tutti si spostano come avvinti a una spontanea corrente festosa. Restata da sola,la guida sorride in disparte.
Id: 34305 Data: 16/09/2015 17:14:03
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Angeologia della parola
Angeologia della parola
Le parole possono innalzare, creare ponti aerei tra lo stato d’assedio e una riga di mare gestante.
Le parole possono salvare, rizollare l’anima con sarchiature invisibili. Non solo corpo non solo azione ma parole congiunte, strati di buio e schivo albeggiare.
Spesso sono eccessive si nascondono sotto lerci cappotti hanno posacenere d’occhi e un bagliore asfissiante da seduttrici incallite. Il loro cielo conosce il terriccio sulfureo su cui siamo innestati.
Le parole possono rimettere al mondo, sporgere oltre il bucato del silenzio, favorire l’ostia del bacio. Dobbiamo tuffarci nel fiato dell’angelo, perché qui giace l’ala infuocata, il potere evocativo che non sappiamo rendere innocuo.
Perché solo un miracolo rende possibile trovare parole badanti per medicare un giardino già guasto, parole comete per amare la notte e danzare nel giorno.
Id: 34242 Data: 11/09/2015 20:04:38
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L’airone osservante
L’airone osservante
Un airone osservante presidiava il ciglio della carreggiata. Le zampe piantate nel fosso i campi ad avvolgere il busto come uno sfondo rinascimentale. Se ne stava di fronte alla strada impettito sul petto ricurvo, scrutava i volti negli abitacoli come una madre molto apprensiva. Portava vestiti sgualciti e la sua ferita tradiva la terra. Pareva uno spettro, tanto scrutava i passanti spingersi sull’orlo del seminato.
Un airone osservante presidiava il ciglio della carreggiata. Sembrava sul punto di spiccare il volo ma il suo corpo giaceva interrato con la grazia di una giovane acacia. A lungo restò rapito sui nostri volti immersi nella memoria del parabrezza. A lungo pretese attenzione avvolgendoci al bagliore della sua influenza.
Un airone osservante presidiava il ciglio della carreggiata. Sembrava assorto e nel suo sguardo tremava la foresta della storia. Nessuno lo vide muovere un passo e nemmeno recitare una lacerante ode al volo spezzato dell’albatros. La sua fissità atterriva per acume di dolcezza e invano spingeva i bambini ad aggrapparsi ai sedili dei grandi: Padre, perché non ti fermi? Non vedi come ci guarda?
Così rimase, un giorno e una notte, stilita nel sole ascendente, brillante di falce di luna, rimase a osservare la gente passare nella raucedine della dispersione. Rimase disposto ad arcata immerso nel nostro fondale incline a suggerirci qualcosa nella pianura che invano cercavamo sullo stradario.
Id: 34223 Data: 10/09/2015 15:15:16
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Amare per inezie
Amare per inezie
Si ama il mondo per inezie, sparsi dettagli sfiorano appena il confine invisibile. E’ nel piccolo bazar d’umani - adorati - detriti che giace la somma di un’intera esistenza.
Questa durare dei contorni mi commuove, come le ossa dei corpi congiunti a Pompei, come la preghiera serale del phon che mia madre proferiva dal bagno poco prima del mio sonno bambino. Poco prima che la morte venisse a sottoporre a vana confisca i ricordi più cari.
Sono questi esili intagli i testimoni oculari delle nostre esistenze, i segnaposto agganciati al bolero del vento.
Si ama il mondo per inezie fino alla planimetria delle lentiggini. Solo così, noi disperse scialuppe, possiamo guadare la morte
sognando.
Id: 34212 Data: 09/09/2015 20:14:04
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Se capite cosa intendo
Se capite cosa intendo
Si fa presto a dire fiducia quando non soffia il monsone notturno e tutto sembra riconducibile alla capienza di un fianco assolato. Si fa presto a dire fiducia ma è un sentimento che va raccolto a tardo autunno, quando il cielo già annuncia la neve e folti corvi scendono a rimarcare la paternità del grano.
Si fa presto a dire fiducia ma non è mai troppo tardi per provare a tessere questa densa adesione di passi, questa tolta tortura.
Perché senza una discesa fiducia non sappiamo come allacciare le scarpe chiodate, come rendere sicura la luce dell’altro.
Id: 34200 Data: 08/09/2015 15:15:33
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Il mantra della colazione
Il mantra della colazione
Mi piace come prepari la colazione come disponi la vita nel mondo. Sistemi tovaglie e tazzine prepari il caffè, il miele, la frutta, metti il pane nel forno e saltellando accendi la radio. Poi chiami chi ancora trasale nella muta spirale del sonno.
