chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Giovanni Abbate
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Haiku

Dentro la notte

che sia sonno o veglia

lì farà giorno.

 

*

 

L’essente: l’uomo

così si definisce.

L’uomo. L’assente.

 

*

 

Non è più tempo

per le giaculatorie.

Salici a maggio.

*

Sessa

dove siamo nati

non si cancella mai

 

una consuetudine permane

su quella macchia di carta geografica: le voci

non si sospendono di chiamarci

come all’arrivederci

il giorno di partenza.

 

                                                   altrove

il cielo è un’erba umida

le ore sono ghiacce

tremanti cerchiamo da coprirci.

 

per accorciare la notte

accendiamo le strade

come diogeni canini

 

a giorno fatto

salutiamo tutti per nome

perché non conosciamo nessuno.

 

 

(da: Luminol - 2018)

*

Qui sto

Qui sto – al chiaro di luna
come mio solito fare:
in anticipo sull’orario
quel tanto che basta
per potermi perdere
in quei brevi passi
con moto di pendolo
dall’angolo assegnato
e a esso fare ritorno
– ignaro di me –
                             aspettato.
 
 
(da: Il venditore di suoni tattili - 2010)

 

 
 

*

Buia è la notte

Buia è la notte

                  - in tutte le lingue.

 

E in tutte le lingue

- con la morte che tace -

l'accende una luminaria

di fiamme vive:

 

tizzoni ardenti e brace

di labbra schiuse.

 

(da: Vocianti - 2010)

*

sovente - dopo il caffè del mattino -

sovente - dopo il caffè del mattino -

mi fermo davanti alla mia libreria

sedotto da quella Babilonia d'inchiostro

come quando da bambino

me ne stavo a guardare il mare

sfogliando l'infinito.

 

la notte - poi -

quando il silenzio si compie

mi succede di sentire da quelle mensole

un bisbigliare di voci

che mi domandano accavallandosi l'un l'altra

Perché? Per chi? Con che? A che? Dove? Come?

io fingo di non sentire.

 

di spalle sotto le coperte

stranito da quel cadenzare

di voci insistenti

io fingo di non sentire.

 

fuori

l'Universo crèpita

non lontano da me.

 

(da: Luminol - 2028)

 

*

talamo

delle mie carezze

te ne ricorderai
tu sola

prendimi nel buio le mani
e copri dal freddo
la verità.

 

(da: Luminol - 2018)

*

è un giorno qualunque l’amore

è un giorno qualunque l'amore.

nulla di più che aprire una porta

o specchiarsi in una vetrina di mercoledì.

 

non racchiude l'infinito del mondo

né con l'unghia è un'acqua scalfitta sulla sete.

 

è un frutto che ci promettiamo

quando il ramo si spezza

e l'eco della notte risuona a lungo

sulle labbra serrate.

 

(ma è così feroce poi la notte?).

 

 

da: Luminol - 2018

*

stanze carsiche

quanto è difficile un poeta

deve ingabbiare il mondo in una parola

un sostantivo un avverbio meglio sonante

cercato dietro il velo di un abat-jour.

 

quanto sono difficili gli occhi

chiamare le cose per non averne paura

e non avere bocca

e non avere braccia.

 

(da: Luminol - 2018)

*

Apparendo giorno

Canta gallo canta canta!

La pietà d’ammaestrati antri

Alle tenebre è già piegata.

 

Nella stanza del risveglio

L’indomàta porta

Allo stipite è legata.

 

(Avremo noi sferze di fuoco?

Il coraggio allattato

Al seno della verità?).

 

Varcando di porta in porta

Mutiamo verbo e scrittura

Come i fiumi alla foce.

 

 

(da: Formicaio barocco - 2004)

*

La sedia

A un tavolo

- quadrato per misura -

siede l'Uomo a un lato

il Caso alla sua sinistra 

alla destra il Fato.

 

Dirimpetto - 

una sedia scostata

da quel margine

disadorno. 

 

Poggiato

vi è un cappello 

in vece del ritorno. 

 

 

(da "Vocianti" - 2010)

 

*

Astanti

cosa avete compreso?

 

ditemi - cosa avete compreso

di questo lungo parlarci?

