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Raccolta di poesie di Manuela Giasi
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Difficile guarire

Difficile guarire

 

I tornanti stretti della mente

emergono scuri

dalle onde dell’inverno,

portati in superficie

da giganti forti e ossuti

insieme alla paura

e alla raucedine.

Le febbri dell’anima

gli squarci nella terra

non si guariscono

con volontà di ferro e risa.

Gli sguardi si misurano a fatica

e non tutti ne conoscono

La lingua. Siate pazienti,

umani. Siate teneri e pazienti.

Siamo tutti in stato di bisogno.

*

Zefiro porta piume

 

Da una finestra uno specchio frammentato

ti rimanda agli occhi lo scintillio del sole.

Quando il vento gonfia la bianca tenda in fuori

o la rispinge dentro con un oscillare dolce

ti senti altrove, in una chiarità di mare,

in un’aria purissima, portata come piuma

qui da Zefiro,

che il bel tempo rimena* anche quest’anno.

 

 

 

*Petrarca, Canzoniere, Sonetto CCCX

*

Per Marinella Beretta

 

Ero seduta lì da tanto,

da un tempo che non si può dire.

Frigo pieno, caffè sul tavolo.

Certo la gente non la preferivo,

meglio le anime del prato,

ma qualche saluto lo scambiavo.

Comunque, ero lì seduta

e lentamente mi sono appisolata

di un sonno inconcepibile,

da non resistere, un abisso.

Ma ero lì seduta e ogni tanto

pensavo.

Ai fiori trascurati e alle persiane

che sbattevano,

al cielo azzurro

che vedevo solo a tratti,

allo scroscio della pioggia

e agli uccellini che sicuramente

aspettavano le briciole.

E l'ho sentito, il vento,

quella bufera lunga, il suo ululato

di paura.

E dopo poco - non so davvero quando -

ho sentito il campanello.

Il campanello?

Ed è lì, è solo lì, che sono morta per davvero.

*

Ti allontani

 

Ti allontani. Non ti vedrò mai più.

Ho i vestiti sporchi.

La stessa nota insiste inutile.

Lucido le statuine del presepe

e lo specchio non riflette nulla.

Le creature che perdiamo,

silenziose,

tornano nelle cadute

e nei fuoricampo che intuiamo.

La matita ruvida sul foglio

segna i contorni degli oggetti

che resteranno lì dopo di noi.

Ci feriamo da sole.

Senza insistere.

*

Magnificat

L’anima mia magnifica colui

che permise ai rami inariditi

di lasciar nascere le foglie nuove

contro ogni previsione

morbide e verdi.

 

L’anima mia magnifica colei

che dall’inizio del tempo

diede al tempo il cerchio

che permette a noi

di colmarci l’anima di gioia,

toccando la rinascita del giorno,

ridendo di allegrezza con la terra,

nutrendo la speranza di ogni bene,

cantando le note di ogni canto.

*

Nel bosco

 

Nel buio il bosco è vivo.

Come colonne i grandi tronchi.

L’aria del sonno gira intorno a te

e nella notte

fermentano la musica e i rumori.

Tutto può nascondersi ora

e non ricomparire. Oppure no.

Mentre parliamo piano, come

ruminando erbe e piante,

assimilando sangue e visceri

di terra, rami e segni,

dell’acqua e dei sentieri,

percorriamo la strada come anime

sperdute in uno sfolgorio di tenebra

che appare senza senso e senza fine.

 

*

Quello che non capiamo

Volando mi ha sussurrato all’orecchio:

vieni.

Così io l’ho seguito.

Arrampicandomi sulla corteccia spigolosa e scabra,

posando i piedi sui rami più vicini,

accarezzando piano piccole foglie e nidi,

tremando sempre più mentre più in alto salivo,

e finalmente in cima.

E sento che tra il verde e l’azzurro

l’aria emana una magia

che solo di rado sappiamo percepire,

troppo indaffarati o troppo pieni di noi stessi.