Mi piace come prepari la colazione come un derviscio osservante come una zarina che scandisce il nome latino dei fiori.
Mi piace come prepari la colazione perché sembri protetta dall’impatto di ogni possibile asteroide. E se un pensiero tenace imperversa scosti le tende e osservi serena i pini d’Aleppo sciamare come ostaggi rapiti da divina estorsione.
Mi piace come prepari la colazione perché ti muovi come un discinto messia, come se potessi rammendare gli abbagli con esatte cadenze circensi.
Mi piace come prepari la colazione perché assapori lo squarcio, perché sai che l’amore viene tramandato solo se si espande da un cuore ispirato. Per questo prolunghi l’assaggio perché la pace resti sospesa nel tuffo primario del miele. E questo mi commuove, perché so quanto è duro il mondo fuori dalla tovaglietta, molto più duro delle pellicine del latte. Così aspro e violento che a volte vorrei risparmiartelo e restare con te, fianco a fianco seduti, stropicciati di sonno, sbalorditi dalla lancinante bellezza della luce che dondola sulle nostre mani come il ritorno di un’onda,
che vuole,
dolcemente
durare.
Id: 34192 Data: 07/09/2015 21:13:57
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Il gatto che non sapeva uscire
Il gatto che non sapeva uscire
I gatti, si sa, s’infilano negli anfratti e quel giorno io avevo lasciato una breccia di porta socchiusa. Era un gatto piccolo e nero, di pochi mesi, uno dei tanti che battevano il giardino, metà selvatico, metà domestico, un gatto cresciuto senza anagrafe che aveva già imparato a conoscere la stenosi aortica dell’inverno.
D’improvviso sentii il suo miagolio salire le scale, inspessirsi di paura fino a compattarsi in un’aria da soprano. Lo scorsi correre con le zampine che derapavano sulla cera del pavimento in palladiana. Provai a riaprire la porta e a dispormi al lato opposto per indicargli la prospettiva, come un crepuscolare vigile urbano. Ma un demone gli mordeva la corsa e come un ossesso spingeva l’atleta a doparsi di slancio. Pazientai seduto qualche istante poi disposi un piatto di crocchette lungo la direzione della porta per sottolineare l’esistenza di un varco. Ma fu tutto inutile e il tempo invano passava e, dovendo uscire, pensai di lasciare la bestia dove stava. Mi ero già infilato il cappotto quando incrociai il suo sguardo atterrito, stranito, selvaggio e scorsi un vago terrore di figlio. Strano a dirsi, ma accadde allora uno scambio di vasta portata, un pareggio d’evoluzione un reciproco confidare nell’altro. A breve la sua corsa perse d’angoscia fino a placarsi in una specie di coltre calma rappresa. A passi pazienti mi avvicinai fino a toccargli il respiro. Adesso giaceva immobile e le vibrisse erano libellule in precario equilibrio sul dorso di un lago febbrile. Solo un passo ci separava e quando mi inginocchiai scorsi il suo sguardo soppesare l’azzardo. Allungai una mano fino alla pellicola delle ossa. Si ritrasse, ma solo per malcelata abitudine. Lo accarezzai dolcemente e sentii la schiena tremolare come il bucato dell'insonnia. Restammo a lungo sospesi a questa distanza, due soldati protesi in allerta. Non si mosse neppure quando, adagio, lo raccolsi per posarlo in giardino, il cuore ormai tutto incarnito al tenue costato d’uccello. Appena fuori lo lasciai e lui si divincolò leggero voltandosi due o tre volte come un condannato che non crede alla grazia.
Da quel giorno, ogni mattina, mi aspetta sull’uscio e mi scorta fino all’incrocio. Anche quando ritorno a casa con ritagli di sgombro e coda di rospo lui resta in attesa al suo posto. Come un portinaio di Manhattan conosce il disporsi degli insiemi e non manca mai di lanciarmi, da sotto il colbacco peloso, un felino cenno d’intesa.
Id: 34173 Data: 06/09/2015 13:23:07
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Lunga vita ai fantasmi buoni
Lunga vita ai fantasmi buoni (in ricordo di R. Williams)
Chissà quale solitudine sarà piombata addosso a Carlo Valli, quel pomeriggio alieno d’agosto. A stento sarà riuscito a computare l’agenzia di stampa che confermava i risultati dell’autopsia: “Robin Williams si è suicidato”. Come un ventriloquo smascherato avrà appoggiato le sue parole nel guardaroba di un’altra infanzia dove gli alfabeti riposano per sempre nei taschini delle camicie estive.
