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Raccolta di poesie di Claudio Di Paola
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Su un amore

Catania 02/03/2013

 

 

Su un amore

 

Una sola carezza per

assorbirti in itinere

 

silenziosa assoluta.

 

Vederti vibrare fra  

queste dita di nudo pudore e

 

schiantarmi dentro, 

 

fino a scuoiare

la radice di esistere,

 

l’inarrivabile nulla.

 

Rigurgita preziosa una

goccia di sacro fuoco,

 

in questa terrena litania.

 

 

 

Io D-io, complici

inscindibili e silenziosi

 

come suono di querce al vento.

 

Con la prua curva su

strani porti e fili di rame

tesso la vita come

donna d’ Itaca al mattino e

 

mi disfo di notte al canto dolce

del tuo primo vagito d’amore.

 

 

Claudio Di Paola

*

roulette russa

 

Catania 08/12/2012

 

Roulette (russa).

 

Nel tuorlo e

nell’albume

oltre il guscio di

pietra.

Come spirito

anima e corpo.

 

Superstiti

pezzi di me

dopo i giorni

dell’incoscienza.

Freccia nella faretra,

astuccio di carne al

disordine di vita.

 

Essenze identificate

in amori, disamori,

sconfitte e vittorie.

 

L’alternarsi della roulette.

 

Perché sono

questo particolare

giorno dell’eternità?

   

Claudio Di Paola

 

*

Il fingitore

Catania 25/01/2012

Catania 29/01/2012

 

Il Fingitore

(Al “poeta fingitore” di Pessoa)

 

Soffrire, facendo finta di soffrire,

stillando le parti equoree degli

occhi, facendo finta di contare riti di

esistere e pose.

 

Cantano le nostre bocche note che

non ci appartengono, facendo finta di

cantare con bocche lontane da

noi, il nostro esserci ancora,

… ombra di fanciullo!

 

Fra Dio e l’essere respiri contesi,

fraintesi, vilipesi, piccoli annunci della

vita e poi, ancora esserci a più non posso

come il saluto delle stagioni sui tratti di

un volto appena stagionato.

 

Ponti fra ponti interrotti, allacci estremi

fra angeli e corpi, fra nuvole e terre,

sogni e abissi fra me e te, non

chiamarmi non cercarmi cuore di 

rivoluzione annunciata, mai scoppiata,

forse una volta, solo urlata.

 

Ripetere sempre le stesse membra per

intere umanità, consapevoli di essere il

salotto buono della vita, ad ogni

cerchio si allunga la terra, come se

fosse l’anima a scomporsi e poi ancora

ricomporsi sotto l’infinito pergolato di

una vita antica.

 

Amarsi di grano e di sole, al

nord della terra madre ci ameremo,

culla del nostro primordiale vagito,

di giorno, di notte, di acque e

di nudi corpi iniziati ci ameremo,

senza scorie fra noi e le porte di

Agarthi ci ameremo, allora sorriderò e

non sarò più solo.

 

L’imbarazzo fra essere ed esserci,

tutte le vite partorite e le volte in

cui sono rinato, i giorni trascorsi,

le prigioni abitate, le celle sofferte, i

muri superati solo per ritrovarmi qui

senza timore, accorto sentire per le

furie in testa del dodicesimo numero.

 

E tutte le terre percorse, i valichi

lasciati alle spalle i mari solcati i

cieli scrutati e le nuvole ammirate per

sognare, disegnare, allacciare solo la

speranza di rincorrerti, vecchia

valigia abbandonata in

una stazione di periferia.

 

Montagne di pezza emanano il

mio calore, accumulo cromatico di

ore e sapori appena trascorsi, il

tempo, solo passato non ancora

futuro e il presente sempre saltato.

 

 Vivo da sempre un solstizio ..,

estate inverno che importa,

appartengono entrambi ad

un anno solare, come la vita e la

morte appartengono allo stesso

fiume, dove tutto scorre.

