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Raccolta di poesie di Marco Galvagni
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Nelle tue labbra vi è il cielo

 

La luce di quest’aurora

è un tonfo di palme

gioco esaltante di domande

assenza di rischio di rifiuti-

per le vicende del giorno

la parete perderà i suoi ciottoli.

 

La luce di quest’aurora

i seni spogli dei miei sguardi

gli olezzi multipli d’un mazzo di fiori

dalle rose ai ciclamini

passando attraverso i girasoli,

la viola del pensiero.

 

Il rumore delle pietre,

della risacca del mare-

sfiora anse di rena in cui ci stendiamo

frante dal bagnasciuga del frangiflutti.

Il miele della tua pelle, la fragranza del pane

dalle orchidee delle stelle scendono gabbiani implumi.

 

La luce di quest’aurora

fiamma che ti rigenera

nasce verde e muore d’erba.

I primi balbettii di felicità

furono sotto veli di rugiada.

E nelle tue labbra vi è il cielo.

*

Sul lungofiume

 

 

Piante maggiori

coinvolte nel fuoco,

bionde o brulle, bruma o rugiada,

fiori estremi maledetti.

I tuoi seni di grazie accettate,

risate fra gli alberi, corse affannate.

 

Sono venti d’uragano.

Uragano che protegge le sue creature

frantuma steli di luce

assegna erbe agli insetti

nelle fumate dell’autunno,

nelle ceneri dell’inverno.

 

Randagia dalla fronte spianata,

il suo cuore, i suoi occhi-

è un astro,

le sue orbite palesano i pensieri:

trapuntati veleggiano in un gruzzolo di luce

nel tepore della stagione delle rondini.

 

Sul lungofiume di ramature

palpebre dischiudono intriganti occhi nocciola

dal bagliore dell’eco del fuoco.

Sul lungofiume dalle labbra umide

sognando la tua anima d’ombra

svanisce ogni assedio di pena.

*

La danza gialla delle foglie

 

 

 

Ascolto le note musicali della tua voce

venuta dalla terra per salire al cielo,

spio i tuoi tratti dorati:

ecco la tenerezza dello sguardo di seta,

la tua bocca, parola senza eco.

Avverto salire a tentoni il muschio della tua pena.

 

E’ la guerra oscura del cuore,

la lama spezzata di angosce commosse,

l’ebbrezza dei desideri.

E’ questo la mia vita:

l’acqua che i tuoi occhi mi recano,

il concerto di voce dei tuoi sottili pensieri.

 

Ah, coppa, ruscello, mia agile compagna.

Scorgo le coppe nella danza gialla delle foglie.

Ti giunge ululando il vento

nell’ora del sangue fermentato

quando la terra palpitando vibra

sotto il pallore del sole che la riga con code d’ombra.

 

Eccola, la tua forma familiare,

ciò che m’inonda

che mi empie l’anima in abbandono,

la tenerezza che s’avvolge alle mie origini:

matura in una carovana di frutta

uscendo dal tuo cuore come il vino dal centro dell’uva.

*

Nella distesa dei tuoi occhi

 

Il tuo capo in sintonia col mio

nell'ombra s'orienta meglio

che nella luce diafana d'aurora

quando sei fasciata di piacere

come un fuoco,

batte il mio cuore nel tuo petto.

 

Sull'erba azzurra della notte,

sotto voli di foglie

trascorriamo le ore

a rovesciare il tempo

e stormi di uccelli come piroscafi

con cui veleggiano altri naviganti bramosi

vogliono posarsi sulle tue labbra.

 

Bada a non concedere loro

le ghirlande delle tue membra

attendendo giorni di festa fioriti.

 

Concedi, invece, alle albe, all'orizzonte

l'ago della bilancia:

avrai una corona d'aria gialla

sulle trecce della tua folta capigliatura;

concedi il calore dell'estate imminente,

dalle palme della tua bocca

dà a me la tua dolcezza.

 

Perché nella distesa dei tuoi occhi

v'è sempre un castello incantevole

come una farfalla aperta alle virtù del vento.

*

Il battello dei sogni

 

La luce dei tuoi occhi è al limite di primavera

dove ogni gesto si tocca, s’interseca

dapprima solo rosso incenso

ora sottobosco dal profumo di pruni,

nuvola immobile nell’azzurro,

violino che suona un armonico concerto di note.

 

Ti racconterò dei tuoi occhi,

del loro colore nocciola,

folgore d’una scintilla d’un alfabeto d’amore.

Davanti all’uomo conquistato

sei cieca esaltazione, regina

ingenua come un fiume nel deserto.

 

Fra le aurore e il frangiflutti delle notti

vi sono ghirlande da coltivare,

te ne pongo una al collo di panna.

Fra i tuoi occhi e il mare

immagini

d’onde di di passione,                                                                                                

il nostro nido come quello d’una coppia di rondini.

 

Il battello dei sogni

veleggia in un lago dorato,

la terra inseminata attende i tulipani.

Sei la superba avventura del maggio odoroso

nei tuoi occhi vi son perle ogni giorno

più incantevoli d’un mazzo di fiori alle campane dell’arcobaleno.

*

Vieni, vieni da me usignolo

Nel fitto del mio petto

cadendo goccia a goccia sul cuore

il tuo nome come un sigillo

apre ampie conche d’oro.

 

Come in un sogno bollente estivo

da lontano mi chiami.

Anch’io rispondo a lettere di fuoco

Ely e sussurro: “vieni, vieni da me

nella tua aura dorata

come un usignolo nel sottobosco

poiché da tempo immemore t’attendo.”

*

Il poeta

Il poeta è una nuvola innamorata,

una goccia di stella scesa dal cielo,

la sua parola è l’onda che sale e si rovescia,

parola nel mare che sposta le navi col pensiero

macchia di luna bagnata dai raggi del suo sorriso 

cielo impassibilmente terso

che custodisce i sogni dei gabbiani:

volano nella notte scendendo dalle stelle,

risalgono nell’aurora bruciando il sole.

*

Nella distesa dei tuoi occhi

 

Il tuo capo in sintonia col mio

nell'ombra s'orienta meglio

che nella luce diafana d'aurora

quando sei fasciata di piacere

come un fuoco,

batte il mio cuore nel tuo petto.

 

Sull'erba azzurra della notte,

sotto voli di foglie

trascorriamo le ore

a rovesciare il tempo

e stormi di uccelli come piroscafi

con cui veleggiano altri naviganti bramosi

vogliono posarsi sulle tue labbra.

 

Bada a non concedere loro

le ghirlande delle tue membra

attendendo giorni di festa fioriti.

 

Concedi, invece, alle albe, all'orizzonte

l'ago della bilancia:

avrai una corona d'aria gialla

sulle trecce della tua folta capigliatura;

concedi il calore dell'estate imminente,

dalle palme della tua bocca

dà a me la tua dolcezza.

 

Perché nella distesa dei tuoi occhi

v'è sempre un castello incantevole

come una farfalla aperta alle virtù del vento.

*

Un albero di luna

 

I tuoi piedi di velluto nell’ombra,

le tua mani nella luce

guidano il volo d’aquila reale,

volteggia in un cielo d’innocenza-

tra la rugiada dei fili d’erba

le mie labbra conobbero il fuoco.

 

Porgendoti la mano incrociai i tuoi occhi nocciola

che mi stanno scalfendo l’anima nei sogni

in un palpitare d’immagini colorate.

Non importa per te che hai occhi non nati:

quando aprirò il libro d’acciaio del secolo d’oro

isserò bandiera di te, stella prigioniera.

 

Dal blu della volta celeste

m’avvicino ai raggi dorati della tua chioma,

terra di grano nata dal sole.

Si prepara il confine di notti scarlatte

nella mia anima rosso ciliegio

e accende pietre e ciottoli levigati.

 

Perché cresce l’onda del mio cuore

facendosi pane

e che la bocca lo divori-

il mio sangue è vino che suggi.

Il fuoco è l’amore rupestre che c’infiamma.

Io e te siamo un albero stellato di luna.

*

Ali di farfalle

Pieno di luci multicolori

il mio cuore di seta.

Cerchiamo aurore di conchiglie

ed un tramonto

in cui la notte

non tradisca il giorno.

Io veglio tutti da molto lontano,

oltre quel mare

dove s’accendono

i piccoli copricapi delle stelle.

La speranza, fioca,

continuerà nelle tenebre

e non lascerà

una ferita sanguigna

e mucchi d’ossa sparsi.

La strada avrà un fremito

di corda di violino

e noi lasceremo in dono

alla foresta

i nostri sogni trasportati leggeri

da ali di farfalle,

veloci a volare per non bruciarsi

sopra a questo mondo

lambito da un sole di pietra.

*

Onda di marea

Onda di marea risacca del firmamento,

acqua che sale sulla rena dove le nostre orme,

passeggiando, lasciano una scia di luce-

t’apri come la corolla d’una rosa nell’aurora.

Un immenso che graffia il vento

come un potente lancio di frecce nel cielo.

 

Ah primavera di abbacinate farfalle,

lei rondine innamorata che vola dal mio cuore al sole.

Scalpita nel crepuscolo,

i tratti del suo volto incisi dai coltelli nelle mie mani

lei, i suoi acuti giunti ai miei

lei, i suoi occhi marroni.

 

Lei, il suo cuore, libellula libera

che come una formica intelligente

con antenne d’istinto mi tocca.

Se le mie parole la trapassassero come aghi

dovrebbero entrare come spade

in un velluto d’arazzi.

 

Fiamma di luci,

liberami da questa notte cupa che annienta.

Amami, desiderami: la tua voce riecheggia nell’aria

e arde nel vento, la mia si smorza e muore.

Il mio richiamo la raggiunse

nelle notti di gelide stelle.

 

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*

Il pazzo

Il pazzo è un vino diverso che sa di more,

un lampo nel buio che reclama attenzione.

E’ l’anomalia d’oggi, mondo corrotto,

ti esige nello schema come un’immensa catena

dove ognuno recita per sé, monotona cantilena

che non ammette diversità.

E’ il gatto di marmo dalle sette vite

che ghigna beffardo;

il cane sciolto, il nodo mai risolto.

E’ la noia, la noia,

i rintocchi d’un vecchio

orologio a cucù che canta le ore della notte,

il silenzio franto

dallo sferragliare della ferrovia.

E’ un frutto mai raccolto,

un granello di sabbia

senza gravità che vola nella luce del mattino

e si deposita poi a sera

senza aver mutato la geografia del proprio destino.

 

*

Spirito puro ma guerriero

Non sa tramare insidie

lei spirito puro ma guerriero

difficile, così difficile da sedurre.

E’ il suo sguardo a lasciar trasparire costellazioni

in me ha posto il suo anelito

su di me ha lanciato l’aerea rete di certezze.

 

Innamorata in segreto

nude parole empiono l’aria

le scoprono il collo e i seni

le palpebre si dischiudono di luce

perché nei suoi occhi i baci

mostrino di lei solo corpo ed anima.

 

Si protende sul mio viso di pietra

ignaro il suo cuore

confida, scorda.

Sotto le nuvole delle sue ciglia

il suo corpo s’assopirà sul mio petto,

il profumo del capo sprofonderà nei sogni.

 

La brezza per una strada che avrà fine,

i passi delle foglie più spediti-

t’accarezzerò in un diluvio di colori-

i tuoi occhi fugano la luce.

Hai denti scintillanti come il fuoco,

la bocca fiamma d’ermellino.

 

*

L’arcobaleno

Annego nell'inchiostro

la seta fine che avvolge

il mio sonno

tra voli notturni

di pipistrelli e schiamazzi

mattutini delle lavandaie.

In un'aria di carta

cerco di dirigere

il traffico delle mie passioni

e, lasciandomi lambire

dalla brezza amica,

mi riposo all'ombra

della grande quercia

ascoltando canzoni di ieri.

Il tempo, intanto, immemore

delle mie sofferenze,

ambisce solo a spargere

la mia cenere dolce

nell'armonia dello spazio remoto

dove le stelle per noi son morte

e non c'è un arcobaleno

che, dopo le vicende della vita,

si stagli nel cielo turchino e muti

la nostra essenza dall'ombra alla luce.

*

Il mondo da una mongolfiera

Scappa attraverso il paesaggio rupestre,
capelli corvini e occhi scuri,
fra le fronde e le carezze del vento
gambe tornite in calze di sabbia,
immemore in tutti i veli di ruscelli.
Ultimo palpito s’un volto trasfigurato.

Nella placidità del suo corpo
avanza una sfera di neve,
sulla pelle un neo di silenzio.
Le sue mani, archi canori
frantumano ogni luce d’alba.
Nella sua dimora conta i minuti.

Per la sua stella,
esplosa nell’aria di dicembre,
per regalarsi gli occhi, per vivere giunti
sino alle praterie in fiore,
per regalarsi immenso amore
per donarsi le iridi all’ultimo secondo.

Per dormire nella luna
in quattro pupille, il sole nelle medesime.
Un amore fra le labbra-un vago uccello
adorna i campi, i boschi,
le strade e il mare.
Bella come il mondo da una mongolfiera.

 

 

 

 

 

 

*

La pena mortale

Nella danza della brezza

solco strade senza fine

calco i passi delle foglie

le nuvole occultano la tua ombra

specchiata nella tua immagine;

aculei di timore irrompono nella notte.

 

Sono palpebre per non vedere

chiudo le ciglia per non piangere.

Dove sono le tue mani e le carezze?

Dovo sono i capricci di futuri giorni rosati?

Tutto da afferrare graffiando

a smorzare ricordi di gelide notti.

 

Le aurore t’amo, ho le notti nelle vene.

Mi fido delle tenebre per indovinare

mi conferiscono il potere di avvolgerti,

di scuoterti di desiderio,

il potere di rivelarti

di afferrarti, di prenderti nei sogni.

 

Scorgo di fronte profondi occhi

ascolto parole che seppi ispirate

condivido l’amore che m’ignora

s’accende il mio cuore, la necessità d’amare.

Ma reclino il capo per pascere la pena mortale,

la vergogna s’uno sfondo di sberleffi cruenti.

 

 

 

 

 

 

*

Sul lungofiume

Piante maggiori

coinvolte nel fuoco,

bionde o brulle, bruma o rugiada,

fiori estremi maledetti.

I tuoi seni di grazie accettate,

risate fra gli alberi, corse affannate.

 

Sono venti d’uragano.

Uragano che protegge le sue creature

frantuma steli di luce

assegna erbe agli insetti

nelle fumate dell’autunno,

nelle ceneri dell’inverno.

 

Randagia dalla fronte spianata,

il suo cuore, i suoi occhi-

è un astro,

le sue orbite palesano i pensieri:

trapuntati veleggiano in un gruzzolo di luce

nel tepore della stagione delle rondini.

 

Sul lungofiume di ramature

palpebre dischiudono intriganti occhi bruniti

dal bagliore dell’eco del fuoco.

Sul lungofiume dalle labbra umide

sognando la tua anima d’ombra

svanisce ogni assedio di pena.

 

 

*

T’amo

Scrivo a lettere di fuoco

l’atlante del mappamondo delle tue colline.

La mia bocca di fuoco

si rivela in mille giochi di lusinghe.

Ho tante storie da narrarti sul confine del crepuscolo

perché t’accenda in riflessi sotto la campanula del firmamento.

 

E’ tempo d’uva, di raccolti fruttiferi

per me che vissi in lidi dove t’amavo,

solcando le onde con una caravella di ricordi,

pescando con reti che non trattenevano acqua d’oblio.

Ne restano appese gocce che tremano

come dei tuoi occhi gli intarsi delle pagliuzze.

 

Ami giocare con la luce del cielo stellato,

giungi a me tra fiori e frumento,

d’oro come i capelli di sole della tua chioma.

A nessuna assomigli da quando t’amo,

nel viso di latte di tutte le donne vedo il tuo-

ti stenderò un tappeto fiero ovunque tu passi ammirata.

 

T’amo su questa terra azzurra,

nel bosco incantato dei pensieri,

nei sottoboschi dal profumo di ciclamini.

Ti porrò una rosa all’occhiello

colta per magia sotto l’odore dei tigli

accendendo col fiore più bello il tuo sorriso.

 

 

 

*

La danza gialla delle foglie

 

 

Ascolto le note musicali della tua voce

venuta dalla terra per salire al cielo,

spio i tuoi tratti corvini:

ecco la tenerezza dello sguardo di seta,

la tua bocca, parola senza eco.

Avverto salire a tentoni il muschio della tua pena.

 

E’ la guerra oscura del cuore,

la lama spezzata di angosce commosse,

l’ebbrezza dei desideri.

E’ questo la mia vita:

l’acqua che i tuoi occhi mi recano,

il concerto di voce dei tuoi sottili pensieri.

 

Ah, coppa, ruscello, mia agile, futura compagna.

Scorgo le coppe nella danza gialla delle foglie.

Ti giunge ululando il vento

nell’ora del sangue fermentato

quando la terra palpitando vibra

sotto il pallore del sole che la riga con code d’ombra.

 

Eccola, la tua forma familiare,

ciò che m’inonda

che mi empie l’anima in abbandono,

la tenerezza che s’avvolge alle mie origini:

matura in una carovana di frutta

uscendo dal tuo cuore come il vino dal centro dell’uva.

*

Infrante chimere

Lambiscimi con gesti di gioia,

una parola d’assedio d’infrante chimere,

una sillaba più vicina alla tua bocca-

mi promette aurore di miele

fluttuando perso nei capelli corvini

dedicandoti, in un sorriso di luna,

strofe d’acqua e di cielo.

Pensieri che non t’appartengono

si tradurranno in note di canto

e ti empiranno d’oro le mani canore.

Frattanto raggianti ruote di pietra

avvolgono il paesaggio rupestre,

raggi d’oro calpestano i campanili.

 

Tu scrivi margherite sull’erba dei campi.

 

Quando avvicino il cielo

con le mie mani per destarmi

nelle lame di luce diafana

i tuoi baci si appiccicheranno

come lumache alla mia schiena-

gireranno i calendari e sortiranno

nel mondo i giorni come foglie azzurre;

comparirai nel mio spazio, nel mio anello

ora solo verbo ed inferno.

 

Ti guarderai in una lacrima,

t’asciugherai gli occhi dove fui-

ora d’improvviso piove verde

ma il mio cielo s’è fatto roseo.

 

*

Due rosse binarie

Continua ad essere il mio fiore

quando alberi rampicanti salgono

e sorridi nel rossore del tramonto;

allora basta un gesto tenero

perché nella notte l’orologio

scandisce le ore e ti empie d’oro.