Devo così tanto a tanti estranei che mi sento ospite di molti fantasmi buoni addossati al volo radente d’altri parti naturali. Al prof. keating devo una torsione creativa, un’esultanza visionaria una fune campanaria che si avvolge all’edera silenziosa del dolore incarognito. La mia immaginazione era allora pura ardesia, punteggiata da stelle quindicenni in cerca d’occasione per sfidare la ferrata che fiancheggia il costone più all’oscuro.
Guardare il mondo da angolazioni diverse, rifiutare le succursali della nebbia, calibrare la cattedrale della voce, era qualcosa che spezzava il telaio dell’usuale, qualcosa che spingeva le mie parole a non seguire il tracciato predisposto dai piani di volo. Ricordo i miei primi pensieri indossati dall’inchiostro come una scialuppa tenuta a galla da qualcuno.
Non so davvero quante strade divergono in un bosco, né se quella che intrapresi avesse svolte più pregnanti, ma so per certo che non smetterò di trascinare il mio cuore più coriaceo lungo questa carrareccia. Continui pure la polizia forense a diramare i suoi rapporti, la curia argomenti i suoi distinguo, ciancino ancora gli psicologi dal tiepido pulpito, ma nessuno spingerà la sua ombra attrice fuori dal campo sacro della mia riconoscenza.
(Carlo Valli è lo storico doppiatore italiano di R. Williams).
Id: 34168 Data: 06/09/2015 01:58:13
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A difesa del canto contrario
A difesa del canto contrario
Fu naturale per molti denunciare l’ebreo nascosto nel pianoforte, l’armeno stipato in soffitta, il dissidente scivolato sulla fricativa delle scale. Al funerale di Stalin centinaia morirono schiacciati al culto radioattivo, come blatte ammaliate dal morto mattino. C’è un istinto secolare che s’insinua nella storia che lascia un residuo che umano non vorremmo.
Il Novecento giace insepolto scuote la sua nuda carcassa riverbera squame infuocate sui versanti più esposti ad oriente. Sembra che al male nessuno si iscriva ma i rasi al suolo giurano e spergiurano che il male sempre si addestra come una maledetta preghiera come una prediletta memoria conficcata nel cuore primario. E intanto muoiono i costretti a partire sottoposti all’estrema omelia del mare insolvente; muoiono gli obiettori, i ribelli, le donne poco conformi, gli schiavi del nostro occidente; muoiono i fumettisti insolenti, gli impuri, i poveri cristi custodi dei templi idolatri.
Finché la storia non ci insegue sul pianerottolo, nessuno conosce se stesso, nessuno sa quanto scarterebbe di lato lo sguardo, quale gesto opporrebbe al potere imperante. Ma seppur difettosi continuiamo ostinati a remare contro il buio che incalza ogni canto contrario.
Id: 34143 Data: 03/09/2015 20:28:05
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Larte del rinvaso
L’arte del rinvaso
Nell’intifada delle ore non possiamo restare i custodi di noi stessi. Specie se di tutto il sogno che eravamo solo un chiarore avanza, specie se non riusciamo a rammendare le crepe con lo stupore del mondo.
Abbiamo tutti bisogno che qualcuno ci corrisponda, uno strenuo guardiano di porci un cane sul punto di morte un amore di carne piovana.
Abbiamo tutti bisogno che qualcuno riconosca i segni nascosti agli estranei, qualcuno che sappia riunire le orme che abbiamo sciupato.
Nell’intifada delle ore non possiamo restare i custodi di noi stessi. Finiremo stravolti dal fuoco interiore se non rinvasiamo la terra già in fiore con luce sottratta al dolore costiero.
Id: 34129 Data: 02/09/2015 22:13:51
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Betulla blu
Betulla blu
Non ho fatto in tempo a capire il tuo blu radioso, gli occhi troppo intensi per l’arte povera delle parole intermedie.
La postura del ragno invano ci diceva pazienza ma avevamo storie troppo dense e canoe non del tutto appropriate per risalire le anse essenziali.
Forse sarebbe bastato abbracciarci più a lungo lasciare maturare a fuoco inconscio i frutti, non insistere con il traduttore simultaneo del vento.
Non ho fatto in tempo a far crescere la tua dolcezza sulla mia e su questa betulla acerba, così bella, insiste tutto il nostro amore che non varcherà l’inverno.
Id: 34111 Data: 01/09/2015 16:56:05
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Nessuna pietà per i colibrì
Nessuna pietà per i colibrì (In ricordo di Shaimaa El Sabbagh, uccisa il 24 gennaio 2015 al Cairo)
Non mi abbandona il tuo volto né il tuo torace che si accascia come un’anfora d’argilla. Vorrei sollevarti, Shaimaa, in un abbraccio conchiglia, per ricomporre di zolle la faglia dischiusa dal folle.
