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Raccolta di poesie di Caterina Niutta
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Le foglie morte

Danzano,
pallide le foglie morte.
Lievi come sogni
nel loro volteggiare.
Danzano,
al canto del vento,
si adagiano al suolo
a colorare l'humus
dei sogni e delle sconfitte.
Danzano,
le foglie morte
sussurrandoci parole di vita.

*

Stasi

Non c’era modo di sognare,
in quel tempo
e anche a voler trovare
uno spazio,
un angolino,
una piega tra il lenzuolo sgualcito,
e il guanciale intriso di lacrime
un non so ché…
dove nascondere quel sogno.
No, non si poteva.
Perché non c’era.

Declinava al passato quel tempo,
sperando che passasse in fretta,
e velocemente, lasciasse spazio ad altri tempi,
quelli in cui a tutti è concesso sognare.
Avvolta nella nebbia, cercava segni
che le indicassero la via
e il luogo dove adagiare quel sogno,
mai nato, aborto di un tempo che non amava,
troppo estenuante e avido
dei suoi sentimenti.

*

Senza titolo


Mentre il vento porta con se
profumi di terre lontane
Mescolate a fragranze
note al tuo cuore e al tuo sentire,
cerchi il nesso tra le parole dette e i tuoi pensieri,
troppo spesso t’allontani da essi e da te stesso
cercando nuove forme a cui adattarti,
e mentre il tempo passa non senti più la brezza
che dolcemente ti sfiorava la sera, sul finir del giorno
mentre attendevi impaziente la luna,
i suoi pallidi raggi.
Nostalgia di speranze, ti coglie,
alcune svanite, altre divenute ormai certezze.
Eco di giorni tormentati
Dal desiderio d’arrivare presto alla meta.
Ora, guardi il cammino,
la strada che fino a qui hai percorso
e dolce ti pare il giorno che sta nascendo.
Ora, solo adesso che hai imparato
a non temer la notte.

*

Nuvole

Come ovattati petali
d’eterei fiori,
nuvole,
tingono di bianco il cielo.
Rincorrono arcobaleni
dopo la pioggia,
seguendo traiettorie ignote,
spinte dal vento
a riversare altrove il loro pianto.
Ombre,
brandelli di mondi
lontani e sconosciuti,
si perdono nel nulla
mentre la luna, pallida e solitaria,
giunge a omaggiarci
d’un argenteo riflesso
del giorno a pena andato.
CN

*

Imperfetta

Se mille volte, guardandoti allo specchio
quel riflesso par giunger da lontano
e in quell'immagine non ti riconosci,
solo una cosa può voler dire:
Non sei tu quella che vedi
ma quanto han fatto di te.
 E' il risultato d'una trasformazione
precisa e laboriosa.
Non sei l'angelo, di nessun focolare.
La fatina buona, dolce e bella.
Non vesti tanta perfezione.
Sei donna, madre, moglie
sei figlia e mille altri volti, icone di normalità.
Corri tutto il giorno
cercando di quadrare un cerchio
che a stento riesci a chiudere.
Sei demone, a volte, e altre benedetta,
angelo ribelle, percorri questa vita,
l'unica, la sola, che ti è concessa.
Chiudi gli occhi, Eva, guarda come sei fatta dentro,
di quale essenza è fatto il tuo cuore,
quell'angolo, dove alcuna mano s'è posata
e vivi, prima che giunga la notte.

*

Rapid Eye Movement.

 

In un giardino pensile

SOSPESA.

Rami, germogli debordanti,

e zampilli di luce

                        SUONI.

Amorfo sottofondo

colonna sonora di un film in bianco e nero.

Vertigini…

Precipito…volteggio…

GIOSTRA

Un altro giro.

Situazioni.

Momenti.

Attimi.

Che fuggono via

Lasciandosi dietro una scia di ricordi.

                                           COMETA

Eco di vite

vissute nel nulla

e un cerchio alla testa

AUREOLA

non di santità!

Farfalle svolazzano e bucano lo stomaco…

SINTOMO

vuoto

SBORNIA

 non di vino ma di VITA.

Esserci

ARRIVO

              No,  PARTENZA

Riepilogo :

“vorrei dormire”
R.E.M.