 

(da: Luminol - 2018)

*

In ventre matris

da un fotogramma del Nulla

mi schiudo in questo tabernacolo

tenero di mucose e umori

dove cellule operose tessono le mie parti.

 

                                             di voi

mi giunge l'eco

delle voci vostre incorporee

sgrammaticate a me

che mi compongo

in questo mio farmi

con inchiostro esclamativo.

 

non chiederò del mio natale

qui sono acceso come un fuoco ardente

un ciliegio in fiore.

qui sono una divinità fertile

 

alla nona luna

serraglio di preghiere.

 

 

(da: Luminol - 2018)

*

Abel

mio fratello è innocente.

 

dite al cane guardiano

a guardia delle vostre convenzioni

di lasciarlo andare al suo agro

 

a ingobbirsi con i piedi nel limo

come sempre l'ho visto fare

prima d’ogni albore.

 

io sono la bestia beneamata

la vittima per attitudine

che non s’oppose a quell'atto dìsparo

 

né confortai il carnale

comparendo con la canestra colma

compiacendomi del favore

ch’ebbe invece la mia grassa e belante offerta.

 

mio fratello è innocente

perché io stesso avrei detto:

– andiamo in campagna!

 

cosa cercate nei miei pensieri

degno di voce?

 

ho un sapere ovino – io –

ignoro l’esegesi delle Scritture

il belato è la lingua che intendo

mungo e so arricciare il labbro quando è tempo

 

io:

vittima che non fu mai fratello

del malchiamato fratricida.

 

che il mio sangue sia stato gradito

– gustato

come l’ultima sigaretta.

 

 

(da: Luminol - 2018)

*

Con il mio cuore navigante

Con il mio cuore navigante

l'oceano che è in te attraverso

ignaro dell'abisso.

 

Quando la burrasca costringe all'àncora

al fischio del treno non ho mai ceduto.

 

E' questo che chiamano amore?

 

 

(da: Vocianti - 2010)

*

prestatori d’opera

ci prestiamo alla realtà

nominando le cose

partecipando a quell'illusione

con la complicità delle parole

 

poi le parole svaniscono

le dimentichiamo

le cose rimangono senza veste

- spogliate

 

le copre la polvere.

 

su una mensola

di occhi e bocca

col dito è tracciato un disegno:

 

un sorriso pazzo

 

infantile.

 

(da: Luminol - 2018)

*

Ex tenebris eruere

Buona per altra copertura

la terra posta al lato dal piccolo escavatore arancione.

Terra grassa. Incolpevole.

Saziata da sotterranea attività di acque

e stagioni.

 

Ma è con le sole mani

che l'ultimo foglio è stracciato

a scoprire quel corpo cenerino

chiuso nella scatola del tempo

scomporsi ora in puzzle di ossa.

 

Cosa non stava in quello scasso

l'ho appreso invece avviandomi all'uscita.

Con l'angolo basso dell'occhio a sincerarmi ancora

lungo il muro di cinta

mi avviso di non aver scorto morte

 

se non la nera cantora

annodare il mio pensiero

alla radice di un metronomo.

 

 

(28 marzo 2015)

 

da: "Luminol" - 2018

 

 

*

Dall’esilio

Ci stiamo abituando a questo luogo.

 

Per nulla l’oscillare ci stupisce

dalla luce alla notte come il mare

né la malastagione né lo strazio della terra

per lo sbadiglio delle sue viscere.

 

Ci stiamo abituando a noi stessi

alle nostre veglie ai nostri sonni

al biasimato chiacchiericcio

al dolore di testa come alla zoppìa.

 

Né il muro ormai più c’infastidisce

che dell’orizzonte sbarra il cammino

e da questa corte stipata di sguardi

vedere al di là proibisce.

 

 

(da: Vocianti - 2010)

 

*

Qui

No. Non ora. Andate pure.

Incominciatevi voi per la ferrovia

Prima che l’ultimo treno s’avvii.

 

Io devo ancora innaffiare le piante

Portare la ciotola al cane

Mettere a posto la dispensa.

 

Ho ancora da scrivere lettere d’amore

– Una certamente può bastare

Se solo fossi dalle parole obbedito.