 

Primo mezzo secolo alle porte,

molto più di mezza verità, rivelata e

bugiarda, assopita, anestetizzata,

corpo di valore disgiunto alle

radici di inimitabili ali di corallo.

 

Ma non ho ancora chiuso il mio

cerchio, trapasso di carni, sbarre di

cemento alle voliere di un peccato originale.

 

 

L’atto di un semplice “sì” mi ha

messo in questa altalena di respiri

e corro ancora per sguardi sconosciuti,

bugiardo, mascherato, ogni volta

smascherato, come se fosse

ancora un nuovo appello allo

sbattere di un gesto.

 

Vile fingitore!

 

 

Claudio Di Paola

 

*

Panta rei

Catania 10/11/2012

 

Panta rei

 

Evitami il

lagno sul

ruscello che non

stalla intorno al

tuo piede.

Era diverso lo so,

quello scroscio d’acqua

che ha dissetato tuo

padre.

 

Non

sperare ancora che

inverta il suo

corso.

 

Come un

legno alla deriva

sotto le

sferzanti

bracciate di un

sole isolano,

rabberci fulmini che

ti hanno costruito con

fermezza.

 

Eterna

didascalia di

maree estive e

catrame.

 

Annichiliamo

le tue barricate

 al tonfo di

sudore.

 

 

Claudio Di Paola

 

*

dentro un arcipelago urbano

Catania 01/11/2012

 

Dentro un arcipelago urbano

 

Come un’idea

prendo forma sopra

questi oceani di

inchiostro.

 

Ogni uomo è

un’isola sulla strada,

arcipelago misterioso

questa città.

 

Cammino silenzioso

sfiorando con garbo

ogni riva; di

queste spiagge mi nutro.

 

Vorrei questi

lidi nutrire di me,

incroci restiamo

ancora, di gesti e parole.

 

Proprio adesso

mi sento un

bambino, a vibrare

di giochi inventati.

 

Per oltrepassare

dirupi coperti di

capelvenere,

esorcismi alle paure.

 

Siamo una breve

pausa pranzo che si

insinua in un

letto indeterminato.

 

Il deserto non

conserva orme

e si diverte a soffiarti

sabbia negli occhi.

 

Il sibilo

impertinente del

silenzioso vento

dilaga ovunque.

 

Come nella terra

a cui dai il tuo

contributo a

farla girare.

 

La vertigine

però ti inchioda

in un mondo più

veloce del pensiero.

 

Come un

Cristo d’avorio

su una croce di

legno marcio.

 

Un’accozzaglia di

isole siamo

etere di

suoni e storia.

 

 

Claudio Di Paola

*

tempo

Catania 18/11/2012

 

Tempo

 

Un ciliegio in

fiore sul cammino

incerto di un

bambino.

 

Una quercia

(ed è subito donna),

si fa ombra sulle

fatiche di un uomo.

 

Un ceppo millenario

a far da lapide

sul riposo di una

ruga.

 

La volpe nasconde il bottino e

torna a correre nel bosco.

 

 

Claudio Di Paola

*

metamorfosi

Catania 29/10/2012

 

 

Metamorfosi

 

 

La senti..?

Senti come la

vita ti scivola fra i

denti cariacei?

 

Senti come si

affollano i giorni in te?

Brecce e fendenti fra

cielo e terre.

 

Intensamente

fragili come

pilastri di foglie

secche .

 

Lo senti..?

Senti come

cigola l’universo

su assurde rotaie?

 

Un seme si è

arreso alla morte e

si è trasformato in

albero.

 

Bruco farfalla,

inverno e primavera;

giorno notte,

estate ed autunno.

 

Eterno è …

metamorfosi sopra i

frutti del mondo,

sfinimento e delirio.

 

Li senti..?

Senti come gli

artigli del tempo

trapassano le stagioni?

 

Attraversano ere,

costumi, regole

natali e respiri;

umane aritmetiche!