 


*

Tacita intesa.



Brusii…e voci,
di notte
di giorno
... poi tutto tace.
Nessuno sa.
Nessuno vede,
che d’altre cose è meglio parlare!
Gli occhi bendati
le orecchie pien di cera
la prua rivolta altrove,
come Ulisse
in cerca di nuove terre.
Un’altra Itaca, magari a Nord,
libera e bella.
Dimenticando le sirene
i bisbigli e le voci,
messa a tacere la coscienza
e nell’oblio
chi ci ha sorretti
nei nostri primi passi.
Tornare…
per il mare.
Tornare…
per il sole,
per chi ci ha amati
per chi ci aspetta ancora,
facendo finta di niente
ignorando di sapere,
che donne e uomini
muoiono,
perché nessuno dona a loro voce.
MUOIONO !
Perché il “male oscuro”
col suo riverbero,
acceca,
ammutolisce!

*

sentimento di sintesi

Voci, eco di passi nella notte.

Un crepitio di ciocchi, eco

di momenti rinchiusi nel cuore.

Ricordi di parole, eco di discorsi

dialoghi col nulla

ipotesi,

e passi per la strada.

Ombre che si rincorrono.

S’allungano.

S’accorciano.

E voci nella notte,

eco di sogni

e sprazzi di cuore

che schizzano via, in un getto

lasciando gocciolanti tracce

sui muri,odoranti di vernice fresca.

Notte.


*

Prima che arrivi la notte.

 

Appena un attimo prima del buio,

 un barlume s’insinua nel mondo.

Per un istante, tutto si ferma e tace.

 Mentre il cuore smette di battere all’impazzata,

una voce ti sussurra di fermarti.

 Se per caso, in quell’istante

 t’imbattessi in un essere umano,

di qualsiasi colore fosse la sua pelle,

 ti sentiresti di chiamarlo fratello.

Forse, ti verrebbe di abbracciarlo,

e la tua storia gli racconteresti,

velocemente, magari ingarbugliando le parole,

 per dirgli tutto d’un fiato, prima che cali la notte,

lo guarderesti dritto negli occhi

e  con pazienza ascolteresti la sua.

  Lui ti capirebbe, perché la tua storia a mille altre è uguale,

  le tue parole, son proprio  quelle che ha in mente,

nel suo cuore alberga, tutto ciò che ti fa gioire.

  Il tuo dolore, lo conosce, è quello, che la notte non lo fa dormire.


*

Essenza

E’  fatto di mare e cielo

 il mio mondo.

In mezzo la terra.

La mia casa e il  cuore.

Son d’aria e vento

 i miei pensieri,

liberi, sospesi sopra il mare.

Son acqua  e fuoco,

 tormento e pace,

vento impetuoso

e brezza leggera.

 Spazio infinito,

naufragio e approdo.

Porto dove riposare.


*

Alienazione

 

Legami le mani

con corde sottili,

e bendami gli occhi

ch’io non tocchi e non veda,

non senta quel che avviene.

Rinchiudimi l’anima

in un cassetto

o gettala via

nel mare delle illusioni

ch’io possa trovar pace,

smettere di ragionare.

Non mi cercare,

non mi tormentare

per un istante rinnego

la tua maternità.

 Ho gli occhi chiusi,

 spento il tuo lume,

oggi ho bisogno di sognare.


*

Ionia

Antiche fragranze portate dal vento,

Odore di spezie e colori iridescenti.

Riemergono dal nulla,

dai più profondi abissi, dove riposano gli Dei,

tesori sommersi, abbandonati da uomini vili,

rei, scappati in preda alle loro paure.

Da questo mare e quest’alito di vento,

traggo la linfa che scorre nei miei pensieri.

Pervasa da tanta bellezza

guardo l’orizzonte,

linea immaginaria

che delimita i miei sogni

dal mare della sofferenza.

Mi adagio cullata dallo sciabordio
della risacca
e lascio andare i miei pensieri.


*

vento

Il vento profuma di te...
di te,coriandolo e limone,
zafferano, lavanda, cardamomo...
profuma di spezie.
Folate tiepide giungono a noi
fragranze che ritemprano l'anima.
Raggi di sole,
attraverso vetri di cattedrale
colorando i nostri pensieri.