 

Sei la donna amata nel mio petto,

il tuo capo d’oro scintilla

come un nasturzio luminoso,

gira agitando il mulino del cuore,

scendono le lancette delle ore notturne

tali a pipistrelli dal cielo.

 

Quando con te s’avvicina la luna

i tuoi baci infuocati

s’appiccicano come lumache

alla mia pelle che freme per te-

tu sola esisti nel mio universo

ebbro di pioggia di lacrime felici.

 

Al mio fianco, donna innamorata,

sei una canzone intitolata col mio nome

e mai ne sfogli altri.

Siamo due rosse binarie

intrise della rugiada dei campi ove ci stendiamo

feriti d’amore dagli aghi di pino.

 

 

*

Nelle nuvole dei suoi occhi

 Un vago pino

nei cui rami ci son uccelli

 

si nutrono dei diafani raggi d’alba.

 

Un vago pino

 

è l’albero quotidiano delle inquietudini,

 

padroneggia i miei capricci.

 

 

Poi una fanciulla di madreperla

 

impastata di rosa,

 

di ciliegie vermiglie

 

che maturano sulla torre della sua cupola

 

s’apre come la corolla

 

d’un ciclamino selvatico nell’aurora.

 

 

Ora tenue molto più spesso potente

 

il suo poderoso amore,

 

il suo amore nelle mie unghie

 

e la luce di stella

 

dei ridenti occhi corvini-

 

pungolo che non abbandonerò.

 

 

Astro d’ogni giorno-

 

anche lei sta sognando.

 

Di chi?

 

Di chi sogna la donna carnale

 

nelle nuvole dei suoi occhi?

 

Di me.

 

          

 

 

 

 

 

 

*

Due stelle

Due stelle,

sugheri galleggianti nel cielo

primule d’innocenza

colte nell’argine della neve

ad accendere i raggi della luna,        

a profumarne di luce il sorriso-

a dar gioia come un’alba che scivola

nel fiore d’una notte bagnato di te.

*

Un autunno di regali

Prima che scoccasse un incendio

incontrai i tuoi lucenti

occhi corvini di stella;

camminavo a tentoni

sul selciato delle vie acciottolate-

tutto il nostro emisfero

attendeva me e te mano nella mano

in un sentiero ornato di glicini.

Non dovetti più combattere nell’arena,

iniziai a scorgere i tuoi occhi

di libellula libera.

 

Prima ogni ardore era indelebilmente estraneo,

tutto appariva lontano e necessario

sinché la tua bellezza e i sigilli del tuo nome

non caddero su di me e prepararono

un autunno di regali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Schegge di stelle

Quando fra schegge di stelle risuonano campane d’aurora
mi desto nel gomitolo di lenzuola del primo raggio
c’è un velo di nebbia nel cielo dei desideri,
noi in un cantiere d’amore come in ogni alba
figli d’un destino errante dalla pronuncia naif,
palme sorridenti s’un’ isola in un deserto scritto.

 

Ecco che trionfa l’azzurro, balena come una domanda
in un’acqua di gioia, ognuno lieto del proprio destino
vivida ancora l’emozione delle carezze notturne
esuli in un verde canneto nel lago di fango predisposto
come i cantori di meraviglie universali,
io della tua nella dolce ebbrezza di starti accanto.

 

E’ un armonico concerto d’idee che si staglia
nel sorriso cangiante del sole, io perso nei tuoi canti di voce,
la musica sottile della tua anima espressa in note
nell’immobile fiamma della calma del cielo
solo tu la rosa più profumata del bosco
allietato persino da dolci effluvi di pruni e ginestre.

 

Tu mi piaci perché ogni dolce pensiero è sotteso,
sgorga ripido come un ruscello tra i sassi dell’impazienza
e viene a valle in una possibilità che si fa mare
in cui nuotare come una benedizione, acqua di tedio franta
dalla prima volta che incrociai i tuoi occhi in quella casa
dove soffiammo insieme sulla brina dei vetri, in un’idea di libertà.

 

 

*

Il ciclamino d’un sottobosco

La rosa accesa smuove la terra

con mani ardite di fuoco

per una notte non l’ultima

(fra i seni turgidi l’universo incolore

assume la forma delle fiamme)

ma non la prima di velluto.

 

Notte simile ad un giorno rosato

senza ignoranza e senza fatica

senza pena, disgusto.

Fra le stelle le tue mani bollono-

sei come il ciclamino d’un sottobosco,

io te lo pongo sulla veste.

 

Notti d’amore

accostati al frangersi d’onde,

la salsedine a schiumare i pensieri

velati d’incanto come il primo fiore

colto per magia un purpureo crepuscolo

una sera di cinguettii di merli.

 

Notte franta nelle anse delle stelle

dai sonagli dei tuoi polsi,

dal rumore delle onde del mare,

dal taglio d’un orizzonte di baci,

dal concerto di gioia della tua voce.

Notti d’amplessi infiniti sino all’aurora.

*

La mia colomba

L’alba di questo giorno,

errante e senza sosta

come una caravella alla deriva

in assenza dei tuoi morbidi capelli

scuri e dei tuoi occhi che,

come una formica intelligente,

con antenne d’istinto mi lambiranno.

Lei passa come un’ape,

ebbra di miele e ronzii

toccando quest’inverno d’ombra,

le regioni remote del mio cuore

costruendo la mia e vieppiù la nostra luce

con la sua bianca energia.

Infine, tutto il mio caos

verrà ricostruito col suo candore-

tutto ubbidirà al vento della vita

e lei, ordinatrice, vorrà essere

la mia colomba.

*

Amore dalle trecce di sole

 

 

Amore dalle trecce di sole,

dalle coppe a forma di colomba

intenta malgrado la notte che avanza

nell’abisso del piacere

indulge al mio desiderio d’amare,

ai miei sconfinati sogni innocenti.

 

Dopo pendii innevati

i nostri occhi chiudono le loro finestre

nelle quattro mura di cartone

della nostra intimità di baci incarnati-

la tua immagine latente

sempre a me ritorna.

 

E’ qui che iniziano in un canto

i nostri viaggi e le migliori follie,

cominciano e non terminano,

proteggono le nostre vite-

tu astro sceso per miracolo dal camino

ad illuminare l’intera stanza.

 

Una foglia lucente come un panno bagnato

è madre della tua chioma quasi come fili d’erba.

I laghi ingabbiati in fondo alle pozze,

gli anelli della frescura del vento in giardini novelli:

di questi la più bella sei tu,

un balsamo che invita al riposo.

*

Perchè per me sei la più bella

Ely, nel mio cuore

ti lascio un fremito diamantato,

ciò che da te non ebbi

ma che mi donerai come un diadema stellato

figlio d’un antico incantesimo.

Il mio amore è un uccello ferito

e io ne sarò la panacea.

Perché per me sei la più bella.

Hai tatuaggi di nuvole,

cigni e gabbiani

non sulla pelle ma nell’anima,

pura e nitida.

E’ di pane il tuo cuore

e le tue mani sono archi stellati.

Hai anima che io immagino rosso fuoco

come una stilettata nelle tenebre,

prelude ad un gomitolo di lenzuola

in cui, madidi, ci avvinghieremo.

Col pianoforte dei miei versi

per te suonerò note audaci,

nella neve o fra gli aironi

e su di te, sulle tue ciglia,

cadrà musica di vero amore.

Sempre m’immergerò

nella tua ombra di corallo.

L’alba e il crepuscolo

saranno il nostro sorriso:

vedrò l’aurora nei tuoi capelli

e la sera nelle tue unghie.

Il tuo viso e il tuo corpo

vennero da me da una casa straniera

in una giornata miracolosa

velata da aghi di pioggia e da un sogno,

un giorno di miracolose resurrezioni di farfalle

in cui tu, prima stella da qui all’infinito,

fosti avvolta in una carezza di luce,

io felice per averti trovata

fra le crepe d’uno specchio.

La tua bocca mi regalava

libellule di luce,

pensando ad appuntamenti in radure ombrose

in cui rotolarci innamorati nell’erba;

desiderai avvicinarmi al fogliame

per stendermi con te presso il greto d’un ruscello,

nuotando controcorrente, com’è nella vita

il nostro cammino.

Il nuovo autunno della volta celeste

sarà velato di fari nella trama delle stelle,

cadranno in ottobre foglie dagli aceri,

un autunno di nebbie e tristezze.

Io non so dove andrai, dove andrò

camminando senza la mia duplice.

So solo che la mia cripta recondita di gioia

la devo al tuo ricordo etereo,

mia quaglia piumata.

Staremo uniti e le nostre mani

s’incroceranno fra glicini.

Tutto sarà riunito.

Perché per me sei la più bella.

 

 

*

Spirito puro ma guerriero

 

Non sa tramare insidie

lei spirito puro ma guerriero

difficile, così difficile da sedurre.

E’ il suo sguardo a lasciar trasparire costellazioni

in me ha posto il suo anelito

su di me ha lanciato l’aerea rete di certezze.

 

Innamorata in segreto

nude parole empiono l’aria

le scoprono il collo e i seni

le palpebre si dischiudono di luce

perché nei suoi occhi i baci

mostrino di lei solo corpo ed anima.

 

Si protende sul mio viso di pietra

ignaro il suo cuore

confida, scorda.

Sotto le nuvole delle sue ciglia

il suo corpo s’assopirà sul mio petto,

il profumo del capo sprofonderà nei sogni.

 

La brezza per una strada che avrà fine,

i passi delle foglie più spediti-

t’accarezzerò in un diluvio di colori-

i tuoi occhi fugano la luce.

Ha denti scintillanti come il fuoco,

la bocca fiamma d’ermellino.

*

Nel medesimo ruscello

Spostiamo insieme distanti

gli argini d’un fiume denso

d’una grassa prateria di fiori,

viviamo nel medesimo ruscello

scaturito da una florida fonte,

apparteniamo ai lidi più felici.

 

Filari di pioppi lo ornano,

son legni che viaggiano sulle onde,

il nostro peso immobile

scava il paesaggio rupestre-

ogni accordo di consonanza

mai concluso s’è dissolto.

 

Nella città impregnata

di miseria e tirannia

l’ombra di paesaggio si scolora,

s’eclissa l’ora della schiavitù

alle spalle speranza mi spinge-

mai per sempre ci lasciammo.

 

L’erba si rialza viva

su strati innocenti di terriccio.

La gioventù in delirio si scolora,

più oltre tutto è rovina-

sono baci a misura di noi stessi

impastati di rosa e rosso fuoco.

 

*

Un solo zampillio

Apparteniamo ai greti

dei ruscelli più lieti.

Conosciamo il limbo del fiume

più acceso delle praterie fiorite.

Viviamo in un solo zampillio,

apparteniamo al porto più felice.

 

Lontani i fiori avvizziti delle vacanze altrui

avanza appena un’ombra di paesaggio,

si eclissano le strettoie della libertà-

portone che si dischiuderà con un chiavistello.

Speranza ci logorava

in una città impastata di carne e miseria.

 

Caleranno nel vermiglio crepuscolo

sul tuo volto le palpebre del sole-

sipario dolce come la tua pelle

dagli aromi di velluto

nella salubre vegetazione di boschi e uccelli,

diafana più delle lame di luce dell’alba.

 

Saranno i nostri baci, le carezze

a misura di noi stessi,

più oltre tutto è macerie.

La nostra gioventù si denuda e sogna,

l’erba s’arriccia in sordina

su strati innocenti di terriccio.

 

 

*

Il rivale

Forgiata nel corso degli anni

porta la benedizione e la cenere

morde emettendo sibili acuti

ogni foglia del sottobosco-

ha occhi di lucciola libera

nel transitare accesa come un lapillo.

 

Aprimi le tue labbra, fiamma di luci,

per cogliere il varco al tuo astro,

per aprire tutte le porte del cielo-

io perso nei sogni tuo prigioniero

dei lineamenti leggiadri,

della simmetrica figura statuaria.

 

Saranno inumidite le lenzuola?

Il mio silenzio è voce d’uomo

che t’indica la via maestra.

Rotoli nell’erba palpeggiata dal rivale

il vecchio sudore del seme un rampicante

di farina che scivola sino alla tua bocca.

 

Ah lievi, pazze coppe agili

aria che scende in un mare a valle

come il sole a forma di colomba.

Ah sapori, palpebre d’ala viva

con un tremore di fiori.

Ah cosce snelle di miele svestite.

 

*

Il silenzio acuto del mattino

A mio padre

 

Ho annodato
a ciottoli levigati
il fluire dei miei ricordi.
Forse era l’aurora cremisi
che si specchiava nei solchi
delle rare onde,
forse la magia
del silenzio acuto del mattino.
Forse la quiete infinita
ed il confluire d’umane speranze
tipici d’ogni alba
in qualunque angolo del mondo.
Forse un po’ di tutto ciò
mischiato all’amore per la vita:
e noi in simbiotica armonia
su quei greti ci trovavamo,
padre,
ed era l’acuto silenzio
delle nostre illusioni,
la genesi
delle nostre buone intenzioni.
Era la folgorante attesa
d’un alito di luce
a farci muovere, padre,
laddove ormai sono avanzate
poche manciate di rena
e l’acqua ha reso canute
persino le amiche conchiglie.

 

Pubblicata dalla rivista nazionale Poesia nel 2002

 

*

Quando incrocio i tuoi occhi

Capelli neri come il cielo che fa da manto.

Quando incrocio i tuoi occhi

finestre spalancano le braccia,

tovaglie di neve sfavillano.

Si schiudono i desideri dell’infanzia

per la bramosia cantata in sordina.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

ogni ombra di tema svanisce,

si dissolve il veleno dell’erba dei campi.

Dai rovi nelle ruderi dei templi

sortiscono frutti di fuoco vermigli,

il mosto della terra annega le api.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

si svuota lo spazio siderale,

le onde lambiscono i bagnasciuga

i leoni, le cerve, le colombe

tiepidi d’aria pura

mirano nascere la nostra primavera.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

le pareti scottano di nuova vita,

dentro il nostro letto di natura

è eretto d’innocenza,

sempre più nuda e schiava

d’un eterno gioco di foglie.

 

*

Come roccia e come gallo

Battevano le campane della neve

in un dicembre fra i nostri segreti

tu m’infondevi coraggio

con te ogni annata sarà lieta-

l’alito di pesca delle mie labbra

sarà l’avventura d’un elemento primario.

 

Solo per quest’anno

serberemo la resistenza di giovinezza,

la nudità dell’erba

dei tuoi occhi luminosi-

presto sentirò le tue labbra dischiuse

in tre minuti d’acqua cristallina.

 

Come roccia e come gallo,

un gallo simile a un incendio d’oggi

è un frullo di colori

la luce folgorante

babele d’antica memoria

per dissipare pene e sonno agitato.

 

Mi muovo a stento nell’ombra

quanto basta a disegnare il cielo

per raccogliere nidi di piacere,

il lieve tocco delle mani di seta,

nidi di carezze aguzze come la serpe

ciò che basterà per raccogliere baci di velluto.

*

Il battello dei sogni

 

 

 

La luce dei tuoi occhi è al limite di primavera

dove ogni gesto si tocca, s’interseca

dapprima solo rosso incenso

ora sottobosco dal profumo di pruni,

nuvola immobile nell’azzurro,

violino che suona un armonico concerto di note.

 

Ti racconterò dei tuoi occhi,

del loro colore corvino,

folgore d’una scintilla d’un alfabeto d’amore.

Davanti all’uomo conquistato

sei cieca esaltazione, regina

ingenua come un fiume nel deserto.

 

Fra le aurore e il frangiflutti delle notti

vi sono ghirlande da coltivare,

te ne pongo una al collo di panna.

Fra i tuoi occhi e il mare

immagini d’onde di passione,

il nostro nido come quello d’una coppia di rondini.

 

Il battello dei sogni

veleggia in un lago dorato,

la terra inseminata attende i tulipani.

Sei la superba avventura del maggio odoroso

nei tuoi occhi vi son perle ogni giorno

più incantevoli d’un mazzo di fiori alle campane dell’arcobaleno.

 

 

 

*

Come roccia e come gallo

Battevano le campane della neve

in un dicembre fra i nostri segreti

tu m’infondevi coraggio

con te ogni annata sarà lieta-

l’alito di pesca delle mie labbra

sarà l’avventura d’un elemento primario.

 

Solo per quest’anno

serberemo la resistenza di giovinezza,

la nudità dell’erba

dei tuoi occhi luminosi-

presto sentirò le tue labbra dischiuse

in tre minuti d’acqua cristallina.

 

Come roccia e come gallo,

un gallo simile a un incendio d’oggi

è un frullo di colori

la luce folgorante

babele d’antica memoria

per dissipare pene e sonno agitato.

 

Mi muovo a stento nell’ombra

quanto basta a disegnare il cielo

per raccogliere nidi di piacere,

il lieve tocco delle mani di seta,

nidi di carezze aguzze come la serpe

ciò che basterà per raccogliere baci di velluto.

*

Il grande inganno

 

 

Tu mi racconterai

del grande inganno,

di come cala la nebbia

sulle sterpaglie dei sentimenti,

di come ti prendesti

gioco di me eludendomi,

di come forse sognasti

una nuova aurora senza desiderarla

e di come ponesti le orme

nel mio sentiero

senza respirarne il profumo di vita.

Ora, mia dolcissima amica,

ambisco solo che l’intricato nodo

della matassa dei miei desideri

si sciolga per sempre,

immaginando un’alba dorata di sole

allietata da un cinguettio di merli

illuminata dal sorriso di lei.

 

*

Fra una petraia e un ciclamino

Fra il carcere e l’aria libera,

tra i pugni e le carezze,

fra una petraia e un ciclamino

vi son diversità più ammalianti

che tra la pioggia e il vento,

l’uomo e la donna.

 

Mio elemento primario

cespuglio di metamorfosi

il tetto delle stelle si distendeva

in un dicembre di corvi

che sfumavano nelle nebbie

della mia solitudine.

 

Ho sempre temuto il tuo silenzio:

vi nascono idee senza ragione,

assenza di palpiti di fremiti,

lo stucchevole rame

assai meno lucente della tua cute

dirimpetto alle persiane dei vetri.

 

Il tuo volto fendente,

landa affatto deserta

perché sei tagliata apposta

per l’amore e il piacere-

in un gomitolo di lenzuola

te ne starai nuda supina.

