I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Il corpo del movimento
Al cospetto del mare, capita di fermarsi a contemplare una luce fissa. Le onde intanto si infrangono, si accavallano, si allontanano, si perdono in se stesse. Il mare s'infila nella materia vivente, ci sospinge a un movimento inquieto. Al buio, l’inquietudine può diventare progetto. O forse è com-mozione.
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Profetessa
Vorrei dirti che tra_passato e futuro c’è un taglio un tradimento o un salto e non c’è mare ad accogliere
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Tu_tela
Ho preso io la tazzina blu e il ritratto asiatico. Due oggetti in cerca di anima o soltanto di visibilità: aggetti protesi verso un ricamo di luce. Tessitrice è la me_moria.
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Spartiacque
La notte del tutto è compiuto, misi su un caffè con sei ore di anticipo. Finestre chiuse, l’autunno imminente, il mare non si pronunciava. Sul fornello, una sorta di legumi coriacei. Li dividerò in porzioni, pronti per ogni evenienza. I segni. E’ l’equinozio, uno spartiacque: la mia ombra e io.
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astrifiammante
questa volta pallida non è_ posizione di attacco mentre emerge da questa striscia di mediterraneo che sotto rugge e si sparpaglia e poi si sgomenta di fronte alla magniloquenza della faccia arancio che indossa stasera la Regina della notte
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Inventario
La casa ha ancora le ferite a vista, i rumori al solito posto, meno voci - né assenze né presenze - tre fotografie, due tazzine, una tovaglia. Di nuovo ho preso per me qualcosa che possa volare via come spirito.
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Bifronte
La mia famiglia aperta a ombrello tra mari diversi a volte a_mari, come una cozza con dentro biglietti aerei e scarpe e scarne parole a distanza e ancora parole a volte di pancia. La mia famiglia come un elastico tra venti contrari o laterali con strappi e voli da prendere al volo a gonfie vele. E con vere d'oro e d’argento perdute nella città bifronte.
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trasformazione
era aprile - si capiva dalle fresie - la nebbia tutt’uno col mare, così basso in quel punto. la radice era là, vicino al santuario, con anche il tronco - mozzo - ma non la corona dei rami. la trasformazione è coincisa col tempo di ricostruzione di un dente.
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Aarhus
Il mare è azzurro anche in terra danese e l’azzurro conclude in rosa: lì s’intersecano prati, nuvole, quiete distanze, miti e piste ciclabili _tutto è evidenza_ : luce, venti, profili di case_ infine il buio rivela anche di più.
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oggi
improbabile cactus atteso e bendictus dono del mare l’ipotesi d’amore
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La luce del nord
Mi è sembrato di vedere mio figlio. No, non era lui. Avanzava sicuro nel suo cono di luce ma solo e pensoso. No, non era lui. Mio figlio è giovane, fulvo, brilla nel cono di luce del nord. Mio figlio cammina con semplicità e non si stanca perché cammina dritto e cammina cammina e si lascia illuminare.
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Cane nero
Tre ferite a una mano: il cane non molla la presa_ Già sa di ripresa veder dileguarsi nel mare ombre nere di nuvole bianche.
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Il Guru
Ora Padre è il Guru dell’Intoccabilità della Casa. Il Mondo gli gira attorno rapida_Mente: Padre, sordo, Solo chiede: Parlare con il piglio abituale. Padre Connesso, S-connesso Padre Virtuoso/virtuale, Padre (nel) Presente. Padre difende la Grande Tribù, il Vino a tavola, rubino e rotondo. - Non (di) solo Pane -. La Terra rimane l’Orizzonte del suo Multi_ Verso. Padre ha l’abito nuovo per la Festa dei Vivi. Non diverso, all’Atto Finale.
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Bari vecchia
Una geografia nuova edizione sul tapis roulant dei miei passi. Azzurro lo sfondo tra i palazzi postmoderni tinteggiati color cielo artificiale. Dal verduraio asiatico la cliente africana ipotizza il cavolo viola sulla sua mensa spuria: orecchiette baresi in mezzo a orecchi multilingue. Il castello sembra un papa sul trono ma è pur sempre un trono in mezzo al mare: si fa presto a dissacrare. Dal porto levantino al centro storico mercanti furbi e ingenue mercanzie stanno a guardia di un’antica fierezza. Entri solo se hai sette vite, mille affari e un sortilegio.
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La casa
Il sole tra i divani compone geometrie sempre cangianti a nord e a sud di una linea immaginata. Un tempo - un tempo umano - era il diametro della realtà: la mia casa. Il sole si adagia su linee diverse _ le linee si assomigliano tutte_ i diametri si capovolgono, si spezzano eppure restano linee. Potenzialità della casa: le molte finestre spalancate sul possibile. Io ho scelto, della casa, un uccellino di latta, un giocattolo a chiave che becca briciole e nuvole.
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Tre girasoli
Troppo spirito ieri, oggi troppa materia. E’ tempo di buio_ eppure esplode la luce di tre girasoli domestici! Misuro le ombre che si allungano dal passato. Sono lunghe, gialle e unterine.
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Le grotte di Ripalta
Le grotte eran lì apposta a ricordare i buchi dell’anima. Senza vento apparivano inutili, ma, col maestrale, potevi immaginare il suono degli inizi naturali. Il mare dietro ai passi, e qualche volta accanto, origliava i rari discorsi, annuiva forse ai pensieri, appena poco fuori, e faceva da controcanto alla sua stessa eco nelle culle-caverne di Ripalta. Una branda arrugginita, pezzi di iroko: i segni di un bivacco al rimbombo di un djembe. Quasi un boato in confronto alle nostre scene mute.
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Altri specchi
Quella volta il cielo non voleva negoziare col mare. Inseguivano entrambi chimere. Sembravano due vecchi congiunti, ciascuno in reciproca pace. Apparente. Né valse sognare, ambedue, di essere già morti. Si era al punto in cui i binari appaiono verosimili ma non veri. giacché la verità non si rivela.
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Kim Casali
Trovando, a sorpresa, il senso dell’abbraccio. Non sia mai detto: abbiamo dormito. Piuttosto, scomparsi a noi stessi.
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Il sindacato
Ho avuto ruoli non definiti e non definitivi. Mi iscrivo al sindacato Opportunità del presente.
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Documentario
L’anima vive alla base degli alberi fa radici e fa foglie: sono come figlie che crescono lontano.
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Rinnovare le promesse
Rinuncio alla parola scritta, pietra d’inciampo nella cecità. Rinuncio alla parola parlata, vento insolente nella sordità. Rinuncio alla parola pensata, fuoco fatuo nella caducità. Credo alla pietra, al vento, al fuoco e all’umana ambivalenza. E credo all’innocenza di una stella errante.
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Il rumore bianco
Quella sera incespicavo. La voce interiore diceva: continua, le mani disubbidivano. La musica usciva piuttosto dalle spalle. Sentivo meccaniche di emozioni all’interno del piano: come un rumore bianco. Alle mani andava spiegato che non era questione di tecnica. Azionai il pedale: uscì un alone profumato. Le mani ripresero a muoversi. Pensai che suonare è riepilogare una vita. A volte l’ultima nota è fuori misura.
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Fede
Il freddo fin dentro le unghie significa paura. - Ci rifugiamo? - Sì, nel caldo spazio di una visione: una stella già morta emana ancora fotoni in quell’asincrono che chiamiamo presente.
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ore 12.50
sui binari scivolerà il tuo tempo anche il mare trascinerà in un disegno identico alle nuvole. il treno non si ferma in questo bicchiere. vai bambina a nascere e ancora rinascere
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haiku d’azzardo
con le emozioni è come un gioco a poker_ senza le regole
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A Giuseppe
Che se ne fanno tutto il giorno i gabbiani? Di notte, volano - disse l'uomo. Così certi poeti: semplicemente superano la notte.
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La prospettiva
Ho l’anima a buchi. Ci passa una strada, un litorale, una bambina, un libro incompiuto. Aria e vento risuonano nei buchi ma talvolta è silenzio: dai buchi entra il vuoto. Se inquadri la prospettiva, le prospettive, intorno ai buchi leggo il passato.
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Proustianamente
Succede che la vita succeda in presenza e di più in un remoto ripulire l'assenza dallo sterile ricordo e piuttosto risarcirla con una dolcezza diversa.
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Tsunami
Tutto quello da dire l’hanno detto già i poeti. Stasera c'è da fare: ricordare.
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Nel respiro
Forzare il respiro, spostando le ombre di lato. Si decolla coi piedi per terra.
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Gestazioni
La copertina cresce in poliedriche polifonie che non spiegano attraverso quali geografie avvengano le gestazioni. Scoccano ancora vite nuove nelle città coi fiumi e senza fiumi, che discendono al mare, comunque.
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Tratturo
L'anima è un tratturo tra la rena e il mare È un rumore di passi, lo scricchiolio dei raggi in un giorno senza sole.
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Erotismo
E' probabile che sia laterale alla bellezza e alla paura. Nella ridondanza del mare, nel sonno, nei giochi dei bambini. E' probabile che parli l'ostinazione della pioggerella o del vento. E' certo che sia presente in ogni molecola, e che i soli di ogni latitudine gli facciano scudo, non ombra. E' certamente nel verde, e nell'ignoto: al contempo un respiro e un'agonia.
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un dio stravagante
siamo figli di un dio indeciso tra il rumore del mondo e il silenzio della sua anima un dio stravagante che ama la musica più della realtà e se stesso più della verità
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Correlativo oggettivo
Infine gli oggetti smetteranno di parlare. Non ricordi, non desideri. Prenderanno sole e vento, si sciuperanno. Saranno riflessi di luci, con le lore ombre, inattesi rimbalzi. E saremo anche noi innocenti e inutili.
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il serpente
toccare con mano le emozioni come fossero bubboni, cavarne acqua e sangue, sentire il serpente e-sangue.
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Oppure il vento
... oppure il vento quando va da fuori a dentro, e gli oggetti sembrano impassibili, quasi gatti, ma è resistenza passiva.
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L’acufene
E quando il rumore del frigo si confonderà con quello del mare, in silenzio arriverà la pace. Se tornasse l’acufene del pensiero sempre il mare ti verrà a salvare.
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Le rime sicure
I fiori e i colori. Gli occhi dei viaggiatori. Il mare, ovvia parola, ma meno dell’amore. Del pane l'odore più che il suo sapore. Il calore del qui e ora, gli umori metà dentro metà fuori di quando divaga il pensiero in assenza di altri rumori. I poeti sommozzatori, a disagio tra le rime sicure.
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Due haiku
Parole asciutte. Se il sole le ha asciugate, parole sole. *** Notte di luce la luce invero è vedere amore
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Italo e Luis
omaggio a Italo Calvino e Luis Sepulveda Stare nel sogno di altri: Italo e Luis... Sta piovendo sul quartiere dell’anima, la strada è ora specchio di città sempre più visibili e la gabbiana vola proprio qua o forse immagina di farlo.
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Il mare è noioso
Il mare è noioso col suo avvertimento, e notte e giorno, e persino la pioggia a rinforzo. Ma noi riparati in un mare di pietra sfariniamo brandelli di anima.
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Ho capito
Ho capito. Dio è malato. Ha delegato. E dunque: l’aria? Ancora respira. La terra? Malconcia, sorregge e sopporta. Il mare? Lavora. E il fiume? Scorre sotto i ponti sulle nostre mani sporche nelle nostre bevande inebrianti. Dice che non si recita più a soggetto. Vivere è trasmutare negli elementi, mischiarsi e nutrirsi aprirsi e condannarsi al fuoco, all'amore.
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La panchina verde
Il vento e la panchina verde: passa tra le feritoie e lei resta ferma, non teme... e domani sarà chiarascura più forte del vento più radicata del pensiero.
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l’errore del fiore
scegliere il mare al posto di una falsa verità amare l'errore del fiore e un terreno d'acqua stare/non stare - meglio restare -
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Grano
faccio il pane vedo il mare origine fine mistero senso pieno che torna parola e rimane_
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Geografia
Avere il mare al posto della strada può ribaltare un sistema di riferimento esistenziale. Può farti sentire fuori posto oppure a casa per sempre. Può farti immaginare un’estate perenne, una vita nell'acqua metà dentro metà fuori - ma sempre a galla - e commuoverti al punto che una lacrima di gioia può innescare uno tsunami di felicità.
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Crescete e moltiplicatevi
Se in fondo alla strada non ci fosse il mare, se il vento si dileguasse, la solitudine dilagherebbe. Ogni giorno ha soffiato il vento di mare: siamo cresciuti, ci siamo moltiplicati.
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L’odore dei figli
Oggi le vele hanno preso il largo (partirono dopo il parto). Sembrano aironi o aquiloni se non fosse per l’ormeggio, una specie di cordone ombelicale.
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Citando Trilussa
Le poesie surreali i paesaggi innaturali le attese atemporali i racconti impersonali. I discorsi accennati i giardini assetati gli amori inappagati i bottoni strappati dove l'ape non si posa. In fondo la felicità non è una semplice rosa!
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Lo scoglio e il coniglio
Meglio sarebbe essere uno scoglio. Uno scoglio o un coniglio. Restando o fuggendo esposti alla paura o alla rassegnazione da fermi o correndo senza meta. Uno scoglio o un coniglio sempre stanno ancorati alla terra. Che sia acqua o sia aria, chimica o sangue, dicono entrambi la tragedia e l'apoteosi del teatro dei viventi.
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Il vento di Puglia
Il vento di Puglia infila le strade, pulisce e solleva consapevolezze di antichi ricami di sogni interrotti, risveglia nei corpi reti e canzoni. Nel vento di Puglia si celano voci che placano infine i moti del mare. Le barche riportano bottini di padri. Le reti rastrellano destini e stornelli. Gli ulivi di Puglia respirano il sale della pianura. I treni di Puglia: un solo binario. Rinforzano il vento da sud ispirando i progetti di figli.
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Non si dovrebbe
Qualcosa da fare per asciugare i lutti che si accumulano! E per gli assenti, che sono come morti. Ma non ascoltare musica, né leggere poesie, né fotografare, né dire: non ho problemi.
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Fine della poesia
Quando i poeti scrivevano, persino il rumore del frigo li ispirava. Che si sia congelata la materia poetica? La frutta matura al sole.
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primavera
se fosse luce rosa sbucata tra i rami, se fosse guizzo di gatto o rapido balzo di cane, se fosse il futuro o il passato asciugato, un campo che fugge al lato del treno, sarebbe meno spietata quest’aria?
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Shhh
Tempi nuovi - direbbe il profeta. Gli uccelli lavorano al nido. I fiori sono in riunione per l’organigramma della primavera. E tu taci? Quanto spreco.
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Medaglia
Al sole metà del tuo corpo_ pensi: l'altra metà non esiste. Anche il mare ha sempre da fare con le invisibili onde interne.
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Una propria ragione
Fluiscono pensieri come pesci in un mare oleoso. Scommettere sul domani?
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Haiku
Silenzio d'alberi. Sta arrivando l'inverno o è già finito?
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Passaggio di tempo
Se il rosa ciclamino si confonde col cielo vuol dire che tutto è grigio?
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acqua e fotoni
destino è quel mare. se un’onda solleva dubbi, la risacca li dissolve. acqua e fotoni - da sempre - sono segni più che sogni.
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espirazione
camminare o correre piuttosto che un affannoso respirare
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Haiku senza titolo
Solito sole. Altrove nevicando sui desideri.
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Il nulla e le idee
Quando lessi la parola nulla, non la pronunciai. Ne risento gli echi e gli echi non sono il nulla. Nel buio rivedo le cose e le cose non sono il nulla. Il nulla scaturisce da altro nulla. Nel nulla tutti i nulla si attraggono. L’illusione di capirlo, oppure farlo: non ho nulla da fare. Negare non è il nulla. Forse scrivere del nulla rende l’idea. Ammesso che il nulla si possa ideare. Le idee sono il nulla?
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Natale
Il bandoneon conferma: danzate e soffrite con gioia.
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Alla fermata del 200
La badante ucraina e il suo amore italiano: "Ho preso cafè coreto se no cadevo". E’ arrivato il 200. L’ucraina: è il 200? L'autista: è finita la corsa. La badante al telefono col suo amore italiano. Infine è arrivato: non l’amore, il 200. Nel buio della sera è scesa con le buste e il suo amore italiano nel cellulare.
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Invito
Scrivere, vivere, essere poesia: un'intermittenza cardiaca. I piedi restano freddi nello spazio tra buio e vuoto. Frughi nelle tasche: uno spicciolo, una carta stracciata, un invito a bere. Quando il giorno è alla fine, nessun poeta è in giro.
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La distanza dal mare
Dissero: Se lascerai il mare verrà l’oblio. L’oblio è la distanza. Dal mare e dall'anima. Dal mare e dalle sue mille voci. Non potrai portarlo con te: è il silenzio più forte che esista. In un silenzio superiore potrai confonderlo e anche perderlo. In un silenzio normale sarà il canto universale.
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Non pioverà
Nel fruscio, cercare una parola. Nel vento, una carezza. Cogliere nel verso della cornacchia una lacrima, la giusta distanza. Spiare la pianta, il cammino ritmato della foglia. E se albeggia, non pioverà.
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Alla luce del sole
Oggi il sole è così netto che la pioggia vorrà sfidarlo. Pioverà alla luce del sole.
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Sul fiume di sera
Stranamente, il fiume era pacato. Rifletteva volti perplessi. Le foglie facevano ombra: buio nel buio. C’era nell’aria una dolcezza come di primavera trattenuta. La solita luna azzardava un gioco: l’altalena.
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L’orologio
Leggo tra gli eventi un moto non uniforme tra le tangenti del probabile e dell’incerto: fuochi appiccati da esche bagnate. Osservo la discontinuità. Tu lascia gli scranni dell’imparzialità, scendi al mare della soggettività. Accorda il tuo monotono battito al tempo ritrovato.
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Ho un lago nel cuore
Ho un lago nel cuore largo e profondo come quando ascolti il silenzio. S’increspa di sera se si specchiano le nuvole. Di nuovo placido e chiaro al mattino perché sulle sponde si affacciano alberi e ombre. E’ un lago che tende a esondare. E’ per questo che intorno vi crescono fiori.
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Un filo lunghissimo
Era scritto sulle pietre di mare, nelle ombre del canneto, sulla scia del migratore. Appariva come un filo lunghissimo. Che cosa può il tempo? Se pure scompaginasse le vicinanze o tentasse il disincanto.
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Surreale
L’alba è un calice di incognite dentro la certezza del sole. E man mano che rischiara, tra i rumori del giorno, respiri l’essere qui e ora: surreale più del sogno.
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Settembre
Settembre ambivalente! Promette il compimento dello spreco estivo. Pianifica la metamorfosi. Ha i piedi d'acciaio, è carne e azzurrità: settembre concreto.
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Unicum
Paura di volare: che il volo non sia troppo breve! Alle spalle, il deserto. Mare e cielo: un unicum.
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Aeriformi
Vogliamo parlare di emozioni? Del loro essere racchiuse tra due dolori - proprio fisici-. Del loro divampare tra terra e acqua, al limite? Di come si insinuano tra una carezza e un pesce, sgusciando via con la musica? Sono aereiformi. Allora parliamo di incastri, di crepe e di generose esondazioni, di crolli e di spazi liberati. Vogliamo parlare o camminare?
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Le sorgenti di Egeria
Sgorgava la sorgente tra argilla e pozzolana. La falda si è sfaldata, l’acqua non s'è acquietata, la pozza puzza, l’argilla non si espande. Da secche lontane e mute, l’ironica Egeria s'avvinghia a un albero : bestiola in amore.
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Sapienza
Due gatti, con sapienza, aggirano se stessi, non osano. Silenzio strategico.
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A livello d’uomo
E' al livello dell’uomo. Da lì puoi soltanto riemergere. Nudi, ci si affida. Ci son giorni in cui è intrattabile: è opportuna la distanza. Ci sono giorni di non-detto: è la sua eterna lotta col vento. A fine giornata, vince la battaglia, non la guerra. Atavica fascinazione! Illudersi di conoscerlo può essere strategico. Ma a lui consegneremo le nostre ceneri.
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Origine
Dicono sia al lavoro. Un lavorio, più che un lavoro. Dovrei cercarlo. Verificare le rispettive evidenze. Riguardo alle chiarità, non ci sarebbe nulla da verificare. Riguardo alle torbidità, non scaturiscono da un'intenzione. Riguardo alle verità, infine, esse affiorano altrove. La sua anima è una conca. Dall'origine dei tempi, qui in fila per immergerci. Oggi, all'alba, l'ho reincontrato. Poco lontano da me, un insetto sta lottando per tornare a volare.
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L’ombrello
Un blues e un ombrello bastano a vivere. Se il sole è coperto e la pioggia minaccia, il blues si apre, si spiega, si chiude.
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Il sorriso di Anna
Quando muore un’amica, tu pensi che tutte le vite hanno avuto un senso: cercare il sorriso, trovarlo. Sorride anche la morte: in lei ogni cosa ha esattezza. Mai il sole fu più fulgido, più fina l’aria, più sonori i passeri. Senti? Dicono: aspetta. La stanza di luce, la strada senza curve, l’acqua chiara e serena. La vita è questo cerchio di nomi.
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Annaspando
Lo sguardo vicino e l’amo lontano. Inconsapevole una barca solca il mare. Di grazia. Un’onda porta via. Il male/mare ha aggredito.
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La metafora della pioggia
Qualcosa risuona a tratti tra noi e questa pioggia. Senti? Produce battimenti. Alziamo le tende, beviamo, è l'incontro con l’origine, materia trascendente, paradiso! Se smette di piovere, avremo sete.
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Un rumore uguale
Il pensiero - a volte - è come la pioggia. Ha piovuto tutto il giorno. Cantare - a volte - è più forte della pioggia: Ha piovuto tutta la notte. E’ stato un giorno di musica, pioggia pensieri e dolori piccoli piccoli.
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L’alibi dei matti
Neppure l’alibi di ferro dei matti. Loro fingono di dormire, invece accordano il sogno con la realtà. E si svegliano cantando!
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Il nome delle cose
Non date un nome alle cose: seguitene la traccia, l’odore, la mutevole luce tra mare e memoria. Piuttosto vivete da sconosciuti, fuggite e riapparite: cioè tornate.
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Pesce volante
Non scavo l’anima ma mi rattrista l'aver dimenticato. Sugli asfalti corrotti contavo i tulipani. Le campane delle chiese erano avvisi. Dalla finestra immaginavo cupole. La poesia era l’alibi della mia solitudine. La memoria, l’antidoto di ogni risveglio. Nel piegarsi della foglia, coglievo autoironia e riflettevo sulla caducità. E non c’era alcuna colpa. Poi credetti che il Progetto di Vita coincidesse con l'Ordinario. Decisi di non cercare in profondità, perché siamo solo lineamenti del nulla. Piuttosto ubbediamo alla forza del corpo e alla sua debolezza: ogni cosa è infine molecole e atomi. Sacre particole. Allora stare in superficie come un pesce volante.
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Acquaterra/acquacielo
La luna è una lama. La musica è sospesa finché la p(i)ena non vi attirerà, acquaterra/terracielo, con morte certa.
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Tra la polvere e i colori
Il cielo muto, le nuvole prolisse. Incostante il vento, resilienti le foglie. Dal fuori al dentro, tra la polvere e i colori, il divino nulla.
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Lonely stranger*
Devo essere invisbile! Lungo le strade affollate, strisciando sulle mani e sui ginocchi, con gli occhi graffiati, li vedo bere e mangiare mentre io chiedo libertà. Anche io ho sete e fame, due volte al giorno. Essere straniero, e solo, è ben oltre il mio debito. Se sia questa la strada, non so; la continuo. Nessuno mi incoraggia, non farlo neppure tu. Stai soltanto dietro. Qualcuno dice: salvati con l'elemosina. Rispondo: dammi un’occhiata mentre vado via. * tributo a Eric Clapton: Lonely stranger
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Il croco
Guadagno centimetri verso la bellezza ma mi piove dentro: non la vedo. Un croco violaceo davanti al vento di mare. Cosa ne sa dell’amore?
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Il tradimento della neve
Il mostro non era uscito. Faceva credere di catalizzare una nuova innocenza. E’ stata la neve a tradirlo con un’apoteosi di romanticismo. Ma non era catarsi nemmeno quella: si sono riaccesi i fuochi! Il paradosso della neve. La sorpresa, la silente paralisi della terra, la terra bruciata dei buoni propositi... e poi il dileguarsi beffarda, di più: cinica.
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La crepa
Io provo vergogna per la morte civile, piango per l’uomo tramontato a se stesso, per le sue spoglie sparse come rifiuti. Io provo vergogna e piango per l’uomo e per la donna, per il degrado e lo sterile caos, per la libertà monca, per ogni materia accumulata e poi gettata. Io provo dolore e m’indigno per la fine dell’uomo sociale, per l’uomo inappartenente. Nulla salvo se non la bellezza della crepa nell’albero.
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Passeggiata
La barca rientrava e noi tramontavamo. Le parole evaporate: espirazioni, al loro posto. Da qui a lì pochi metri ancora, un bagaglio ridotto in coriandoli. In acqua un gabbiano con la prole. Prima del buio, tutti bisogna rientrare.
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Fantasmi
Apparivano con la luna piena o col mare in tempesta. Al mattino tornavano in latitanza sui tetti. Ritornavano nell’ozio, sull’orlo del vuoto, nel bel mezzo di un convito. Arrivavano leggeri, partivano con bagagli traboccanti. Con zelo puntuale, attaccavano nella calura, tormentavano come il solletico. Nella routine, incogniti, ma pur sempre attivi. La sostanza di cui sono fatti non esiste in natura; è una linfa immateriale. Se fantasmi, furono buoni. Agirono da esperti nel rimettere a posto le cose eliminando polvere e usura, sparendo a lavoro finito, con un fischio leggero come un mezzo sorriso.
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Stagioni
Se sia più poesia l’ultimo ramo stecchito d’inverno o la gramigna spuntata anzitempo, non so. Le stagioni s’incontrano ai piedi dell’albero. Freddo, la linfa che ripete il suo giro, poco altro ha da fare, uno che è avvezzo al volere del cielo e inchiodato alla terra.
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La storia delle storie
Sembrava che fosse Natale tanto era gravida l'aria. Ma non è la Storia delle Storie, non è la storia di Natale. Piuttosto la storia di certe donne abbandonate, e di certi uomini che abbandonano. Le trovi in piccole sale da tè in cui servono dolori ordinari in tazze di fine porcellana. Tra fatti successi e sogni in-successi, sono come i fili di un ricamo: un’astrazione.
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Ciò che avviene
Ripenso il tuo sorriso e il tuo sguardo irrisolto. Il tempo ha aggiunto sarcasmo. Ciò è perfetto, è reale. Anche noi siamo perfetti e reali nel nostro dolore piccolo piccolo.
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Piove, e se piovesse per sempre
“Piove, e se piovesse per sempre”* sarebbero le contingenze: di qui la terra, di là il mare. Lo sforzo di non lambirsi. * citazione da Pierluigi Cappello
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Il cieco
Una poesia del bisogno: sete di sole. Una poesia dell’esuberanza: canto per me. Il cielo è una nuvola che un cieco attraversa è una poesia della speranza.
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haiku
in armonia due cani e la padrona la palla e il sole
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Trasformazione
Mi appenderei al lembo labile delle nuvole per essere come loro forma e trasformazione.
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Helianthus annuus
Vorrei parlarti dei girasoli. Della loro ostinazione. Fieri al mattino, sorridenti alla notte. Con un piano preciso. Esportano gioia dal basso in alto e fuori. Aggiungono luce all’imbrunire, all’alba si liberano. I girasoli, ignari di poesia e ogni parola. I girasoli, semplici manipolatori di paura.
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Osservazione
perfettamente straniera a me stessa, e con sguardo neutrale, assito alla pioggia che cade sul senso generale delle cose.
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Ultimo atto
Dietro le finestre le persone mangiano in un silenzio buono, come se leggessero un libro già letto. E' sera, e il racconto potrebbe concludersi. Voglio ipotizzare - tuttavia - un cambio di scena, un inspiegabile colpo di scena: un'onda anomala.
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La materia universale
E dunque rimani: il passato è appartenenza. Ci si ritrova nelle profondità della memoria, all’origine delle fibre che ci costituiscono. Ma la materia spesso s'infrange sugli scogli dell’umana dissimulazione.
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Inquadratura
La luna prova a inquadrarli, per un attimo sembra rapirli. In fondo alla curva appare come una schiuma: i pensieri taciuti. Persino l’istinto si spegne. Se qualche rivendicazione c’era, non c'è più. È proprio allora che i gabbiani guadagnano la scena.
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Due cicogne
Mare e vento. Due cicogne su un tetto rovente. Il loro volo risoluto: come un pensiero acuto.
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Il lusso della poesia
Quando arrivava, emanava lo stesso silenzio dei cortili d'estate, interrotto soltanto dalle cicale. Non si attendevano eventi, si gustavano i dettagli: il pignolo ripetersi della fisica delle onde. Inconsciamente, si fluiva. Che si fosse come sospesi tra coscienza e desiderio poteva riguardare la psicologia. Rimanevamo nel non-tempo del ricordo, sceglievamo l'inappartenenza. Ci avevano avvertito: nell’otium si intuisce il probabile, nel negotium si misura il reale.
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Lassù
Visto dall’alto, il mondo è bello e ben organizzato. Dicono che lassù sparisca la musica.
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Fisica elementare
Se siamo accadimenti, cosa sarà al passaggio dei venti? E se passaggio non sarà ma solo probabilità, non c'è un verso nell’universo ma solo trasformazione: da un sasso a un'emozione. Dalla conchiglia al bisbiglio.
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Il piccione
E’ entrato in casa un piccione. Ha mosso l’aria non per volare ma per camminare. Quanta disperazione. Oppure cosa lo spinge a varcare il confine della prudenza? La solitudine? La fame? Non ha ripreso il volo. In assenza di vento, ha osato l’incoscienza più grande.
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in assenza
funziona in assenza. è insieme colore e rumore. è un ricordo e, come il vento, passa e ripassa. mareamaremareamaremareamaro ri_definendo luce e sapore nel buio del contenitore.
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Verifica
La bontà può germogliare dalle secche dei silenzi. E' un cinguettio, un odore di minestra o il desiderio di appartarsi. Una verifica: il tempo è generoso - come dicono - e torna a trovarti, sorprendetemente. Certi venti delicati o i rumori lontani della città agiranno senza turbarti.
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Bene dice il poeta
a Franco Marcoaldi Bene dice il poeta: cominciare a vivere. Se l'ha detto, era ispirato, non certamente disperato. L'azzurro non preannuncia sempre il sereno. Non a caso alziamo gli occhi ad ogni avvisaglia di pioggia.
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Poesia d’amore
Quest’amore-risacca. Quest’amore che non annaspa. Quest’amore che s’infrange su un’altra mattina. Allontaniamoci, non dalle secche, né dalle onde e dai marosi, ma dal sonno: fuori dall'acqua si affonda!
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Camminando nella città vecchia
Passi e gatti. Dai muri emanano respiri felpati. Il mare è grigio come il cielo. Il buio si è accomodato dietro i panni sciorinati. Che piova o no, rimarranno appesi a un filo. Anche se esci dai vicoli continui a immaginarne la luce.
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In rebus temporalibus
Ti parlai dal sonno. Sussurrai che, sì, eravamo da tempo senza cuore: avevamo disertato i luoghi delle rivelazioni. Di notte, i segni si facevano più chiari: ombra e luce in proporzione perfetta. Il fatto che mancassero certezze invitava a sognare. I sogni sembravano veri. Corsi a guardare i moti del cielo. La luce divampava spegnendo il cero del sonno. Le ombre erano aghi in sostanza di luce. Apparve una chiesa sul fiume e noi l'attraversavammo. *** Dai e dai impari il verso giusto. Comprendi che vivere fa rima con stare e persino con ricordare. Non le cose, ma tramite le cose. Ricordare o forse immaginare? Prima sommessamente. Poi arditamente: una visione, un desiderio, un volo. E si fa ordine nel caos dell’attendere. Si dipana il filo trasfigurato di eventi incombenti. *** Come sia il dopo: una strada d’acqua, un ponte sulla tempesta. E se fossi tu la tempesta? La tempesta e insieme il passaggio. Decidere di attraversare il ponte e sentirsi come galleggiare.
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Com’è accaduto#poesiapoeti
È accaduto che scendendo in strada, ha trovato il riflesso di un fiore, ha pensato che fosse un regalo e lo ha preso.
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Haiku tagliente
Pena improvvisa nel ricordo degli occhi. Taglio e_sangue.
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Primavera
Gli ultimi mucchi di foglie sotto i passi. Il silenzio certifica ciò che sarà: la clamorosa gioia del fiore. Cosa confutare alla primavera?
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polvere di stelle
una bianca espansione in a_ritmica continuità di forme e molti spiriti ignari a se stessi in giro infinitamente da era a era da spazio a spazio corpuscoli vaganti e solitari. tu e io la carne della nostra carne porzione infinitesima e straordinaria (straordinariamente in vita) dispariamo come luce di stelle, cadiamo... per poterci ritrovare?
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Il dettaglio
Vorrei anch’io come il poeta davanti alla cascata osservare i volti di chi va e chi viene leggeri e gravi non altro desiderando che la luce su un dettaglio che nessun altro ha visto né vedrà.
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Dopotutto
Attendo (a) esperienze di suono e movimento, notte, fatica e paura. Mi aspetto appropriate poesie da non confondere col normale struggimento. E qualcosa di vivo - dopotutto - mentre crollano i sogni con le cattive abitudini.
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Deve essere inverno
Nessuna parola. Deve essere inverno. Solo vaghi echi, come rughe leggerissime, Deve essere inverno, sì, questa normalità.
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Vuoto necessario
Mi fu necessario il vuoto come gli alberi alla poesia. Mi fu necessario il mare e la benedizione della pioggia. Non siamo immuni alla bellezza. Ma quanto rumore, quanto sangue e quanta grazia per essere finalmente vuoti.
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Alla poesia
Si torna alla poesia quando i capelli si arrendono. Si torna alla poesia della terra e della pioggia, degli occhi e dei vecchi. Si torna alla poesia delle madri e dei figli, a una sola parola viva. Si torna alla poesia per rimanerci, ma ignari, come prima di nascere.
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Marcella
Torno a Marcella, ai suoi occhi di cielo sotto il cielo della sua nuova casa. La casa dei petali d'argento. Un petalo-bambina tra spifferi e tendine in mezzo a bambini aggrappati alla vita come all’unica fotografia. Squisita la cena, dice Marcella ma poi... come possso tornare a Casa, non ricordo, forse confondo le cose con le case?
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quasi una colpa
lèggere poesie: una colpa! o piuttosto è utilità, un miracolo addirittura come quando il sole brucia, o il mare è indecifrabile e pensi: posso stare altrove oppure fermarmi qui
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La ghirlanda
Razza umana: strategicamente assente, attratta da ciò che è stagnante, sfasata per pochi istanti rispetto all'eternità, mimetizzata tra parole eloquenti. Evita la pioggia e la poesia, spreca le notti, teme l'alba, è in fuga perenne. Pietra d’inciampo a se stessa.
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Tre_mare
Il mare chiamò e non rispondemmo: la terra non resse, il cielo si arrese. Attendemmo. Con pallidi battiti, i cuori smagliati, ritrovammo il bandolo: a ridosso, un ulivo fiorito_
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Noi alberi
Non so se ci manchi più ritmo, gioia o profondità. Se il rumore delle foglie il calore del sangue o l’affondo nel presente. So che l’albero ubbidisce ad una sola legge: il seme. Non dubita non sceglie. Assorbe certezze terrene ignaro della sua stessa generosità.
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Vanità
Non servono specchi per riflettere. La consapevolezza è una ruga allegra.
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Al dunque
Lontana dalla poesia perché la realtà è più vicina. Non trovo una poetica parola per il necessario e il vero: Il rovescio del rovescio della stessa medaglia è: vivere. Se la vita corre, io aspetto la seconda occasione. A domanda risponderò: raccolgo l’acqua nuova nella botte nuova.
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La luce di settembre (rivista)
La cogli tra attenzione e distrazione. Un brillio veloce un avviso fugace un’idea balzata in testa. Al mattino si sparge: “Il futuro non è un campo incolto”. E si accinge all’orto. Intona un canto che risuona - invero - dentro se stesso. Sussurra: “L’aria è colma di imminenza”. Poi s’eclissa. Settembre impermanente, la sua luce svanita. Lascia dietro la sensualità dell’uva e delle mele.
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Il carrello
Ho rivisto la donna strabica. Spingeva il suo carrello con l’azzurro degli occhi. Guardava oltre l’incrocio seguendo una vaghezza o forse il filo di un suono che si perdeva nella città. Avevo sassolini nella mente e respiravo con tempo squadrato. Così è passata: una pagina di musica senza il coro.
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da uno scoglio a un albero
Non c’è distanza che non possa ridursi a linea retta. Guardate le rotte dei migratori. Da uno scoglio a un albero, dall’incertezza alla paura, dal bisogno al desiderio. Il fremito di lasciare la terra, poi il respiro del mare. Se oggi l’aria è salata e ieri era pregna di terra, la medesima luna sorgerà dallo spiraglio del futuro.
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Il sonno dei giusti
Sfidano le aquile, ridono con le rondini, scommettono sul mattino. Poi gli stridii della sera. E il fiume trascorre sotto di loro. E’ un miracolo che accada. Il volo, la tenuta, poi la discesa in una valle stretta, e gli indecifrabili fischi.
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terra promessa
dal vetro rotto sono fuoriusciti mostri a brandelli insanguinati. un bimbo grida: l'imperatore è nudo e insanguinato! la cupola d'oro è macchiata da una pioggia spietata. aleggia un landler triste nella lingua di sole consonanti. si affaccia una falce di luna. è la macabra danza dei tetti, il mare non si vede neppure in lontananza. c'è soltanto un'arida terra non promessa.
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E che, l’ineluttabile?
E che, l’ineluttabile? I cinguettii e i rantoli dei superstiti: poi, come per pudore, si acquietano nel lungo silenzio. Gli scomparsi, ritrovati sotto gli ulivi, coi sogni sbranati dal cinico sole. E che, le vite hanno sindacati? E il frinire delle cicale, appena fuori dall’urlo del buio? L'erbaccia dilaga: una coperta pietosa affinché nulla si dica del nulla. Le trattative con l’abile mercante del destino avvengono sulla tratta dei treni che viaggiano lenti. Ora smettete la musica.
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Omaggio al poeta in tempo di guerra
Parole e cadaveri Sordida realtà. Sordi poeti. E come potevamo noi cantare?
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Borges ha detto
Borges afferma che quella donna gli fa male in tutto il corpo. Borges ha detto: offro la mia sconfitta in cambio d’amore. Offro fantasmi e ricordi in cambio di verità dubbie. Borges non sta parlando di miti. Non di una ferita nell’io. Dice che non serviranno erudizione, nuove abitudini, la notte dei tempi. Sta parlando di una cosa reale: la luna piena, e tu vorresti chiudere gli occhi.
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Un testo peraltro perfetto
Osservo la tua concretezza (con gli anni si rischiara la vista):
cataloghi disillusioni insieme a fenomeni. Passeggiare con te mai è stato così: le nuvole sono refusi in un testo peraltro perfetto. Le certezze che condividiamo non ci aiuteranno a difenderci dal sole o dalla pioggia: l'ignoto, forse, medicherà le nostre ferite. Siamo particelle rispetto al tutto, foglie inconsapevoli. Non troviamo la giusta angolazione per essere grati.
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La dimostrazione
Non ci tiene lontani lo iato tra passato e futuro ma il coraggio che non abbiamo nel dimostrare il teorema dell’incastro: le nostre malattie identiche, l’essere combacianti. Così monchi attraversiamo la vita cercandoci nei libri, interrogandoci, abbinando significati inediti a parole evocative come musica, mare, vento, foglie.
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Archeologia
Il tempio precipita nel verde. Noi, scontornati da un azzurro totale, ci stagliamo giganteschi e ostinati come l’albero di fico. Il nostro presente legato alla valle, a chi l’ha levigata, nelle ere geologiche... I vasi con fiori e le nostre anime, ubriache di bellezza, si sganciano infine da ogni appartenenza.
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Plagio
Tutto intorno è solamente pioggia e Francia (sprofondati nel buio di un accordo), il futuro è un’astronave che gira il compasso del mondo. Tira vento e normalmente si amano i gatti, si mangiano gelati. Qualcuno bestemmia alla luna. Quando è inverno, si indossano i guanti senza dita. Ma poi, di tanti capelli ci si può fidare? E di musica acquarellata?
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Segni dei tempi
Le gerbere sfiorite. Dopo il rigoglio dei giorni scorsi! Correvo, tenendo a mente l’immanenza di ogni attimo. Ma inavvertitamente sono andata oltre.
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Esame di coscienza
La vita spirituale è ridotta ai minimi termini. Scabra, come un torsolo di mela. L'ho addentata in tempi ruggenti, ne ricordo il sapore e la fragranza. Del residuo, pare escano zuccheri, molecole nuove. Una rinascita, in armonia con la fotosintesi? Seguirne il movimento. Non sarà illusione, spero, quest’aria senza annunci di croci. Sa di terra, di cose umane.
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Tramonto
Un’ombra geometrica taglia in due il giorno. E' stato un giorno bello e caldo, stanotte m’imbacuccherò.
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Non come Matisse
Aggiungo altri fiori al mazzo artificiale. Il viola col giallo, l’arancio con l’azzurro. Il rosso, il fucsia. Colori e presenze: una folla. Nel teatro delle cose, tessuti tende tappeti: fermi. Lascerei tutto così, non come Matisse e la sue danza.
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L’origine
(Nella notte forziamo il non-so del cielo e infine cediamo alle consolazioni). Scommettere sul sogno. Lasciar stare la memoria. (Ogni fiume conisce l’origine eppure sceglie il mare.)
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Per
Per il sole. Per il bene. Per le assenze. Per il verde. Per un dolore sordo. Perché non ho parole per dire ti amo.
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Donne e bambini, e voci tra i veli
Donne e voci tra i veli e bambini dietro una palla e trilli di cellulari. Le vesti lunghe, i passi fruscianti con gli occhi spargendo premure di madri. Accanto sfiorando la medesima aria, mi strappa un sorriso sentirli figli e sorelle dal sapore di spezia nel dolce assoluto del sole comune.
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Allo scadere dei trent’anni
I Allo scadere dei trent’anni, dalla penombra ti consegnerò una lunga lettera come quando nel sogno si cerca di gridare e la voce non esce. E’ probabile che questa mia ti troverà in un dormiveglia dal quale soltanto ti scuoterà il lento frusciare dei fogli. I segni andranno a posto quasi per attrazione, come l’ultima tessera di un puzzle. II Per quanto sfuocato sia il finale, non sarà il tempo ma la luce a concludere. Bisognerà mettersi di lato, cogliere il barbaglio di un particolare laddove la forma totale non appare, scommettere sulla promessa, indovinare il punto di vista. III Seguirà una tua risposta. Immagino il tono: sarà autorevole. Nessuno di noi potrà dire: rimpiango. Trent’anni annichiliscono, raramente risuscitano. Mi è parso – o mi parrà? – di vedere un guizzo nell’occhio destro. La palpebra ti dava un’aria bonaria, un’espressione un po’ dimessa. Ora ti dona un’aria bizzarra ma non emana confidenza. Averlo saputo prima, il finale, non saremmo qui ad argomentare sulla cenere, coi vetri appannati e i panni ancora umidi per essere questa stagione.
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il camminante
gli occhi ai piedi: camminare e guardare. (sfonda il buio, prende appunti. talvolta se ne sta sulla punta di un ramo) ha taciuto la parola scaturita dalla notte. ha spostato lo sguardo. chi ha detto che il poeta soffre? soffre più a dire che a camminare.
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Lady Greensleeves
Il nostro tempo spendevamo in canti. Imparavamo dai nostri inciampi. Perfettamente in tempo. Gli orologi servivano soltanto per svegliarsi. Eravamo nelle cose. Le manicheverdi celavano ambizioni e stralci di illusioni. La legge non ammetteva interpretazioni. Avremmo dato - e demmo - la nostra testa in corpo e spirito: ma più potente di un amante fu la morte.
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I corpi muti
I corpi muti li tocca il vento. Venne il vento. Ne venne un altro. Ciascuno con l’eco del precedente. Sprigionavano una dolce fragranza. Erano come una medicazione.
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un riflesso di haiku
esce una luce dalla buia pozzanghera riflettendovici
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La grotta
Non ti fermerei nel gomitolo delle parole. Sconfineresti, vapore tra le nuvole. Sussurreresti al filo d’erba il segreto intermittente della gioia. Non saresti lo screzio della poesia né il rintocco dell’assenza, saresti come un canto nella grotta.
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haiku del pomeriggio
nulla si muove tranne il sole: una spada dal vetro al ventre
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essere poeta#SaveAshrafFayadh
che se ci avessi saputo fare, avrei fatto; pensare, avrei pensato; dipingere, avrei dipinto; invece dico ciò che non sapete di essere. sulla mia voce strozzata la vostra ombra risuona (è il non-essere). e ancora dico quanto è bella innocenza.
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now
tempo, coscienza di gioia: non sempre.
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Capodanno
Ritornare alle pietre, alle case serrate. (Il vento gonfia le acque). Della costa riporto a casa l’orlo. Il parto. (In verità si parte sempre. E giù pioggia). Non si avverte più l’odore del mare. (E questo silenzio solidificato)? Altrove l’anno è cambiato già. Il domani è un appello.
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natività
dormiremo su giacigli di paglia, torneremo a sentire il sapore del pane sotto pelle. aspetteremo nella penombra gli indizi del risveglio. faremo memoria. e ora spogliati, voglio vedere le vene aggrinzirsi e farsi violaceo il sangue. di gioia.
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Voi siete qui
una sorta di male che si espande, ma benigno. si annidava nella logica e nella paura. infrange i limiti della salute e alleggerisce l'anima: è il divenire.
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Ode all’ascolto
E’ tempo di ascolto. Non dei poeti. (La poesia la vorrei fare) Oppure camminare. Al respiro più intenso risponderebbe il placido affondo del piede. Insensibilmente crescono gli alberi.
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Le Langhe
Si procede a passo d’uomo. Nella cascina scoppietta l’alloro. Sui muri vibrazioni rimbalzano da antichi suoni. Si confida nell’immanente.
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haiku della speranza
a passo d'uomo nella nebbia stanando il rosa pallido
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Via Appia
Si fa dritta la strada, la prospettiva chiara. Il sole dirada la nebbia dai profili di pini e cipressi. E' sereno. I passi misurano i giorni, le basole i morsi del tempo coi suoi solchi, le levigature. Rimane sotto l'ombra delle torri il rosa del cielo: un avviso che attende risposta. Come un rumore che ora scompare. Dev’essere questa la via che conduce al mare.
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forse è meglio innaffiare
sto leggendo lo scrittore: le figure perse sotto cieli innocenti. c’è questa chiarità e un cielo esatto: tira a lucido qualsiasi realtà. un segnale, penso. ma forse è meglio innaffiare: l’azalea sta alla morte come il sole alla nostalgia.
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vetro
oltrepassare il vetro per approdare a mezze verità poi ancora fluttuare nella nuvola delle possibilità indagare la rara materia dello stupore ritornare al reale sapendo di non sapere e provando a scostare la tenda del pensiero_
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haiku caduco
d’autunno l’albero spaginato: un taccuino resettato.
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camminare
urge nuova epifania dell’ordinario. è mattina, ticchetta un orologio. ci illuse la parola, il camminare ci è dolce.
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lana
cielo giallo a (s)foglie: l’inverno partorisce. captando le doglie da ogni segnale, la grande assente chiamiamola lana.