*

Thanatos

Thanatos
Figlio della notte,
ipnotizzi i mie pensieri
Trascinando i sogni
in terre sconosciute.
Pulsione dell’anima
Che vuole vivere, ma non sa
Opporsi alla tua forza cosmica.
Triste fardello di una vita
Vissuta inseguendo sogni altrui,
note di una canzone
che non sgorga dall’anima,
che il mio cuore non conosce,
e nella notte si perde.

*

Thoughts blues



Legna da ardere le nostre misere vite.
Esistenze scoppiettanti e fugaci,
trasciniamo a stento i nostri pensieri
e lenti scorrono eventi senza senso.
Cerchiamo aurore,
albe che non sorgeranno mai
nei nostri cuori.
Ci portiamo dentro
miserabili mostri
incatenati dai nostri desideri.
Desiderosi anch’essi
di veder la luce
ululano al chiaro di luna.
Latrano come cani incatenati
dall’odio e dalla sofferenza.
Tristi pensieri che muoiono all’alba
e si risvegliano ogni notte.

*

Haiku


Luci di notte,
danzano aironi
sotto le stelle!

*

Haiku

Rinasco in te
alba chiara e nuova
splendente vita.


Sogni infranti
in una notte calda
suoni, parole.


Pensavo a te
e sei arrivato.
Ore felici.

*

Scirocco

Pendevano da un ramo
come foglie di salice
mosse dal vento,
pensieri e idee confuse,
portate da folate di fumo
e Scirocco d'autunno, nella notte.
Voci, e il borbottio di un’ onda,
l’eco di un sospiro ,
giungeva da spiagge lontane
caldo e umido,
come il vento che lo portava.
Alla fioca luce di candela
rimirai quei volti ,
mentre una lanterna
dissipò la notte, come un faro ,
e quando anch'essa si spense,
un soffio intriso di salsedine
mi avvolse,smisi di pensare .
Al tempo
al vento
al mare …
lasciai tutto
e tutto mi lasciò.

*

Respirandoti

È nei tuoi silenzi ,
nei tu occhi occhi
che mi perdo.
Nel tuo respiro mi ritrovo,
dimenticando luce e buio
in un abbraccio che confonde
e lascia il posto a ogni mio pensiero.
Passione sovrapposta ad ogni logica,
confusa in un turbinio di emozioni.
E poi, ritrovarci in uno sguardo
a domandarci dove va il mondo.
Dove andiamo noi,
naufraghi in questo mare.

*

Decantando (travasi d’anima)


Travasavo l’anima mia
da un recipiente all’altro.
Sul fondo, le imperfezioni
si adagiavano piano.
Un’invisibile mano
mesceva, con gesti maligni e lesti,
attenta che la posatura
non si confondesse al chiaro.
In un canto, i sedimenti dei desideri miei,
e un recipiente vuoto,
deposito di sogni ormai precipitati,
un’altra brocca pronta
ad accogliermi e travasarmi ancora.

*

Aicha ( seconda parte)

