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Raccolta di poesie di Giulia Salis Nioi
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Faetum

Come la sedia squarciata in sala d’attesa

rivolta al cielo grigio sbranato da un tuono

attendo, dilaniata, il mio fato.

 

Il primo strinse le dita

nel tetto di una capanna

a riparar le parole scientifiche

dal diluvio empatico.

La seconda aprì le mani,

mostrandosi inerme

davanti allo scroscio viscerale

d’una pioggia silente.

 

Lui vide il silenzio di una grotta

prima ancora battente

al ritmo fugace della vita.

E guardò mesto la mia oscurità,

spalle a una parete

che non poteva reggerne

il disperato respiro.

Le sue lacrime le videro solo 

quella panchina e il cemento.

Io le sentii sulle spalle, tra narici e capelli,

in mezzo alle mie corde vocali.

 

Come la sedia squarciata in sala d’attesa

rivolta al cielo grigio sbranato da un tuono

attendo, dilaniata, il fato.

 

Accarezzo il mio lutto

da una gabbia di carne,

buio avello 

d’un gatto di Schrodinger:

è il mio contrappasso.

Inesistente folata di vento

dilania la stanza:

è la poesia, la grande puttana,

che ulula alla mia eclissi di luna.

 

E l’albero e le formiche

conobbero il mio sale,

sola nel cimitero del ventre.

E lui mi baciò la fronte

e ascoltò i miei occhi.

Il distacco si spezza come 

una bianca corda di Wharton.

 

La sedia squarciata in sala d’attesa

è rivolta al cielo ora grigio, ora assolato,

mentr’io tramo brandelli che ordiscono il fato.

 

L’acqua esplode in fioriture rosse,

scorre lungo i vetri di finestre lontane,

percorre i boschi e ricolma

impronte di esausti passi.

Chiudo gli occhi in mezzo

a una sconosciuta carezza,

vallata femminea,

e il mio viso è una diga.

Al risveglio ancora lacrime, pesanti 

come sangue.

E poi sangue, leggero, come

il volo di un’anima.

 

*

Quando tornerò?

Come cemento
D'afoso respiro,
Idrogeno
Alitante il sole
Dai raggi che
Tremare mi fanno
Di calore.
Come l'ombra
rende
Più vaga e più netta
La figura,
Che in mitosi
M'insegue a cloni
Duplici e triplici
Di coscienza, paura e lussuria,
Secondo il respiro della luce,
Sua necessità nemica.
-La fotosintesi delle ombre!-
Mi fermo e sono una rosa,
La rosa dei venti:
Indico la direzione delle correnti
E non vado in alcun dove.
Dell'aria tutti i flussi
m'attraversano,
Tuttavia.
Così l'utero e il seno e il ventre
dal rosso di scirocco percossi
Come gobbe di cammelli,
Il cervello e gli occhi raffreddati
dal maestrale
Come vele di navi lontane.
E i sogni, quale soffio li spinge?

Sei arrivato nell'eclissi,
Nella quiete siderale
Che è notte e vaga e netta ombra.
Sai che v'è ombra dove c'è luce
E la attendi con sorrisi nel buio,
La consoli con labbra bagnate,
La desideri con
le mani sul mandorlo,
Di piogge carico e clorofilla e amore.
E quella si mostra in raggi
Semiacciecanti
di intellettuale bellezza
Ed estasi orgasmica.
Autoprofezia della luce.


Quando tornerà?
Quando anche loro si sveglieranno,
E le ombre saranno stanche,
e i colori vorranno ascoltare
Il rumore della luce che li respinge
E li attraversa,
come i venti.

*

Orlando Furioso

Tanto m'insegnò Astolfo

All'ombra del cratere,

Nascosti alla Terra e al Sole,

Quando lo incontrai sulla luna.

Teneva un fuoco

Tra le mani blu
Che non bruciava, non scaldava, non schiariva.

Aveva ali ai piedi
E sedeva a testa in giù
E la sua stessa compagnia,
Sua compagna,
Lo faceva sorridere.
Passammo insieme,
Noi spazionauti,
Lunghi annioblii
(300'000 emozioni/pensiero, per i neofiti)
di qualche istante,
A guardarci nel cuore.
Stringeva un'ampolla,
tra i piedi e le ali,
Piena di trasparente densità.
La annusammo, sapeva di...
La bevemmo.
E ubriachi di senno,
Demmo a tutto un senso.


Io tornai al mio libro,

e lui alle sue pagine. 