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la pioggia prima che cada
la pioggia non tarderà. sarà come se l'estate non fosse accaduta. i sogni, la consolazione della musica: rinunciare sembrerebbe la scelta corretta. i vecchi amici, le abitudini, certi inafferrabili discorsi sul tempo - se sia fatto di materia o di soffio - non basterebbero a indovinare la natura del buio. del resto, ci sono alcune certezze: il sole sorgerà, ci affideremo a nuove persone, le emozioni faranno di noi carne da macello.
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Primo ottobre
M’interrogo sul sorriso esausto del cielo: a volte sembra dormire, a volte pensare. D’improvviso, lo scroscio. Pare dica: ci sono, ci sei? E noi, con grigi ombrelli, filtriamo il suo grigio. Finché un nuovo abbaglio un rumore un amore ci fa alzare le braccia in una preghiera blasfema.
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Silenzio e surrogati
Poi mi parla del reale. Mi fa: il reale si sfalda. Strati su strati su cui gli umani battono i piedi in una taranta ansiogena. Io dico: il reale non ha voce. Certe mattine ti attacchi ai rumori. Il respiro, la sveglia del vicino, una cosa astratta: la musica. Se tacesse la musica, esisterebbe il reale?
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L’estremo baluardo
Una lumaca dopo la pioggia. L’ambizione del vento. L’orizzonte che curva. Quattro voci a cappella. Gustare l’autunno. La fuga. La duna più alta. La prossima illusione. Ogni specie di albero. La mente debole. I bambini. L’equinozio. La relatività. I cortili e chi li abita. Estremo baluardo: la bellezza.
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Il gigantesco fiato della poesia
Ho occhi per vedere, orecchi per udire. Le rime m’innervosiscono, il mio ego si è perso allo specchio, non spiattello i dolori, non urlo alla luna, agli abbagli non cedo. Un sommesso rumore dal mondo: i morti riversi, l’ignoto sparire in un albero.
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Praga è un ragno acquatico
Io non so se siano le statue, la fierezza dei mendicanti, l’inceppare nella lingua, gli specchi. Cosa osservi, staniero? L'ombra dei cimiteri, i fregi art nouveau, I sogni delle donne? Dietro al bancone della taverna pensi al putrido del fiume o al gelo che verrà? Ti assale la nostalgia per Jan Huss ? La vecchia hussita oggi non celebra messa: e tu dove andrai? Non so se sia stata Ginger* a trascinare Fred* nell’alchimia dei ponti: si abbracciano, si respingono? Se siano le marionette o la figura di Mozart a tessere la ragnatela per i turisti. Poco ho capito, stregata anch’io. * Ginger e Fred, o Casa Danzante: così sono denominati due edifici di Praga, ad opera degli architetti Vlado Milunic e Frank Gerhy.
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Nuvole
C'è un modo di essere nuvole e di non-esserlo, insieme. Esposte, ma pronte a sparire. Veloci, leggere o cariche come pensieri, il loro esistere breve - l'apparire - me le fa assomigliare.
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Tromba d’aria
E’ rimasta una nuvola grigia (e già sfuma nel bianco) tra i palazzi dove suonò la tromba tra torme d’oscuri panni squassati. Dileguata la tempesta, con svolazzi leggeri d’ovatta, è di nuovo bonaccia. Una fresca corrente lambisce, ora arpiona lo sguardo una pigra distesa di acque. Ma sento che dietro guaisce un lamento di bestia: dalla tempesta l’estrema richiesta.
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Chiedo scusa
Chiedo scusa alla poesia perché ne ho perse le tracce nella girandola dei giorni. Chiedo scusa al vento per non averlo invocato quando l'anima era a secco. Chiedo scusa al mare per non averlo più vicino. Chiedo scusa alla terra per non averla riconosciuta né disconosciuta. Chiedo scusa alla notte quando cadevano le stelle ed ero distratta. Chiedo scusa alla realtà se ho fatto spazio al vuoto che ha annullato persino i ricordi. Chiedo scusa ai ricordi perché li ho riposti nei granai dove nulla rimane nascosto.
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Mutazione
La casa resta piccola ma gli spazi si espandono contro ogni legge fisica. Qui da me, vive l’immaginazione e si gode del mare come fosse a due passi. Lungo la strada si respira l’immenso, ogni prigione si schianta. C’è un grande silenzio dentro l’eco di questa mutazione. La casa resta piccola ma i venti l’attraversano come fosse mare aperto.
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Pessoa
Pessoa (o uno dei suoi eteronimi) sostiene che siamo cicale e mosche: anche noi passiamo l’estate lontani dalla filosofia. La sossego, sostiene Pessoa (o uno dei suoi eteronimi), in forma di pioggia o di vento, sussurrerà il nome degli amici morti. Sarà un ponte tra l'origine e l'ignoto. Non è escluso che sia la voce del mare.
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canicola
la meccanica del ventilatore: gira il passato con i nuovi e-venti. mute e rapide le pale ventilano il futuro inesplorato, le brezze impreviste, le occaasioni da cogliere al volo. nella canicola, è utile restare fermarsi tra il gorgo di ciò che è tramontato e il vortice del divenire.
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Estate romana
L’incendio del cielo percuote e dilata quest’ora. Densi fiati s’alzano dal caldo-umido. Balenano dalle vetrine barbagli di fate morgane. In via del Sudario, una donna si copre dal sole col velo. Dai sampietrini al fiume, è come traversare il deserto: ogni passo racconta l’esilio.
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la morte del poeta
a Pietro Menditto, 29 giugno 2015 il fiato caldo dei fiori: i morti di oggi... ma non sono cessati. restano al sole implacabile. altri fiori si aggiungono al cielo. un uccello migratore lascia segni di pagine scritte. si spostano le nubi al passaggio e solo infine il poeta si consegna.
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je suis tunisienne
dall’altra sponda qualcuno sta partendo, molti partirono, altri partiranno. il futuro è un mestruo. la luna nasconde l’angoscia della faccia che mai più mostrerà.
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l’ozio
minimi spostamenti d’aria nel fermo-immagine pomeridiano: sfogliare pagine, in onesta latitanza. alternare il non-sapere e il non-volere: è questo l’ozio.
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autoritratto
Fuggo dal mare per bagnare l’anima. Mi asciugo col telo indiano che mi ha venduto un Uomo.
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solstizio
nel giorno più lungo, veglio. dormirò nella notte più corta. sia così la mia vita: no no e sì sì, come ha detto uno che parlava oscuro e ci vedeva chiaro.
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Il filo rosso
Ritornano, come uccelli migratori. Catena di anelli di attimi. Solco nel sangue. Traccia di polvere. Ieri un abisso, oggi un soffio: ogni tempo inghiotte se stesso.
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La pianta grassa
Ha preso tutta l’acqua degli ultimi sei anni - dice Marcella -. e mostra i fiori sfacciatamente rosa con le spine puntate a est (speranza?) nel deserto del palazzo. Un gelsomino s’infila nel muro sbrecciato.
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Natura/cultura
Preferisco il respiro dei muri. Sto nel fluire del tempo perso, ritrovato. M’insidia un libro che ho lasciato a metà.
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Lo spreco
Un giovane timido. Cerca una luna diafana, ne trova una sanguigna. Quale spreco, di notte, il lamento dei vivi!
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Gratta-capo
Pare che le parole non abbiano senso. Ogni altra cosa ha il suo posto, il cuculo il nido il figlio la madre. Anch’io nel mio guscio : (unghie di gatto grattano . O forse è un cappello.)
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Tempo di maggio
Bianco mattino, sciancato di idee, amaro di slanci. Pagina vuota, ore abusate. Lavorìo di materia, non certo riposo. Ispido come un graffio è il vento. Ascolta: altro tempo è dato. Maggio verrà. Sugli schianti del giorno porterà un eccesso di azzurro.
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Visto dai bambini
ispirato al film "I bambini sanno" di Valter Veltroni Un grande lago come bocca spalancata. E due occhi ripieni di verde: così i bambini vedono Dio. La schiuma del mare, un brivido che si sparge come uno schiaffo. E ancora: un sorso breve mentre corri.
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Le cicale
Un pomeriggio a stremarsi. Vorrei essere l’ombra di quel loro canto, la gioia che cade dai becchi.
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Glicine
Davanti al glicine captare bellezza, vero, forza. Sfiorisce dopo la notte: pallido sogno, ologramma.
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Cipcip
Ciò che hanno attraversato: il pericolo della luce (e della cornacchia) le strategie gli appostamenti i voli l'incantevole danza il mutevole cipcip o il fiufiu disperato. Una vita in bilico tra un ramo e un lampo. Innocenti come nuvole dopo la tramontana. Resistenza assoluta.
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Compagni di scuola
Non ha senso fare ora la guerra al primo della classe. Si tratta del banco della vita, e non della scuola: chi è presente? Chi non c'è più? Studiando il vero...
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L’uccello di ferro
Planando, ogni cielo è azzurro, ogni roccia è madre. Posso chiederti chi ami, pilota? Quale distanza hai preso a unità di misura del tuo vuoto? Una casa, un albero, i tetti, le miserie, le alchimie dei corpi? Tutto in un unico sguardo: Sono punti e colori, forme di un puzzle, ma senza figure. Cosa vedono ora i tuoi occhi? Vuoi dirlo, pilota?
*
Primavera
Le antenne trapassano il cielo, esplode il giorno con lieto suono. Gli uccelli, ora muti, garrivano. E’ iniziata con un calmo consenso, si protrae sprofondando nel tempo come in un comodo letto.
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a italo calvino
Sulle città invisibili plana un tappeto volante che contempla dall’alto la propria assenza, che insegue l'inesistente, che ricorda a memoria ciò che è dentro. O forse c’era? "Per smaltire la nostalgia".
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acconsentendo
il fiume scorre, i piedi sono immersi, chi doveva parlare ha parlato: tanto basta. è muto il volo delle civette a confronto coi gabbiani. (iniziare con un non e finire acconsentendo.)
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Composizione
Ho sistemato il tulipano viola tra la rosa e il girasole: è completo lo spettro dei colori. Manca solo la perfezione.
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Eraclito e gli epigoni
Ho amato le sorgenti più di ogni altra cosa. Fiumi sono passati, ma talvolta ero distratta. Mai è stato così così bello questo fiume: la fresca rotondità dei sassi, una carezza (in)eterna Nulla cambia, eccetto me. Dunque tutto accade dentro. Intravedo una grande spianata da qui al grande delta.
*
La forma degli alberi
C’è un momento - alla fine dell’inverno - in cui stanno in un gesto essenziale, intirizziti, privi di orpelli. Gli uccelli non vi si accomodano. Il cielo è pietoso. Ma a breve il legno si ammorbidirà, spunterà un frutto molle tra i solchi. Nessuno pensi che sono impreparati alla vita, né che provino vergogna. In loro è già amore. Si protenderanno all’esterno, impudichi, come vecchie signore ancora pregne di dolce desiderio.
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happiness
fino all’ultima propaggine dell’istinto, cantarono. poi, sazi di luce, deposero suoni e ali in caldi cantucci. ora incontrano il dolore: uno screzio nel buio. ma il sole li trafigge, respirano.
*
Mia nonna è vissuta cent’anni
Mia nonna è vissuta cent’anni, con le mani ha contato lane e giorni. Mia nonna è partita in un cielo di latte, col vestito elegante e una rosa sul petto. Mia nonna mangiava pane e latte. Aveva dei nodi alle mani e lavorava, lavorava anche coi nodi. Mia nonna parlava. Parlava e taceva. Taceva e sapeva. E gli altri, li faceva parlare. Sentiva il telegiornale. Ogni tanto scuoteva la testa e la maglia, trovava l’errore ma non disfaceva il lavoro e non spegneva il televisore. Mia nonna dormiva. Dormiva e vegliava. L’ho vista dormire persino mentre faceva la maglia. Finché se n’è andata pregando di aprire le porte e chiamando Maria, che era la figlia, o forse la madre, e la chiamava santa.
*
Piccolo poema del silenzio
a una violinista scomparsa La musica? Un silenzio che trabocca dall'orecchio assoluto. Udire? Immaginare. La materia? Fusione di silenzio e realtà. Il reale? Ciò che non si può dire. Tutto è stato già detto e la vita procede anche senza di noi. All’invisibile risponde l’inudibile. La musica non pensa. Il silenzio è un violino.
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Il probabile
Ignari di essere l'universo, cerchiamo l’immagine di noi stessi alla finestra del dubbio. Il reale accade ma noi narriamo solo il probabile.
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Fisica per non adepti
Non altro che bellezza. Lo spazio curva e rallenta. Ma qui - nel tempo - si deve nascere e rinascere.
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La visuale
Ricominciare dalla luna. Rimanere nell’alone della sua visuale: le montagne appianate, i tetti spalmati, il mare senza profondità. Piccolo uomo che guarda in su.
*
la crepa
della neve mi appartiene la lentezza, ma di più lo scivolare via lasciando pulito ma qualche nuova crepa.
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nascostamente
natale coglie acerbi gli alberi nelle viscere della terra. le radici scomparse. ma ecco origina dalla parola un dipanarsi della memoria che approda infine a un oblio pago. ma nulla si vede. nascostamente avvengono cose giuste e cose antiche.
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haiku definitivo
tra nero e bianco nello spicchio di luna l'ultimo uomo
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le parole scomparse
spogliate di orpelli infine sono tornate con in testa un cappello di fate hanno sognato voli innocenti hanno cantato i suoni rimasti: gomitoli dentro una scatola
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i tulipani
tornare a sorprendersi dei tulipani coi capi chini, quasi oranti_ gioire della loro vita schiva del loro sonno semplice
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quello spogliarsi di foglie
quello spogliarsi di foglie coi medesimi ritmi (o poco dopo) rincorrendo_si piano in un cerchio più ampio - il tempo proprio delle cose - immaginando anche un altrove o forse l’origine (del distacco) nel frattempo lo sguardo posato dolcemente sulle miserie dei corpi
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il gancio
lancio un amo al cielo: è ora che si accorga della fatica di uomini e bestie, che dalle acque sollevi e governi gli agitatori di stelle, i perturbatori
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spreco
la speranza non è persa di raccogliere fiato dove l’aria manca sottile vibrazione, il fremito di un’agonia: spreco di vita
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ex-post
di quando non saremo nulla immagino e forse, sì, lo temo. non mi compiaccio d’altro che di questo spazio. se sia bianco o nero, ignoro, ma non tiepido o sbiadito!
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aprite le finestre
dei vetri non la trasparenza ma la protezione dalla luce feroce e altrettanto dal buio.
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Cosa poté infine la pioggia
Cosa poté infine la pioggia? Le vene erano secche, le crepe aperte, non c’erano lacrime. Poi arrivò l’illusione - asciutta - e bagnò tutto.
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Euridice/Alina 2
"È questa la zona in cui mi muovo quando sono alla ricerca di una risposta - nella mia vita, nella mia musica, nel mio lavoro, nei miei momenti più bui. Ho la sensazione che tutto il resto all'infuori di questo non abbia significato... Resto qui da solo... con il silenzio". Arvo Pärt Sei morto per me mille volte ma non persempre. Torni dal centro della notte, porgendo le mani armoniose a un suono verde di cetra. Ma ecco dispari, muti aspetto e sei ombra, sei vivo ancora e ti volti, alla mia voce rispondi con tintinnii rarefatti. Anche io canto e, pur morta, m’incanto. http://www.youtube.com/watch?v=pwZMzT1kpU4
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Euridice/Alina 1
"È questa la zona in cui mi muovo quando sono alla ricerca di una risposta - nella mia vita, nella mia musica, nel mio lavoro, nei miei momenti più bui. Ho la sensazione che tutto il resto all'infuori di questo non abbia significato... Resto qui da solo... con il silenzio". Arvo Pärt Discendo dove non si può sapere piuttosto essere la leggerezza di una frequenza d'onda. Dalle profondità emergono con-sonanze: così vibro nel persempre. http://www.youtube.com/watch?v=pwZMzT1kpU4
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la materia
un giorno ricompari fatto di materia acquosa, muto. il sole può discioglierti ma tu sparisci prima, eppure non sei un’ombra. la materia in te si rimescola, l’aria s’impregna, agiscono gli elementi, persino il sole si fa di lato, crea nuove ombre dalle precedenti.
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P(i)ena di luna
La luna! Stamane è qui. Stupore: è finta! Non mi ha aspettata. Rieccola, (ri)velata. Le ho chiesto: sei sola? Mi ha detto: spaccata. La mia mèta è oltremare. Galleggio e non basta la mia luce a metà.
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Il grande buio
La notte al giorno chiede complicità. Il grande buio prima di nascere, chi lo ricorda? Sempre, dormendo, torniamo alle origini. È lì che facciamo la pace con la vita.
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spirale - ad una artista belga -
l’artista belga ha spazio dentro e fuori, cammina su un patchwork di emozioni. i discepoli camminano in cerchio includendo anche le ombre, stanno nelle forme e nelle linee_ hanno radici sopra e sotto i piedi stupore
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waiting for
giorni da innaffiare notti da spolverare_ si aspetta godot... la casa è linda ogni angolo è stato svelato gi armadi aperti ecco: appare e disappare la sua testa è quadrata o forse è un cappello
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Tre rose di stoffa e una vera
Tre rose di stoffa e una vera sono insieme finite in un vaso. E anch’io azzardo che tra il vero e il falso c’è la stessa idea di bellezza.
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La metamorfosi
Me ne sto qui a cogliere metamorfosi. La pelle sa di fresco, sui capelli si annusa un residuo d’estate. Le piante stanotte finalmente hanno bevuto. E’ una fortuna trovarsi nell’istante esatto in cui le apparenze coincidono col vero.
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L’anello
La luce si è accucciata e io mi abbandono al presente. Il possibile è reale. C’è un albero secolare lì dove passo, di tanto in tanto. Le radici hanno sfondato la terra e, come un anello, si ricongiungono al tronco.
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deserto
nelle secche del giorno non cerco parole - sarebbero come sabbia, come un colpo di tosse. di sera, nella brezza, ritrovo la giusta intonazione, e mi spargo sulle pagine come un granello.
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autunno
che gli alberi sul viale si spoglino, è un vantaggio per chi ci cammina. il cielo si è abbassato tra i rami: sicuramente è l'oltre. attesa e gioia sono in perfetto equilibrio. dissolte le nebbie razionali, sparite le brume oniriche con l’ultima pioggia, il reale resta l’unico vizio.
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Alla foce
Esiste prima di me. Di là della sorgente, in un’ansa segreta, mi ha accecato il suo bagliore come un suono originario. Beati gli occhi che hanno visto, che vedranno. Eccolo, nel suo letto sfatto, i bordi sfiancati, i pioppi, i giaggioli, il giuncheto, i castelli in rovina. Non so, alla foce, se sia consapevole del ritmo che lo conduce nel suo stesso flusso.
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Le scale
Sogno scale verso la luna e una luce totale brillare sulle già luminose certezze. Ma qui si è in bilico.
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Settembre
Sa di buono settembre, è reale (o ne è la sembianza). Il passo si fa regolare, ci sono i rumori del ripensamento, la memoria, il ringraziamento. Persino la bambola, a settembre, non vive inutilmente. Qualcuno la ritrova, la mette nel cerchio. Sempre propizio è il tempo.
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Non c’è dolo
Continuava a lambirmi da lontano. La sua casa – in verità - è vicina alla mia. L’acqua allaga i nostri corpi prima ancora dei nostri occhi. A volte è il suo ozio ad annegarmi. Sempre alla vigilia di un addio.
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Immenso
Quando l’ultima goccia verde avrà tinto le tue acque natali, vorrai tornare ai tuoi sassi, uno a uno. Potrebbe succedere di incontrarsi, respirando al largo, sorpresi di sorprendersi. Scambiarsi il nome o il sale delle mani: un modo per prendere tempo, per poi errare ancora un po’. La memoria rimane in circolo come un veleno necessario. Non possiamo dirci immuni alla fatica di stare con le àncore ai piedi, condizionati, aridi, gli arti pietrificati come scogli che il mare-erode.
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Adriatico
Stesso mare, rotolando verso sud. Ma il vento oggi è da nord, fa le creste corte e bizzose. Verdi con la vocazione del viola. Scavo un tunnel con la forma del corpo. Siamo così al riparo da persuaderci che tutto è finzione. Che il finale sia tragico non è scritto da nessuna parte.
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Agosto, quest’aria che scava
E' agosto quest’aria che scava e arrotonda. Questa voce estenuata. Quest’ombra di uccelli sulla pietra. Le crepe di luce. Dalla terra senti come spingono i morti il tranquillo controcanto? Il drago, l’isola in lontananza, l’approdo infine.
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rassegna(ta) stampa
non leggo giornali, il mondo mi duole com'è: hanno sparato non ha confessato il mare è mosso si è pianto addosso quell’uomo col casco pareva un po' losco parole a vuoto è meglio una foto.
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Lulworth cove*
Sulla baia, una grotta. Nella grotta, una bambola in plastica e un ciuffo di fiori. La lapide dice che Sue è lì e che Adie, devoto, ha adagiato nel vento le sue ceneri verdi e blu. Una goccia di dolore, una virgola nel mare. Ai gabbiani sarà giunta la notizia, pare più liquido il volo. * p.s. Azzardo, da principiante, una traduzione in inglese. Si accettano correzioni. On the cove, a cave. In the cave, a plastic doll and a flowers' bush. The tombstone says that Sue is there and Adie, devoted, has placed in the wind her ashes blue and green. A drop of pain, a comma in the sea. To the seagulls the news shoud be come, it seems more liquid the flight. *** Ecco la versione di Emilio Capaccio On the bay, a cave. In the cave, a plastic doll and a wisp of flowers. The plaque says that Sue is there and that Adie, devoted, has placed in the wind her green and blue ashes. A drop of pain, a comma in the sea. To the seagulls should be arrived, it seems more liquid the flight. Grazie a Emilio Capaccio
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di passaggio qui
vi lascio i miei fiori stremati e le (im)potenti musiche vegliate sull’ardore dell’essere anche voi di passaggio.
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Dove vanno le rondini
Quando i figli partono, un amniotico silenzio protegge le loro rotte, le mete si rivelano soltanto attraverso la forma del volo. Le nuvole gonfie, l’acqua le rompe: un nuovo viaggio, un vago miraggio, una visione... e la stanza è un’astronave.
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Il cielo è capovolto
Il cielo è capovolto: piove dal basso, nuvole di terra, il mare è sopra. Gli uccelli non migrano, i fiori rimangono saldi, così le alghe rivelano segreti. Dunque non l’assenza né il vuoto, ma la terra.
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Il buio innocente
a Cristiana Fischer La bestia dorme. Dalla postura, nessuno sospetta la passione. Piuttosto la lungimiranza accanto alla noia di vederlo sempre uguale a se stesso. Un rumore sordo e fondo come un frutto di cui resta soltanto la buccia. Molti passeggiano lungo la riva nelle ore del silenzio. Qui avvengono molte vite, a volte finiscono, e rimane soltanto lo sfiorarsi. Tutto è ipotetico, niente è nitido, nemmeno la pelle ricorda. Una luce feroce circonda, e le cose tremolano, poi si inabissano, ma è come se fosse buio, un buio innocente.
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Il dubbio di Desdemona
Nel mio sogno era ossessione - al mare ci sei andato, ma non con me, la sabbia sul comò è allucinazione? Se poi la notte fingi non sia vero, il risveglio rivela la parte oscura di te: hai detto buongiorno ma io non c’ero.
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Dimostrazione del teorema
Da un punto ignoto, avvertiamo che la precisa direzione è compresa tra ciò che comincia e ciò che non finisce. Prendi la luce. Se fosse un problema matematico non si fermerebbe sul nostro lenzuolo. Invece penetra fin nelle pieghe delle nostre (r)esistenze Non possiamo che diminuire.
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non parlo (di) poesia
non parlo di poesia, bussano alla porta. non parlerò di poesia finché non disimparerò ogni linguaggio. prendi le roselline del balcone. vivono d’aria e d’acqua, semplicemente stanno sotto il cielo paziente terminale.
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libellula - a S. -
prenderai il volo, libellula, leggera sull’acqua originaria, generoso il soffio creatore. La Vita è luce, alla luce le ali, mai sola, mai soli, neppure nel buio del ventre.
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di fiori. ancora
di fronte a un uomo che muore, si tace. persino i fiori chinano il capo. ma proprio accanto, schiusa, nasce una vita: un’altra rosa chi-amata. l’aria febbrile di fiori e di odori, ma chi vede i gigli nudi e bianchi?
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il vecchio codice
tasto dolente: quello muto. rimetterci le mani. riaffiora un codice di sentimenti. il nodo si scioglie, si può sentire il fuori: aria fresca al mattino.
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la coperta
Lo zucchero si è rovesciato, i figli non bevono più latte. Li chiama un vento deciso, e colori a contrasto: servirà una coperta. Rincorro il filo fucsia, il più vivace. Vento a raffiche scuote i fili, i colori, i lavori, gli amori. Il cielo è la coperta più grande.
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la cognizione del dolore
aspettavo un’emozione, e altrove va via la vita. sotto forma di pioggia leggera, come un volteggio di stoffe. ora si apre il mattino: non posso non credere che sia speranza. da giorni un corvo ritornava sullo stesso tetto.
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poeti e poesia
tutto questo scrutare, indagare, fare rumore: non c'é presa sull’asfalto bagnato. il filo che cuce, chi può udirlo?
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Testimonianza
Non farò a meno delle mie ferite. Sarò come un gabbiano sui rifiuti. Plano sul mondo con la forma di chi ho amato. E persino di chi non ho amato. Ora ti parlo per improvvisa pietà di me.
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lattescente
radi voli d’uccelli attraversano la notte_ i nidi sonosparsi, le foglie perse. e le figlie, le dilette figlie, le stelle? una luna abnorme lattescente illumina i visi resi piccoli da un mistero che sgomenta.
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finestre
la mia musica si apre e si chiude con la luce da bocche spalancate mi raggiunge non cercata ma io fuggo verso l’a-canto molle flessuoso nel buio rumoroso dove trovo inaspettato silenzio un respiro appena appena
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si sta come l’estate
nuoto nel vuoto perché nel pieno potrei naufragare. è cosa buona la chimica di questo mondo e di universi nascenti o morenti, ciascuno in altra trasformazione. ma dov’è il vento? la contromossa verrà dal nulla?
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Testamento
Non ebbi il fuoco in eredità, ma l’aria che veste leggera. Una sottana invisibile. Altri ebbero parole e istinto. A me un cuore anemico. Un caldo-tiepido.
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approssimazioni
è vero il tulipano giallo nell’afa di giugno. (il ragazzo studia e suda). sto stirando pochi panni arricciati tra la tenda e il vuoto. (le figlie-farfalle ammarate su spiagge verdi, le impronte dei piedi conche per fioriture prossime.) tempo è passato dall’ultimo canto delle cicale. è sempre la prova generale. la parola vero, ombra buona nella dissolvenza degli atti e delle cose.
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idrapoeL
Potrei dirti dell’ultimo raggio tra le piante del balcone. Dell’energia di un neonato. Del silenzio dentro la musica. Tu lo senti questo grido? Che non sia l’eco della parola infinito? Impronunciabile, dietro la siepe, s’agita qualcosa di vivo.
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geologia affettiva
l’istante si è posato. ora. il nome - quando sovviene - è ormai roccia e non c’è pioggia a dilavare gli strati d’oblio. poi - come avviene - l’io affiora e non sa (chi) amare.
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il triangolo
- sono felice - dice il mare al cielo - io aspetto - dice l’uomo di passaggio, e conta le pietre e poi le sue lacrime piene di luce poi chiede al mare - dammene un po’ -
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dialogo
tu continua ad innaffiare il tuo silenzio io vedo il mare verde fuoriuscito dalla prigione delle parole ed entrambi si pensano muti.
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beati voi poeti
beati voi poeti da sempre non avete silenzi né parole - rimanete in grazia e con gioia mentre inspiegabile in vita si perde la morte.
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a Ribka Sibhatu
Trilla i suoi versi per la madre, nel vento caldo d’Africa la cerca. Lui le ha soffiato la schiena, le ha scaldato la voce. Mi tocca il suono della sua lacrima: si spalma sui nostri scogli.
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haiku dellidentità
cade sul foglio l'ombra ma non rimane scrivo di meno
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insonnia
se pure il sole si spegnesse,
vegliare non sarebbe l'abisso. quante notti ho evitato!
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di fiori - le mandanti -
è più facile parlare di fiori. lì stanno e si fanno guardare anche quando li dimentichi! di fiori è più facile parlare che di uomini e di amori e persino di morte benché i fiori siano polvere e fango se pure sembrino vita e bellezza. è facile parlare di fiori perché muti ascoltano e non si muovono se non acconsentono le stelle - le mandanti -
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il gabbiano serotino
lo scoppio del grido serale al mattino è svanito. dei magnifici segni, la pantomima
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penelope
corre il filo tra l’inizio e la non-fine connesso all’immutabile stare come prima che accada ciò che si è appena concluso
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Nei dintorni dei dintorni
Nascosti dietro un cespuglio in attesa dell’attesa. Il vento ci scopre la pioggia ci spruzza l’istinto di dire “tana” ed è subito sera.
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Lo sguardo
Vorrei avere per un giorno lo sguardo di Miranda, investita mentre usciva dal lavoro nelle case dei ricchi. Ora altri puliscono lei, immobile sul letto ortopedico nella camera con vista. Fuori impazzano i gelsomini, le rose già stanno sfiorendo. C’è un turista a maniche corte e un anziano che attraversa senza guardare. Ma dove sono finiti i miei occhi? Le ho portato limoni freschi, li ha voluti al sicuro nell’armadietto numero sette, un numero e una disgrazia. Solo adesso, Miranda, ti vedo. Tu dimmi se mai indosserò le tue scarpe di gomma troppo strette per i tuoi piedi rotti e per chi ha smarrito i propri passi.
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faccia a faccia
al quinto piano della quotidiana gioia - mentre essa si compie - vedo i fiori e sento il vento. pietà mi coglie, come una smorfia: faccia a faccia il nulla, e quanta pena fuori!
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Dal nuovo molo
Un'onda-schiuma di fronte alle case porta via l'amaro. Nel grembo d'acqua, grumi d'alghe. Davanti al Duomo, una croce e l'in(de)finito. Resti quello delle origini, mare mio, cuore pulsante, feto rannicchiato.
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Riportandole a casa
Aspetto che affiorino dal manto sornione salate come lacrime. Nell'oblio tutto è fugace. Le emozioni sparite. Nel mare si conservano calcaree, irrigidite lì dove nacquero. Sacro è resistere, non sentendole. Spirito potenziale. Tracce appena odorose.
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Feria
La stessa aria per tutti questi anni dietro di voi o accanto. Quando cala il vento, l’anziano scruta il cielo. Io penso al vuoto che lasciate. Ho smesso di srotolare certi fili. Quasi non li riconosco. Tutta questa felicità può stancare, tutto questo azzurro rischia di esplodere. Io cambierei la festa con un’ordinaria pasqua.
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L’immagine di noi
Pare venga fuori fresco dall’immagine che ho scelto di noi: due alberi lontani, controluce. Altri stanno al limitare di una nebbia diffusa. Indefiniti tempo e luogo. Ma sono alberi - è chiaro - quelle ombre, più piccole, più grandi, senz’altra presenza che un fioco chiarore di stelle: ad alberi e a persone risparmia il buio del desiderio. Dalle radici larghe esala l’umido respiro della corteccia verso il velo di zucchero dell'alba. E al silenzio aggiunge lo stupore del muschio.
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I miei libri
Non mi sei indispensabile, tu che parlasti per bocca mia in notti di stelle e di vento. Sei lusso tra le pietre del giorno e sei lutto di mare, inquieto sussurro. E poi alberi, fiori, parole sempre più rade: i miei libri. Inutile fruscio di pagine vissute, bellezza di un giorno d’autunno che non torna. Ecco il presente: una salamandra mimetizzata sul legno. Quando un’altra notte ne svelerà il volto?
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la profezia del pruno
a suo tempo il pruno selvatico profetizzò ciò che è in atto ora noi - civilmente - apriamo un tavolo e disquisiamo se la primavera sia in anticipo o noi in ritardo. sulla poesia.
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Confine
Penso a Ulisse, lo sconfinato, e mi dico: andiamo, è ora, la vita è tracimata
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Albero scalzo
Avrei potuto crescerti addosso, albero scalzo, avvinta come le corde di un violoncello. Invece scelsi l’aria che fugge quando cambia la stagione. Un luccichio marino, un ricordo, l’ombra delle pietre sulla sera, e i corpi sparirono con una musica quasi violenta. Se avessi la forza di un fiotto di sangue, la spalmerei su ogni istante, su muschio, alghe, neve, e tutto ciò che muove. Lì dove sei - dolori nel tronco, colori di frutti - è nudità. Ti coprirei allora i piedi come chi è devoto alla terra e alza le braccia.
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La fortuna aiuta i poeti
I poeti cantano il nulla e quanto contiene, la chimica dei sogni e dei pianeti, i gemiti animali. Un poeta tiene a bada l’istinto. Sta lavorando a certi geroglifici che appaiono sulla carne. Il poeta sospira per ciò che ha scampato. La fortuna aiuta i poeti, e non solo gli audaci. Fallace è il poeta che non scrive. E’ come un cancro. Il poeta vive di giorno e a volte riposa. Sa fermare lo sguardo. Mette mano alle cose, le muta. Non se stesso ma l’ombra, il rovescio.
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I cieli aretini
I cieli di Piero sono spigoli di vento puntati su geometrie esistenziali. Le donne, monumenti di fierezza e gli angeli, le loro strutture segrete. Santa e indiavolata intelligenza, furore di studio, trafitta di luce è la Mano e tutto dispone in simmetria. Piero dall’occhio implacabile trascina nel colore delle sue certezze. A contemplare quei cieli sapienti, profumo d’erbe e medicamenti, ieri e oggi è vocazione di Bellezza.
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Appello
Ti prego - nei carnali orecchi passi e torni con echi d’oro Tu riposi in un vibrare di farfalle - ferme le mie ali - e - ora - la supplica
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Val d’Orcia
Spianata di cielo e cordoli di nuvole bianchissime come un lungo treno lanciato in partenze senza meta lungo valli segnate. Coni d’argilla, acqua, miniere e fiero verde che s’espande metodicamente. Rapido passaggio nel tempo, riconosco il luogo nello spaesamento.
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a jan lisiecki
potrei morire in bianco e nero tra le dita di un ragazzo biondo (praticamente un figlio) lungo estatici assoli. potrei morire benedetta per mano di chi ama con le mani. potrei morire in totale dolcezza toccata da un polacco di nome chopin e da te, jan lisiecki, che ne evochi l’oblio ma sei innocente come chi è unto in spirito e materia. potrei morire ora e nulla aggiungerei alla bellezza.
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Evocazione della luna
Ecco il lembo di un antico velo. Una mano muta di cenni nella marea sconfinata, nessuna deriva. Col suo ritmo si compie la storia (per noi l'annuncio). Un grumo di farina sul piano infinito sta nel silenzio immoto: parusia.
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empatia
certi sovrintendono lavori manuali altri come bambini scoprono il mondo. certi vincono premi, inseguono l'astrazione, amano. ma i neuroni-specchio da un lontanissimo accadimento imitano la vita e la propagano.
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nel frattempo
tramonti aranciati, cene_ri austere, rare parole, vuoto di sogni e di segni. il filo tira se tirato cucendo i rapporti con gesti semplici e forse stanchi. da chi andiamo, fratelli?
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i cinque sensi ovvero la grande bellezza
tempo era che non mozzava il fiato la vista di te, generosa, in una posa che profuma d’eterno distesa. ho udito della tua grande bellezza. posso toccarti ora?
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La canzone del cotone
Mia nonna uncinettava i pomeriggi. Filavano ad uno ad uno i pensieri e restava il vuoto nell’aria sottilissima. Il respiro sollevava le ore, poi ricominciavano i polsi, le agili dita, gli occhi di fuoco. Soffia ancora calda la sua anima: “Bisogna finire il lavoro e farlo riposare sui batuffoli”. Come brezza cresceva il progetto lievemente balzando, non una piega. Sulla coperta vive la pianta, germoglia.
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Il vestito con le frange fucsia
Oggi lei è dentro un vestito con le frange fucsia e la pettinatura da diva. Inverosimile, come un fiore d’inverno. Anche il mio libro di poesie ha le pagine pregne di sgambettante primavera. Non c’è segno, odore o suono più necessario. Davanti a tali epifanie, chi può dire è solo un cambio di stagione?
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La torta
Infuso lo zucchero in_forma rotonda, la sola ricetta imparata, la dose non sop_pesata: sciogliere e colmare bisogni. Cedevole, ogni asciutta fragranza lievitando si svela. Amala e aggira l'amaro.
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fauve
è un eccesso d’azzurro Il viandante non ha dubbi incredibilmente le idee non hanno ragione di esistere solo i piedi misurano la gioia
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paradiso
quest’idea del paradiso terrestre - io te e una spiaggia -. quest’idea dell’amore. l’ora del tè. sarebbe la felicità senonché i panni, intanto, si seccano al sole. così ti sei sporto ai confini del nulla - il vento a favore - e sei tornato vittorioso col tuo trofeo bianco, madido fino ai denti.
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il contratto
chiedo scusa per questa febbre che mi sottrae al mondo e ringrazio la trasparenza della finestra oltre le quali il mondo continua il suo corso col sole in servizio a regolare contratto
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l’attimo prima della tempesta
quel diavolo nero - il cielo cobalto - esplode ma non cede. gravido d’acqua come una livida croce con liquidi chiodi.
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la tosse
mi estenua la tosse nelle secche della notte. l’umore che non scioglie l’aria in petto, la costringe. rossa la pelle, ma il vento promise più fluidi passaggi. mi rassegno al non-senso del respiro e non chiedo - credo - in chi mi ha venduto l’eterno sciroppo del domani: certo come l’oggi, sfiammerà l’ultimo abbaio della sera.
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l’antidoto
attivare la gioia dal di dentro. se cammini, la gioia procede. non così la cornacchia, impalata all’alba tragica, sopravvivendo.
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due donne buone
la gente muore di malattie cattive. chi rimane non sa pensare a niente che non sia banale. io non so dove siano andate. ma forse ci vedono loro. è crudele, febbraio, con due donne buone.
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La bellezza non si consuma
Fino a quando il silenzio, poeti, se la pioggia dilava la gioia, se segreti riposano i semi? Se ignoto parla un rumore di foglia e voi non l’udite; se non vi appartiene la festa, né l'offerta di frutti, né sorrisi; se il cammino vi appare un crinale che né luce non squarcia né fede sostiene, indifferenti al giorno e alla notte; se anche il pianto è privo di senso e il fiume tracima nel nulla e voi tutto questo tacete, poeti, chi griderà che la bellezza non si consuma? Il già detto: quale orrendo scenario!
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Troppa grazia
Stelle spente, amori capovolti. Bruciavano, oggi fanno com-passione. Di giorno: troppa grazia. Nel nascondimento: ghiacci. La pioggia si fa densa, i grovigli del cuore sono urli ma il chiaro di luna sparge l’innocuo inganno del ricordo.
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Favola d’inverno
Col sangue sbiadito dal gelo, frenano appena gli uccelli di passaggio. Comunque passano. I semi sotto il baobab non crescono al buio. e muoiono soli gli elefanti nella savana. I griot hanno smesso i loro canti dal ventre della terra. Tutto è fremente di primavera. E tu principessa senza regno né sudditi? Dov'è seppellita la tua memoria? (vedi http://www.youtube.com/watch?v=AB64wdtRLYc)
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Memoria
Colore: rosso amoroso. È il colore di chi non tornerà, parla in un sussurro cui risponde il sospiro della memoria: inconsolabile. Certo vivono: sottopelle. Chi - non vedendo - li ha sentiti, si cura con un ultimo sorso: il ricordo.
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leggere
essenzialmente aspettare l'azzurro. Oppure restare nell'anticamera un po’ traballante di un cielo che lascia solo immaginare linee parallele, sguardo e forza insieme. dignitosamente muti, saremo pazienti come chi crede - o ha creduto - che un romanzo non finisce con l’ultima parola.
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espiazione
il dolore è uguale giù giù nei dintorni dell’io dove non ti riconosci e ritorni a quella volta e non sai più nulla di questa. finché ti sovviene, come un lampo cui non segue il tuono, il cromosoma x.
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fotogramma
punti-luce nella nebbia. un’astronave atterra. l’uomo: barbuto. la donna: gattiforme. il neonato. violini e violoncelli sottolineano come a un eroe buono. come credere alle favole o alla poesia. il profumo che emana dai fiori notturni infine scompare. comincia inodore la scena. ho già sentito questa musica!
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stroke
si è scollata la membrana nello schianto d’ira. striduli coltelli confitti violentano le zolle. se il mare sapesse il fango non avrebbe il coraggio della trasparenza. ora parliamo, dissanguiamo l’abisso.
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haiku con-gelato
cielo stracciato sbriciolando il ghiaccio uccelli neri
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Euphorbia pulcherrima
Vento forte. Pulcherrima l’euphorbia resiste. Come un incendio, il pomeriggio. E accadono grazie, non sfiorisce l’euphorbia. Non sul prato su cui riposeremo, o dentro il solco dove altri innaffieranno, ma nel luogo in cui, resi docili dal presente, il domani avverrà nonostante le terrene infedeltà.
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al riparo dall’assenza
Se anche impallidissero le montagne, se un fantasma sorvolasse la valle, la notte rimane un approdo. Non un gemito, non un ricordo. Il fiume tace. Si leva una domanda: si nasce al mare per poi disgiungersi? O non è più ardito immaginare il tornare alla sorgente?
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haiku a scacchi
chiaro di luna regina batte il nero candidamente
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il folle
solo e lontano dal fastidio dei corpi, nella testa sente ticchettii - ciò che resta della vita interiore - poi un ebbro silenzio. dall'ombra, poi, riceve luce e un sorriso buono a bucare la notte.
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il pesce-farfalla
la volatilità del pesce-farfalla e la mollezza di un bacio rubato tra una lacrima e un voltafaccia. in dolce agonia, ma guizzante d’amore (dissimulato) nelle rapide sparisci?
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La casa sul lago
Le quattro del mattino e non ti pensavo prima che mi prendessi nel sonno, sogno nero con postumi di luce. Vorrei essere uccello - ricordi? - per raggiungere la casa sul lago, scivolare l’addio nel giuncheto mormorando c’è il sole, il sole.
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Passeggiata
Il palazzo si staglia dietro la nebbia, come un vecchio castello. Immersa nel frastuono, la città non è in grado di monitorare il suo affanno. Alla sommità del ponte, non ti senti più seguito. Se entri nella chiesa sullo stradone, senti le voci dei monaci che filtrano dai muri e fino all’ultimo dubiti che sia soltanto una registrazione. Resistere all’adescamento delle vetrine è frutto di esperienza più che di ragionamento. Uno scrittore in cerca di un incipit si commuoverebbe nel quartiere operaio davanti a una bottega interrata. Oggi non c’è nessuno. I muri punteggiati di umidità parlano di cose lasciate prima ancora che accadessero. Che poi sia cambiato tutto, i muri non lo sanno. C'è un nuovo murales: è come un enorme occhio. E’ straniante passeggiare lungo il cimitero. Le piccole lapidi ordinate come fili d’erba brillano di luce obliqua, qui più esposte, lì occultate dall'ombra. Inaspettatamente, dietro la curva, appare un edificio razionalista. Sotto la pioggia che non è caduta, la varia umanità richiude i propri fagotti. Colpiscono le scarpe di due misure. A rifare la strada ci si affatica. Il passo, comunque, resta sostenuto.
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Dissolvenza incrociata
Per riunire il cerchio è bene meditare sul liquido amniotico del futuro. Poggiare i piedi sul fondo, prendere lo slancio, e risalire. Scioglierei sale tra le mani, abbraccerei il confine del mare, dal guscio dove sono scoprirei la ruggine di un santo minore. Come danzano a Capodanno due anziani in cucina, così il mio pensiero su ciò che dura.
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Fuori contesto
Ho appeso una pallina all’albero fuori tempo massimo. Sul ballatoio ho sistemato due nuovi quadretti. A giochi fermi, piove. Piove realtà. Sebbene qualcosa abbia perso i connotati, sembra ancora un mare conosciuto.
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unicum
considerando il colore compatto, chiedo come ci si orienti al tramonto fatto certo che il rosa del cielo tal quale si rifletterà - tra il dire e il fare - nel mare
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due haiku d’inverno
la tigre bianca nell'insolita nebbia colpo di coda *** soffuse ombre bianche sulle pareti come un fumetto
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Vecchi briganti
Vecchi briganti con le armi spuntate ma gli occhi cattivi. I figli - pelle di luna - venduti a caro prezzo, in cambio un po' di mare. Dai torrioni si avvista l'olio dei morti. A goccia a goccia passa l'inverno, cibo dei poveri conservato nelle madie. Il pane resta: dolcezza certa. (http://bollentispiriti.regione.puglia.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=8129:anteprima-facce-dulivo-mostra-fotografica-di-cosmo-mario-andriani&Itemid=1300328)
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commiato
Tu, che (non) mi sei necessario/a, esci dall'imbarazzo del silenzio, fatti visibile nel mare d'inverno. Luce fuori dal presepe, non trova sbocco la nuda tenebra.
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Moonshadow
La preda oltre il terrazzo, si slancia il predatore. Ghermisce il plumbeo tetto del cielo, lo rompe, elegante lo scatto urgente del bisogno. Con l’aspetto di un signore, ha sangue e passione. Le ombre le finisce la luna.
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Luna piena - una iena
Sparsa luna, così intera allo sguardo, con le fauci spalancate sul vassoio del mio giorno, ti vedo rifulgere come un sole.
Alla notte ululi dai prati del cielo, distante. China sul fiero pasto di stelle, rubi la scena ferocemente.
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L’al di là
Eravamo bambini nel giardino delle diversità. Chi troppo elegante, chi con lo sguardo naïf, chi con addosso un maglione vissuto. Se i saluti fossero provvisori lo potranno dire i sopravvissuti. Qualcuno ha persino tentato un lamento, addirittura un pianto. E anche un dispetto al vicino: “Sei tu che ti sbagli, amico”. Andai via con in bocca un sapore dolce antico. C’era nebbia e non capivo
dove fosse l’ombra e dove la vita.
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L’agave
L’agave fece il frutto: giallo sfacciato. Credeva di essere feconda. Icona dell'universale pena, bellezza estrema. La morte preannunciata dal colore.
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suonare
un brano al giorno. viene dal buio non dal vuoto, un'ombra dall'abisso, è energia, non sogno. l'odore di un corpo, l'intensità delle mani. vorrei contemplare
lo splendore vibrante del reale nel gesto vertiginoso e inutile.
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aquilarco - su un brano di giovanni sollima
sorvoli il glissando dei minuti rubati al sonno. ci sei dall’altra parte del mondo: vibrata origine, omega e armonia. ininterrotto canto, richiamo. e l’aquilone con l’archetto
forma l’aquilarco, ala di un corpo ligneo. * (oppure, unendola alla precedente, in un unico testo) Non potrei, col violoncello, essere come Sollima Giovanni, nato a Palermo. E' nelle viscere, invece a me prende le orecchie e sparisce. Lui ci parla, a me sconvolge. Sorvola il glissando dei minuti rubati al sonno dall’altra parte del mondo: vibrata origine, omega e armonia, ininterrotto canto, richiamo. E l’aquilone con l’archetto forma l’aquilarco, ala di un corpo ligneo. Il violoncello. demone seducente: e se non avessi cuore? Ignoro quando s’aprì il varco e volò capovolto nel bianco. Non potrei fare ciò che fa Sollima Giovanni. Lui è il violoncello. Io amo il suo canto lungo, leggero gioco e amarezza. Sono come chi attende il turno, muta e notturna, dentro il fodero richiuso.
