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Raccolta di poesie di Davide Rocco Colacrai 2
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

La solitudine della parola #SaveAshrafFayadh

La solitudine della parola

Quando tacciono le aurore

su lingue oblique già sepolte,

mi aggrappo all’afosa arresa

di carne, che piroetta senza passi

per le curve delle mie ceneri,

incolore come la solitudine

della luna, dal ventre di una parola

senza nome, dove inciampa

in se stessa, in uno strappo

alle lenzuola di cielo, il sapore

di ruggine e sale.

*

D’un istante, soltanto (Epifania)

D’un istante, soltanto
(Epifania)

E all’improvviso, fu attesa
Un’attesa inaspettata che
Aveva l’amaro sapore della nostalgia
Una nostalgia così profonda
Che potei sentire, per la prima volta
Quel che il mio cuore aveva da dirmi
E mi ritrovai avvolto da astrattezza
Un’astrattezza che si sposava all’immensità
Per poi rimanere sull’incerto filo del nulla
Come una ciglia che cade lentamente al suolo
Non prima d’aver danzato nel vento, per l’ultima volta
Mi sentii catturato, con materna benevolenza
Ma non son capace di dire da cosa
La nostalgia era così intensa, così vissuta
Eppure così repentina
Mi parvero ore, lunghe ore d’indicibili sensazioni
Nelle quali fui a contatto con la mia vera parvenza
Ma tutto fu un istante soltanto
Si, d’una sorprendente epifania un istante soltanto
Nel quale mi ritrovai incredulo e commosso
Come all’improvvisa perdita di un sogno, che non sarà più.

*

Io, sulla mia croce

Io, sulla mia croce

Anche l’ultima candela si è spenta poi
Col fumo che sale sinuosamente in alto
Verso quell’immensità che provo ad acchiappare, io
Come un bambino che vuole quel che vede
Eppure le mie mani restano vuote – sfiorate dalla silenziosa solitudine
Che riempie questa stanza, invisibile tuttavia percepibile
Le mie mani restano lì allora,come impalate in aria
Mentre l’ultimo fumo si dirada definitivamente – come un addio mancato
E lacrime di malessere colano improvvisamente
Al richiamo strozzato d’affetto o d’amore o di quel che sia
Un richiamo che proviene da quel vuoto stesso
Che dentro di me m’ha stretto violentato e ucciso
Eccomi dunque, un fantasma che si ostina a blaterale ancora – rendendosi ridicolo
Mille bugie che mi hanno donato un vestito di cartapesta
Con cui coprirmi in quei grigi giorni di desolazione
Ma eccomi nudo, invece – mentre tremo
Crocifisso su legno grezzo o diamanti appuntiti – tanto non v’è differenza
Per non volermi piegare al volere del destino
Quel destino che mi ha rubato persino l’ultimo afflato di fantasia
Eppure una storia è già stata scritta per me – a prescindere che io sia d’accordo o meno
Una storia destinata a mescolarsi ad altre mille e mille ancora
Per poi ritrovarsi sempre ed inesorabilmente da sola
Sotto pallidi soli o solitarie lune – come pensieri fuggiti oltre la percezione
Al pari di me, su quella croce – là, da qualche parte tra straniere nebbie
Quante domande senza risposta
E quante risposte vane o inutilmente attese
Che bruciano là – non molto lontano dalla verità
Senza poter avere nuove possibilità
Non c’è mai una seconda volta
Specialmente quando non c’è mai stata la prima
E le preghiere non servono a niente
E appaiono come parole di fumi puzzolenti soltanto
Rintocchi di campane severe mi spaventano
E pianti dimenticati tornano a farmi visita – in questo presente sfocato
Mischiandosi a sacrifici che si levano al cielo
Per divenire lotte contro le oscurità della mia anima
Come pugni battuti su porte chiuse
Lasciando impronte che sanno di sangue
Che restano lì, anche nel domani – disegnando figure contorte
Che solo il cuore avrebbe potuto interpretare
Ed io
Io continuo a battere i pugni contro quelle porte
Alle quali s’accompagnano grida dal mio animo
Che fanno emerge quell’animale solo e ferito che c’è in me
Come di chi sta per morire
E vuole lasciare un ultimo lamento
Che il mondo – quel mondo così lontano e sconosciuto per me
Possa ricordare un giorno qualsiasi
Lotto e combatto e mi ritrovo sempre allo stesso punto
Come un angelo ancora lontano dal trionfo
Perso nelle supposizioni evanescenti di un amore proibito
E contornato da mere superstizioni umane
Dove niente ha senso – neanche il mio nome
Perché solo la pazzia sfiora quella cecità indotta
Nella quale vivo perennemente, io
Dove le scuse pungono con i loro aghi delicati tutto quel che è rimasto
Tramite le proprie recriminazioni inespresse
E quelle condanne che m’hanno torturato già
Mi sfondano il cuore una volta per sempre, in maniera così desolata
Che non posso non farmi uccidere una seconda volta – sperando sia l’ultima
E la strada, la mia strada – di asfalto bagnato
È ancora lì, vergine – in attesa di essere percorsa da me
Ma io
Relegato nell’ angolo più tenebroso della mia stessa prigione
Fuggo da tutto e tutti perché niente ha più un significato per me
Niente è più in grado di farmi restare attaccato all’ultimo filo di vita
Che mi sta abbandonando, oramai
Come un aquilone perso che vola verso nuvole distanti e famigliari
Dietro ad ogni cosa vedo inganni soltanto
E dietro gli inganni ci sono solo perfidi ghigni da pagliacci
Che seguono lo scoccare delle ore – ore che passano, semplicemente
E allora non mi rimane che appassire sulla mia stessa croce
Per l’incapacità di accettare di attendere e di piegarmi
Per non essere capace di recitare una parte che non è la mia
Io, come il primo dei veri peccatori – o l’ultimo, forse.