Spicchi di bellezza, gemme,

fate morgane pronte a scomparire,

occasioni perdute, amori vegetali,

allegrie di un tempo che evochiamo

nelle sere che si allungano,

ma che poi non capiamo più al mattino,

quando le piante cantano, splendide,

le stesse strofe liquide e sinuose

a noi distratti e sempre bisognosi.

*

Distilla uno spiraglio

La città notturna

dilata il silenzio come incendio.

E il silenzio

supera le strade, valica i canali,

perfora i semafori,

ma si muove cauto.

Resta sospeso come una carta

fragile e leggera,

ma ti risale dentro

come un’onda di marea.

Duro da sopportare, malevolo,

contrario a farti addormentare,

ti stende le orecchie

come in un fragore assordante

e teme la briciola, il millimetro,

lo scricchiolio e il frammento.

L’aria della notte e il suo silenzio

così battente, invincibile, profondo

sono gemelli in un complotto

che mi tiene ostaggio, e solo la luce

distilla uno spiraglio.

*

Poesia sull’incapacità di scriverla

 

Non ho le parole.

Non ho il passo, manca il ritmo.

Non vedo i colori, non sento i suoni,

sono chiusa in una bianca bolla sigillata,

l’anima pesante,

ho perduto per strada ogni dettaglio.

 

Ho bisogno di una sveglia energica,

come il cane di un amico

che mi salta addosso all’improvviso,

o gocce fredde inaspettate

che mi scivolano giù nel collo

da un balcone. Del vigore del vento,

che mi guidi gli occhi verso un cristallo solido,

che riesca a sfrecciare ed a forzar l’attesa.

Un moscone che mi ronza nelle orecchie

mentre dormo.

 

Mi restano nella mente sillabe scomposte,

gelide e labirintiche,

scheletriche e depresse,

capannoni nudi scagliati contro il cielo.

 

*

Stratagemmi

 

Planare come un grande uccello

lungo la strada che ai fianchi

proteggono alberi alti e silenziosi

come fantasmi grigi.

Cacciare il vento, l’aria e l’acqua,

cacciare i versi come suoni nascosti

in casse di risonanza oscura.

Presenziare al reale come una nota mistica

e battere il ritmo della radice

che affonda nel terreno

mentre la tempesta infuria

e saltano i punti cardinali

come in un campo minato,

scaraventati nello spazio e liberi.

Legarsi agli atomi del bosco,

del fiume e degli aironi.

Riposarsi su quei nidi alti.

Non sapere altro. Questo farsi bastare

per oggi e sempre.

Cambiare pelle in una sequenza

di squame, e poi scattare.

Mutare definizione.

Restare incolume.

*

Sogno

Stenditi sull’erba un attimo.

Spingi gli occhi in alto

e senti il movimento della terra.

Osserva il movimento del cielo:

che ti chiarisca una volta per tutte

che noi non ci fermiamo mai.

Che a velocità inconcepibile

la regolarità del mondo avrà

prima o poi fine

in una corsa stupida

schiacciati dalla gravità

dalle azioni e dai pensieri

dall’inizio sino alla chiusura.

E poi riporta lo sguardo

verso i grandi maestri,

gli alberi. E calmati. Respira.

La grana del terreno

è regolare e tu dormi

come in una fessura calda.

Un vortice di nebbia ti risveglia.

Nel rosso dell’alba ti riprendi.

 

 

*

Rito di passaggio

Sullo scoglio, nel vento, nella luce

grani minuscoli di me si staccano

e diventano parte del paesaggio,

dei raggi luminosi,

dei contorni delle isole lontane.

E volo, volo in alto.

Rido. Ride l’anima segreta, slegata,

libera da funi, pesi, rimpianti, contrappassi.

Vedo sbuffi di balene immaginarie,

dorsi di delfini si incurvano nell’acqua,

alati viaggiatori incrociano i sentieri

con altri pinnati esseri e con me.

Ho i pensieri del giglio delle dune,

ho i ricordi delle foglie di eucalipto.

Non sono più, o forse ancora un poco,

ma è quasi nulla, e gli occhi già si fondono

nelle telline fossili di roccia

e nella spuma che non resta mai la stessa.