C’è una ferocia che si appoggia al deserto che corre lungo le traversine dei porti dentro i cuori dominati dai morti. Una ferocia che il tuo corpo in caduta subisce e sovverte con tragico slancio.
Non dovremmo più morire sparati sotto il giogo spietato dei generali o per quattro diroccate vignette o perché traduciamo un libro nel lontano Giappone o perché rifiutiamo la conversione forzata e gridiamo troppo forte che il pane non si compra in banca e che la paura a lungo protratta colleziona corrotte cambiali che presto saranno riscosse.
Shaimaa, possa ancora il colibrì nascosto nel corpo cantare dentro un dolce ligustro. Possa ancora il tuo rotto respiro ispirare una forma di rotta.
Id: 33950 Data: 15/08/2015 10:07:17
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Scuola guida per talpe interiori
Scuola guida per talpe interiori
La ferita guida i sonnambuli a medicare il tessuto sdrucito che avvolge la nostra pienezza.
La ferita può condannarci a una vita indecente, i denti ammalati di sera trascorsa, i corpi senza una vera pronuncia d'amore. La ferita può picchiare il torace come un tennista di terra battuta, può reclamare il timone del nostro canto interiore.
Ma giorno dopo giorno la stessa ferita può scalzare i secondini della dispersione, può indicare il perno segreto del ponte lucente, il verso reggente del nome. La ferita può portarci vicino a come siamo davvero, può disdire l’assidua adesione al banchetto della finzione.
Se impariamo a non voltare le spalle alla bruciatura, la ferita può diventare il nostro istruttore di guida il cane per ciechi che a lungo abbiamo invocato. Se restiamo interi, possiamo guarire oltraggiando la linea di immersione, trascinando staffette d’acqua corrente lungo i margini delle intemperie.
La ferita può aiutarci a essere quello che siamo spingendo il mallo più umano al punto sporgente di fioritura.
Id: 33949 Data: 14/08/2015 23:38:29
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Il mare è la massima cura
Il mare è la massima cura
Riposa l’uvaggio del mare riposa anche per me che mi stendo nel suo respiro di pesci pettegoli, che premo il suo fiato sul mio, senza apparente dispendio di bocche.
Qui si accede, ancora, a una dimensione collettiva delle storie, i corpi si affiancano senza attrito le ossa hanno il peso dei contorni le ombre sul pelo dell’acqua si sono appena incarnate.
Il mare conosce le fenditure degli scogli l’amnesia dei coralli, la ruggine d’oro della fede nuziale nella sabbia. Il mare conosce gli spergiuri del vento la notte orefice seduta al conio buio delle stelle.
Il mare è uno scudo materno, la massima cura, specie quando la pesca a strascico dell’insonnia storce il nostro conforto e cava il sogno intrecciato al galeone sommerso.
Non è mai troppo tarsi per scendere una strada calcinata una mulattiera costeggiata dalla salvia e immergersi nella luce naturale dell’acqua che ci accoglie senza impronte digitali.
Il mare è la massima cura, il criterio dell’acqua ricalca a memoria la nostra portata, i nostri dispersi frammenti sono plancton per altre visioni. Qui la genesi non ha mai indossato il vestito buono della domenica.
Riposa l’uvaggio del mare nemmeno il pescaggio dell’uomo raggiunge le sue celate interiora. La sua anima è un immenso tifone di storie stipate in ogni cassetto dei golfi.
Il mare è la massima cura perché ci insegna a preservare una linea di costa senza scordare la gioia del tuffo.
Id: 33914 Data: 11/08/2015 11:33:41
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Resta a fianco al fuoco
Resta a fianco al fuoco
Nella stagione afosa lungo la cattedrale dei giorni estivi raccogli una ad una le cose che ami disponile a fascina leggera stringile al petto fino a farne secondo strato di pelle. Non tralasciare nulla perché siamo sommersi da un odio crescente e bisogna avere molta forza per non lasciarsi piegare la nuca. Tuffati nel grano, dialoga coi grilli, impara a riconoscere ogni singolo congegno, gli operai della pioggia sui ponteggi delle strade, il richiamo sanscrito dell’alba, la carlinga nuda di una schiena amata fino all’ultimo solco. Non sottovalutare nemmeno la portata di un ricordo straripato come un alluce valgo sul tiepido sonno. Ricorda il goal di Omam-Biyik le serpentine di Stenmark la consistenza omerica delle olive, l’urlo, il furore, il conflitto, il calore aggiunto alla tua immaginazione come un copricapo andino, l’amore issato sulla prua del nostro respiro più alto. Ricorda tuo padre che ti ha insegnato a cambiare le marce, ricorda come hai vinto la diffidenza della frizione, riascolta tua madre echeggiare sulla corteccia delle betulle, riannoda il fiore alla carne del bacio, la scalza preghiera all’asse portante. Ricorda il Borsalino di gioia che incorona lo stato di grazia, la riconoscenza bevuta come un trionfo di vodka, il divino rammendo interiore diffuso da un bosco rapito in riunione.