I genitori concordarono presto la data delle nozze, le modalità, la dote di lei e il prezzo, anche se simbolico, che doveva versare lui, alla sua famiglia, la loro religione lo raccomandava fermamente.
Il grande giorno si avvicinava e le sue cugine, insieme a qualche amica, si prodigavano a preparare dolci e stabilire il menù per il ricevimento. Pensarono pure a procurarle gli abiti che avrebbe dovuto indossare durante i due giorni di festa. Certo non avrebbero potuto comprarli tutti, ma quale ragazza rinuncerebbe a cambiarsi sette volte d’abito? Dovevano essere bellissimi, tanto da farla apparire una principessa, il suo principe sarebbe stato sicuramente molto elegante.
Il giovedì precedente il grande giorno affittarono l’hannam, e vi si recarono tutte, una cerimonia da non perdere. Aicha, si sentiva come Cherazade in le Mille e una Notte in quel luogo dove, suoni, vapore essenze, si mescolavano e il lento scorrere dell’acqua evocava sensazioni di benessere e pace dell’anima. Uscendo non poté fare a meno di specchiarsi in una vetrata, guardò con la coda dell’occhio, non voleva che le altre la notassero, ma le sembrò d’essere bellissima. Era risplendente ma agitata e confusa allo stesso tempo. Aspettava questo giorno da anni, una vita le pareva, ma più si avvicinava a quello che avrebbe dovuto essere la materializzazione dei suoi sogni, più cresceva in lei una strana sensazione che non sapeva descrivere. Pensò di parlarne con Amina. Sentiva il bisogno di confidarsi con qualcuno. Ma qualcosa le impedì di parlare. Avrebbero capito le sue titubanze? No, già s’immaginava gli occhi sgranati di sua madre, e lo stupore di tutti, non s’era mai detto che una ragazza rifiutasse una tale occasione! E poi. Per quale motivo all’improvviso si sentiva insicura? Sciocchezze, si disse, il suo principe era li, in quella bellissima tenda, allestita con tanta cura, insieme agli uomini e già si sentivano le litanie del “talba”, la cerimonia era iniziata, tra un paio di giorni, la festa finita, inchAllah! Il viaggio in aereo, ma a quello avrebbe pensato poi, adesso tutti l’aspettavano.
Fatti tutti i cerimoniali che la sharia consiglia, venne il momento d’essere introdotta nella stanza del suo amato. Si accinse ad affrontare quest’incontro, con il cuore che le batteva, tanto d’aver l’impressione che il corsetto stesse per scoppiare da un memento all’altro. Sua madre non le aveva detto niente, e poco, qualche indiscrezione l’era arrivato all’orecchio tramite Amina, ma tutti le dicevano di non dare ascolto a quella ragazza, non era certo un tipo per bene, e poi era pure andata a scuola!

“Le vostre donne sono come un campo per voi, venite dunque al vostro campo a vostro piacere.” (Sura 2:223).
Mustafà recitava, questo versetto, e l’aspettava. Lei entrò nella stanza, le gote rosse e nonostante gli occhi bassi,non poté fare a meno di notare l’imbarazzo sul viso del marito.
Non si conoscevano. Non erano mai stati insieme, mai lasciati da soli. Né un sorriso, uno sguardo, nulla, tutto sotto la rigida sorveglianza di uno stuolo di parenti. Ma la Sharia era chiara, il matrimonio andava consumato, e tutti erano fuori ad aspettare la prova della sua illibatezza.
Sì, qualche ragazza l’aveva conosciuta in Francia, ma quelle erano un altro genere di donne, libere e infedeli, da passarci una notte ma non da sposare. La donna che gli avrebbe garantito una discendenza e dignità davanti ai suoi pari, era li, ferma sull’uscio e visibilmente in forte imbarazzo.
Mustafà decise di compiere velocemente il suo obbligo. Prendendola per un braccio, la spinse dentro la stanza e chiuse la porta. L’abbracciò e la riversò sul letto. Per due secondi lesse nei suoi grandi occhi nocciola, velati di lacrime, il terrore. Spense la luce, e fece ciò che un uomo deve fare in queste occasioni. Quindici minuti dopo, inchAllah, tutto era finito. Ritornarono ai festeggiamenti. Lui nella tenda degli uomini, lei in casa con le donne. Il drappo, testimone della sua purezza era stato esposto, del suo dolore e del suo sbigottimento, della sua anima ferita a nessuno interessava, infondo era una donna, e il Profeta a tal proposito s’era espresso saggiamente.
Non aveva idea di cosa le serbasse quell’incontro, tanto era il suo candore e la sua purezza d’animo, ma tanta brutalità, non l’avrebbe mai pensato possibile.
Forse qualcuno s’era sbagliato, il Profeta non poteva certo aver stabilito una pratica così crudele. Tutti cantavano e gustavano prelibatezze, servite in splendidi vassoi, solo Aicha smise di sorridere e cercò di pensare ad altro per trattenerle lacrime, che pressavano e a fiotti sarebbero uscite e solcato le guance pallide.