Mi compio. Mi sciolgo. Resto aria chiara,

che non smette mai di scorrere

e slega i capelli altrui, e sfiora

come un’ala leggera

la spalla di chi è giovane e non teme.

Eccomi. Mi hai sentita?

*

Scherzo

Immagino a volte

di essere sdraiata sulla nuda terra,

come un angelo o una stella.

Apro braccia e gambe

e nei capelli lunghi a dismisura

le api disegnano alveari,

danzano e lavorano, mai ferme.

Gli uccelli mi sfiorano le guance

per posarsi poi pulsanti

e farmi il nido tra le dita.

Accanto a me scorrono formiche

e senza parole ci intendiamo.

Sono madre di ogni figlio

e lentamente radico nel mondo

con altri esseri effimeri

che guardano in silenzio.

È per un momento solo,

forse neppure vero,

ma è pace.

 

*

Così sembra

Sono le tre.

Cammino per le vie più strette

intorno a casa

e sembra un paesino assolato

nel silenzio di un’estate finta.

Fischiano i merli e cantano le cince,

solo si sentono rumori di operai

al lavoro nelle case

e conversazioni tra madri e figlie

nei giardini

e qualche macchina lontana.

Tutto è sospeso ed appartato

nel calore e nella luce ferma,

ed ogni cosa sembra essere la stessa,

ma non è vero.

Sull’asfalto prospera il risentimento.

Ingànnati di nuovo.

*

Allegria

Orchidee fiorite dietro le finestre chiuse,

girandole e gerani sui terrazzi,

lame rifulgenti di luce

sui vetri che guardano ad oriente,

suoni attutiti, richiami di rondoni

e fischi impertinenti di merli che non vedi.

 

L’aria ti sfiora fresca e leggera,

non opprimente come sarà più tardi.

Ti senti quasi giovane, rinata,

nuovi i tendini, i muscoli più elastici.

 

Dietro la mascherina si fatica

ma sulle guance il mattino si risveglia,

e ti sorprende l’attimo

di presenza leggera e irripetibile.

 

Anche dal tram si innalza

una devozione limpida al mattino,

le strade della città come portenti,

i giardinetti come perle candide.

 

Tu, fortunata:

questo tepore ti accompagnerà

al termine del giorno, come un globulo

nascosto, punteggiato d’allegria.

*

Stella polare

Sin da quand’ero piccola,

nelle sere autunnali (quando fa scuro prima)

o nelle mattine d’inverno (quando fa chiaro tardi),

o quando mi affacciavo alla finestra per vedere

l’auto di mio padre che tornava,

o negli anni più avanti,

centuplicata con il miracolo dei figli,

una nota profonda di basso mi cattura

e non si allontana mai.

Qualcosa tra la terra e il cielo

che mi corrode l’anima,

che riga come vetro graffiato le risate,

che appesantisce greve i fili d’erba,

che lacera la trama della vita

come una pietra aguzza che passa sulla tela.

E sono ostaggio

della dolente stella polare della perdita,

che preme sui giorni e sulle notti,

come un silenzio che mi rimbomba addosso,

oscuro e confuso, immobile e incessante.

*

Pomeriggio di maggio

Sembra neve, e non lo è.
Si muove verso l’alto, da destra va a sinistra,
e viceversa,
come uno sciame di lucciole impazzite.
Sui balconi le foglie delle piante
scintillano e sembrano pinne di pesci
scattanti nell’acqua trasparente.
La luce come una lama arroventata
divide in due metà la strada e il cielo,
gonfissimo di nuvole terribili
oltre il tetto di fronte, quasi nero.
Alle finestre brillano spicchi di cristallo
e il tramonto avanza lentamente
mentre tutti noi invece ci affrettiamo
verso una sera che nessuno sa capire
o decifrare, e nemmeno meritarsi.

*

Estate II

 

Sdraiati sotto gli alberi nello spazio estivo

il tempo si misura con parametri diversi:

quante volte il salice si piega su di me

quasi salutandomi gentile,

o quanti piccoli voli servono ai fringuelli

per raggiungere la cima del larice

e poi scendere di un ramo,

o quante volte, ancora,

dondolano le foglie dell’acero montano

nel ritmo di due battiti,

o quante nubi navigano nel cielo

mentre il filo d’erba sale verso il tronco.

