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Raccolta di poesie di Francesca Grasso
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

3 gocce di pensiero da leggere separate o come unica poesia

gli angoli velati delle pietre 

restano ancora un istante 

nelle moine

dell'acqua piovana 

*

i piedi sbattono sulle scale

allacciati 

con viso da burattino

*

rumore di cesoie 

cuciono 

l'incombenza 

della sera

 

*

quelle cose che accadono

quelle cose che accadono

possiedono la tempesta 

il cristallo dell'acqua

 

se non altro, per evocazione

il boccone nero del salto

impreciso e distratto

 

quelle cose che accadono

conservano le cavità di cera 

dei melograni, che ruggiscono

con bocche spaccate da insonni rossi

e recano una notizia senza destino 

 

perchè quelle cose che accadono

restano con dolorose serrature 

alle esclamazioni di voci solitarie

come semi abbandonati

alla disattenzione del vento

 

 

*

terzo tempo

la trappola divenne più grigia 

ora schiacciai per l'ultimo piano

il gesto andò perso nello specchio

vivo e tenero il richiamo del volto

con mille onde che osservavano

la corrente

mi lasciai toccare dalla lamiera

una specie di luogo con manoscritti

e libri rari. l'uso intensivo del vento

il mare, la luce

e il vento, il mare e la luce

grondarono tessiture d'autunno

 

tu al di là delle porte

con luci puntellate ad un filo

il vento ed il mare a formare un isoscele

il cui terzo lato era un segno che si spingeva in te

le mani rumoreggiarono una virgola

battesimo di una carezza

poi ridiscesi ed andai via dai tuoi capelli

vaghi e senz'alba sino all'orlo del giorno

 

 

 

*

secondo tempo

l'ascensore riprese il suo giro

con un lungo sospiro metallico

primo piano, secondo piano,

terzo piano, piano, piano

il bambino giocava con i bottoni

sotto la luce opaca. si era distesa

senza sporcare il cubo veloce

appariva più chiara, più scura

con drammatica confusione.

 

la fonte elettrica, come un tema,

una traccia scolastica da seguire,

ci richiese di muoverci 

in una bracciata arrivammo

al pian terreno. il bambino

scappò via nel paesaggio di nulla

una tana irta di piccoli becchi.

lo presero le strette scalinate,

quasi infinito nella fuga.

 

poi senti pozzanghere di foglie crepitare 

e un lontano verde assopito nel volto

 

 

 

 

 

*

la signora dell’ascensore - primo tempo

trovo sgraziata la parola vecchia 

come un freno che spezza la strada.

in ascensore una signora ha detto:

sono un pò vecchia

 

un pò, come se volesse ammorbidire 

la natura dei forti con nevralgici temi.

l'orbita delle pupille erano due cavalli 

con la fretta di perdere la riva del certo

 

tra asciutti ed ingenui arabeschi,

il fiume aveva penne d'uccello

correva snello nel suo regno 

senza carne a compensare 

 

il silenzio, una dimensione adulta.

forse non sai che tutto è nulla

che le armature sono taccuini 

dimenticati indietro in ogni uomo

 

dire le cose come sono, dire le cose

per dire, nel loro essereci. poi tacque.

tacque alla storia dei suoi luoghi

crisalidi che entravano nell'ombra

 

l'ascensore si fermò con un rullo di labbra

rimase il transito causale, uno sciame 

docile che sbatteva contro una lamina

e il battito di una parola come un bisbiglio

 

 

 

 

*

l’idem

tu hai capelli di melograno che si ripetono

e si racchiudono nell'idem della forma

si temprano come le rose al mattino

di semplici e sottili veli d'aria

salgono alle tue labbra concerto 

d'inatteso battito e liberano sullo sfondo 

quella sabbia in cui riposa la voce del mare.

Il faro con un dito di luce ci indica e punta

l'orizzonte, ecco, è lì che dobbiamo arrivare 

per scoprire che c'è un altro orizzonte 

e poi un altro. Un idem che si ripete

come il melograno e i suoi chicchi di lune rosse 

 

 

*

la bambina dai capelli rossi

la bambina dai capelli rossi 

ha indossato un costume azzurro

come il mosaico della piscina

 

viene sonoramente, si è catapultata

sacco di pietre alzando una fontana, 

galleggia come una chiazza bianca

 

un'orma nemica e pare che gli arti

siano scollati dal piccolo corpo

una rottura visuale, mentre a vederla

 

suscita un lento transito di tenerezza

e persino malgrado titola una riscoperta

ora, pesta l'acqua con eterno incidere

 

ad ogni scesa la piscina trema

e teme di crollare in mille tessere

se potesse strapperebbe l'acqua 

 

senza alcun equilibrio concettuale 

con le cartilagini di un raggio di sole

la liquidazione veloce del cuore

 

*

cartolina

mi ha chiesto di spedirgli una cartolina

gli piace tornare a casa, attendere l'arrivo

di qualcosa scritto durante la nostra vacanza

 

gli scriverò dell'odore di noi pellegrini

dei nostri tronchi che spiegano il nulla

di quella vita che si presenta e suona alla porta 

come un tessitore di domande che asciuga

nella sua sembianza qualsiasi linea

 

gli ho scritto una cartolina ogni volta

che siamo partiti, a sua insaputa,

questa volta è diverso, lui me lo ha chiesto

*

nella mia Penelope

c’è un luogo geografico
nella mia Penelope
dove il rosso irriga la nudità
puntella dentro le ossa

fin dentro le maree
il sigillo aguzzo del mio crederti
impronta e segno a lato del giorno
mi vivo, mi dilavo, ti aspetto

un atto a noi, le stelle di mezzogiorno
sotto l’abbondanza del buio
nell’angolo sicuro del nostro tutto
sullo spago sottile che ci fa foglie

*

avrei voluto darti

avrei voluto darti il mio deserto prugna

l’orto urbano di un cespo di uccelli

che razzola con un brusio rosso

e sordo vicino a S. Matteo

 

le nuove direzioni nel ventre

che nonostante ami tutta la musica

m’insegnano che se la morte ora viene

ha il colore di quella nota rossa

 

e da due sedie e solo da due punti

i due corpi giustapposti

come due muri di basalto

il mio e il tuo opposti e solitari

 

 

 

 

S.Matteo (chiesa di Lecce)