 

Sapienti canti

carnali emettiamo

come mute figure di

cera in un presepe.

 

 

Claudio Di Paola

*

autunno

Catania 01/11/12

 

Autunno

 

Su un pesante cielo

la falce elasticizzata

dell’autunno si

amalgama quasi

inconscia con i

tetti silenziosi di

città.

 

Scivolano silenziose le

navi su un mare di

seta incolore

ma scuro,

come gli occhi di

chi ti osserva

dicendo di amarti.

 

Il colore del fumo

equoreo della brina,

l’odore di

foglie umide nel

parco vicino casa,

presagio di una

imminente morte.

 

Attimi stesi al

sole sono i

miei progetti, ad

asciugare come il

vecchio bucato della

mia banale

radice.

 

Adesso che il sentiero

dietro di me

comincia ad

allungarsi, tutto

si mescola in

tutto, come il

latte con il caffè.

 

La stessa storia

ripetuta ogni volta,

troppe volte quasi a

toglierti il respiro,

schiacciato dai nuovi

sogni di gloria per

nascondere gli anni.

 

 

Claudio Di Paola

 

*

Anamnesi

Anamnesi

(a mio padre)

 

anch’io ho seguito la

scia dei tuoi

aquiloni ed

eccomi qui, a

farti compagnia!

 

Fra questi ronzii di

cicale vedi

ancora le tue battaglie,

logorate ormai da

un tempo .., il

tuo!

 

Lento e smorto

trascini pesante lo

stelo del tuo

sacro asfodelo.

 

E adesso,

 

solitario .., ricomponi

l’eremo delle tue

reliquie, parto di

gioventù!

 

 

Claudio Di Paola

*

verso roma

 

Verso Roma

(apollineo e dionisiaco)

 

 

Non puntare la tua

prua di legno verso

la città e le

cime non

attraccare sugli

eterni marciapiedi

di pietra bianca, il

tuo rostro

ha ancora gli

spigoli da smussare

su di me.

 

Puoi  andare scalza

dentro la mia

stiva segreta se

 vuoi e sentire lo

scricchiolio allegro

del legno di

noce nostrana, la tua

polena non

mostra ancora i

seni marci di

infinite rotte.

 

Non correre ti

prego non

aver fretta di

smettere il viaggio,

abbiamo ancora le

stive piene di

carne secca e

rhum del ‘63 e il

nostro sestante

scintilla di ottone e

mete.

 

I ponti

sono stati lustrati da

sapienti mozzi e il

cielo è sempre lì

coperto di

puntini bianchi e pigri

come il pigmento di

un’ ala di farfalla,

Roma …

Roma vedo

ancora lontana.

 

L’impero non è ancora caduto

perciò

l’Urbe rimane un impercettibile segno.

 

Non aver

paura degli Dei

sono soltanto

gocce, ciocche, giochi,   

pesi insignificanti,

logori silfi marini

saranno e sulle

sartie superba

salta e dispiega

le tue vele per

sfidare il vento.

 

Io salirò

allora sulla

coffa più alta

dell’albero maestro

per urlarti felice e

primo che, c’è solo

cielo e mare

all’orizzonte,

siamo lo

scintillio dei flutti

di un mare nascosto.

 

La felicità di non

avere un solo

gabbiano che

faccia da spia

per la crosta di una

terra già

solcata di miseri

ricordi e pene,

Roma …

Roma vedo

ancora lontana.

 

Conoscerti senza misure severe

perciò

amarti di irraggiungibili segni al cuore.

 

Dall’amore alla vita il

passaggio è fuso,

saldato, confuso, dal

particolare

si va all’universale,

chi parteggia, chi

si universalizza, a

chi dei due il ruolo

madre senza

prima aver guadato un

fiume di viaggio?