 

Ho da ricevere ospiti – anche. Non tutti

Sanno le cose che non ho fatto

Nel tempo in cui ciò avvenne.

 

A nulla vale chiudere la porta

Se il cieco passante non distingue

Il mio cappello nuovo alla partenza.

 

(da: Formicaio barocco - 2004)

 

*

Prospettive

Quella cattedrale – guarda –

con le guglie quasi a toccare il cielo

e gli arcangeli ai lati del rosone

con il Cristo assiso benedicente

 

e sotto – il maestoso portale

con le scene dell’Apocalisse

scolpite nel bronzo…

– Dove?

 

da: Inconsapevoli viaggi - 2007

*

Genealogie infinite

Attraversando il ponte sul fiume che scorre

malespressamente conversiamo la nostra verità.

                                    

Come pedoni su una scacchiera

due case muoviamo alla prima mossa

poi di casa in casa è il passo

per l’inutile scacco alla regina nera.

L’inverno stampa sulla pelle il suo elzevìro.

Dalla memoria riemerge il primordiale abbraccio

– l’affanno della prima copula –

e a riscaldarci ci chiamiamo

                                                     con l’animale respiro.

Ecco come sboccia la primavera.

 

 

da: Il venditore di suoni tattili - 2007

 

 

 

*

La ragazza di Brașov

I

 

Il colore della primavera è indefinibile

quello dell’anima tinto alla partenza

è bianco come la pagina da scrivere.

 

La Storia (così chiamano la vita che attraversa il tempo)

ha chiuso la tua infanzia in un corpo acerbo di donna

e vestita delle notti d’oriente t’ha condotto a questa riva

distratta come certi pensieri.

 

I tuoi vent’anni te li sei portati dietro tutti

neanche uno a lasciarlo

su quella costellazione d’insonnie.

 

II

 

Come una porta che si apre all’oscurità

comparisti alla mia arroganza

passando per l’autunno

e con i tuoi suoni inesatti

mi domandasti una mattina: – Poeta

conosci tu EminescuBacoviaLucìan Blaga?

 

Scuotendo il capo

mi fu nemica la mia risposta. Così

 

a narrare cominciasti a me di Luceafărul

PlumbMeşterul Manole e via via

di altri incantamenti

che mi presero a volare sui tetti di Firenze

sulle alture delle cantilene

fino alle altissime vette del desiderio.

 

III

 

Nella gelida stanza del disinganno

come la cenere per il fuoco

veglio la mia memoria

facendo l’appello degli affanni.

 

Il mio silenzio urla inesaudito. All’intorno tutto

tutto è quieto.

 

Tu ancora poco e molto da sfogliare

fischietti la vita.

 

Mi sono accontentato di sentirti.

 

 

da: Vocianti - 2010

*

La volpe

Come se non fosse

 

O secchezza di pozzo
Vuoto
Lettera morta
Il sangue della volpe per inganno di tagliola.

 

Con la ferita aperta e la zampa in congedo
Dolorante s'affretta alla tana
Nell'anfratto:
                                                                       


Celato da una coltre di foglie

Il pertugio scova

E ratta s'ammusa in quella viscera

 

E del fogliame appassito lo scricchìo
Al sordo silenzio tutt'attorno.

 

 

da: Formicaio barocco (2004)

*

Dualismo

Lo segue fluttuare

per strade di fortuna.

Lo segue  il corpo 

quell’Io padrone .

 

Poiché carne –

mortificato dalla polvere

avvizzisce.

Invecchia nell’ammasso.

I muscoli s’accorciano sulle ossa

e al trotto

rompe il passo.

 

Ma l’Io lo incalza.

Lo sprona.

Vuole – non capendo –

restaurare la condizione

che lo incarni come è – essendo.

 

Vuole – l’Io di sé –

eterna significazione.

 

 

da: Il venditore di suoni tattili (2007)

 

*

Ab initio

                         Qui comincio.

 

Da questa radura bianca.

 

Dal cominciamento

che tutto battezza

                                      …e avvia.

 

Confidando nell’istinto

saprò orizzontarmi

con il favore dei suoni tattili.

 

Nell'imbarazzo del bivio

ci disperderà il vento – hanno detto –

via dall’incertezza.

