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Raccolta di poesie di guido iannone
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

guardiano delle stelle



potrei fare il guardiano delle stelle
per una notte sola
oppure il puttaniere
per restare coi piedi sulla terra
ma anche il protettore
di tanga e perizoma puzzolenti
o il verme spacciatore d’altri mondi
o il padre di famiglia casa e lavoro

potrei perfino celebrare messa
e fare il confessore di vergini e di troie
di malfattori e diffusori d’odio
di chi scioglie nell’acido innocenti
di chi per dio-denaro ama le stragi
di chi ha venduto all’asta la coscienza

potrei, ma solo per assurdo,
fare l’utopico-distopico
su giostre altalenanti di scuro e di bagliore
per acchiappare al volo la follia

ma è forse meglio, in fondo
fare l’amante clandestino del non senso
che si crogiola tra le cosce del tempo
e d’indolenza lento si consuma


*

nausee


i lacci delle scarpe
le suole consumate

c’è più di un topo a zonzo
che sniffa e se ne fotte

notte

saliscendi di vomito ad arsure
hobby a spirale, ortiche.

soffia sul collo il cappio

*

tre pezzi


d’occhi mi vesto
cospirano d’inganni i cieli bassi
con l’alba violentata dal tramonto

una valigia
il vuoto trasudante sottopelle
binari come uccelli migratori

seccato nella siepe
il pettirosso dal becco arrugginito
spegne le stelle

*

etica-mente

...
ed è per dissoluzione
che si clona di tutto
ormai che s’è clonato anche il pensiero

scompariremo all’alba di un tramonto
sbandierando la pelle per cimelio
(un vello simil-oro
per crepare
d’inezia con giasone
)

*

piume

al candore di giglio
oso il mio amore
come farfalla pazza

crisalide m’avverto
mentre s’appresta l’ora

metamorfico è il salto che ci salva

*

click {}

requiem
a fendere gli spazi della mente:
di qua, aria pesante che sfora le narici
di là, approdo all’oltre incerto
dall’insapore aroma
al centro, solo contorno
(spacciato segmento della vita)

terrò sgranati gli occhi questa notte
per sragionare con il buio pesto
gli chiederò di certo
se la luce del sole lo devasta
se la fine del tempo lo spaventa
e dove va a morire quando muore
questo universo che ci alberga dentro

prendimi in braccio ora, in braccio
come un bimbo appena partorito
senza seni materni da succhiare

adagiami sui vuoti di coscienza
voglio nutrirmi solo dei colori
dell’iride stupendo quando esplode
là dove nasce e muore il sentimento

*

impronte

impronte
a cavalcare l’alba
segnano il passo
alle cose scontate

e il giorno
si fa notte in un baleno
è un battito di ciglia
il via del capotreno
e la corsa del treno
sui binari del tempo

prendiamo, per esempio, la ragione
col tacco a spillo
soffocata com’è dentro la metro
le circostanze
impone da puttana

da scalza
coi piedi sempre a un palmo dalla strada
disegna strafottente
prigioni sulla schiena

inutilmente urli
nessuno ti soccorre

*

spunti

mi raccolgo in pensiero
soltanto idea di me
senza parola

per ciò che sento e vedo
della tempesta
dagli oscuri cieli
che picchia prepotente al davanzale

delle sembianze ambigue
in agguato costante per le vie

del vuoto smisurato
tra gli anfratti del cuore
a raggelare l’anima

berrò così il mio tempo
pianti e silenzi che vorrò donare
al nuovo
che sarà
forse, domani.

*

ora

quanto tempo è passato
dallo stacco dal ventre, madre mia

ora
a un filo d’alba appeso che trasuda
smanio vissuti
sogni accarezzo invano sul cuscino
mete lontane piego al limite del vago

e le paure di giorni tormentati
sempre in agguato
ad ingoiare sprazzi d’agrodolce

ora
che resta in fondo
a questo viver magro
senza l’idea di un oltre che ci spetta?

*

apnea

è travaso al risveglio
tra l’io del sogno
e il volo dei gabbiani sulle onde
che sbiadisce

è una quiete apparente
di notte al dormiveglia
quel tremendo subbuglio
in apnea spieata
che addenta come bestia la paura

nelle tasche
un groviglio di giorni come pietre

boh… di pensieri asciutti
tramano al cuore
inganni per finire
mentre la nebbia gela tra i capelli
a consolare

*

Ciglio

di me vissuta
di te vissuto anch’io
in primavere ansiose
cresciute coralline tra le mani
e poi strappate al tempo

odoravi di vita da sognare
tanto eri bella allora
invaghivi gli specchi come amanti
quando vestivi notti di colori

ed ora
che ti sono inciampato per caso al capezzale
- tra muri freddi al giallo paglierino
morfina sottolingua e vene sparse
a far pulsare il cuore fibrillato –
mi fissi:
un buco nero le tue pupille grandi
contorno smeraldino
in cui affondare ancora

quanto travaso a lampo di distanze
di voli arcobaleno sulle cose

ha radici profonde questa assenza
questo vuoto incrostato nella mente.

*

di-strazioni a pretesto

non aveva alcun senso
inghiottire rivoli salati da occhi tumefatti dal dolore
se di là
dall’altro lato della strada sbellicavano tutti
e c’era chi rideva veramente e chi dissimulava strafottenze

in fondo la questione spigolosa
(sperequazione tra modi di sentire)
stava nel fatto di scambiare ancora
slavati d’indolenza
lucciole per lanterne dappertutto

e a pensare che i corvi ormai nostrani
fetidi come iene
hanno imparato proprio la lezione
sbrindellano perfino i copertoni pur di campare

e intanto
piove di nuovo forte sulle giostre
arrugginisce l’aria
mentre la bigliettaia bionda
nuda di cosce
- lo fa per non pensare-
balla col ventre aperto al nero della notte
cantilenando inutilmente amori
a ritmo di cuore

*

limite

è un po’ come svanire

o svenire semmai

tra distanze indistinte e l’apparenza

 

fissando quel carrello a quattro ruote

- piedi al sacrato e capo sull’altare-

si scorgono i colori della notte

giravoltare attorno alle navate

come fuga di note strimpellate

dai sopori d’incenso

e sbuffi inaciditi di sudore

 

rispolverando l’anima

all’ostinato grido di salvezza

non d’eco si trapela sulle panche

ma sottopelle qualcosa si rivolta

per l’assenza che esala

 

e sa di bacio vuoto sulla bocca.

*

mastico plastica

al culmine del sogno

l'ansia squarciò il velo del sublime

e divenne mattino sulla pelle

un giorno come gli altri da scontare

 

è poi l'aroma pieno a farti compagnia

al bar della stazione appena aperto

aspirato profondo

in sintonia perfetta col rantolo del treno

 

trasbordo che traspare

nella mischia stipata dei tornelli

 

lo strazio di sirene in superficie 

tra cristalli di nebbia sulle ciglia

effetto di vuotezza nella pancia

 

domani è un altro giorno, è come ieri

oggi ha la stessa piega sulla fronte

nulla di nuovo

in fondo

 

 

 

 

 

 

*

presenze

note a spirali
tracciano amplessi
di silenzi acuti

orge inventate al buio
graffiate di passioni

soste di cuore scalzo
alla tua bocca fresca
per arginare
il vuoto del mio tempo