*
il violoncello
non potrei, col violoncello, essere come Sollima Giovanni, nato a palermo. il violoncello è nelle viscere invece a me prende le orecchie e sparisce. lui ci parla, a me sconvolge. demone seducente: ma se non avessi cuore? ignoro quando s’aprì il varco e volò via
capovolto nel bianco. non potrei fare ciò che fa
Sollima Giovanni. lui è il violoncello. io amo il suo canto lungo, leggero gioco e amarezza. sono come chi attende il turno, muta e notturna, dentro il fodero richiuso.
*
inverno
Le radici si approfondiranno. La pioggia dilaverà le foglie/figlie. Luce e buio s'incammineranno verso la la reciproca com-passione. Apparirà una tinta d’azzurro con vortici rossi. Irromperanno festose le cornamuse. In attesa dell’inaudito, molti non parleranno. La palingenesi sarà un ritorno.
*
scricchiolare di foglie, mia vita
scricchiolare di foglie, mia vita, sotto passi affrettati: così perturbato, sconquassando - come deve - viene il giorno. espande il suo raggio tenue nel piombo compatto.
quel cane che abbaia è più triste di un pozzo senz’acqua. vieni con me sotto la pioggia.
*
Il cielo in una stanza
Da Marcella il cielo è di piombo o non c’è. Quando arriva il suo compleanno tra i pilastri occhieggia l’azzurro ma solo un istante, per non lasciare dubbi. Dal settimo piano si vede tutto piccolo ma le foglie del ficus crescono in alto. Il cielo è un grande inganno per Marcella. A ben vedere è come un mare sopra e sotto e Marcella tira le vele. Oppure è un soffice alone che libera per sempre dalla gravità.
*
fedeltà
alla notte che deflagra come voce di violoncello, a uno struggimento più fondo, a un vuoto intenso, a un dolore, a un accordo fermo, a un loop antico: torno. nella casa del non possiedo mi prese una volta e, piazzolla colpevole, dissi: non lo nego.
*
Novembre
Foglie rosse e ribollir di tini. Sentinella è il vento di rinnovate stagioni. I went into the room, near the secret heard you,
then I loved.
Voci segrete, ebbre foglie dell’intimo tuo crepitare, novembre: porti un lutto immotivato.
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d’Altro-ve
Quando nei prati del cielo saremo anime trafitte di luce, vivremo ancora in relazione? O vibreremo per simpatia? Vivi non ci trascurammo, dolci aguzzini l’un l’altro. Trascolorati, romperemo forse le catene. E ora cosa siamo: alberi troppo vicini?
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l’oggetto intermediario
è tanto che non parlo: ho perso la chiave d’accesso. eppure c’è vita sul mio davanzale, vicina che posso toccarla.
romperei i vetri. invece scrivo e batto i denti. sotto il coperchio c’è l’in(de)finito. io non ti penso, ricordo soltanto.
*
Creature
I piedini radicati alla culla. Le manine avviluppate. Sale, iodio e persino carcasse sulla riva: il bagaglio doloroso di un lungo viaggio. Così l'urgenza del crescere. Dall’acqua natale, sangue e linfa. Dal mare, incendi febbricitanti, a volte. Ma questa notte è per le certezze. Venuti dal nulla, avrete in cambio riconoscimento.
*
caduco
tocco i profili rosa dei tetti. ovatto l’interno delle finestre. dalla strada grida ancora l’estate. godo della morte della luce: piano il buio mi riscalderà. sono l’autunno caduco, e vengo e muoio ogni anno, e calmo.
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il pesce
dico il plumbeo cielo panciuto. dico i persi occhi gravidi, la luce appostata. dico il non saper dire oggi è ancora sole. dico - allora - mare nel piccolo stagno, un lungo pesce s'aggira mimetizzato.
*
la metafora
dall’astratto trarre la materia, corpo e spirito in movimento: sfiorarsi la mano è un vortice, al limite meglio un abbraccio.
eravamo nello spazio del gioco, una danza la musica l’emozione: metafora di un ruolo, non eden solamente.
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muto-cosmos
sobbollire di umori in densi vapori: c’è qualcosa di grande in pentola, gli elementi in brodo primordiale dal caos proliferano in ordine e sapienza. nel brulichio del cosmos, il tuo logos digiuno solitario stride
come un satellite fuori dall’orbita.
*
et laudes et orationes
l’ultima stella scompare nel tuffo dell’alba. nubi striano il visibile: passa la notte. non ancora s’affollano flotte e si spargono gli echi: delle lotte di ieri, visioni di abbracci di ombre con corpi. vivi si va per altra piega di tempo, stirando l’ignoto come fosse noto, candida-mente scorgendo nell’inchino et laudes et orationes.
*
Circle dance
Arzillo il cavaliere, la dama è leziosa. La coppia sotto l’arco - braccia unite - parte col destro, ritorna coi ruoli scambiati. Tempus fugit, l’attacco si perde,
la fine è arrivata troppo presto.
Si sfiorano al croce-via, breve è il turno, ecco il cerchio finale, tacco punta, punta tacco, ci vediamo al prossimo giro.
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apparenze
apparenze non vedo ma muti spessori di pietra (nemneno gli storni nel cielo). ma quella voce m’impetra: aiuto, pietà. che non mi sia tolta l'ora d’aria!
*
L’echeveria
Guarita, forse salvata, dal tempo-coperta. Si difenderà dal freddo, a dosi di caldo combatterà la menzogna del sogno. Sarà misura dell’eterno il tenero annodarsi dalle radici all'oggi. Il corpo assorbirà gratitudine. La terra non drena le ferite, acqua non passa senza fecondare. Nello spazio del vaso dura la rosa.
*
Era nostra la notte, scivolando
Era nostra la notte, scivolando come acqua di falda. Schiaffi le irte luci dell’alba, intorbidando i gesti diurni. Guardavamo i nostri ombelichi, d’altro non parlavamo che di ferite ancora infette.
Abbiamo guadagnato chiarità. Le mattine sono spari d’azzurro sulla tenda dei nostri segreti. Potremmo farne a meno, come gatti che strizzano gli occhi allo scandalo del sole.
*
Ambulatorio
Il punto di vista è alto (dai vetri entra un pezzo cospicuo d’universo). Da qui le miserie si sbriciolano, come fratture scomposte. Con materna premura, la luce inganna l’attesa... di una stampella.
Nella sala dell’ambulatorio i miei fratelli indiani ridono sotto il cielo che s’intrufola nella corsia, quasi sgambettasse. L’ora è tarda e non succede niente. Cosa conta un piede rotto quando navighi a vista tra le nuvole?
*
nuvole di città
qui le nuvole si siedono, lì soffici sbuffi in campo aperto improvvisano una danza euforica. qui gli uccelli fingono
un'immobilità contro natura, lì è una gara con gli aquiloni in spumosa esuberanza. qui la forma si contorna di scuro, lì d’improvviso
draghi accendono il mare. qui, sotto un cielo bloccato, ho provato a immaginare l'oltre
che lì ho toccato.
*
è rimasto, tra te e me, un muro d’acqua
è rimasto, tra te e me, un muro d’acqua. materia impalpabile ma puoi leggerci un po’ di noi. la luce trapassa e scivola, non distingue i colori, non c’è nemmeno l’ombra di una pagaia che affonda. le vibrazioni si fermano davanti alla prua. dove appoggia lo scafo, tra liquide crepe, c'è solo un sibilo: il tuo nome.
*
Letizia
i migliori andati via. in cielo ancora il sole, verso sera: tutto deve essere un pacato trascolorare nell’oltremare. da qui il passaggio dei vivi. il dolore, dopo.
*
tredici corpi
la guerra è consumata. sotto spoglie di colombe, avvoltoi dal ventre di fuoco, non-umani nella tempesta: odiano. sul marmo sbarcano cadaveri
dal colore oro-sabbia davanti al mare-specchio. cielo, dove sei?
si ode il canto incerto dell’ultimo migratore. azzurre rincorse soffocano il respiro. tredici corpi sommersi,
riemersi. perché hanno detto casa
un giorno, un giorno solo.
*
malkosh - l’ultima pioggia di stagione -
nuvole come onde (il mare è sotto), gli uccelli volati via. la bufera ha spazzato i dubbi e scoperto i trucchi. passiamoci il segreto come due sposi. nella grotta divenuta sacra, nudi e selvatici, spingiamo aria in su, immersi nella vibrazione del cosmo.
profonda risonanza, ricordi, l’eco dell’ultimo tuono.
un vago mormorio nel ventre. il sogno del ritorno.
*
verso l’inverno
sarebbe ora di un po’ di prosa: rifare letti, riempire carrelli prima che l’inverno avanzi. fiori d’oro di primavere poetizzarono già. qui - piuttosto - le miniere da cui si estraggono futuri col vantaggio della fattibilità. sul ponte di un nuovo giorno - con le sue troubled waters - si compia l’ardua metamorfosi. i segni si colgano nell’erica austera e nell’aranceto acerbo, e che non siano sogni dell’alba coi loro spini!
*
nella pancia del bisonte*
a M. Z. dalla pancia del bisonte Matisse preme per uscire. gioiscono in tondo uomini e donne: la danza, la musica. sei ancora Uomo della pietra,
piccolo uomo arrabbiato. cedi lo sguardo in cambio della pelle poi torni a crescere il mostro.
 La danza La musica * vedi Matisse: La danza, La musica
*
il silenzio che non riusciamo a dire - agli amici
il silenzio che non riusciamo a dire - agli amici de LaRecherche -
non torneranno i lampi che rischiarano. respiriamo contro tempo come grilli d’inverno. i lamenti impregnano l’aria come gridi spietati d’uccelli, folate di vento strappano le stelle, incrina il cielo la danza beffarda della luna. chi resiste? ma un antico racconto di donne e di fuoco inazzurra le corde di un’arpa segreta: noi cantiamo il silenzio.
*
Ode al tempo lento
Tempo lento. Avverto la lontananza e insieme la prossimità, vedo nel piccolo l’immenso, di ogni cosa l’opposto e la sua ombra. Tanto potresti, srotolando un tappeto di libertà ma inerte è la forza che sprigioni in placido divenire. Torre nel deserto, nuvola chiara nel cielo immoto, non ti consumi. Penetri il mistero e vi dimori nell'impermanenza di una quieta felicità.
*
respirare
nulla da dire: litanie. non altro che continuare dentro/fuori fuori/dentro, labora et ora. qui et ora. voci d’argento - da quale limbo, dove andiamo fratelli? - niente più vale dello stare soli nel vetro del chiostro: fiori, neve, abbandoni. nulla da aggiungere, respirare.
*
14 settembre
Ti ringrazio per il miracolo della Carne e della Fonte. Se il nascere coma la sete, viva la vita! AcquaViva. Rinasca dal deserto della Croce nel giorno dell'esaltazione.
*
crudele
come il sole sulle macerie di un terremoto. crudele e inutile. sarà per questo che ogni fiore nel buio si chiude, non muore.
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sto per rimettere mano alla ventiquattrore
un grigio lenzuolo sulla città. una manciata di minuti all’autunno. scocca l’inflessibile senza siglare accordi con l’ imminente troppi colori feriscono, ma l’azzurro che riporta a casa. i sogni stanno in scatole piccole.
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del senso
Ci manca saper aspettare il primo riflesso del sole. In anticipo sulla luna, quasi sempre ci addormentiamo prima. Di tutto ci facciamo una ragione tranne del senso.
*
Un poeta di valore
Vale di più un poeta che parli di morte. Che almeno abbia toccato un cadavere. Uno che scriva l’enigma del ridere nei geloni delle ossa. Che disseppellisca la carne sua. Riconoscerlo dalla forma delle ciglia, dal segno d’aquila sulla fronte, dal sole che mugola sull’argento dello sguardo, può squarciare il tuo occhio.
*Arben Dedja, nato nel 1964, medico e poeta albanese,
vedi http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/poesia/kuma13dedja.html
*
fuori stagione
è tempo di celare le parole sotto le zolle, scordarle affinché crescano. saranno parole giustificate.
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Ragazzo afgano
Porto via i tuoi occhi timidi, ragazzo afgano, e il riccio dei capelli, il tuo francese rotto e il sorriso ingenuo tra i volti di Les Marolles. Ti restituisco i miei orecchini con le rose, l’oro antico della tua memoria, piccolo fiore appeso al sogno cosmopolita. A Bruxelles luccicavano al sole, dentro il velo del pacchetto, i saccottini di verdura. Luccicano i fanghi de la Mer du Nord, nelle tue notti senza luna. Tu, ragazzo, hai tempo per dimenticare e io per ricordarti.
*
meteorologia
netto e chiaro questo cielo di piccoli sudori e grandi rigori. il mare è alle spalle, c'è un avviso di nuvole: tenere ansie di fanciulle.
*
f-r-inire
le incongrue cicale, il rumore che prende alla pancia. cantavano. tempo è ora di consuete faccende sotto nuvole e pioggia.
*
urbi et orbi
città vuota. nell’implodere sordo dell'asfalto, ciascuno con la sua benedizione. una maglia nera sbattuta dal vento:
la smorfia perenne del mare: una maledizione.
*
festa
tre rose tre colori tre corone tre maree tre angeli tre ruote tre cantici tre lune
danzate nelle stanze dell'amore toccando immergetevi consumatevi sperando
*
v-ita est
dolce è la notte e non ti ho sognato. c'è un azzurro che penetra e un rosso che irrompe. non ti ho amato abbastanza da bere questo liquido sole nel mare di gelo.
*
Le tende di Aleppo
*
Casa per ferie
Bianco mediterraneo: qui va il minimalismo. Preferibili pareti cangianti, per orientarsi col sole. Il lungomare è una retta, accompagna finché ci si perde. Con finti rampicanti, la terrazza si difende dall'eccesso di iodio. La sera si rabbuia come un ricordo. Una sostanza si attacca alla pelle, sembra manna. I vicini: alcuni non sono più. Resite il musicofilo e la sua casa le cui tende si gonfiano a ogni cambio di disco. A metà mattina, poi, si è già stanchi come feti prennemente immersi nella liqida (ri)sacca.
*
Safari
L'amica in partenza. Io resto a vegliare - solo per un po' - se le cose crescono o si assestano. Lei starà in un lodge spartano. Io rimarrò su questo alto-piano sul mare, all'incrocio dei venti. Strumenti, più che fini. I leoni a confronto con una specie innocua: gli umani. Lei toccherà l'essenza delle cose, metterà in tasca i tramonti. Io nel mio vestito di casa, farò senza, penserò a lei. Le acque si incontrano tutte. Così si spiega l'odore che sento, di un'esotica pietanza.
*
alimini - baia dei turchi
si levano fuochi dal filo purpureo dell'orizzonte, un urlo tinge l'acqua puntuta di scogli. oggi lambisce la baia dei turchi un diamante accogliente. nel mistero del corpo bagnato un abbandono mai conosciuto. fossi nata pesce sarei beata in questo mare.
*
Effe come ritorno
Dalla fuga non si fugge. Il ritorno è una puntura. Il sospetto di non essere partita. Il medesimo vento. Non è il mare a sommergere.
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I panni si attorcigliano ai fili
Qui i panni si asciugano al vento di mare. Sciorinare gli amori e i dolori con le colpe (se colpe siano state o se disgrazie). Cicatrizzano. Si asciugheranno le parole dette, il tempo sarà un tessuto nuovo, ben stirato. Una piccola stella toglierà l'odore di umido. La serenità in cambio di santini ingialliti.
*
Socio in affari
All'improvviso: verde, marrone, viola.
In totale solispismo, intorbidando per primo se stesso. Prima di traboccare, brontola. Il vento lo sferza, l'azzurro è scontornato dalle ombre. Io registro i suoi melodrammi, le rimostranze gonfie come vele, ogni tanto mi fermo e lo ascolto. Ma resto col mio ritmo.
*
il nido dei ragni
Una pietra esposta alla tramontana. Un cactus asimmetrico. Il mormorio dei panni al sole, una prova di forza. Un comò pieno di stoffe che mai vedranno la luce, e nodi da cui spuntano ragnatele. Infine un gatto molle. Dal suo nido, mia madre
vorrebbe migrare ma non ha parole e forse neppure scarpe.
*
D’anziani
Col cane al guinzaglio, ma pensando di addomesticare il mare, attendono. L'attesa talvolta la chiamano dramma. Oppure donna. Ringraziano per il vento, se leggero, per un sorriso: che bella gioventù! Vorrebbero possedere i ricordi ma di alcuni hanno perso le tracce. Dicono che le promesse sono cadute, che le carezze erano schiaffi, che il mare ha l'alito puzzolente.
*
autostrada
dalla nebbia emergono paure e alberi. questi scarniti, mossi appena dal flusso delle auto. le paure in agguato con lunghe dita prensili. sull’autostrada vado sempre dritto.
*
Il sassofonista*
Fa fuoco e fiamme coi gabbiani il sax di Wayne, butta suoni come lunghissime lingue, oppure carezze e rantoli. Il ritmo che pulsa è dolore ma dà gioia, nota dopo nota. Uno sputo d’uomo: ottant’anni tra martelli e corde, spazzole e piatti. E' un seduttore, ti rapisce con urli di pancia: ancora, ancora! Ora s'alza il batterista: ancora soffrire e godere. La cavea è un ventre: pieno o vuoto, è sempre una questione di fame.
*Wayne Shorter, esibitosi col suo quartetto all’Auditorium di Roma il 21 luglio 2013, vedi anche http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Proposta_Poesia&Id=2252
*
il corpo
ecco un corpo: il mio. se lo conoscessi, te lo presenterei. ma non lo conosco. l’avevo predetto: parleremo altri linguaggi. il corpo. lontano e muto.
quasi sempre in esilio. oppure ingombrante: la fame e il sonno. una forma scavata nel vuoto. la mostruosità che ieri non c’era. acqua, cenere, nascere, morire. risorgere? le mani. quante parole non hanno sussurrato? la voce. quanti visi non ha accarezzato? cosa so di te?
cosa non so di me? certi corpi non si con-fondono: cocci di bottiglia.
*
allegria
niente come un vestitino verde fa estate. alle cinque del mattino, anche se l’aria punge, il verde è caldo. come la musica che ti piace, anche fuori orario. anche fuori orario, come la musica che ti piace, il verde è caldo. anche se l’aria punge, alle cinque del mattino, fa estate. niente come un vestitino verde.
*
Senza alone né riflessi
Luna bianchissima: vi appare il volto di nonna. Nonna affacciata al suo transatlantico, e dentro la sua famiglia, sgranata all’uncinetto. Ha cenato da sola
metà della vita.
*
Il portafiori
Giallo viola lilla rosa rosso. Quelli recisi - lo sai - non mi piacciono. I gambi gonfi come corpi morti in mare. Il portafiori conosce quest’agonia. Alcuni continuano a crescere, in un attaccamento disperato. Ma l’acqua sempre si opacizza come liquido amniotico al termine. Di certi s'ignora la nobiltà. Bianchi, non spiccano sul tavolino chiaro e sono muti dentro. Destinati agli altari, con anonimi fiori di campo, - certo più variopinti - si espongono a medesima sorte. Sradicati: hanno già dato.
*
il quid di un sogno d’estate
ti ho bruciato sul canapè - ti ho poi sognato grondante acqua - ho innaffiato la rosa - è il quid di un sogno d’estate sul verde canapè ti ho risognato sudato sul canapè -
bruciavi e ti ho innaffiato - ho asciugato la rosa - è il quid di un sogno d’estate sul verde canapè
*
Questo sconosciuto
Si levava un dolcissimo vento. Sussurrando, circuivamo la notte. La metamorfosi! Una bufera tagliò le ombre al pino, il sonno degli uccelli fu profanato. Così folli in odio ci avvinghiammo. Ti finii. L’aurora ci sorprese nella luce della tregua. Non si muoveva foglia.
*
Sentinella
Sono quella delle sette del mattino. Sveglia, vuoto, pensieri. Sono quella che aggira la notte e alle campane dice: era tempo! Una stella in ritardo. La sua rotta deviata.
*
sul filo del bucato
vite appese a un baratro come panni sul filo del bucato -
mi fu donato un pianoforte. lo sfondo è quest’abisso
*
La scuola di Alwasi e Aikije
Alwasi e Aikije, adolescenti nel Niger semi-nomade. Allevatrici. E’ Alwasi la più grande. Sgrana il miglio, pesta tutto il giorno. Aikije munge. Ogni due giorni raccolgono acqua. La issano sui fianchi dei muli. Le piogge, quando terminano, si fa festa. Uomini dai candidi denti roteano lo sguardo truccato. Le donne li scelgono, scossi i cerchi alle orecchie. Oggi grande notizia: apriranno una scuola. Alwasi lava il vestito. Aikije medita.
*
Acquazzone
Infine mi è venuto a cercare. Da lontano un bubbolio, poi un bagliore sfumato, un punto e virgola nel lenzuolo che presto torna chiaro. Più santo della manna sul deserto, ti ho cercato e non sei venuto.
*
Il girasole e la gerbera
Stanno insieme da anni in collocazione provvisoria. Due fiori di plastica, senz’acqua: così poco basta a rimettere in gioco la vita. Il sole è un accidente:
non chiedono né amore né dio. Di restare vicini nel vincolo della materia. Mi è parso di vederli arrossire.
*
L’unica moneta
Tra le persone, o reti o case vuote. A volte silenzi importanti e precoci segnali d’inverno. Ci sono ritorni che si consumano in perfetta incoscienza e desideri che mai affioreranno. Né vale vivere così. Ci è stato detto che la fiducia è l’unica moneta, che siamo servi inutili, che la porta stretta s’apre a chi trasporta pesi sulle ali. E ci s’infila, allora, annaspando, in vicoli senza poesia, inseguendo la tenda del cielo, immaginando una stoffa più bella, dietro le nuvole.
*
Quasi un mito
Un fruscìo, sopra e sotto la terra, l’onda si gonfia fino al morbido schianto. La luce fa il suo corso poi si consegna. E fu sera e fu mattina.
Siamo le mani di un Dio annoiato, la sua m’bira* e il suo canto immenso.
*riferimento ad un mito cosmogonico africano: Dio, annoiato, riceve dall’Immaginazione il consiglio di costruirsi una m’bira (o sanza) e così, ad ogni suono emesso, si origina un elemento o una creatura.
*
Stuccatore
La certezza di nutrirsi (di polvere) nel girone di un normale inferno. Salvador: stuccatore. Plasma, spalma, alliscia, taglia. “Com’è triste essere poveri”. Si piega su un antico dolore come le sue ginocchia sulla materia che le mani creano. “Estoy cansado de trabajar.” L’indomani inizia prima che il sole sorga sul Perù.
*
La betulla
Apolidìa: non maledizione ma spaesamento nel nido che altri hanno eretto. Smarriti in casa nostra. Rimaniamo farfalle bianche su una betulla, mimetizzati dall’irrazionale, o in fuga - statica - da un predatore misericordioso.
*
Strascichi di creazione - dedicata agli esaminandi
Sfilano a ripetizione: chi audace, chi pavido, chi sicuro nell’inconsapevolezza. Il Cosmos li ha stanati, sgranano gli occhi.
Materia ed energia insieme, ardenti di curiosità nell’attrito del non-so. Proprio come noi, assoggettati al non sapere
che nulla si sa, abbracciamo chi similmente è tuttora in creazione per l’incredula emozione di un Dio.
*
Intuizione del dolore
Nelle celle del corpo si affaccia un’ombra più grande. Una brezza l’annuncia. Già i sogni rumoreggiano ma è muto il mio sonno. I demoni si lasciano sfiorare dall’aleggiare di un sordo dolore.
*
belgradese
Ti scrivo da un piano sì alto che persino i gabbiani si smarriscono. Non ho ancora visto il fiume, dicono sia meraviglioso quando si confonde nell'affluente come due sposi al taglio della torta. Ti mostrerei la briosità delle orchestrine, un contrabbasso restaurato, un violino che ammicca alla fisarmonica. Gente apparentemente spensierata, ma con occhi più lontani che convincenti. Qui, di giorno, sale un caldo feroce ma la sera il fresco balcanico ridemensiona tutto. Dietro i parapetti le paure sono ben ordinate in certi scaffali interiori insieme a vecchi elettrodomestici. Si teme che il tempo possa cambiare, e non solo il clima, di per sé estremo. Io non ho paura ma qualcosa incombe. Sul selciato antico passeggiare è un'impresa, gli odori penetranti dei cibi sembrano volerti occupare il pensiero, come i colori di qualche vasetto da balcone. Si affacciano da case senza specchi, con sguardi sensuali, lei porta i tacchi, lui calvo e forte. La loro lingua dura, la caparbietà degli occhi azzurri o nerissimi a confronto con un cielo aperto (ma non troppo), sembrano elevare la perplessità a filosofia di vita, giacché si è già creduto in molte cose.
*
Buongiorno
Una supplica ordinaria per il magnifico giorno. I fiori nel vaso sopravvivano alla notte! Fortemente ho voluto essere qui.
*
Clausura
Il chiostro è un tripudio di pervinche e di rose. All’ora terza angeli cantano e suonano con l’arpa elettronica sotto dita avvezze all’organo. Due uomini in preghiera appaiono dalla vetrata. Gli affreschi rivivono. In penombra le sorelle scrutano i foglietti della disperazione.
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Scene da un matrimonio
La sposa ride e fa le fossette. Sull’inginocchiatoio, rose rosse e qualche spina sporgente. Alla madre e ai parenti fuggono i ricordi dai fazzoletti. Nel giorno più bello la sposa inciampa nei patti, vede il cielo a tratti, quasi lo perde, e per sempre.
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d’invisibili scambi
avendo ricevuto, ora mi dono con azioni semplici come strizzare un abito. (invisibili scambi fuori/dentro.
minimalismo affettivo: gesti chiari.) ritorna il quotidiano. innaffio la parte più scura,
la mia ombra.
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Il giaciglio
ad Alessandra Ponticelli Conti Salutiamo le brezze. Qui i corpi tacciono, Nessuna fatica, nemmeno ricordare: è un tempio illacrimato. Salutiamo anche le nuvole viola. I sogni tramortiti, ma sereni. Si dorme, e il risveglio sa di semplice. Un raggio ci trapassa e noi, tutta luce, ci nascondiamo al mondo. Solo per poco non mi avrete, ci ha detto. Riposate.
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quasi artista - epitaffio -
Come uno schiaffo inaspettato. Poi non è detto che si nasca tutti artisti. Lo si desidera, come un cuore matto desidera il respiro. Ritratto di donna sparita. Ora parlate bene di me.
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bambino gesù
un giorno ti viene a cercare con un messaggio al cellulare. tu sbuffi - proprio ora? - svogliato t’incammini.
un cristincroce, con una macchina al posto del cuore. respira con rumore. muove polsi e occhi come girandole. la sera ingoia i colori, ogni clown si sveste. lì dove si è più esposti all’amore, la notte fa il suo mestiere.
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Un salmo laico
Il mare dietro le spalle. Dimmi: dove inizia il Continuo? La pioggia dietro le tende. Dimmi: cosa hai visto? Accorrete a salutare il Sorgente. Stelle, animali, piante, tutto il Reale, la Forma e l’Informe. Dal sangue gridano voci di gioia nel cerchio di Fuoco. Non lasciate cadere i semi della parola,
il dolore cambia l’Amore.
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A uno specchio non c’è rimedio
Uno specchio nella stanza. Fuori, la nebbia. Né alcuno mi vede. La vicina ha chiuso la porta. Esce in orari diversi. La luce devia sulla ruggine, penombra è come dire silenzio. Puntuali a mezzogiorno, loro riprendono a cantare: non consola udire un trillare di merli, passeri e fringuelli.
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Le rose del lago
Nelle acque turbolente del lago, per effetto paradosso, ogni diffidenza si dissolveva. Il merlo del salone aveva buon gioco nel dire “buona sera” agli avventori. Poi arrivò la pioggia, acqua sopra e sotto. Le rose, schiaffeggiate, momentaneamente si arrendevano. I gatti stavano in guardia. Il gallo cantò fuori orario.
S’udiva il suono sordo della caducità, una sorta di vento che increspava dal fondo.
Anche noi nel cerchio liquido: altro non s’immaginava. Dunque, le rose. Il luogo ne era misteriosamente pregno. Il cielo, tornato azzurro, si consegnava all’esattezza di un effluvio, come fosse arrivato il momento della giustizia.
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effe come cantante - omaggio a f. de gregori
effe come cantante - omaggio a francesco de gregori
e che dire di francesco, nome caro, cannone e cappello, vagone e vagabondo, guerra, ulivi, cani e fiorellini? angelo inattuale, amore nudo nel temporale, ombra roca on the road. accosta il cammino lo stesso compagno. non porta cappelli, alleva fiori: lo conosco da quando ero
una sagoma senza luce: già allora amavo la sua voce.
*
eppure brahms*
non nevica: solo un cielo cobalto. è il tema dei corni e degli oboi - la sadness dell’umanità - . il pizzicato dei contrabbassi affonda la verità trattenuta a stento il popolo che ha generato brahms non smetterà di cantare l’acqua, le cadute. * terzo movimento della terza sinfonia
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certamente oggi
ho la solita vita tra le mani, e una corona che richiede tempo e voglia. questo silenzio sgranato, questo gonfio pulsare. se ora piove, il sole verrà, con trafitture insospettabili.
contemplerò il dono - l’irradiazione -.
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Lì
tornare al passo spiccato al profumo di gelsomino alla strada di luce al docile gesto dell’erba ai baci a memoria nei labirinti della città. lì dove il vento impolvera la lingua e il sudore riempie il mare: lì passavo. lì sono nata.
*
Bianco su bianco
Infine, vuota: nessun nome, nessun corpo. Bianco su bianco, nero su nero. Né un profilo di fianchi né memoria di pelle. Campo sgombro: è libertà? L'immenso spazio del ricevere: gioia pura. Ricevere per dare.
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Qui, ora, sempre
Aria di pioggia. Gli uccelli in allarme.
In quale elemento ti mimetizzi, qual buon vento ti trascina? Il mondo è un altare: ogni fiato un amen.
*
Inedita
Non sapevo neanche di averlo. Dicono il primo caldo, gli ormoni, roba chimica, forse glicemia. Cent’anni accanto. Troppi, da far male l’anca. Poi sento che stiamo su un filo. Mi pare di sentire un profumo che parte da dentro.
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invidio gli uccelli
per il volo incosciente, per non stare coi piedi sul presente. perché aggrediscono il vuoto, anticipando la perturbazione. con la stessa ostinazione, noi mangiamo tranquilli
nei nostri nidi.
*
Consuntivo
1
Un sogno che non si è sognato, un risveglio nel caos. Il sogno è rimasto im-potenza, il caos si è poi dispiegato. Busso e aprono, come torna al nido l'uccello.
2
Quando il vostro rumore prese il posto del mio pudore, l’amore vinse la passione, si fece concime. Fertilizzaste il mio spazio, togliendo potere alla solitudine. Tra tutte le voci, scelsi il mormorio della vostra giovinezza e me ne feci scudo. Ora invece il vuoto dei corpi. L’oggetto del desiderio resta chiuso nel suo riserbo, la vita si espande.
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L’artista e la sua opera
E’ un vecchio trucco dell’umanità condonarsi la pena dell’ignoto. Se avessi le mani di Bollani, per esempio, andrei fiera per le strade del mondo. Mi concederei ai crocicchi per voluttà, non per bisogno.
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stefanobollani
perché gli uccelli cantano? cosa c’è nell’orribile grido del corvo? è una lingua, la loro, o una musica?
tersicore è leggera, feroce il daimon di stefano, il saltimbanco.
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L’amore si vede dai gesti
La coperta pende da una parte, il lenzuolo ha una piega non geometrica. Risistemiamo le cose come prima della pioggia, raccontiamo l’antica bugia della primavera. L’inebriante odore dei gelsomini sul putrido della carne, gli spiriti e i muri scorticati. Gli alberi eseguono l’ordine e tu, mio simile, non prendi parte alla festa? Non senti l’eco delle tibie e dei cembali?
*
La cornacchia e la visione
La cornacchia col suo verso e questa tazza di caffè abissino. Il tuo volto muto e l’attesa di un pensiero giusto. Non sento, non vedo. Sto tra le quattro mura dell’ignoto, sotto l’ombra fresca di una nuova visione: un gioco senza scopo.
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Il ribaltamento
Ho provato a lanciare un ramoscello: risale il fiume.
Il ramoscello, contro la corrente. Così il reale si ribalta: il cielo in basso, in alto il fango. S’ignora, tra desolati capanni, quanto manchi al mare. La sorgente è lontana,
tra le cose non c’è giustizia. Poco più in là appare un alveare umano, macchiettato di pioggia sabbiosa, intima e triste, lava le rive, lascia stracci sui rami. Nel contesto immutabile, la materia, coi suoi tempi, lavora. I passi sul morbido: da qui s’intuisce il verde e lo si desidera fortissimamente.
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la materia oscura
non-luce, la faccia dell’Altro, la pudica metà della luna, la rete che tiene le stelle. e giace sotto l’atro potente del cielo l’umile terra cieca: chiara materia.
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le doglie
il silenzio finalmente attendo una debolezza del cielo - uno scroscio improvviso - sì che lo sforzo del parto si cambi in canto.
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Pazienza
Sul dorso della mano, la parola amore. La pazienza di colui al quale il fiume nulla ha restituito, nessuna ipotesi, nessuna mediazione.
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La malta
E’ sorto un palazzo tra il giardino e la scuola. I pini facevano ombra, lavoratori anche loro. La luce dovrà cambiare strada, la terra si raffredderà. L’orizzonte sarà l’angusto spazio di una libertà solo interiore.
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Estate
A volte serve un taglio, delicato ma intenso: i frutti maturano al sole.
Ora esco, la spoglio le tiro giù la maschera e le dico ti voglio.
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Interrogarsi sul senso giacché
a Nando Battaglia
Interrogarsi sul senso giacché tacciono le voci. Sovviene un tempo nuovo. E noi siamo sotto una màcina leggera
come chi sale controvento, tra fiori e polvere, sotto il cielo irriducibile.
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L’opzione
Sto dalla parte di ciò che non ha attecchito, nel canto strozzato, nello stridio che straccia il cielo. Sto dalla parte di chi non sorride, nel volto ignoto, nel parlottio oscuro dell’insetto scampato all’olocausto. Non sto nel cerchio, non oso. Brulicano avvinghiate le foglie nel vento. Lì anch’io inquieta di-vago.
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il tamburo
se potessi nel tuo pensiero conoscere la consolazione, se negli spazi immensi tra le molecole potessi fare un giro e ritornare, non sentirei quest’ombra pesante battere a vuoto sul tamburo universale.
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L’oblazione
Sorelle, tanta bellezza non perdona. Né il tenue profumo dell’oblazione - grazia sull’inferno dei vivi - cambia il senso del vostro morire.
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Le scarpe
Un giorno d’aprile, alla luce del sole, appaiono dodici rose spremute d’arancio. Con le mie scarpe nuove chissà dove sarei andata se dodici volte e ancora dodici non m’avessi sorpreso con un succoso tramonto e le tue scarpe usate.
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Il pulmino
Nel bicchiere trasparente, bene in vista con tutte le spine, le rose non sbocciano ancora ma da come si muovono le foglie s’intuisce un certo sollievo. E’ passato il pulmino dei bambini disabili. Alcuni dormono, altri sognano limpidamente un contratto a tempo indeterminato
con la primavera.
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Con-giunti
Andiamo a braccetto coi nostri discorsi, i figli, il lavoro, i fiori che non prendono, il vaso di ceramica. Con-giunti alla traversa degli artisti, si alleggerisce il passo. Siamo in vacanza, la valigia piena di casualità, il cielo finalmente terso/perso.
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Il mio amico Derek*
Derek dice: le cose non esplodono, si trasformano. Io dico: c'è puzza di bruciato nel pane. Derek dice: dopo Beethoven, la musica è nel silenzio. Io dico: sarà uno tsunami. Il suono di un fiore caduto: più forte del tuono. Quanti capelli cadono ogni anno?
Sbiadisce la carne se lontana dal sole.
(* Derek Walcott, vedi http://www.larecherche.it/testo.asp?Id=2104&Tabella=Proposta_Poesia:)
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la notizia
Di colpo la notizia che Dio non è stanco di noi. Mi ha colto in mezzo agli aquiloni, sulla sabbia bagnata, presso un mare tumultuoso in direzione contraria ai pensieri, come un boato tra morte e rinascita.
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aprile impercettibile
"... proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?" (Isaia, 43) aprile impercettibile vieni con grazia lieve dagli spifferi. frizzante di mare, pungi le guance. sposti gli sguardi verso su, spaziando tra venti antichi e freschi desideri.
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per lei non avevo mai pianto
quel rumore di meccanismo rotto, il cedere delle ginocchia. poi il silenzio si attacca alla pelle come una benda sulla crosta viva. forse non l’ho guardata. la guerra appiccata dal freddo ora rim-bomba nella stanza attigua.
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La piazza
13 marzo 2013 Nome, che di mio figlio hai il nome pastore con croce per mandato, sono felice. Se ingenuità o disperazione, non so. Sotto il lampione la pioggia rifrange il buio con le bandiere.
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gates
guardo la rondine che mai farà primavera. un annuncio, quando viene, viene anche se difetta la fede. la voce dello speaker all’aeroporto: si accalcano per i primi posti, ma è dietro che si vede
la coda dell’inverno.
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al bar della stazione - otto marzo -
non sappiamo più salutare. la gente s’ammazza o muore d’inaudite malattie. mia nonna è nella tomba sotto il prato di marzo, la mia amica sta arrivando dalla nebbia. ho chiesto a Charles, l’alcolista, di moderare il suo linguaggio: non sta bene che nel giorno della festa delle donne mi vergogni così tanto di lui. il cappuccino è troppo scuro, sembra quasi liquirizia. il silenzio del bar a quest’ora è surreale. sotto il sole diligente avvengono le consuete tragedie.
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Il poeta e la cantante*
Il poeta era molto stempiato. Portava la sciarpa su una giacca lisa, il pubblico di donne attestava il fascino maturo dell’uomo prima ancora del poeta. Alla destra, in carriera, la giovane assistente. A sinistra, in abito di scena, la cantante. Inizia il poeta, la cantante ammicca: ora tocca alla musica. Al rinnovarsi dell’ispirazione c’è chi applaude, c’è resta a meditare. Il poeta stempiato con l’aplomb dell’impiegato e la sua poesia senza pudore, nello spazio s-consacrato di una canzone. *contributo alla riflessione sul rapporto musica/poesia
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vedetta cercasi
indubbiamente, si è nel tempo numinoso. non senti il lavorio sotto terra? al sole, fattosi perentorio, fremono le zolle. il fico darà i suoi frutti. qualcuno ora proclami a tutti (pancia a terra e grande orecchio) cosa vede arrivare in lontananza.
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L’azzurro trapassava il campanile
L’azzurro trapassava il campanile. Poco prima, squillavano campane di ogni misura. Indizi sul viale ce n’erano: la fiamma dei gerani, la mitezza dell’aria. Ma sui tetti non c’erano fiori. Non avevamo cambiato le scarpe, né dismesso le sciarpe. Qualcuno piangeva. Ad un tratto l’insetto gigantesco si levò, bianco più delle nuvole. Girò intorno al santuario. Salutato il nous, approdò alla metànoia. E noi consegnati alla prepotente primavera.
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gli anemoni
questa volta ci siamo guardati: c’è spazio tra noi per dare alla luce. dovremo pregare il sole di riscaldarci ancora, la luna di non volgerci le spalle.
il nostro albero ieri è caduto. contro l’intelligenza delle cose, e prima che scenda la neve, dobbiamo rialzarlo: fioriscono gli anemoni.
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L’ala di riserva
a mia nonna Dov’è, nella pietra, il profumo di fresie? Dove gli sparsi capelli? La Luce trapela, e gli uccelli? Che tu possa spiarli. Tra gli elfi e le anime dei marinai, tu sei la più bella. Prigioniera, ma con l’ala di riserva. Ti tremano le spalle. Aria sottile trafora la terra. Tu non posarti, vola.
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Centotré
Centotré spettri sulle croci stecchite del fiume e centotré strenui minuti. Sul fondo, stracciata, tra le insidie della sabbia, una donna. L’aspettano al ponte. Nel cadaverico letto s’immette e passa. Misteriosa attrazione dell’acqua, madre e matrigna, consumi i tuoi mostri neri.
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Storia d’inverno
Un giorno apparve, emaciato, - o forse morto - a domandare ragione del mio silenzio. Da qui non si migra - dice - si fugge. Lo pregai di restare. Sentivo freddo. Come uno screzio,
fu breve l’addio. Ricordo di aver dubitato, allora, che fosse vero. Di questo do testimonianza: la primavera era in piena stagione.
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tradimento
tangueria, e ti tradisco poesia, per un’estasi sonora. l’accordion apre/chiude l’anima. ti tradisco e tu tradisci me, d’altro t’abbeveri. tangueria, tu conosci la mia gelosia, io la libidine del tuo fiato. cambia il verso, violino,
riprendi parola, espanditi. di sussurri non è tempo. urla.
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la sfilata
vi è una strana pienezza di stelle e colori nell’aria tersa. ma la luna, la maschera più piccola, è sparita. oggi siamo più soli.
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quanto piccolo quanto grande - trio jazz -
* ai piccoli-grandi poeti gezim hajdari e lorenzo mullon
il sussurro del jazz nella notte, non ci sono parole. indicibile inganno - perché è inganno viver sospesi - e la musica il più grande. fisarmonica e tromba, grande amalgama di malinconia. non è dolore.
** il trio è Lundgren, Galliano, Fresu,
vedi http://www.larecherche.it/video_grande.asp?Id=812&
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lettera sulle rose i ciclamini e altre sciocchezze
caro, sai che m’apro con difficoltà. ma l’aria sa troppo di primavera, (uno schiaffo per chi è cauto). già le rose, in gara coi temprati ciclamini, schiudono i boccioli. sempre superbe, le rose, sanno mostrarsi. desiderate, rispondono. c’è tra loro chi s’acquieta col bacio della rugiada.
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Dall’esterno li ho visti confabulare
Li ho visti confabulare attorno alla cena. Io, febbricitante, ho pianto la mia assenza. Una luce dorata piegava su di loro, la lampadina ne moltiplicava i riflessi.
Non resterò vicina al loro dolore né ai liro amori - proprio qui è scappata una lacrima -. Di soli e pianeti è piena la volta celeste.
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napoli - rettifilo -
I vicoli respirano un tramonto tossico. Carpe diem, oggi l’azzurro era una certezza. Stasera si aggira un temporale. Nell’a-temporale, i solerti Cavalieri di Malta. Cosi stanno al sicuro le ampolle nel duomo. Nei presepi, personaggi antichi e post-moderni.
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Nostos
Tornare al crocevia, bianchi come neonati, a vegliare il sonno delle fate, a dragare il buio. La mattina, poi, dalle finestre escono i ricordi. Tutto ritorna piccolo. Al cospetto di un tabernacolo - il mare, un fiore, una pietra -, mormorando scuse più che preghiere, siamo già perdonati.
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L’idea
S’insinua tra gli spigoli, trova dimora in un cantuccio, da lì piano s’espande, prende la forma dell’io-sono. Dimentica del travaglio, si dispiega nel reale, innesca il meccanismo e va da sé: un'idea nasce per necessità.
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Gattogrigio
Gattogrigio occhiogiallo, se incroci una passante, raccontale il languore del tuo giorno, tu che notte trapassi con lame ardenti e sai durare nelle ore dure, concupendo i raggi del dio. Segreto è il tuo nido, libertà il tuo peccato.
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litania
provo a cercarti nella lontananza come fossi una luce più che uno spazio, o una leggera scia dentro un rumore di fondo. provo a cercarti nel sole, goccia a goccia trasparente come certe lacrime su un viso radioso. forse sei l'illusione di un tempo avulso, o un sottrarti al tempo stesso. provo a cercarti nelle nuvole tenui nello sfondo cinereo come fossi una parola, un'emozione. provo a cercarti nelle foglie o tra i coriandoli, nei luoghi piú intimi. Provo a lasciarti là dove sei in odore di fiume, nella pioggia che porta via. Sei la terra prima dell'orma, la misura di un"ombra scomparsa.
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quando non ci saremo
quando non ci saremo avremo la sensazione di non esserci mai conosciuti. borbottavi mentre lo dicevo in certe diacce mattine con le finestre ancora chiuse. potrebbe accadere di riconoscerci in aeroporto alla fine di lunghe piste in direzione, che so, dell’Africa. potrei allora chiederti indicazioni sul tragitto ma sarebbe come rivolgersi a un estraneo.
quando non ci saremo avremo la certezza di esserci affacciati su giardini altrui per intuire la semplicità della primavera. ciò che voglio dirti, in tempi non sospetti, è che stiamo camminando così lentamente da avvertire di ogni passo la magnifica sospensione tra l’ultimo e il prossimo. è facile dimenticarci che siamo ancora vivi, presi come siamo dall’euforia di sentirci liberi.
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Il cielo di gennaio
Formidabile spunto per sorridere e sorrido, dove è luce, tra le smorfie di un dolore piccolo piccolo. In penombra, luce è preghiera.
Cos’altro chiedere al cielo di gennaio? Ha promesso il sole, eccolo, i ginocchi si piegano. L’aria è colma dell’odore dell’imminenza.
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tarantola
salto m’allungo spiro ed e-spiro, espiando veleno inganno la sorte. il vortice prende la morte alla gola: nel pozzo santo respiro, rivivo.
così muta e cieca al ritmo m’apro, la notte ribalto in arco di viola, il corpo mi duole nell’ambivalenza: simbolicamente bruciata, risorgo.
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Il pane e le rose
Perché ha visto in faccia la vita, ha riconosciuto, morendo, l’agguato delle rose sul suo letto. Implorava “aprite le porte”, voi le deste del pane intinto nell’olio, le deste la mano perché sgranasse la paura a poco a poco. Le rose accorciano il respiro ma il suo vestito era pieno di petali ricamati da fantasmi buoni.
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d’ora in poi poesie d’amore
d’ora in poi poesie d’amore. notti languide e as-sensi, bisogni e tenerezze, baci ardenti. vaghi sogni, esotiche maree, massacri e ritorni, vite perdenti, panacee. di quelle che a prima vista rivoltano cuore e cervello ma infine svelano, al titolo amore, l’enigma delle more.
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non-verbale
ne so d’amore quanto tu di musica. ma raffinando altri linguaggi poremmo scambiaci - che so - opinioni sul tempo o questionare di politica estera. pur amanti della tana, animali sociali si è un po’ tutti, pantofolai solo un giorno a settimana. nelle stagioni di mezzo è facile farsi tentare dal turismo nella propria città, come se estraniarsi fosse un metodo per ritrovarsi. passano anni, cumuli e cumuli, nessuno scarto. quante azioni tanti frutti, efficienza pari a efficacia. ottimo - dicono - pur di non essere banali.
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la neve di gennaio
nonna, l’orologio a cucù segna le rughe sui nodi delle mani, così simili alle tue, e la musica che non fanno si trasforma in un grumo bianco. le porto alle orecchie per non struggermi al canto dell’alleluia, dolce progressione dei tuoi lunghissimi giorni. tra le nuvole e il freddo sono certa che la neve di gennaio è cosa sacra.
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alberi, inverno
della strada, ho amato gli scheletri ai lati, in inverni spirituali; i colori della terra confitti nel piombo come fossero unghie aggrappate a ciò che non possiedono: il cielo; il sole impresso sul retro delle foglie. ho amato il vento
sui cammini di sempre, le sue promesse in accordo con la gravità delle radici; la spinta verticale che si fa ponte, infine, tra ciò che hanno visto sulla riva del fiume e ciò che, dall'alto, riconoscono del mare.