 

 

 

*

Un albero

Un vago albero

i cui rami son ruscelli

bevono alla sorgente del sole,

i pesci squamati d’argento

cantano come perle,

padroneggiano i miei capricci.

 

Poi una donna dalla bocca di fragola,

di rose vermiglie che s’aprono come conchiglie

è fiamma braccata dalla linfa dei desideri,

sarà amante irresistibile impastata di rosa-

sul tappeto erboso ci rotoleremo

fra carezze di rugiada.

 

Il suo delirio,

il suo amore ai miei piedi,

feriti dagli aghi di pino;

le conchiglie dei suoi occhi corvini,

limpida sotto le sue smagliature-

fucina di tutti i miei sogni.

 

In questa foresta che brilla

di cento uccelli muti

nella notte dell’albero

sei un fiore bruciato nell’aria erosa,

nessun altro colore ha il sopravvento-

si manifesta in un sentiero di carne.

 

Distillare le coppe del tuo oro nero

sino all’ultima goccia di sonno.

 

 

 

*

L’orgoglio dei vivi

Alla memoria di mio padre

 

Ascolta l’impalpabile

ritmo del tempo:
sarai pronto nell’ora
dell’agonia
e sconfiggerai le tenebre
con la forza del silenzio;
quella forza
che, tenace, attraversa i secoli
e fa risplendere
con gran fulgore
il mistero cui t’avvicini.
Scaccerai
l’orgoglio dei vivi
con la promessa dell’eternità
e solcherai la vicenda dolce
della tua vita
penetrando il buio
con la tua scorza di diamante.

 

Vivrai il tarlo che rode
la tua coscienza scalfita
da un senso d’impotenza
con l’onore dell’età,
stinta come quel lenzuolo
di lino che pare scacciare
il freddo dell’abisso
ed io ora, padre, oso
accarezzare la tua fronte
imperlata di sudore
che, in una memoria di bambino,
conservo ancora vergine di rughe.

 

Seconda classificata nel Premio Internazionale Olympia-Città di Montegrotto (PD) 2004.

 

Pubblicata nel 2004 dalla rivista nazionale Poesia.

 

Poesia apprezzata dal Sig. Giuseppe Conte.

*

La folgore d’un incendio

La miseria rampicava ancora sulle mura,

morte riteneva di palesarsi-

hai una folta schiera di amanti

risoluti a procedere sfidandosi.

 

Ambivano ad inebriarsi di se stessi

i loro sguardi sognavano di suggere il miele,

amavano il tuo cielo per gli ardori,

erano nati per penetrare nel nostro autunno.

 

Quanti baci appassionati pascendo

sotto la luna benevola, quanti richiami,

quanti sconfitti per eccesso di brama-

io t’attendo e sarà l’eco del tuo sorriso.

 

Non c’è foresta arsa che tenga

alla folgore dell’incendio

delle spighe di grano infiammate,

ad un bacio irruento che dice “t’amo.”

 

T’amo e t’adoro

fra le risa nelle isole,

al limitare delle fertili valli

perché i fiori proteggono l’erba della tua pelle.

 

*

Un volo di rondine


Il meriggio consolerà il mattino
per aver trascorso frammenti del nuovo giorno.
Se qualcuno ricorderà l’alba
sarà tempo di quiete sfumato,
ricordo lambito da echi sfiniti,
candido pallore che quasi
richiama il colore del crepuscolo.
Dimenticato è ormai il mattino
in una fitta pioggia di speranza
che ha permeato il meriggio
d’un’apparenza vespertina.
Il giorno regalerà alla notte rose di seta
e verrà il tempo dei vizi, il tempo dei rimorsi
e sarà la foglia d’una pianta appassita
ad ondeggiare ed insegnare
che anche nel vuoto di piombo del silenzio
l’inchiostro sinuoso si agita
e traccia graffiti d’amore.
Udendo gli schiamazzi di quattro ubriachi che cantano,
dolcemente m’assopirò sotto un’arcata di cielo lattiginoso.
Porrò a tacere le membra assonnate
in una notte dove la luce delle stelle
illumina un uragano di passioni.
All’alba sarà un volo di rondine
ad illanguidire d’amore gli alberi,
aprire il cuore a vagiti di speranza
e concedermi l’attesa della nuova stagione.


Pubblicata dalla rivista nazionale Poesia nel 2005.

 

1

 

*

Il pazzo

Il pazzo è un vino diverso che sa di more,

un lampo nel buio che reclama attenzione.

E’ l’anomalia d’oggi, mondo corrotto,

ti esige nello schema come un’immensa catena

dove ognuno recita per sé, monotona cantilena

che non ammette diversità.

E’ il gatto di marmo dalle sette vite

che ghigna beffardo;

il cane sciolto, il nodo mai risolto.

E’ la noia, la noia,

i rintocchi d’un vecchio

orologio a cucù che canta le ore della notte,

il silenzio franto

dallo sferragliare della ferrovia.

E’ un frutto mai raccolto,

un granello di sabbia

senza gravità che vola nella luce del mattino

e si deposita poi a sera

senza aver mutato la geografia del proprio destino.

 

*

La folgore d’un incendio

La miseria rampicava ancora sulle mura,

morte riteneva di palesarsi-

hai una folta schiera di amanti

risoluti a procedere sfidandosi.

 

Ambivano ad inebriarsi di se stessi

i loro sguardi sognavano di suggere il miele,

amavano il tuo cielo per gli ardori,

erano nati per penetrare nel nostro autunno.

 

Quanti baci appassionati pascendo

sotto la luna benevola, quanti richiami,

quanti sconfitti per eccesso di brama-

io t’attendo e sarà l’eco del tuo sorriso.

 

Non c’è foresta arsa che tenga

alla folgore dell’incendio

delle spighe di grano infiammate,

ad un bacio irruento che dice “t’amo.”

 

T’amo e t’adoro

fra le risa nelle isole,

al limitare delle fertili valli

perché i fiori proteggono l’erba della tua pelle.

 

*

Infrante Chimere

Lambiscimi con gesti di gioia,

una parola d’assedio d’infrante chimere,

una sillaba più vicina alla tua bocca-

mi promette aurore di miele

fluttuando perso nei capelli corvini

dedicandoti, in un sorriso di luna,

strofe d’acqua e di cielo.

Pensieri che non t’appartengono

si tradurranno in note di canto

e ti empiranno d’oro le mani canore.

Frattanto raggianti ruote di pietra

avvolgono il paesaggio rupestre,

raggi d’oro calpestano i campanili.

 

Tu scrivi margherite sull’erba dei campi.

 

Quando avvicino il cielo

con le mie mani per destarmi

nelle lame di luce diafana

i tuoi baci si appiccicheranno

come lumache alla mia schiena-

gireranno i calendari e sortiranno

nel mondo i giorni come foglie azzurre;

comparirai nel mio spazio, nel mio anello

ora solo verbo ed inferno.

 

Ti guarderai in una lacrima,

t’asciugherai gli occhi dove fui-

ora d’improvviso piove verde

ma il mio cielo s’è fatto roseo.

 

*

Bocca illuminata

Le feci io il primo,

vivace passo su questa terra rosata

con un acuto vagito di bimbo

donandole orchidee all’infinito-

sfavillanti come la neve,

ardenti come il sole di mezzogiorno.

 

Il gallo alle porte d’aurora

avrà frantumato il tappeto della notte

su rulli di vivacità.

Non si leverà tanto presto il capo

verso il sole che si adorna

ma si occulterà dietro gli occhi.

 

Si leverà poi verso una lama di luce

la tua bocca più vorace d’una mimosa,

bocca celata dietro a ciglia asciutte-

presto si occulterà dietro agli aghi di pino

dispensando sogni nel silenzio-

collana spezzata da parole ribelli.

 

Un’altra bocca per giaciglio,

amica di erbe febbrili,

selvaggia e buona creata per me

e per nessun altro-

bocca immemore d’ogni linguaggio.

Bocca illuminata dalla mia anima.

 

 

*

Un autunno di tigri all’agguato

Saremo giunti con un dardo nel petto

in un autunno di tigri all’agguato

della nostra fragrante pelle di miele,

un olezzo d’inaccessibile cute

desiderando annusare sudore verde

ci ritroveremo nell’umidità dei baci.

 

Mia compagna d’infinite, palpitanti visioni

come minacciosi rintocchi di campane,

puledra dai fianchi snelli che vorrei toccare

dal canto del sorriso di stella-

in un futuro paesaggio di foglie ingiallite

ci inumidiremo le labbra invase dalla sete.

 

Lì sono i tuoi occhi odoranti di selvaggina,

di fulmine che trapassa pareti-

hai denti che mordono mele di sangue,

le tue mani graffiano il sole ghermendolo,

i piedi di pioggia, imbuti d’ombra,

son fiori dall’olezzo di mimose.

 

Mi spii con labbra carnose

scalfisci le pietre, l’oro e l’argento,

cresce l’aerea rete di pensieri,

la tua scorza-non vi è distanza né rame.

Vorrei toccare in un palpito le tue morbide mani

e far cadere crepitando il vellutato fiore brunito.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

L’orgoglio dei vivi

 

Alla memoria di mio padre

 Ascolta l'impalpabile

ritmo del tempo:

sarai pronto nell’ora

dell’agonia

e sconfiggerai le tenebre

con la forza del silenzio;

quella forza

che, tenace, attraversa i secoli

e fa risplendere

con gran fulgore

il mistero cui t’avvicini.

Scaccerai

l’orgoglio dei vivi

con la promessa dell’eternità

e solcherai la vicenda dolce

della tua vita

penetrando il buio

con la tua scorza di diamante.

 

Vivrai il tarlo che rode

la tua coscienza scalfita

da un senso d’impotenza

con l’onore dell’età,

stinta come quel lenzuolo

di lino che pare scacciare

il freddo dell’abisso

ed io ora, padre, oso

accarezzare la tua fronte

imperlata di sudore

che, in una memoria di bambino,

conservo ancora vergine di rughe.

 

*

Nelle tue labbra vi è il cielo

La luce di quest’aurora

è un tonfo di palme

gioco esaltante di domande

assenza di rischio di rifiuti-

per le vicende del giorno

la parete perderà i suoi ciottoli.

 

La luce di quest’aurora,

i seni spogli dei miei sguardi

gli olezzi multipli d’un mazzo di fiori

dalle rose ai ciclamini

passando attraverso i girasoli,

la viola del pensiero.

 

Il rumore delle pietre,

della risacca del mare-

sfiora anse di rena in cui ci stendiamo

frante dal bagnasciuga del frangiflutti.

Il miele della tua pelle, la fragranza del pane

dalle orchidee delle stelle scendono gabbiani implumi.

 

La luce di quest’aurora,

fiamma che ti rigenera

nasce verde e muore d’erba.

I primi balbettii di felicità

furono sotto veli di rugiada.

E nelle tue labbra vi è il cielo.

 

*

L’arcobaleno

Annego nell'inchiostro

la seta fine che avvolge

il mio sonno

tra voli notturni

di pipistrelli e schiamazzi

mattutini delle lavandaie.

In un' aria di carta

cerco di dirigere

il traffico delle mie passioni

e, lasciandomi lambire

dalla brezza amica,

mi riposo all'ombra

della grande quercia

ascoltando canzoni di ieri.

Il tempo, intanto, immemore

delle mie sofferenze,

ambisce solo a spargere

la mia cenere dolce

nell'armonia dello spazio remoto

dove le stelle per noi son morte

e non c'è un arcobaleno

che, dopo le vicende della vita,

si stagli nel cielo turchino e muti

la nostra essenza dall'ombra alla luce.

*

Quando incrocio i tuoi occhi

Capelli neri come il cielo che fa da manto.

Quando incrocio i tuoi occhi

finestre spalancano le braccia,

tovaglie di neve sfavillano.

Si schiudono i desideri dell’infanzia

per la bramosia cantata in sordina.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

ogni ombra di tema svanisce,

si dissolve il veleno dell’erba dei campi.

Dai rovi nelle ruderi dei templi

sortiscono frutti di fuoco vermigli,

il mosto della terra annega le api.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

si svuota lo spazio siderale,

le onde lambiscono i bagnasciuga

i leoni, le cerve, le colombe

tiepidi d’aria pura

mirano nascere la nostra primavera.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

le pareti scottano di nuova vita,

dentro il nostro letto di natura

è eretto d’innocenza,

sempre più nuda e schiava

d’un eterno gioco di foglie.

 

*

I figli della guerra

Anni tremanti appesi ad una foglia
su per il vorticoso dedalo dei sentieri della vita.
Era il tempo di baci screziati di viole,
frutto di teneri abbracci e carezze.
Ora, noi figli della guerra,
ascoltiamo l'eco dei silenzi dei cuori stranieri
e, intrisi di tristezza, vaghiamo
nella luce fatua dell'impervia brughiera
incendiata da un'accerrima battaglia.
Poi,
quando finalmente s'immolerà l'animo nostro
schiavo della sete amara del potere,
non saremo più costretti ad annaspare,
non più naufraghi nelle impervie trincee.
Scacceremo d'improvviso l'orrore
con una promessa di pace
che assumerà l'aspetto, nella nostra oasi di quiete,
d'oro fuso d'un amore tramato fitto.



*

Un albero

Un vago albero

i cui rami son ruscelli

bevono alla sorgente del sole,

i pesci squamati d’argento

cantano come perle,

padroneggiano i miei capricci.

 

Poi una donna dalla bocca di fragola,

di rose vermiglie che s’aprono come conchiglie

è fiamma braccata dalla linfa dei desideri,

amante irresistibile impastata di rosa

sotto l’albero rotolandoci

fra carezze di rugiada.

 

Il suo delirio,

il suo amore ai miei piedi

feriti dagli aghi di pino;

le conchiglie dei suoi occhi corvini,

limpida sotto le sue smagliature-

fucina di tutti i miei sogni.

 

In questa foresta che brilla

di cento uccelli muti

nella notte dell’albero

sei un fiore bruciato nell’aria erosa,

nessun altro colore ha il sopravvento-

si manifesta in un sentiero di carne.

 

Distillare le coppe del tuo oro nero

sino all’ultima goccia di sonno.

*

In queste ramature

Refrigerio velato di carezze,

gatta randagia dalle orbite di luce,

mare cristallino in cui perdermi,

occhi che palesano la sua mente

sono la frescura di primavera-

il suo cuore apparterrà ad una stella di giada.

 

Immergendosi nel velo di baci

lei si desterà la notte, sussulterà

stendendo su di me la sua rete di carezze

per stupirsi dello scintillio del mio sorriso

ebbro di gioia come quando-le gote

rosse d’emozione-ne colsi il primo scintillio.

 

In queste ramature

non veleggiano con piroscafi altri naviganti,

le mie palpebre dischiuse in un sorriso

mostrano il bagliore dell’eco del fuoco-

tu astro sceso per miracolo una notte

dal camino ad illuminare la mia dimora.

 

Lei sonda la mia mente penetrando nell’anima.

Gli aneliti scivolano in risa di dolore:

squarciano l’aria delle tegole,

l’impotenza altrui con una canzone minerale.

Guarda le tue mani, puoi incrociarle alle mie;

puoi aggrapparti a questo volo di farfalle.

 

 

*

Ho visto te

Da Sogno d'amore (Eretica Edizioni) 2022.

 

 

Ho visto un cielo di bolle
colorate di giallo grano,
di verde cespuglio,
di rosso papavero.
Ho visto uno spazio
libero per l'amore.
Ho visto te.

*

Il silenzio acuto del mattino

A mio padre

 

Ho annodato
a ciottoli levigati
il fluire dei miei ricordi.
Forse era l’aurora cremisi
che si specchiava nei solchi
delle rare onde,
forse la magia
del silenzio acuto del mattino.
Forse la quiete infinita
ed il confluire d’umane speranze
tipici d’ogni alba
in qualunque angolo del mondo.
Forse un po’ di tutto ciò
mischiato all’amore per la vita:
e noi in simbiotica armonia
su quei greti ci trovavamo,
padre,
ed era l’acuto silenzio
delle nostre illusioni,
la genesi
delle nostre buone intenzioni.
Era la folgorante attesa
d’un alito di luce
a farci muovere, padre,
laddove ormai sono avanzate
poche manciate di rena
e l’acqua ha reso canute
persino le amiche conchiglie.

 

 

Agosto 2001.

 

Poesia vincitrice assoluta del Premio Age Bassi-Città di Castiraga Vidardo (LO) 2002.

 

Pubblicata dalla rivista nazionale Poesia nel 2002.

 

Particolarmente apprezzata dallo stimatissimo Sig. Giuseppe Conte.

 

 

 

 

*

Farfalla variopinta

Nel giardino dei ciliegi

luccica etereo un otre di memoria

che è grigio ed è rosa

nelle aurore spazzate dalla scopa del vento.

 

Figlio d’antiche leggende

in cui con armi di carta ambivamo

ad abbeverarci alla fonte della gloria

inseguendo il misterioso parto dell’inchiostro.

 

Ora avanza un bagliore,

un rumore muto di spade che tende la sua tela sottile

ghermendo con uncino la preda

come il pescatore che della balena ne attizza il supplizio.

 

Le notti ci bagniamo di luce di luna sognante-

sorride ammiccando benevole

alla biro che sciama veloce sulla pagina bianca

e traccia graffiti d’amore.

 

Io, intanto, bacio le stelle:

m’avanza la tua assenza,

astro delle praterie planetarie del mio emisfero,

farfalla variopinta che m’accarezzerai come un fiore.

*

Il grande inganno

Tu mi racconterai

del grande inganno,

di come cala la nebbia

sulle sterpaglie dei sentimenti,

di come ti prendesti

gioco di me eludendomi,

di come forse sognasti

una nuova aurora senza desiderarla

e di come ponesti le orme

nel mio sentiero

senza respirarne il profumo di vita.

Ora, mia dolcissima amica,

ambisco solo che l’intricato nodo

della matassa dei miei desideri

si sciolga per sempre,

immaginando un’alba dorata di sole

allietata da un cinguettio di merli

illuminata dal sorriso di lei.

 

*

2 marzo 2005 Funerali di Mario Luzi

Mentre venivi strappato all’amore senese

dalle incombenze del babbo, da quella Siena che amavi,

la Siena “con i ghiacci che pendevano dalle cornici incendiati dal sole”

eccoti intanto, quindicenne, Mario al Galileo,

sotto la guida ispiratrice del grande Francesco,

dare la tua s-Toccata alla storia.