 

 

Claudio Di Paola

 

*

assalti notturni

Assalti notturni

                  

 

Quel gusto ho cercato

di mandorle e ciminiere

accompagnato da silenzi e ronzii

quasi voci

 

(all’alba col

vento in faccia

la notte

ombra fra le ombre)

 

Ho danzato dentro le mura

di Lenach

in giorni lenti come muli

 

 

(strapparsi gli

ultimi vessilli

di un’era

primordiale)

 

Apatia e insofferenza

verso strane aritmie del

cuore

 

(ho lasciato la mia

cella ed ho

avuto fiducia del tuo

ridere)

 

Sorseggiare giorni fra campi viali e

cerchi sull’acqua

 

(portami con

te semplice e

sacro rito)

 

Mosto che fermenta

quasi vino

 

(quasi vita

dolce cuore di

maggio)

 

Di morire

ho avuto paura

morire di non-morte

e resuscitare di non-vita

 

(l’amore

a volte scuote

a volte tace)

 

Sono addolorato di non-dolore

 

(la finzione

copre le voragini

di sentieri)

 

Cercare linee da

tracciare dentro il

frastuono di

una penna

(sacro fuoco

Interiore)

 

Raccogliere

fra uno spazio e

l’altro un

rigo di

certezza

 

(il tuo verso

udito

avrei voluto cantare

e custodirlo

come vergine

vestale)

 

Chi mai sarà

questa figura che si

autodefinisce ad

ogni

sentiero battuto?

 

 

 

(timida stella

del mattino

ormai inoltrata da

sempre)

 

Lo strillo di un

mercante di cose

ascolto divertito

con i palmi delle

mani sulle

ginocchia e

cedo al seppiato

delle sue vecchie foto

 

(ho sempre scelto di

ammutolire fra boschi

di colonne

e stoffe tessute

al vento)

 

Il legno stagionato di

una vecchia nave

scricchiola da

sempre nella mia mente

(arpeggi

e ritornelli

serpeggiano

interplanetari)

 

Eccomi

eccomi qui

 

(foglie d’acanto

fra le pieghe )

 

A guardare

il tragitto

da me tracciato

attraverso parentesi tonde

 

(consiglio cauto

di un semicerchio

interposto

fra intelletto ed

emozione)

 

Sento sussurrare o

gridare non so

(profondo sonno

d’amore)

 

Qualcosa però è

giunta a me

 

(non esiste silenzio

che possa zittire

il fruscio di un fiume)

 

Il giorno vorrei cullare fra

queste braccia di cemento

 

(epifania che si

addormenta

estranea)

 

Questo mio

verbo che

trema di carne

di carne

quotidiana e

di sguardi

 

(non esiste odio

che possa raffreddare

Il calore di un fuoco)

 

Io come ogni

uomo sto sopra la

terra e come

ogni notte sulla

mia donna sorrido ai

sorrisi di lei

 

(grevi pensieri

sgrano

come un rosario

che non mi

appartiene più)

 

So che un giorno

sarà la terra a stare

sopra di me

o forse abiterò

in zolle che non

riconoscerò

 

(riti di

ciclici piani di

sopravvivenza

raccolti in linee

orizzontali fra

cielo e terra)

 

E la mia

donnaforse

sorriderà ancora di

irriconoscibili

sorrisi pianificati

 

(non esiste indifferenza

che possa nascondere

la luce di un falò)

 

Conducimi alla tua

grazia

 bosco di parole

 

 

 

 

(sentieri

agrodolci di

pensieri e lamiere

contorte)

 

Oh fresche melodie

sparse su

goffe paure

 

(frecciate della tua

voce al

mio fianco)

 

Cosa nascondi

pescatore immobile

 

(stralci di

mattanze estive

sulle rive dell’ Anapo)

 

A inviolate pose

trasformi bocconi

fatti di

tempo e di

pane

 

(un fotogramma

dopo l’altro

a volte

senza trama)

 

Tu nemica

acronica non

devi più

essere triste

 