*
arirang - su una canzone popolare coreana -
* a mia nonna dove il vento affonda le carezze, piango le valli d’oro di arirang. limpido è il sole, è alto il grano. arirang ti piango e poi ti scordo. ricco è il raccolto, senza lacrime si spande sul volto il canto dell’ava. limpido ruscello, arirang ti penso, nel bianco respiro dei monti arirang ti perdo. fondo mare che ci guardi, preziosa fiaba, arirang ti racconto.
*
asilo politico
mi si ruppe l’asticella della bandierina. i compagni recitavano alla perferzione, io, alle prese col legno spezzato, tentavo l’impossibile. c’erano dolci artigianali: tutto avrei ceduto, pur di farmi perdonare.
in sogno stanotte mi hai detto che sono irriguardosa: sistemavo aghi di varie misure. “serviranno per cucire gli strappi”- pensavo. poi uno squillo improvviso e sono svaniti tutti. ho lasciato le cose com’erano, ci sono s-punti e fili scuciti dappertutto.
*
gong tibetano
né origine né fine, solo fermare l’in-canto di un istante, ignara sapienza del vuoto: il silenzio. ristare. poi ritornare al punto in volute e spirali.
*
lungotevere
il cielo trapassa i rami, incolore. le foglie come piccole carte appese ai rivoli dell’eterno, puntando all'infnito: il Tirreno. un bagliore d’acqua
verde emana l’odore dolciastro di qualcosa di vivo.
*
un’epifania
stanotte, all’improvviso, tra il nero e il bianco, col fiato corto e senza dare alcuna spiegazione, si è presentato il rosso.
come se il tempo non fosse passato, e nemmeno una parola in mezzo. il marmo della porta era solo l’effetto del freddo. infatti tra le crepe spunta il verde, fa capolino il giallo: fìdati.
*
stato d’animo incipiente
s’appresta l’onda come il cielo alla terra come l’alba al fuoco come la notte alla fantasia
e l’anima - antica madre cieca - s’acquatta in un pozzo di carne e lì s’immerge
*
Nel dubbio
Tentazione di non muoversi. Così bello aspettare. Sensazione d’imminenza. La paura che avvenga. Il timore che sia oltre il limite del qui e ora, che giorno, che tempo (nel dubbio, mi fermo)? Il bisogno di pienezza, il desiderio. Il desiderio domato. Dov’ero e dove andrò? Nel mezzo, il nulla? Piove e tutto cancella.
*
soltanto buon anno
auspico giorni lunghi, brevi attese, un nuovo o il medesimo tempo, sempre e per sempre. non ha senso - dice il cantante - (e lo canta appassionatamente)
*
Arbor
Quel seme che attecchisce dappertutto è mio padre. Un grosso tronco dai rami spogli: fatica ad abbracciare. Rinverdisce, di tanto in tanto, di fronte al mare, appena fuori dalla caverna. Non lascia cadere i suoi frutti, ne sparge all'aria l'odore un po' acre, sfuggente. Un albero che teme la sua ombra ma si apre ad ombrello, interlocutorio, sotto una pioggia che non scende dall'alto.
*
terra di Puglia
Sposa d'inverno, il vento sferza e accarezza i tuoi pinnacoli di pietra. Anthurium dei tropici, ti sporgi sull'ingordigia del mare. Domani il sudore dei tuoi ulivi si trasmuterà in oro, il paretaro disegnerà la tua lunga ombra.
*
tramontana
tramontana e malinconia, ombrello nero che schizza i nostri occhiali. ebbri i pesci e noi corriamo tenendoci il braccio ma disperiamo della tempesta proprio al centro del petto.
*
Ricordi
Quando infine si affaccerà, io sarò andata via. L'acqua si sarà fatta torbida, un filo legherà tutte le nuvole. Apparirà una maschera bianca. La dimora comune sarà invasa di pioggia. Io stessa mi sarò smarrita mille volte ancora.
*
ammaraggio
io so che c'è dal sole che piega formando un angolo acuto col tavolo dove altra acqua - ma dolce - sta per essere bevuta
*
tutto è fermo
di poco si gioisce nella mischia e in prossimità di eventi che con l’ordinario si mischiano. per me è tempo di silenzio (da lontano non vedo - eppur ci sono - orizzonti). ed ecco la promessa di un viaggio con una certezza: si torna. se tutto è fermo, l’anima si sposta?
*
la lavagna
la mente è una lavagna con su scritti cubitali i nomi perduti. poco a poco le lettere lasciano, tra ragione e istinto, un segno rosa chiaro: l’antidoto al doloroso oblio è un sogno riscritto.
*
L’usignolo sul presepe - filastrocca -
L’usignolo nella grotta quando è buio non cinguetta e se brilla la cometa prova un po’ di soggezione. Poco dopo ci ripensa e gorgheggia piano piano. Alla stella ben aggrada la sua voce, e man mano sopraggiungono altre stelle. L’usignolo natalizio canta note celestiali, anche gli angeli sui tetti ora stanno ad ascoltare un melisma tutto nuovo nell’antica ambientazione. La Parola fatta luce l’han chiamata incarnazione, quella sua è semplicemente ninna nanna sul presepe. Vola in cielo l’usignolo attirato da altri suoni e ahimé qui sulla terra manca un fiato al bambinello.
*
16 dicembre - alle mie due figlie -
Una l’occhio e l’altra il galoppo: saggiamente s’alleano. Ciascuna nell’altra si specchia. Anche i muri parlano nella stanza mai vuota, e, se vuota, parlano con le foto. La torta a metà: non buttano niente. Riccia e nera la chioma dell’angioletto sul comò, le loro sono strade metropolitane, disordinate e bionde. Quasi donne, du-ali. Collezionano denti da latte nella teca di latta. La luna e la sua ancella, la stella di Natale e la fedele candela. (*annotazione, forse non essenziale: le mie due figlie sono nate entrambe il 16 dicembre a distanza di tre anni)
*
Capitàno* - a mio figlio -
E' cosa nota il giro del sole, ma l’aria è fredda sul pelo dell’acqua: la senti? Cosa osi capitàno dai cerulei pensieri: le rotte ancora sgombre? Cosa hai visto nella breve tua notte, forse una luce verde o un guizzo d’ombra? Ti sia amica la strada! Se liquida, confonde. Nella fiamma del tuo tempo, sia il sole a baciarti i capelli. Nuvole a banchi, capitàno.
Cosa scruti tra le stelle, più chiari disegni? Del gran sogno m’accenni, forse stai fuggendo? Siamo tutti sostanza d’acqua e sale, tu non cerchi l’approdo, e t’approvo ma sia con tela ma-Donna del parto, e tua madre.
* rivista e aggiornata
*
i-n-spirazione
è arrivato chopin. perfetto bianco/nero, la seta sulle dita. l’orchestra si stupisce. mi rapì l’illusione di un disvelamento. senti?
risponde il fagotto con querula insistenza, l’ottavino si è perso in spire, vorticando.
*
La scelta
Preferivo l’assalto del vuoto che a morsi strappava il mio tempo e ascoltavo l’affanno delle parole mai pronunciate. Preferivo la stretta che danno il contrabbasso o il suono del mare. E preferivo l’ignoto, la poesia alla vita, e mi è ancora compagna, a volte grave.
*
Di-varia armonia
Conservo nel cuore un canto di tre sole note. Non una nenia irrevocabile sulla tonica. Più un cromatismo indeciso, oscuro. Semmai è più chiaro il controcanto. Qualcuno forza la chiave ma la musica è volatile, questione di chimica, non d’armonia.
*
La bellezza
Accudisco ciò cui anelo ma cosa sia veramente non so. Poco vedo. Forse è una dolce croce. Tra il passato e l’orizzonte, ne cerco l’eco. Non dico il sognare. La bellezza - dico - dov’è, cos’è?
*
Grembiuli bianchi
Grembiuli bianchi stesi al cielo di dicembre. Sono pensieri alzati da terra. Sono nuvole assuefatte. Sono testi non nati, sono giorni ammutinati. Sono in volo, sono angeli. Sono ricordi, sono indizi. Sono tende aperte. Sono paure. Sono colpe lavate, o forse non sono colpe. Non sono anime: quelle sono nelle case, nel nascondimento.
*
La contentezza
Luccica il mondo. Le nubi, se verranno, raffredderanno. Perché non diamo noi calore alle cose? La pioggia s'è portata via le nostre tempeste. Se tutto va al mare, cosa rimane?
La luce comunque? La contentezza?
*
La parabola del poeta
Stanare le emozioni, questo è poesia? Cos’è allora la vita? Un coltello nelle carni? Dicono che il poeta abiti in un guscio di bellezza, ma che dite dei suoi denti digrignati? All'alba lo accoglie un cielo sulfureo, un drago è a guardia della sua spelonca. Nessun testimone. Nessuna rivelazione.
*
di sera
chiusi i conti, visi e lingue sul marcio dei marciapiedi misti a odore di benzina
basterebbe un albero - dissonanza intensissima - a restituire pace alla notte
*
L’ultimo amore
L’ultimo amore ha il fresco sapore della foglia bagnata, ha odore di ozono, l’agitazione di piccoli insetti, l’immobilità delle grandi querce, il passo saggio della domenica.
Ora dimmi dov’eri. Sbocciavano note da un whistle.
*
In equilibrio
Voi provate a togliere uno spillo dall’ardua costruzione e vedrete a peso morto cadere il mondo. Voi provate a spingere più in là le parole, e la montagna vacilla dai piedi, come uno stanco gigante. E poi temete, temete il vento quando scopre le carte e le spariglia. Finestre chiuse ma aprite le porte ché fuori si congela e la candela è spenta. State così in equilibrio come vi ha sistemati da lontano chi vi sostiene perché sia dono una danza sulle punte.
*
Il canto dei sei uccelli*
Lindiva è al suo primo pianto. Piange col canto del pigliamosche. Cuculo, gru, riempite di musica il suo flauto! E tu, bucero, smetti il tuo nero richiamo che l’upupa e l’allocco non incanta. Con le ali asciugano
il muto singhiozzo e battono il becco al confine del bosco. Lo sciamano sorride ché Lindiva ora è donna: canta il dolore. (*riscrittura di una fiaba africana)
*
il canto della sera
di solito è un suono che alla sera ci riporta a casa. uno s_piffero, un accordo, una nota di pensiero. all’alba si riaffaccia, osando un varco nel sordo rumore del mondo. ma resta muto dove un sospiro stringe o una parola non trova pace.
*
Le mie fughe
Ritorni di vento su fiori sfioriti. Baci veloci. Tempo rubato alla notte, presto restituito. Domande in lista d’attesa. Sgorgano idee e subito annegano.
*
Comportamentismo
Il treno non sa l’eco che lascia nel correre alla meta. Neanch’io mi rassegno a rettilinei corretti soltanto.
*
la farfalla nera*
non per le tenebre vesto di nero ma per essere l'ombra di tutti i colori, luce in potenza nel breve diaframma che inquadra la trasformazione
*a Lorenzo Mullon
*
Bulli e pupe - contro omofobia e intolleranza -
Somma il dolore col mai più coniugalo con l’incompiuto della vita espandi, col tuo, il sospiro dell’universo fino a toccare il centro infine misura l’incommensurabile piccolezza che sei e resta immobile davanti al gesto di piccole mani strette attorno a un semplice avvenire
*
ascoltarsi
stare nel cerchio con le mani ascoltando dove tende il momento e verso chi - aggrovigliati il corpi e la mente, nel mutuo gioco del non aversi
*
Il desiderio
Anonimo scorre un desiderio lungo vene desertificate. Il canto generato congiunge infine. Sembrava perso, irriconoscibile, più sordo di un orologio fermo. Ma alla fine delle illusioni, torna a battere.
*
Mrs. Pentagram
Torna colei che uscì dalla mia vita: non gliela volli consegnare tutta. Sorridendo mi dice: possiamo provare, e sposta le mie carte sottovoce. E nuova si ri-forma, allineandosi a piaghe e righe, come un foglio di pentagramma.
*
I segreti dei figli
Sono semi invernali: inutilmente le madri li innaffiano. Stanno dentro cassette al riparo dal freddo. Passarono i venti, e ancora passano senza spostarli. Sono fiori coltivati nel buio frutti che verranno alla luce. Li chiudono a chiave e non ci pensano più.
*
16 novembre
Marcella, francescana di ritorno, parla agli uccelli. Donde venite, cosa portate? Un cinguettio tardivo, un morso all’aria. Forse il sorriso dei morti in questo giorno dolce di latte. Un vasetto rosa. Dentro il vasetto,
l'acqua.per il ciclamino. Fin quando il calore? Intanto sono cresciuti i capelli. Ottantasette volte.
*
alba africana
in notturne lunghezze, sanguinare sulla m’bira* l’ossessione di un canto: un cancro buono che cresce d’amore, fiumana e guerra. all’alba estenuato, v'esce cadavere, spirito che aleggia sulla savana. *lamellofono, in alcune parti dell’Africa lo suonano per intere nottate fino a farsi sanguinare le dita
*
Amore fatale
Sorge la luce. Nell'altra stagione del mondo, il buio la vuole, il buio le duole, e lei muore.
*
L’orizzonte
Nella casa piccola, è piccolo l’orizzonte dietro rami che sembrano spade, con le punte contro i vetri. Ogni ramo è una freccia: punta a un oltre che si può indovinare soltanto. Di sera l’orizzonte è inghiottito dall’ombra del dubbio. I rami si piegano, le spade si spuntano.
*
Il dolore
Brulicare di colori. Il dolore non esce. Forse dolore non è. Eccoci a difesa
di un figlio o di un progetto. (invero accudiamo noi stessi). Neanche questo è dolore.
*
Il filo di Mirò
Ho perso un verso mentre vegliavo gli incubi. Era il primo di una poesia che mai scriverò. In un risveglio consapevole, il filo di Mirò solitario vaga in azzurri eclatanti.
*
la stagione buia
Starei per dire le foglie oltre il vetro macchiettato d’inverno
o il protendersi dei rami a ghermire: il futuro come il passato. Il gelo è in agguato.
E' azzardo un fiore in questa stagione. Ormai l’atto è compiuto, la terra non tradisce. Si spogliano le piante coi germogli, fino al martirio. I colori spariscono, resta l’amore a consolare.
*
Il gatto bianco
Tra le nuvole, una lama fredda.
Il gatto bianco prolunga l’estate sulla panchina. Ricorda. Ma un raggio sottile non irradia calore. La memoria non basta. Io ho freddo.
*
Nel paese delle meraviglie
Molte cose accadono sotto i cieli di Roma in stanze soffuse che odorano di gomma e incenso o in certi padiglioni dove i bambini giocano a perdersi e a ritrovarsi. Molte vite s’incontrano pur restando sole su gradini bassi dove il sole tramonta prima e resta l’umido. Faccia a faccia nascono sorrisi sotto palpebre diffidenti fino a prova contraria ma l’indiano volentieri ti lascia provare il più piccolo dei suoi gioielli e poi ride con gli occhi. Molti nomi si sfilacciano al sole incongruo di certe mattine preludio a gelidi inverni o inferni e tutto resiste lì dove persino un cane molto ha visto e molto tace
*
Qui e ora
Ascoltate le vostre visioni. Due respiri appaiono simili nel sommerso pulsare dei sogni. Ma il loro ritmo o è salvezza o condanna.
Ascoltate le vostre spirali. Dove l’aria s’incunea, lo stridore si placa. Nel buio della stanza, immobile la rosa.
*
canto nero
la gioiosa nerità di una bambina bionda: lallazioni e poi grido di tutta la pelle alza il passo e si agita ruminando nella memoria butum belé butum belé
mi aspetto almeno un'eco di ritorno: in me.
*
e ancora
e ancora dire intorno al dire. per riempire, forse. oppure per non dire. sapere non è sopravvivere, verosimilmente.
*
pas pasa pan
se il rosa è un effetto del tramonto, la tua assenza, invece, è buio che si espande. più del suono, il silenzio è aperto a mondi speculari in cui tutto può accadere. nella folla del pantheon neanche un dio ti somiglia. cade nel centro la colonna di luce ma gli occhi cercano altrove ebbri del tutto che può accadere
*
Lacrimosa
Più di un abbraccio, meno di un bacio. Ancora non afferro il perché. Mi appartieni.
Ma non c’è motivo per il “Lacrimosa”.
*
La cena
Era un rito: il lievito, il sale, il pane cotto sulle stoppie. La nostra desolata cena. Ventri incavati e menti sazie.
*
Turn your mood into music - This old hammer
Sono un ukulele nero e il suo stridulo ritornello strapazzato sulla spiaggia, il banjo che il padrone mi ha spezzato sulla schiena.
Sono il grido tinteggiato di blue, il tam tam di mio fratello morto sotto la sbarra di una canzone bastarda. Sono il martello, il vecchio martello.
*
Ballata
Ho indossato i miei occhi migliori e un rossetto lucidissimo. Alla metropolitana,
il vecchio era solo col banjo. Ad un tratto gli ho detto: “Mi faresti provare, nonnetto”? Ha risposto: “Non è aria”. Così gli ho storto gli occhi e gli ho detto addio. Ho fatto una corsa per non perdere il treno. Mi son persa in un mercato. Ho comprato un tappeto, mi ci sono seduta come fosse un ottovolante. “L’America fa questi scherzi, baby” ironizzava il tipo coi baffi. Ho messo tutto in una tracolla all'odore di caffè. La donna dai capelli di porpora ha strizzato l’occhio blue da maliarda. L’ho invitata per un party da me. Poi ho preso la mia testa tra le mani. “Se la luna sparisse... il sole l’andrebbe a cercare?”. Forse è stato cosi ma non me ne sono accorta.
*
Il picchio
Questo forte odore di ruggine ch’emana dai nostri discorsi. Dirimpetto lavora l'orologio in un silenzio oleoso. Gli uccelli hanno lasciato la dimora. Del picchio non s’ha notizia. Quel ticchettio stanco cercava un contrappunto.
*
I comignoli
Niente è perso ma incombono silenzi. Solo la musica, a volte. In alto, sulle rotte, corrono sagome su un mare indefinito. Lontano tremolano case con comignoli fumanti. Nessun rumore. Cicogne spaurite, nidi spariti.
*
La vocale a
a Cristina Bizzarri All’improvviso lo spazio s’espande. Dicono si chiami solitudine, horror vacui o molle sentimentalismo. Tempo donato per meditare, forse per pregare. Mi viene il sospetto che sia libertà.
Nel silenzio che implode m’aggancio alla vocale a: - il Magnificat -
*
minimalismo sacro - ad arvo pärt -
se sospesa ascoltassi insistere violini sull’origine e irradiarsi oltre la luce lasciando acuti graffi nelle carni e strade in alto scavando e lembi strappando con affondi di spade aghi corde per farne tende bianche e celestiali scale in rapida arsi e tesi sorrisi in un gelo che scioglie così come lega lì per sempre resterei
*
la ricevuta
se avessi dolcezze le donerei a te che, più che sorridere, annuisci e poi ti chiederei di emettere ricevuta per ricordarmi che è bene donare più eco che vuoto
*
Il mulo
Sole inflessibile su una teoria di sassi aguzzi sí che scortica il respiro. Sbriciolati come zolle. Non avrei mai pensato che pesassero le farfalle sulle mie capaci spalle.
*
uomo del mio tempo*
sei quello della pietra e quello dell'altare - sei padre di tuo padre e sei figlio. in te abita un gesto primordiale, la cresta di un’onda che riempie i secoli. sei pregno di canti in offerta perenne. e nidificano sulla tua casa macchine da guerra,
uccellacci dai becchi ricurvi.
*omaggio a Salvatore Quasimodo
*
perché i barboni scelgono le stazioni
le mosche attaccate alle piaghe e l’acido delle partenze su binari inchiodati come braccia in croce allineati nella direzione di un sibilo
i fantasiosi tragitti umani
*
un rumore
sei venuto vestito di pioggia ad asciugare le mie mani fredde ho non-risposto alle domande ho non-saputo rovesciarne il senso
chi di noi ha ancora fiducia nelle parole? non io ché le ho perse non tu che con scatto sorprendente corri verso un rumore che ci protegga
*
Drop-out
Dicono: "Il ragazzo ha subìto abbandoni. Non è opportuno fornirgli ulteriori motivi per suggellare la sua ribellione".
Non è un cane. Trattasi di libertà. Lui azzanna sceneggiate buoniste con ringhio che assomiglia a un sorriso.
*
Autunno
Questo tempo lunghissimo, questo tempo morto, quest'anima vaga, questo nulla che profuma di pioggia, questo grigio di mare e di terra, e lo stare a guardare, da fuori, un saluto mancato.
*
Il camice avio
Sempre penso a una donnina
col camice avio comprato per corrispondenza, una nonna-bambina, sempre prodiga di dolcezze e dolciumi, elargiti di nascosto,
biascicando un dialetto stretto davanti al crocifisso. Da lì tirava dritto vero il suo enigma.
*
Punto di vista
Una stradina bianca nel parco: l’eden. Gli effluvi dei tigli. I viottoli a perdita d’occhio. Gli alberi con le braccia spalancate. Il vento li sta attraversando. Al di qua e dall’alto, vedo tutto.
*
della libertà
tra la gioia e l’ignoto in apnea per antiche paure nel giro che ci trascina fuori dalla bellezza sordi al soffio degli astri ciechi alla vertigine del tempo ci omologhiamo - invero in solitudine -
*
se
una poesia dello stupore se sapesse d’amore una poesia del ritmo se non finisse mai una poesia della tenerezza se amasse la terra una poesia della gioia se spargesse verità una poesia della dedicazione se non incenerisse il futuro una poesia della nostalgia se non fosse parziale una poesia dell’indifferenza se non dovesse scegliere una poesia del sorriso se guardasse nell’abisso una poesia del suono se non fosse rumore una poesia dell’indicibile se sgorgasse dall’arido una poesia del giorno se ascoltasse la storia della notte una poesia del nulla se cadesse nel tutto una poesia della necessità se muore l’utopia
*
La mia canzone
Mi farei mangiare dalla loro voracità darei tutto ma non la cosa più preziosa, il mio respiro, la mia canzone
Non posso vivere senza bere alla fontana di un gioco troppo intenso per lo spazio esiguo di un ritornello
*
dice josé*
dev’esserci un colore una porta una parola che sfondi il grande muro della falsità dev’esserci una voce più vibrante della poesia uno spicchio d’infinito in un corpo non casuale dev’esserci un azzurro più potente di quel mare che tacendo è naufragato nella verità
(*quasi un commento alla poesia “Dev’esserci” di José Saramago, sotto riportata)
Dev'esserci un colore da scoprire, un recondito accordo di parole, dev'esserci una chiave per aprire nel muro smisurato questa porta.
Dev'esserci un'isola più a sud, una corda più tesa e più vibrante, un altro mare che nuota in altro blu, un'altra intonazione più cantante.
Poesia tardiva che non riesci a dire la metà di quel che sai: non taci, quanto puoi, e non sconfessi questo corpo casuale e inadeguato. (vedi http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Proposta_Poesia&Id=1839) <br
*
A senso e a ragione
- Tutto è semplice - dice Marcella e sistema le bollette. Un colpo di vento e di repente l’ordine si perde. Così accade e per Marcella è incoerente.
*
in evoluzione
un cerchio senza scampo - la grotta di Betlemme con la tragedia inscritta
(nella notte è un indizio il rumore di chiavi)
sognare un avvenire senza eventi tuttavia è apocalisse come non esser mai nati
*
Il diapason dell’ape regina
Nella cella domestica quando cala il vento e lento risale dal prato l’umido afrore, lei - la regina - non può sapere
l'irresistibile sapore del volo d'amore. Affoga la voglia nel mieloso assolo e secerne un sol diesis.
*
La fessura
Vedo da una fessura ciò che non dimentico. Ciò che non vedo, dimentico. E’ la mia caverna di Platone, affacciata sul flusso. Ciò che ho visto ho visto, ciò che è stato è stato, suggerisce il filosofo. La luce rimanda ombre enormi che mai si potrebbero inquadrare.
*
Il cucù e la cantante
Il cucù ha segnato l’equinozio - Strano a dirsi, il sole è sorto pressoché come ieri. La cantante e il purissimo il sax. Spacca a metà il tempo con la sua luce quasi vera.
*
Prima che sia novembre
Il ritratto del nonno col cappello calcato sugli occhi. La sua ombra disfatta dalla terra. La memoria è racchiusa
nel puntiglio del tempo. Ma non è tempo di cimiteri. Non alla morte ci chiama novembre.
*
Il contrappunto del buio
Le voci gaie dei bimbi nel parco, la cena nel piatto, questo fa casa. Le progressioni di Bach al pianoforte: spremerne il succo, berlo. Da tempo immemorabile rimiro un paesaggio irreale: la postazione del cuore.
*
haiku buio
veli agli occhi in-sonni stropicciati i pipistrelli
*
il ronzio ininterrotto
lo strenuo lavoro del frigo il suo ronzio ininterrotto: non è una melodia
non inizia - è già - e fa freddo anche dentro
*
sapessi com’è strano
- è che vorrei partire ho detto io - tu scegli la meta ha detto lui - fissiamola insieme ho detto io - blu oltremare ha detto lui
(giunti a metà)
- férmati ha detto lui - non è successo mai ho detto io - mi mostri la tua ombra? ha detto lui - non è leale ho detto io
(nel mentre spuntano stelle)
- sapessi com’è strano ho detto io - sei stata qui? ha detto lui - non ricordo ho detto io - c’ero o non c’ero? ha detto lui
(ritornando)
- si può pedalare nel buio ho detto io - non è nelle mie facoltà ha detto lui - con la luna persino il deserto ho detto io - la luce viene e va ha detto lui
- e quindi? ho detto io
*
la poesia è finita
la poesia è finita frugando nel sazio non praticando il digiuno non sanguinando da una ferita la poesia è finita perché semplicemente non ricordava niente come un pranzo goduto così è finita la poesia senza un addio la poesia non prende sposo o sposa non s’incarna la poesia è fuggita come una bestemmia la poesia è dunque davvero finita morta, anzi risorta dai cadaveri dei bambini dagli ingannati dalle bocche dei malati dagli indemoniati
*
cara maestra
all’inizio di un inizio: non so se mi innamorerò (succede ogni settembre)
a me occhi e agitazioni. insegnare a essere presenti
*
giorni sensibili
Vengono all'improvviso, col gusto di frutta acerba, puntuali nell'amarezza. Pare impossibile che emergano dalla notte, immensi, non sopiti. La corrente li conduce dove ogni passo è un affondo nel ricordo. Incisa la carne, portano via lo spirito, sensibili nello scegliere i destinatari, rinnovando il dolore. A nulla serve l’orizzonte del mare: non li contiene. Né il cielo chiaro dentro di loro, a specchio.
Risalgono la china, lasciandosi dietro sassi rotolanti. Sono blu. Nel passaggio, lenti. Sospinti da una volontà ignota a rivestire con oro celle per laiche preghiere: che stiano lontani a lungo, che vadano via con i migratori, via dai nidi, che portino in serbo il guadagno dei giorni trascorsi, il sale dell’esperienza. Ma, ecco, il tempo cambia ancora.
*
Terra di santi
a Valentina Rosafio Terra di santi rovente di pizzica tarantata da secoli sullo scoglio batte un'acqua ridondante di luce. Abbarbicata sul càrparo tenace la fede, sbriciolata in zolle ma chi-amata a voli arditi. Pietramara assetata di cielo, limpido volto amato.
*
Territori off-limits
Fu premeditata la fuga: dal troppo sole, dal puzzo di cose usate. Poter dire del mare è davvero azzurro solo quando ricompare in curva dopo averlo dimenticato. Oggi le navi
non attraccano più, l'acqua del porto è agitata: si lavora a nuovi commerci. Ricordo a memoria le maree sulla piccola muraglia. Più in là delle torri s'inclinano i cipressi del cimitero.
*
La discesa dal monte
Le pietre potrebbero non reggere le rare case. Tra i pascoli risuonano i campanacci e ottuse moto. Un pastore con lo zufolo tira il gregge. In un'antica abbazia due donne contano le rose rampicanti. Sul Gran Sasso l’oltraggio è compiuto. Ma l'azzurro della cima è veritiero. Da qualche parte, forse, tra le rocce qualcuno edifica la città degli uomini.
*
a Marcella
Ripenso a Marcella nel suo silenzio prossimo al buio che parla con i morti e - se sorride - sorride di se stessa e cuce inforcando occhiali buffi che fanno gli occhi enormi. Penso ai suoni del settimo piano, più forte il gabbiano e al mattino le cornacchie affamate, a quando dice “ho finito di dormire” e saluta le suppellettili e le sposta per controllare la polvere. Poi mi sovviene - questo è prodigio – l’aurora boreale. Nella mente curiosa di Marcella tanti colori cangianti come fili di cotone. Io penso che lei pensi che l’aurora fluorescente passerà e passerà l’estate e il buio sarà per tutti una dolce coperta sullo squilibrio del tempo.
*
luce di vetro
luce frantuma il tetto disperdi i frammenti di stelle svuota l'universo
rivesti il ribelle col celeste sudario ammansisci le smanie del timido disvela i desideri del dissimulatore
sorridi al superbo
seziona il retro dell’anima
separa e riunisci le parti slegate - maschio e femmina le hai fatte - ricomponi le maschere
rimescola i piani del sognatore
fanne acqua santa scuoti la polvere dal penitente
plasma forme dà vigore agli amanti
asciuga il superfluo
moltiplica per zero ogni numero e specie fino all'insignificanza dividi il pane e i pesci sferzami e infine danzami
*
cibo
* a Nando Battaglia, amico ed esperto
Vorrei parlarti del pane di come mi ha riempito di dolcezza mentre lo gustavo a mani vuote con pensieri placati quel Pane che assaporo con certi altri pani dolcissimi che mai invecchieranno. Questi mangio, che non ho saputo spezzare, ma il Pane è già stato spezzato.
*
appunti di viaggio
La casa di Alto - Berlino Tiergarten -
La casa di Alto La casa è bianca, orchidee dietro ai vetri. Il prato è tagliato, io sto all'ombra e penso, e sto bene.
La casa è bella. Un vento muove appena le foglie dei tigli. Due conigli. Odore di minestra. I suoni non arrivano.
Ma dentro - è certo - amori in ordinato, intenso svolgimento. Tè e cannella, un bacio sulla soglia. Sono io l'elemento straniante. Presto arriva l'inverno.
giardini dell'esilio - Berlino, Museo ebraico -
cammini tra geometrie di alberi di cemento con chiome troppo verdi. insetto cieco, vaghi in labirinti tra facce ferrose di bambini urlanti. fanno rumore i tuoi passi costretti a fissarli. prigioni chiuse come cieli troppo alti, troppo tardi. è un insulto e una carezza la scala irraggiungibile.
*
Cose da lasciare
Ticchettiamo l’uno di fronte all’altro. Tra poco saremo in volo, migratori senza zavorra eccetto alcuni capelli bianchi. Dovrei alzarmi
per sistemare i maglioni di lana. La cautela non è mai troppa sulle spiagge artificiali del ricco nord. Il futuro non sarà più caldo. Ho conosciuto fuochi implacabili ma il mare lassù
non fa sconti neppure alle balene.
Non ho potuto salutarvi tutti. Di tutti e ciascuno porto un'immagine compressa in un bit. E' tempo che qualcuno saluti me. Sventolare fazzoletti nell’attimo del distacco? Detesto i fazzoletti. Cosa lasciare, dunque,
in questo breve passaggio? Temo non entri nel bagaglio a mano. Ricordo il numero del mio posto nella fila e lo serbo dentro di me. Aria sotto e sopra, la terra sta in un pugno.
*
Fotografia
Non con lo zoom che aggredisce lo sguardo, o Fotografo, mentre penso ad altro e tu pensi al diaframma (o alla mamma?) benché automatizzato e omai automatico anche l’occhio. Vorrei, piuttosto,
il buio e le mani. O magari un dipinto rigorosamente astratto d'amblée su una tela lasciar fare al sole en plein air non dettagli né titolo né data.
*
leggere
a tende ferme felicità di polpastrelli nel girare le pagine di un corposo silenzio nelle ore più calde: l’escalation dell’ultima pagina di un romanzo ponderoso _ appena un fiato
*
Frida*
Entrare nel dolore da uno specchio, oltre il nero delle sopracciglia, e capovolgere la visione, non è un passatempo. Si può fingere di essere artisti ma non simulare i postumi di trentadue interventi chirurgici. Chi può essere amico
di quattro pappagalli? Punzecchiata da nove frecce, continuare il balzo? Vegetalizzarsi? Viva Frida! Viva la vida! - dicono la farfalla e la rondine, la scimmia e il felino nella magia giallo-verde. Bambina atroce, nutrita da linfa tehuantepec
come fosse una cornucopia, sei nata da una zolla rossa e sempreverde.
* dedicata e ispirata alla pittura della messicana Frida Kahlo
*
assestamento
e se anche non volessi, ci hanno sistemato su un piano alto: i rumori arrivano attutiti (ma in piena notte può sorprenderci lo scoppio di fuochi). si percepiscono, con appresso la loro vita (che dal rumore si direbbe astiosa), ioni che trfficano sotto e sopra di noi.
credo che non ti seguirò più. riacciuffata la formula, farò un nodo strategico tra questo momento - una curva in costante progressione - e una reazione irreversibile.
*
Polignano a mare
Le persiane pervinca, la candida tenda. Le persiane sbattono, la tenda si squarcia, la bouganville s’arrampica, il mare s'inalbera. (è sul punto di cedere?) La porta si è chiusa
sull’onda più forte, la donna ha riposto il cesto e il lenzuolo, la tenda è strappata, i tarli fan festa, il mare non cessa. Ho scritto ciò che ho letto su pietra.
*
Un’altra possibilità
Non è tempo di lucertole. Le pietre, aguzze come cocci. M’allungo dove i raggi m’invitano, faccio le fusa in silenzio e medito il mio non essere mai stata gatto.
*
Pomeriggio estivo in una strada stretta
I vicini e Carlo Gesualdo*. L’odore di fritto si aggiunge al madrigale. Se sapessero l’irruenzadi Carlo Gesualdo! Il loro matrimonio va a gonfie vele. Hanno un figlio che, musicalmente, promette bene. All’improvviso la musica cambia, come un effetto di luci stroboscopiche. Aprirsi ai generi musicali forma l’orecchio e la persona. Lo sostengo fermamente. Lui è un esperto medievalista. Lei canta pop. Mi ricordano Desmond e Molly. Hanno un figlio, dicevo. Ciò che m’inquieta è Carlo Gesualdo. La sua musica contorta. Se, inconsapevolmente, il bambino la assimilasse? Vorrei capire cosa avviene dopo un trauma.
* Carlo Gesualdo, madrigalista vissuto tra il '500 e il '600, notevole per la modernità della scrittura musicale ricca di cromatismi, è noto anche per il duplice, barbaro omicidio della moglie con l'amante.
*
studio semiserio sulle rose
che se t’avessi portato le rose avresti detto Che pesci sono che pungono così t’avrei spiegato Sono rose con spine avresti aggiunto Non ho mai visto fiori così belli t’avrei risposto Per questo le ho portate e saremmo entrambi arrossiti ma meno delle rose e io e le rose ci saremmo sentite proprio giuste e avremmo fatto tutti ritorno - penso - in una specie di bolla trasparente come una lente da cui il mondo si vede luccicante e se qualche petalo fosse caduto non sarebbe stato Pollicino le rose sanno la strada di casa
*
Puelluli
Nascono e già guidano con la patente del disincanto. Camminano ma di più s’informano. Connessi dentro e fuori. Della paura non hanno paura. Rischiano, indossando scarpe di tela. La terra, sotto, gli rimbalza. Attraversano strade, con l'orecchio superaccessoriato. Se insisti, a domanda rispondono. Potrei smarrirli tra la gente: la loro geografia mi è ignota. Non giudicano, nemmeno se stessi. Accudendo le madri con ironia, le ringiovaniscono.
*
tempi tecnici
a Luca Soldati
non altro possiamo pretendere che quest’abbandono notturno (mi ha svegliato una clocharde bestemmiando in francese)
non altro possiamo pretendere che una brezza discreta tra le persiane
porgendo l’orecchio ai richiami dei mendicanti d'amore (mi prende l'azzurro totale: un anticipo di mare - geografia essenziale)
*
panico
segno d’altro, di coraggio - forse - efetto paradosso. nell’abitacolo dell’amigdala, braccata da giganti mostruosi si avventano con rostri conficcando spine tra i capelli le rose - infine -
*
Pretenero
Le esse in perfetta madre-lingua, gli occhi negli occhi degli anziani: il motivo del suo viaggio. Dalle alture, lo Spirito gli parla. In altra lingua. Qui è diverso anche il caldo ma la gente è fredda o - come lui - rassegnata. Il grano è lo stesso. Si prega forse meno, forse più. Ogni mattina si consegna. Avrei voglia di dire due parole ai suoi oceani tristi.
*
Mattina d’estate
Mattia, l’amico gay, è di là. Li sento parlare fitto fitto di funzioni e logaritmi. Viso dolcissimo e mani eleganti. Ha accettato un gelato alla nocciola. Il caldo ha attirato qualche insetto. C’è una farfalla verde sul soffitto. E’ sottile anche quest’aria d’estate. Porebbe infilasi in certe pieghe di ricordi stesi al sole.
*
L’astronave
Il momento in cui s’intravede la felicità sottoforma di una grande astronave senza maniglie per appoggiarsi. La fuga – il primo fosti tu – . Un modo per prendere le distanze dall'abbaglio che scioglieva i confini dello spazio. Il problema era: averla “a disposizione”. La bellezza. Nella totale arrendevolezza dell’atmosfera. Morbida come burro. Pioveva pochissimo, e sempre a comando. Il sole creava riverberi che impreziosivano i nostri occhi. I miei erano più chiari, i tuoi si celavano dietro ciglia più folte. Ma è probabile fosse timidezza. La fuga, dunque. Metodo infallibile per sentirsi coraggiosi, la paura alle spalle. Poter dire: ho scelto la libertà. Dopo fuggii io. Convinta di aver scelto non la libertà, ma un Ruolo. (Usavo le maiuscole con disinvoltura, prima di decidermi a livellare tutto.) Ogni fuga è centrifuga. Nel nostro caso, in orbita equidistanti dal centro. Agli antipodi, ma geometricamente simmetrici. Un modo per non perderci di vista, forse. Cos’è stato il passaggio ad ovest, come un graffio sul volto?
* esperimento di prosa poetica
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promessa
non altro che gridi nell’aria - io prometto non la mia voce ma di attendere ai solchi già scritti
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La perfezione
L’anziano e l’estate, Il moribondo e le dalie. Le foglie e i guizzi dei pesci. L'amore e la fanciulla. Su tutto, la perfezione.
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Niente di segreto
1
Lo rivedrò (non si posa) e lui rivedrà me naufraga in un pozzo di sete. Per amore gli uccelli si azzannano. Non mi meraviglio. Dalla testa bàlzano i fantasmi, il mare vomita mostri. 2 Vent’anni in un soffio: dal gocciolio del seno allo sbieco di sguardi, da pari a pari, da dolore a dolore. Il vento non ha parlato sulle ali della distanza, mi ha lasciata tra il freddo e il coraggio. 3 Guarita! E ora a quali oblii attingerò?
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Una forza colorata
dedicata ai fisici delle particelle, 4 luglio 2012
Primo giorno. Il mare tra gli aquiloni e gli aerei. Le onde rallentano e poi si fermano. Io affondo i piedi dolcemente: una torre bianca che piano cede. Il vento è una barca che spinge se stessa. Incontestabilmente, la luce è di fronte.
Secondo giorno. L’interazione è forte e unisce.
Particella colorata, una fra tante. Si potrebbe chiamare desiderio?
*
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La biciclettata
Sotto casa scorre un fiume. In cima agli alberi, al sole d’estate, la fotosintesi clorofilliana è strepitosa. Più in là, sperpera acqua una fontana. Due ciclisti, incollati al manubrio come alla propria ombra, sconfinano dalla pista con insospettabile ottimismo. Intorno è secco. I colori sono dardi. I dolori sono cardi. Resta un affanno leggero, ma sul ponte, in discesa, c'è il vento a favore.
*
Lavanda e oblio
Un giorno caldo svuoto i cassetti. E’ l’universo - penso - e voglio riordinarlo. Nel pomeriggio, le cicale. Saranno angeli - osservo - e sistemo la lavanda. Così la casa ha un altro aspetto. Dovrei godermela - suppongo -:
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finisce in -oma
c’è il rantolo dell’universo nel seno mutilato della donna ai figli non lo scempio dei capelli
ma una condanna certa - essere amati da lei -
*
amavo scrivere lettere
qualcosa si perdeva tra impacci e strappi. di giorno bruciavo lettere - le mie -.
fatui bagliori sull'agro di puglia, la mia patagonia immersa in ghiacci perenni
*
brasileira
Il bianco spumeggia alegremente nella stanza stile liberty. Tra il gallo e l’aurora, una tazza di nero per svegliarsi. Le farfalle-sopracciglia, la bocca di rosa, i passeri, la voce dei morti. E' incerto ciò che arriva dall’oceano: gli avi rinascono, le stelle si annegano per vizio. .
*
“Lungo la cenere tranquilla dei giorni” - omaggio
“Lungo la cenere tranquilla dei giorni” - omaggio a Pierluigi Bacchini
Amo il poeta Pierluigi Bacchini che nei querceti delle cattedrali vòlto ai punti cardinali misura le variazioni di tono del vento a gara col rintocco di campane che sullo sfondo silente si staglia
E amo l’involontaria poesia della botanica e nella materia l’infimo col suo inverso - l’assoluto - nella struttura di una molecola
e dello stagno la chimica e il chiurlo che tace ma non perde la fierezza - è meraviglia o misericordia? - nella tempesta di stelle e pianeti
Amo il poeta Pierluigi Bacchini che sotto foglie rosse e lievi barbe intuisce la grandezza del cosmo e la malinconia - come Lucrezio si figura l’immanente in un seme e l’infinito ben oltre la siepe
*
elektron
Dell’ambra, ad esempio, conosco soltanto il colore. La morte - dicono - è la rinuncia di un elettrone.
*
prima del solstizio
lo scandalo della luce su questo crinale soggetto al buio le ore dormivano quiete ora sono respiri accorciati dentro labirinti, s-nodi di cordoni materni ma - se osservi -
i calici pieni - anche -
*
paura di volare
Due frati in tonaca celeste l’anziano accudito dal più giovane - totalmente ascetico -
Un uomo aduso ai voli dello spirito mi chiedo cosa provi al decollo e come gli appaia la terra vista dall’alto: un miraggio da ignorare o un desiderio più forte
Assorti nella sala d’attesa, sembrano certi che un’ala d’aquila li solleverà
*
specchio
se potessi riflettere il passato sarei il solito specchio, luminoso davanti nero di dietro, mentre è dentro che avviene il misterioso incontro tra le vite immaginate e il nulla
*
di passaggio
ai miei figli gli anni dei giovani rimbombano di sogni che d’effimero li spingono per mari e terre rivelando il dubbio della verità. io non so accudire la nebbia che dalle loro domande emana. risposte misere affievoliscono la fioca luce che tuttavia li prepara a un risveglio adulto.
*
pietre di puglia
Alcune rese aguzze dal sole, altre calve per il vento. Miraggi affioranti da estati orizzontali,
rotte possibili nel mare viola. Alcune cave come le pance dei marinai, altre sembrano voci indurite dal sale, che non manca nei sogni di libertà o di fuga da queste secche. Infine tornano utili alle case dei morti.
*
Collaudo
S’allisciano il piumaggio nel nido. Ci vuole un bel po’ di coraggio per spiccare sogni a portata d’ali, un fondo desiderio chiamato libertà. Dov’è? Cos’è?
Diavoletti increduli, il tempo stringe ... Volate miei eroi e siate fieri!
(vólano)
*
versi per un’amica
sta’ zitta - mi disse - e fu maledizione giacché della mia supponenza avrei portato a lungo il peso lei col fiocco bianco
sul nero dei capelli e del grembiule aveva osato addirittura cambiare di Cavour l’accento e la misura
*
maternità
1
diffusa coltura di sogni mischiati a fatiche cespuglio di rose insidiato dai venti quieta risacca_ rumore alternato a silenzio (presenze ed assenze) le chiavi di casa tra porta e finestra un continuo attendere l’interrogativo troppo presto o troppo tardi? parole cariche qualche volta silenzi una danza sgraziata e poi aggraziata la tana di un ventre che stringe alleanze e ogni tanto tradisce la mia piccolezza
2
gatti fulvi attesi all’ombra di chiostri partoriti dalla fragilità appostata dietro l’imprudenza se la terra frana noi lasciamo biglietti a rondini e rondinelle
*
Filastrocca quasi d’amore
A domanda rispondo della vita più niente nascondo ma dell’amore non c'è sentore sull’argomento troppe parole chiedo soccorso cambio discorso cado mi rialzo imbraccio la spada il braccio è rotto sono fregata me la do a gambe nella pianura perseguitata dalla paura bell’orizzonte mi sta davanti si può sfondare con quattro salti acqua per acqua terra per terra all’improvviso trema la terra segno che il cielo ci sta scrutando e di qualcosa ci sta avvisando non ho l’ombrello tra poco piove se torna il sole ti dico I love
*
mio figlio cucina al posto mio
odoroso "tiglio" delle mie stagioni biancastre quando la salita s'inerpicherà non sentirò altro profumo che te con un amore che non so ma già ora, celata dietro un ruolo e il suo rovescio, t'assaporo
*
surreale istanza
in tempi di liquide
dissolvenze e minacce di formiche anche il molle dalì capitolò davanti a una colata di lava rosata un lecca-lecca?
* (riferimenti: "Persistenza della memoria" di Salvador Dalì, anche detto "Gli orologi molli", e i Chupa-chups, il cui logo è di Salvador Dalì)
*
mai ti vedrò
mai ti vedrò tra le foglie di un'altra stagione nelle bizze di un fiume macerando verso marine nella culla dell’acqua o affiorante dai mulinelli tra filamentosi ritagli ambrati d’araba ascendenza nello svagare lento dei ricordi penso che tu sia non altro
che un organismo perso e ri-emerso in chimiche forme
*
amor che amar perdona
poiché tu doni amore e perdoni anch'io amo, non perdo. così perdonata mi dono e riamata mi ridòno
*
magnetismo
prendi il culmine dell’emozione rivoltalo
non trovi il capo? avvolgilo come rame su un magnete elettrificalo l’attrazione capovolge le cose
monete lanciate ripetono testa o croce?
ap-pàgano con una croce a testa
*
terràgnola
dal centro la furia ferrosa ed è ansia l’esserti figlia - terra - tu mi attrai e persino si appianano montagne
(il brulichio umido dei vermi l’ignaro ristagno dei corpi)
*
ti alzi
ora piangi emilia sospinta all’incrocio dei monti da grumi africani
anima montanara sicura zattera di mari antichi ancora veleggi corsara e più fiera
vecchia amica di treni adolescenti ti attraversano oggi i fischi delle ambulanze
ma tu emilia ti alzi
* agli amici emiliani con le mie scuse per non poter esprimere diversamente la mia solidarietà
*
danzare la vita
Rinascerei scultrice d’aria: danzatrice. Libererei gli spazi interni con i suoni del mio centro. Disegnerei la leggerezza dei cirri con lunghi pennelli: le dita. Eluderei la ragionevolezza del sole col capriccio della pioggia Interpreterei il mistero, i sensi e le lontananze. con l'illusione della luce.