Un tempo sospeso, inaspettato, tiepido,

come una fotografia rubata

lungo le strade del ricordo,

che ci conduce a una pace di vento

e luce, e tutto diventa verde e mobile.

Una campitura calma e carezzevole.

L’acqua del lago favorisce il sonno.

*

L’insidia

Camminando nel bosco sul sentiero

incontri all’improvviso

un profumo dolce e pastoso

che già conosci bene.

E cerchi il ciclamino,

ma le ombre più scure te lo celano.

E tutto a un tratto,

sintonizzate le pupille

su quel particolare viola,

ecco che lo vedi, e con lui

la stirpe sua di piccoli principi

del sottobosco, sparsa dovunque,

cedevoli capolini ai piedi d’albero

o in piena luce,

sporgenti su pietre sghembe e rugose.

Ma fa’ attenzione. Non calpestarli.

Che le tue suole non li sfiorino nemmeno,

o come sicari camuffati,

con quel violetto tenero e insistente,

con quel profumo che ti spia,

ti seguiranno sino in casa,

qualcosa ti soffierà sul viso,

inaspettati li sentirai svoltato l’angolo,

il loro incanto duellerà con te nel sonno,

facendoti pensare a chi hai perduto,

forzandoti a ricordare

quello che ti fa ora più male,

impedendoti il riposo ed estenuandoti

con quell’aroma velenoso

che saprà perseguitarti come serpe.

 

*

Giugno, al mattino presto

 

I bossi, gli ailanti, i gelsomini,

ma più di tutti gli altri i tigli

vincono la gara mattutina

dei profumi aerei di città.

 

Sulle tegole i colombi

e molto in alto,

quasi accanto ai cirri,

i rondoni fan da sentinella.

 

Dono imparagonabile per me,

piuma minuscola di vita,

che la vita tiene stretta.

 

*

Si cambia

Volano le giornate come valzer,

ricordi in stormi affollano le ore,

lo slancio si dissecca

come pozza d’acqua al sole.

 

Quand’eravamo giovani

il rombo perenne della vita

cresceva ad ogni istante.

Ora, tutti contenti, troviamo

monetine agli angoli di strada,

lucide e brillanti,

come biglie colorate.

 

Appare un futuro intermittente,

quando appare.

Disseta gli occhi e l’anima,

pur se in un riepilogo bislacco

di proiezioni a breve. Vengono a farci visita

le sbrigative bande della notte.

 

*

In barca

 

La luce scintilla nelle schegge delle onde,

la superficie azzurra appena mossa –

il bianco lucido delle nuvole nel cielo.

 

La brezza fresca vola incontro a te

come un amico che da tanto più non vedi,

un augurio liquido ti sfiora.

 

Un quarto d’ora di pura beatitudine –

come uno spirito propizio a te e quieto.

Credi di attraversare la vita un po’ discosta,

di vederne i nitidi contorni

e i colori fulgidi un attimo più a lungo.

 

Appena un po’ lontana, ma non del tutto dentro,

la scorgi chiaramente, saggia e distante,

ne conosci la parabola e i confini,

e per questo si raggruma come perla,

ripiena di luce e di candore.

E ti lascia nell’anima

una mancanza tenera, acuta e solitaria.

*

Assenza IV

Il freddo gela le guance.

Prima degli abeti e dei ruscelli incontro a noi

viene il fiato caldo e trasparente dei cavalli.

Il candore e l’azzurro

disegnano anche gli angoli del fiume.

E finalmente il cocchiere allenta il freno

e i cavalli, insieme a noi,

scivolano senza più fatica,

e noi voliamo sulla neve

come salpando verso un’isola

senza far più rumore.

*

Colori

È un’imitazione di me ingombra di speranza

questo merlo,

sul bordo della fontana azzurra

perfettamente fermo,

incerto se lanciarsi o star sedato,

il becco giallo

una pennellata allegra contro il prato.

Una perfetta imitazione,

migliore dell’originale,

che si arrabatta e cerca di domarsi,

prende medicamenti per vedere meglio

tutti i prodigi nuovi e rifulgenti

della propizia città primaverile.