E io, che sin dalla tenera età, ero salito sulla tua Barca,

d’incanto, sapendolo, perdutamente m’innamorai di te.

Ma tu, novantenne, quell’aprile dai cieli d’acqua di polvere

l’avresti solo sfiorato.

E allora io - con il cuore spezzato, trentottenne

intento a navigare nel mare della poesia s’un’onda di speranza

coltivando, ora come allora, grandi sogni, navigando

s’una caravella d’emozioni - non ebbi dubbi.

In un battito di ciglia il convoglio sferragliò a Santa Maria Novella.

Ma a me renderti omaggio non bastava: tu eri, sei e sarai nel mio cuore.

Fu così che, con il mio migliore abito e una sgargiante cravatta penzoloni,

tra le duemila persone al Duomo io, che sfacciato per natura sono,

m’affacciai a quell’uscio e m’accolse addirittura Gianni. “Ma lei chi è?”

Sono un lontano parente, permesso.”

E l’omelia fu straziante, tu per l’ultima volta portato alla vetta,

tu astro immenso, stella solitaria di quest’universo così corrotto -

stella solitaria il cui transitare con passo roco certamente ha profumato

di rose, ma anche del retrogusto d’un sapore dimenticato, l’aria della poesia.

Nel viaggio, questa volta lungo e di pensieri, verso Milano Centrale

certo non estinsi il dolore ma perlomeno smussai il rimpianto.

Tranne quella sofferenza grande, con la quale sei trapassato,

portandotela nelle praterie, d’un 10 dicembre, d’una Stoccolma mai avvenuti.

*

Farfalla variopinta

Nel giardino dei ciliegi

luccica etereo un otre di memoria

che è grigio ed è rosa

nelle aurore spazzate dalla scopa del vento.

 

Figlio d’antiche leggende

in cui con armi di carta ambivamo

ad abbeverarci alla fonte della gloria

inseguendo il misterioso parto dell’inchiostro.

 

Ora avanza un bagliore,

un rumore muto di spade che tende la sua tela sottile

ghermendo con uncino la preda

come il pescatore che della balena ne attizza il supplizio.

 

Le notti ci bagniamo di luce di luna sognante-

sorride ammiccando benevole

alla biro che sciama veloce sulla pagina bianca

e traccia graffiti d’amore.

 

Io, intanto, bacio le stelle:

m’avanza la tua assenza,

astro delle praterie planetarie del mio emisfero,

farfalla variopinta che m’accarezzerai come un fiore.

*

Lo sposalizio

Scintillio di stella ocra,

rosa selvatica della mia terra

bella e luccicante come un petalo di luna

che amo in ogni onda della mia vita.

 

Sei la mia lancetta delle ore,

papavero rampicante, dolce garofano

sinché muterai il mio cuore

dal lutto al fuoco.

 

Giungesti e io scrissi lettere brucianti:

volarono ardendo sulla tua fronte,

sulla tua pelle di ciclamino,

sull'alfabeto d'oro delle tue colline.

 

Ora sarei felice come un bimbo

con l'aria e la terra,

con la tua bocca di rose

sarei felice con te.

 

La purezza della tua anima

candida come un giglio

è fiamma d'un anello d'oro

che ti porgerò come dono nuziale.

*

La rosa bianca

Attraversai selve, distese,

fiumi e paludi, tutto

il nostro pianeta verde;

poi una dirittura d’argento

scivolò nel vento d’una notte

tagliata come la tua stella errante.

 

Passerò con la rosa bianca

chino sulla sua nave dorata-

aprirà i suoi sentieri di glicini:

attenderò un cenno d’assenso

per il suo chiarore notturno,

il suo liquido amniotico trasparente.

 

Uccelli d’alluminio vibrano

fischiando e crepitando-

volgerò alla gioia quando lambirò

i petali dei tuoi occhi oceanici,

scenderò dalle stelle

amando il nostro viaggio felice.

 

La luce dell’aria é viva

come lapilli di vulcano,

accende ad ogni ora la terra

sebbene l’inverno serri fiumi,

noi ci conosceremo nella magia

quando arderà la vita nella neve.

*

Sul lungofiume

Piante maggiori

coinvolte nel fuoco,

bionde o brulle, bruma o rugiada,

fiori estremi maledetti.

I tuoi seni di grazie accettate,

risate fra gli alberi, corse affannate.

 

Sono venti d’uragano.

Uragano che protegge le sue creature

frantuma steli di luce

assegna erbe agli insetti

nelle fumate dell’autunno,

nelle ceneri dell’inverno.

 

Randagia dalla fronte spianata,

il suo cuore, i suoi occhi-

è un astro,

le sue orbite palesano i pensieri:

trapuntati veleggiano in un gruzzolo di luce

nel tepore della stagione delle rondini.

 

Sul lungofiume di ramature

palpebre dischiudono intriganti occhi bruniti

dal bagliore dell’eco del fuoco.

Sul lungofiume dalle labbra umide

sognando la tua anima d’ombra

svanisce ogni assedio di pena.

 

 

*

La legge del tuo sorriso

E' stata la tua legge del sorriso

a tramutare in fronde le foglie del pianto,

un movimento fiorito di luce

a far cadere dal cielo fili dorati

come la leggiadria della tua chioma.

 

Al primo raggio le tue orbite percorrono

deserti e vulcani, sei però rosa selvatica

la cui essenza mordi piangendo

perché il seme del tuo ovario cadde nella terra-

presto aspirerai profumo di gelsomini

decidendo nell'estate imminente

il colore del nostro oceano complice della schiuma.

 

Riposa la tua schiena morbida,

il mappamondo del tuo petto,

i petali profumati della tua forma di dea,

entra femminea nei miei sogni-

solo allora sento che scendi dall'albero ombroso,

che passa dal mio amore la cascata del cielo,

e che tu, essendo fiamma di fuoco minerale,

mi concedi il ramo imprescindibile e vita d'oro.

 

Forse tu, compagna, sei figlia dei riflessi delle stelle e delle fiamme,

rammento come uscisti dalle foglie del fuoco,

sei ancora pane della selva, cenere del grano e dell'orzo.

 

Amore mio, mia forte colomba, mia stella di sabbia

con la sicurezza d'una stirpe di carta,

giunta alla guerra della mia anima bruciante,

marcerò ora e sempre in quella selva circondato d'animali feriti

accordando i passi al mio delirio

perché ormai svetta la cupola della tua torre.

*

Le tue mani di pioggia

Alba senza ritorno fra membra assopite

riflesso simmetrico di donna fulva,

le iridi ramate di donna leggiadra

la chioma fluente del grano

le amorevoli mani e i seni aguzzi

non vincono la iattura d’amarti.

 

Fai parte dell’eco

delle crepe dello specchio

della stanza e della città.

Ci siamo divisi in due parti

la tua l’avevi votata a me-

la mia te la consacrai.

 

Le tue mani di pioggia su occhi bramosi,

fioritura feconda,

rabescavano radure dove una coppia si baciava-

eravamo io e l’angelo profumato.

Cirri di sereno, torpide primavere,

estati dalla gonna rialzata.

 

In un mattino di sughero

lei ha arrestato la corsa

in un campo di girasoli.

Tutto ciò che ho voluto

è stata un’armatura prescelta fra le macerie

dell’aurora più cesellata.

 

*

Fata turchina

Né il cuore è più spezzato da una lama

in prati brinati di spine,

in un bosco vuoto come i bicchieri nell’aurora

perle d’acqua sgocciolano melodie d’amore,

il braccio si stringe alla tua cintola,

due mari nocciola nei tuoi occhi marroni.

 

Passi con coppe d’argento e ciglia asciutte

fata turchina dischiuso fiore,

aria che scende come un ruscello a valle,

sole splendente un po’ collerica,

impronta d’acqua ribelle che scivola

in un tappeto d’erba dove sei rosa selvatica.

 

La luna in strade sbiadite da luci gelate,

le solco raccogliendo giornali dai quali fuoriesce

la tua fotografia,

i cui titoli sono i sottili pensieri di canto della voce lieta,

la mattina m’intrufolo tra le lenzuola col soriano,

m’alzo, osservo la barba ispida fra le crepe dello specchio

poi gli racconto del tuo sorriso.

 

Germinerà e sortirà all’azzurro

ancor più il tempo dell’amore!

Si scardinerà il destino,

il silenzio della notte fermo ad ascoltare

dalla vista di Venere al primo bacio di raggi,

avviluppata fra le lenzuola, madida, sussultante in fremiti.

*

Il mondo da una mongolfiera

Scappa attraverso il paesaggio rupestre,

capelli corvini e occhi scuri,
fra le fronde e le carezze del vento
gambe tornite in calze di sabbia,
immemore in tutti i veli di ruscelli.
Ultimo palpito s’un volto trasfigurato.

 

Nella placidità del suo corpo
avanza una sfera di neve,
sulla pelle un neo di silenzio.
Le sue mani, archi canori
frantumano ogni luce d’alba.
Nella sua dimora conta i minuti.

 

Per la sua stella,
esplosa nell’aria d’aprile,
per regalarsi gli occhi, per vivere giunti
sino alle praterie in fiore,
per regalarsi immenso amore
per donarsi le iridi all’ultimo secondo.

 

Per dormire nella luna
in quattro pupille, il sole nelle medesime.
Un amore fra le labbra-un vago uccello
adorna i campi, i boschi,
le strade e il mare.
Bella come il mondo da una mongolfiera.

 

Premio speciale della Giuria nel Concorso Letterario Nazionale “Le Occasioni-Ossi di Seppia” 2019 alla memoria del Premio Nobel 1975 Eugenio Montale.

 

*

Amoreggiando in una macchia della luna

Amore mio

di cosa profumi?

Di violaciocche, di stelle?

Aspirando il dolce aroma

della tua chioma frumento

m'accorgo che sei dolce

come un fiore, unica come una rosa

in uno sterile deserto.

 

Sai di terra

come le pietre ambrate delle iridi

le cui incantevoli pagliuzze

sono frecce penetranti di garofani

dal dolce odore.

 

Odore dell'albero dalle millefoglie

della mia vita,

dolce colomba, mazzo di spighe,

bimba, amorosa mia

come l'onda d'un'aurora d'amore che incalza.

 

E quando la mia mano percorre

la luce della tua pelle stellata

le tue coppe d'anfora

hanno profumo di luna

dove noi amoreggiamo

bevendo assetati da una sorgente di baci

in una sua macchia. 

*

Solo parlando coi tuoi capelli

Gli spigoli dell’acqua,

acqua come le palpebre dei tuoi occhi,

entrano come lame nella tua anima

quando il mio cuore

innalza statue infrangibili

verso la tua cordigliera di luce.

 

E’ un tonfo d’acqua salina

a scandire la voce di viola

che a lungo t’ha attesa

come una corona zuccherata-

ora il mio è sangue che vive

dei tuoi baci.

 

Voglio vivere, amor mio,

solo parlando coi tuoi capelli,

sulle tue gambe d’uva

gettando le lacrime nel passato

con sillabe dorate non infrante,

orologi che scandiscono le ore notturne.

 

Appisolarmi sui tuoi seni

destato da un bacio-

prelude a madide lenzuola

in cui siamo giunti come astri,

in un armonico saliscendi

sino all’aurora con l’eco d’un canto.  

*

Luce d’aurora

Il vecchio amore s’è eclissato,

ora è una goccia di quarzo

frumento come le tue trecce,

un ramo fiorito nella pioggia

che, quand’anche scendesse ad aghi,

ci ubriacherebbe solo di gioia.

 

Nel bosco verdeggiante dei pensieri,

colmo come i calici nel crepuscolo,

hai occhi con orbite intarsiate

di pagliuzze dorate come minerali

e piedi di velluto lo solcano,

piedi di grano, di ciliegia.

 

Amore della luce d’aurora,

del mezzogiorno tagliente

e delle sue lame di sole che gocciola

prima che cali il sipario della notte-

c’è nel tuo viso profumo di viole

con aroma di rugiada.

 

Trillo di merli nella mia isola,

nel mio regno del cuore

il cui miele d’acacia

è un mandorlo fiorito-

unica stella del mio firmamento

come una rosa muschiata nella neve.

*

Fra una petraia e un ciclamino

Fra il carcere e l’aria libera,

tra i pugni e le carezze,

fra una petraia e un ciclamino

vi son diversità più ammalianti

che tra la pioggia e il vento,

l’uomo e la donna.

 

Mio elemento primario

cespuglio di metamorfosi

il tetto delle stelle si distendeva

in un dicembre di corvi

che sfumavano nelle nebbie

della mia solitudine.

 

Ho sempre temuto il tuo silenzio:

vi nascono idee senza ragione,

assenza di palpiti di fremiti,

lo stucchevole rame

assai meno lucente della tua cute

dirimpetto alle persiane dei vetri.

 

Il tuo volto fendente,

landa affatto deserta

perché sei tagliata apposta

per l’amore e il piacere-

in un gomitolo di lenzuola

te ne starai nuda supina.

 

 

*

Come roccia e come gallo

Battevano le campane della neve

in un dicembre fra i nostri segreti

tu m’infondevi coraggio

con te ogni annata sarà lieta-

l’alito di pesca delle mie labbra

sarà l’avventura d’un elemento primario.

 

Solo per quest’anno

serberemo la resistenza di giovinezza,

la nudità dell’erba

dei tuoi occhi luminosi-

presto sentirò le tue labbra dischiuse

in tre minuti d’acqua cristallina.

 

Come roccia e come gallo,

un gallo simile a un incendio d’oggi

è un frullo di colori

la luce folgorante

babele d’antica memoria

per dissipare pene e sonno agitato.

 

Mi muovo a stento nell’ombra

quanto basta a disegnare il cielo

per raccogliere nidi di piacere,

il lieve tocco delle mani di seta,

nidi di carezze aguzze come la serpe

ciò che basterà per raccogliere baci di velluto.

*

Il fiore dell’amore

Amerai ogni ciottolo della mia casa,

ogni sua pietra impastata d'antica miseria;

saremo nella nostra stanza

come una foresta che brilla-

t'appoggerai alle fronde delle mie spalle

di quercia secolare.

Fra due alberi dalle diversità più ammalianti

l'albero del giorno sarà quello più vago,

tra mani radiose d'equità simmetrica

quello della notte s'intrufolerà

tra le lenzuola profumate.

 

Come fiore del nostro amore

avremo due bocche in una

riflesse in uno specchio volante

per resuscitare e cantare

da un antico braciere,

per vivere o per morire.

 

Le nostre ali trasportate dal vento

troveranno il vero ed unico albero,

vi sarà silenzio, il canto si smemorerà

quando ogni foglia avrà la sua nuvola

e il tuo volto di dea ramata sarà l'unico fiore

cui farà da corolla ogni color primaverile.

*

Luce d’aurora

Il vecchio amore s’è eclissato,

ora è una goccia di quarzo

frumento come le tue trecce,

un ramo fiorito nella pioggia

che, quand’anche scendesse ad aghi,

ci ubriacherebbe solo di gioia.

 

Nel bosco verdeggiante dei pensieri,

colmo come i calici nel crepuscolo,

hai occhi con orbite intarsiate

di pagliuzze dorate come minerali

e piedi di velluto lo solcano,

piedi di grano, di ciliegia.

 

Amore della luce d’aurora,

del mezzogiorno tagliente

e delle sue lame di sole che gocciola

prima che cali il sipario della notte-

c’è nel tuo viso profumo di viole

con aroma di rugiada.

 

Trillo di merli nella mia isola,

nel mio regno del cuore

il cui miele d’acacia

è un mandorlo fiorito-

unica stella del mio firmamento

come una rosa muschiata nella neve.

*

La danza gialla delle foglie

Ascolto le note musicali della tua voce

venuta dalla terra per salire al cielo,

spio i tuoi occhi d’onice:

ecco la tenerezza di sguardo di seta,

la tua bocca, parola senza eco.

Avverto salire a tentoni il muschio della tua pena.

 

E’ la guerra oscura del cuore

la lama spezzata di angosce commosse

l’ebbrezza dei desideri.

E’ questo la mia vita:

l’acqua che le tue iridi nere mi recano,

il concerto di voce dei tuoi sottili pensieri.

 

Ah, coppa, ruscello, mia agile futura compagna.

Scorgo le coppe nella danza gialla delle foglie.

Ti giunge ululando il vento

nell’ora del sangue fermentato

quando la terra palpitando vibra

sotto il pallore del sole che la riga con code d’ombra.

 

Eccola, la tua forma familiare,

ciò che m’inonda

che mi empie l’anima in abbandono,

la tenerezza che s’avvolge alle mie radici:

matura in una carovana di frutta

uscendo dal tuo cuore come il vino dal centro dell’uva.

 

 

*

L’amore fragile e puro

Il nostro amore ci donò

importanza di corallo,

scese dalle stelle

con la virtù d’una corolla d’acqua

che crebbe e si diffuse

dandoci continuità nella gioia.

 

Per i nostri corpi

s’aprì l’uscio d’una cascina

dove nel grano ci coricammo,

s’aprì un infinito godimento

che nacque e ci accese

distruggendo la ruggine della paura.

 

Siamo l’amore fragile e puro

mentre si sfoglia il secolo:

il tempo corre ma mai nessuno

orbiterà nella fiamma dei tuoi occhi

col loro fogliame intarsiato

mentre a me ammiccano cortesi.

 

La verità in te fiorisce,

appendiamo il nostro amore

a una ruota alata

sì da farne un mulino di stelle

che dipingono le nuvole d’azzurro

mentre un violino suona l’amore vittorioso.

*

Il battello dei sogni

La luce dei tuoi occhi è al limite di primavera

dove ogni gesto si tocca, s’interseca

dapprima solo rosso incenso

ora sottobosco dal profumo di pruni,

nuvola immobile nell’azzurro,

violino che suona un armonico concerto di note.

 

Ti racconterò dei tuoi occhi,

del loro colore ambrato,

folgore d’una scintilla d’un alfabeto d’amore.

Davanti all’uomo conquistato

sei cieca esaltazione, regina

ingenua come un fiume nel deserto.

 

Fra le aurore e il frangiflutti delle notti

vi sono ghirlande da coltivare,

te ne pongo una al collo di panna.

Fra i tuoi occhi e il mare

immagini d’onde di passione,

il nostro nido come quello d’una coppia di rondini.

 

Il battello dei sogni

veleggia in un lago dorato,

la terra inseminata attende i tulipani.