*
il buon senso
con le unghie sbrecciate mi accingo al riposo
quale inganno sia la vita/le vite lo sospetto dalle regole del gioco ma io l’amo non poco
*
pick-up
potrei dire che un fruscio mi disturba ma nell'ora che turba preferibile è tacere
tra silenzio e desiderio, un filo rosso: gioie sussultorie
crescono e si moltiplicano
quasi sguaiate
*
agenzia viaggi - spot -
viandanti del vuoto rinviata è la meta il gusto è nel gioco né inizio né fine
cercate l’amore né troppo né poco? temete l’amore trovate il dolore?
e datevi al fato partite viaggiate per finta o davvero il prezzo è vero
* a Roberto Perrino con simpatia
*
non pervenuto
(i cani non latrano , la pentola fischia, sotto le soglie mormorano voci e piove)
nell'istante del contatto, incollati ai muri in volumi rossi e tondi, consegniamo a una tazza bollente l'implosione della notte. (nell’ordinarietà degli spifferi,
ancora piove)
*
vanessa - a melissa bassi -
nessuna carezza da chi ti defraudò del mare_ ti abbiamo amata abbastanza? amaci tu che portavi farfalle ignare di insidie
vanessa
la promessa insidiata - te ne vai col passo di danza della giovinezza
*
minimalista - ad arvo pärt
ra re fa
liquida mente tin tin abuli
di pacate______ cam-pa ne
ra re fa
ce-le sti-ali ali
nelle (nelle) nuvo-le
ra re fa
angelica _mente
pianopianopiano
p i a n t i
giù - bi - li
a l l e lui
A
rrrr
vvvvvv
ooooooooo
*http://www.youtube.com/watch?v=d2S87fkG7_g&feature=related
*
rosso sangue quasi
troppo dolce per essere amaro troppo poco per essere felice al tramonto tiepido glaciale al calar della sera al risveglio circola blandamente poi in una sua corsa solitaria defluisce - neanche blu -
*
ora di punta
ai fratelli di fermata con gli olfatti abbracciati dover scegliere non a naso ma per necessità il caino su cui cadere
*
Poetica
Non il vero - ché l’offenderei - piuttosto osare il silenzio come un manto a protezione Non il falso - ché lo rifiuterei - ma in risacca uguale e diversa partorire un’altra me stessa
*
giorni corti
acre sudore e passi affaticati le speranze riposte nelle case e giorno e notte carichi di cose
compitiamo il tempo del lavoro così compiamo il tempo
chi sa dove transita il migratore? chi ode il rintocco del sacro suono?
poi scopriamo il ciclamino
*
la cattedrale sul mare
la strada portava al confine tra giardino e orizzonte -
dal ciglio del burrone ho provato a chiamarti - ma il rosa del marmo è soltanto l’effetto del tramonto nella cripta lavora la ruggine
*
l’ultima nota del bandoneon
chissà cosa stiamo cercando: l'ultima nota del bandoneon? chissà se queste astratte armonie non stiano esiliando i nostri volti
*
stravinskiana
l'aria calda acuisce i presagi e sottoterra si scannano i vermi... non è il lamento della bestia, non le doglie della gemma. di sacro, la primavera, ha soltanto i colori.
*
premonizione
nuvole spinte ad altezze più ardite chiostri rovesciati colonne spogliate dell’oro silenzi di ere ora sfondati echi d’organo rami e fronde svettanti sotto cieli che li respingono: ma il sogno inconfessabile del poeta
è amarsi sotto una luna mostruosa
*
il portagioie
certe mattine stanno indolenti come piatti non ancora lavati oppure sono promesse salate a perle dentro valve puteolenti
*
l’attimo prima della felicità
e se anche qualcuno lo fermasse nessuno avvertirebbe quel rumore di sirena che irrompe, sarebbe insopportabile_ oppure rinascerebbe da una radice o da un’ombra che di sera si allunga o ancora dentro certi soli spenti che lasciano scie e non lo sanno
a volte sta sotto passi più leggeri oppure affiora da un respiro in eccesso e il corpo resta indietro
*
nessuno
tra il non dire e il non volere origlio la tua stanchezza
la consegnerò al mare al suono del suo fondale
dove l’onda lecca la rena ed è subito risacca
*
la Porta
schiaffeggiata da terribili venti, tra visioni terrene e celesti bi-sogni, basculante, àncora di salvezza per i morti.
a questa Porta ho visto bussare con dita adunche fortuna non grazia
*
Cosa ha sentito il corvo?
L'incanto del primo momento ha in serbo già l’ultimo, la brezza si arrende al soffio finale. Passano così
vite addomesticate che il tempo torce a stento.
*
guardare non vedere - ai miei figli
taglio alla moda (e mi prendono in giro) pure se ascolto musica fuori moda le cantigas de santa maria
all’alba gradirei sentirli immersi in un sonno discreto, persi, ma stanno già in piedi i tulipani
a spiare dai balconi le gazze ed io a spiare le ragazze o di vederli uscire insieme
se li guardo mi salutano: mi commuovono gli zaini
con dentro segreti beati quelli che credono, lieti, al volo degli aironi da una stanza
*
filastroc-comica
la mattina è iniziata caldo il cibo nel nido non si è pronti ad andare - ci sei?
spettinate le piume nel bel tempo che fugge sin dall’alba al tramonto - ma dove?
rimboccarsi lo sguardo lì davanti allo specchio necessaria è la sosta - mi hai scritto?
la camicia a pois siamo sempre distratti un sorriso a metà - mi hai visto?
non ti apro la porta credo ti infurieresti ma se scappo mi insegui? - mi ami?
*
la basilica
in fondo non il mare ma una strada d'acqua e sangue e uno spazio verde triangolare ossigeno e alabastro e muri resistenti ad anemici sogni sia pure freddi al tatto e aguzzi come aghi ma mi sostengono
quando mi faccio cupola a raccogliere l’inutile preghiera
*
Il contrabbassista
Topi in fuga o lepri sul manico isterico sorride beato disintegrando con le dita le idee musicali fino all’ultima nota del modo frigio.
Alla fine dell’assolo avverti un prurito lungo la schiena e un desiderio di tango. Lo sprigiona e poi lo richiude nella custodia. Infine se ne va con passo zoppo sottobraccio alla donna di abete rosso.
*
I filippini di santa pudenziana
Non avevo mai udito cantare ang e nam, né visto una tale ottusa dolcezza e irriducibilità e sorrisi di mandorle un po’ amare in piccoli corpi con le braccia a croce, assorti. Diffondono in alto e in fuori oltre le terre e l’acqua gentilmente un’eco di gong che lascia silenzio.
*
eccolomihaspintodadentrolodicevochedinottevieneapr
eccolomihaspintodadentrolodicevochedinottevieneaprendermi*
*(al nostro io-autistico)
non tu bambino non tu - sotto le coperte , lo vedi - cammina - un lenzuolo con gli occhi una maschera di fuoco ma fredda
chissà se conosce il gioco del salta-ranocchia se sa nuotare contare se si volta
aspettiamolo domani al laghetto i vermi li tocchiamo noi ché a lui fa senso
dentro l’acqua il cielo è arancio non è mai giorno non è mai notte per le rane metti il cappello tiralo sta fuggendo
*
Un nido tra la notte e il giorno
Nel tempo in cui anche i tavoli germogliano, ho attaccato la voce alle mani. Ti sei accucciato. Col sorriso tra i denti, mi hai indicato il luogo: la casa fredda. Non so quando non so perché passiamo da un paese
a uno spaesamento.
*
Si è in aprile
E sembra di scorgere rondini. Ma intorno è silenzio, la notte si prolunga nel corpo. A me basterebbe che il canto non si faccia sale.
*
strada a doppio senso
Con le spalle chiuse a proteggere un bignami di filosofia (la vita imperturbabile) passano i titoli di coda di un film reale. Si resta seduti in un cinema surreale.
*
le case vuote
le case vuote se la porta si chiude odorano di bucato lasciato ad asciugare
le case vuote asciugano lacrime che lasciano umidi i mobili e attirano insetti
le case vuote sono prodighe di ospitalità le finestre sono inutili è inutile la luce
nelle case vuote i libri aspettano anche se non legge più nessuno né ribadisce “l’avevo detto io”
nelle case vuote può aprirsi la porta con chiavi giuste e le persone ritornano come se il tempo
non fosse mai passato solo un'alzata di spalle e non risponde alle domande
*
La casa
La casa coi limoni che sa di rosmarino. E non vedi le rose sul tetto? Voci, sole e rombi scuri, la pioggia tra i muri, i colori.
Ma il tempio di questa natura trasuda freddo. L'ossigeno che non incendia fa rabbrividire. Uscire, è giorno - suonate il battente. Aprite?
*
l’idea del tempo
chiediamo al ladro il grimaldello? o forse al mare di indietreggiare? se è la strada che corre non avverti la tua corsa
*
domenica degli ulivi
un fitto silenzio negli interstizi di questo tempo di ulivi sciancati tira un vento pungente
che sa di sansa vorrei sollevare la cenere dai crani unti di pace
*
leggevo baudelaire
leggevo baudelaire sui prati dei vent’anni - non era questione di lingua (ignoravo il francese) ma un salto dall’età spietata
a distanza di anni la poesia è di nuovo fra noi -
maledetta? non la capisci/non la capisco (come la vita)
*
mi riconosco
mi riconosco nell’ottusa fatica dei germogli
nell’onda che ha smorzato l’incendio del mare
in ciò che sfugge su vie crucis d’asfalto nei suoni percepiti permanendo in zona-sogno
nella lingua che balbetto fingendo indifferenza
nel gancio che afferro mentre scivolo nell’imbarazzo
in una cascata di sì sgorgata dall’unico no
che ancora risuona come un boato
*
la storia
se i gabbiani raccontano una storia millenaria o se essa tace nell’acqua di fiume non so - ascolta tra le canne la garzetta - guarda quanto somigliano di sera tutti gli uccelli a un tremolio d'ombre
e quanto ottuso dolore permane nella macchia più densa del cielo - vanno alla foce tutti i viventi con passo costante - predestinati ciascuno al suo breve luccichio
*
veglia
anticipare il giorno che giace seppellito in una lunghissima attesa
nelle ore di veglia vagliare le intenzioni di ladri e assassini:
hanno in mano le chiavi degli altissimi portali dei giorni a venire
*
mezzogiorno
perdona il mio mezzogiorno senza cibo né lacrime - un peccato di omissione -
non mi ha smosso il rintocco del sole né ho colto nella tua fame un diverso amore
*
ad un nuovo incrocio*
ad un nuovo incrocio ti vorrò incontrare
in una casa dal tetto rosso con le labbra accostate
nell'angolo dove croci e ladroni stanno abbracciati per ore e dormono sonni colpevoli dentro sogni ambivalenti
ma l’amore non è un cristallo da frantumare
non un salmo segreto
da pronunciare
non basta tagliare mattine con coltelli di carta
e non è detto che i migliori tra guardiani e sacerdoti siano in grado
di decifrarne i segni
*ispirata alla canzone "Carte da decifrare" di Ivano Fossati
*
dati reali/sliding doors
dati reali
nulla da segnalare: il cielo è azzurro il sole arde soltanto
***
sliding doors
intuizione: c'è un altrove tra illusioni e incontri in potenza (potenza del non-essere) vite diplopiche
diversamente qui
*
sogno
propizio è sognare la rotta di un istinto semplice e ignaro: un fringuello nel vento senza pena dei tuoni - azzurro pentagramma puntellato di in-canti
*
non-primavera
metamorfosi in atto nell’acqua dello stagno -
il pesce volerà dal cielo pioverà un prato le stelle saranno l'ombrello del sole gli uccelli rinunceranno alle ali e cammineranno in mezzo agli umani finalmente accolti
*
lo diceva borges
sapere di sognare è straniante più del sogno lo diceva borges - o meglio la sua ombra - quando scoprì che ci vedeva bene
*
twist and shout
non so consegnarti che musica senza parole - vibrante preghiera - un rumore che scuote - strapazza stridore di vene e di pelle e se tu fossi morto (linfa del mio silenzio) come potrei raccontarlo?
*
artista di strada*
roman detto bocca di sacco per due spiccioli di jazz vende al traffico di roma la voce dell’america
e roma risponde al richiamo
di un erotico sussurro swingando le passioni nella sordina della cornetta
* a Roman Barabakh, artista di strada
*
punto coronato
poche cose tornano indietro e niente in natura persino le biscrome implacabili vanno al punto coronato senza cedere di un solo battito quest'assurda frenesia conosce soltanto la direzione dal lontano all’inconoscibile
*
i tuoi fiori
1
ricominciare sarebbe possibile invertendo la marea ma se persino la luna non ha argomenti non c’è scampo allora non mi oppongo - innaffio i tuoi fiori soltanto 2 (begonia) colorito pallido non hai retto al gelido (ibiscus) nel nulla intensamente viola (tradescantia) nell vaso sospesa aspiri alla meta più attesa (geranio) ma dov’è la rosa?
*
perlucio
com’è inappropriato il mare e com’è ingiusto - (le onde testarde incontro alla solitudine) com’è bugiardo il mare e com’è lucido a marzo com’è profondo se l’attraversi e com'è infido
*
quanta vita manchi
quanta vita manchi alla metamorfosi e quante voci non ascolti io non so dire quanta vita manchi al congedo nè quanta dolcezza
io non posso saperlo ma nel passaggio noto un’ansia_ forse è il risvolto della speranza
*
nuove consapevolezze
al baleno dei giorni ricordare non conviene: è un cedimento una vergogna il tempo è la nebbia che precede le brezze. - gli antichi volti e le nuove consapevolezze
*
Dolore e trasfigurazione
E' nostalgia. Poi, quando il piede si leva (anche questo è dolore), stare obliqui e fuori dal cerchio ad accudire la notte. E' lutto. Per ogni nuvola, per ogni infedeltà. Ma poi il fuoco trasforma il pane in fragranza e vento, all'alba.
*
quasi un epigramma
non anticipate il dolore poeti lasciatene al vento la voce il tacere vi è proprio il prato coi pini le morti innocenti nei nidi loro sì in agguerrita attesa
*
ritratto di mutilato di guerra
chi può reggere un colore che è come un pugno? non io, occhi obliqui dentro i tuoi nell'asfittica stanza verde-ospedale nei lampi e nei fuochi nelle acque che sommergeranno
c'è troppo lutto troppo pianto nel rosso dei burqa.
(su una foto di Steve Mc Curry)
*
l’idea
a Luciana Riommi Baldaccini l’idea che il domani sia la naturale risoluzione di una dissonanza non un'anomalia un attimo d'inappartenenza nella pulsazione una pausa ma carica che prepara attacchi orchestrali d'incontenibile impatto la voce di terra versata in registri impensati un giorno noto nella trama ignota di una polifonia
un tempo disteso (un adagio col da capo?) che farà prigioniero il tempo in recipienti di molte misure
*
il maestro e la ballerina
La vita è fuggita su zampe di cerbiatto - calpestava pianissimo un cerchio insufficiente con tempo imperfetto. Ciò che la musica anticipava, i corpi aspettavano: la fuga. Dionisi disillusi
intrecciati nelle corde
imperterriti nella bufera:
il maestro e la ballerina
(ispirata ad una poesia di Mario Luzi, pubblicata oggi sul sito http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Proposta_Poesia&Id=1483)
*
inquietante
nel rumore del piccì percepisci il calmo dondolio di assenze e presenze - consuete entrambe - persino il clima è stabile: l'inquietante è non saperlo.
*
Girando attorno
Il dramma è la durata. In mezzo, eventi con inizio e fine: noi. Negare la durata sarebbe come dire che il tempo non esiste. Nel nostro linguaggio non esistono parole esatte per dire vita o morte.
*
le ceneri
in odore di quaresima non solo cenere: il passo quotidiano del credente insieme all'inciampo del non credente
*
un’antica eva
di notte escono alla luce con una lingua endogena e formano canzoni che mai avrei cantato - talvolta poesie su argomenti che ignoro con la voce di un'eva segreta. l'afferro e non l'afferro sulla soglia del risveglio infine la ritrovo nel colore di un giorno normale talvolta impertinente nel restare nel sogno mentre si sa che viene dalla terra
*
vuoto nel vuoto
la poesia è vuoto nel vuoto spazio libero che buca il quotidiano arcobaleno la poesia è il cibo evanescente per la fame insaziata una scommessa sul tempo e poi la rinuncia dove ogni pieno è come un retino bucato la poesia sceglie il vuoto e lo accudisce
*
bilancio di una bilancia
ad amare da lontano si impara da vicino_ le ombre s'incontrano in sogni indecifrati
*
la mia africa
quanto vorrei in una capanna mischiare colori e polveri e porpore di lunghi abiti da sposa e sapere a memoria i passi del canto baba fururu ere reo
oboca gne gne leri uo
e addormentarmi nel giallo che incendia e guarisce
*
a un amico
quale fuoco purifichi
la tua ombra gentile - quanto amore nutra i tuoi fiori (narcisi e ginestre) - quanta luce rischiari la radura dove pure gli alberi restano sconosciuti a se stessi - qual buon vento ti carezzi gli occhi e rimescoli ciò che è stagnante - io che ti sono sorella non saprei spiegartelo
*
l’aggettivo remoto
l’aggettivo remoto non significa passato ma affiorante da antichità perenni il remoto non è nascosto - procede da un mistero che si svela
*
Sopra i più impensati deserti
Fuggivano da terra al vento di mille colombe - così ho viste profezie elevarsi dalle ceneri seguire le rotte dei migratori sopra i più impensati deserti nell’ora in cui uomo non conosce uomo.
*
leggi tutte le poesie del mondo
leggi tutte le poesie del mondo ma non spinare le rose poi rileggi e ricorda i fiori le spine e le labbra accarezza le mani, versa acqua_ l’amore che hai nominato attrae altre stelle
nell’universo di una mente dove gli inganni sono sempre nuovi
*
buon pomeriggio ai poeti
quando incontri un poeta taci le parole di un poeta - quanto lo incontri - fanno silenzio se un poeta ha parlato chi sono io per parlare? ma poi, cosa dice un poeta che non si sappia? forse ciò che lui stesso non sa e tutti l'ascoltano
*
Agro-dolce
Asseriscono i dottori che si deve misurare lo zucchero. Io non posso negare l'amarezza. C’è chi ama e chi si fa amare.
La sposa frettolosa raccoglie nel velo una pioggia di confetti e coriandoli con qualche sassolino.
*
pianoforte ancora muto
non ritrovo le catene di accordi_
le dita più fredde più ferme il silenzio dell’alba il gorgoglio dell’acqua nei tubi: non-domande,
solo una voce nell’aria ghiaccia come una pausa opportuna che riporta all'inizio.
*
leggendo lorenzo calogero
perché non sorprenda il peso delle palpebre, si tentano esigui voli
come la farfalla che rischia il denso delle cose.
se nel volo si affranchi il peso, è un dono e un fardello, è come una nube che corre ma è già perduta: onda sogno vetta mormorio.
*
sindrome dell’arto-fantasma/cacciati e cacciatori
sindrome dell'arto-fantasma
vorrei che dalle crepe del corpo uscissero farfalle curiose e si posassero su fiori di plastica. non vorrei vederle tornare ***
cacciati e cacciatori pomeriggio di passeri morti: non c’è un solo poeta nei paraggi. cadono fiocchi, non ho briciole da darti, né fuoco. ascolta come battono i miei denti e come dolcemente ti assaporo.
*
cerfs-volants
ci sono biglietti che volano dalle finestre, parole che non hanno presa e diventano pugni e sangue su certi cuori piccoli ma già duri
(perché non osservi quello svolazzo di cielo e non ti culli con la musica delle tue stesse ali?) le parole inciampate nelle unghie ma è il tuo viso immobile lo sfregio più orribile
*
l’ingorgo
tra l’ingorgo e il contrattempo tra il non detto e il male-detto non ti perdo amata figlia (poesia) se scoppi furibonda malconcia e umiliata nelle vene ferrigne del tubo di scappamento_ né le sirene deformi né i clacson ti hanno spenta, solo l’albero malato tossendo t’implora “deh guardami prima ch’io mora”
*
campo con profili di alberi spogli*
gli alberi scheletriti e l’orizzonte - giallo duna - appianato - non inquieto - non obliquo e una nuvola rossa nel cielo
non radici ma relazioni linee infinite a croce con piani - tutto il possibile e il vero racchiusi in una logica a scacchi
ciascuno scelga il proprio quadrante e si espanda in perfetta armonia
* titolo di un quadro di Piet Mondrian
*
Ventisette Gennaio
"Per i musicisti hanno sistemato delle panche nell’area dei crematori. Non ci sono leggii, dovremo suonare a memoria (…). Suoneremo per persone che ben presto saranno bruciate; ma da chi? E’ un mistero. Forse proprio da noi? Le autorità impongono ai musicisti tanti lavori che non hanno nulla a che fare con la musica (…). Il concerto durerà all’incirca due ore. Il programma prevede anche delle melodie ebraiche." (Simon Laks 1991, p. 135) Il cane abbaia rabbia, fanno eco altri rumori a comporre l’irreale armonia di questo tempo: sembra la scena di un teatro miserabile, una bocca senza denti. Il finale è inciso sulla porta. Quasi uno spartito che fingiamo di non saper leggere.
*
brahms – terzo movimento della terza sinfonia
gli uccelli ritornano - persuasi dalle brezze serali - nel giaciglio asciugato coi fiati
io indosso le cose rimaste come una giacca appesa a una sedia che nessuno ha spostato
e una calore mi avvolge: quasi una sinfonia
*
nella sera
1
d’istinto cadrò nella sera come sopra un comodo giaciglio o simile a un volo di rondine in anticipo sulla primavera
2
han detto che l’Europa gelerà_ non di freddo moriremo noi ma di un prometeico fuoco, noi che non volemmo luce per le nostre alcove
*
Le bizzoche
La prima voce intona; la seconda se ne va libera per la navata - troppo libera in verità - . E’ un controcanto poco ortodosso: Ama e fa’ ciò che vuoi - le bizzoche sussurrano - tra terze e seste puramente casuali. Il peccato di oggi? Mettere lo zucchero nel caffè.
*
dicevano i greci
sarà che questa nenia accarezza il dolore sarà che le strade ritornano come lacrime postume
kalòs kai agathòs agathòs kai kalòs - dicevano i greci -
ma noi non siamo di marmo e peperino è legnoso questo colpo è una croce
che porta dietro un volto di ragazzo bello e buono come un eroe greco
*
naufragio
non fogli né silenzi da vergare_ la notte è persa al mormorio del mare si aggiunge un lontano rantolare di abbandoni e schianti sommersi e un dio cui non importa in quale abisso assorti
*
il tempo non esiste
il tempo non esiste il bambino non è il vecchio la sorgente non è il fiume non è un film il fotogramma come spiegano i filosofi questo gelo improvviso?
costruisco la mia casa nel sole ponti d’oro al mio signore ma l’oggi è una zattera in un lago ghiacciato
entra un canto che scioglie e l’acqua ha permeato il legno ma la musica non s'iscatola né si sceglie
*
tempo di carezze
è tempo di carezze
sulle schiene incurvate nel tenue odore dell’aria d’inverno
oltre gli astri si preparano vite e fatiche e consolazioni e ciascuno ne riceve
dalla terra si propaga un calore e noi come gatti vi strusciamo le terga
*
fiori di loto
cos’è più terreno dei biancazzurri fiori di loto?
il sole - pur complice di amplessi - davanti ai petali impallidisce
*
cielo coperto
svegliarsi salutare incontrare un nuovo poeta
(l’avevo intravisto tra il grano e il loglio) copriva con l’ombrello il suo violoncello
pioveva ma non sul suo cappello
*
partenogenesi
la poesia per partenogenesi emana da gente incline ai tormenti oppure da matti indisturbati - raramente è generata da epifanie di luce - si cela nel nucleo di certi soli che spariranno e può rinascere da cadaveri di fenici (i cocci di bottiglia sparsi sulla muraglia
dalla sera sèguitano fino al mare con scaglie gialle di lampare)
*
la rotta
non seguite i miei pensieri rotti nel groviglio delle radici io seguo la rotta delle foglie nella vertigine d'acqua sotto i tronchi nel momento dell'addio
*
ti uccidiamo come un cane
roma, 4 gennaio 2012 fuggire dalle belve che uccidono i bambini lasciare i dolori coi dolori
accarezzare le colline che abbracciano il lago dondolarsi con una canzone
posare i piedi lentamente sulle impronte degli aironi fini come ideogrammi
leggere e dimenticare
*
la farfalla
nel fondo nel doppio fondo nel vuoto di un calice nella scatola dentro il cassetto nell’avanzo del piatto sul davanzale sul crinale sotto il tappeto nella toppa sulla pappa tra i capelli tra gli orpelli si è posata si è spostata è volata
chi l'ha violata?
*
a metà strada/la murgia
a metà strada
non avrei voluto vedere la pianta morire di stenti e mio padre seduto con la mano in un guanto
se addio o abbandono vinse la paura e sono rimasta a metà strada
***
la murgia
tra funghi e nebbia cercando la manna come i padri nel deserto
i cardi pungono ma esteticamente attraenti
*
Il silenzio dell’atrio
Sale dai pini, pungente, un odore di resina e incenso. Luci calde trapelano dalle finestre e vapori d'elicriso appannano i vetri. Gli insetti lavorano sotto la terra gelata, gemme novelle stillano da alberi magri. Pure in un atrio, d'inverno, si cresce.
*
favola invernale
chi al grano e chi al loglio tra le zolle un germoglio
da lontano una donna con la gonna e le sporte si apriranno le porte questo sole è a metà
la baldanza verrà.
*
spaesamento
la vela sorpresa dal vento è la riva il cielo più nero tra il darsi indietro e il sereno si sceglie il dondolamento
*
Capodanno rumeno
La risata argentina e un po' nervosa di Miriana, la badante, quando arrivano visite. Al suo paese le chiamano grazie ed offrono confetti. Le caramelle, invece, addobbano gli alberi di Natale. Ma se non arriva nesssuno, Miriana sottovoce ripete la grammatica e scrive lettere con la grafia della prima elementare e ogni tanto di nascosto vede le foto del matrimonio. Non lavora il marito di Miriana, ha ucciso il maiale e a Miriana l’hanno detto passato Capodanno.
*
i ferri del mestiere
la giornata di sole cambia il segno del mio stare qui. trasparenze e colori sono mezzi per convincermi ma mi sottraggo: non anticipo, non posticipo.
il tempo è un infermiere più che un giustiziere.
*
affaccio sul mare
se il vento tace, se la pioggia dà pace emerge il suono di fondo, estenuato errabondo andirivieni dalla memoria al qui e ora.
*
la sera di natale
Le luci: a Natale non puoi sbagliarti. Si è svelata la città. Mistura d'acqua e sale e odore di mistero. Molte strade conducono al mare e la sera di Natale più di una solitudine.
*
il presepe di marcella
a marcella
è kitsch il presepe di marcella . sta sulla credenza di formica i personaggi sono di plastica i pastori portano agnelli come fossero angeli ma noi che lo guardiamo partoriamo noi stessi avvolti in carta di stelle.
*
pellegrinaggi
percorrendo le tratte domestiche puoi sentire bruciare distanze propagarsi partenze lontanissimi pellegrinaggi eppure non corre la strada né sono preghiere
i sussulti che vivi e ti chiedi: cosa muove? cosa muore?
*
rivedrò il mare/tannenbaum
rivedrò il mare
gli occhi di mia nonna. antichi di resistenza. specchi di un non-cielo solcato da rotte marine. sardonico il sussurro, forse un sorriso serbato. perdona non incondizionatamente ma per virtù: la prudenza.
***
tannenbaum
davanti all’albero delle sorprese tutte le età trasparenza di musiche angeliche e qualche stortura
sospesa su rami di plastica.
*
diciottesimo brindisi
figlio arrotolato dalle labbra e morbide e sincere aggomitoli parole hai la vita nel bicchiere! (i tuoi anni spumeggianti)
(a mio figlio, oggi diciottenne)
*
compleanni
le mie figlie - stelle gemelle anzi differite nel cielo di dicembre le ho volute
tra gocce benedette le ho date il mese della luce le ha portate alla luce
(dedicata alle mie figlie, nate entrambe il 16 dicembre a distanza di tre anni l’una dall’altra: oggi hanno 13 e 16 anni)
*
eremita
al mondo poco incline, scelsi la grotta
di mattina gli uccelli mi invitano,
io svelta indosso il cappotto
capisco il sole dall’ombra dei miei piedi
e proprio lì spuntano fedi
*
santa lucia
stelle nere - ho avuto paura che fossero avide bocche
assetate e che non potessi bere il mare
*
disse matteo
sentimmo piangere e piangemmo era grigio e non colorammo né digiunammo né festeggiammo
se qualcuno suonasse il flauto
si potrebbe danzare
*
non cercarmi
non cercarmi nel mio angolo - sto con lo stridio dei muri e con l’ipnosi di un solerte elettrodomestico
aspetto che mi colga indefinita la nostalgia pungendomi fin dentro gli organi e poi ricucendomi
*
la sindrome del nido vuoto
sempre rischiano
fame e avventura nel folle volo. il nido è vuoto le foglie cadute le figlie v(i)olano la paura.
*
avvicina il tuo orecchio
il fiume non parla. io cerco di mantenere la rotta con la mia barca rotta.
*
invettiva/bigliettino
invettiva
cineree nubi dell’alba evocate l'inverno. ma dell’inverno voi non amate le pallide doglie né la timida speranza dei frutti. amate l’inverno che s'inchina davanti al seme!
vi asseti più dell'estate l’acquerugiola dei vostri rimorsi.
***
bigliettino gli oggetti sgualciti dall’uso parlano ancora. tra silenzio e nostalgia l'ennesima replica.
*
raccolta differenziata
dall’indifferenziato recupero non esperienze per farne mazzi di fiori già morti - ho materia abbastanza tra scarti vivi e frammenti
per ricicli creativi. specchi umani con graffi simili a ricami...
*
le foglie morte
il sole non fa differenza: tutte colora di caldi riflessi,
le foglie vive e le figlie morte. noi invece - creature di un bosco perduto - tra l’impronta di un viandante e l'orma della sua caduta
scegliamo un sole cinico malato.
*
giorni corti
giorni sordi e sfiatati - giorni corti. vorrei sentirti pulsare in me con sincera espressione,
linfa che attraversi le mie vene normalmente battendo il tempo, vorrei sentirti intonare un canto... come musicante, diligente soltanto,
so accordare strumenti ma non li so suonare
*
l’altro
uno sgabello la finestra strofinare un piatto ciò che ingombra ciò che è lento o evanescente le ragnatele d’oro e d’argento i lunghissimi fili invisibili i nodi non sciolti i legami
l’altro è ciò che non voglio sapere di me (l'ignoto) posso pescarlo con l’amo se nuota
vuole silenzio e il tempo che serve a chiamarle per nome
*
mattiniera
scosto la tenda: materia e cose - la substantia
(ciò che sta sotto) è anche fuori e dentro: le piante, il vento, i panni stesi giustapposti esistenti ignari coerenti. .
*
il funzionamento della mente
ascolto queste piccole mie morti nel divagare di giorni e notti ma della fine non sono convinta.
la memoria trasfonde nell’oblio le turbolenze di lente agonie: nel passaggio, si subisce l'istinto.
*
questo filo di voce - ai recherchiani -
non spezzate la voce filiforme che sa rompere le vene ha il suo nido tra cute e sottocute nell’angolo dei pesci d’oro è la luce che fa scoprire l'acqua il riflesso di ciò che non si vede
*
sotterranea
immagina quante parole trascorrono racchiuse dentro fiumi che mai troveranno la foce immagina quant’acqua e quanta luce sulla terra e sotto il mare: il grande corpo collettivo
*
quasi un epitaffio/il compleanno di marcella/amor
quasi un epitaffio
preferisco la scia che rimane delle vite sentire il profumo e colmare le sporte di pane
***
il compleanno di marcella il tempo per marcella non è una linea dritta rigira intorno ai paletti
al di qua c'è la vita al di là c’è la morte
dalla soglia i suoi cari dolcemente stanno soffiando sui suoi nuovi anni
***
amor ch'a nullo amato amar perdona
da quanto è ri-amata
sa che ama ed amò
*
pirateria/il paguro bernardo
pirateria
hai razziato il mio corpo di luce oro e carcassa coi tuoi denti-pirata mi hai tatuato la notte
***
il paguro bernardo a lungo ho aspettato
che uscisse dal suo nascondiglio il paguro bernardo continuava a rigare la sabbia poi cancellava e di nuovo, finché l'onda passava
*
tu ascolta
non scostarti dal mio orecchio, i miei occhi han visto cose nuove.
tu ascolta e dimmi cose antiche.
*
messaggistica istantanea
ti avviso che domani il mare evaporerà e le stelle scenderanno bagnate in cerca di venti di terra o aliti umani che le spingano in alto di nuovo
*
trompe l’oeil
se un giorno mi scrostassi da me stessa sarei come una sorta di trompe l’oeil visibile soltanto da lontano sul muro un po’ massiccio ed oscurito di un edificio in stile rococò come una bizzarria che non convince se appare da un certa prospettiva o come quell’affresco che non tiene tra un graffio ed una beffa della vita
*
fa freddo
nel gesto di serrare le finestre sono come la pagina finale; la luna è ferma nel buio e mi vergogno della mia incredulità
*
tradimento
trattasi - normalmente - di spazzolare il pelo di un gatto che non mancherà di azzannare il boccone di carne che io stessa gli avrò preparato
*
poetica
della vita,
la prima parte vivere la seconda
scrivere
la terza rileggere
*
poeta-anguilla/parla eva
poeta-anguilla
per ciascun poeta-anguilla c’è sempre un predatore nei dintorni -
dimmi poeta-anguilla cosa vedi specchiarsi sotto il fango e come assorbi buio e spargi luce nell’affondo che ti salva mentre il mondo si danna
*
parla eva
della mela salvai la parte sana - tutt’intorno il campo era infestato di rami secchi, cortecce svuotate - la linfa aveva preso a circolare ma dentro organismi plastificati -
io mi presi la parte migliore - non c’è stato un adamo, un signore che abbia sostenuto la sua parte!
*
Scenario
Tutto questo virtuale tornerà silicio e dolore. Il primo - lucido sotto i riflessi di un altro probabile sole - si aggregherà a formare pianeti (più intelligenti). L’altro - nuvola o satellite -
pioverà, di tanto in tanto sui bit che hanno mosso le stelle. Nell’abisso che è oltre lo schermo resteranno rumori di fondo (versi lontani) e cancellature
*
a tutto campo
come i lampi dividono il cielo,
così i ricordi lo squarciano
oggi è sole a tutto campo...
essi stanno nudi ingiudicati
nel cielo integro
*
zia
mi è apparsa in sogno a metà della notte incipriata e con le scarpe alte bella - più bella -
ho fatto appena in tempo ad afferrarle un lembo del vestito e questo tra le mani si è sgranato come i volti dei vivi nel carosello di voci e campanelli
polvere aggiunta ad altra polvere su questa terra che sostiene ciò che si posa e lì riposa
*
le altalene
nello spazio che si è liberato
- giacché tu sei qui, amico mio caro - mi sembra si avvicinino farfalle che si posano su nuove altalene che vanno solo avanti, e spedite
*
la tempesta
il colore dei cumulonembi negli interstizi che lasciano i lampi in uno sfondo plumbeo e spettrale l’eco dei tuoni -
poi arrivano e sùbito le foglie nella ridda del terrore spiritate si spargono - anche gli alberi consegnano l’anima -
si dilegua la tempesta come avesse vergogna di se stessa puntando a un altrove, a un'arcana non-provvidenza
*
la mosca
una mosca girava attorno a se stessa - ho avuto pena di quel suo vagare nel vuoto di una cosmica e inconsapevole libertà e l’ho lasciata andare nel suo non-essere ma soltanto esistere
*
rassegna stampa
rassegna stampa - l'alluvione a Genova -
Da tempo piove fango dove allegri maiali grufolano ma quando ricomincia a gocciolare corrono goffi e fradici
strògolandosi -
Il gorgoglio del fiume dentro il tubo: un mantra in genovese Montale? Ha imprecato!
*
l’ultima incomprensione
mi indicasti la gonna che indossavi: troppo fredda per l’inverno troppo calda per l’estate - mostrasti il ventre che ha partorito e ancora incespica nei sentimenti usciti dal grembo... comprendo e non comprendo quel tuo vezzo di chiudere le porte e finalmente svelare dietro un abito non scelto la tua celata femminilità
*
la vela
varcare l’inverno è prendere il largo simili a una vela gonfia di vento odorosa di pino
quale mare solcare? confusi colori mescolati col cielo: se navigo o volo è la sola domanda
*
il pozzo/priorità
il pozzo
un pozzo proprio al centro del petto: vi cade polvere vi cadono monete e tutto quello che porta il vento_ il rumore fa compagnia quando la notte frantuma le cose ed esse rispondono ancora, con voce distorta.
*
priorità una vasta distesa: lo sguardo scivola la memoria è indifferente la notte confonde_ di fatto è solo tempo passato digestioni difficili ricordi e visioni la priorità che diamo alle emozioni?
*
mia nonna e il raggio catodico
prima irretita davanti allo schermo poi lentamente perdeva materia
così mia nonna si è fatta farfalla ha preso il volo nel campo magnetico della terra
*
intuizione
intuizione
lancio la pietra nel fiume _ la forma che lascia il buco nell’acqua la vita anfibia che sguazza intuisco ma non vedo
*
carveriana
Lentamente si avvia il furgone. La donna in vestaglia fuma: la sua prima sigaretta. Tra Kant e il bowling, studenti svogliati s'immettono su incerte traiettorie di vita impiccati alla fune dell'imponderabile. Un uccello malridotto si accanisce sul cibo nevroticamente.
*
Evoluzione
Anni addietro mi sciolsi nel mare. Ciò che resta della mia sostanza
è il colore di un'ottusa resistenza.
*
passano stelle
non immagino niente di ciò che è stato_ passano stelle, scompaiono_- noi ci indichiamo l'un l'altro la direzione di nuove espansioni _
*
essere albero
essere albero per attendere il passaggio degli storni vederli tornare dopo il temporale e di nuovo partire essere corteccia
per farsi graffiare foglia per accarezzare chioma per farsi desiderare
*
haiku di oggi
brillano foglie in nere pozzanghere di terra e stelle
*
dedica
ho gli occhi più grandi dei tuoi ma non la forza cieca racchiusa dietro le tue palpebre - se sgrano la vista vedo mostri dalle mie pozze entra luce esce acqua il buio fa festa di notte e mi vergogno se ti penso addormentata arresa
*
ore venti
tendo la sera come fosse un elastico
ma non si allunga si allarga
*
disintossicazione
bere parole leggere espirare vento caldo
salire su nuvole snelle piovere gorgogliare nelle falde affiorare ruscello
*
e arrivò/cambio di stagione
e arrivò
fu un'illusione il giuramento - i pesci sul bancone e le tue occhiaie provavano le notturne indecisioni - serviva un vento e arrivò la pioggia ad assorbire il mio malumore
non c'era stagione migliore non c'era un'età migliore in quel reticolo di strade da cui passava il tram che andava al centro delle cose
*
cambio di stagione non semi ma visioni
di serpi e di colombe_ il rumore che fanno le gocce di pioggia
sulle corazze è stata una lotta
*
nubifragio
corre acqua lungo la schiena questo giorno va preso di spalle capovolgerlo
*
che fine ha fatto la bellezza?
“ciò che conta è la funzione” e sparì la bellezza
*
a queste parole - pensando ai poeti che muoiono -
se tra un lampo diurno e un tuono notturno mi appoggiassi a queste spirali a queste parole cascanti a bit a puntini effervescenze chiavi sussurri
se mi appoggiassi - dicevo - al bastone dell’ultimo poeta e gli porgessi il braccio camminerei io più sicura?
*
sono ricordi
quel taglio di occhi su un viso totalmente occidentale (quasi straniante) le mani restie, gli inciampi, i silenzi
li vedo tutti in fila (sono ricordi) a capo chino mano nella mano come bambini rimproverati e riallineati
*
di mattina non si prendono certi argomenti
di mattina non si prendono certi argomenti
una logica incontestabile nelle frasi già pronte e fragranti sulla tovaglia della colazione ad esempio: “hai parlato”?
*
roma - prima porta sembra che il lutto non abiti qui le macchine entrano ed escono tra i condomini rossi intonacati
una donna pulisce la lapide sistema i fiori di plastica controlla i finestroni di anticorodal
nella tromba delle scale
un piccione fa vento con le ali
* i cinque sensi ubbidisci a legge di natura
ti si s’imbiancano i capelli
la vista t’inganna parli poco meno gesticoli
(e a naso non mi riconosceresti)
*
attraverso l’universo - omaggio a john lennon -
jai guru deva om nothing’s gonna change my world
traboccano parole dalle tazze di carta che la luce frantumò in sillabe riverberanti lettere sparse al vento idee scivolose finirono in terra, ombre splendenti_ immagina occhi piogge e pozzanghere che t'invitano a liberi amori completamente aperti e soli senza limiti che ti incitano alla danza across the universe
*
insonnia
incombe il tempo insonne - i corpi fluttuano in azzurra sostanza le forme si sfibrano come nuvole tra i cornicioni le ombre sui tetti sembrano spaventapasseri irriducibili esistenze
ingoiano bocconi immangiabili insieme a sorsi d'ostinazione mentre i latrati in gara coi motori sommano antichi a nuovi dolori
tra i non-dormienti un edonista del silenzio registra i morsi dei cani di dentro - è un poeta
*
partita a tennis affettiva
a mio figlio il sole accende i minuti
dei pomeriggi passati in panchina metà in ombra metà fuori gioco
e tu stai rincorrendo la vita con goffo slancio rimbalzando la palla che scotta la patata bollente
*
nel mio paese
nel mio paese certe mattine il mare è oleoso e l’occhio scivola al di là dell’orizzonte dove esistono mondi fantastici
nel mio paese quando il mare è calmo - troppo calmo - non ci si sposta neanche tutti rallentano e aspettano senza stupore gli accadimenti
nel mio paese avvengono fughe e qualcuno ritorna ma sembra che il mare da sempre ristagni
*
fusionale
quando saremo ombre veramente ti vedrò ora ignoro di te ciò che conosco (di me qualche brandello)
*
fame nera
una mano ossuta nero su bianco piccolo su grande fame su indifferenza
non dimentico il bruciore dell’ago nel mio stomaco il prelievo di colpa il perdono che non si è effuso il rumore di una pioggia di fango
sulle mie unghie nere
*
l’odore della felicità/la/un treno in transito
l'odore della felicità
mi è rimasta nel naso una polvere fine come di bomba brillata
mi era parso un odore ferino ma la "belva" io non l’ho incontrata
*
un treno in transito
i silenzi si confondono tutti e non se ne conosce la provenienza_ urlare al tempo: vai via e mettere le voci nella giusta sequenza...
un treno in transito visto da fermi
*
il bandolo
qui e ora afferro il bandolo sfilo i nodi e srotolo questo gomitolo: finalmente una gialla pianura con dei fiori al posto dei vuoti
*
nuovamente
dell’autunno scelgo il vento i pensieri scapigliati la secca leggerezza delle foglie
che poi si prepari il freddo
è un noioso discorso da vecchi l’autunno non ha peso non ha anni
*
di saramago* vorrei dire
non basta l'abusata nostalgia, neppure le visioni da poeta_ ci vorrebbe una punta di follia un incipit da giornalista e una trama corposa alla maniera di saramago
se fossi uno scrittore portoghese almeno avrei la scusa
della saudade (e "pepa" la segretaria)
*
stagione di anziani e badanti
il sole ancora persuade certi violacei fiori di viale e braccia robuste di badanti
ai tavoli dei bar
affoga l’inverno in un’ubriacatura di presente senz’altri argomenti del porpora già pronto sulle foglie
i figli dei figli a passeggio col carrello della spesa sorseggiando una lingua straniera rubiconda di terre lontane
*
ai romani della garbatella
a garbatella gli alberi dai tempi della guerra hanno radici fin sotto le case e i rami entrano dalle finestre non richiesti ma accolti a garbatella tutti si conoscono e si salutano dall'alba al tramonto la metro è una belva tenuta lontano come certe persone troppo snob che semplicemente non le appartengono
perché garbatella è un villaggio un po' chiuso un po' aperto nei vicoli si è tutti un po’ stranieri
solo gli alberi si sentono a casa
*
notte
la notte_ un lago di latte ________________________________________ nebbia, assenti sogni gioie paure e pensieri liquidi e accade di confondere il bianco con una vaga colpa
*
tramonto
l’ultimo raggio è un filo sfuggito al giogo
per rincorrere un gioco di luce
*
della continuità
e tu nel tuo tacere cosa ascolti i mattutini rumori del fiume? non c'è niente che non sia come un pesce che risalga il corso nel ritmo impercettibile
della continuità
*
le case geometriche
ad angolo con i divani
i tavoli stanno precisi:
già allestiti per il pranzo.
le imposte fanno da schermo a tre quarti esatti di luce, l'ultimo quarto ne è inondato, la polvere non volteggia, è sospesa tra fili invisibili, ortogonali agli oggetti che nell'immobilità sembrano appianati, normali.
se vi affacciate non restate sorpresi che il caos abbia qui una sua dignità.
*
non aprite le finestre
il lento svegliarsi e l'incerto camminare indietreggiando
*
stamattina finalmente si è placato il tosaerba - rimane il continuum della lavastoviglie rumore cupo con picchi striduli e disperati
*
per iniziare, ultimare l’incompiuto (la notte è conclusa, le finestre anora chiuse)
*
entra di prepotenza "la luce dei miei occhi" (però part-time)
*
sul fondo
il vuoto non è un ronzio che nel sonno ti scuote
ma un boato che brucia poi cancella le tracce, una scia che scompare nel mare
e sul fondo una carcassa muore.
*
tempistica/la telefonata
tempistica
chi non s'incontra si è già incontrato chi si è incontrato non si reincontrerà né prossimamente né lontanamente
se poi il tempo si presenti puntuale all'appuntamento sarà sempre l’attimo (o il secolo) dopo l’irripetibile evento *
la telefonata le difese abbassate le antenne spuntate
un solo suono - il battere d'ore due voci al crocicchio due risate e un come stai? senza offesa né giudizio l'oggi è propedeutico al domani (un ospite atteso)
un lungo copione
conosciuto a memoria senza turbamenti senza intervalli senza rivelazioni
*
il pettirosso con la fotocellula/haiku d’autunno
il pettirosso con la fotocellula
se passi accanto ninì il pettirosso ti saluta con un verso che pare uno squittio
questo sparuto è una specie di ufo che sorveglia la luce respira il vento e l’amore mio allorché, non volendo, starnutisce,
lo risveglia
*
haiku d'autunno
miope un'ape si affatica su un fiore non vede l'ora
*
pratica evasa
prima del sonno, l’esito dell'esame di coscienza: ho assolto al dovere messo a dormire amori poeti pensieri
che questa notte mi porti solo piaceri
*
equidistante
la retta che poteva intersecarci ha deviato sul punto equidistante tra istinto e ragione_ non saprò se mi mancavi e non ti ho segnato assente: all’appello rispondo io per te
*
sottobraccio
e quando la gioia mi prende rovistando nel pacco della non-felicità vorrei fare quattro passi con lei pretendendo spiegazioni: non mi aspettavo regali non è mica un compleanno!
*
e nell’oblio
penso che i corpi non scompaiono si assomigliano tutti e hanno forme anche belle penso alla strana ossessione delle cose esse ritornano nello stridore di dentro nell’incompletezza in chi non vuole sapere e nell’oblio - esso stesso un’ossessione -
*
la potatura
nella nenia disperante di una barbona si riconoscono gli urli dei nidi sfollati
*
lezione di musica
M i U nisco al S uono I neffabile C he A nima il mondo
- quale suono? (chiedo) - l’amore (rispondono in coro) - l’amore? - quando si baciano!