*

Solitudine

Solitudine

C’è cecità nei miei sentimenti
Incapaci anche di dire bugie
La percezione è un velo strappato
Dal quale respira il maledetto vuoto
La musica del mio essere
Sa d’amara e fragile sincerità
E m’impaurisce ed uccide nello stesso istante
Il mio corpo, pare l’ultima fiamma di un falò
In ricordo di angoli di vita che
Si sono persi nel silenzio del cielo
E solitudine, solitudine soltanto è quel che respira in me
Ed io, io mi chiedo ancora perché.

*

Anche mia madre

Anche mia madre

Anche mia madre
Fu una donna
Si – anche mia madre
Fu una donna
Quando sotto la calda trapunta
Nelle sere d’inverno, io
Facevo finta di dormire
E sentivo i soffocati singhiozzi di lei
Che aveva capito la vita troppo tardi
E non riusciva ad arrendersi ancora
Anche mia madre
Fu una donna
Quando la vedevo là
Seduta in un angolo della stanza
In una malinconica penombra
Persa nelle proprie rinunce
Senza aver mai pensato alla sua contropartita
Mentre io non capivo
E mi sentivo così impotente
Anche mia madre
Fu una donna
Quando con passi lievi
E pesanti gesti che non si ripetevano
Giocava con me nel giardino
Come un passero di strada che
Aveva perso la sua direzione
Tra mille sensi e nessuna ragione
Anche mia madre
Fu una donna
Quando quella mattina la trovai là
Con gli occhi chiusi sul suo letto
Come un fragile punto interrogativo su lenzuola pulite
Di chi ha atteso sempre quella risposta che
Poi non è giunta mai
Un sorriso di sbieco sul suo viso
E il colore pallido della sua pelle
Che la rendevano dolcemente vulnerabile
Come una bambina dormiente
E adesso, soltanto adesso
Da uomo adulto, ho capito finalmente
Che anche mia madre
Si – che anche mia madre
Era una donna.

*

Ceneri nel vento (Briglie slacciate, soltanto)

Ceneri nel vento
(Briglie slacciate, soltanto)

Libere mani che giocano nell’immenso
Lambendo di curiosità il silenzio che
Vibra di echi stranieri tra i sottili fili di fiato
Solleticanti di sorpresa i petali del mio cuore
Ed è come suonare le corde di un’arpa immaginaria
Sotto il cielo spento come un televisore muto
Nel quale non si osa guardare
E la mia identità di giocoliere di vita
Viene consumata da un mancato sorriso
Che resta lì, in attesa nell’aria immobile
Perso nella propria intimità che gli fu sconosciuta
E poi, all’improvviso
Le dita sono sfiorate da ceneri
Che come grigi fiori intrecciati seguono il vento, fedeli
In una danza segreta e mai immaginata
Per unirsi all’asfalto dei sensi consumati
Ed infine divenire il quotidiano incosciente
Ed io
Io resto lì, da qualche parte
Come in un sogno mai sognato
Con briglie slacciate soltanto.