Godi del mare venuto dopo il terrore quando la brezza è un bambino che soffia sulla torta del mondo. Godi e porta a godimento corpi appena conosciuti su distese di ginestre millenarie. Sconfina il canto internato scassa la doppia mandata porta la tua natura terrestre a sposare un angolo anfibio. C’è qualcosa che incombe in questa nostra società elettrica qualcosa che si muove nella gola di un baritono ammutolito. C’è una violenza fuori controllo che sta di nuovo imparando a memoria i protocolli dei falsi liutai. C’è qualcosa che incombe un’urgenza appena frenata dalle circostanze un desiderio oscuro di non dragare il sentimento più cupo e profondo allevato dal verbo assoluto. C’è una ferocia che vince il deserto che annienta il polso ai braccianti che porta i perdenti a sentirsi braccati. Per questo bisogna spingere le cose sull’orlo dell’illuminazione, perché la notte è fuori controllo e le armi sono ovunque puntate sulla linea di fuoco delle anime. Per questo contieni la tua angoscia sotto una pergola di mani intrecciate e spremi il petrolio fuori dall’apnea dei gabbiani. Per questo continua a indagare nel buio insistente la luce eventuale, per questo stendi la tua vela maestra sul dorso più chiaro del vento contrario.
Id: 33844 Data: 03/08/2015 19:45:59
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La parola può restaurare il mondo
La parola può restaurare il mondo
Cosa spero di aggiungere alla fusoliera del cielo che si staglia con il suo scafo appena affrescato da uno scroscio di pioggia? Cosa spero di aggiungere alla civetta che si tiene a un segnale di stop e sembra guidare il flusso interiore della prima notte d’agosto? Quale vanità mi spinge a restare seduto nell’alcova dello schermo a pigiare parole a corrente alternata convinto che il segreto sia celato nel baco accecante dell’ammaccatura? Quale grandezza mi spoglia fino al punto da farmi bramare trucioli di mondo infuocati, emboli di sicomori, bramiti di amori mancati per sempre? Quale mistero tiene in piedi una poesia sul crinale del foglio? Forse le fondamenta di cetra nascoste nel calcestruzzo, forse niente di più di un’oscura combinazione, la stessa che fa sostare i rondoni nella tane d’amianto dei tetti scaduti, la stessa che tiene la foglia ostaggio del ramo più alto. Cosa spero di aggiungere allora? Niente davvero, posso solo offrire intensa attenzione alle ustioni nascoste, liberare un esile squarcio da una retina oziosa, estirpare le erbacce proliferate sul contorno delle imbarcazioni.
La parola lavora al restauro del mondo solo se rinasce come interna azione.
Id: 33821 Data: 01/08/2015 17:59:08
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Lultima sentinella
L’ultima sentinella
Un bel po’ dopo mezzanotte sono ancora in strada e cammino nell’acquario dell’infanzia. Dopo le campane, tutto tace, solo il lontano riverbero dei bar e l’indubbia sensazione che la vigilia di Natale mantenga una personale consistenza, una magia che si stende sulla carnagione della notte e avvolge i malati e i sani i bambini addormentati nell’attesa i quarantenni accasciati sul divano che non sanno più riempire una qualche mangiatoia.
Giungo a sfiorare le vecchie caserme abbandonate quei corpi debordanti che indossano sottovesti di calcinacci con l’ossequioso contegno delle tarde attrici in sfacelo. Come i vecchi hanno finestre spezzate e cancelli di ringhiere socchiuse. Sono invase dalla vegetazione spontanea e una peluria d’acacia devasta il timpano delle torrette.
Mi fermo davanti a un cancello, sulla ruggine scorre ancora il disappunto della Perestrojka. Guardo dentro la visuale della luna e avverto il passo felpato della storia rianimare il tempo, le voci dei soldati sbiascicare il proprio passo di marcia, perdersi in un indistinto notturno. Poi fisso meglio le ombre all’interno e la vedo, a una decina di metri una volpe mi fissa. Non sembra spaventata tantomeno aggressiva, come camminasse su un’acropoli sospesa. Restiamo così, attenti alle mosse dell’altro, fino a mischiare la diversa condensa dei nostri respiri. Poi la notte, lentamente, ricopre entrambi con impronte più lievi.
Meravigliose le reclute che la vita arruola.