Osservalo, impara da lui

a colorare garbatamente il vuoto,

a lenire il tumulto con l’attesa,

a studiare con tenacia

il verde, l’azzurro e i modulati fischi.

Forse sarai promossa

la primavera prossima.

*

La cicala

 Cammino.

E nel movimento ritmico si innesta,

come percussione, una cicala,

chissà su quale platano del viale.

Si ferma la battuta all’improvviso,

riemerge il basso dei motori

e della strada.

Scorre ogni cosa

come acqua tra le dita.

Refrattaria all’allegria,

oggi metto a repentaglio

l’aria, il vapore e il tempo.

La nota misteriosa riprende poco dopo.

Suono dell’estate, della fine dell’estate.

Ha cantato la cicala predatoria.

*

Camminata

Il passo ha la tonalità quieta

dell’erica che cresce,

del dondolio della campanula,

del pino mugo che si accosta a terra

e ascolta i campanacci al pascolo,

con te.

Il bombo ficca il muso nell’achillea minuscola

che quasi cade, travolta dal suo peso,

commedia momentanea e naturale.

Per pochi lievi attimi nulla ti sembra estraneo.

Gli occhi riconoscono il tappeto

del prato variegato in pieno sole,

la cresta verde del monte ti appare

come un profilo di festa, forte e amico

e sulla maglietta gialla volano

per sbaglio le farfalle.

Tutto è con te,

e tu sei con quel tutto che ora vedi.

Il ritmo è morbido, il cammino segue fluido.

Ti sfinirà tra poco la cadenza ferrea,

roccia erosa da una cascata che non smette.

 

 

*

A una cert’ora

A una cert’ora

 

È l’ora di mezzo,

quando non riconosci più le sagome,

o i volti,

quando scambi per stelle

le luci degli aerei

e non sai di che colore è il cielo

e la notte gira intorno a noi

come fa un animale quieto con la preda.

Sembra disfarsi ora

quella garza candida e sottile

che tiene insieme il mondo.

Resta unico il segno,

e da quella traccia riparti,

con quell’indizio solo,

come un gioiello perso e ritrovato.

*

Dormiveglia

Dormiveglia

 

 

Poggia ancora un poco il capo sul cuscino,

prima dell’alba.

Prima dell’alba,

che tarda sempre più a formarsi

nelle regioni del cielo

a ridosso dell’autunno,

resta in un dormiveglia tiepido

e culla il sogno,

che si dilegua alla velocità del lampo,

accarezzalo ancora solo per un attimo.

Presto giungerà al tuo fianco

un’altra età. Temuta, allontanata,

distrutta nella mente a colpi di piccone

che rimbombano come incessanti

lavori nell’appartamento, che danno pace

per solo pochi istanti.

Poggia il capo per un poco.

Resta un po’ più giovane

in quel sogno. E che la dolcezza ultima

di quel fantasma minimo

evochi nell’anima contorni noti e amati

e ti addolcisca il giorno

come una caramella piccola.

 

*

Cambio di stagione

 

In questo cielo blu come nient’altro

vedo le stelle dove non ci sono.

Come moscerini attratti dai lampioni,

gli occhi mi fanno degli scherzi.

 

Passa un ragazzo chino sul telefono,

non alza gli occhi verso quel velluto

e questa sera la stagione cambia.

 

Vale forse la pena di continuare ad esserci

solo per vedere questo colore immenso,

eppure lì. Diffonde canti, versi, voli.

Fiori sconosciuti approdano da cielo a terra,

insieme con respiri, silenzi, ali e memorie.

 

L’ultima estate ride alle mie spalle.

Già vedo sfrecciare in lontananza

i vischiosi crepuscoli invernali.

*

Inganno

Inganno

 

Sembra primavera; è autunno.

Solo l’aria tagliente ti indica

che l’anno sta per chiudersi.

Non è tersa come specchio,

ma ha una qualità nebbiosa,

come fumo leggero dentro a un bosco.

Le sorprendenti e multicolori chiome

di pioppi, aceri, platani e betulle

puntano il cielo azzurro come a marzo.