Sei la superba avventura del maggio odoroso

nei tuoi occhi vi son perle ogni giorno

più incantevoli d’un mazzo di fiori alle campane dell’arcobaleno.

 

 

 

*

La simbiosi

Eccoti ammirare l’oscura forma del sole,

frumento come le tue trecce,

lasciandoti abbagliare dal suo incendio

nel rosa del dì solcando prati fioriti

dove vi scorre il ruscello dei pensieri,

sole d’oro come la tua chioma che mordo come una mela.

 

Prodigiosa tentazione

quanto i limiti di primavera di abbacinate farfalle;

ogni gesto si tocca, s’interseca

in ciò che dai sogni più amai,

nube immota nel cielo terso-

quand’anche scendessero aghi di pioggia ci ubriacherebbero di gioia.

 

Lieto di questa simbiosi:

il verde e l’azzurro sono impazziti,

i boschi si accendono

con note d’anima lucente,

l’universo racchiuso nelle tue braccia

spara nel camino lapilli e fiamme.

 

La sera una vermiglia lama tagliente

graffia la panna del tuo corpo,

i sogni si fan desideri di fuoco,

entro in ovattate visioni oniriche

mentre sei assopita ti sillabo versi d’amore

sotto la luna benevola entro nel frutto destandoti.

 

*

Due stelle

Due stelle,

sugheri galleggianti nel cielo

primule d’innocenza

colte nell’argine della neve

ad accendere i raggi della luna,

a profumarne di luce il sorriso-

a dar gioia come un’alba che scivola

nel fiore d’una notte bagnato di te.

 

*

Sul lungofiume

SUL LUNGOFIUME

 

 

Piante maggiori

coinvolte nel fuoco,

bionde o brulle, bruma o rugiada,

fiori estremi maledetti.

I tuoi seni di grazie accettate,

risate fra gli alberi, corse affannate.

 

Sono venti d’uragano.

Uragano che protegge le sue creature

frantuma steli di luce

assegna erbe agli insetti

nelle fumate dell’autunno,

nelle ceneri dell’inverno.

 

Randagia dalla fronte spianata,

il suo cuore, i suoi occhi-

è un astro,

le sue orbite palesano i pensieri:

trapuntati veleggiano in un gruzzolo di luce

nel tepore della stagione delle rondini.

 

Sul lungofiume di ramature

palpebre dischiudono intriganti occhi bruniti

dal bagliore dell’eco del fuoco.

Sul lungofiume dalle labbra umide

sognando la tua anima d’ombra

svanisce ogni assedio di pena.

 

 

*

Ghirlanda gialla

Nelle albe la luce del sole

brilla sulla tua chioma frumento-

sei giunta da un aroma di fiori-

ora sei un grappolo innamorato

che custodisco fra le mani

ogni giorno sia roseo che grigio.

 

Ghirlanda gialla,

ti stendo un tappeto intarsiato

sicché tu possa solcare arazzi.

Mai nessuno scriverà il tuo nome-

lo custodisco nell’anima

del nitore della neve.

 

Quando nel cielo passano uccelli,

merli che trillando ci salutano,

mai vi è fra noi un temporale

che sollevi un turbine di foglie

sciogliendo i nodi delle ancore del cielo

ma solo il tuo sorriso come acqua fresca.

 

T’amo e mordo come una mela

la tua bocca di fragola,

baciandoci sei l’unico astro

nel ventaglio delle notti

del mio emisfero che gira

come una ruota di caprifogli.

*

Nel pergolato dei baci

Donna in un roseto, dolce colomba,

hai anima pura e assetata,

cute maturata come un vigneto

con il vino al centro dell’uva,

donna di sangue selvaggio

immemore in tutti i veli di ruscelli.

 

Ho da offrirti la luce delle costellazioni

e il sogno d’una vita alata.

T’amo con un turbinio di baci

innalzando la tua statua sopra la pelle,

con ghirlande ebbre di baci,

con papaveri, orzo e avena.

 

Colma di ferite di lampi passati

te ne stai immobile sul selciato

ora azzurro come un fiume-

sei ape nel mosto che sorride-

tocco i tuoi piedi di velluto

baciando il loro olezzo di mimose.

 

Ormai da tempo vieni alla mia anima

di bianco vestita, profumata, scendendo

come un cavallo con uno scalpitio di zoccoli-

attendendo un autunno di foglie ingiallite

corriamo a perdifiato per campi odorosi

arrestandoci sotto un fienile, nel pergolato dei baci.

*

L’orgoglio dei vivi

Alla memoria di mio padre

 

Ascolta l'impalpabile

ritmo del tempo:

sarai pronto nell’ora

dell’agonia

e sconfiggerai le tenebre

con la forza del silenzio;

quella forza

che, tenace, attraversa i secoli

e fa risplendere

con gran fulgore

il mistero cui t’avvicini.

Scaccerai

l’orgoglio dei vivi

con la promessa dell’eternità

e solcherai la vicenda dolce

della tua vita

penetrando il buio

con la tua scorza di diamante.

 

Vivrai il tarlo che rode

la tua coscienza scalfita

da un senso d’impotenza

con l’onore dell’età,

stinta come quel lenzuolo

di lino che pare scacciare

il freddo dell’abisso

ed io ora, padre, oso

accarezzare la tua fronte

imperlata di sudore

che, in una memoria di bambino,

conservo ancora vergine di rughe.

 

Seconda classificata nel Premio Internazionale Olympia-Città di Montegrotto (PD) 2004.

 

Pubblicata nel 2004 dalla rivista nazionale Poesia.

*

Due rosse binarie

Continua ad essere il mio fiore

quando alberi rampicanti salgono

e sorridi nel rossore del tramonto;

allora basta un gesto tenero

perché nella notte l’orologio

scandisce le ore e ti empie d’oro.

 

Sei la donna amata nel mio petto,

il tuo capo d’oro scintilla

come un nasturzio luminoso,

gira agitando il mulino del cuore,

scendono le lancette delle ore notturne

tali a pipistrelli dal cielo.

 

Quando con te s’avvicina la luna

i tuoi baci infuocati

s’appiccicano come lumache

alla mia pelle che freme per te-

tu sola esisti nel mio universo

ebbro di pioggia a lacrime felici.

 

Al mio fianco, donna innamorata,

sei una canzone intitolata col mio nome

e mai ne sfogli altri.

Siamo due rosse binarie

intrise della rugiada dei campi ove ci stendiamo

feriti d’amore dagli aghi di pino.

*

In queste ramature

Refrigerio velato di carezze,

gatta randagia dalle orbite di luce,

mare cristallino in cui perdermi,

occhi che palesano la sua mente

sono la frescura di primavera-

il suo cuore apparterrà ad una stella di giada.

 

Immergendosi nel velo di baci

lei si desterà la notte, sussulterà

stendendo su di me la sua rete di carezze

per stupirsi dello scintillio del mio sorriso

ebbro di gioia come quando-le gote

rosse d’emozione-ne colsi il primo scintillio.

 

In queste ramature

veleggiano con piroscafi altri naviganti,

le mie palpebre dischiuse in un sorriso

mostrano il bagliore dell’eco del fuoco-

tu astro sceso per miracolo una notte

dal camino ad illuminare la mia dimora.

 

Lei sonda la mia mente penetrando nell’anima.

Gli aneliti scivolano in risa di dolore:

squarciano l’aria delle tegole,

l’impotenza altrui con una canzone minerale.

Guarda le tue mani, puoi incrociarle alle mie;

puoi aggrapparti a questo volo di farfalle.

 

 

*

Dea di luna

Fuggii come un marinaio

dal diario dei pensieri

d’un vascello dorato

rinunciando per te, amore mio,

a porti con mille labbra da baciare

ricevendo missive affrancate con filigrana straniera.

 

Perché è la tua ora, dea di luna,

ora dell’odor di nardo

fuoriuscito da un giardino di roseti.

Di rado cade pioggia,

timida come crepe di specchi,

il cielo è fisso come un vetro.

 

In te nasce e si ordina

il tempo dell’amore,

con tentacoli di medusa

tocco i focolai del corpo:

la pelle di rame, miele,

fino a suggere sudore celeste.

 

Lambisco gli alberi frumento

che caddero nel mio fiume,

germina il desiderio,

volendoti porre al collo di panna

una corona intrecciata d’alloro

corro al letto nel giglio vespertino.

*

Il mondo da una mongolfiera

Scappa attraverso il paesaggio rupestre,
capelli corvini e occhi scuri,
fra le fronde e le carezze del vento
gambe tornite in calze di sabbia,
immemore in tutti i veli di ruscelli.
Ultimo palpito s’un volto trasfigurato.

Nella placidità del suo corpo
avanza una sfera di neve,
sulla pelle un neo di silenzio.
Le sue mani, archi canori
frantumano ogni luce d’alba.
Nella sua dimora conta i minuti.

Per la sua stella,
esplosa nell’aria d’aprile,
per regalarsi gli occhi, per vivere giunti
sino alle praterie in fiore,
per regalarsi immenso amore
per donarsi le iridi all’ultimo secondo.

Per dormire nella luna
in quattro pupille, il sole nelle medesime.
Un amore fra le labbra-un vago uccello
adorna i campi, i boschi,
le strade e il mare.
Bella come il mondo da una mongolfiera.

 

Premio Speciale della Giuria al Concorso Internazionale Le Occasioni-Ossi di Seppia 2019 alla memoria di Eugenio Montale (1896-1981), Premio Nobel nel 1975.

 

 

*

Solo parlando coi tuoi capelli

Gli spigoli dell’acqua,

acqua come le palpebre dei tuoi occhi,

entrano come lame nella tua anima

quando il mio cuore

innalza statue infrangibili

verso la tua cordigliera di luce.

 

E’ un tonfo d’acqua salina

a scandire la voce di viola

che a lungo t’ha attesa

come una corona zuccherata-

ora il mio è sangue che vive

dei tuoi baci.

 

Voglio vivere, amor mio,

solo parlando coi tuoi capelli,

sulle tue gambe d’uva

gettando le lacrime nel passato

con sillabe dorate non infrante,

orologi che scandiscono le ore notturne.

 

Appisolarmi sui tuoi seni

destato da un bacio-

prelude a madide lenzuola

in cui siamo giunti come astri,

in un armonico saliscendi

sino all’aurora con l’eco d’un canto.

*

Il poeta

Il poeta è una nuvola innamorata,

una goccia di stella scesa dal cielo,

la sua parola è l’onda che sale e si rovescia,

parola nel mare che sposta le navi col pensiero

macchia di luna bagnata dai raggi del suo sorriso

cielo impassibilmente terso che custodisce

i sogni dei gabbiani: volano nella notte

scendendo dalle stelle,

risalgono nell’aurora bruciando il sole.

*

Un albero di luna

I tuoi piedi di velluto nell’ombra,

le tua mani nella luce

guidano il volo d’aquila reale,

volteggia in un cielo d’innocenza-

tra la rugiada dei fili d’erba

le mie labbra conobbero il fuoco.

 

Porgendoti la mano incrociai i tuoi occhi nocciola

che mi stanno scalfendo l’anima nei sogni

in un palpitare d’immagini colorate.

Non importa per te che hai occhi non nati:

quando aprirò il libro d’acciaio del secolo d’oro

isserò bandiera di te, stella prigioniera.

 

Dal blu della volta celeste

m’avvicino ai raggi dorati della tua chioma,

terra di grano nata dal sole.

Si prepara il confine di notti scarlatte

nella mia anima rosso ciliegio

e accende pietre e ciottoli levigati.

 

Perché cresce l’onda del mio cuore

facendosi pane

e che la bocca lo divori.

Il mio sangue è vino che suggi.

Il fuoco è l’amore rupestre che c’infiamma.

Io e te siamo un albero stellato di luna.

 

*

La più femminea

Sei giovane e più preziosa del quarzo,

la più penetrante d’ogni pensiero

che solchi la frescura del corpo,

la più femminea tra le stelle,

colei che s’è svincolata

dalle sponde d’un ghiacciaio.

 

I frutti della terra nel sole

hanno fiammeggianti colori-

tu l’illumini col tuo amore

e per accendere la mia vita

i tuoi baci non cercano altre labbra,

a ruota libera ne giunge il respiro.

 

Ogni aurora è schiusa come uno sguardo

alle delizie del tuo ideale calore,

in una nuvola di torpore

una nuvola di carezze

d’una donna di panna

luna che occhieggia.

 

Prigioniera fedele e intelligente,

socchiudi un mondo cangiante e fino,

un universo tiepido e dolce

sotto le nuvole delle tue palpebre

nel solo sorriso d’un bacio

perché sei donna in ogni tua stilla

 

 

 

 

*

Quando incrocio i tuoi occhi

Capelli d’oro come il sole che fa da manto.

Quando incrocio i tuoi occhi

finestre spalancano le braccia,

tovaglie di neve sfavillano.

Si schiudono i desideri dell’infanzia

per la bramosia cantata in sordina.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

ogni ombra di tema svanisce,

si dissolve il veleno dell’erba dei campi.

Dai rovi nelle ruderi dei templi

sortiscono frutti di fuoco vermigli,

il mosto della terra annega le api.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

si svuota lo spazio siderale,

le onde lambiscono i bagnasciuga

i leoni, le cerve, le colombe

tiepidi d’aria pura

mirano nascere la nostra primavera.

 

Quando incrocio i tuoi occhi

le pareti scottano di nuova vita,

dentro il nostro letto di natura

è eretto d’innocenza,

sempre più nuda e schiava

d’un eterno gioco di foglie.

 

*

T’amo

Scrivo a lettere di fuoco

l’atlante del mappamondo delle tue colline.

La mia bocca di fuoco

si rivela in mille giochi di lusinghe.

Ho tante storie da narrarti sul confine del crepuscolo

perché t’accenda in riflessi sotto la campanula del firmamento.

 

E’ tempo d’uva, di raccolti fruttiferi

per me che vissi in lidi dove t’amavo

solcando le onde con una caravella di ricordi,

pescando con reti che non trattenevano acqua d’oblio.

Ne restano appese gocce che tremano

come dei tuoi occhi gli intarsi delle pagliuzze.

 

Ami giocare con la luce del cielo stellato,

giungi a me tra fiori e frumento,

d’oro come i capelli di sole della tua chioma.

A nessuna assomigli da quando t’amo,

nel viso di latte di tutte le donne vedo il tuo-

ti stenderò un tappeto fiero ovunque tu passi ammirata.

 

T’amo su questa terra azzurra,

nel bosco incantato dei pensieri,

nei sottoboschi dal profumo di ciclamini.

Ti porrò una rosa all’occhiello

colta per magia sotto l’odore dei tigli

accendendo col fiore più bello il tuo sorriso.

*

Torino

Torino, città amica con stelle

di plastica e luna di rugiada-

le tue pupille infiammate,

il loro fuoco non virtuale

riflettono il tuo sorriso,

sono la canzone delle alghe.

 

Le macchie della luna

ammiccanti fra drappi d’astri

in cui sei quello che risplende

lusingata da orbite grevi-

i seni torniti, le natiche sode

si dischiuderanno nell’eco della volta.

 

In un sorso d’acqua vivo

lei avrà i primi, morbidi palpiti

ornata da torpide pellicce.

E’ donna di semplicità oceanica,

insondabile come una vetrina abbagliata,

polvere impalpabile nell’edera del crepuscolo.

 

Mai m’abbandonerà e non sarò solo,

non m’appunterà il frangente del “no”

perché possiede vivacità macchinale,

l’irreperibile dolcezza azzurra-

saranno dieci minuti di baci sfregiati,

avrà i gemiti incessanti del fiore brunito.

 

 

*

Infrante chimere

Lambiscimi con gesti di gioia,

una parola d’assedio d’infrante chimere,

una sillaba più vicina alla tua bocca-

mi promette aurore di miele

fluttuando perso nei capelli corvini

dedicandoti, in un sorriso di luna,

strofe d’acqua e di cielo.

Pensieri che non t’appartengono

si tradurranno in note di canto

e ti empiranno d’oro le mani canore.

Frattanto raggianti ruote di pietra

avvolgono il paesaggio rupestre,

raggi d’oro calpestano i campanili.

 

Tu scrivi margherite sull’erba dei campi.

 

Quando avvicino il cielo

con le mie mani per destarmi

nelle lame di luce diafana

i tuoi baci si appiccicheranno

come lumache alla mia schiena-

gireranno i calendari e sortiranno

nel mondo i giorni come foglie azzurre;

comparirai nel mio spazio, nel mio anello

ora solo verbo ed inferno.

 

Ti guarderai in una lacrima,

t’asciugherai gli occhi dove fui-

ora d’improvviso piove verde

ma il mio cielo s’è fatto roseo.

 

*

Infrante chimere

Lambiscimi con gesti di gioia,

una parola d’assedio d’infrante chimere,

una sillaba più vicina alla tua bocca-

mi promette aurore di miele

fluttuando perso nei capelli corvini

dedicandoti, in un sorriso di luna,

strofe d’acqua e di cielo.

Pensieri che non t’appartengono

si tradurranno in note di canto

e ti empiranno d’oro le mani canore.

Frattanto raggianti ruote di pietra

avvolgono il paesaggio rupestre,

raggi d’oro calpestano i campanili.

 

Tu scrivi margherite sull’erba dei campi.

 

Quando avvicino il cielo

con le mie mani per destarmi

nelle lame di luce diafana

i tuoi baci si appiccicheranno

come lumache alla mia schiena-

gireranno i calendari e sortiranno

nel mondo i giorni come foglie azzurre;

comparirai nel mio spazio, nel mio anello

ora solo verbo ed inferno.

 

Ti guarderai in una lacrima,

t’asciugherai gli occhi dove fui-

ora d’improvviso piove verde

ma il mio cielo s’è fatto roseo.

 

*

Testa prigioniera

La foresta è in fiamme,

diventa abbaglio infuocato

in una notte con un profumo di pioggia-

nessuno sorride nella catarsi,

io sortisco nella solitudine

conservando il suo sguardo, i suoi occhi di perla.

 

Testa cocciuta, prigioniera

sempre più umile il suo diniego

penetrato in me

(cristallo o quarzo variegati

scintilleranno nella luce d’alba

rugiada d’ogni nostro pensiero).

 

Per la via dei mille estremi

spazzerò le pietre dal tuo incedere,

senza il talismano

(prezioso ed antico monile) che rivela

i tuoi sorrisi inconsapevoli alla folla

ma la mia pelle non ha tue lacrime.