Id: 33800 Data: 30/07/2015 18:29:33
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Forse il tuo cuore cane
Forse il tuo cuore cane
Ti conosco mio sconosciuto, conosco lo strepito delle spalle, le macchie di vino disposte sulla tavola sfatta come un bugiardo kandinskij. Conosco la tua solitudine e la sento accrescersi sulla tua pelle come una profezia tramandata per pianure di secoli.
Ti conosco mio sconosciuto, conosco il tuo desiderio di sparire in un bosco d’acacie dormienti. Ma sul fondo fangoso del tuo corto respiro riconosco il corso interiore di un canto contrario. Ogni crepaccio in parte riposa su una noce di luce torrente, su una fiamma che scorre incurante del buio che abbiamo deposto. C’è un mare a noi sotteso che lavora senza posa affinché ogni cosa assecondi la grazia del proprio picciolo.
Ti conosco mio sconosciuto e proprio per questo ti sento contiguo. E se ti guardi allo specchio anche tu mi conosci, anche tu mi sorridi dal tuo etimo azzurro. Forse stai per sfuggire e senza saperlo già tendi la mano alla porta. Forse il tuo cuore cane già scodinzola nascosto.
Id: 33760 Data: 27/07/2015 18:11:27
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Quando siamo raggiunti
Quando siamo raggiunti
La verità giunge in silenzio al culmine del passo successivo con la perfezione di un frutto portato alla sua massima estate.
La verità non si può condurre ma ci sfiora con lo strato più scuro del pianto, con la gioia filtrata dal profondo Bosforo interiore.
Id: 33425 Data: 04/07/2015 11:05:48
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Lurlo dellestate
L’urlo dell’estate
Canto l’urlo dell’estate la precisione prussiana del sole le narici screziate d’ombra del pioppeto adolescente, la sindrome bipolare del cielo quando nuvole nere esplodono collera. Canto la trasparenza, la visione delle onde, la cattiva reputazione del gabbiano quando cammina sulla spiaggia. Canto l’attenzione della pelle il portento dell’unione, la felce che fluttua nel primo pomeriggio, come una spia venuta a denunciare il vento. Canto l’urlo dell’estate il giallo che si unisce al cupo tuorlo interiore. Canto l’evasione, il paniere leggero la trapunta dorata la terra che persuade il lutto a camuffarsi nei semini dell’anguria. Canto la bellezza, l’infinita accettazione del raccolto.
Id: 33342 Data: 30/06/2015 00:48:15
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Capo di buona speranza
Capo di buona speranza
Abbiamo percorso gli oceani fino a naufragare sulla luna, abbiamo estinto i popoli segreti per farli entrare nei libri di storia, abbiamo distrutto le foreste dei gorilla e amputato il rinoceronte del proprio vessillo. Abbiamo percorso su zattere infime l’immenso safari della conoscenza, abbiamo tolto ai microbi il privilegio di nascondersi nell’invisibile, abbiamo esaminato l’interno del corpo fino a sondare il codice della creazione. Abbiamo riempito le strade di telecamere e aumentato la realtà fino alla libertà vigilata convinti che l’anima fosse in fondo traducibile, come il tracciato di Colombo, come le impronte dei molluschi imprigionate nella pietra. All’anagrafe del visto non compare più l’ignoto, ogni abisso è stato almeno lambito.
Zaino in spalla siamo giunti fino all’alba del pensiero, setacciando la corteccia dei sogni distinguendo il padre, amando la madre invocando il dio dello scacco, dipingendo sul muro radente una personale cosciente visione. Abbiamo sperimentato l’ipnosi, l’astinenza, la mistica indiana, sufi e tibetana, abbiamo portato Platone ad abbracciare il Cristo sotto l’albero del bene e del male. Abbiamo bussato al cielo fino a spellarci le nocche, abbiamo composto nel silenzio attutito l’arco primario della preghiera. Abbiamo portato il conosci te stesso di casa in casa, di cuore in cuore, fino alla brughiera della mezzanotte fino alle sinapsi dell’ippocampo. Ci siamo seduti a disegnare insonni mappe accurate del nostro passaggio, salvo poi non sapere come dare al dolore che preme il peso cavo delle ossa degli uccelli. Continuiamo ad affiancare al nostro canto vitale fede e intelletto, il divino incarnato e la simmetria delle particelle, la sapienza del Buddha completo e la vibrazione spettrale delle stringhe. Continuiamo a sfiorare il mistero nuotando come al principio, senza riuscire a spiegare l’incanto primario del cosmo. Continue anomalie attentano i nostri ragguagli, sorridono come canaglie che bigiano scuola. Non basterà un’altra equazione a rischiarare l’essenza della materia oscura. L’anima si dispone immensa e lungo il bordo del varco il sacro è questo desto sciamare di luce sommersa. Nessuno conosce più di quanto rischiara.