*
il ponte/la donna che veste sempre uguale
il ponte
la strada finisce con un ponte ultramoderno inarcando i desideri dal possibile all'ignoto
*
la donna che veste sempre uguale
l’avevo notata per i vestiti ogni giorno diversi di buona fattura_
rivestono ora i suoi giorni un camicione lilla - sempre lo stesso - e sandali fucsia quale evento straordinario
può indurre una donna a riporre la sua vanità in un cassetto che odora di morte e spalancare porte e finestre all'astrazione
*
piove/tempo di crisi
piove
in certe fessure sottili tra saluti e rimpianti dentro fili telefonici nell’inganno di una lontananza piove
e non posso sapere se il mio ombrello reggerà
alla pioggia o alla felicità
*
tempo di crisi
le idee si sciolgono lasciando umidità sugli accidentati percorsi
della ragione
serve un ventaglio di fresche proposte aria nuova che asciughi il bagnato
ma tutto è perduto se più che la crisi di idee ventiliamo l’idea della crisi
*
teenagers
Alessio dice che è inutile studiare che il cervello non ha muscoli - allora si fa una nuotata nelle cartine geografiche con le braccia lasse che sembrano pinne e code. e lo vedi boccheggiare.
*
avvistato uno strano organismo
nel vagone nella metro ha due paia di occhi un solo paio di occhiali piedi e braccia snervati due teste un solo casco e intorno un vuoto d'aria - il risucchio di un bacio -
*
il mistero del poeta/degli alberi
il mistero del poeta
il poeta dorme beatamente sapendo che non vede e negando ciò che sa
a volte ha sospetti ma non sempre scrive spesso tiene discorsi ai gatti
*
degli alberi degli alberi è difficile parlare: i poeti lo sanno. si abbeverano trattenendo il respiro. nel corso del tempo - incalcolabile - crescono vigorosi e fermi. non possono - alberi e poeti - interagire se non facendo ombra o con sussurri. indossano bende stracciate ma la ferita più grande è nell’anima oppure recitano - alberi e poeti - a fare i superstiti.
*
luna piena
cercavo il mio angolo buio per accucciarmi tranquilla a pensare ma lei sembrava estrarre dalle cose - e anche da me - ogni minima ombra lasciando il corpo accartocciato.
così pallida e grassa da sbancare anche il cielo.
*
le idee
1 se le idee si annunciassero prima
le accoglieremmo in modo deferente invece ogni idea è il rovescio di un pensiero: uno scampolo insufficiente, la rincorsa prima del tuffo la parola finalmente quando ti sei già arreso
2 se il mare si appiattisse, se neppure nel profondo le onde lo attizzassero sarebbe ancora mare?
quand’era impetuoso chi era, la morte?
*
poetry
che la luna ci spii sin dal pomeriggio lo vedi da un alone tra gli alberi e da come risaltano i rami quando esordisce
sembrerebbe padrona del suo mestiere invece improvvisa ogni giorno dietro gli scheletri così bella da sembrare triste
*
le zanzare
la luna dietro nuvole e terrazze e le zanzare - nell'intermittenza tra penombra e buio - si disorientano
la notte consola
o affonda il coltello_ le zanzare al mattino consegnano magri bottini di stremate rinunce
*
il grillo/transizione
il grillo
guarda il grillo: sicuro spicca salti non ha pena di lasciare la terra
così vorrei anch'io nel trapasso sospeso di ogni giorno
*
transizione esalando vapore il mare muore
*
il mare d’inverno
infedele è il mare d'inverno - s'infila nelle grotte cercando misteri illibati che l'estate disvelerà
*
l’alone giallo/me ne infischio
l’alone giallo le idee giravano a vuoto e l’aria ne era piena - ventilavo l’ipotesi di smettere
ma mi convinse l’alone giallo attorno a certe parole blu che finivano in -anza come speranza
*
me ne infischio
me ne infischio delle domande che s'affollano sottopelle
ho da rispondere agli aliti dei miei aguzzini
*
il calendario
1 quando giro il calendario cade polvere dal muro il chiodo cerca spazio si allarga la cravatta 2 prendete il tempo - pollice e indice in posizione d’attacco - perché il tempo non aspetta
*
andirivieni/come eravamo
andirivieni
accade di non essere partiti - non vedi che tutto è a posto? il va-et-vient negli album di foto come se ci fosse una direzione
come se potessero cambiare andare a ritroso o essere rimosse
l'orologio a cucù non vola - scocca l’ora soltanto
***
come eravamo
1
perché non osammo,
perdemmo la nostra humanitas quando l'ora si fece cruenta - il taglio batté le tempie scavò il ventre e ancora secerne rimanere quelli che eravamo anche così collaboravamo all’opera grandiosa 2 una città calda e ottusa un traffico ottuso - ottuse attese diffusa ottusità (ci percepivamo immortali) ciò che apparve
- ed era - irreversibile fu il punto da cui indietreggiammo verso una gelida impeccabilità,
un punto da rimuovere come un insetto sul vetro per riportare il corso del tempo all'indietro invece proprio lì c’erano indizi - varchi, non strade -
non ci avrebbero portato in cielo: ma più verso qualcosa che assomiglia al mare: tutto arriva anche se sporco
*
irrisolta/una luce drittissima/mutevolezza
irrisolta
questa pena irrisolta alterna luci e repentini scarti gioia e misura incide la roccia e la sfarina in piccole frane che scendono al mare
*
una luce drittissima
ciò che vidi sul fondo del mare nella sabbia quasi nera solo a Te vorrei dire
e di più ciò che non vidi: una luce drittissima
*
mutevolezza perché dicono mutevole il mare se rimane uguale tra solchi e scie? non v’è traccia in lui di memoria - nel divenire cancella tutto
*
l’angelo della notte
lo incontrai al centro della paura
il volto si percepiva ordinario al tatto
lo riconobbi perché la nebbia si staccava come la buccia da un frutto maturo
di nuovo lo persi
del sole imparai a temere l’espansività
se fosse propizia la notte?
quella volta lo sentirono arrivare cani e cantanti
preceduto da un sibilo lunghissimo
*
in allerta
in allerta
1 lieve brezza e sto in allerta balenano lampi? appare un folletto? del passaggio del tempo poche volte ho letto i segni 2
poi settembre arriva
come un fiume alla foce sovraccarico di sole e di presagi consapevole
di aver rapinato il mare
di bellezze e scorie settembre gorgoglia di piacere - consumerà il suo battesimo
in un'epifania salata sotto un cielo ancora chiaro
*
Torre Guaceto - cartolina -
Zolle di terra rossa, nei dintorni della torre. Un albero ceruleo. I giunchi e il vento: vibrazioni. Un carapace in decomposizione. Il sole immortala tutto. Vele chiare all'orizzonte sembrano sciogliersi con gli elementi tutti accesi di un bianco salato.
Gli scogli aspettano la marea mentre la sabbia leviga tutto: così nascono nuove verginità e antiche metamorfosi.
*
dura è la terra
se capissi la lingua che sussurri dalla riva se credessi ai rumori che dicono vieni se sapessi un millesimo delle cose che sai, fratello mare, tutta mi consacrerei_ ma la terra serra le mie paure
le voci stanno asciutte tra gli scogli e accade che il corpo inconsapevolmente perda la memoria
e tu sei la memoria.
*
atto unico all’alba su un lungomare sporco
autoctoni nervosi come i pesci dei contrabbandieri nel manicotto dell’afa ispidi i respiri rari i sorrisi
tra sbadigli e ventagli un’atavica apatia galleggia nello spazio che sembra un secchiello_ uno spirito burlone aleggia su un mare piatto che evoca morte
oltremare - il presentimento è forte - né terre promesse
né promesse
*
dormono sulla collina
il nonno minatore comunista, e la nonna cattolica certa casalinga filosofa per sempre dormiranno sulla collina della mia infanzia_ le api riconoscono Aristeo - il nonno col nome da greco - e non lo pungono.
la nonna col suo nome di orologio Zenita genuflessa davanti al santo elargisce benedizioni e dispensa il nonno che con l'abito buono alla messa preferì la piccionaia e l'orto
*
Testimonianza
E' improprio dirla ombra. Sarà una tiepida scia di una stella che passa. Passa come la vigilia di festa. Un avviso, un lento rintocco e nessuno che la decodifichi. A testimonianza lo dico affinché non succeda che coi raggi appassisca e muoia il desiderio di una gioia intensa: quest'ombra potrebbe essere la sostanza della serenità.
*
il vuoto
- capire se si espanda da un unico punto come i raggi dal centro di una circonferenza - scoprirne i confini e come mutano - sapere se piano si allarga inglobando il tempo o se irrompa risolutamente - se sia come il mare quando si azzurra al largo o come le spighe che il vento dispone in un preciso disegno o infine come il cielo che non ha colore...
quel rumore fastidioso un ronzio che non smette si moltiplica s'ingigantisce:
l'attrito tra volere e temere di volere
*
angeli viaggiatori/a chiara
angeli viaggiatori
angeli viaggiatori con bandane e zainetto pieno sbucciano noccioline
sotto il pergolato con i chicchi di riso
imbiancano spiagge
*
a chiara
braccialetti e cavigliere: amuleti dell'iniziazione. impressionata come un foto-libro sorella figlia amica
abbronzatissimo animaletto da compagnia con treccia torna con l'ombra cresciuta
*
fine-estate
1
la fine-estate sapeva di pane e olio
a volte si faceva indigestione ma si pensava che un fiore - o un fioretto - potesse capovolgere le stagioni
2 il rumore della tua inimicizia
sparge nell'aria la sensazione di un'imminenza tragica:
mare agitato 3
notte di gatti e di cornacchie - quello strozzato miewing call i rochi rumori di vecchi motori
e tutti gli insonni coi loro respiri strascicati le bestie non trovano quiete stanno in un abisso sguarniti di pellicce
con gli arti azzoppati_ un coagulo di dolori
*
infinito – omaggio a luigi ghirri *
"L'occhio è l'estrema propaggine del nostro cervello" (Italo Calvino)
trecentosessantacinque visioni di macchie di toni d’azzurro di specchi e colori di geometriche libere forme mutanti - le nuvole - di capovolti palazzi cadenti passanti e passati catturati in un duplice scatto il prima e il dopo - la vita con l'opposta simmetrica faccia * “Infinito” è il titolo di un’opera fotografica di Luigi Ghirri che ritrae 365 immagini di cielo, una per ciascun giorno dell’anno
*
in-dubbio
non oso sfidare il mare e so che mi riconcilierò.
* la luna dondolante tra due pali con la gobba tra ponente e levante sembra una bambina che ha scoperto un nuovo divertimento. * non c’è che una sola direzione nel fiume. chi è preso lo sa.
*
novanta miglia da lampedusa
i morti nella stiva del barcone volevano tempo per imparare le lingue europee ma non troppo per non dimenticare la loro
ora sono muti nel mare e noi seppelliamo la nostra vergogna asciutta
*
tipi da spiaggia/rievocazione
tipi da spiaggia
il mare grigio e un senso di allegra promiscuità nella nuvola d'afa - qualcuno dormiva e non c’era colpa apparente
sotto il sole offuscato corpi desideranti tutti uguali tutti diversi
*
rievocazione “non rinuncio” - dicesti e ancora non afferro il correlativo oggettivo
*
preghiera del mattino/preghiera della sera
preghiera del mattino
occhio mattutino posato sulle innocenti cose - fa' che esse non cadano
nella tentazione di noi umani di farsi cosificare.
*
preghiera della sera le luci sono spente ma il vento non si spegne i luoghi rimangono identici
*
le stelle di agosto - a Luca Soldati -
Tornano come le lucciole. Trapassano il cielo eludendo guardie tremende - i nostri occhi spenti -. Spargerei i vostri piaceri nei neri addii di settembre. Vi lascerei alla pena lieve di un’espirazione. Infine vi raccoglierei.
(a Luca Soldati, per il suo compleanno, 2 agosto)
*
punto di fuga/la statua
punto di fuga
tornerei all'ironico settembre sceglierei tra luci e ombre il tepore dell’autunno
nelle foglie misurerei la durata della permanenza non il volo
fermerei l’impermanenza dell’equinozio
non dubiterei se sia meglio effondersi
come la gioia
o come la paura
ritirarsi
starei come i gatti che si preparano allo scatto
sparirei nel color seppia
di una fotografia
mi abbandonerei ai ritorni come al ricordo della culla o del nulla
*
la statua
bellezza accolta nella nicchia di un’antica residenza nobile - eroe buono io non penso tu sia un eroe ma un uomo esposto
- per la sua bellezza - alle lusinghe del mondo penso che dobbiamo rendere grazie perché esisti e lasciarti vivere nella nudità del marmo
*
nell’evidenza e per sentito dire - poema semiserio
nell’evidenza e per sentito dire - poemetto semiserio - lo sapevano tutti tranne lei * non lo seppe più nessuno tranne lei
* c’era solo un sistema per dimenticare - dare le spalle al mare - * le fantasie - erano ultraviolette ma a lei parevano innocue * non si salvò nessuno * la speranza fu l’ultima a morire - rimasero a vegliarla i disperati * poi anche loro decisero di sdrammatizzare * la conclusione resta aperta - le porte, chiuse * non avrebbe mai voluto suscitare risa ma produrre versi * così si prese cura di un poeta inaridito - risciacquò i panni in arno * anche i pesci vennero a galla per vedere la pelle * fu una tragedia
* a detta delle piante fu sommesso anche il pianto * il finale fu a sorpresa
*
le ferie di licu*/rigovernare
le ferie di licu*
il cingalese, Licu, in Italia con la moglie-bambina: è un tripudio di colori il suo vestito da sposa
a Roma il fiume luccica proprio come il canalone nel loro villaggio senza lucciole. dietro la tenda,
Fancy indossa i tacchi per imitare l’italian style.
il riso qui è più bianco -
gli sposi con le mani unte mandano a casa profumati addii
(*ispirata al film omonimo di Vittorio Moroni)
*
rigovernare di notte prendo segni per sogni di mattina li rigoverno come sul comodino gli oggetti
*
ignoto/tra il dentro e il fuori/tre valigie
ignoto
la sagoma fiera tratteggiata da un raggio: brilli ai miei occhi! un'idea ma coi piedi per terra, un agglomerato riuscito di atomi, un vento solare che placa le tempeste: poeta o atleta?
*
tra il dentro e il fuori tutto accade oltre i vetri. lungo le sinapsi si muovono i neuroni saltellando un po' circospetti giacché non conoscono - mi sembra - la differenza tra chimica e innamoramento * tre valigie mio figlio prepara la valigia: così disfa le bende della ferita natale suggerirei a mia figlia di mettere in valigia non il futuro ma il passato
pacificato
come spiegare alla restante figlia che nella sua valigia
- per ora inutilizzata - troveranno forma i suoi prossimi amori?
*
frammenti
reciprocamente
il piede sulla sabbia svela piccole certezze che il mare condivide.
*
nei pressi dell’aeroporto di sera
l'aereo consuma il sogno postumo di icaro - avvicinarsi alla luna
***
geneticamente
c’è un dolore che unisce le donne madri figlie nipoti anche oltre il sangue
non so se sia accudimento o accanimento
geneticamente discende dal disagio di eva
*
femminilità madre della propria madre figlia della propria figlia è questa la femminilità?
*
Temporale estivo
Il cielo rimescola le nuvole. Sulle strade del porto, la pioggia non cancella gli odori. Il mare gioca sporco. Ci si bagna. Infine è il vento ad asciugare gli schiaffi.
*
atterraggio/ritorno
atterraggio
un rumore di atterraggio - il rantolo finale del gigante disancorati i sogni i bipedi terrestri ormeggiano
* lentissimo risveglio l’affiorare dopo un malore: scordi tutto
*
Madrid, Porto
Madrid
Calda terra spagnola: femmina. Madrid! Trame di tetti dalla teleferica spalmati su un mare giallo. Il Manzanares dentro gli argini bassi lecca il suolo assetato a mediodia. Lesti ai lavori i giardinieri, pigro il passo dei turisti nelle piazze bianchissime. Come un miraggio trema di luce il Palacio Real; escono voci - come un riflesso - dal Palacio de Cristal. Intorno, un odore di fritto e un vago ricordo di mare. Prodigio dell’Ovest o premio? Intendo qui, ogni tre, la parola felicidad.
*
Porto
1
Dove l’Oceano entra nel Douro e i gabbiani più sono affaccendati (indovinano correnti planando) ho rivisto lo sguardo scaltro e mite del ragazzo della recepção. Le sue narici larghe bruciate dal salmastro. Nel suono della lingua portoghese riconosco l’Atlantico, il non voler essere contrariato. Così scende al fiume la Ribeira. Ogni passo è tetro e fiero nella nobile discesa (sfrontato e distratto un uomo sta urinando contro un muro). Poi i vicoli si aprono alla concitazione dei battelli nel fiume che pare un mare.
2
Il sagrestano, statua tra le statue, spennella i legni barocchi nel bronzato silenzio della cappella. Dal Cristo crocifisso sembra sgorgare l’odore fruttato delle cantine. Inebria l’aria e la sposta oltremare il pianista alla finestra. Nella calura, unamusica estenuata gira e rigira le pale del ventilatore.
3
Li divide il pontile: nervoso l’Oceano prima dell’amplesso, rassegnato il Douro al predestinato incontro ma non reticente al tumulto che si celebrerà ai piedi del faro.
Dove i pesci si affidano al più forte, il rumore delle acque racconta smisurati accoppiamenti.
*
salutare la notte/satelliti
salutare la notte
dalla notte mi aspetto induzioni ma non sospendo le domande
(stanotte un donna urlava)
*
satelliti
la tua distanza chiara e muta la mia frenetica stasi
stella fissa con satelliti
*
onde
le onde invecchiano dalla sommità poi rinascono con piedi giganteschi
se le prendi rivelano segreti imbarazzanti: pulviscolo e luce morte e resurrezione
l'orma sulla sabbia le segue a distanza così la nostra ombra si dissocia dal corpo
*
l’angelo mietitore
cosa ha visto dall’alto l’angelo mietitore tra grano e gramigna - insolite specie di fiori?
penso a un angelo dal pollice verde non ha granai ma un giardino esotico che anche a Dio fa meraviglia
*
senza rete
navigo e incontro poeti persi nel mare senza una rete dicono che la poesia sia a green screen e che nel fondo il silenzio sia d’oro sembra che se ti tuffi la pelle si fa a scaglie e sei pescato
*
afasia/la casa dei poeti de LaRecherche
afasia
oggi non scriverò sul solco della penna di ieri -
nell’immanenza del giorno cercherò un gesto d’amore incompiuto e nuovo
*
la casa dei poeti de LaRecherche
sulla sabbia il vento modella forme astratte
ma per gli indigeni ogni forma è un luogo concreto dove mettere casa
*
a onor del vero
ammetterò. col mare sono stata codarda, e lui si è negato. se l’antico suono riaffiorasse dalle verdi viscere, lui tacerebbe, offeso.
*
punto di vista
sotto sotto invidio i gabbiani (odiosi per il verso feroce di mattina) per le ali soprattutto per l’anima selvaggia per la vista lunghissima che non lascia scampo quando arriva la tempesta e il loro ghigno è quasi umano: per la cattiveria insomma
*
l’estate di marcella/il solito dilemma del tempo
l'estate di marcella
il caldo a marcella scioglie la lingua - mescola mastica impasta per ore la medesima storia cambiando la trama ogni volta con un po’ di dolore spalmato fresco sui particolari - sembra una parte imparata a memoria ma a marcella fa piangere non ricordare più
*
il solito dilemma del tempo ovvero la felicità
il corpo accoglie l'altro la mente immagina l'oltre tra la felicità
e la sua procrastinazione c'è forse l'eternità?
*
umani simulacri
gabbiani nella free-zone dell’alba. un lontano cinguettio, poi niente: giocano la battaglia della vita - come golem si sbranano per istinto - a vincere dunque è stata la vita
*
concerto
sgorgò all’unisono la voce dei coristi sfociando in un crescendo innaturale... buchi neri nello spazio risonante brividi muti propagati nella notte silenzi di stelle amplificati dalla penombra
un filo nell'armonica matassa: la melodia del violinista e di riflesso il contrappunto del teatrale percussionista
mi coinvolse anche il brusio dell'intervallo - una crepa nell’incantamento - tutto rimescolato oltre il visibile
gente in pace assisteva ad un farsi quasi a un rito preesistente al gesto stesso degli orchestrali
*
recuperato
recuperare un file in extremis decrittando strani codici - per tentativi ed errori - e sogni ricorrenti oppure tra le nuvole una scia di incerta direzione che ti sembra una mano o un sorriso o quasi una scritta: - è tua la strada -
*
cielomare
tra il dentro e il fuori
la luce passa e va in un mezzo respiro
*
quasi un rap
rumore di motociclo controcanto di campane all’ora del tè il sole scotta le tane bruciando sulla nostra parte dolente veloce come il sangue e insieme sfuggente_ ascolta il tempo nel suo ritmo estivo è fermo o forse è solo restio
è arrivato il momento di lasciar decantare mettere a tacere giocare la vita cantare comunque o accennare vecchi motivi mai dimenticati sedimentati con l'energia dei punti di domanda in un dondolio di ricordi profondi che sembrano alghe in un mare calmissimo profondissimo con l’aria che accarezza sembra di essere ad Aci Trezza con le reti che dragano il fondo della tua anima che se ne va intorno intorno con le certezze stese al vento di uno strano convento lungo i fili dell'illusione e piuttosto meglio il mare il mare il mare d'agosto che più lo sento più non lo conosco
*
centouno
nonna chiude gli occhi con ritmo costante tra preghiere televisive
che addormentano persino i gerani. dal bar-panificio gli avventori fanno un verso che la desta dal torpore come un uccellino o come una pianta che vive di acqua e sale
*
il mare nel cassetto
l'abbraccio del golfo come un grido ingolfato
movimento inquieto
della luce imprigionata
*
teneramente-fiaba/ai miei figli
teneramente-fiaba
dopo tanto rumore nel silenzio del fondale le mie tante anime
si dimenano di gioia come girini inconsapevoli_
ti sono riconoscente principe-rospo
perché hai lasciato che l'amore traboccasse in codesto regno-stagno e ne hai fatto il tuo sogno
*
ai miei figli
per amarvi ho dovuto aprirmi
e ora mi trapassano drafts chiederei al sole di riscaldarmi ma in cuor mio so che siete voi i raggi
*
una poesia solenne
Sarebbe il momento di una poesia solenne che penetri nelle fessure di un'indicibile materia oppure ci vorrebbe
una classica poesia sul mare perché da lì veniamo e torniamo e a volte lo dimentichiamo. O ancora potrebbe darsi una poesia sul vento: sommesso o a viva voce, sempre ne abbiamo un sacro timore come del vero. Sarebbe infine originale una poesia sulla poesia, che sia pura ma non troppo giacché dall’impuro nascono i fiori.
*
una piccola felicità
la piccola felicità della brezza sulle pagine
gli occhi bruciano
le narici prudono gioverebbero parole umide nella notte salata: un poeta
*
la rubrica di marcella
“queste persone non ci sono più” e cancella i nomi dall'elenco ma sotto la linea, in punta di penna, si scorgono segni come ricami che lasciano trasparire i ricordi come punti a croce allineati e non si sfilano mai
*
uccelli urbani
non mi fido del cielo tutto azzurro - negli squarci intravedo le guerre - la vita non resta intatta... la incendiano dentro urli strozzati di animali in fuga e i corvi fanno festa su tovaglie insanguinate
*
feticismo
la resina vaporizzata intrappola il volo degli insetti è complice l'estate
*
le foglie gemono ma l’albero è geloso non le lascia mai
*
secrezione di nuvole:
calma svariate seti
*
onde scambiano frescura con sudore
*
l’iniziale
la mano si è svincolata dagli automatismi_ l’ultimo segno è un’iniziale
con essa ho riscritto il tuo nome_ mi sono stupita di ricordarlo esattamente
*
mi pare di vedere volti cari
mi pare di vedere volti cari in una marea nera nera: si solleva come un gigante innocuo_ testimoni di un viaggio, alcuni partiti altri tornati, sembrano guardie del corpo e mi scortano verso un posto dove ogni solitudine è già stata e chiunque ha il suo doppio sì da non vedere l’ombra di notte stanno in una mano chiusa che si apre a ventaglio e sventola la giovinezza passata (non perduta)
*
tempo di luce
il rumore di opere edili già rintocca la giornata - è tempo di luce, dilatati, gli echi si dissolvono come una stoffa trapassata dal vento - nel sole ci sono macchie buchi o silenzi
*
tatticismo
preferisco il mare da lontano_ lascio ai ciottoli e alla sabbia
il tête-à-tête...
*
solstizio d’estate
pare turbata la luce della sera rammaricata di un fallimento una foglia si congeda da sola:
la sentenza è definitiva
*
diana
tra intrichi di simboli inseguo indizi di verità ma infine mi consegno alla legge di natura
*
il sordomuto
infine il sordomuto ha invocato il nome della moglie defunta vicino a un campo profumato di mare vicino al cimitero
con le rughe e i silenzi risponde all’arroganza di chi lo vuole curvo mani incallite anima scura
esperto della semina e dei frutti ne sa in anteprima la rara dolcezza
*
condivisione
i gigli vestono i campi condividendone la nudità
*
l’angelo tentatore
dell’angelo tentatore l’odore intenso e dolciastro come una scia che taglia azzurre innocenze
poi fatte a pezzi e disperse in acque chiare
*
dove arriva poca luce
hanno detto che sta bene così è una pianta poco esigente
come te che la innaffi
meticolosamente arrampicato sulla scala promette non altezza
ma - cautamente - utilità
con quell’unico fiore
- la prova che tutto funziona -
*
Son Repos
tante forme di nasi quanti tipi di barbe e di lingue
preghiere diverse e ragioni uguali processioni a lutto
e nascite matrimoni di poveri dentro campi di papaveri
ho azzardato che anche Dio nel Son Repos non conosce il futuro
adegua il progetto alle umane stravaganze
*
marcella va a messa
il prete avvicina il libro agli occhi eppure confonde gli accenti -
c’è un che di solenne in questo straniero e i fedeli gli portano rispetto -
invece marcella si dondola piano aleggiando nei pensieri l'odore dei fiori
*
poi la sabbia
e quando tornano al mare le onde - e i venti ribattono le persiane - sulla sponda la sabbia rifulge più compatta dopo le traversie.
la rigano impronte non cercate e cicatrici sulla pelle scura o scudi o segni forse ultraterreni
*
sasso di fiume
sentimentalmente è un sasso di fiume. vi dimorano le effimere e quando arriva la piena rotola a valle e si disperde.
un'onda potente nel tempo è diventata un rantolo.
*
manarola
obliqui sul pelo dell’acqua a manarola i biechi gabbiani:
tenacia e sfinimento, cielo e mare. un vecchio misura
in questa vastità quanto ha perso. un treno infila distanze e le terre si abbracciano cinque volte. tutti implorano accoglienza ai valle di fiumi scoscesi.
*
il disegno
non saprei descriverne il corpo che nel ricordo annacquato sbiadisce forse potrei a tratti disegnarlo - ma m'invade il rumore del mare
*
veglia/strategia/emozione
veglia
gravida d'inespresso
*
strategia
non agire
sull’insubordinazione delle coincidenze siamo già prigionieri dei sentimenti
*
emozione
era una rete bianca sfilacciata l'attraversai né prigioniera né libera.
*
maturità
tremenda è stata la giovinezza e ora - mio coevo - conterai i solchi sul mio viso? al giro di boa, chi accudirà chi? guarda gli uccelli impazziti nel pomeriggio senza rimpianti. sorpresi dal vento, i cuori fanno i battimenti.
*
marketing
investire sulle illusioni e sulle disillusioni per rilanciare il prezzo del vero
*
un tè da marcella
nell’armadio di marcella i dolori stanno appesi alle grucce, nelle scatole di latta ci sono bottoni che sanno di burro e attaccano i giorni con ragnatele bagnate nel té. quando chiudi le ante i ricordi diventano tarme
ma innocue.
*
La favola del filo d’erba, del vento e dell’aquilo
Un bel giorno un filo d’erba guarda l'albero imponente. Sente il suono che fa il vento quando passa nella chioma e gli domanda: “Canto anch'io come le foglie?" Il buon vento che l'ascolta quasi fosse innamorato si fa basso e l'avvolge col suo fiato. Si compiace il filo d’erba geme e stride piano piano (ed è questo il solo modo di cantare per un prato). Ora il filo si domanda: "Sono bravo a intonare, potrò anche imparare a danzare con le foglie?”. Il buon vento che l'ascolta quasi fosse innamorato le risponde dolcemente: "Guarda in cielo l'aquilone ed il filo che lo porta: chi comanda, l'uomo o il vento?"
*
levità
trasale per un alito di vento l’uccello e lieto cavalca le nuvole dalla vita levità anelando
*
scelta
se lascerò la vita per la Vita sarà perché tra il mio volere e il mio non sentirmi all’altezza avrò scelto di essere tartaruga in mezzo alle aquile
*
sensualità
un ponte tra le rive cuce i lembi della ferita liquida
*
migratore
lo spaesamento di un migratore su un campo di grano
col vento compiacente sotto un cielo troppo azzurro
*
a ritroso
tornerei anch’io dove le farfalle restano bruchi
e così di forma in forma alla prima molecola di sole ancora indecisa - in verità - se brillare o donarsi
*
urlo di pietra
uscito dal ventre dell’onda un urlo scolpito - ha chiesto: chi era mia madre, mio padre l'ho visto placarsi su un seno
*
es/im-pressionista
la luce dietro il vetro smerigliato è una visione iperreale - l’immenso si fa piccolo - concreto - nella stanza rimane scolpito - filtrano verità che non ammettono dubbi - bagliori di spade danzanti
*
Guerra totale* - la primavera araba
L’odore delle fresie ha tentato l’impossibile ma una vigliacca primavera ammazza i suoi morti. Cosa può dire il mare a sua discolpa? Le acque - già rosse di sangue - hanno violentato le spiagge.
(*testo contro il trionfalismo dei guerrafondai)
*
aritmia
è aprile e pare novembre nel grigio brumano i colori
riposa un gatto bianco tra fiori sbocciati come croci in montagna
*
la bicicletta
l'uomo: un meccanismo farraginoso. se tutto tace puoi sentire gli ingranaggi cantare variazioni di tono tra ciò che macina sotto e ciò che accade sopra e il cuore strapazzato tra bulloni e pignoni.
*
per una madre
dov’è il giardino della tua infanzia? dove sono i fratelli
di cui eri condottiera e minacciavi botte con mani grandi e occhi piccoli?
ora semi-chiusi per non vedere il crollo delle dighe e trovi poche parole - nemmeno una - per dire a tua madre mentre le spazzoli i capelli
“troppa grazia i figli,
come mi è mancato papà…”
*
eroi
abbiamo bisogno di eroi nel mare delle nostre fobie eroi normali grondanti acqua che sappiano di abbandoni e di lutti ed elargiscano manne di parole lungo i deserti come fanno i pioppi nella stagione degli amori abbiamo bisogno di eroi per ogni stagione che colgano frutti anche da fichi sterili
*
sono dentro una sfera risonante
sono dentro una sfera
che muove da lontano
mi urtano onde e sento voci chiudo gli occhi e ripasso luoghi
echi di piaghe si riproducono nelle maglie dei giorni
più segretamente si rispecchiano nei colori del cielo a volte tornano nei sorrisi come preghiere inadeguate
... ed imploro silenzi per partorire nuovi suoni bellezza
*
veglia - ai miei cari amici de LaRecherche -
solo per un giorno infrango il silenzio
lancinante dentro la pietra un suono sgretola il buio
*
pasqua a casa di marcella
una nivea colomba in odore di pace attraversa i cieli della tovaglia
azzurra di marcella imbarazza un velo di polvere
sul mobilio - sembra nuvolaglia -
*
echi di passioni
l’acqua che ci doveva lavare ci ha dissetato appena
cade cenere sui corpi nudi sotto ardono attese di piogge
*
come l’albero è la nostra sorte?
l'aria tersa disegna i contorni suoni e colori risaltano chiari mulinelli di pensieri vaganti titillano le foglie piano piano
cammino e mi sento un'intrusa mi chiedo qual è il posto dell'uomo sto ammirando la statura degli alberi ma non mi aspetto da loro risposte
stiamo sotto la reggenza del sole respiriamo a ogni passaggio d'ali resi ciechi da illusioni di fughe - come l'albero è la nostra sorte?
*
pianoforte muto 6
il coperchio cigolava un’indecorosa verità che tutti conoscono ormai: il silenzio. l’ho aperto: i martelletti erano ingessati nel completo di feltro, eleganti e un po' imbronciati. i meccanismi e le chiavi inceppati in un ricordo di esercizi autistici. i tasti bloccati come articolazioni usurate. l’antica nobiltà se c'era è sparita, non è servito a niente esalare un odore di cenere, richiamo quaresimale
per farsi amare ancora.
*
non sapere l’amore
pini marittimi sull’autostrada (il rumore è una nenia)
le cortecce hanno nodi come cancri (le nostre parole taciute)
ciascuno beve una linfa di dolcezze certe ma solitarie
i rami puntano alla direzione dei desideri in questo esistere
e non ancora essere posso amare il silenzio di un dio ma odio il tuo
*
dove mi porta
i miei pensieri:
non prati fioriti.
vanno verso il mare ubbidienti come pesci
*
speranza
camminerei sulle alture del cielo spargendo le scorie dei fallimenti tornerei sui miei passi sofferti se vedessi oltre i cieli innocenze amerei di nuovo e di più se riconoscessi uno schiudersi di mani e di labbra
*
italia
una bandiera arcobaleno penzolante dalle finestre ancora socchiuse - assente il vento - una cornacchia gracchia - ci vorrebbe uno spirito dentro le cose una dignità dietro simulacri alieni -
*
vent’anni
guardavano esattamente nel punto in cui ora li incontro quegli occhi di ventenne (schianto di insaziate molecole)
non c’è tempo che attenti all’innocenza di quella stagione che si accingeva a sfidare il drago
ma se avessi fermato il mio sguardo sul tuo sarei rimasta senz'altra notizia nell'agonia degli anni
*
sposalizio/sogni a matita/anniversario
sposalizio
chiudi gli occhi_ non senti rumore di nuovo?
dì al tuo amore che si prepari allo sposalizio dei fiori con i cromosomi
*
sogni a matita
enumeri pietre di mare - come ulisse conosci i nomi delle stelle li lanci come ami su sogni a matita
*
anniversario
mareggiava un vento mite (era il dodici di aprile) ma i gelsomini arrivarono dopo e insieme giorni colorati come lego con spigoli e colori
*
tangenziale/glicini a villa borghese
tangenziale
corre l'auto e fuma in tangenziale_ nere case e vite sul ciglio di curve_ deviazioni ininterrotte di lavori
dentro le case sempre nuovi colori di primavere in attesa alle stazioni e poco più in là semplicemente prati
*
glicini a villa borghese
presto verranno meno - assumiamo l’odore di sesso imminente con audaci farfalle!
*
la metafisica delle tasche
sparsi oggetti sul comò - surreale coesistenza di inutilità - (manca uno svuotatasche) persino de chirico o dalì troverebbero straniante disquisire di domenica sulla metafisica delle tasche
*
il seme
le cicale frinivano_ le formiche - ricordo - trafficavano con una leggerezza inconsueta dalla terra usciva un lamento che pareva un canto l’inverno fu pietoso nel medicare le piaghe per il raccolto fu necessario il pianto
ma il seme non fu una parola
*
a Bruna L.
la vita può finire in un giorno di sole - ciò che procede dal cielo è accudire la luce che pian piano s’imbruna
*
sette vite - a certi poeti che conosco -
gatto bigio dagli occhi dorati sull’asfalto scaldi la coda?
è mezzogiorno e ancora ti stiracchi niente ti sfugge
ti temo - stregone - sei una reincarnazione?
*
ha dato e ha tolto/nichilismo
ha dato e ha tolto
a me la vibrazione di un respiro a te nuvole bizzarre in un cielo compassato
evocai il rumore del mare rispondesti che il fiume non canta
*
nichilismo
l'ultimo raggio impotente della sera
*
il crollo degli idoli
tra le mani di fuoco sembra plasmi la terra invece lavora a maglia -
in penombra vede luci minacciose come erinni
perciò abbassa le tende e sottovoce impreca contro certi idoli dai piedi d’argilla - vorrei dire a mia madre cosa ho capito dell’essere figlia
*
il poeta risponde - ai poeti de LaRecherche -
accadrà di non vedere più niente (un oblio che spaventa) la voce s'ingolerà le mani non sapranno i colori
la morte arriverà snervando corde ma il poeta avrà risposte sognificherà
*
supplica per un amico/carta carbone
supplica per un amico
lo sa il sole che sa di sale il suo deserto?
*
carta carbone
sotto il lampione del lungomare perdemmo il senso (del pudore)
ci chiamammo dottori - ma l'un l'altro non fummo taumaturghi -
*
alberi senza radici
ciascuno lontano dall’altro ci eleviamo contro natura - alberi senza radici
tra un albero e un uomo la differenza è un respiro più forte
*
la nostalgia è un piatto che va servito freddo
la nostalgia lieve canto che tocca la riva il mare non ti ha accolto ma tu gli hai dato ascolto?
è un alibi di sabbia
il tuo rimpianto
*
amore obeso
1
chi ingrassa la terra di amore?
gli uni per gli altri cibo ma la sete non si placa 2
tre enormi gabbiani sul tetto_ dallo sfondo cosa vedono i gabbiani? quali laide saggezze riferiscono all’alba?
*
altri haiku liquidi
femmine e maschi rimescolano forme in mare viventi *
creature d'oro ricoperte di sabbia nell'acqua pigra
*
a mani piene ricrescono promesse sotto la pioggia
*
ramificato per te gorgoglia il fiume mandorlo in fiore
*
Non raccontare a nessuno
Me assente, raschia il fondo della sua solitudine. Sembra cercare amori persi al largo
o mai posseduti. All'alba è la voce struggente dei marinai. La sua debolezza potrebbe sovvertire l’assetto dell'intero universo. Per questo sbatte contro gli scogli, a volte ululando anche a vuoto.
*
Il mio giardino domestico
Accanto all’ibiscus, un geranio. I suoi fiori si sporgono sul mondo e ascoltano i racconti del vento. Da qui s'immaginano spazi liberi e l'odore del mare. Gli alberi di eucalipto riportano i fatti della strada mentre i pollini si spargono con cura all’ombra del suo vaso. Posizione strategica, nessuna eventualità è sprecata.
*
teorema indimostrabile
il rumore di fondo di un elettrodomestico di ultima generazione. all'improvviso,sussulta e si ferma e pare il traguardo. il beccheggio inquieto del corpo approda ad una stasi tra illusione e delusione. è allora che sente l’effettiva rotazione della terra.
*
in morte di un’artista eccentrica
hai suggerito di zittire i merli e di non alterare i colori fauve
della primavera
ma il giallo dei becchi cozza col nero tutto intorno c’è un verde dilagante e un insostenibile rosa shocking
*
tre haiku liquidi
l'onda si infrange sento il bianco rumore della scogliera
*
vedo rapaci sul mare più agitato l’acqua non muore
*
una pagaia lascia sonore scie corte poesie
*
coincidenza
una data non è mai per caso passa e ritorna la sua ombra obliqua
*
dinamiche mitologiche
al crepuscolo sotto l'ulivo in compagnia della civetta non questionerei di filosofia pacificherei le mie stanche membra rinunciando per un po’
ad emettere sentenze
l’essere donna e dea della sapienza talora mi spaventa
ma meno che a giunone districarsi tra il pavone e lo scomodo mestiere
della moglie del padrone
*
i matti e le pecore nere*
i matti e le pecore nere cos'hanno in comune? la poesia
sono entrambi in stanze surreali e a chi domanda qualcosa rispondono coi versi
pio pio pio pio pio pio come ti faccio così ti disfo
perchè hanno rinunciato al mondo e non sanno la differenza tra caramelle e ragni
*liberamente ispirata al film di Ascanio Celestini “La pecora nera”
*
una nube luminosa li avvolse con la sua ombra*
luce genera ombra ombra genera luce
dal centro s’incrunano raggi
*ruferimento al vangelo di Matteo 17, 5
*
amore/climax
amore
in poesia, un colpo di tosse (si vedano chiodi e spine)
* climax
se il mondo è un libro aperto essere l’a capo della poesia l'indeterminatezza di certe vocali il suono duro delle consonanti trascinate fino al climax dell'ultimo verso
*
La notte di Pablo*
“Posso scrivere i versi più tristi questa notte” (una canzone quasi disperata).
Cospirano ombre con voci e una pioggia fitta. Lentezza e oblio. Il vento gira e canta. In lontananza. Direi che l’ho perduto. Risponderebbe: “Per me è lo stesso”.
Biancheggiano gli alberi, identica è la notte. Uguali stelle, la notte è un abbaglio. Il bosso per il tornio e l'intaglio. Per me non tutto è rimosso.
* liberamente ispirata alla poesia "Posso scrivere i versi" da "Venti poesie d'amore e una canzone disperata" di Pablo Neruda (1924)
*
come nasce un’idea
nasce un’idea semplicemente da scorciatoie
di gesti consueti
*
giappone
rompe il silenzio un movimento di case maschera bianca
*
tracima il mare fermate la musica lacrime rosse
*
pensiero quasi notturno/di mattina
pensiero quasi notturno
risentire il sottile avvitamento
che affatica il respiro e ritrovare il bisogno di pregare stupirsi che le parole
non siano scadute né sono l’ologramma della penna che le ha scritte benedico il sonno dei bambini
e dei malati e la notte, dolcezza sul mondo *
di mattina
anche il non-rumore può essere ingombrante suona bene il bricco di caffè - nel rito della colazione
i cucchiaini intonano le tazze fanno da contrappunto
*
nata di marzo/nella filigrana della scrittura
nata di marzo
sotto braccio con lei parole e farfalle giallo limone minuti spremuti saturi di rumore poi come bloccati davanti all'esplosione dei fiori di pruno (e si smarriva la direzione) *
nella filigrana della scrittura
dicono che
le parole sono bisogni della mente, che diventano tic nervosi (scrivere, parlare), cibi divorati e poi vomitati, mercanzie di angeli inquieti
*
embrionale
subacquee turbolenze sbaragliano le alghe e le correnti. persino ingigantiscono le onde. e così indistinti sentimenti pretendono di ricercare un verso, una misura persa.
*
le allodole
il sole ha già fatto il suo giro. i vetri splendono i passanti riflettono un mondo di specchi.
ma le terragnole allodole stanno all’erta: temono di scambiare un abbaglio per un sogno.
*
l’affacciarsi dell’amore
lo annunciano tocchi sulla schiena come calibrati tiri a segno
di gesti e parole delicate.
lo rivela l’ombra sottile della meridiana. ma tigri spaesate si aggirano
attorno alla sua scia odorosa di sangue.
*
il sole ritorna sui crepacci - a Virginia
dove finisci bellezza radiosa portata via da scure maree cerchi i colori in terra africana sole negli occhi e un’altra dimora
ci hai lasciato gli esotici ombrellini e polvere rossa e piante e lingue tu guardi in faccia la luce più chiara e il bianco invade il tuo sorriso i nidi di vetro posati sui rami si disgelano nell’ora segnata
*
Iris Murdoch sul comodino
“Nondum considerasti quantum pondus sit peccatum”*
Iris Murdoch sul comodino, un inciampo del sonno.
Nessuno risponde all'invito, neanche la scrittrice.
Leggo Murdoch e mi chiedo dove la devastazione e quando…
*(tratto da “La ragazza italiana” di Iris Murdoch, 1974, Einaudi, pag. 27)
*
una lode un canto
il cielo è bianco (ma non è neve) risuona un canto nessuno aggiunge "esisto" "ringrazio"
*
impiegato di concetto
formica talentuosa per vocazione cuoco configurato per essere muto ma non sordo anzi presente specie di notte a rimboccar coperte quello che serve a chiudere giornate faticose un libro marinaresco a metà le ali impigliate dentro
(a Felice)
*
le uova di Marcella
aggrappata su quell’ultimo piano come un uccellino al ramo ma quando arriva aprile il calendario va all’incontrario nel suo guscio le stagioni rimpiccioliscono
sarà per questo che dice preghiere ai pulcini?
*
i volti scomparsi
i volti scomparsi hanno i tratti impressi nei ghiacci
da lì risale un vapore poi cade la pioggia
*
invisibile/la sezione aurea
invisibile
appare nel buio sarà re in una stagione o in una vita il suo regno è invisibile è la porta che apre all’amore è un “tipo” che gira di notte si apposta dietro un ricordo ti sorprende come un incontro nuovo con un nome inaudito il saluto di un vivo lo riconosci
*
la sezione aurea
saranno entrambi felici gli uomini e gli angeli? perdoneranno gli uni di non avere le ali gli altri di aver baciato in terra le stelle cadenti?
si incroceranno nella sezione aurea la differenza delle distanze il punto zero dell'orgoglio la timidezza
*
il violinista capovolto
sui tetti rossi rovescia i colori a terra sposa le mucche arancioni
la musica zingara tutt’attorno richiama circhi croci e candele
chagall sorride nel vestito smeraldo in cielo vola un bouquet di fiori
pittore onirico canta l'amore e capovolge la rivoluzione
*
epiloghi di favole
sono apparse le nuvole - epiloghi di favole - a svelare illusioni raggi fugaci svolazzi di piccioni su sogni poco audaci
*
il cipresso
la punta esposta al vento ma le radici infracidite
così è la nostra vita nella schiettezza del tronco
diritto tra gli sconquassi dei tuoni
*
L’oro nero del Niger
“Siamo tutti africani”, urlava il nigeriano rispondendo al tamburo parlante tu tun tu tun tu/ tu tun tu tu La tua terra nera chi l'ha sporcata? Vi crescono le palme d'oro.
*
permettete?/senza poesia
permettete?
ho mani diafane con vene azzurre e un filo di sole catturato al volo il cielo stamane non ha colore
permettete che dipinga?
*
senza poesia
ho provato un giorno senza poesia
ma ero un gatto nero colto da amnesia
*
melodramma
il gocciolio di una sorgente
più in là si farà conca per custodire i figli (un canto sommesso) non una voce non un grido ma nel finale si spargerà in mare teatralmente
*
odissea
e se dopo il mare aperto mi re-infetassi dentro una montagna?
*
primavera indagata
vedrai - ci discolperemo anche stavolta. l'inverno tornerà a difenderci da sospetti e debolezze. invece cantanti e poeti li assumeranno come prove inconfutabili dell'innocenza.
*
eccetto che/desideri
l'afasia di Dio
non c'è altro da aggiungere all’intensità dei gelsomini nemmeno Dio
*
desideri di giorno crepitano come erba che secca al sole. di notte pratificano
*
docilmente
confida nel vento la freccia scoccata
l’arciere tirando la corda respira
così la vita transita da un obiettivo fissato al rumore di aria spostata
*
ritmo
temo la deriva del mare lo sgocciolio dei momenti salati
lo fermerei nella durata di una poesia l'ordinerei in un ritmo catalettico
*
cronaca politica italiana febbraio 2011
con la pioggia scendano promesse sulle vuote acquasantiere si sciolgano le mani legate ad attese ormai s-finite guariscano luridumi di poteri deliranti si restituisca dignità ai corpi violati e lavacri alle menti saccheggiate
*
sconti di stagione
con le mani in tasca a cercare gli spiccioli che avrei voluto dare per regalarti un fiore.
ce n'erano pochi non sapevo decidermi tra un girasole e un gesto d’amore.
*
oltreconfine/rigenerazione
oltreconfine
ti confiderò che il mio canto era la veste della caducità_ di un autunno che non voleva finire; invero ogni stagione sconfinava, il tempo era stato scaraventato e fioriva la vita
*
rigenerazione
ogni giorno perdiamo le scaglie perché - questa è la prova - la vita è un serpente
*
Zarathustra parla ancora?