 

 

da: Il venditore di suoni tattili (2007)

 

*

Il segreto rumore

 

                                                a Miguel Hernàndez

 

 

Di noi poeti di città

accademici delle filosofie socratiche

intellettuali da salotto

che ci cingiamo dell’antico lauro

la fronte asciutta.

 

Di noi biografi dei sentimenti

accorti delle gesta di natura

seduti alle calde scrivanie di mogano

con le dita picchiettando

sulla tastiera del PC.

 

Chi di noi conosce

– poggiato l’orecchio –

il rumore del latte

che giunge alle mammelle

delle capre dormienti?

 

Quel segreto rumore

che solo i poeti caprai

nascondono al silenzio.

 

 

Da: Il venditore di suoni tattili (2007)

 

 

*

Di sera

Cuore mio! Naufrago
Su quest’isola d’ossa
Fatta e carne: sai tu
Giudicar misure?
Sai tu di questo scoglio
I confini?

 

 

Da: Formicaio barocco (2004)

*

Sii terra

Catturami se non sai darmi ascolto
se t’è estranea la vampa del desiderio.

Lègami come un animale sottratto al suo errare
e recidimi la carne e il cuore strappalo
nelle tue mani addormentalo 
come un bambino con il suo capriccio.

Distenditi dunque come una vigna
su quello scasso formatosi in petto
e offriti a me non più carnefice
ma consolatrice.

Sii terra. Buona e feconda tu sia terra
in ogni fremito del mio corpo
io ne sarò semenza e nei tuoi solchi
mi disperderò.

I veleni tutti li annoderemo
delle vipere.

 

 

Da: Vocianti (2010)

*

Ci voltiamo a una voce

               Ci voltiamo a una voce
o ad altro che le somigli
come il sibilo del vento
le note di un violino
le grida di una gabbiana
alla luce dell’alba.

               Ci voltiamo a una voce
per poterci fermare
esaminare la posizione
misurare la nostalgia
di quell’ultima piana
col metronomo del cuore.

               Ci voltiamo a una voce
per non sentirci soli
incrociare lo sguardo
distratto del passante
convincendoci la mente
che quella è la strada.

               Ci voltiamo a una voce
lo stesso senza udirla
(o estraneo a noi quel timbro)
quel gesto come di natura
sperandoci alle spalle
l’incitamento di Dio.

 

 

Da: Vocianti (2010)

*

Nel dormiveglia

                                        Sentii bussare.

Aspettavo qualcuno o mi parve
il campanello di udire?

 

Era mio padre che veniva a trovarmi
dalla sua remotissima isola?
Un vecchio amico
che ricordava di me dopo lungo tempo?
O un amore dimenticato?

 

Forse erano i figli che non ho avuto
che stavano cercandomi
o il portalettere che mi recapitava
un invito per la posterità.

                                        Non seppi.

 

Rimasi in silenzio come chi non è in casa

trattenendo il fiato lungamente.
Non risposi con il fatidico: – Chi è?

 

Pensare che ci fosse qualcuno
mi bastò – dietro quella porta chiusa – 
che aprirla

e...

 

 

 

Da: Il venditore di suoni tattili (2007)

 

*

Commensali

È avvolta nel silenzio

                               la Risposta.

A capotavola seduta

col suo segreto claustrale.

 

Se solo sapessimo

(ad oggi non saputa)

tra un boccone e l’altro

la domanda formulare.

 

 

Da: Vocianti (2010)

*

Come

Io cercavo di riordinare il mio frasario

rivalutare parole scandite a bassa voce

o trattenute sulla porta del pensiero

quando in una sillaba impronunciata

inaspettatamente ti manifesti

come il fuoco che testimonia la luce

come la mano che versa da bere

come il sentiero del ritorno quando si fa sera

come il canto che mi accompagna

quando si fa sera.

 

 

Da: Vocianti (2010)

*

Dalla finestra

È l’uomo con i suoi attrezzi

che va imitando in questo tempo nostro

le macchinazioni di Dio

come un pappagallo

dal piumaggio irriverente.

 

                                              Eppure

c’insegnarono a predicare la semina

a calcolare i solstizi

a navigare fra i marosi.