 

I monsoni di primavera le balenano il guizzo

d’esser posseduta da braccia altrui-

pianta maggiore coinvolta nel gioco,

trama vegetale a travaglio d’amore.

Ah trapunta estrema della volta stellata

scossa da un uragano che frantuma steli di luce.

*

Come roccia e come gallo

Battevano le campane della neve

in un dicembre fra i nostri segreti

tu m’infondevi coraggio

con te ogni annata sarà lieta-

l’alito di pesca delle mie labbra

sarà l’avventura d’un elemento primario.

 

Solo per quest’anno

serberemo la resistenza di giovinezza,

la nudità dell’erba

dei tuoi occhi luminosi-

presto sentirò le tue labbra dischiuse

in tre minuti d’acqua cristallina.

 

Come roccia e come gallo,

un gallo simile a un incendio d’oggi

è un frullo di colori

la luce folgorante

babele d’antica memoria

per dissipare pene e sonno agitato.

 

Mi muovo a stento nell’ombra

quanto basta a disegnare il cielo

per raccogliere nidi di piacere,

il lieve tocco delle mani di seta,

nidi di carezze aguzze come la serpe

ciò che basterà per trovare baci di velluto.

*

Amore dalle trecce di sole

Amore dalle trecce di sole,

dalle coppe a forma di colomba

intenta malgrado la notte che avanza

nell’abisso del piacere

indulge al mio desiderio d’amare,

ai miei sconfinati sogni innocenti.

 

Sotto pendii innevati

i nostri occhi chiudono le loro finestre

nelle quattro mura di cartone

della nostra intimità di baci incarnati-

la tua immagine latente

sempre a me ritorna.

 

E’ qui che iniziano in un canto

i nostri viaggi e le migliori follie,

cominciano e non terminano,

proteggono le nostre vite-

tu astro sceso per miracolo dal camino

ad illuminare l’intera stanza.

 

Una foglia lucente come un panno bagnato

è madre della tua chioma quasi come fili d’erba.

I laghi ingabbiati in fondo alle pozze,

gli anelli della frescura del vento in giardini novelli:

di questi la più bella sei tu,

un balsamo che invita al riposo.

*

L’orgoglio dei vivi

Alla memoria di mio padre

 

Ascolta l'impalpabile

ritmo del tempo:
sarai pronto nell’ora

dell’agonia

e sconfiggerai le tenebre

con la forza del silenzio;

quella forza

che, tenace, attraversa i secoli

e fa risplendere

con gran fulgore

il mistero cui t’avvicini.

Scaccerai

l’orgoglio dei vivi

con la promessa dell’eternità

e solcherai la vicenda dolce

della tua vita

penetrando il buio

con la tua scorza di diamante.

 

Vivrai il tarlo che rode

la tua coscienza scalfita

da un senso d’impotenza

con l’onore dell’età,

stinta come quel lenzuolo

di lino che pare scacciare

il freddo dell’abisso

ed io ora, padre, oso

accarezzare la tua fronte

imperlata di sudore

che, in una memoria di bambino,

conservo ancora vergine di rughe.

*

Un binomio

Saranno giorni al tuo fianco

col sapore della tua pelle, la bocca,

i baci.

Dalle mie labbra ora dimenticate

fuoriescono radici d’acqua-

le reti non trattengono la tua memoria

come terra acida e incolta

dove però germinerà rigoglioso il seme

dell’amore.

M’avvicinerò, issando uno stendardo,

alla luce del tuo volto,

agli occhi nocciola di stella

intarsiati d’incantevoli pagliuzze-

gusteremo insieme il sapore dei frutti.

La dimora sarà la nostra patria.

La mia simmetrica figura statuaria,

la mia chioma di farina e di sale

non possono non scalfirti l’animo nei sogni.

Innumerevoli anni che avrei dovuto vivere

giunto a te in un grappolo

sinché avremmo lambito il firmamento,

ascoltando il silenzio delle stelle,

lieti d’essere un binomio destandoci madidi

ogni aurora.

Anni, invece, rappresi fra stimmate,

anni di delirio atroce per la tua assenza

coperto io dal medesimo cielo cupo dell’infanzia.

Polvere di rena ci separò

ed io ti cercai ovunque: tra i flutti, sui ponti delle navi,

nelle anse delle scogliere. Ma non m’avanzò

che la ghirlanda suadente della tua luce iridescente

impressa nei palpiti del cuore.

Cammineremo all’indietro, percorrendo le distanze

e da un luogo infelice scoprirò la strada segreta

per cogliere il tuo astro che in me risplende

ogni notte scabra che annienta.

Tutto l’amore esploderà come il beneaugurante sprizzare

di schegge di bottiglia.

Sarà una medaglia d’oro a sancire il trionfo

ed un giorno, infine, percorrerò le tue linee

bacio a bacio.

*

Dieci dolcezze

Nel giorno del compleanno del mio migliore amico

 

Dieci dolcezze e la verità vive

dall’albero insanguinato scaturisce amore

mi ammaestra in vita non più onirica

sei illimitata pazienza e passeggeremo giunti.

Sii forte da spianarmi la fronte,

la vetta della fronte cocciuta, corrosa.

 

La tua grazia si palesa in dieci dolcezze.

Un sorriso di luna si delinea fra gote

rosse come l’ippocastano,

eco d’aria in una miniera:

vi giace il carbone delle tue iridi

o il quarzo della chioma.

 

Ti diletti in giochi d’amore

ti pensi sola ma ti ritrovi duplice

riflesse nello specchio due bocche in una,

bellezza intelligente, austera e puerile

luce e calore veggente e visibile:

chi vuole amarti nasce dalle zolle.

 

Turgidi i seni verso il mio corpo

il tuo petto non ha nubi

verità esala dal tuo cuore nomade.

La vulva fiorita è una ghirlanda

la coglierò nella luna benevola-

coglierò il frutto vellutato e le nespole.

 

24/4/2019

 

*

Un solo zampillio

Apparteniamo ai greti

dei ruscelli più lieti.

Conosciamo il limbo del fiume

più acceso delle praterie fiorite.

Viviamo in un solo zampillio,

apparteniamo al porto più felice.

 

Lontani i fiori avvizziti delle vacanze altrui

avanza appena un’ombra di paesaggio,

si eclissano le strettoie della libertà-

portone che si dischiuderà con un chiavistello.

Speranza ci logorava

in una città impastata di carne e miseria.

 

Caleranno nel vermiglio crepuscolo

sul tuo volto le palpebre del sole-

sipario dolce come la tua pelle

dagli aromi di velluto

nella salubre vegetazione di boschi e uccelli,

diafana più delle lame di luce dell’alba.

 

Saranno i nostri baci, le carezze

a misura di noi stessi,

più oltre tutto è macerie.

La nostra gioventù si denuda e sogna,

l’erba s’arriccia in sordina

su strati innocenti di terriccio.

 

 

*

Il mio amore

Ad Elisa

 

 

Il mio amore è una goccia di quarzo,

prezioso come un diamante,

unico come il rosso dell'ippocastano.

 

Ha corpo dalle linee armoniose

che risplendono nella luna d'estate;

piedi profumati, morbidi e arcuati,

piedi di rosa, di ciliegia.

 

Ah amore alle prime luci d'aurora

dove goccia a goccia dal sole

cade la luce sul nostro emisfero,

amore che sparge tra i fili d'erba

grande aroma di rugiada.

 

Ora percorro il tuo contorno

bacio a bacio-

baci che s'arrampicano sopra la pelle

rampicando e mordendo

come una mela di sangue dolce.

 

Fra gli arenicoli sul litorale

siamo due corpi che giacciono

in attesa dei minerali dorati della nave notturna.

 

 

*

Tremo in te

Ad Elisa

 

 

I tuoi baci profumati

mi scalfiscono l'animo

nelle notti zuccherine di nudo vestita.

 

Hai figura d'agrifoglio

con gambe chiare come una corolla d'acqua,

seni che sono un torrente in piena,

natiche tornite e sode.

 

Ora che ho gettato le lacrime

nel cesto del passato

voglio stare, amor mio,

solo con le sottili note di canto

della tua voce musicale,

solo con le tue sillabe dorate.

 

Non si può vincere se non sbagliando

ma ora tremo in te, in queste canzoni

lambendo i fiori d'un fiume

che scorre al centro d'una verde isola

dove si levano aurore di merli.

 

Perché tu sei infinita:

m'hai raccolto una lugubre notte

e ora sei al mio fianco

tale ad un pianoforte di neve

che suono nella nostra distesa muschiata.

*

Amoreggiando in una macchia della luna

 

Ad Elisa

 

 

Amore mio

di cosa profumi?

Di violaciocche, di stelle?

Aspirando il dolce aroma

della tua chioma frumento

m'accorgo che sei dolce

come un fiore, unica come una rosa

in una distesa innevata.

 

Sai di terra

come le pietre ambrate delle iridi

le cui incantevoli pagliuzze

sono frecce penetranti di garofani

dal dolce odore.

 

Odore dell'albero dalle millefoglie

della mia vita,

dolce colomba, mazzo di spighe,

bimba, amorosa mia

come l'onda d'un'aurora d'amore che incalza.

 

E quando la mia mano percorre

la luce della tua pelle stellata

le tue coppe d'anfora

hanno profumo di luna

dove noi amoreggiamo

bevendo assetati da una sorgente di baci

in una sua macchia.

*

Un autunno di tigri all’agguato

Saremo giunti con un dardo nel petto

in un autunno di tigri all’agguato

della nostra fragrante pelle di miele,

un olezzo d’inaccessibile cute

desiderando annusare sudore verde

ci ritroveremo nell’umidità dei baci.

 

Mia compagna d’infinite, palpitanti visioni

come minacciosi rintocchi di campane,

puledra dai fianchi snelli che vorrei toccare

dal canto del sorriso di stella-

in un futuro paesaggio di foglie ingiallite

ci inumidiremo le labbra invase dalla sete.

 

Lì sono i tuoi occhi odoranti di selvaggina,

di fulmine che trapassa pareti-

hai denti che mordono mele di sangue,

le tue mani graffiano il sole ghermendolo,

i piedi di pioggia, imbuti d’ombra,

son fiori dall’olezzo di mimose.

 

Mi spii con labbra carnose

scalfisci le pietre, l’oro e l’argento,

cresce l’aerea rete di pensieri,

la tua scorza-non vi è distanza né rame.

Vorrei toccare in un palpito le tue morbide mani

e far cadere crepitando il vellutato fiore brunito.

 

 

*

Via Mario Pagano

Quando il tramonto muore

e cala lenta la notte

si spengono i muri della città

e si riempiono lente le strade

che amo e conosco da tempi lontani.

S' animano i marciapiedi di volti conosciuti,

tante piccole maschere inconfondibili

nei loro movimenti, sembianze, cadenze

e prende vita la notte in un tourbillon

di musica, macchine e palloni

illuminato dalla luce fredda e tenue

di una fila di vecchi lampioni.

Nella via dove sono cresciuto

la gente vive d'illusioni

cantando storie di vecchie canzoni

ridendo delle proprie bugie

vivendo per l' oggi senza la certezza

di vedere la luce del domani.

Nella via che m'ha visto bambino

ogni notte ha il sapore di festa

ma sotto le maschere soffre la gente

come i vecchi clown che raccontano storie

tenendo una lama stretta nel cuore.

Così scorre la notte nella mia via

guardata da case ingiallite

da un'aria di cenere

dove tra sogno e realtà

passano i volti, le storie, gli anni

in quell'aria terribile e fantastica

che, come in una commedia subdola,

consuma le vite in giochi proibiti.

*

Un mazzo di fiori

Ad Elisa

 

 

Sei la palma prestabilita,

la vera roccia fra le altre rocce

scogliera del porto dell’anima

dove attracca il mio battello-

reca una donna che gioca all’amore.

 

E’ questo amore un bufalo che scende le colline,

una fiamma che spara lapilli-

m’incendiano di desiderio

fra lucerne di rugiada

perché ti scorgo lucente

come un panno bagnato, ti so viva,

tutto vive ed è palese.

 

Nei tuoi occhi vi son gocce ogni notte.

 

E’ questo uno specchio

per eludere foglie di cielo-

d’oro come il tappeto della tua chioma.

 

Sarà un abbigliamento da principessa, il tuo,

fra quattro mura dalle pareti d’arazzi,

l’abbigliamento d’una merlettaia

più incantevole d’un mazzo di fiori

allo scampanio dell’arcobaleno.

 

 

*

Un battello di sogni

Quello che osserviamo

è un battello di sogni,

un veliero che ondeggia in un dolce fiume

recando una donna che gioca all’amore.

 

Nel culmine di primavera,

con l’incipiente estate,

una frenesia di risate

in un giardino lussureggiante.

 

Alle porte di ogni alba

vi sarà un gallo che frantumerà

il tappeto delle stelle

su rulli di vivacità.

 

Sei una bocca avida nascosta

sotto le nuvole delle tue palpebre

dispensiera di sogni nel silenzio,

collana spezzata dalle mie parole ribelli.

 

Sei la bocca del mio giaciglio,

selvaggia, creata per me,

bocca immemore d’ancestrali parole-

bocca già illuminata dai miraggi della neve.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Il prodigio

Il prodigio è lambire

l’ali della chioma corvina,

amarti sotto la luna benevola

nonostante questo muro infinito

dischiudendo smisurate strade

opposto all’ombra.

 

Come il carpentiere costruisco

la luce d’amore;

se il tuo cuore lo eclissa

non sei qui ma il mio corpo freme,

le stelle dei tuoi occhi ambrati

brillano nel firmamento.

 

Il vero prodigio

sarà di non nascere in te

di essere assente

primavera sfiorita

in cui non trillano i merli,

il velluto dell’erba è un fiume limaccioso.

 

Chimere invernali

baciate da carezze d’abbacinate farfalle.

Conosco il tuo cuore, i tuoi seni

m’infondono un senso di libertà fisica,

conosco i tuoi occhi di formica intelligente:

si schiudono nei miei malgrado il mio sogno di cieco.

*

Bocca illuminata

Le feci io il primo,

vivace passo su questa terra rosata

con un acuto vagito di bimbo

donandole orchidee all’infinito-

sfavillanti come la neve,

ardenti come il sole di mezzogiorno.

 

Il gallo alle porte d’aurora

avrà frantumato il tappeto della notte

su rulli di vivacità.

Non si leverà tanto presto il capo

verso il sole che si adorna

ma si occulterà dietro gli occhi.

 

Si leverà poi verso una lama di luce

la tua bocca più vorace d’una mimosa,

bocca celata dietro a ciglia asciutte-

presto si occulterà dietro agli aghi di pino

dispensando sogni nel silenzio-

collana spezzata da parole ribelli.

 

Un’altra bocca per giaciglio,

amica di erbe febbrili,

selvaggia e buona creata per me

e per nessun altro-

bocca immemore d’ogni linguaggio.

Bocca illuminata dalla mia anima.

*

Cicatrici d’amore

In punta di piedi m’appari in un sogno

avvolta in un vestito di seta fine

risvegliando una ghirlanda di ricordi,

cicatrici d’amore d’ una primavera profumata

in cui tra le lenzuola reggevo la tua mano

ultimo appiglio del mondo

e d’afose notti di mezz’estate

in cui le orme dei nostri passi sulla battigia

lasciavano una scia di libertà.

Poi ti rivedo sparire nella nebbia di novembre,

una densa coltre di panna sui nostri pensieri,

timbrandomi il lasciapassare della solitudine.

Fiorisce luce, ed è come se il cuore tremasse

al suono acuto dell’antica sveglia.

Aperte le persiane fatiscenti,

scendo in un dedalo di vie

lastricate di memoria

del tempo dell’amore perduto.

Ora sei la pietra spezzata, l’albero senza radici

e faccio naufragio nel mare della nostalgia

con una caravella di ricordi

tra l’indifferenza dei passanti

tale al passero che tenta il volo

ma cade senza destare stupore.

 

Pubblicata per due numeri consecutivi dalla rivista mensile nazionale Poesia nel 2010

 

Letta nel 2016 al Teatro Filodrammatici di Milano con Giuseppe Conte e Tomaso Kemeny

*

2/3/2005 Funerali di Mario Luzi

Mentre venivi strappato all’amore senese

dalle incombenze del babbo, da quella Siena che amavi,

la Siena “con i ghiacci che pendevano dalle cornici incendiati dal sole”

eccoti intanto, quindicenne, Mario al Galileo,

sotto la guida ispiratrice del grande Francesco,

dare la tua s-Toccata alla storia.

E io, che sin dalla tenera età, ero salito sulla tua Barca,

d’incanto, sapendolo, perdutamente m’innamorai di te.

Ma tu, novantenne, quell’aprile dai cieli d’acqua di polvere

l’avresti solo sfiorato.

E allora io - con il cuore spezzato, trentottenne

intento a navigare nel mare della poesia s’un’onda di speranza

coltivando, ora come allora, grandi sogni, navigando

s’una caravella d’emozioni - non ebbi dubbi.

In un battito di ciglia il convoglio sferragliò a Santa Maria Novella.

Ma a me renderti omaggio non bastava: tu eri, sei e sarai nel mio cuore.

Fu così che, con il mio migliore abito e una sgargiante cravatta penzoloni,

tra le duemila persone al Duomo io, che sfacciato per natura sono,

m’affacciai a quell’uscio e m’accolse addirittura Gianni. “Ma lei chi è?”

Sono un lontano parente, permesso.”

E l’omelia fu straziante, tu per l’ultima volta portato alla vetta,

tu astro immenso, stella solitaria di quest’universo così corrotto -

stella solitaria il cui transitare con passo roco certamente ha profumato

di rose, ma anche del retrogusto d’un sapore dimenticato, l’aria della poesia.

Nel viaggio, questa volta lungo e di pensieri, verso Milano Centrale

certo non estinsi il dolore ma perlomeno smussai il rimpianto.

Tranne quella sofferenza grande, con la quale sei trapassato,

portandotela nelle praterie, d’un 10 dicembre, d’una Stoccolma mai avvenuti.

*

La rinascita

Il tuo capo stupito, commosso,

visto in primo piano

si può paragonare senza civetteria

alla folgore sferica

d’una perla d’acqua,

ad una corolla blu,

alla potenza degli uragani,

al cielo trapuntato d’astri come un nasturzio luminoso.

Violentemente tenero,

delicato e indifeso

abbandona le zolle ai loro segreti;

questo eremo diseredato

ove prende forma il silenzio delle stelle

che si ferma ad ascoltare e lo persuade.