Secondo la dottrina
dell’Eterno Ritorno è concepibile la possibilità di re-incontrarsi in uguali circostanze. Si ripeterebbe la storia infinitamente. Ma ciò è ininfluente rispetto all'attimo eterno dell'innamoramento
*
angeli apocalittici
alcuni in piedi sull'acqua con le spade brandite e una luce affilata negli occhi aguzzi apocalittici
non v’è filo d’erba che non vibri stridendo ma al suono dell'angelo buono ogni foglia guarisce e l’albero della vita ricresce
*
gli storni
al tramonto fremono più che all'alba. inquieti sempre. ignorano la morte divorano gli spazi ma sono divorati dall'eternità
*
terreno carsico
sassolini ammucchiati a cono con in cima una bandierina: costruzione un po’ bambina
si sgretolano - ed è questo che fa male - soltanto al rumore della pioggia
sono come i dolori
*
atelier
si è fatto buio non viene nessuno forse in sogno mi aspettano gli amici
raccoglieranno le gocce di colore che nessun pittore ha scelto
*
angeli camuffati
entrano in casa improvvisamente con tali travestimenti da ingannare anche un detective
non certo simili all’angelo biondo dell’iconografia - hanno riccioli bruni e arruffati il loro farfugliare assomiglia a un balbettio
o a una profezia un po' inquietante
*
sessanta secondi
Tutto è fermo all'attimo prima. La mano è pronta. Attacca. Ciò che accade è nel profondo. Nell'aria solo il fruscio dell'idea.
*
è adesso
accadrà di notte. penseremo - è adesso - proteggendoci l’un l’altro come uccelli feriti non proveremo dolore_
la pelle brillerà di una luce irreversibile accadrà _
e non vedremo più i solchi che lasciammo nei giorni
*
rara avis
un uccello quasi verde simile al colibrì mi ha lasciato una goccia di sangue in cui intingo la penna. o forse è un subdolo veleno a rilascio prolungato.
*
i musicisti sono autistici
sono lenti ad ascoltare e restano perplessi a valutare gli echi di parole sommesse_ ancora più lenti se sentono le onde di mare. vorrebbero più tempo per ricordare dove e quando udirono un mormorio e lo imitarono
*
aria del silenzio su un brano di Tullio Visioli
cluster di eventi compensati da silenzi
che più di un suono si aprono al possibile
di nuovo il cluster retrocede all’origine il finale
una piaga lancinante in posizione lata
*
poesia rara avis*
poesia rara avis - disse il maestro - e tutti naso in su a indovinare la direzione verso cui fuggiva e a dire sottovoce com’era bello quando passava sussurando una lingua segreta e dovevi esser pronto a ripeterne non il suono ma il volo con la matita o con la fantasia .
*
in extremis
la gioia sarà infine resistenza estrema autodifesa non-violenta amare con dolce prepotenza
*
indicibile
pelle spremuta
occhi strizzati fino a vedere rosso
ritagliando riconosco la forma
complementare poi la vedo svanire - pura idea - e non la chiamo
*
nelle forme il segreto del Suo fare
il profilo bombato di una fronte la trasformazione dei corpi anziani il disegno di un’ombra radente l’esilità di un arto d'uccello la persistenza della memoria lo svolgersi di ogni movimento nella precaria quotidianità l’incontrarsi (o il non incontrarsi) il caso la trasparenza gli elettroni rotanti le distanze siderali le vicinanze molecolari la solitudine degli atomi
leggendo i segni come vacuum o deficienza intuire nelle forme la bellezza ulteriore
*
ogni poesia parla di Te
ogni poesia parla di Te con parole urlate o sussurrate
ogni poesia che parla di Te non riceve feed-back: dove Sei?
*
so di non sapere
la sorgente zampilla internamente così puoi percepirne la lieve pressione il momento prima che l’acqua sgorghi dove nessun desiderio si è manifestato
*
Sole d’inverno
Di mattina preferisce
i giardini ai palazzi. Nella mia stanza, però, ne ho sentito il tepore, ho pregato che con me stesse bene. Non sopporterei
di vederlo andar via senza racimolare un bottino terrestre tra le dita dorate e sottili da prestigiatore. Mi è sembrato un po' preoccupato di non essere dovunque, dentro e fuori.
*
angelo caduto/il linguaggio dell’angelo
angelo caduto
azzarda due o tre passi sulla terra dissimulando la sua vergogna davanti ai cipressi puntati su di lui come un'accusa
*
il linguaggio dell’angelo
sarà sincero l’angelo quando promette il cielo? e se indica una direzione sarà vero il suo dire? e il suo tacere?
l'angelo allude - con vaghezza irriducibile - ad un fare ulteriore a un bruciare
*
angeli rilkiani
uccelli dell’anima stanno nel rischio di aprire le ali
soffi umani li spingono in basso a dimorare nei fiori e da lì vedono le cime degli alberi come radici rovesciate
per questo non conoscono la libertà degli uomini
*
gli angeli si domandano
dunque c’è altro oltre la luce?
per istinto vanno dove li porta la musica
per un vento bizzarro non si voltano
*
gennaio
ombre nere dietro splendide promesse con il rischio che siano vere
*
lo stesso angelo
li ho visti e li ho persi mentre ci incantavamo (gli angeli e io) davanti ai baluginii
perdemmo la rotta - era a spirale - vagammo come sagome che sott’acqua si sgranano a tratti riconoscemmo parti (non il tutto) respiri cenni di occhi profili spezzati come dal finestrino quando si muovono le montagne controvento
ed era lo stesso angelo che si riverberava in un gioco di specchi
*
ritmi di angeli
salgono e scendono barche tra i flutti poi raggiungono la costa arrampicando nuvole_ davanti ai miei occhi salutano con ali invisibili il loro canto monotono e’ rumore di fondo
nomi ripetuti al rallentatore
piano
*citazione dal libro di Massimo Cacciari "L'angelo necessario", Adelphi 1994, pag.13
*
Due haiku sul vino
Sorseggio vino Un frizzante solletico di piume rosse
*
Rosso vivace Tovaglia insanguinata D'amore e morte
*
Mattino di festa - Capodanno -
1
La vicina che urla al telefono. C’è silenzio intorno. Le gutturali tagliano l’aria - una scultura futurista -. Il corpo è lento la voce è veloce, ma non quanto la luce.
2
Un bagliore ha acceso il ricordo. Un lumino di tomba? Una candela? Forse il raggio verde del tramonto, confuso col colore dell’aurora. La festa è finita mentre iniziava.
*
gli angeli si disperano
gli angeli si disperano perché non si perdono nell'amore. formicolano nei mercati svaniscono e riappaiono col buio: cercano indizi ma nessuno mai atterra perché qui ogni segno è ambiguo
*
altezze di angeli
la mia terra aggruma sangue di morti e di non-nati
la mia terra è la dimora degli angeli smemorati
la mia terra non allatta non è all'altezza
*
angel
al mio angelo chiederò le risposte che ho cercato in tutti i libri del mondo
il mio angelo si stupirà che non lo abbia riconosciuto in tutti questi anni nei posti dove ho vissuto negli occhi di chi ho incontrato
recriminerò perché è inammissibile che un angelo cammini a testa bassa in penombra e non si dichiari un angelo è un lampo improvviso che scruta nei nascondigli
da un angelo ci si aspetta la regìa.
*
Tre haiku piovosi e ventosi
Pini ad ombrello e acrobazie di storni chiamano pioggia
Vento ululante Inizia il vigilante Canto notturno
Persiane verdi sibilando trapelano Luci tremanti
*
Il prodotto finito
Il meccanismo si è fermato cigolando. Ti descriverò il processo fase per fase.
Se la macchina funzionasse a moto contrario - ipotizzando che le energie siano eternamente rinnovabili - la bloccherei nel climax per fartene ammirare la potenza. Ma dubito che l'apparecchio si rimetta in moto.
(Quella tazza artigianale
che ti ho regalato era il prodotto finito - l’avevi intuito?)
*
Se potessimo
Mi hanno detto che le anime cantano all'unisono e i corpi rimangono nella stessa trasparenza. La gravità è l’altro polo di un’altalena che fa capo al cielo. Se potessimo, a metà volo, riportare le fasi alla partenza non sarebbe sincronia ma corrispondenza.
*
Orfeo muto - dedicata a chi non canta più -
1
Al bivio i passi indugiano, lo sguardo si attarda. Non un suono tra le nebbie. Nemmeno un addio.
2
Chi racconterà in tranquille narrazioni di Orfeo cantore che ebbe certezza di sé e del suo canto?
3
E Orfeo, perché ora tace?
*
L’altro sole
Conoscere - a notte inoltrata - l’implosione del sole col candido alone: zucchero a velo sul vero.
*
ungarettiana
dalla vita ottenni il dubbio ad honorem
è una pena e - come la morte - si sconta
*
La guerra dei giorni
1
Il buio dilaga rapido più del lampo. La luce si apposta e attende l'avversario. E’ tregua solo un giorno.
Deflagra necessario il solstizio d'inverno, come tromba impellente.
E' nel tempo la legge.
2
Al mare consegnerò questa notte grondante, il sale l’asciugherà.
Il buio sarà intermittenza di luce, annegherà la paura in rapidi gorghi.
*
avventato
oppure mangiare locuste come il Battista cingersi i fianchi e scalzi tornare al deserto nel gioco informe del vento con le nuvole gialle rifare la pista all'indietro avvertendo dietro le spalle un’ombra azzurra
*
parla con lei
la saggezza di un fiore il vagare di un angelo il pulsare sotterraneo lo sbattere di un insetto la fine del mare le radici di una pianta l’angolo della luce sulla terra ogni parola che esce dal ventre i frutti che nessuno raccoglie
ho raccontato ai quattro venti lo screpolarsi del suono la bruttura che inquina e corrode ho detto che la bellezza è scivolata tra le dita - acqua sciupata -
*
Sentinelle del mattino
Cattureranno la luce nel fuggire veloce della stella cometa, i pastori? I volti annuiranno eccomi ad una sola voce con stupore immutato? Nella schiera del gregge, quanti?
*
Ciclico
Non comprendo il guado delle stagioni. Ogni sole - mi dicono - ripete il suo giro. Anche le farfalle, nel loro ciclo, misurano i voli sull’ampiezza delle ali. La sera, le ore si spalmano in uno spazio indefinito.
E poi accade.
Il giorno supera il confine del divenire. Sulla sabbia è nuova ogni traccia e l’acqua torna a confonderle.
*
Rosa mistica
Sale al monte la rosa accolta dagli Dei. Benedette le spine sguainate come spade! Bellezza chiama sangue. C’è un’ombra dentro le rose.
*
Un amore
Ridotto a dimensioni portatili. Intercambiabile, taglia unica.
Oltre l’utopia dei sensi, manca ogni equipaggiamento - e forse l’equipaggio -.
*
Plantation song
Sono nata. Questa volta libera. I miei fratelli mi cullavano con un canto di piantagione. La loro resistenza mi accarezza come i venti d'estate. Ho le mani piagate da un tessuto frusciante e vivo. Un cotone e una catena. Ho sognato un abito con strascico.
*
versi diversi
temo (o forse spero) che il vuoto turbinando mi trascini nell'ignoto dove i fiori crescono capovolti e i versi già capoversi
*
Sordità*
Non li vedo, non li tocco. Almeno sentirli sussurrare. Gli Angeli svegliano i fiori.
Se potessi ascoltare i nomi che scelgono e il suono che fanno!
*(molto liberamente ispirata alla poesia “Gli Angeli” di Emily Dickinson)
*
protocollo d’intesa
anche senza segnali convenuti (o convenienti) sarà impossibile non riconoscersi
nessuno è mai svanito gli assenti non sono fantasmi
le presenze proliferano dopo la semina si può siglare l’accordo non-belligerante
col tempo nelle sere d’inverno - per quanto raramente - potrà capitare di incantarsi davanti alla neve che cade
sarà sorprendente
osservare i fiocchi veloci e delicati insieme
*
La cacciata
Una falena, tra vetro e persiana, vagheggia l’Eden proibito. Poi, chinata la testa di Sfinge, richiude le ali. Cos’è il tramonto per una falena?
Il brillio dell'acciaio in cucina.
*
Veduta
Sono tornata lì. La campana ha l’identica voce chiara e distinta. Segna le ore per ubbidienza. I palazzi si meravigliano della medesima veduta.
Oggi, col sole che li ispeziona, sembrano coevi degli adiacenti ruderi romani. Forse di notte i secoli si accomodano.
Potrei non essere mai passata di là. Nell’atmosfera ferma, l’unica trascurabile variazione è stata il soffio sommesso dovuto allo sforzo di ricordare: un’inezia a confronto con la noncuranza delle cose.
*
Irrompe il giorno
La novità del sole. L’angolazione della luce. Il taglio dello sguardo sulle cose. Appare chiaro anche il sogno della notte. Un ricordo seduce il corpo. Separa gli oggetti dalle ombre. Trapassa anche i muri. Dilegua le paure.
*
De gustibus
Intonare la giornata frugando tra i ricordi o nel presente? Apprezzare il suono dell'ambiente o la sua restituzione dalle pareti: un accordo complesso sarebbe inopportuno. Basarsi su un giro consueto, partire e finire con la tonica.
*
La serie di Fibonacci*
La serie di Fibonacci*
Fibonacci il pisano si appisolava in mezzo agli stracci. Se faceva l’addizione, il totale aveva senso e ragione. Con le cifre, il bonaccione, riuscì a convincere l’imperatore! Contava gli alberi, i rami e le foglie, le patate, le lepri marroni, i figli e i nipoti bianchi e cervoni. Cominciava la serie sempre con l’uno e poi finiva con l’infinito
spazio. * ispirata al libro "Il mago dei numeri" di Hans Magnus Enzensberger, Einaudi 1997
*
C come donna
E prima di essere donna, è concavità. I suoi pensieri roteano come biglie sotto un cielo silenzioso. I piedi appoggaino su una terra che frana. Insegue il volo di una mosca che non si posa. Prepara un varco tra una lama di aria fredda e un raggio di luce. Sminuzza la notte.
*
Costellazioni d Mirò
Punti e linee: le trame esatte dei nostri destini. Colori/eventi: entrambi portatori di ignoto. Donne e uccelli. Pittore indeciso tra poesia e silenzio.
*
Le strade percorse
Che non l'abbia mai lasciata, tanto adusi sono i piedi? E’ come vedere ed essere visti, essere ed essere stati. La mente trova il punto equidistante fra ricordo e trasformazione.
*
Della luce/La porta stretta
La porta stretta
L’ingombro del corpo. Poco più in là un comodo varco: tra qualche millennio.
Della luce
Quando il tempo ha ultimato il suo corso indolente.
*
Effetto collaterale
Nel punto di massima concentrazione della materia, da cedimento strutturale improvviso si genera un fotone.
A distanza mi avvolge un’onda calda.
*
Diario di bordo di un filosofo-pellegrino
Ore sette. Il filosofo mima la prima sigaretta. Ore otto. Il filosofo è per strada davanti al bar della stazione. Ore nove. Il filosofo conta gli avventori e i viaggiatori. Ore dieci. Il filosofo elabora statistiche: oggi sorridono più i viaggiatori o gli avventori?
*
Gioco di scacchi
Ogni mossa è una promessa dilazionata, grattare il tempo aspettando la contromossa.
La regina conosce il finale e sorride di sottecchi mentre osserva bonaria l'agitazione delle sue pedine.
*
La gatta
Oggi Marcella pare una gatta. Ringhia, guaisce, minaccia. Nella lotta col cane di dentro ha spuntato unghie e orecchi. Dal gatto ha cavato la voce di un nume.
*
Può bastare
E se fosse un ripetere a mente i nomi delle fermate di un treno a lenta percorrenza, se la locomotiva indietreggiasse senza ripensamenti (fotogramma dopo fotogramma miraggio dopo miraggio), se riconsiderando i riflessi della luce a confronto coi contorni precedenti, cercasse proprio quelli, riconoscendoli, non sarebbe abbastanza per una vita?
*
Allo stadio di Caracalla
Un pino ad ombrello evapora sudori. Mi piace ascoltare i corridori. I passi sembrano attraversare le ere. La terra restituisce respiri. Confusi tra le scorie di altri polmoni. Tutto è scambio, poliritmia. Si è insieme atleti e alberi.
*
Galileo liutista
Il liuto sfuggiva al calcolo matematico. Insopportabile complicazione di armoniche sovrapposte! Il punto esatto dove tastare le corde non era localizzabile con il rigore di un’equazione. Ma quel suono irripetibile - “A 440” l’avrebbero chiamato - incrinava convinzioni immobili! Avrebbe isocronizzato un pendolo! Continuò a ronzargli nella testa come un’ossessione. Le orecchie sempre occupate a decrittarne la voce!
*
In-eterno
Un banco d’aria sospinto su strade di nuvole sempre cangianti tra caldo e freddo.
Trasmigrando, resta se stesso, pur ignorandosi. Incosciente di essere niente, non sapendo di sapere.
Della materia, il vuoto: senza velocità, senza energia, neanche l’ombra giacché l’ombra è qualcosa.
E' l’unica idea che io concepisca di eternità.
*
Lèggere
Controllo se ho messo gli occhiali a cavalcioni sul naso.
Mi tuffo anche oggi.
Le lettere nuotano sospinte da correnti interne/esterne e dovrò riportarle a riva ordinatamente.
*
in mezzo alle pagine di certi libri
vorrei sapere quale chimica impostura trasmuta gli amori in petali inodori
*
La finestra sul cortile -haiku, citando Hitchcock
Sangue su sangue Rosseggia sugli gli alberi Una cornacchia * Tende socchiuse Cade sempre il sospetto sul maggiordomo
*
ipotesi
se gli spazi atomici della materia - in qualsiasi stato di consapevolezza essa si trovi - si dilatassero in un big-bang infinitamente riproducibile e coincidente con l’originarsi di un’eco inaudita e straniante a cerchi concentrici se il tutto si sommasse alle energie e quantità di moto pre-esistenti
di quale natura sarebbe il vuoto? e la pienezza?
*
Allucinazione uditiva*
Qualcuno poi mi spiegherà perché il silenzio si fece assordante come un fischio urtava i timpani e non sgorgavano ragioni né parole ma solo lacrime sconvenienti. E chi avrebbe dovuto per primo fare i gesti conseguenti, se commentarli o semplicemente farli, e che cosa bisognava temere più il silenzio o la sua eco?
E infine se ciò che sentii nella camera anecoica fu effettivamente il battito del cuore o la vibrazione superstite dell’ultima registrazione scampata inspiegabilmente alla cancellazione.
*
come nacque la primula
infine la lacrima per quel bimbo mai nato plasmò nella creta la culla di una primula
*
Il passero-precario
Esistenzialmente si è come passeri con un arto amputato. Ci si ingegna per tenere l’equilibrio sul filo dell'alta tensione. Non rischiamo la vita ma un nuovo mestiere!
*
Il mondo salvato dai ragazzini
I ragazzini insegnano a combattere nella giungla delle visioni e a difendersi (da se stessi). Le chiacchiere sulla cultura... ma il loro ridere è una scossa alla supponenza. E’ così che il fiume non si ferma, leggeri risalgono la corrente. E conoscono le formule dell'esistenza: il volume del professore non misura la sua altezza!
*
La fiaccolata
La fiaccolata avanza sotto secchi d'acqua santa. Prima fila, uomini-paramenti. Seconda fila, donne pie. Terza fila, vecchine commosse. Poi, volontari in divisa arancio e qualche bambino col broncio. Ultimi, sans-papier e nulla-tenenti ingoiano le litanie con un colpo di tosse.
*
Parola d’ordine: ritornare
L’ultima disillusione sarà la prima certezza. Parola d’ordine: ritornare. Rovesciare i dizionari scoperchiare i pensieri.
Non avremo più bisogno neanche dei sentimenti. E i respiri si sincronizzeranno.
*
fisarmonizzando
la fisarmonica si barcamena tra due accordi grossolani che si fronteggiano come rivali in amore
ebbra di danze stracciate e di canzoni sudate suona di notte la tangheggiante malinconia nel mare rumeno
in corpo ha il pane nero inzuppato nel vino novello la custodia di faggio è prova del suo nobile lignaggio
*
Due haiku
Stagioni
L'autunno arriva Piume e capelli bianchi
muoiono e nascono ***
Innamorati (a Oriente)
Bachi da seta La bava è la scrittura Dei cuori amanti
*
undicenne
L'occhio sano misura la vita. L'altro capta vibrazioni ambliopi. La voce possente amplifica l’ingombro di esserci. Da undici anni.
*
volto sonoro
vedrò il suo volto. sarà sonoro sarà un’onda un abbraccio sarà una musica saremo il canto e la singola nota uno strumento d’acqua con viole d’amore un'arpa a dodici corde risuonante nei vortici sarà aria calda vento contrario
una sinusoide perfetta
sarà una gioia.
*
Servi inutili
Operai senza diritto alla mercede. Servi senza-utile. In-utili. Liberi di spaccarsi come semi. Utili a se stessi.
*
Fatta per volare - a mia figlia -
Sulla nuca è impresso il “bacio della cicogna”. Ha la forma di un gabbiano aerodinamico. È la promessa di un volo.
*
Luci
La notte: miopia delle costellazioni.
*
Se fossi artista
Se fossi artista non dipingerei come Miró. Della musica conosco solo il diapason. È lenta la mia danza. Il mio canto non ha estro. Non-artista, donna. Incerta, assetata. Impertinente. Talvolta innocente.
*
Pedagogia celeste
Il cielo provvede a emanare un surplus di calore perché accada che le nuvole assottigliandosi tralucano.
*
Tra musica e poesia
L’intervallo tra ora e mai più. Lo spazio tra due righi - un ridotto pentagramma - Legature, portamenti, trasporti. Pause. Ritornelli, note ribattute. Can-ti-le-ne. Pathos e patologia. Con ritmo. Con moto. Allegramente, rapidamente. “Alla turca” (alla russa, alla francese, all’italiana). Consonanze perfette, quasi rime. Non baciate. Sorelle gemelle. Quasi rivali. Meta-semantica, meta-fisica. Metà strofa (l’altra, non “suona”!?) Polisemie e polifonie. Risonanze interiori: gustare lentamente. Cosa c’è dietro/dentro/di lato? Frasi aperte, simbolismi. Interpretando i segni dei tempi.
*
La più piccola matrioska
La gioia era sospesa nell'aria. Non capivamo da quali allergeni dovessimo difenderci né quale vento fosse da schivare. Camminavamo proteggendoci le spalle - per eccesso di zelo - stringendo gli occhi arrossati respirando sommessi perché non ci desse prurito quella polverina gialla simile al polline dei meli.
Vivemmo ogni attimo presentendo la fine. Conoscerla in anticipo fu uno spunto formidabile per la retrospettiva che avremmo scritto. Non ricorderò che un’ora precisa dentro spazi protetti e senza uscita: la più piccola matrioska del tempo che ci fu assegnato. Affidammo l’ultima immagine a un francobollo. Pian piano si scollarono i ricordi. Il giallo trasmigrò in odore di carta.
*
La mela-insana
Come una mela-insana (una melanzana) più carnosa e amara, più ispida e scura, più piccante e informe
così vorrei mordere la giornata pregustando non facili dolcezze.
*
Rem/Mer
Mormorio di cellule nervose nella fase REM. Traccia sonora indelebile. Nella memoria è la MER.
*
Nero su bianco
La notte è un foglio bianco. Vi scrivono penne come pugnali. Squarci di luce sul dolore.
*
Cinque folletti*
Bianco. Il silenzio. Parole non dette. Ce ne era bisogno assolutamente.
Nera. La notte. Chiudere gli occhi. Non mi aspettavo di Sognare.
Azzurro. Il mare. E’ sempre rischioso Immergersi tra le onde. Emotive.
Rosso. Il fuoco. Riscalda le mani. Non avevo mai tremato Così.
Gialla. La luce. Illumina, per vocazione. A volte mi scopro. Troppo.
* Un folletto è una breve composizione di 5 versi liberi formata da 11 parole: 1° verso: il nome di un colore (una parola) 2° verso: qualcosa che è di quel colore (2 parole) 3° verso: ciò che il soggetto fa o è (3 parole) 4° verso: un personale modo di sentire, di essere, uno stato d'animo (4 parole) 5° verso: una parola conclusiva.
*
Musicalità
Non ho ancora imparato il canto tenue della sera. Anche le foglie hanno orecchi più sensibili. Cantano lente, vibrando
voci inaudite.
*
I poteri del cardamomo/Lo zafferano
I poteri del cardamomo
1
Il tempo addolcisce la superficie. L’intimità resta sconosciuta, a volte amara.
2
Non è detto che non sia felicità ignorare i potenti segreti del cardamomo.
*
Lo zafferano
Un piatto scialbo, poi colorato di sole. Il riso in bocca ai commensali: che soddisfazione! E tutti i denti gialli.
*
Tra_passo
Sarà un istante. Tutto ciò ch'era da dirsi ce lo saremo già detti. Conosceremo l’anteprima di tutte le storie.
*
La vigilia della festa
Hanno un volto distante i due ragazzi del turno serale all’ultimo piano del centro commerciale. La luce delle lampade al neon è di un giallo assai artificiale. Il forno a micro-onde ravviva gli inflazionati colori della pizza margherita. Sta passando quest’altro week-end. Molti clienti hanno già girato i tacchi. La loro dinoccolata andatura annuncia un fine-serata elettrizzante, appena un po’ kitsch.
*
La luce di settembre
La luce di settembre la cogli tra attenzione e distrazione. Un brillio veloce un avviso fugace un’idea balzata in testa nel mezzo della notte.
*
Dicono che la poesia
Dicono che la poesia non abbia niente a che fare con la paura.
(Di non dire niente? Di dirlo male? Di essere banale?)
La poesia per definizione è una piccola rivoluzione. Non ha paura neanche della dittatura!
Tra di voi chi ha paura della poesia?
*
calma apparente
metterli a letto,
o comunque a tacere, sarebbe un lavoro normale, un dovere. ma neanche di sera trovano pace. i pensieri agitati e il corpo sornione:
complici entrambi della stessa illusione
*
Essenzialità - istruzioni -
Essenzialmente tagliare. Assistere al sanguinamento con professionale distacco. Attendere il fiore dell’agave. Godere di quel giorno come se fosse l’ultimo.
E lo è.
*
Matematica esistenziale
Salgo e conto: pulsazioni. Le rapporto alle distanze che scompaiono proporzionalmente. Resta ignota la durata: la vita.
*
convalescenza
Può bastare una stagione a mostrare il tutto e il vero posto che sia il punto - non il puntiglio - e una quasi-certezza - non l'esattezza -
*
Viaggio di ritorno
Segnalibro del tempo è la strada già assimilata. Ritrovarla per caso, tra ombre di cipressi vicino a un’abbazia diroccata, momentanea sosta dei pensieri. La luce incespica su desideri convalescenti. Echeggiano voci consacrate protette da farnie, ulivi con forme di candelabri. Incerti se tornare o restare.
*
Risveglio
Prima del mondo con un capello bianco nel groviglio dei sogni. Conviene riordinare i pensieri con sapienti parrucchieri.
*
Risveglio
Un’ora al giorno - dose minima -. De-prosaicizzarsi - dunque poetare - asciugando l’istante nell’estro cantante
(il caffè, incustodito, si è versato).
*
Quattro mura
Un cronico cruccio, un peccatuccio, un’uggia che vagamente affligge. Stare tra quattro mura. Riporre i vestiti da sera. Pulire vetri e specchi. Assuefare anche gli occhi.
Che sia gioia quest’aria che annoia?
*
La maledizione della mia terra
Le madri i figli, i figli la terra, i padri il senso: disconoscenza.
Intorno a letti di zucchero, le nonne attirano generazioni e poi recriminano.
Una teoria di morti e di vivi, di legami e di lutti si rincorrono
e si tradiscono.
*
Personaggi in fuga
Il vento si è voltato a maestrale. Aggredisce le narici col sale. L’ossigeno le incendia. Sulla terrazza il libro è aperto su pagine livide, offerte in sacrificio al dio-autore: che plachi il ciclone o si stia al coperto! Come formiche traumatizzate, le storie si sparpagliano sul davanzale.
*
Le donne sole
Le donne sole dimagriscono pur mangiando ma non sono mai digiune di vita e di persone. Alle donne scarne (ossa, nervi, sangue e amore) piacerebbe nutrirsi. Sarebbero donne più malleabili. Le donne sole, quando sono in carne, sono sempre s-carne di qualcosa. A volte di parole
(ma non sempre).
Le donne sono quasi sempre sole: quelle scarne quelle in carne quelle silenziose quelle non silenziose quelle che cucinano e quelle che mangiano.
Nutrendo la propria solitudine non sono più né scarne né sole.
*
Terra dei venti
I panni stesi al vento nel vicolo sul mare e la gente sbatacchiata della terra di Puglia che si fa beffe di chi la beffa.
*
A volte anche il mare
A volte anche il mare vorrebbe fermarsi, scrollarsi del sale, respirare! Che fatica aggirare gli scogli, sfidare il vento, conservarne gli echi negli azzurri intrichi,
accogliere i morti, donare l'oblio, trasformarsi e restare.
*
Chiara: colore preferito, verde*
Veste gli anni tra il giallo e l’azzurro (anni verdi). Fotografa in erba, vede il mondo color delle piante. Sempre al verde di contanti. Con le amiche condivide anche i guanti. Uugola cantante, sorriso splendente. Il suo cuore è un giardino: chiaramente. .
*dedicata a mia figlia, nel giorno del suo onomastico
*
De-siderium
La stella è atterrata. Sulla spiaggia dei venti è rotolata, nel mare dei volti è sparita. Dove nulla è certo, ha piantato la tenda. Ho chiesto alla stella: “Sai dove nascono i desideri?” Mi ha risposto: “Ho afferrato il domani svanito ieri”.
*
Il trauma della pagina bianca
L’abisso in cui annegare. La sorpresa di essere soli. La rotta da cercare: un lavoro da aviatori.
Raccogliere una brama nel capriccio del vento, l’indizio di una trama senza fili né attori.
Fantasmi della mente di tetri scrittori. Parole-scheletro dentro carni abbondanti. E sguardi compiacenti
dei lettori.
*
E solo infine
E solo infine il palesarsi.
Quanto robusto il vuoto quant'è vigoroso il silenzio quanto alieno ogni respiro.
Eppure non sottrarsi.
*
Il nonno di Sofia
E' giunta voce a Dio di un uomo aggrappato al filo di un aquilone: il nonno di Sofia.
La Roccia a suo tempo gli concesse maniglie di scoscese certezze.
*
L’eterno settembre
Ecco l’ora del giorno che coglie immobili i fatti tra cieli mutevoli e sogni incompiuti: i voli rinviati a domani.
Settembre è come quest’ora. E’ come due mani carezzevoli. E’ un’ombra di sole che sbriciola le cose e le finisce con dolci parole.
*
Capo Nord - tre tanka per un’amica -
Corre più lesta stamattina la luna. A mezzanotte il sole dà una festa. Le porterà fortuna?
Corre più lesta la luna stamattina. A mezzanotte il sole dà una festa. Perchè quell'aria mesta?
Stamattina la luna corre più lesta. Il sole a mezzanotte Prepara le sue nozze. Sarà ospite alla festa?
*
Ammesso che
Caldo. Mio figlio sonnecchia sul divano. Un foulard come coperta: penombra e torpore. Sole più alto. I rumori domestici (soffici tonfi al rallentatore) sono forse il ricordo dell’utero. L’estate è sinonimo di mamma e di mare (ammesso che si sappia nuotare).
*
Peccato capitale
La vanità è una laica preghiera tra una specchiera e un’acquasantiera.
*
La nostra tenda
1
Il vento è l’ultima chance. La nostra mente invece produce alibi.
2
Mettiamo tenda. Pensando che sia un aquilone.
*
Morire di musica
Morire di musica (sulla tragedia di Duisburg)
Morti di musica perché fatti di musica. I respiri che mancano
sono trombe zittite. Il pubblico si scuote e rotola su palcoscenici di tulipani e nontiscordardimé.
*
Alberi che camminano
Ipermercato/iperforesta. Alberi che camminano. Occhi svuotati/riempiti di merci-civetta. Tele-guidati sciamiamo nelle arnie che ci nutrono e ci affogano. Gonfi gli occhi. Noi, natura artificiale api senza pungiglione alberi se-moventi detentori unici di bio-diversità figli di un dio non minore, ci sfioriamo.
*
Pomeriggio d’estate in città
Da qui si vede: una fascia di cielo, un tetto e due gabbiani. Il vento artificiale solleva i pensieri sugli strati di aria calda. Il corpo si consegna al tempo tramortito del pomeriggio.
*
Haiku d’aria, acqua, terra, fuoco
Grida cornacchia il tuo verso all’alba. Finestre chiuse. I nidi vuoti Lasciano nei passeri scomposti voli
Pesci d’argento Schizzano sotto l’acqua: notte d’insonnia
Trovano rotte le barche allineate sembrano onde
Terra riposa! Maturano i frutti in tempo di pace
Seminatore, latrano i cani neri. Aspetterei.
Là dietro i monti il sole detta legge su fiori e frutti
Calura estiva Sole dietro la tenda Lenta si muove
*
Se il tempo
Se il tempo è questa stasi surreale attendo l’alito serale. Il movimento, in questo caso, non è vita e stare non significa disperare.
*
Icastica estate
Icastica estate, stoicamente stai. Istanti estatici. Forse la felicità è-statica?
*
i poeti preferiscono il mare
i poeti preferiscono il mare perché hanno un conto aperto col cielo: la sua luce potrebbe incenerirli.
*
ferie - Il Reno a Rees
ferie
spaesare i pensieri: il vuoto si riempe di una noia onesta
Il Reno a Rees (Germania)
Il Reno a Rees è un bell’uomo dalle larghe spalle e le gambe paralizzate. I pesi sembrano lievi sulle chiatte ingombranti. Traghettatori ubbidienti tracciano rotte a ripetizione. Lineari, le ombre dei pioppi intersecano gorghi misteriosi. Il Reno amoreggia
con un cormorano sazio e triste.
*
Per mestiere
I semi non sanno il mestiere di amare- Non lo sanno nè fiori né frutti né il vento. Così le anime semplici: masticano semi, fiori e frutti pregni di ignara filosofia.
*
Ai margini
La luce sconfessa il buio, che rimane insondabile. Stiamo ai margini di un bosco
mostruoso.
*
Colazione
I biscottini fremono. Resistere integri in una forma o perdersi nel fusionale calore bollente? Incerti se sia diverso immergersi o morire.
*
Un binomio fantastico*
due oggetti spogliati due opposti sensi due punti nel cosmo nudi come nomi sconosciuti come volti ostili come ombre artificiali infelici come pensieri alla finestra
oppure felici come gatti sciatti che non scendono a patti sornioni, teneri e pacioni come poesie zoppe e scarpe rotte.
*omaggio a Gianni Rodari (Grammatica della fantasia)
*
Prospettive geometriche
I miei amori giocano a fare i grandi. Io gioco ad amare la loro piccolezza. Le nostre prospettive si incontrano in un ideale punto di fuga proprio al centro della distanza nella direzione che ci unisce.
*
Marcella ha comprato un sorriso nuovo
Marcella con l'abito di percalle rosa corallo ha l’occhio più arzillo e il sorriso più bello bianca e rossa la pelle sembra una caramella o una piccola gazzella
*
Momento lirico
Marea. Questione magnetica di masse energetiche. Mi tuffo in un lirico placido liquido. Atavico utero che genera favole.
*
Sartoria
I miei cari son partiti così sto un po’ da parte. Ricucirò i nomi sullo strappo. La loro assenza mi punge: è uno spillo sul drappo.
*
Per caso o per grazia
La luce di fuori uguale a quella di dentro.
Le voci del mondo: gradite, ma non necessarie.
Il centro è questa luce che piano risucchia la notte.
Irradia il dominio dentro i confini dei corpi.
Increduli occhi penetrati dai raggi. Per caso o per grazia? (“Ed erano circa le quattro del pomeriggio”).
*
riduzione ai minimi termini
ridotti ai minimi termini: semplificati, gli orpelli eliminati come parentesi
azzerata l’energia automoltiplicatasi esponenzialmente ma su basi incerte
problemi e soluzioni erano matematicamente verificabili
come in un rapporto dove conta essere numeri primi indivisibili
*
Il film di Marcella
Marcella racconta a puntate fotogrammi di un unico film. Marcella ha occhi fotogenici e gesti teatrali. Come quelli del figlio che sorride alle spalle e sembra un attore vestito da figlio dei fiori. I fiori che cambia ogni giorno davanti alla foto del figlio rovesciando il finale al suo dramma di donna e di mamma.
*
Alla stazione Ostiense
Hanno fame i sans papier. La minestra in un cartoccio, senza carte né tovaglia. Un cartone per dormire. Noi scriviamo i nostri nomi sulla Carta dei Diritti. Primo articolo: l’ipocrisia.
*
Le poesie lette all’alba
Le poesie lette all’alba promettono il sole e tutti i colori. Ma è la sera a rivelarne l’oscura bellezza.
*
Al ninfeo di Egeria - new Arcadia
Al ninfeo di Egeria
Tra le lenticchie d’acqua spira un refolo: siamo in un mitologico pomeriggio. Respiriamo. La pelle gode. Scenario postmoderno per consumare altre vite sempre possibili. ***
New-Arcadia
Il gorgoglio dell’acqua intorno alla foglia. Il fauno osserva e danza. Con lo zufolo stonato invita il vento. La nuvola molle ombreggia la roggia.
*
Ironia
Mi porto dietro l’imbarazzo di esistere. Eppure in molti mi salutano e qualcuno di prima mattina mi offre i confetti al limoncello. I miei cari sono carini con me. C’è chi mi telefona e chi si fa telefonare. Non mi lamento: qualcosa mi riesce bene. Mi sembra di avere due ombre e una non so dove metterla.
*
Distillazione
Dal silenzio un vago odore d'assenzio. Note smeraldo come di canarini mattutini, bagliori di voli che recano cenni agli assenti. Profumi e suoni e colori, vaporosi sapori. Magia di fate verdi: ab-sentia, spina nel fianco.
*
Dove bruciano i pensieri
Smettere di parlare sarebbe una mutilazione, un annaspare tra alfabeti centrifughi senza un cappello e neppure un ombrello dove bruciano i pensieri.
*
Fumo e gelsomini
Gli studenti si baciano all’angolo. Gli occhiali scricchiolano come i moderni apparecchi che portano. Le otto del mattino sono le volte che hanno detto "andiamo", trattenendo gli zaini con la forza del petto che sporge in fuori come i nasi che aspirano indifferentemente fumo e gelsomini.
*
Il mattino ha loro in bocca
"Il mattino ha loro in bocca"
Franco: vuol dire libero di essere talvolta un po’ ribelle ma ubbidiente alle sorelle. L’imago femminile è l’altra faccia del tuo dover essere primo (genito).
*
Occhi grigi di chiara ragazza: il nero te li evidenzia - camoscio o cerbiatto con l'ombra corta, arrampichi il tempo e poi lo disperdi. Non sai la vita: un trucco per viverla.
*
Gambe nervose di cincia gioconda, di sera canti e salti di mattina sistemi le piume aerodinamiche. La tua realtà è un sudoku di magiche coincidenze.
*
Luna in fuga
Un anonimo pomeriggio. Strilli di bimbi e stridii di uccelli al posto di campane. Forse un dio ci accorda una tregua? Incauta la luna è balzata in braccio al sole e si dondola teneramente.
*
Un cerchio sull’abisso
La Sapienza dice: “Quando tracciava un cerchio sull’abisso io sono stata generata”. Il cerchio ha incluso l’abisso dentro materni confini. Noi stiamo aggrappati ai bordi come pulcini ai nidi. L’Architetto del mondo ha disegnato destini a mano libera. Noi sorvoliamo l’orrido dimenando ali che non ci appartengono.
*
Gli alberi della strada
Gli alberi della strada di notte sognano prati verdi. Assorbire nelle membra il fiato sporco delle cose - fino a perdere il respiro - è lavoro diurno. Di sera si immaginano senza radici, potenzialmente in volo. Si consumano in un continuo adattamento.
*
benvenuta stanchezza
benvenuta stanchezza, orecchio mite. non indaghi le voci, non annusi le presenze. soltanto sperimenti le carezze ardite del vuoto. e lasci in pace.
*
Un poeta scrive sempre la stessa poesia
Un poeta scrive sempre la stessa poesia e così cammina: col medesimo passo. Molti lo superano verso la meta. Lui sta cantando per farsi compagnia sapendo che la strada non finisce.
*
ragazza
ho in mente una vecchia con occhi d'acqua mani azzurre e vene sottili parole secche come aforismi che al mattino diventano auguri zelanti alla terra per fiori e figli di amori ora indolori o mai accaduti. sarò io questa vecchia? sarò stata quella ragazza?
*
Dio è un luogo con il soffitto alto
Dio, un luogo senza alberi con quinte nere come montagne, praticamente un teatro,
dove anche senza riti accadono miracoli quando al buio sottovoce, prima della prima, gli attori ridono.
*
Un arbusto di violacciocche
Vorrei avere tentacoli per figli vicini e lontani. Sono una madre basita e distratta incantata affamata bislacca come un arbusto di violacciocche senza fiori né filastrocche.
*
La morte del poeta è uguale alle altre
Mischia le carte con gesto irrisolto. Non urla nelle piazze, non recita parti. Cerca tempo per fare, toccare, mangiare. Ha il corpo di un uomo qualunque. Forse legge una storia di segni.
*
La terrazza di Marcella
Nella terrazza di zia Marcella ci sono cinque vasi di begonie. Vecchi i vasi, stentate le begonie. “Le conosco – sostiene Marcella – so l’acqua che serve.” Non ha figlie Marcella: accudisce begonie. I suoi uomini sono partiti in un giorno di sole: petali rosa (begonie sfiorite) portati dal vento. Marcella interroga il cielo: quanta acqua, in rapporto all’amore, nel primo giorno caldo di sole asciutto di vento?
*
L’ostaggio
La pioggia ghigna: “Ho sedotto il sole". Poi minaccia: "Per riaverlo, riscattate il mio pianto”.
*
Equilibrio
Come un funambolo. Incerto se ammirare le marine o sollevare occhi e braccia al cielo, mormorando un’antica canzone rituale. Non sapendo chi mai interverrà quando il passo sarà instabile, nell'attimo potente senza reti.
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Nel mio mare
Vagheggio da lontano il mio mare bambino. Lì le ore si accomodano. Lì la fuga e il limite. Lì, avvinghiato alla roccia antica, vive libero. Non lo sento frusciare nei pomeriggi. La sua voce è un sussurro. Con la luna non compete. Il sonno non me lo porta in sogno. Il risveglio è rapido e asciutto.
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La cura di Woody Allen
Pioveva e mi sentivo malata. Il grigio aveva invaso il mio cuore. Non sorrideva il cielo il sole mostrava le spalle. Così ho scritto una poesia al mio analista.
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Notte stellata
Se le domande fossero stelle questa notte sarebbe fulgente di mille risposte.
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ape regina
non ho imparato i suoi ronzii non mi ha insegnato i dolci imenei: di mia madre ho le mani da operaia
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Lettera
Un fiore fucsia è venuto alla luce. Due punte orgogliose completano l’azzurro del cielo. I restanti colori dell’arcobaleno sono il piano programmatico che il giovane virgulto ha annunciato con la tipica baldanza dell’età. Ora raccontami tu.
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Assiomi
Deduciamo l’amore dall’amore che riceviamo. Noi: negazione dell’amore, affermazione della nostalgia. Attaccati al pensiero. Ci orientiamo intuendo, ma non afferrando, né alba né tramonto.
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Asincronia
Sogno e sono sognata: diacronia di vite, sincronia di energie orfane di una festa. Vagano di notte cercando fino all’alba il giusto verso. Troppo tardi. Non ancora, forse domani.
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Per Francesca e Sara
Se scrivere è vivere voglio incidere il silenzio fino all’ultimo fiato. Consumare al sole i respiri cruenti di petali ignari. Asciugare i mari con le loro voci. Seppellire i sogni terreni. Ripescare quel punto quando si nasce o si muore.
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Mio nonno è morto in mare
Mio nonno è morto in mare e il mare è morte e vita. E' morte che grida alla vita è vita che seduce la morte. Naufraghi di cieli e di prati scegliamo di essere portati e torniamo al mare dal quale veniamo.
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Tenerezza
Il vecchio, di spalle, sta baciando la donna al suo fianco. Lei risponde. Negli occhi si legge una storia. Non vedo - ripete - e gli porge seccata il foglietto. Lui le sfiora la schiena. Si segnano insieme. Camminano: lei prima lui dopo. Questi erano i patti. Onorati.
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Informazioni non essenziali
Perché custodire una traccia di byte - in bianco e nero - quando la matrice è rosso vivo? Bit spaiati balbuzienti spazientiti. Inconcludenti. Ecco, svaniscono. Bit bit. Alt. Canc.
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The show must go on
Il silenzio si è fatto cattivo. I poeti bestemmiano contro lustrini e pailettes. Il pubblico scandisce: “Non c'è tempo”. Vibrazioni di slentati contrabbassi echeggiano gli attori annientati da mangiafuochi. In platea una poltrona sfondata assorbe applausi. Nel Fanum dissacrato, né canto né disincanto.
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a nascondino
Lungo il fiume. Non il cadavere del nemico, ma il suo corpo risuscitato. A giocare a nascondino coi sentimenti vince chi fugge.
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Il Giardino dei Tarocchi *
Un giardino popolato di mostri buoni colorati materni eccessivi bizzarri barocchi deformanti deformi specchi abnormi allegramente folli di vecchie storie
che non perdono il vizio e da lontano strappano una lacrima di tenerezza al mare acre surreale che non lo perde di vista con la brezza mediterranea magica iniziatica con profumi di zagare rosmarini e oneste lavande spargendo risa di turisti francesi e stupori stregati di bimbi consacrati alla farsa della vita a rischio di perdere la mano ma non la partita con l’angelo della temperanza che veglia sulla salita
*Il Giardino dei Tarocchi, opera scultorea di Niki de Saint Phalle (ispirata al Parco Guell di Anton Gaudì a Barcellona), si trova in località Garavicchio, Capalbio (Gr)
*
In città
Tutto è più falso di una pianta parassita cresciuta tra l’asfalto e l’incuria, cibo per insetti dalla corazza violacea e dalle molte vite.
Il passante cerchi la bellezza tra la polvere, la parietaria e le bacche velenose. La voce purissima di un organo in una chiesa di periferia.
*
ventuno marzo
in equilibrio omeostatico tra strane emozioni e un cesto di panni intirizziti e in bilico - loro - tra cuore/amore e una misura abbondante del sole di primavera
*
nomadi
accampati su una terra non promessa con addosso una coperta non nostra (forse rubata a un venditore di sogni) vagheggiando una dimora lontana non brutta non bella in un giorno che non ci appartiene e che non avremmo previsto di non vistose apparenze e aspettative capace di irrompere pur con preavviso non sensibile scaturito da una premessa non riconoscibile scegliendo tra colori non complementari e suoni non ascoltati prima con il senso di chi ha perso il suo bene (e non se lo ricorda)
incerti tra partire e restare
*
Foto in bianco e nero - haiku -
Il libro aperto Rose dimenticate Le labbra secche
Mancano albe La morte si avvicina Festa di vecchi
Sole coperto Là dove corre il fiume La barca aspetta
Pioggia sottile Vola solo un rondone Vetro opaco
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Omaggio a Martha Argerich
Cosa va considerando Martha Argerich quando sorseggia il tè prima di scoperchiare il mobile d’ebano e avorio? Chopin la saluta sotto il feltro rosso con un colpo di tosse alquanto dissonante. I vetri vibrano commossi preventivamente e un vapore blu, quasi fosse una musica, inebria la stanza: allora Martha si siede e inizia.