Id: 33190 Data: 21/06/2015 17:33:24
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Grecitudine
Grecitudine
Dottore, quanto costa una lastra? I polmoni si stanno crepando ma copiosa è la fila che annega la mia precedenza. Dottore, come scoccherò il mio bacio se i denti sono tutti cariati? Dottore, la stufa di ghisa ha annerito l’intonaco del mio bambino, l’hanno trovato che ancora respirava nascosto come i gatti perduti quando vanno a morire.
Europa perché scordi il tuo nome? Non vedi che ti chiudi nel tuo ospizio dorato, nei tuoi saloni di interior design, nel tuo lessico da monopolio economico, dove è vietato fumare ma non imporre visioni assurde come bombe austere? Europa non rimarrà nemmeno un golfo di luce azzurra se tradirai la memoria del tuo morto mattino.
Bivacca ancora un breve bagliore lungo gli stipiti delle case popolari nei desolanti tavolati dei porti, nei tracciati delle nuche in fila perenne per un piatto di pasta al pomodoro cinese. Ma basta un niente, perché si alzi il vento contrario, basta un cerino buttato sulle stoppie per calcolata indifferenza.
Sorella Europa disconosci te stessa? Pensi di trattenere il buio confinandolo? Obbligandolo al pareggio di bilancio? Non sai che si sposta di notte e contagia le persone perbene nel lampo di uno sguardo? Europa, non riconosci i tuoi sonnambuli? Perché costringi i vecchi ad aggirarsi attorno ai bancomat spogli, dispersi come volpi che non trovano casa? Davvero non ricordi cosa accade all’uomo che ricopre di paura la mansarda delle spalle?
Europa la tua retina opaca è drogata di barbiturici, non può guardare oltre il teorema della crescita. Europa, il tuo cuore è tutto un pigiare di spettri imperanti, pronti a squarciare la storia senza sporcarsi le mani. Ma la rabbia lasciata acuire ripudia lo stretto confine che scorre tra il bene ed il male. Il mare già mangia la costa.
Id: 33079 Data: 14/06/2015 10:29:52
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Il magnifico nesso
Il magnifico nesso
Avete drogato dio e l’avete posto a guardia della vostra ferocia. Gli avete tagliato un orecchio per far capire che non scherzate quando dite noi verremo.
Maestri di mitra ammaliate di morte la sabbia, bramate immensa ricchezza dai vostri santuari di rabbia. Come allibratori vi aggirate intorno alle vesti scollate, soppesate la carne separate il puro dall’impuro perseguite il polso scoperto temete l’incavo dolce del mondo. Sapete come assaltare questo stremato occidente così arrogante nelle propaggini da far pensare che nemmeno l’infarto possa curarlo.
Prima di voi vennero altri profeti a caricare d’odio l’erba. Altri assassini si fecero accanto per innalzare alture di corpi trafitti alle tempie. Ma nessuno riuscì a sradicare la copiosa bellezza cresciuta nei cuori canori. Invano i fori dei proiettili continuano ancora a scrutare l’estensione dell’anima. L’odore di sambuco si muove sul dorso minuto dell’ape.
Nomadi assoldati dal cielo stellato e yazidi dai corpi di noce divelta, uomini chini sul tappeto di culto e vecchi copti murati nel sole, stanchi operai sul carrello elevatore e giovani donne dal seno esultante, dondolanti ebrei dai piedi di culla e malati terminali sull’arena del letto, ragazze sfiancate d’arsura ad Asmara e padri imploranti una pioggia più fioca, tutti voi e tutti gli altri passanti, voi che avete salvato qualcosa di chiaro, alzate la voce e correte a riempire gli orci degli sguardi, lasciate che il canto che avete raccolto cresca nell’altro, rimboccate la covata della luce affinché più al centro si sposti questa schiva speranza.
C’è bisogno di voi là fuori perché difendiate quel fragile nesso che ci vuole fratelli d’altri esseri umani. Perché le ossa dei morti non piangono in inglese, perché il fumo dei villaggi incendiati volge al nero ogni intonaco azzurro, perché la paura lambisce ogni fessura e la fame non conosce umana premura.
Se davvero vogliamo comporre l’immenso, non possiamo lasciare che il nesso si smorzi.
Id: 32566 Data: 20/05/2015 20:53:10
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Zia Nene
Zia Nene
Zia Nene continui a nuotare accostata al tuo nome da via col vento. Nella tua cucina nulla se n’è andato, tutto rimane aleggiante esistenza. E l’eternità si nasconde nel friulano, nello scroscio di farfalle scalcianti in quel grumo di povera forza. Parlare ai morti è serbare ai vivi un immenso sciabordio, un divino anfratto per sole voci.