 

Qual è la rinascita che ha prevalso

ora e sempre nella mia vita?

Solo i tuoi capelli, ponti solari,

che ancora non hanno parlato

ma dapprima la fiamma dei tuoi occhi

hanno smentito per sempre

le antiche pozzanghere lunari.

*

Fata turchina

Né il cuore è più spezzato da una lama

in prati brinati di spine,

in un bosco vuoto come i bicchieri nell’aurora

perle d’acqua sgocciolano melodie d’amore,

il braccio si stringe alla tua cintola,

due mari nocciola nei tuoi occhi marroni.

 

Passi con coppe d’argento e ciglia asciutte

fata turchina dischiuso fiore,

aria che scende come un ruscello a valle,

sole splendente un po’ collerica,

impronta d’acqua ribelle che scivola

in un tappeto d’erba dove sei rosa selvatica.

 

La luna in strade sbiadite da luci gelate,

le solco raccogliendo giornali dai quali fuoriesce

la tua fotografia,

i cui titoli sono i sottili pensieri di canto della voce lieta,

la mattina m’intrufolo tra le lenzuola col soriano,

m’alzo, osservo la barba ispida fra le crepe dello specchio

poi gli racconto del tuo sorriso.

 

Germinerà e sortirà all’azzurro

ancor più il tempo dell’amore!

Si scardinerà il destino,

il silenzio della notte fermo ad ascoltare

dalla vista di Venere al primo bacio di raggi,

avviluppata fra le lenzuola, madida, sussultante in fremiti.

 

 

*

Il pianoforte dei miei versi

Perchè continui a percorrere

il tuo contorno, le linee armoniose

ti coricherai sul pianoforte dei miei versi

come in terra di boschi o di schiuma

nel sapore del gusto dei frutti delle zolle

o nelle note vivaci della musica marina.

 

Hai piedi morbidi e arcuati

identici ad un antico lamento

delle anse del vento o del suono-

giunge alle tue orecchie perfette,

infinitesime e rare conchiglie

del fantasmagorico reef del Mar Rosso.

 

Uguali sono i tuoi seni paralleli

e sono, spiccando il volo, le orbite

che si dischiudono in una luce di stella

o si serrano rarefatte-

mai una perla di lacrima, asciutte-

due città sconfinate nel mare degli occhi.

 

Non è solo luce che cade nel mondo

il loro bagliore:

è soffocare la neve d’inverno,

da te emana luminaria nei campi

perché sei la stella, accesa dentro.

Sotto la tua cute canta la luna.

 

*

Amami

Ebbra di spuma agile e leggera,

i miei baci percorrono i tuoi lineamenti

e t’accendono notti azzurrate dai riflessi delle stelle,

risonanza prigioniera come un vaso di creta.

Le foglie cadono dagli aceri,

cadono e muoiono gli uccelli ma tu voli, colomba innamorata.

 

Vieni, vieni come un usignolo nel sottobosco,

desiderami, fammi vibrare come schiuma nella salsedine.

Ah, mia mesta chimera o mia profumata ghirlanda:

la vita sancirà il nostro solcare un’onda

che s’innalzerà sino ad essere, dea,

due anime gemelle in un futuro di magia.

 

Fiamma di luce,

liberami da questo cielo cupo che incalza ed annienta.

La scintilla dei tuoi occhi ramati

mi sommergerà nel tuo nido di vertigine e carezze.

Amami.

Chino ai tuoi piedi di velluto ti grido: “amami!”

 

Passiamo ore di fuoco

in notti pregne di astri e gabbiani.

L’eco della tua voce musicale arde nel vento,

la mia è infranta ed urla:

amami, desiderami come la prima schermaglia di labbra.

Perché con te ogni crepuscolo è il preludio ad una pioggia verde di baci.

 

*

Quando incrocio i tuoi occhi

Capelli d’oro come il sole che fa da manto.
Quando incrocio i tuoi occhi
finestre spalancano le braccia,
tovaglie di neve sfavillano.
Si schiudono i desideri dell’infanzia
per la bramosia cantata in sordina.

Quando incrocio i tuoi occhi
ogni ombra di tema svanisce,
si dissolve il veleno dell’erba dei campi.
Dai rovi nelle ruderi dei templi
sortiscono frutti di fuoco vermigli,
il mosto della terra annega le api.

Quando incrocio i tuoi occhi
si svuota lo spazio siderale,
le onde lambiscono i bagnasciuga
i leoni, le cerve, le colombe
tiepidi d’aria pura
mirano nascere la nostra primavera.

Quando incrocio i tuoi occhi
le pareti scottano di nuova vita,
dentro il nostro letto di natura
è eretto d’innocenza,
sempre più nuda e schiava
d’un eterno gioco di foglie.

*

Una bimba

Una notte azzurra-

esili copricapi di stelle fanno da manto

ai nostri pensieri di rugiada-

nella via delle costole

giungi a me in tre falde di flashes onirici

la duplice: saranno due bocche nei riflessi dei vetri.

 

Il mare regna vicino

sull’estate delle tue forme sode.

Saranno notti che dischiuderanno l’eco della volta

allo straripare dei tuoi gemiti,

passeggiate mano nella mano sul bagnasciuga

dove le nostre orme lasceranno una scia di libertà-

persino gli arenicoli danzeranno di gioia.

 

Nella trasparenza erratica

delle tue iridi nocciola intarsiate di pagliuzze dorate

non invidierò la tua inesperienza

sulla paglia dell’acqua,

s’inchinerà senza tregua la strada dell’amore.

 

In quel soffio di sole,

d’oro come la tua chioma,

in quella luce iridescente

d’un domani di trepide carezze e baci incarnati

che modellerà nell’ombra il tuo specchio di gelsomino

una bimba sarà effigiata sui tuoi fianchi esangui.

 

14 aprile 2020

*

Aurore di trecce

Lasciami la fragranza di sale dei baci,
te che fosti il gladiolo selvaggio
d’ideali strappati alle stelle
in uno spleen di rassegnazione –
ora invece mimosa d’un verde prato fiorito
presso il frangersi infinito di onde.

 

E’ il suono dal timbro di cielo
dei tuoi capelli e dei baci salati
al giacere uniti sulla sabbia fine –
il bagnasciuga assomiglia al nostro amarci
in una rena d’amore, accarezzandoti
nel velo di timide e umide aurore di trecce.

*

In campi di stelle

Per Giovanna Iannuzzi, a diciotto anni

 

 

 

Il bimbo,

la luce che m’illumina il cuore,

dal tuo grembo mi dice addio.

E io gli dico addio.

Canta la tua voce lieta:

“eri il piccolo fiore della mia terra,

son vivai di nostalgie ora le distanze del tempo.”

 

(Amo l’amore dei marinai,

solcano i flutti con navi dalla fragile chiglia

in un diario di pensieri,

inseguendo false chimere nel lago dorato dei ricordi

di mille labbra da baciare,

ricevendo missive affrancate con filigrana straniera.)

 

Più non incrociano i miei occhi la tua scintilla,

solco strade sbiadite da luci gelate

con la memoria del tuo sguardo innamorato.

Ho l’anima triste come un rondinino affamato.

Dal tuo cuore il bimbo mi dice addio.

E io gli dico addio.

 

Rifuggo questo destino, amata.

Nulla ormai ci lega,

solo una velata promessa futura d’amore

colta per magia in un cinguettio di merli,

amore dorato seminato con un possente aratro

in campi di stelle.

*

Oggi lasciatemi esser felice

Oggi lasciatemi esser felice

non è occorso nulla a nessuno

sono solo felice nel cuore, vivendo e scrivendo.

Che ci posso fare? Sono immensamente felice

sopra gli uccelli del bosco, sui greti dei fiumi

l’aria canta come una chitarra.

 

Sarai al mio fianco nella rena

dove persino gli arenicoli danzeranno di gioia,

canterai pensieri d’amore con note vivaci-

oggi la mia anima è canto e sabbia-

sono felice perché respirerò il tuo odore,

l’intero mondo oggi è la mia anima.

 

E’ come se lambissi la freschezza

del velluto della pelle azzurra del cielo.

*

Sul lungofiume

Piante maggiori
coinvolte nel fuoco,
bionde o brulle, bruma o rugiada
fiori estremi maledetti.
I tuoi seni di grazie accettate,
risate fra gli alberi, corse affannate.

Sono venti d’uragano.
Uragano che protegge le sue creature
frantuma steli di luce
assegna erbe agli insetti
nelle fumate dell’autunno
nelle ceneri dell’inverno.

Randagia dalla fronte spianata,
il suo cuore, i suoi occhi-
è una stella bionda,
le sue orbite palesano i pensieri
trapuntati veleggiano in un gruzzolo di luce
nel tepore della stagione delle rondini.

Sul lungofiume di ramature
palpebre dischiudono intriganti occhi nocciola
dal bagliore dell’eco del fuoco.
Sul lungofiume dalle labbra umide
compenetrando la sua anima d’ombra
svanisce ogni assedio di pena.

 

*

Perché per me sei la più bella

Elisa, nel mio cuore

ti lascio un fremito diamantato,

ciò che da te non ebbi

ma che mi donerai come un diadema stellato

figlio d’un antico incantesimo.

Il mio amore è un uccello ferito

e io ne sarò la panacea.

Perché per me sei la più bella.

Hai tatuaggi di nuvole,

cigni e gabbiani

non sulla pelle ma nell’anima,

pura e nitida.

E’ di pane il tuo cuore

e le tue mani sono archi stellati.

Anima anche io immagino rosso fuoco

come una stilettata nelle tenebre.

Prelude ad un gomitolo di lenzuola

in cui, madidi, ci avvinghieremo.

Col pianoforte dei miei versi

per te suonerò note audaci,

nella neve o fra gli aironi

e su di te, sulle tue ciglia

cadrà musica di vero amore.

Sempre m’immergerò

nella tua ombra di corallo.

L’alba e il crepuscolo

saranno il nostro sorriso:

vedrò l’aurora nei tuoi capelli

e la sera nelle tue unghie.

Il tuo viso e il tuo corpo

vennero da me da una casa straniera

in una giornata miracolosa

velata da aghi di pioggia e da un sogno,

un giorno

di miracolose resurrezioni di farfalle

in cui tu, prima stella

da qui all’infinito fosti avvolta

in una carezza di luce,

io felice per averti trovata

fra le crepe d’uno specchio.

La tua bocca mi regalava

libellule di luce,

pensando ad appuntamenti in radure ombrose

in cui rotolarci innamorati nell’erba;

desiderai avvicinarmi al fogliame

per stendermi con te presso il greto d’un ruscello,

nuotando controcorrente, com’è nella vita

il nostro cammino.

Il nuovo autunno della volta celeste

sarà colmo di fari nella trapunta delle stelle,

cadranno in ottobre foglie dagli aceri,

un autunno di nebbie e tristezze.

Io non so dove andrai, dove andrò

camminando senza la mia duplice.

So solo che la mia cripta recondita di gioia

la devo al tuo ricordo etereo,

mia quaglia piumata.

Staremo uniti e le nostre mani

s’incroceranno tra spine.

Tutto sarà riunito.

Perché per me sei la più bella.

 

*

Un’ala di stagno

Sei candida nel sole o nella notte stellata

con la trionfale orbita bianca e le iridi d’onice,

l’amata corona di alberi neri

il nasino d’animale solitario, pecora selvatica

che odora d’ombra e di cielo,

scolpito come un diadema tra le fossette.

 

Che puro il tuo sguardo d’ambra,

caduta d’occhi, feroce pungolo

sino a cogliere il varco sino al tuo astro.

La mia bocca d’esilio vorrebbe mordere la tua carne,

le tue braccia, il tuo petto

in cui penetra il vello come un’ala di stagno.

 

La mia chioma di farina e frumento,

la pelle di figlio maturo

s’innalza nella fronte come un ghiacciaio,

i denti di fuoco bianco, d’equità simmetrica,

la mia schiena arcuata sostiene

il peso greve d’una statua d’avorio.

 

Sognando anni di baci fissi

come la struttura d’un’ala, come inizi d’autunno

bimba, amorosa mia

la luce ripone il suo letto sotto le tue palpebre

bianche come rotonde colombe,

costruisce i suoi nidi dentro di me.

 

*

La luce di quest’aurora

La luce di quest’aurora

son tonfi di palme

giochi esaltanti di domande

solenne rischio di rifiuti-

per le vicende del giorno

la parete perderà i suoi ciottoli.

 

La luce di quest’aurora

i seni spogli dei miei sguardi

gli olezzi multipli d’un mazzo di fiori

dalle rose ai ciclamini

passando attraverso i girasoli,

la viola del pensiero.

 

Il rumore delle pietre,

della risacca del mare-

sfiora anse di rena in cui ci stenderemo

frante dal bagnasciuga del frangiflutti.

Il miele della tua pelle, la fragranza del pane

dalle orchidee delle stelle scendono gabbiani implumi.

 

La luce di quest’aurora

fiamma che ti rigenera

nasce verde e muore d’erba.

I primi balbettii di felicità

furono sotto veli di rugiada.

E nelle tue labbra vi è il cielo.

 

*

Il mondo da una mongolfiera

Scappa attraverso il paesaggio rupestre,
capelli corvini e occhi scuri,
fra le fronde e le carezze del vento
gambe tornite in calze di sabbia,
immemore in tutti i veli di ruscelli.
Ultimo palpito s’un volto trasfigurato.

Nella placidità del suo corpo
avanza una sfera di neve
sulla pelle un neo di silenzio.
Le sue mani, archi canori
frantumano ogni luce d’alba.
Nella sua dimora conta i minuti.

Per la tua stella,
esplosa nell’aria d’aprile
per regalarsi gli occhi, per vivere giunti
sino alle praterie in fiore,
per regalarsi immenso amore
per donarsi le iridi all’ultimo secondo.

Per dormire nella luna
in quattro pupille, il sole nelle medesime.
Un amore fra le labbra-un vago uccello
adorna i campi, i boschi,
le strade e il mare.
Bella come il mondo da una mongolfiera.

 

*

La danza gialla delle foglie

Ascolto le note musicali della tua voce

venuta dalla terra per salire al cielo,

spio i tuoi occhi d’ambra:

ecco la tenerezza di sguardo di seta,

la tua bocca, parola senza eco.

Avverto salire a tentoni il muschio della tua pena.

 

E’ la guerra oscura del cuore

la lama spezzata di angosce commosse

l’ebbrezza dei desideri.

E’ questo la mia vita:

l’acqua che le tue iridi nere mi recano,

il concerto di voce dei tuoi sottili pensieri.

 

Ah, coppa, ruscello, mia agile compagna.

Scorgo le coppe nella danza gialla delle foglie.

Ti giunge ululando il vento

nell’ora del sangue fermentato

quando la terra palpitando vibra

sotto il pallore del sole che la riga con code d’ombra.

 

Eccola, la tua forma familiare,

ciò che m’inonda

che mi empie l’anima in abbandono,

la tenerezza che s’avvolge alle mie radici:

matura in una carovana di frutta

uscendo dal tuo cuore come il vino dal centro dell’uva.

 

*

La danza gialla delle foglie

Ascolto le note musicali della tua voce

venuta dalla terra per salire al cielo,

spio i tuoi occhi d’ambra:

ecco la tenerezza di sguardo di seta,

la tua bocca, parola senza eco.

Avverto salire a tentoni il muschio della tua pena.

 

E’ la guerra oscura del cuore

la lama spezzata di angosce commosse

l’ebbrezza dei desideri.

E’ questo la mia vita:

l’acqua che le tue iridi nere mi recano,

il concerto di voce dei tuoi sottili pensieri.

 

Ah, coppa, ruscello, mia agile compagna.

Scorgo le coppe nella danza gialla delle foglie.

Ti giunge ululando il vento

nell’ora del sangue fermentato

quando la terra palpitando vibra

sotto il pallore del sole che la riga con code d’ombra.

 

Eccola, la tua forma familiare,

ciò che m’inonda

che mi empie l’anima in abbandono,

la tenerezza che s’avvolge alle mie radici:

matura in una carovana di frutta

uscendo dal tuo cuore come il vino dal centro dell’uva.

 

*

Onda di marea

Onda di marea sulle risacche del firmamento,

acqua che sale sulla rena dove le nostre orme,

passeggiando mano nella mano, lasciano una scia di libertà-

t’apri come la corolla d’una rosa selvatica nell’aurora.

Un immenso che graffia il vento

come un potente lancio di frecce nel cielo.

 

Ah primavera di abbacinate farfalle,

lei rondine innamorata che vola dal mio cuore al sole.

Scalpita nel crepuscolo,

i tratti del suo volto incisi dai coltelli nelle mie mani

lei, i suoi acuti giunti ai miei

lei, i suoi occhi neri d’ambra.

 

Lei, il suo cuore, libellula libera

che, come una formica intelligente,

con antenne d’istinto mi tocca.

Se le mie parole la trapassassero come aghi

dovrebbero entrare come spade in un tappeto di velluto.

E’ una marea che mi piega, lei al mio fianco.

 

Fiamma di luci,

liberami da questa notte cupa che annienta.

Amami, desiderami: la tua voce riecheggia nell’aria

e arde nel vento, la mia si smorza e muore.

Il mio richiamo la raggiunse

nelle notti di gelide stelle.

 

 

 

 

*

Spirito puro ma guerriero

Non sa tramare insidie

lei spirito puro ma guerriero

difficile, così difficile da sedurre.

E’ il suo sguardo a lasciar trasparire costellazioni

in me ha posto il suo anelito

su di me ha lanciato l’aerea rete di certezze.

 

Innamorata in segreto

nude parole empiono l’aria

le scoprono il collo e i seni

le palpebre si dischiudono di luce

perché nei suoi occhi i baci

mostrino di lei solo corpo ed anima.

 

Si protende sul mio viso di pietra

ignaro il suo cuore

confida, scorda.

Sotto le nuvole delle sue ciglia

il suo corpo s’assopirà sul mio petto

il profumo del capo sprofonderà nei sogni.

 

La brezza per una strada che avrà fine

i passi delle foglie più spediti-

t’accarezzerò in un diluvio di colori-

i tuoi occhi fugano la luce

hai denti scintillanti come il fuoco

la bocca fiamma d’ermellino.

*

Ho mani per volare

Anima del candore d’un giglio,
pura come il sole o la luna che ammicca,
occhi a dismisura con orbita di bianco vestita
e coppe d’oro fragranti di pane.
Hai corona d’alberi frumento
e nasino delicato che odora d’ombra.