*

Col telefono nella mano (Mal d’amore_Parte III)

Col telefono nella mano
(Mal d’amore – Parte III)

E mi ritrovo col telefono nella mano
E lo guardo
Lo guardo, in silenzio
Con un’improvvisa speranza
Che freme da qualche parte, là
Consapevole della perdita
E del vuoto che si è fatto strada, in me
E guardando il telefono
Quel telefono stretto nella mia mano, muto
Penso a te
E vedo apparire il tuo viso, là
Che fa una smorfia di vittoria
Nell’atto di abbandonarmi definitivamente
È vero – io non sono il vincitore
Ma soltanto il perdente della situazione
Sono quello che t’ha amato
Al di là della propria vita
Sono quello che ha tirato il tutto da sé
Per donartelo, con passione
Sono quello che ha creduto e combattuto
Per proteggerti ed amarti davvero
E poi sono rimasto qui
Sospeso in uno dei mille frammenti di vetro
Che tu hai scordato, un giorno qualunque
E mi ritrovo con quel niente
Che mi dona brividi di fredda solitudine
E sensazioni di taglienti rimorsi
Dove sono finito?
Dov’è la vita?
Ma non ci sono risposte da dare
Solo fantasmi lattei
Che aleggiano nel presente
E sanno bene dove conficcare le loro lame
Si – hai ragione
Sembro un patetico bambino
Che non ha ottenuto il giocattolo del momento
Ma sei consapevole d’altro anche
Ho un’anima anch’io, infatti
Ed è per questo
Che da uomo soffro terribilmente
E tento di nascondermi
Tra le ombre del mio stesso essere
Per ritrovare lacrime
Che mi tengono compagnia brillando
Ho desiderato l’amore, e lo sai
L’amore – quello assoluto
Non mi sono accontentato di niente
Non ho goduto dell’istante mai
Ho cercato di andare sempre più in profondità
Per possedere l’anima – la tua anima
Quel prezioso e delicato fiore
Che tanto desideravo
Ed ora invece
Eccomi qua
Mentre inciampo e scivolo
Su quello che ho costruito io stesso, un tempo
Castelli di sabbia e spine
Che l’uccisione del sentimento tenta di distruggere
Ma invano
Più vuoi scordare quel che è stato
E più quel che è stato diventa presente
Ed è per questo che sto divenendo sempre più debole
Questa lotta continua
Mi fa già presagire il sapore della morte
Così amaro per la nostra consapevolezza
Eppure così dolce per le nostre ferite
Ma il cuore dopotutto
Il cuore è invecchiato già
Aspettando il tuo ritorno
E vivendo in un’attesa
Tra consapevoli illusioni
E il telefono
Il telefono resta sempre nella mia mano, ancora.

*

MaleDentro

MaleDentro

Con la voce roca
Di un cuore graffiato
Grido al cielo il mio dolore
Che non si è mai placato
Il maledentro che tormenta
Quei ricordi che vi trova
Il maledentro che ogni giorno m’uccide
Mettendomi sempre alla prova
Il dolore mi stringe caldamente a sé
Come un vestito bagnato
Ed io mi sento come un automa
Che la vita stessa da qualche parte ha dimenticato
Le mie viscere sono ormai squartate
Dal primo giorno che fu
Ed il cuore, tra artigli affilati
A battere non ce la fa più
Sapore di morte e di sconfitta
All’orizzonte del mio stesso viale
Paura e vomito mescolati assieme
In una sensazione profondamente esiziale
Dov’è il senso d’essere
In tutto quel che ho?
E perché io, nella penombra della vita
Devo solo accontentarmi del solito no?