Ma è un inganno, una bugia.

Irreparabile fugge la stagione.

Ridi ancora quanto puoi. Di più

non hai, e fattelo bastare.

*

Non dormo - I

Non dormo - I

 

Cerco di dormire

e sento il profumo dei tigli

insinuarsi nella stanza

come un sospiro improvviso,

una parola accennata,

un gesto inatteso,

una porta che si apre

e scopre un volto amato.

Penso a come siano a volte

inaspettati il sole, la pioggia,

il colore intenso e la misteriosa bruma,

il singhiozzo e il riso,

le sensazioni tutte e l’umana gioia.

Compaiono come frutti su quel ramo,

rossi, piccoli, imperfetti,

veloci a marcire ed a lasciarsi andare,

come ciuffi d’erba.

Li vedi, più in alto di te,

sai che ci sono e non li prendi.

Il profumo dei tigli mi tormenta

e non riesco più a dormire.

*

The day is gone, and all its sweets are gone!

The day is gone, and all its sweets are gone!

 

I colori si fanno più smaglianti

prima dell’arrivo della sera.

Con un ultimo tocco il cielo luminoso

fa spettacolo e ci incanta

come se avessimo occhi nuovi

e appena aperti.

Il giorno si chiude, e con lui

i suoi momenti belli, dolci e dolorosi.

Le ombre si intrecciano sul muro,

esaltano la luce del tramonto.

*

A casa II

A casa – II

 

Dal rettangolo della finestra

La luce irrompe nella nebbia.

Sei a casa.

 

*

In ogni cosa

In ogni cosa

 

In ogni cosa c’è un errore.

Le parole, come le pietre pure

delle iridi, fallaci, inesatte,

fuochi fatui lontani

all’orizzonte.

Sogno i grandi della terra.

I cervi, i luminosi alberi,

gli occhi delle tigri.

Ritorneranno ad ardere

Nel verde del fogliame.

Ma tutto

Va di nuovo cominciato.

Ogni gesto ricamato,

stirato, ben riposto.

I figli ci giudicheranno.

*

Le navi

Le navi

 

Visti in una certa prospettiva,
scomparsi con un tocco di bacchetta
palazzi, macchine, pali della luce,
azzerato il suono del mondo per un attimo,
gli alberi del viale sembrano
fiancate di grandi navicelle,
la prua pronta per slanciarsi
verso l’azzurro, il cielo, l’aria.
Portatemi via, verdi vascelli luminosi,
portate via me e tutti quelli che io amo.
Portateci via da questo triste, misero rigagnolo,
lasciateci volare via con voi
verso un colore puro, inarrivabile,
segnale d’infinito, speranza, tenerezza,
cerchio di inizio e fine.

*

Il pensiero di mia madre

Il pensiero di mia madre

 

Mentre guardo la pioggia
che scivola dal tetto
a volte ritorna forte
la pena che mi dà
il pensiero di mia madre,
della sua vita modesta
in apparenza piccola e ritratta.
Ma poi fermo il dolore
e cerco di sapere:
tu l’hai sempre vista
con occhi tuoi,
che certo i suoi non erano,
donna d’altro tempo,
a cui forse essere moglie e madre
è bastato per la vita.
E spegnersi in così poco, poi,
e lasciarmi cosa? Talvolta penso:
nulla. Chissà, l’eredità dell’ansia
o il latte dello scivolarsi via
senza troppo pensiero,
lasciandosi vivere quieta.
No, di certo questo no,
questo non è retaggio suo.
Piuttosto, uno stare alla finestra
guardando il mondo che rotola di fuori
su binari tutti suoi, storti, battuti,
strade foriere di vento,
insonnia e grandine,
di triste voragine incessante,
che sembra calma serena e non lo è,
di giorni non bene conosciuti,
di gocce di pioggia
che cadono sul tetto.

*

Assenza III

Assenza III

 

Il ritmo lo scandisce il sole

che solo raramente appare.

Ancor di più l’azzurrità dell’aria,

nel tardo pomeriggio a fondo valle,

ricopre senza differenze

cime di monti, alberi e case.