 

Doppiammo l'infinito

coi centimetri del sogno

e avemmo idee

che ammaestravano statue

dall'immoto turbamento.

 

Se solo ricordassimo

le lapidi di quella terra vorace

ricorderemmo ancora qualche volto

Una voce. Un accento.

                                            

Al di là dei vetri

come a un corteo di spose

guardo le nuvole passare.

 

 

Da: Il venditore di suoni tattili (2007)

 

*

In segreto

Signore – ho pena

Dei miei fratelli umani.

Ho pena dei loro acerbi convincimenti

Del loro essere nani

E vedere sé giganti.

Ho pena della loro finitudine

E del non crederci loro abbastanza.

Ho pena di me

Che troppo li somiglio.

 

 

Da: Formicaio barocco (2004)

*

In exitu

Quando le nostre agende

sono fitte ormai d’un gran numero di indirizzi

- soprascritti più volte

 

come ladri profaniamo quelle stanze

spogliandole del vissuto

e delle ricordanze. Poi

                                     

da un rigattiere portiamo la miserabile impresa

e con poche monete di sputo

alla vita saldiamo l'offesa. 

 

 

Da: Il venditore di suoni tattili (2007)

 

 

 

 

 

*

Finis terrae

 

                                 E' l’ultimo baluardo

l’ultima lunghezza del destino.

Più in là si oppone il non plus ultra degli dèi.

 

                                 E' un punto fermo

in una distesa verde d’erba

dinanzi a un mare

che è specchio del firmamento

e viene voglia di berlo tutto.

 

                                 …Adesso?

Non resta che trascrivere il libro mastro:

inchiostro blu per la colonna AVERE

inchiostro rosso per la colonna DARE

– come sempre.

 

Abbiamo dati certi – ora.

 

Non sono più ammesse

le matite dei filosofi. 

 

 

(da Il venditore di suoni tattili – 2007)

*

Il testamento di Icaro

                                                Caelum ipsum petimus stultitia

                                                    (Orazio – Odi 1, 3, 38)

 

 

In ogni angolo cercasti o padre

Un foro che ci aprisse alla libertà

E quando la rinuncia ti fu accanto

Alzasti il capo come a ragionare.

 

Dal memoriale della natura

Ti sovvenne allora una pagina

E di piume e di cera facesti appendici

Alle nostre scapole.

 

Sospesi nel dominio degli uccelli

Mi dicesti: – Al sole troppo non t’accostare!

Le tue ali colerebbero come candele al buio.

Non verrà altra vita ad assolverti.

 

Inebriato da quella vigna di luce

Scordai padre le tue consegne

E degli abissi fui giovane arredo.

Non venne altra vita ad assolvermi.

 

 

(Da: Formicaio barocco - 2004)

 

*

L’incontro

                                                 a C.

 

 

Non c’incontrammo quel 16 aprile

del mille e novecentonovanta.

Proprio là – ricordi? – su quella panchina

dove non sedemmo mai.

Ci scambiammo una manciata di parole

che le nostre labbra

non seppero pronunciare.

Fummo come fiori

che aspettavano d’essere còlti.

Due fiori nel deserto della folla.

 

Mai

ebbero i nostri nomi tanto profumo.

 

 

 (Da Vocianti – 2010)

 

*

Il coreuta di Argo

La scena non è più la stessa.

 

Un tempo fummo folla comunità

cantori necessari di quella spaziosità concessa.

E mai mancava la sottolineatura

perché tutti capissero

quel che la vicenda narrasse

– fosse incesto tradimento o sepoltura.

 

Vedili ora: un manipolo attrezzati

d’improvvisati recitanti – fondali meccanizzati

microfoni altoparlanti –

sullo scenico palco smisuratamente

persi

nello spazio di quel perimetro. Li vedi

come cercare nel vuoto

le battute da bocca a bocca

saltellando come rospi di vetro.

 

Più non partecipiamo alla rappresentazione.

 

Non più preghiera. Appartenenza.

Non più il nostro intercalare

s’ode costante

quell’intermittenza nel dialogo

rassicurante

quell’intromissione…

 

breve

della coscienza.