*

Briciole di rosa (Mal d’amore Parte II)

Briciole di rosa
(Mal d’amore – Parte II)

Ed è già passato un altro anno, così
Con la tipica inesorabilità delle cose
Che ci lasciano perplessi ed interdetti
Da qualche parte, semplicemente
Ed io
Io sono sempre qui
Abbandonato sul mio letto disfatto
E dimenticato dal tempo stesso
In quel passato
Che mi ha tolto tutto
Tutto quello che allora possedevo
E addirittura la mia anima
Che è evaporata, silenziosamente
In quell’aria viziata e pesante
Nella quale io stesso mi ritrovo
Puzzo d’abbandono e d’arresa
Che grava sul vulnerabile terreno squartato
Di quello che era la mia anima, allora
Ferite senza limiti né confini
Che il tempo stesso, da gran dottore
Non ha saputo guarire
La vecchia rosa rossa
Che mi sorrideva un tempo
Là, dal mio comò
È marcita di disperata attesa
E sono sparse sue briciole sul lurido pavimento
Sul quale feci ripetutamente l’amore, io
Tracce di passione consumata
Sento ancora oggi
E profumi di gemiti lontani
Pervadono la mia mente
Accoltellandola
Senza alcun ritegno né vergogna
In uno spasmodico orgasmo triviale
Di cui ignoro il senso
Mentre quella lettera d’amore
Che io stesso strappai
Furioso e pazzo per quello che avevo perso
Giace ancora là
Come indelebile testimone
In mille pezzi
Che emettono caldi afflati
Di rassegnazione dovuta
In presenza di una felicità appena sfiorata
E non goduta pienamente mai – mai
Le mie mani
Sono svigorite dall’unica cosa rimastami
Un freddo carico di tensioni negate
E di parole inespresse e seccate in gola
E di possibilità negate in maniera assoluta
Ed il cuore
Il cuore non può che battere forzatamente
Con respiri carichi di vita non vissuta
O vissuta troppa intensamente, forse
Per un’illusione
Travestita da splendente speranza
Ed una punizione
Nascosta dietro ad un bianco sorriso
E il grezzo desiderio di carne
Mascherato da un’eterna promessa d’amore
E dietro a tutto questo cosa c’era?
C’era una semplice fame
Di carne fresca e debole e sensibile
Con lo scopo di violare la profonda intimità
Di chi uomo ancora non era
E di turbare e poi infrangere i sogni colorati
Di chi aveva la testa immersa tra le dolci nuvole ancora
E di rubare infine quel prezioso dono della vita
A chi poi è rimasto qui, come un cadavere
Senza sogni né speranze
Senza richieste né pretese
Privo di un’anima
Con la quale volare al di là
Degli spazi della propria consapevolezza
Dove l’immaginazione fa da regina
E la libertà è l’aria che si respira
Privo di un cuore
Col quale poter assaggiare il sentimento
Laddove tutto è niente e viceversa
Con farfalle che s’intrecciano, meravigliose
Su note che richiamano piacevoli nostalgie
Dai polverosi armadi delle nostre sensazioni
Ma ora
Ora dov’è finito tutto ciò?
Io – disteso sul mio letto
In un mutismo incosciente
Vedo solo un orizzonte nero, là
Che mi inghiottisce in se stesso
Come l’antico richiamo della morte
Dove la natura stessa non esiste più
E tutte queste parole pronunciate
Non hanno alcun senso per me
Non ci sono significati, qui ed ora
Né tantomeno suoni
Io – affogato tra muti silenzi
Solo freddo è quello che percepisco
Ed intorpidimento della carne violentata
E le briciole nere di una rosa spirata
Ed i pezzi
Di quella che era una lettera
Di quello che fu un cuore
Laddove ora
L’amore non c’è più, oramai
No – lo so bene
L’amore non c’è più, oramai.

*

E all’improvviso, tacitamente

E all’improvviso, tacitamente

E all’improvviso, tacitamente
Un grigio velo di densa cecità
Mi rende insicuro ed esitante
Dietro ai cantilenanti sibili del vento
Mentre camminando io, inciampo
Graffiandomi la delicata pelle
Del bambino ancora presente oggi
Parole soffocate e balbettii stentati
Fuoriescono in una contenuta smorfia di scoraggiamento
Come farfalle trattenute da fredde spille
E sangue che poi m’imbratta le mani
Mi spaventa per l’ultimo palpito della vita
Che il cielo risucchia in sé
Mentre il colore nero – l’unico da me visto
M’inghiotte nella sua muta nullità
Facendomi perdere la cognizione del mio essere
Volatilizzata chissà dove
Nelle ultime briciole di tempo che non esistono più.