Sotto altissimi fianchi come navi

camminiamo e mastichiamo piano,

lenti animali mansueti.

E le linee sono lunghe e circolari,

facili da percorrere, e leggere.

*

Assenza II

Assenza II

 

Orme di gatto sulla neve,

cappucci sui cespugli,

cattura noi due questo silenzio

che rimbalza sui muri della casa.

Come una lama bianca

si intaglia dentro l’anima

il nitido e freddo contorno delle cose,

e non c’è più distanza

ma pura, libera, caduta.

*

La guida silenziosa

La guida silenziosa

  

Guarda come l’albero cede la postura

al vento che sbaracca tutto nella piazza,

la gentilezza nel piegarsi,

la sottomissione a un’altra forza,

momentanea.

Guarda le erbe e i fiori chinarsi verso terra,

Arrendersi al maggiore per un tempo limitato,

al moto scrosciante

del minaccioso temporale,

al raggio d’acqua che trafigge,

alla frusta di pioggia che colpisce.

E qualcosa, e qualcuno

riprende poi l’iniziale posizione,

ma più cedevole e più forte, quasi morbido,

arcipelago di piante diroccate in apparenza.

Nasconde resistenza, cela forza,

la capacità acquisita di arrendersi e di perdersi.

Lì rimangono le piante, e si compiacciono tra loro:

il brutto tempo è andato.

Ritrovano quel moto continuo, liscio e tondo,

la guida silenziosa

dell’esistere nelle avversità del mondo.

 

*

Assenza I

Assenza I

 

A tratti dal biancore, qui, del nord,

fin oltre le montagne sembra salir la luna

e solo per un attimo brevissimo

forse congiunge me, te ed altri come noi

o forse i fili miei, tuoi o altrui recide.

Nel paese che ha il cuore nella notte

e che il Natale degli abeti fa brillare

complici campanili, cime, gabbie

di passaggi a livello illuminate,

sei un peso più lieve sui rami delle dita.

Come neve, come acqua e infine aria

tu non sei più se non essenza

e provo assenza non di te,

ma del tuo amore.

*

A casa I

A casa - I

 

La fiamma della candela che si spegne

brilla luminosa

come mai ha fatto prima.

Lucida lama fragile

tremola alla fine

guizza quasi stupefatta.

Andiamole vicino, piccola,

come un piccolo animale.

Andiamole vicino, andiamo.

È tardi.

*

Shake your feelings

Shake your feelings

 

Pesca, gancio,

scendi più che puoi.

Lenza, calati nel pozzo,

nell’abisso che non sai di avere.

Raccogli lo stacco netto della fine,

il taglio preciso della conclusione,

la triste nenia dell’addio.

Pescali dentro di me

con aghi ed ami aguzzi,

come pesci argentei.

Usa reti e canne e uncini

per raccattarli su,

tirarli fuori all’aria

e poi rigettarli dentro me

più aperti e sciolti, meno spaventosi,

perché dovranno farmi compagnia.

La desolazione nitida del vuoto

che si apre e andrà riempito

con pazienza, e con una mano che ripete

silenziosa gesti conosciuti e lisci

come stoffe che ti confortano la sera.

Sapere che ti abituerai,

e che non sarà poi male questo giorno.

E nonostante la rabbia e la distanza,

e la delusione che ti si è insinuata dentro

come acqua stagnante in una crepa,

producendo umido e perdendo gocce

dal soffitto,

qualcosa collassa e ti si rompe dentro

malgrado la durezza

che eri convinta fosse tua

come il fazzoletto nella borsa.

Anni, decenni ed angoli,

volti, vestiti e nomi e muri

che scompariranno nel passato

contro la tua volontà,

più forti, freddi, pietrosi e indifferenti

alla tua apparente, e finta, indifferenza.

 

*

Le rondini

Le rondini

 

Rondini che planate ad ali aperte

nella luce, tra gli alberi di arance,

i vostri petti bianchi appaiono nel cielo

come gentili spiriti dell’aria,

leggeri e quasi folli,

all’inseguimento di punti in movimento

che solo voi vedete.