(preservi le

terre inviolate da

talami e

quotidiane parole)

 

Le rancide  melodie

ho abbandonato

 

(come se

fosse tempo il

dischiudersi di un

petalo)

 

La mano adesso posa e

riposa su

piccoli seni

 

(tralci eleganti

sequenze di

vita)

 

Cosce levigate come

marmo

 

(seduto come se

fosse un

tempo indiviso)

 

Calmi fiotti

d’estasi

morbidi come

nebbia in   

autunno

 

 

 

(cerchi di

un cuore da

sfamare)

 

Il tuo

sentiero vorrei

violare e

redimerti

 

(seriale gesto e

carne da

irrorare)

 

Essere tuo in una

dolce prigionia

 

(ergastolo di

emozioni)

 

Sei mia

dentro questa cella di

libertà

 

 

(condanna di

percorsi indefiniti)

 

 Fa che io possa

apprezzare la tua  

femminilità

 

(infrasensibili

pieghe)

 

Figlia di un

sole estivo del

sud

 

(impagabili

sudori)

 

Digrignano i

veti

urlano i

vecchi silenzi

 

 

 

(portare a

coorte le

terre di

essenze dionisiache)

 

Sorriso di un

incontro

sorriso di un

addio

 

(avrei voluto

imbarazzi per

ricominciare)

 

Tu eri come ti

vedevo

 

(al cospetto di

un ritmo

incalzante)

 

O forse come

avrei voluto vederti

 

(sangue di un

mefitico accordo)

 

Al tuo volto

ora grido

sequele di

pesi e misure

 

(correggersi in

corsa la

corsa)

 

Pezzi di

cielo e

litri di mare

 

(lascia che

sia)

 

Dirsi la

verità e

provarci ancora

ancora una

volta

(foglie di

mandarino e

miele degli

Iblei)

 

Tornare

finalmente a

casa

 

(io e

Il mondo

Intero)

 

Ricomincio la

rotta da te

vecchio porto di

innocenza

 

(parto di

mille

primavere)

 

Proteggi le

tue indefinibili

ossa dalle

mie ostentate

spalle

 

(irreversibile

accozzaglia di

anni)

 

Torneremo

insieme dentro le

mura di

Lenach a

masticare giorni

 

(portami a

volare con

te

Grande Madre)

 

 

 

                                                                         Claudio Di Paola

 

*

autocoscienza

Autocoscienza

Sono prestato alla
vita come i
giorni della merla,
lento in
gennaio, breve come
febbraio.

Il tuo viso
è una
bandiera bianca,
imperdonabili giorni
(mi disse).

Sono un breve
cammino da decorare,
come un albero di Natale
con lanterne, muri,
cose infrante e cose da
costruire.

Deporre le uova
schiuse di un’alba,
come ogni alba
sempre ad ogni schiusa
(quotidiana nascita).

Sono lo
sguardo che cattura
fotogrammi di
esistere,
filamenti di vita nel
pozzo dell’universo.

In riva ad
ogni suono
emerso,
ruscello di montagna
(senti come scorre).

Sono un
edificio di carne
piantato al
centro della terra,
respiro di fuoco e
orizzonte d’acqua.

Linea di
confine delebile
fra causa ed
effetto
(pura energia).

Sono come
pezzi di vetro che
trapassano grappoli
di occhi in un
nugolo di maschere e
deserti lunari.

La tua pelle
acromica
la tua anima
acronica.
(ribadì ancora).

Sono come un
parto di fame,
seme di
silenzio non muto
assorbito dalla
luce.

Tintinnii
rimbalzati in
rimbombi e
urla munchiane
(il silenzio del dolore).

Sono come un
banco di pesci
ripieno di
argentee cromie,
guizzi e branchie,
… vita!

Vertiginoso diapason..,
accordo maggiore,
appannate maree verso
terre d’oriente
(profondo universale Dio).


Claudio Di Paola