*

Cerone d’innocenza

(Mi scuso se non ho pubblicato più niente ma il tempo è stato particolarmente tiranno in quest'anno. Eccovi allora, per rimediare, la mia ultimissima novità in anteprima)


Cerone d’innocenza

Eccola, la mia anima
Come un foglio di carta dai mille buchi
Che sventola incosciente al vento
Leggero eppure possente
Mille mani che applaudono, silenti
All’appassimento di un sorriso
Che muore lentamente come una stella
Dopo l’orgasmo sudicio di una vita ingiusta
Ghiaccio su nuda pelle
Afflati polverosi dallo spirito
Il museo delle memorie sprangato
E le vene che puzzano di vuoto sconfinato
Mentre del cerone, inaspettatamente
Cola dalle guance
Per poi sporcarmi le labbra
D’innocenza perduta e mai ritrovata.

*

Rimpianti/Uomo


Rimpianti/Uomo


Un giorno
Per caso
Nella penombra
Della tua stanza
Ti guardi allo specchio
E non ti vedi più
Non ti riconosci affatto
Solo sensazioni
Indefinite
Vedi un’ombra
Soltanto
Confusa
Che riflette lì
Davanti a te
Un uomo
Si
Un uomo
Un uomo
Che
Ha perso
Se stesso
Un lontano giorno
Di quello che fu
E non si è ritrovato
Più
Un uomo
Che
Per fuggire dal passato
Si è messo a rincorrere il futuro
Freneticamente
E non sa
Che cosa ne è
Del presente
Un uomo
Che
Si sente a pezzi
Completamente
Per il vissuto
Per quello
Che non è riuscito a volere
E per tutto ciò
Che non ha osato chiedere
E che ha perso
Una volta per sempre
Come polverizzato
All’istante
Un uomo
Che
È stato debole
Nell’essersi rassegnato
A quello che non è
Il suo destino
Ma solo un incrocio
Della Vita
Al quale passare
Decisi
Puntando dritto
Verso la prossima meta
Un uomo
Che
Ha passato
Le ore
I giorni
E i mesi
A guardare il bianco soffitto
Unico appiglio
Della sua
Disperazione immensa
E del suo
Sentirsi profondamente un fallito
E a percepirsi come morto
Con un corpo
Abbandonato lì
Al caso
Nella solitudine dimenticata
Dal mondo
Indifferente
Vergine alle tentazioni
E motivo del suo
Più duro disprezzo
Un uomo
Che
Ha sempre sbagliato
Nei pensieri
E nelle parole
E nei gesti
E che
Per questo
È stato castigato
Una volta per tutte
Ma ingiustamente
Un uomo
Che
Nonostante tutto
Un cuore
Lo ha
Ma non riesce ad usarlo
Perché c’è la paura
Si
La paura
La paura
Di conoscersi
Per la prima volta
La paura
Di sapere
Per la prima volta
La paura
Di amare
Per la prima volta
Perché lì
In quel punto che
Ognuno di noi
Tiene ben nascosto e difeso
Dalle aggressioni esterne
Esattamente lì
Nel centro
Dell’essenza
Della nostra vulnerabilità
Ci sono numerose ferite
Che hanno messo profonde radici
Nell’anima
Ferite
Che nessuno
È riuscito a rimarginare
Nessuno
Men che meno il tempo
Che è tutto
Tranne che
Fedele alleato
E sincero guaritore
E poi
Quelle stesse ferite
Come delle vere puttane
Tengono sotto braccio
I loro uomini
I rimpianti
Inesorabili accompagnatori
Dell’uomo
Che un passato
Ce l’ha
E poi
Poi
Quanto rancore
Quanta condanna
Quanto dolore
E quanto desiderio
Di rivincita
Conclusiva
Un’attesa
Che sembra non finire
Mai
Un’ossessione
Che vive
Nelle viscere più profonde
Ma
Nel frattempo
Gli anni passano
E quell’uomo
Sarà sempre lì
Nello specchio
A riflettersi
Nella confusione
Delle tue calde lacrime
Che ti inondano
Le guance
In penombra
Mentre ancora una volta
Il presente ti sfugge
E le mani
Le tue stesse mani
Ancora vergini
Stringeranno solo l’aria
Consumata
Della tua stanza
E ti fa compagnia
Il rumore della pioggia
Soltanto.