 

Ami lo splendore delle mie mani-
le ho per volare nel firmamento,
tu per cantare ed accarezzarmi come un petalo.
S’innalzano verso stelle umide
mentre la mia bocca d’esilio morde la tua carne,
le mie braccia di muschio circondano la tua cintola.

 

La mia simmetrica statua di marmo,
il mio viso brunito fatto per la profondità del sole,
la fluente mia chioma forgiata di quarzo,
la mia fronte penetrante come uno sparo,
la mia pelle matura di miele,
i miei occhi di giada dove brilla la tua fiamma marrone.

 

Sei identica al bacio più lungo,
ai riflessi azzurri degli astri,
il tuo istinto di fuoco accende notti scarlatte-
palpita e domina in saliscendi con tremore di stelle
in una forma guerriera
con carezze figlie della farina e del cielo.

 

*

Un albero di luna

I tuoi piedi di velluto nell’ombra,

le tua mani nella luce

guidano il volo d’aquila reale,

volteggia in un cielo d’innocenza-

tra la rugiada dei fili d’erba

le mie labbra conobbero il fuoco.

 

Porgendoti la mano incrociai i tuoi occhi nocciola

che mi stanno scalfendo l’anima nei sogni

in un palpitare d’immagini colorate.

Non importa per te che hai occhi non nati:

quando aprirò il libro d’acciaio del secolo d’oro

isserò bandiera di te, stella prigioniera.

 

Dal blu della volta celeste

m’avvicino ai raggi frumento della tua chioma,

terra di grano nata dal sole-

si prepara il confine di notti scarlatte

nella mia anima rosso ciliegio

e accende pietre e ciottoli levigati.

 

Perché cresce l’onda del mio cuore

facendosi pane

e che la bocca lo divori-

il mio sangue è vino che suggi.

Il fuoco è l’amore rupestre che c’infiamma.

Io e te siamo un albero stellato di luna.

*

L’orgoglio dei vivi

Alla memoria di mio padre

 

 

Ascolta l'impalpabile

 

ritmo del tempo:
sarai pronto nell’ora

 

dell’agonia

 

e sconfiggerai le tenebre

 

con la forza del silenzio;

 

quella forza

 

che, tenace, attraversa i secoli

 

e fa risplendere

 

con gran fulgore

 

il mistero cui t’avvicini.

 

Scaccerai

 

l’orgoglio dei vivi

 

con la promessa dell’eternità

 

e solcherai la vicenda dolce

 

della tua vita

 

penetrando il buio

 

con la tua scorza di diamante.

 

 

 

Vivrai il tarlo che rode

 

la tua coscienza scalfita

 

da un senso d’impotenza

 

con l’onore dell’età,

 

stinta come quel lenzuolo

 

di lino che pare scacciare

 

il freddo dell’abisso

 

ed io ora, padre, oso

 

accarezzare la tua fronte

 

imperlata di sudore

 

che, in una memoria di bambino,

 

conservo ancora vergine di rughe.

 

 

 

 

 

 

*

L’arcobaleno

Annego nell'inchiostro

la seta che avvolge

il mio sonno

tra voli notturni

di pipistrelli e schiamazzi

mattutini delle lavandaie.

In un' aria di carta

cerco di dirigere

il traffico delle mie passioni

e, lasciandomi lambire

dalla brezza amica,

mi riposo all'ombra

della grande quercia

ascoltando canzoni di ieri.

Il tempo, intanto, immemore

delle mie sofferenze,

ambisce solo a spargere

la mia cenere dolce

nell'armonia dello spazio remoto

dove le stelle

per noi son morte

e non c'è un arcobaleno

che, dopo le vicende della vita,

si stagli nel cielo turchino e muti

la nostra essenza

dall'ombra alla luce.

 

*

Il pescatore

E’ solo nelle forti tempeste di maestrale
il disperdere tempo prezioso-immense ondate
s’infrangono impetuose tra le conchiglie.
Giorni inutili del pescatore, sin col nonno,
nel paese, unica parlata il dialetto,
ad apprendere i dettagli del mestiere.
Presto con i compagni di conoscenze
a sortire nell’alba dal porticciolo,
la fragile chiglia solca in ogni stagione
il saliscendi a intervalli del mare,
il motore scoppietta calcolata miscela.
E’ un costante perseverare nello scandagliare
i fondali sabbiosi in cerca di sorgenti fruttifere.
L’unico strumento a disposizione dalla nascita
nell’arrampicare gli stenti, svicolare
tra le enormi pietre predisposte.
La casa è diroccata-nei muri crepe e muffa-
e l’allusione all’amore poco gli appartiene,
sino a una scarna prole a cui dare pane.
Le rughe di sale presto corrugheranno il viso,
dalla  gioventù la pelle ne era già segnata
e, forse, un giorno qualsiasi, un pericolo mortale,
per una barca che n’è talmente incurante,
apporrà il punto, nei flutti, al dolore.

*

La quercia e il mandorlo

Tu, padre,
eri la grande quercia
del nostro bosco dei pensieri
e lei era il tuo mandorlo fiorito.
Ora che s’è stagliato nel cielo
l’ultimo arcobaleno
sei la stella del silenzio
che veglia sui miei errori
e s’è appannato lo splendore del mandorlo.
Ha fiori secchi e malati
e il suo respiro è un sospiro,
attendendo che si stagli aurora
in un nuovo mattino
in cui la scintilla d’un raggio dorato di sole
ne brucerà per sempre i rami.

*

Il silenzio acuto del mattino

A mio padre

 

 

Ho annodato a ciottoli levigati

il fluire dei miei ricordi.

Forse era l’aurora cremisi

che si specchiava nei solchi

delle rare onde, forse la magia

del silenzio acuto del mattino.

Forse la quiete infinita

ed il confluire d’umane speranze

tipici d’ogni alba

in qualunque angolo del mondo.

Forse un po’ di tutto ciò

mischiato all’amore per la vita:

e noi in simbiotica armonia

su questi greti ci trovavamo,

padre,

ed era l’elogio dolce

delle nostre illusioni,

la genesi

delle nostre buone intenzioni.

Era la folgorante attesa

d’un alito di luce a farci muovere,

padre,

laddove ormai sono avanzate

poche manciate di rena

e l’acqua ha reso canute

persino le amiche conchiglie.

 

 

*

Via Mario Pagano

Quando il tramonto muore

e cala lenta la notte

si spengono i muri della città

e si riempiono lente le strade

che amo e conosco da tempi lontani.

S' animano i marciapiedi di volti conosciuti,

tante piccole maschere inconfondibili

nei loro movimenti, sembianze, cadenze

e prende vita la notte in un tourbillon

di musica, macchine e palloni

illuminato dalla luce fredda e tenue

di una fila di vecchi lampioni.

Nella via dove sono cresciuto

la gente vive d'illusioni

cantando storie di vecchie canzoni

ridendo delle proprie bugie

vivendo per l' oggi senza la certezza

di vedere la luce del domani.

Nella via che m' ha visto bambino

ogni notte ha il sapore di festa

ma sotto le maschere soffre la gente

come i vecchi clown che raccontano storie

tenendo una lama stretta nel cuore.

Così scorre la notte nella mia via

guardata da case ingiallite

da un' aria di cenere

dove tra sogno e realtà

passano i volti, le storie, gli anni

in quell'aria terribile e fantastica

che, come in una commedia subdola,

consuma le vite in giochi proibiti.

 

*

Cicatrici d’amore

In punta di piedi m’appari in un sogno

avvolta in un vestito di seta fine

risvegliando una ghirlanda di ricordi,

cicatrici d’amore d’ una primavera profumata

in cui tra le lenzuola reggevo la tua mano

ultimo appiglio del mondo

e d’afose notti di mezz’estate

in cui le orme dei nostri passi sulla battigia

lasciavano una scia di libertà.

Poi ti rivedo sparire nella nebbia di novembre,

una densa coltre di panna sui nostri pensieri,

timbrandomi il lasciapassare della solitudine.

Fiorisce luce, ed è come se il cuore tremasse

al suono acuto dell’antica sveglia.

Aperte le persiane fatiscenti,

scendo in un dedalo di vie

lastricate di memoria

del tempo dell’amore perduto.

Ora sei la pietra spezzata, l’albero senza radici

e faccio naufragio nel mare della nostalgia

con una caravella di ricordi

tra l’indifferenza dei passanti

tale al passero che tenta il volo

ma cade senza destare stupore.

*

Un cigno

Stamane, rose d’aurora profumano drappi di nuvole,
tu sei come il sole che sopra d’oro vi brilla –
un cigno perso in pupille di lago, acqua chiara
appartenente ad un’antica memoria di cielo
nella costellazione azzurra d’ogni desiderio,
due passi con te dal primo fiore all’infinito.

 

Eri passata nella sera luminosa e chiara, luna,
il sorriso scolpito sotto le fossette, rosse
d’un’emozione d’amore, il tuo nei gemiti
dipinti ad accendere il buio del silenzio
straripava nelle lenzuola fra le stelle, tu astro
nello sgargiante arcobaleno d’un’elegia di voglie.

 

Ora t’attende il tappeto d’ogni via, un tappeto d’oro
s’intarsia di luce fiera, quando tu passi
io ti venero poichè, se ogni passante ti lusinga,
tu, innamorata, volgi a me il mare degli occhi,
io nel velo nocciola mi perdo confuso, occhi d’anima –
i fili d’oro dei capelli fluttuanti nel vento, trecce di sole.

 

Tornerà, sui vetri ombreggiati dalla fuliggine del camino
l’acqua fresca di baci della sera, pioggia ad aghi sottili,
noi ubriachi di felicità, nel buio della notte scintille d’ebano
i nostri pensieri accesi d’amore – tu saluterai le mie carezze
fra le tue cosce bianche e snelle sospirando in una nuvola –
mi sveglierò al suono di campanelle dei tuoi bracciali.

*

Ogni aurora

Nel silenzio di luna delle idee
mi chiedo cosa avanzi del nostro amore:
un parto dell'inchiostro cucito s'una nuvola?
O un'aurora sottile del pensiero
tradotta in eco stellato dei sentimenti?

 

E' tempo d'amare qui,
annodati ad un gomitolo di lenzuola,
uniti nell'anima oltre il destino
la stanza vive dei nostri segreti
mentre lungo il viale alberato di polvere
si sente solo un turbinio di vento,
uno scroscio di pioggia ad aghi sottili
e non s'odono nemmeno latrare i cani.

 

Abbandonato a tessere il tuo volto
su pagine di filigrana, strariperò nel cielo
allo squarcio del primo raggio d’oro
quando tu sillabando confusa timide parole
mi donerai l’anello d’oro dei baci.

 

Sarai di nuovo fuoco tra le mie braccia,
l’acceso rifugio del tempo che si crogiola,
una nuova impresa velata e muta per cui lottare,
la stella che albeggia quando tutto sta per svanire.

 

Sarai la Venere che uscirà dalle acque
e in una carezza liquida prometterà un’eco di sussurri,
colei che lava i cenci logori del passato
e m’avvolge in un caldo lenzuolo intarsiato di lino.

 

Perchè con te ogni fuoco d’aurora è una meraviglia che sta per accadere.

 

*

Un volo di rondine

Il meriggio
consolerà il mattino
per aver trascorso
frammenti del nuovo giorno.
Se qualcuno ricorderà l’alba
sarà tempo di quiete sfumato,
ricordo lambito da echi sfiniti,
candido pallore che quasi
richiama il colore del crepuscolo.
Dimenticato
è ormai il mattino
in una fitta pioggia di speranza
che ha permeato il meriggio
d’un’apparenza vespertina.
Il giorno regalerà
alla notte rose di seta
e verrà il tempo dei vizi,
il tempo dei rimorsi
e sarà la foglia
d’una pianta appassita
ad ondeggiare ed insegnare
che anche nel vuoto
di piombo del silenzio
l’inchiostro sinuoso si agita
e traccia graffiti d’amore.
Udendo gli schiamazzi
di quattro ubriachi che cantano,
dolcemente m’assopirò sotto
un’arcata di cielo lattiginoso.
Porrò a tacere le membra assonnate
in una notte dove la luce delle stelle
illumina un uragano di passioni.
All’alba sarà un volo di rondine
ad illanguidire d’amore gli alberi,
aprire il cuore a vagiti di speranza
e concedermi l’attesa della nuova stagione.

*

L’aquilone dei sogni

Nella notte silenziosa stelle calme
brillano nel guscio del cielo,
sabbia di clessidra scorre tra impalpabili visioni
e siamo io e te, foglio
che mi sfidi a tessere il gioco delle idee.

Con ali di cera, vagabondo a casa mia,
viaggio sul pavimento lastricato della fantasia
e l’aquilone dei sogni vola come vibra questa vita,
arco teso di una memoria che non si può cancellare.

Il vaso di creta dei ricordi
annega di dolore il calamaio,
gli occhi fasciati di nebbia
sono lo specchio d’un’anima
che cerca la propria isola
scacciando i fantasmi della solitudine
e vorrebbe librarsi nell’aria
tale al merlo recalcitrante alla prigionia della gabbia.

Nel gelo di questa stanza-
non basta la vecchia stufa a legna,
il letto è di ferro, la coperta sempre troppo corta-
la teca ardente dei pensieri
sillaba un vortice di versi muti
che vanno a incastonarsi nell’aurora nascente
tracciando i contorni di fiabe d’eroi leggendari.

Sarà nel soffio di luce d’un nuovo mattino
che la mia mano dalle dita callose,
le membra in subbuglio,
s’arrenderà alla stanchezza delle parole
andando a sognare una nuova poesia.

 

*

Fiore tra stelle

Colsi tra stelle il tuo fiore brunito,

m’accesi d’un arcobaleno di mare

in un sentiero ornato di rose,

gli altri fiori chini ad osservare-

il disco del sole per un attimo fermo,

la luna d’azzurro d’un accentuato sorriso.

*

Il bosco

Il bosco ombroso appare vuoto

come i calici all'alba.

Costruito di cristalli di legno

e piante multiformi: querce

dalla memoria secolare

e filari simmetrici di pioppeti.

Le radici sono d'avorio.

Le frequenti piogge hanno

ubriacato i rami di felicità:

l'arsura resterà ignota e le fiamme

si chiuderanno come un ostrica di luce

nella notte fresca e silenziosa.

La selva oscura continuerà

a trascorrere cupa le sue giornate:

questa canzone tenterà

di catturare i suoi sospiranti segreti

e noi, con volontà d’acciaio, ne continueremo

ad esplorare le profonde e vergini grotte.

Coglieremo, estasiati, notti di luna e ciclamini;

gusteremo lo splendore

delle sue pianure sterminate

e lo stupore sovrastante del mondo astrale.

Alla fine sarà il bosco stesso

ad armonizzare la sua musica primigenia

per stringere con noi ospiti

un nodo di candida fiducia.

*

Onde

Stanotte ti dedico due paragrafi di cielo

per narrare dello splendore della tua stella:

s’è azzurrata nei riflessi del crepuscolo dei giorni.

 

Neve a chiazze si spargeva tra i fili d’erba

ed io non mi posso scordar del tuo viso angelico,

bocciolo di rosa che m’hai strappato alla tristezza.

 

Subito sei stata la voce del silenzio giallo

che m’irrigava sgualcendo il lembo della malinconia…

...ora non parlare, lascia passare quel raggio segreto di luna.

 

Come se passassi attraverso la cruna d’un ago

subito diventasti il fuoco di meraviglia di quella neve

e nel cielo l’aquila che danzava negli squarci di sole.

 

Tu che hai rotto l’involucro di plastica di giorni identici

accendendo le pareti della stanza nel latte di cielo dell’inverno

chissà se già sognavi di me col capo reclinato sul cuscino?

 

Ti ringrazio per aver divelto il chiavistello della solitudine:

serrava un portone senza nome – con un gioco di sussurri

ora insieme alla eco dei tuoi gemiti accendono notti di brezza marina.

 

Noi siamo le onde che galoppano

fino ad essere una sola idea con la volta stellata.

*

Il poeta

Il poeta è una nuvola innamorata,

una goccia di stella scesa dal cielo,

la sua parola è l’onda che sale e si rovescia,

parola nel mare che sposta le navi col pensiero

macchia di luna bagnata dai raggi del suo sorriso

cielo impassibilmente terso che custodisce

i sogni dei gabbiani: volano nella notte

scendendo dalle stelle,

risalgono nell’aurora bruciando il sole.

*

Un’alba di neve

In un’alba di neve, bagnata da un sogno e da aghi di pioggia,

un’alba di miracolose resurrezioni di farfalle,

tu, prima stella da qui all’infinito,

sei avvolta in una carezza di luce-

io felice per averti trovata

fra le crepe di uno specchio.

 

Sbagliando strada ma arrivando lo stesso alla neve

in quell’inverno vestito di sorrisi

appena accarezzato il colore dei nostri pensieri

era come se già piovessero-

per un incantesimo triste della brezza del tempo-

i primi fiocchi del nostro ultimo arcobaleno.

 

*

Schegge di stelle

Quando fra schegge di stelle risuonano campane d’aurora
mi desto nel gomitolo di lenzuola del primo raggio,
c’è un velo di nebbia nel cielo dei desideri,
noi in un cantiere d’amore come in ogni alba
figli d’un destino errante dalla pronuncia naif,
palme sorridenti s’un isola in un deserto scritto.

 

Ecco che trionfa l’azzurro, balena come una domanda
in un’acqua di gioia, ognuno lieto del proprio destino
vivida ancora l’emozione delle carezze notturne
esulì in un verde canneto nel lago di fango predisposto
come i cantori di meraviglie universali,
io della tua nella dolce ebbrezza di starti accanto.

 

E’ un armonico concerto d’idee che si staglia
nel sorriso cangiante del sole, io perso nei tuoi canti di voce,
la musica sottile della tua anima espressa in drappi
nell’immobile fiamma della calma del cielo
solo tu la rosa più profumata del bosco
allietato persino da dolci effluvi di pruni e ginestre.

 

Tu mi piaci perchè ogni dolce pensiero è sotteso,
sgorga ripido come un ruscello tra i sassi dell’impazienza
e viene a valle in una possibilità che si fa mare
in cui nuotare come una benedizione, acqua di tedio franta
dalla prima volta che incrociai i tuoi occhi in quella casa
dove soffiammo insieme sulla brina dei vetri, in un’idea di libertà.