Casablanca –Lione. Era in Francia. Percorsero in autobus i chilometri che li separavano dal villaggio in cui Mustafà aveva preso un appartamento in affitto. La nebbia l’avvolse, e il freddo le trafisse il cuore, appena messo piede fuori dall’abitacolo. Due stanze in un vecchio caseggiato, abitato interamente da immigrati, e un mondo nuovo e per niente colorato l’aspettava.
Il marito la lasciò sola già dalla prima sera, gli amici lo aspettavano giù al bistrot. A tarda notte, maleodorante di fumo e un po’ alticcio, al rientro si sarebbe accinto a “arare il suo campo”!
Aicha provò a ribellarsi, ma già al secondo tentativo, l’adorabile uomo dagli occhi di fuoco e baffetti birichini, esercitò il suo diritto di batterla, perché il sommo profeta non s’era dimenticato d’impartire precise raccomandazioni a tal proposito!
Nebbia, freddo, solitudine e due stanze da dividere con un estraneo. La Francia. Incominciò a odiarlo quel paese estraneo e poco accogliente. Gli mancava il sole, e nulla era come al suo villaggio. I datteri che comprava al mercato erano insipidi, e l’uva passa non profumava di spensieratezza, come quella che il padre le riportava, ogni volta che si recava in paese. Solo il ricordo di quel dolce sorriso e il profumo che emanava quel pacchettino, sapientemente chiuso, quando con mani tremanti lo apriva e gustava con avidità quei chicchi che racchiudevano tutto il sapore della sua terra. Solo quel pensiero la consolava. E ora si trovava qui, a fare i conti con quella fitta nebbia che le trafiggeva l’anima e l’avvolgeva come un triste sudario.
Fu così che un giorno si risvegliò in terapia intensiva, con tubicini che entravano e uscivano dal suo corpo e un cerchio alla testa, un dolore lancinante che l’obbligò a richiudere gli occhi.
Pensò di voler rimanere lì per tutto il resto della sua vita. In quella stanza asettica e incolore. Gli occhi serrati, stretti in uno spasmo di dolore e paura. Sarebbe stato facile staccare uno di quei tubi, quando l’infermiere lasciava la stanza, un gioco da bambini, uno scherzo, e tutto sarebbe finito. Respirò piano, per non far rumore, e inspirando un sentore di balsamo e mirra le solleticò le narici. Quell’odore, un angelo era stato sicuramente lì da poco, pensò, forse era ancora nella stanza.
Un angelo. Pensieri confusi si affollavano, facendola rabbrividire. Sì, ecco, la sua piccola Nadia, ora ricordava. Era nata nove mesi dopo quell’indimenticabile sera. Carina, paffutella chiacchierona e sempre sorridente. A volte guardandola giocare doveva fare uno sforzo sovrumano per non pensare che quel fiore fosse il frutto di un gesto così crudele. Ma era la sua vita, e per lei sarebbe uscita da quella stanza e continuato a vivere.
L’angelo per il momento poteva attendere, non era ancora giunta la sua ora, no, non se lo poteva concedere.

*

Tanka

Sogni sospesi
a un filo di luna
stella cadente.

Nel mentre tu muori
calda notte stregata.

*

Distanze

Sola. Sto, su un filo
di un logoro maglione sfatto,
teso sull' abisso
a volteggiare.
Un ombrellino di carta colorata
nella mano destra ,
lo tengo stretto
per aggrapparmi a una nuvola
caso mai cadessi.
Percorro
a stento,
velocemente,
e senza fiato
l'ultimo tratto
prima che arrivi la pioggia

*

Ti aspettavo

Ti aspettavo,
come braciere ardente,
a riscaldare i miei freddi giorni
e illuminare le mie notti.
Fiaccola che brucia davanti agli dei
Fuoco che arde e non si consuma.
Scoppiettante e rumoroso,
fuoco di paglia.
Breve scintilla,
incandescenze colorate
flebile luce sul mio cammino
furono i tuoi giorni
quando s’unirono ai miei.

*

La mia casa

Lento scorreva il fiume
oltre la strada,
iris sulla collina, blu
come cielo senza nubi.
Fiori bianchi in una grigia corte,
campanule di stramonio…,
il casolare dei miei sogni.
Poco ricordo di quei giorni,
solo il canto del vento,
una ripida e stretta scala
che mi portava fino in cielo.
In cima una finestra
che s’apriva sul mondo.
Odor di fieno all’alba e
un sentiero che tra i fichi d’India
mi riconduceva a casa.