 

 

(Da Vocianti – 2010)

*

Dies resurrectionis

 

Ogni casa o rifugio di viventi
Ha già pronti tavoli e sedie innumerevoli
E a turno si veglia l’ingresso: svelti
Ad avvertire nelle cucine dell’arrivo: fame
E stanche le ossa avranno.

E se accadesse domani? O domani l’altro? O mai?
Oggi sarà!

Perché dunque indugiano?
Scruteranno la scapigliatura del paesaggio: mancano

Da lunghissimo tempo – molti.
O la strada non ricordano e staranno orientandosi
Riconoscendo una quercia o la gobba d’una collina.

E questa notte? Già il buio s’appresta.
Sosteranno da qualche parte e domattina

Riprenderanno il viaggio con la luce a guidarli.
Imboccheranno la direzione giusta – vedrai –: quella
Percorsa un tempo che partirono.
Ma leggiamo ora. Siamo soltanto a metà della pagina
E le pagine vanno lette fino al fondo
Prima di richiudere il libro.

Un’altra notte! Le loro palpebre sapranno reggere la vista?
Riposeranno in un luogo sicuro
Come la notte precedente e saziati dal sonno
Più celeri consumeranno lo spazio che ci divide.
A voce bassa – ti prego – seguitiamo a leggere.
A che punto siamo del capitolo?

È nuovamente notte! E fuori piove e gira il freddo.
Ripareranno al tepore d’un falò.

Qualche pastore avrà ricordato il bivacco delle notti
Con il fuoco a tenergli compagnia.
Ma prima che si riveli l’alba ripartiranno
Che la strada ancora non s’è quietata.
Tu non sai quanto è lungo un passo
Per quelli che ci credono.

 

 (Da Formicaio barocco –2004)

*

Neanderthal

Il bussolotto di Kronos mi gettò
in un groviglio di vegetazione 
e grida di bestie che rompevano il silenzio.

Come un demone deforme

m’impaurì il fuoco 
malignamente scaturito dall'alto.
Ebbi il coraggio di rubarne un poco:

era caldo e luceva
e lo custodii 
perpetuandone i tizzoni
a futura memoria.

Di mezzo alla notte
fui attratto dall’odore di femmina
e mi congiunsi a lei 
e mi piacque 
quell’odore di fieno umido.
Quel lamento di desideri 
ci piacque.
Ci tenemmo compagnia fino alla sponda del mattino.
Da quella promessa fummo uomo e donna.

Compresi la morte
– sempre immaginata come 
un prolungatissimo nascondimento – 
e imparai a seppellire i corpi 
con fiori e cibo
perché potessero profumarsi e cibarsi 
dove non v'è segno.

Una sera 
mi venne di levare lo sguardo in alto
– silenziosamente.
Sentii in me farsi tenera l’inquietudine.

Pazientemente graffiai sulla roccia 
le cose che mi furono belle 
e questo di me che avvenne
prima delle vostre teologie.


(da: Il venditore di suoni tattili - 2007)

 

*

Conversazione

Sta lasciandosi il giorno alla sera
– disse il padre. Sento il profumo dei gelsi
e c’è abbondanza qui
e una quiete per il sonno
domestica.

Non è notte – rispose il figlio –
e il digiuno non fiacca le mie gambe.
Dietro il colle stanno grappoli d’oro
e un desiderio ci scoprirà
indomito.



(da: Vocianti - 2010)

 

*

Cartolina

Abbiamo indagato l’infinito
Accorciato il tempo e lo spazio
Nell’officina dell’inquietudine.

Fra i vortici dei pianeti si dilata
Fin dentro i pori del cosmo
La pupilla dell’io terrestre.

Avvolti da una sottile foschia
Nell’allegoria dei passi 
Ancora portiamo i morti a spalla.

 

(da: Formicaio barocco - 2004)

 

*

Non ho memoria del futuro

Non ho memoria del futuro.
Mai ricordo le strade che percorrerò
le promesse che farò
o le porte che aprirò rincasando.

In questo presente senza patria
mi piace a volte
almanaccare con il passato.
Presagire il mistero di quell’opaca lavagna
(quanto gesso vi si è consumato?).

E come uno scolaro disattento
inaspettatamente perdermi
in un’algebrica immortalità.


 

(da: Il venditore di suoni tattili - 2007)