*

Matrimonio Lontano

Il rettile
non mangiò il gran mammifero.

Ti cerco qui
nel mondo adulto,
dove un cappello
è un cappello.
E tu
non lo indosserai mai. 

*

Laghi d’Ombre

Laghi d'ombre sui monti,

sotto i mari, scorrono
le nuvole
Al pulsare di palpebre insonni

Per troppi sogni solitari, (Ombre di laghi del reale).

Roboanti, epici

Ippogrifi
-il sogno di Leonardo!-
Mi migrano alitando al galoppo

alla velocità esatta dell'angoscia al secondo,

Salutando con ali metamorfiche

Le certezze,
Che piccole si fanno,
Come onde dal cielo. 

*

Dead Holidays

Spiaggia spiaggia spiaggia,
Empireo e non mare:
"azzurro celeste celestino bianco, fino al sole".

Tu sabbia finissima,
spalle e Lentiggini
(O forse conchiglie?)
Tu spiga marina frusciante.
Sudi come il paguro temerario,
Sorridi come la nuvola solitaria.

 

 

Apro gli occhi e
Tu, la spiaggia,
Mi baci il seno e le pupille.

Ecco il mondo:
bianco giallo azzurro!

Come sa di sale
e cristalli tra i denti,

L'amore!

 

 

-E il sogno sulla pagina di scheletri crostacei polverizzati dai giochi di Eros e Apollo e Nettuno.

 

Similmente al tempo dei grembiulini la punta dei pastelli appiattita sui polpastrelli, quando il sole stava nel cielo, e tra cielo e mare un bianco mistero.-

 

 

Chiudo gli occhi e

Apollo

è già lontano nel vento,
Il freddo diabolico
Giù mi soffia urlando,
sotto le acerbe onde chiassose.
La spiaggia è il mare dei pesci e degli annegati.

 

 

Scrutami senza specchiarti, cielo,

Saltami addosso, sabbia,

Salutatemi, spighe.
Sott'acqua sorda è

La bellezza. 

*

Burn

Le palme barbute a tre a tre,
e quelle con ancora la scoliosi giovanile 

osano origliare con foglie luccicanti. 

Tendono verso me e domandano, 

tornano al cielo e bisbigliano.

 

 

Che programma è, oh homeless, 

quello che guardi sbragato
sulla panchina pubblicizzata, 

con vecchi mocassini a lato? 

- LA Città; è il mio reality-
Da dove viene il piscio della Sunset?
Chi vive e muore dietro la maschera di Batman? 

- 1. Un barbone; 2. Un barbone.-
E le luci di Hollywood, e le droghe dei gay clubs 

sono occhi di puttana,
pulsanti di giocattolo
che gridano: Provami! Provami!

 

 

Il colibrì intanto sotto Galileo
suona e beve fremente nettare megalopolo, 

nella la corolla non si dibatte,
pare insetto ma non è, perché
ignaro delle luci, e
spaurito ronza tra
la linea penombrosa del crepuscolo
e lo sguardo mio assetato
di iridi e fulgori scintillanti,
che tu solo e lui e la luna e le hills.
Più veloce balbetta tra-tra
che più non si aspetta,
che è il momento di amare.
Poi vola lontano, a dipingere
il mare, anzi l’oceano,
del freddo che fa quando si è soli.
Poi vola lontano, a inseguire
il flusso mentale di film e ricordi.

 

 

Il barbone guarda le palme
dove aleggia il colibrì immerso
nel cielo overwhelming e distante come 

l’insegna di Hollywood al telescopio. 

Palme, barboni e colibrì sanno;
il cielo intuisce.
Palme, barboni e colibrì sanno
ciò che il cielo suggerisce. 

*

Blu Tramonto

Trascino verso il mare
coscienza e speranza
in una scia silenziosa
di antichissimi cristalli di conchiglie.

Tu corri.

Insegui la tua fuga
sotto nuvole fosche di piogge abortite.
Dov’è la mia faccia quando guardi lontano?
Quando il tuo piede ingenuo corre
verso la risacca,
io sono vento.
E nascondo
tra la stoffa sorrisi freddi di lacrime,
ché l’orizzonte non s’insegue

con scarpe pesanti di sabbia.

Affondo

nella rena che affonda sotto
leggeri passi di gabbiani
e piano piano si appiana, ché l’orma delle zampe
è un vago ricordo delle ali.
Come l’ombra è un vago ricordo di me;
come la schiuma è un vago ricordo dell’onda.