*
Un mandorlo non è sentimento
Un guscio asciutto è questa sera: profuma di ritorno. Le strade bagnate sorridono alla luna. La notte riposa i suoi panni. Nel buio c'è una piccola luce. Un mandorlo non è sentimento ma aria di primavera.
*
Un tempo evaso
Cammina una traccia sotto i passi nervosi di domeniche brevi che pur compiono uffici.
E' come acqua di piena che corre, irriga altri campi, seminando silenzi più che parole.
*
Babele
Un’equazione di secondo grado annaspa sulla bocca di un prete esaltato che metaforizza ogni gesto come un pittore astrattista che urla frasi sconnesse nel sistema dodecafonico ad un tecnico radiotelevisivo che annuisce con la testa mentre una cantante pop danza con i sufi in trance evocando lo spirito di Isadora Duncan…
Chi dirà l’ultima parola? E quali orecchie finalmente ascolteranno? Che cosa abbiamo da dirci, en quelle langue, noi umani?
*
Lo spazio bianco/Enigma
Lo spazio bianco
Lo spazio bianco è il respiro di uno stanco atleta: è la sua vitalità ferma e pensosa. E' una farfalla: irritante per chi non ha le ali e sbatte la testa contro mura immaginarie a difesa di un castello inesistente. Lo spazio bianco sono quasi-poesie senza grammatica e neanche una firma importante!
*
Enigma
Il nome sbriciolato. Gli alfabeti divisi. I vuoti hanno superato i pieni. Parcellizzato i suoni.
Ritorna su se stesso. Senza volto. Anonimo. Non per forza propria. A girandola con il vento.
Si ricompone. Ma è un’altra storia. Trovato il fil rouge. Non i giocatori.
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storia piccola di un puntino
quel puntino piccolo piccolo si è infilato nel sacco nero ha bucato il fondo è finito in mare ma il vento con potenza l’ha sollevato e nella polvere di stelle l’ha confuso
qualcuno si domanda ce l’ha fatta il punto a mandare a capo?
*
Febbraio
Febbraio pallido non anemico: non è abitato dal sole.
Si scusa della sua inadeguatezza eppure per il sole è un profeta.
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Un paese caldo - la neve a Roma -
Se fa freddo in un paese caldo la gente pensa: ce l'ha con me e strofina la pelle laddove si sente toccata.
Il freddo ha questo di bello, fa parlare i sepolcri, fa drizzare i capelli, rivela le vergogne dietro i panni.
E sotto il cappotto la gente va mormorando: “Ho pagato: governo ladro, mi oppongo”.
*
Spirito e materia
Se mi prendessi un po’ sul serio dovrei asserire solennemente: “Sono da sempre in una prigione!”
Direi che tutto mi sembra stretto: abiti, casa, lavoro, città. E anche il corpo mi fa zavorra.
Dal mio spirito immantinente spunterebbero ali sottili. Trapasserei le sbarre del corpo mi immergerei nel cielo sommo oppure nel mare col favore del sole. Ma, più delle barbe lunghe e importanti, amo le sfide divertenti. Così ho promesso davanti a me stessa: “Vedrò la fine della scommessa”.
Dicono infatti che l’ultimo giorno come una piuma si librerà il corpo mentre l’anima troppo assennata resterà schiava del tempo noioso e dei brutti pensieri.
*
della neve
della neve non il candore ma il suono che attutisce i silenzi anche solo pensati
*
Nudità
Ho svuotato le mani non perché non avessi niente da offrire o restituire o contenere (fiori in acqua di lago)
ma per ascoltare la pelle chiedere acqua e fiori lacustri e vederli trasmigrare nel sole. E la mano, finalmente domata, riposare in un’umida stretta.
*
Aspettare mattina
E’ come preparare un mazzo di verdure e poi lavarsi le mani con sapone di lavanda. Sul fuoco il vapore è invito, metamorfosi, suggerimento. L’aroma che ti sveglia è voce materna che il pranzo dispone. Tutto è calmo. I gesti sono pensieri.
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Figlio del fiume
Cicche di umani vizi sbattono in faccia al sole l’amaro di fegati imbolsiti.
C’è un solo motivo per varcare quella spelonca imbiancata di indolenza. E’ il sorriso di Davide, il mansueto, nato dal paterno veleno, figlio del fiume. La sua ombra gentile cresce accoccolata tra mitologici giunchi.
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D’inverno anche il vetro
D’inverno anche il vetro vorrebbe scaldarsi. Dentro le fibre paralizzate v’è la memoria dell’officina di fuoco che l'ha generato.
*
Pacco regalo
Gennaio è un vecchio austero che chiede rispetto. Oggi ho visto una crepa nel suo bianco. Un codino colorato sbucava da un pacco-regalo mentre spacchettavo il bene di oggi, l’attesa.
*
La mia musa
E’ una signora poco attraente. Racconta quello che ha visto tra le petunie e le ragnatele.
Ho trovato la mia musa fuori di me. Assolve con occhi buoni e fa cose di tutti i giorni.
*
parole di sabbia
parole scintillanti navigano distanze sconfinate
per erigere preziose e intoccabili barriere
quando non siano un caldo mantello di sabbia che cela labili castelli
a volte è il silenzio il mare trasparente
*
Creazione ad Haiti
Dal respiro della terra nasce la spinta. La creazione estrae nuovi inizi come pagine di un libro. Con le ceneri di una storia arcana seppellisce la sua miseria.
*
Passeggiata
Era verde il fiume. La bruma contendeva alle acque gli ultimi rami dei pioppi. Le luci dei lampioni addolcivano il paesaggio.
Passeggiavo e guardavo l’acqua e niente era chiaro come quel punto preciso in cui il fiume passava.
Al ritorno, un solo colore. La bruma si era congiunta al fiume, le luci si dileguavano. La notte mostrava il lato materno. Tutto quello che serviva, era dato.
*
Serata d’inverno e di musica
Il suono del violino mi cerca con piglio vivace. Mi assume in sé. Intorno è già buio. Nel freddo filtra una pace sottile. Un acuto non fa male.
*
All’alba
Il rumore del frigorifero. Lo sbattere ritmico delle ciglia. L'acqua che batte sulla ringhiera la nebbia e il silenzio: momento perfetto. La campana parla alla luna poi la mette a dormire.
Lasciamo tutto così. Demandiamo all'alba ogni promessa.
*
Titoli di coda
Esito di una strettoia di tempo. Una storia al fondo del cono trasparente e un rumore di risucchio.
La luce è in alto.
*
Camaldoli
Nevica. I confini del suono sfondano i bastioni del silenzio. Avanza il gigante bianco. Echi muti dilagano come cerchi concentrici. Saggezza si aggiunge a saggezza. Il cielo vela sozzure e malizie come una mano pietosa. Fiocca ancora. Il tempo si raggomitola in un lunghissimo abbraccio che sa di cibo. Si va verso l’eremo e nevica.
*
lungomare
la bestia non dorme, abbaia. il rumore che cresce dentro abbaglia.
*
In una mano chiusa
Sono tutti in una mano chiusa. Di notte si apre a ventaglio e li senti ridere della giovinezza passata. I volti cari ci visitano recitando una filastrocca: così rassicurano di esistere.
*
la misura del tempo
contrazione/espirazione fiato sospeso/restituzione la misura del tempo il suo ritmico sangue
ma è il silenzio il tempo migliore immobile/pendolare tra alba e temporale
*
Natale
NAti per essere madri.
TAnta fatica per essere vivi!
LE ombre non ci fanno paura.
*
Un uomo
Un uomo blindato nel desiderio di essere figlio. E suo padre, da una bianca pietra straniera, lo chiama per nome.
Non sul ponte minato, ma dal blu dei fiordalisi ha imparato il coraggio, annaspando sulla riva.
Sotto il cappotto, un freddo antico. Quando portava i calzoni corti si chiedeva perché la sua casa era l’ultima del villaggio.
*
il bucaneve
non credo alla neve che risolve le stagioni
credo al fuoco che attorciglia il tempo e scioglie la terra
attorno alla voce esangue del bucaneve
*
Aziz
Aziz non vuole porzioni ma una parte. Col cucchiaio, bacchetta musicale, pretende giustizia nel tempo di un pasto, e un posto nella fila. Inceppati gli ingranaggi della solidarietà. Fanno chiudere la bocca ma loro hanno fame di nuovo.
*
Evasi
Camminare su una strada diritta in compagnia di ciò che si è commesso specchiandosi in ciò che non si è. La meta è il punto esatto da cui balena la fuga. Talvolta le strade si incontrano.
*
dedicate
due pettirossi
due pettirossi le mie bambine ora si dipingono le labbra e ridono con i denti metallici oppure provano le mie scarpe ma non i cappelli fluenti i capelli flavi e sanguigni avviluppati nel gioco di essere donne
*
un inerme barbablù (a mio figlio)
nel palazzo di ghiaccio c’è una festa il pupazzo di neve del giardino ha cambiato colore dietro i vetri appannati sotto i brufoli di fuoco scalpitante un inerme barbablù aspetta quattro dracme di dolcezza
*
Mare assonnato
Un profumo di mare risaliva dirupi e frane in mezzo a rocce bianche devote a un sole acerbo. Panorama impreparato ad accogliere la visita di occhi mendicanti. L'azzurrità in cambio del sacrificio di sudori umani. Quell’innocente dio si molleggia pigramente nelle viscere di una notte qualunque. Colpevole della sua bellezza.
*
Macerie
Si prende cura delle proprie macerie come dei panni appena lavati. Le osserva controluce, singolarmente, con le mani restituisce loro forma e dignità: è questa la speranza di un vecchio.
*
Fine corsa
La giostra frena, poi si arresta di colpo. Tramortimento. Baveri alzati
imboccano diligenti la strada di casa. Circuito consumato, ridotto al potere di mangiafuoco annoiati: i bigliettai. Sapevo di non partire.
*
Quando viene a trovarmi
Quando viene a trovarmi, vuole un sorriso, un po’ di riposo qualche biscotto inzuppato nel tè. Non cerca parole, ha detto tutto quando era il tempo di scrivere lettere. Come Eloisa aspettando Abelardo - intanto innaffiava i suoi crisantemi -
*
canto interrotto
raccolte in un otre, placate, le acque del mare ripetono antiche canzoni
spaesato un martin pescatore risponde al canto di ieri
*
Le cose nascoste
Le stelle a poco a poco smembrarono le nuvole. Le albe si allinearono. Il giorno s'incuneò come un pungolo crivellando ragioni, confondendo bisogni. Pioveva una pioggia sottile, benedicente. Tra mura divelte spiegava le cose nascoste dalla fondazione del mondo.
Qualcuno ascoltò.
*
Sentenze
La gemma vive per bere amore. Al tronco resta l'amore amaro della goccia che muore.
*
Scelta
1
Punto di divisione di una lama a doppio taglio: scegliere.
2
Una valle. Oppure la notte con gli avvoltoi.
* Liberamente ispirata alla lettura di S. Paolo, lettera agli Ebrei 4, 12-13
*
Fiori di lanugine
Un cimitero sarebbe la strada se non avessi intravisto me stessa aggirarsi tra i vicoli in un giorno non sospetto. Cielo carico di anni, alterato. Passi embricati sotto spalle gravi.
Solo a tratti una speranza di musica. E' un incanto conoscere la levità dei fiori di lanugine.
*
Genesi
Potremmo riconsiderare quella foto, per rassomigliare a come eravamo - e a come saremo - . Nessuna foglia sarà strappata alla sua stagione. Custodiremo il nostro giardino dove niente sarà nostro. L' avvicendamento apparirà non come un oltraggio nè una nostalgia. Parleremo di com'era bello senza parole e senza linguaggio, e di quell’unico cielo, la coltre del futuro, un tempo smemorato che mai sarà passato.
*
Lezione di yoga
Per un attimo è accaduto. Corpo spirito e mente si sono dati convegno in un punto proprio al centro del luogo stabilito.
Un sorriso (non di circostanza) ha portato alla luce il quid del volto com’era poco prima che le albe si scambiassero con i tramonti.
Di lì a poco ciascuno ha ripreso la sua solita strada. Il corpo è stato il primo ad andarsene seguito da mente febbricitante. Lo spirito si attardava distratto da un inspiegabile odore di gelsomino.
*
La vestaglia rossa
Una vestaglia rossa
penzolava a un’altezza vertiginosa. Lontana da tutti e a pochi metri da una graziosa campana che concede un solo rintocco al passaggio degli studenti. Piccolissimi, visti da quella prospettiva.
*
Gioco d’azzardo
Non occorreva cercare lontano. Ma non si può dire che fosse vicino. Andava visto in un altro modo, in posizione capovolta. Non era facile prevedere l'epilogo. Neppure bisognava immaginarlo. Meno che mai comprendere. Invece, entrare in gioco a giochi fatti rischiando una posta molto alta: non vedere non capire non giocare.
O il contrario.
*
Questa torre bianca
Non le credevo. Si sta così bene su questa torre bianca. Tutto è piccolo, sì che posso pesarlo con le mani. Non potevo credere che la realtà fosse proprio quella. Allora ho sceso di corsa le scale tra pareti scorticate.
C'era silenzio. Mi sembrava che qualcuno origliasse. Poi, per strada, ho incontrato un venditore ambulante. Bambini in carrozzina, e giovani madri già stanche. La signora del piano di sopra, elegante nel completino cucito dalle sue mani. "Questa sì che mi appartiene!" ho pensato. Aveva le chiavi del portone.
*
Sparso un sollecito sorriso
1
Sparso un sollecito sorriso dentro gli occhi diffidenti: un antidoto al nostro veleno e al freddo che viene con i capelli grigi sfregandosi le mani. Crollano le spalle. Le maniche devono essere rimboccate.
2
Una piazza, perfetta per confondersi. Rigovernando percorsi per ottimizzarli. Ora, prima che il ligio sole ci scopra sfaccendati!
Hanno avuto ragione quelli che non hanno perso il loro treno.
*
Un’eco sotto il portico
Qualcosa di perduto come un bacio fugace all’attaccatura dei capelli dove la forza erompe coprendo le nudità pusillanimi. Come un’eco sotto un portico.
Ci sarà ancora una notte ad accogliere il suono di parole depotenziate, ombre che ci inseguono trasparenti? Nessuna parola stasera, rimbocca le lenzuola ad un’eventualità di vento.
*
E’ dolce settembre
E’ dolce settembre nascosto nell'umile chiostro tra piante assetate di ombra, giorni e promesse.
Ha il piglio di cose iniziate riposte in un luogo sicuro. Il suo vento modesto profuma di uva e di mele.
Col sale ancora in mano, dal mare saluta l’estate. Il suo tempo ora è slavato, è un braccio offerto all’inverno.
Dimora in un piccolo orto, cerca radici sottili in una terra che odora di casa, di buono. Tra canti sommessi.
*
Claudicante
Come potevo io, claudicante, camminare senza due occhiali scuri a chiedermi indicazioni (aspettandosi anche cortesia) pur avendo un altro programma e ignorando io il modo e il luogo, pur sapendo interrogare le carte?
Ciechi e zoppi si sono alleati in una disinvolta invalidità e insieme in una ottusa ostinazione. E se le gambe riluttanti decideranno per conto del cuore, e se persino si perdesse la mappa, si troverà dimora in una fortezza per non incappare nel freddo e godere di una magnifica vista.
*
Un rito antico
I ricordi. Risalgono il fiume come salmoni. Cascate e rivoli e vanno soli nel vento, certi di esistere. Saltano tappe, ingoiano volti.
Vorrei essere un sacerdote per rinnovare il rito antico della memoria. Testimoniare una sostanza viva: il mercurio.
*
In quota
Respiro il mio respiro. Mani come puntelli tastano la roccia. A ogni passo espiro nomi e luoghi. Ogni fiore è compagno di viaggio. Sulla cima la croce di legno racconta la mia presunzione e la fatica di molti prima di me. Maestri per quelli che verranno. Volti scuri e lingue taglienti non osano sfidare oltre. Gli alberi pregano l'oltre avendo certa la terra. Quando scendo, tutto sembra come perduto. I passi rallentano a trovare ragioni.
*
La mascherina verde
Dell’ultima estate ricorderò la mascherina di spugna verde che usavo appoggiare sugli occhi per fare il buio di pomeriggio. Entrare e uscire a piacere dal sonno (a volte dal sogno). Ricorderò anche il sudore che inumidiva la mascherina e scioglieva il trucco degli occhi. Fastidioso, sì, come il canto irriducibile delle cicale.
Ogni estate così, dovremmo ormai saperlo. Appendiamo l’oggi al domani
come il sonno alla mascherina.
*
Quella cosa scomoda
Poi cominciò quella cosa scomoda delle lacrime. Bisognava trattenerle, ma erano troppe. Era la parte liquida dei pensieri (ed effettivamente faceva caldo). Uscivano dove e quando non dovevano. Non era il caso. Non erano belle a vedersi anche se lasciavano un che di pulito.
*
Polvere - quasi una preghiera -
1
Polvere. Strati di anima e corpo. Polvere in bocca: non fa parlare. Pensare, allora, di poter fare. Invece: polvere. E sandali sotto cui stare.
2
Un miraggio di pioggia. Godere del vento, bagnarsi del mare ma sempre polvere e sopravvivere -. Cautela e polvere, memoria e polvere.
*
Diego
Diego, gambe lunghe, veloce nei dintorni del cuore. Padre di suo padre. Diego è chiamato ad essere grande per chi grande mai lo sarà. Lo muove una risoluta umiltà.
*
Casalinghitudine
Manda segnali il balcone, il lavello, il lettone. Segnali di fumo: il dovere assumo. Ancora un istante di oblio e presto tutto sarà un brillio! Un caldo momento di niente - non è affatto abbrutente -. Un fare-non fare, pensare di fare. Poi, solo pensare. A che serve fare, se si deve disfare? - Un minuto e riprendo a fare -. Da dove incominciare? (Il lettone, il lavello, il balcone). Sudore sul groppone. Si deve asciugare il balcone rifare il lettone ma al lavello vanno onore e splendore! Rimandare a domani? Ritirare gli asciugamani? Incrociare le mani? Battimani! Si è fatto il possibile, l’ammissibile. Casalinghitudine, adorata abitudine!
*
Amore e Psiche - psicomicodramma -
“E, fissatolo, lo amò”.
Meglio sarebbe stato se non lo avesse guardato la curiosità domato e sulla lampada soffiato.
Psiche, ribelle, sfida le sorelle. E che dire di una suocera-vipera e del figlio succube-celibe?
Fiaba antica, realistica ognora: l’anima vuole ciò che il corpo divora. Sfidare la storia, ottenere la gloria. Non senza dolore. Soli, per amore.
*
Monarchia
Si scioglie al sole. Il mare prova a farla rianimare. Sabbia nel vento, vento sul mare ma il sole tutto, tutto attira nel suo potere. Non vorrebbe far male ma è il re: fa quel che deve.
*
Ventinove giugno
Un numero, ed è catarsi: temporale estivo che si insinua in una crepa. Ci sguazzi. La pioggia non è mai fuori stagione. Come una lacrima, sa cadere.
*
Pianoforte muto 1
Cos’altro c’era da dire nell’intervallo tra il bianco e il nero? Sghembi accordi, melodie disarticolate: ribattere sempre il tasto che duole? Il coperchio di noce ha schiacciato il lembo di feltro rosso. Duole, di noia, anche quello.
Ma la musica è dentro! Tra le corde del cuore non solo ricordi ma segni di calli, di esami: pomeriggi d’estate. E un quotidiano esercizio: custodire il silenzio.
*
autoritratto
suppellettili - tutte necessarie - e nei cassetti vite già vissute.
via le maschere - poco trucco - (ruoli non protagonisti). mani ruvide e bucate (sprovvedutezza). lentezza e scatti (sintesi improbabili). parole silenzi pensieri svuotare/riempire. poesie come figli adorati. voli a bassa quota inseguendo cicli di musiche e di stagioni. svegliarsi un po’ di più ogni mattina
ignorando cosa c'è dietro l'angolo
*
Marcella, lezione numero due
Marcella, lezione numero due: "Solo chi soffre capisce". Una vita alla porta a vedere uscire e tornare i suoi cari. Il volto è indurito, l'anima dolce come pane e marmellata, ma indomita. "Non si butta niente". Il kimono colorato e una stretta di mano al mattino. La sera, cappuccino. E’ una lago Marcella con al centro una tempesta.
*
Umore
1
Fatti di acqua: acqua salata. Frangiflutti di carne non alzano dighe. Le onde si insinuano. E’ acqua che cura: lacrime giuste, fecondità.
2
Fiumi e rigagnoli ritornano al mare. Appartiene al mare ogni umore che muore non muore muore non muore...
*
Una tappa
Ho camminato su strade larghe con dietro carovane di fantasmi. Poi ho imboccato la strada più dritta. Le scarpe facevano male e mi sono fermata dove ho visto un fazzoletto di cielo e un’erica incerta. Ci sono persone che passano e qualcuno ride. Un tram nel silenzio. Ed è tutto: luce, notte.
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Rivelazione
Il velo è squarciato. La morte ha detto alla vita: “Esci”. Giorno dopo giorno, cero dopo cero, varco dopo varco, la pietra è rotolata.
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Venerdì Santo
Né silenzio né mistero. Sepolcri digrignati propagano terrore. Si aggirano anime in pena. Solo l’erba è vivida, e un cardo sfacciato. Un rivolo affiora dal pozzo sacro. Nel recinto di pietra una vecchia prega.
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Misticismo/Strumenti del cielo
Misticismo
Parola rarefatta (ma dentro uno spazio dilaga). Misura i confini del sacro e li supera. Sterminata pianura, mare caldo.
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Strumenti del cielo
Strumenti del cielo, aderiamo alla terra che pure intralcia il nostro passo.
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Favoletta semplice
La bocca disse al cuore: "Avvicinati, non sento". Il cuore rispose: "Avvicinati tu". La bocca baciò il cuore. Il cuore smise di battere a vuoto. “La felicità, tutto sommato, è misteriosa”.
*
Giocare in difesa
1
Un vecchio parla al crocifisso. "Sparisci dalla mia visuale"! I vecchi hanno troppo da perdonare.
2
Se tutto si mostra è perché sia compreso il più.
*
Una primavera vera
E’ vero il rumore di un fiore che rompe l'attesa del ramo. E’ vera la strada che inquadro e il volto (a me noto) di un piccolo uomo. E' vera l’idea che il giorno distenda il suo ritmo. Azzurro compatto. Stupore pieno.
*
Daniele
Prega Dio di tagliare le gambe ai ricchi. "Non voglio perdermi lo spettacolo quando sarà l’ultimo giorno". Con la Bibbia sotto il braccio, vende palloncini per l’associazione.
- Che fai nella vita?- gli chiedo - Schifo - - … - Non capisci lo scherzo?
Daniele mi guarda negli occhi e mi parla col tu. E’ gentile (potrei essergli madre!) Come un vecchio amico premuroso mi insegna l’ironia.
*
La formazione dei venti
1
Tagli aguzzi sulle labbra, viso scarnificato. Mani rotte, occhi arrossati. Una notte e un giorno imbacuccati.
2
- Svolta ora, che il grano s’indora - Calore dalla terra sale… Altro vento. Brezza marina: è primavera.
*
Marcella e i limoni
Marcella si cura con i limoni: "Per i mali di stagione" (lo ripete ogni stagione). Le stagioni sono alibi buoni per prendere limoni. Annusa le bucce, distilla il succo come fosse oro. Gesti accurati e misurati: un perfetto protocollo. Arriva la scommessa del sapore: i limoni, se svegliano il cuore, lo guariscono. Il cuore di Marcella è un giardino di limoni selvatici e, a corona, arbusti di rose. Spine e asprezze non la feriscono. Fanno miracoli dove ogni cura è fallita.
*
Danza folk
Si incatenano anche i nomi con le figure di una danza folk. Corpi in coreografie respirano con ritmi sincronizzati. Le mani si toccano. Persone e gesti raccontano la vita. Vita di donne: la loro abitudine di legarsi.
*
Le rose
Le rose: parte molle del sangue.
*
Creazione
1
Col dito hai plasmato un uomo libero. (ma un uccello prigioniero cerca l'uscita)
Fuori, uno spazio immenso: atri da visitare, angoli da rovesciare.
2
Leggo nel mio tempo
un antico paradigma. Nella mia storia, un'antica parola che si coniuga incompiutamente con i cinque (o sei) sensi. Una vita per capire quanto è già successo prima che iniziasse.
*
Sartre al supermercato
Ho toccato, provato, poi scelto. Senza guardare il prezzo. Prodotto nuovo - ma l'usato non disprezzo -. Ripasso domani: non sarà lo stesso. Ne prenderò comunque possesso. Confondo l’utile col dilettevole, luci e dolori, ombre e colori. Facile prendere, ma restituire? (E l’attendere è già morire). Le mete elevate si scontano vivendo. Invece la noia si paga.
*
Istruzioni per l’uso, ovvero vivere
La postazione. Stabilire direzione. Esercitare funzione: non alla perfezione ma con lenta edificazione (è questa la missione). Sostenere il peso di un ruolo preteso (ma forse disatteso). Trovare il senso (precario) di un mestiere senza salario.
Di mattina, agitare il pallottoliere.
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Chi di spada ferisce
a Fiammetta Lucattini F avorisci I ntimità con A tmosfere M eravigliose. M escoli E sperienza T alento T atto e A more.
L e U rgenze C aratteriali A nimosamente T rasmetti. T uttavia con I ntelligenza N aturalezza e mai I mprudentemente.
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Il mistero della realtà
Sotto il concreto, lo sfondo dell'abitudine. Il suo intimo movimento in un tempo ordinario.
Una scommessa
(e la rinuncia). Una sfida (e la sconfitta). Il ricordo di ieri. I medesimi sentieri. Nulla è cambiato. Solo più lavorato. Come impastato. Tutto è al suo posto.
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In bilico
Stiamo. Non in equilibrio. Con addosso un abito usato in una foggia nuova ignorando il colore della stoffa e quello dei capelli.
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Il cucù diligente
Il cucchiaio che batte sulla tazza e il profumo caldo e scuro richiamano il cucù. Intanto nella casa le ore trascorrono, e sono istanti. I sogni sono macchie senza collocazione. Il tempo ancora si dona a girasoli, maschere, e altre suppellettili.
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come a Natale
un riflesso monocolore ha centrato il mio malumore
ha portato rumore laddove serviva stupore
ho seguito il bagliore ma nel buio ho smarrito il candore
(dormiva il sole nella stanza incolore)
destata dal torpore la luce ha emanato l'atteso calore
come a Natale è apparso un chiarore
è apparso Un chiarore.
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il pino caduto
S'offre impietosamente il pino caduto. Dal corpo segato stilla l'umore vitale. I rami spezzati: figli strappati al calore paterno. Un sole sfacciato, le nuvole pavide, ruggiti di vento: complici nella violenza.
Anche noi nascemmo arbusti.
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l’attimo fuggito
un tempo fuggito s'insegue aspettando che passi l'istante che slitti il ricordo un punto nel giorno col senso che tutto (o un particolare) è passato... dal mare
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Un arcobaleno di seconda mano
C’è un angolo di casa dove un raggio di sole si sofferma e si compiace in una pace momentanea. Filtra nella trama trasparente di una tenda. Getta riflessi su una vetrinetta.
Un arcobaleno di seconda mano trasforma il muro nello schermo di un sogno.
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suq
volti colori scaglie di tempo nello spiraglio di un passatempo maglie tovaglie e cianfrusaglie odori corpi passi di storpi trasparenze di storie segrete grucce e tappeti gioielli scuriti un completo elegante un giorno intrigante occhi di commercianti
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Idoli
Luccica. Il verbo colma ogni spazio. Emana un alone. Una supernova.
(A suo tempo l’idolo chiederà tributo: dare la vita al posto di una falsa libertà).
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Filastrocca della gallina sbarazzina
“Centocinquanta la gallina canta canta sola sola non vuole andare a scuola…”
Centocinquanta giorni da cicala viveva da formica ma ora è imbizzarrita: con ali da pennuta fa voli da poeta con modi da bambina alleva i suoi pulcini.
Ma prima che sia maggio riprende il suo piumaggio rimette tutto a posto asciuga di nascosto la lacrima sfuggita per colpa della vita.
E se provate a dire: la smetti di cantare? si accuccia nel pollaio e pensa al macellaio!
E’ meglio una gallina o un uovo domattina?
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Autunno
Le foglie rosse dove son finite? Per terra non c'è traccia né il vento ne porta l’ombra. Forse rapite dalla pioggia che le porta al fiume e poi al mare? Alcune sono rimaste con le bocche assetate di linfa. A primavera si ripresentano, fiori camuffati.
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Il sogno della pioggia
Oggi la pioggia bagna la terra del suo malumore. Sotterra il dolore nello sproloquio dell’acquazzone. Acqua che scompare… Ma sotto l’ombrello racconta la favola di essere stata nuvola.
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Il filo
una larga spirale con volute ariose - il cono d’ombra più piccolo di ieri - al centro un filo d’oro arrotolato che a ogni risalita si espande comprendendo una porzione di mondo - la spirale ingloba i passanti e tutti procedono solidali nel cammino sincronico del giusto e del vero
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Potere occulto
1
Suonami. Estrai la parte irragionevole. Sezionala. Scrutala. E’ una nota liberata. Un filo teso. Tira sudore e bisogno. Dolore e sogno. E' una freccia eternamente scoccata.
2
Scava il suolo franoso tocca il nucleo racchiuso nel gelo spazza la terra cerca la vena gravida di promesse - oro e piombo fusi in lucido fluido - porta in superficie l'informe.
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Stamattina ero già felice
Il sole, il verde, e quell’epitaffio: “Vorrei avere tempo e meditare sull'anima mia che non conosco”. La biblioteca, il mercato, ancora il sole e tre anziani appoggiati l'uno all'altro. Un sorso d’acqua, un pomeriggio aperto, un cielo, sì un cielo, che si lascia attraversare.
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La tentazione di tacere
Chi tenti di resistere alla tentazione di resistere (ma sa già che non resisterà né alla tentazione né alla resistenza), non resista alla tentazione di tacere. Saggezza popolare insegna.
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Cuore mangiato
Veder ricrescere un cuore è una grazia, un dono. E’ perdono?
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Una tazza di tè
Una tazza di tè
nel pomeriggio senza te. Vapore caldo sul davanzale nell’aria inutilmente trasparente.
Il sole riscalda i vetri, si disappannano. La fisica sistema.
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Dove abbondano i desideri
La nuvola non piange mai. Un fiore non può ammirarsi. Tutti i sorrisi sono possibili.
Ma dove abbondano i desideri di uomini-dei il Cielo chiede tributi.
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Innocenza
Michele entra a scuola, sgombro lo sguardo. Della vita ha visto il sano e il giusto. Volpi lo sfiorano. A lui interessa il fremere del pelo, il guizzo fulmineo del balzo. Parla come vive, vive come parla: il suo è uno splendido mondo. Michele è sale per il mondo. Il mondo diverte Michele.
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Libertà
La luna inscritta tra i fili di bucato: un cerchio perfetto tra linee rette. I vetri colorati. Il vento. Il profilo dei tetti. Le tende trasparenti: ciò che si vede da qui.
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Filastrocca del padre e del figlio
Ogni figlio pretende i ricordi del padre e li porta con sé nel suo mondo di fiabe. E tra mostri e fatine, avventure, eroine, dal dolore pulisce ciò che il tempo tradisce.
Il bambino cresciuto con amore taciuto trova storie e fatiche nelle fiabe più antiche. Il racconto tramanda tradizione comanda. Ogni figlio è già padre di sua madre e suo padre.
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Ora
Tutto suona. Suonano anche i pensieri, uno dopo l'altro. Poi l’eco di una campana. Un desiderio. Non annunciato da alcuna vibrazione.
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Figure
Le misure sembravano perfette. Perfetti il momento, il luogo. Ma un déjà-vu ha disturbato l’aspettativa. La figura si è dileguata.
Cosa resta dello sforzo di ritagliare la tua figura dalle ombre?
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Cortili
Occhi aperti nei cortili! Sboccia un oleandro nel vaso malandato: resiste al portiere sfaticato. E' secca la lavanda ma continuano a innaffiarla, la speranza va coltivata. La vita irrompe al quarto piano: nasce un fratellino ma il primo non lo sa. La vita esagera al secondo piano: Gina combatte per i suoi cinque figli. Suona una campana oltre il giardino: restano fermi anche i piccioni. E domani, alle otto, l’interno undici uscirà di corsa, la coppia della scala centrale si abbraccerà sull'uscio, gli inquilini dell’ultimo piano si attarderanno a letto incuranti del calendario. I cortili conoscono le abitudini condominiali.
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Scatto fotografico
L’attimo dello scatto è per sempre. Non un prima, non un dopo. Brillante punto nell’infinito. Eloquente sintesi di vite intercettate. Storia incarnata. Poesia.
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Ventinove agosto
Solo una lacrima per ricordare e un’altra per finire. Occhi asciutti per aspettare fingendo di scoprire ciò che il tempo fa solo ritrovare uguale nel suo divenire. Solo un giorno normale definitivamente puntuale.
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Un rimedio omeopatico
Esiste un rimedio per decostruire edifici di pensieri eretti dall’ozio, castelli labirintici nei quali si entra soltanto con un mantello di parole complicate.
E’ un rimedio omeopatico (piccole dosi di veleno al giorno) di tutto un po', in accordo con la luce e il sole e, quando è buio, parlare poco.
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Un albero che cresce
Un albero che cresce fa molto rumore. Le piccole radici avviluppano la terra, un pezzo ogni giorno. Il tronco esposto al vento ha memoria di essere nato e, strato dopo strato, rinato. I rami graffiano il cielo non per afferrarlo ma per un bisogno di altezza. Le foglie: un cappello sopra le gemme. Molto rumore per nulla.
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Troppa musica fa male?
Le note formicolano e poi si rintanano. Stanate, escono a frotte disordinatamente. Oppure rimangono nei loro ricoveri a due, a tre, a grappoli. Non desiderano respirare. Parassiti. La mente conosce il loro insediamento. Con un colpo di bacchetta, governa la minaccia: risponde a un canto con un controcanto.
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Tre bagattelle
1
Tu mi parli dei mali del corpo. Io ti inguento di parole. Bussano alla mente ma è al corpo che bisogna tornare. Parlare. Toccare. Toccare. Parlare. Cantare.
2
Quando sogni, è bene che tu dica: “Sto sognando” Se sei sveglio: “Sono sveglio”. La notte ti sia complice! Ma anche ad occhi aperti parla il fanciullino.
3
Dio se la ride nel vedere l’inferno di Babeli: gesti sordi e muti. A chi parla risponde il vento e il mare ha già parlato.
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La monetina
Quel punto in fondo al cono rovesciato dell’anima dove tintinna una monetina con impertinente speranza.
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Contagio
Quel giorno, tra la gente, ci fu un contagio. Agenti patogeni: due occhi, una parola giusta, un'aria svagata. Si combatte. Il virus sarà neutralizzato? O se ne ricaverà un vaccino?
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Inclusa e alle spalle
Il filo del racconto si è dipanato. Intravedo un lento finire nella memoria del corpo. Un'eventualità è inclusa, dietro le spalle. Nel cuore è cresciuta una fibra. Una misura colma. Di silenzio.
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la mia musica
la mia musica. si distende all’alba.
risuona nel nome dei miei amici. cammina su strade di pietra in mezzo a ciuffi di erbaccia che una speranza di pioggia bagnerà.
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Scommessa
Due anziani. Viso al sole senza timore di rughe. Occhi-spilli, cervello saturo. Cose già viste, colline digradanti. Un fiore di seta sulla borsetta. Aspettando i compagni di una vita: di classe, di condominio, di strada. Quando il cancello si chiuderà, si alzeranno diligentemente. Sbricioleranno un tozzo di pane- Una scommessa: chi vedrà il prossimo cambio di governo.?
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Tutto sottinteso
Nel senso di: inteso sotto, inteso poco, respinto al mittente. Considerare la variabile-tempo (“Il tempo è galantuomo”). (Cammina col cilindro e l’ombrello, un distinto lord inglese, baffetti e un sorrisetto. Sottinteso). Aspettare che il tempo lavori nel tempo (il tempo rimasto). Tempo cercato, non autorizzato, il tempo di una canzone, di.una sola parola, un punto-luce. Sufficiente per illuminare la vita già trascorsa e quella da attendersi sotto un lampione.
Sottinteso.
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La signorina Vanità
E' viva nel racconto del passato remoto. Poi passa al futuro saltando il presente.
Le scaltre orecchie registrano dettagli. Il suo parlare non incide ma insiste: cantilene. Del ritualismo è zelante sacerdotessa. E celebra ogni giorno! Due serpenti avvinghiati su una vecchia stampa (la sensualità seppellita?). La vetrinetta zeppa di chincaglierie: è il destino di donna per bene
annegata in un sorso di fiele.
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I grigi
I grigi fanno poesia. Come i silenzi. Come i telefoni di una volta, il loro trillo meccanico. Specialmente in una stanza di sera, - quasi notte - quando non c'è nessuno da aspettare.
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Dopo la mareggiata
Dopo la mareggiata, passeggiare sul litorale come un animale.
Raccogliere conchiglie, farne ghirlande. Aspettare. Fidarsi di un tramonto. Di nuovi passi su lidi di altri pianeti.
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giri di parole
giri di parole salgono fino al culmine (un innocente svolazzo puntato verso l’alto puntato verso niente)
polverizzate crollano lasciando un mucchietto con un buco al centro e dentro un decrittato sentimento
l’istinto stranamente non ha parole né giri
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Maestrale
Se gli esperti crostacei scappano verso un riparo sicuro come si fermerà il travaso dell'ombra?
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Viaggio nella memoria
Miserie e morti, malattie e disgrazie qui hanno nomi e cognomi conosciuti. Indossano parrucche pietose. Trascinano il decoro di una vita con linde vesti, gli occhi rassegnati, lo spirito stanco (dopo essere stato debole). Sembrano fantasmi (e io a loro). Vorrei scappare in un paese senza-memoria! Storie nuove si creerebbero dalle macerie. Storie senza ritorni, senza perdoni. Storie di figli grati ai figli più che ai padri.
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Tango argentino
Piazzolla colpevole, le valigie non vogliono chiudersi. C’è qualcosa di aperto, impigliato - visioni e momenti - e quel violino così indiscreto, maleducato… Taci, gli oggetti si animino per la forza della materialità, si sistemino in nome della geometria e non per l’alito di quel bandoneon malandrino! Passata la calura, le ombre della sera sigilleranno la casa e incastreranno lo spicchio di luna nella finestra. Partire o restare? Si dice: "Tutto può cambiare tranne il tango".
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I care
Avrei bisogno di un cucciolo. Vorrei allevarlo con cuore libero, col potere dell’immaginazione, con la poesia, la filosofia, l’astronomia. Il cucciolo guarirebbe me dalla sindrome del “so tutto”, mi insegnerebbe ad aspettare. Mi stupirebbe con i ritorni. Attorno (o sotto) un tavolo, ci stringeremmo la mano (o la zampa). Un occhiolino, un sorriso, un saluto, un abbraccio addirittura nel luogo giusto al momento giusto.
*
Madre terra
La terra sostiene il nostro vagare. Ci restituisce certezza. Madre silenziosa, risponde all'abbandono quando le nuvole, le onde e il mutevole sole ci lasciano.
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Avari di musica
Non senti la risonanza nel cuore? E la sua vibrazione? Puoi fermare la corsa? Ciò che ha preso possesso? Terapia per gli amanti:
almeno un suono nel muto frastuono. I filosofi l'hanno detto.
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corde sensibili
una fame feroce avvita e stringe l’ultima corda il mi cantino
così sensibile così pungente così argentino
ma l’accordo... così dissonante
verace
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Foglie vive
L’abisso è più fondo in fondo al cuore dove una foglia verde galleggia su un lago blu. L’acqua non la bagna. La musica l'annega!
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di nuovo la musica
era scappata via come spiffero acuto inalato vola vola suono di violoncello viscerale mentale aria sangue (chiudi gli occhi solo un attimo) sfumato finito adorata creatura di nuovo sei mia
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La casa
A noi soli è permesso entrare, arrivare al tetto (fuori di noi). Veglino sui sonni e i risvegli il chiarore del cielo e il fango delle antiche scale. Salire, salire, non attardiamoci sull’uscio! La casa esige la nostra fame.
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Punteggiatura
Non posso raccontarti tutto. Ma guarda il punto (e il foglio bianco). Osserva la virgola (la sua parabola), Parole-non parole... Perché parlare se tutto è già successo?
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La radianza
Lanciasti una sola parola nel lago rosato. Il cuore risuonò per radianza: tsunami magnetico all’assalto di fragili litorali.
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Eredità
Sorrisi poco teneri. E mani avare di carezze. Fedeli a una scommessa fatta di carne e ossa, troppo vicini e troppo lontani.
*
Risparmiato
All’alba ti trovo dentro il cuscino. La luce sgrana la trama: ecco come non sei! Risparmiato dal fango. Ripulito dal sangue. Merce da vetrina, boccetta di alabastro, profumo di bucato.
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Metamorfosi
Ho avuto bisogno delle pagine scritte. Osservo sul foglio il percorso delle parole liberate. In filigrana nuota ancora - diffidente - un pesce rosso.
*
Inutile sofferenza
Inutile sofferenza nel corpo incandescente di una roccia. Inutile sofferenza nel nocciolo di un frutto caduto. Inutile sofferenza nel respiro forzato di un malato.
Parla del tuo sentire. Dclina i verbi mi scopro/ho bisogno.
*
Mani
Grandi e scure ruvide e rugose. Unghie quadrate ben disegnate: amo le mani. Mani d'oro avvezze a medicare e a suonare. Mani operaie. Mani scorbutiche. Mani tutte d’un pezzo. Contatto. Pazienza e lentezza.
Carezze da dare.
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Madri
C’è una biglia allocata nel cuore. La zona ha forma tonda. La biglia rotola.
Maledetta la madre che ha lasciato cadere la biglia! Ha cercato nella sabbia ma è disciolta al sole e al vento. Poi dal sole e dal vento è ricreata. Di nuovo amata inadeguatamente.
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Via lattea
Nella memoria appare solo bianco su bianco. Come una sagoma lattiginosa sotto il bianco che in quel punto si fa più denso. Mille atomi dispersi calamitano materia vivente: lontano da qui. Un nuovo universo
esplode di colori.
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Sole e acciaio - uccelli migratori -
Giovani vite lasciano il nido. Sotto gli occhi delle stelle, misurano geometrie ed inclinazioni. Grandezze d'acqua e sabbia: le loro rotte. Dosano le forze, cercano luce. Riassumono le leggi del tempo in qualche battito d'ali al secondo. Tagliano le stagioni. Cacciano arditamente. Infine riportano a casa il compito di esistere.
*
Radici
Scure radici esplorano il suolo, per un disperato appiglio alla verticalità. La terra non respinge, non accoglie: oppone una forza uguale e contraria. Talvolta spuntano radici aeree, si sposta l'orizzonte. Osmosi continua degli elementi. Così si perpetua la vita.
*
Flussi
Cammino in un flusso. Gli occhi vigilano dietro la nuca. Il petto è un pannello solare. Lo sguardo tiene, mi porta. Nel flusso in cui sono, alberga l'energia. Trascina, avvolge, spinge, modella. Morbidamente trova forma. Se ne sente il fischio negli orecchi: il flusso abita in me.
(Di mattina aprire l’oblò).
*
Come una musica circolare
Ho abolito il futuro con una parentesi. Ho riportato un risultato di altri.
Palpebre chiuse, corpo fermo: non vedo, non sento. L’aria è pesante. Non immagino.
Come una musica circolare entra nel corpo e non ne riesce senza averlo trascinato nel giro, così il futuro interroga il tuo presente.
Come una musica lasciati attraversare nell’intervallo tra due silenzi.
*
Gesti
1
Parole lette. Parole non dette Parole impedite. Allora gesti.
2
Dare. Prendere. Aprire. Chiudere. Formare cerchi. Guardarsi. Danzare.
*
Depositato
1
Creare spazi. Aprire varchi per nuovi volti. Formare ritratti inediti rimescolando i tratti. Inventare sfondi per vite d'altri. Contenere anime.
2
Il fondo di caffè depositato in una tazza d’ebano. Traccia inconsapevole. Assopita. Risvegliata! Di nuovo confusa.
*
non di solo pane
quando anneghi in un lento sederti l’aria ti preme e fatichi a respirare con affanno rincorri pensieri svaniti un bianco rumore teso e muto
è sazietà ed è lontananza
*
l’uomo a pezzi
ho visto il tuo naso sul volto di un famoso politico. ho scorto lo sguardo tra le pieghe dell'occhio di un imbonitore della TV. ho avvistato i tuoi capelli su individui alti sopra la media le spalle un po’ strette e l'andatura in molti passanti e uno mi sorrideva nel modo compunto di chi chiude conti.
solo le mani non ho riconosciuto
*
Crinale
Dal crinale si vede la vallata: I miei anni quarant'anni. Sull'orlo di un precipizio, sentieri già saliti e una discesa. Sono tentata di voltarmi indietro: scorciatoie non scorte, divagazioni. Un filo di vento mi avvolge.
Devo calcolare il tempo per rientrare.
*
Anfibio
E così sei di nuovo sotto il filo dell'acqua. Filtra la luce di mezzogiorno le ombre si sfinano nell'aria che lambisce ogni superficie. Col buio, un manto copre l'acqua e i suoi abitanti. Eccoti, perfettamente a tuo agio: un signore distinto con la maschera da sub.
*
Segmenti
Un segmento di strada come un punto sul meridiano di Greenwich. Lampeggia e pulsa mentre fa e rifà mille volte la salita e la discesa la salita e la discesa.
Sul meridiano opposto tutto tace. Passi felpati per non lasciare tracce. Depistaggi e inversioni di marcia (difficile indovinare il percorso).
Un faro di luce tagliente perlustra i segmenti a intermittenza. Luce e ombra. Prima e dopo. Qui e lì.
Come automi attenti a non ferirsi ciascuno ricalca il proprio segmento.
*
Rimandare
Domani avrò non detto quello che ho da dirti. Domani avrò cambiato quello che oggi ho detto.
L’attimo di oggi avrà non cambiato il domani. Mai detto niente! Rimanderò a domani l’inconcludenza di oggi.
*
Spazio chiuso
Sotto pelle si adagia e sta. Il corpo fa spazio allo spazio di uno stanco ricordo.
*
Le parole allontanano gli amanti
Le parole allontanano gli amanti. Tagliano macigni. Scoprono gesti impudichi. Squarciano anime.
Aggrediscono stupori. Violano spiriti. Confondono voci. Scassinano scrigni.
Briciole aeree si perdono nell’eco sorda di un monologo.
*
Pini di Roma al tramonto
Pini arrossati sullo sfondo che scolora. Pini scuri e fissi con braccia adunche. Riparo per pappagalli invasivi. Accoglienti, poco convinti. Nati per stare e salire ogni anno più su. La terra lontana, il cielo inarrivabile. La chioma un tetto chiuso. Una finestra traslucida.
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Piste
Se non ci fossimo già incontrati ci saremmo certo riconosciuti - tra cent’anni - nel deserto del Gobi. Lì ci saremmo detti: - Non è bello prendere direzioni diverse. Questa volta non ti lascio andar via -. Ci saremmo avvolti con lo stesso mantello. Sulla stessa pista.
*
I gabbiani
Guarda i gabbiani sul filo grigio prima che il mare si increspi. Tagliano il cielo plumbeo. Si tuffano con uno scatto. Ora puoi tu compenetrarti col mare.
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Parole pe-n-santi
Parlo Piano Per Poter Poi Più Pacatamente Pensare
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Amica
Ti saluto da lontano. Rispondi accennando canzoni davanti allo specchio brunito delle tue fotografie. Ruoli impacciati
e un trepido sguardo di madre. Cammini e lasci l'eco sulle mie stesse impronte.
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