Di notte ogni madre si addensa nella luce contraria dei fanali, come un camionista addormentato nella lama del sorpasso. Di notte i morti ci sorridono stretti alla cassa toracica del mondo come i primi partorienti del respiro. E tu Nene, nata dentro un grembo di guerra, hai riposto la bontà all’interno dell’amore conosciuto. Non hai permesso che il rintocco delle ore pignorasse la tua prima stoffa, ma giorno dopo giorno hai declinato la linea del dolore sulla verticale delle spalle, senza mai svanire nella sola supplica.
Nene, impasta ancora il pan di Spagna nel vuoto presagio della terrina, come facesti con la nostra infanzia nella pausa pranzo della fabbrica. Continua a parlare come disegnassi impronte di lepre nella neve, continua a offrire al mondo il tuo versante più in luce. Continua a parlare al presente dei morti caduti amando. Perché nulla si smorza del cominciato, tutto si nasconde appena nel varco lampante notturno nel prolungarsi infinito della brace.
Id: 32366 Data: 08/05/2015 21:08:29
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Lo sguardo che ripara
Lo sguardo che ripara
Spesso la paura sfascia la fronte stacca ogni agente addensante scuce il corpo dalle bocche. Spesso la paura spacca i marciapiedi piega il parquet di sobri salotti accorcia il numero di spazzolini sulla mensola dello specchio, palpita come la plancia di un aereo in un cielo corroso di lampi. Spesso il timore ci inchioda alla sera quando ormeggiamo scostati dalla sezione aurea del respiro quando nessuna vita più avvince la nostra risorsa, quando trascuriamo la costante meraviglia in cui siamo intersecati, quando scordiamo del tutto il vangelo apocrifo delle foglie il soppalco stellato del cielo il labiale d’acqua mosso dal lamantino.
Nel tornio del mondo niente si eleva senza l’ascensore di uno sguardo. È la verde pupilla a portarci sulla battigia, a compiere di nascosto il travaso del buio in brace.
Solo chi non teme la scomparsa attraversa la linea del fuoco protetto dai carpentieri lucenti che di giorno restaurano lo scafo notturno. Senza il ponteggio di queste comete senza lo sguardo riparante di chi ci ha amato e visto, siamo solo mostri oppiacei.
Attorno a questa cura la vita mai si versa invano.
Id: 31668 Data: 29/03/2015 21:40:55
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Hotel Balkan Europa
Hotel Balkan Europa
Dicono che la tiepida convalescenza stia per finire. Lo dice il sordo dolore di Donetsk lo dicono i rumori soffocati di chi nel sonno toglie la sicura, lo dicono gli avamposti degli incendi la dinastia di una rabbia amniotica. Lo dicono questi passi abbracciati da nessuno questo buio che dilaga nella raggiunta efficienza delle lampadine, lo dicono gli sciamani apocalittici fasciati in pellicce di canapa indiana che coltivano insipidi cavoli come fossero ostie. Lo dice il Mediterraneo indeciso su quale sponda fuggire, lo dicono i cortei dei corpi subacquei ancorati alla compassione della sabbia. Lo dice il carisma crescente del boia il suo ottimo accento inglese, la polvere pirica cosparsa sulla carotide impura. Lo dice la forbice impazzita tra i Mandarini e gli schiavi tra i privilegiati e gli offesi. Lo dice questa speranza bonsai, questo calabrone conficcato nell’aspra dolina del petto. Lo dice chi vuole provare a dare l’allarme prima che le sirene coprano il canto, lo dice chi da sempre confida che l’uomo migliori quel tanto. Lo dice perfino chi non lo dice quando a lungo non stende la sua mano più fredda su una fronte esposta alla febbre. E intanto, lungo il bordo del contagio nelle nervature della rete nel cuore cablato del mondo stanno già camminando a gattoni nuovi pastori dell’essere senza baffi a spazzolino, ma con la stessa esoterica propensione a risvegliare i piromani dormienti. E’ un vecchio adagio ma sufficiente a rianimare la stagione di caccia all’animale anomalo. Oggi che acri e acri di memoria sono arati a slogan riappare chiara la colpa da estirpare. E molti sono di nuovo disposti a marciare nella legione straniera della storia.
Id: 31550 Data: 23/03/2015 18:48:26
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Bacio alla francese
Bacio alla francese Contro il devoto assassino esplodi un bacio alla francese e una pioggia di batteri coprirà il tuo umano esporti. Contro la lama assolutista non sparire nel silenzio e sbarra la paura fuori il patio dell’essenza. Contro i seguaci del dogma difendi ogni eretico respiro, perché la libertà delle labbra cresce solo nella scelta.
Id: 29786 Data: 12/01/2015 15:05:37
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