Lo spazio nel quale volate onnipotenti

si apre davanti a voi così tranquillo,

così sereno e vasto

che mi è impossibile descrivervi,

descrivere l’apnea e la pulsazione.

La velocità dei battiti mi acceca

e mi completa vedervi così libere e leggere

impazzire quasi e dileguarvi

nella bellezza aperta del tramonto.

*

Pomeriggio estivo

Pomeriggio estivo

 

Il biancore del cielo delle quattro

di questo giorno d’estate

sfibra ogni vena,

ogni vena cessa di pulsare.

Volano i capelli sul soffitto,

insieme con le assenze e coi ronzii.

Perdo i dettagli, le alterazioni delle parti,

intravvedo curve dove non ci sono.

La sera mi porterà infine via da qui,

nella lontananza candida e insonora.

L’istante corre, si dilegua,

sbava sul silenzio originario.

*

Estate I

Estate I

 

La schiena sul tappeto morbido dell’erba,

guardiamo insieme le cime alte degli abeti.

Mosse da un vento tiepido e leggero

Scivolano da un lato all’altro

in un’onda che culla, portentosa.

Ricami verdi su una tela azzurra,

le cime cedono un poco

e cadono piano aghi dall’alto.

Frullano le betulle come ali.

Una nuvola lieve come fumo

si scioglie nel cielo ed è ormai persa.

C’è rumore d’acqua e d’altri

ma, come la nuvola si scioglie a poco a poco,

tutto rientra nel nido di un sopore lento

che tutti ci accoglie e tutto rammenda

in un arazzo chiaro.

 

*

Cugini alla lontana

Cugini alla lontana

 

Forse pioverà,

come accade spesso in questo mese.

Dallo spiraglio della finestra aperta

passa un soffio appena fresco,

il gelsomino sbuffa leggermente,

il merlo canta e si crede un usignolo.

Ed ecco che compare sul balcone,

a farmi compagnia per pochi istanti.

Hanno lo stesso colore i nostri occhi

e il mio canto prova a ripetersi col suo.

Cugini, parenti alla lontana,

mortali entrambi, entrambi vivi

nel momento ultimo di questa sera

che sembra di campagna,

ed è quasi estate.

Tra poco, quando il manto scuro della notte

ricoprirà questo scampolo minimo di terra

il merlo mio cugino tacerà,

inconsapevole forse, o forse più di me

sapiente del mistero delle cose

che si spengono nel buio

e la mattina dopo riprendono a cantare.

 

*

Per i fiori

Per i fiori

 

Stretti i petali dei fiori

 prima di aprirsi nella gloria

come in un abbraccio ultimo

prima di splendere e sfiorire.

Una tenerezza così compatta e ferma

che vorresti fermare l’attimo

e interrogarli nella loro lingua:

accettate voi il destino?

O vi tenete fitti fitti sullo stelo

perché pure voi temete

l’inarrestabile svolgersi del nastro,

l’irresistibile e penosa lontananza

dal punto di partenza del bocciolo,

il ricordo del seme nella terra

e del primo bucar la superficie,

la giovane forza dell’andare verso l’alto?

Ma l’indomani i fiori aprono

la loro bellezza indicibile e freschissima.

Ficca le dita in quella stoffa morbida,

tienile lì dentro e pensale, tocca.

Non pensare più, ma ascolta.

 

*

Dalla notte in poi

Dalla notte in poi

 

Città, notte, intermittenza, buio.

Dura e sorda l’insonnia, come un angolo.

Sfuggono i sogni,

regna la mancanza come un’aquila,

vince l’arto tagliato e monco

che dolora sempre senza esserci più.

 

I versi sono pesanti anelli nascosti

Nelle tasche, tra le pagine dei giorni.

C’è silenzio.

Il mattino si sgrana, ghiaia bianca.

Le ore si srotolano via, lente e appiccicose

Come ruggine bagnata, verderame.

Svegliati. Comincia.

*

Il berrettino rosso

Il berrettino rosso

 

Lontano, un berrettino rosso in mezzo al verde

cammina spingendo in su la bici.

Punto luminoso in movimento,

coriandolo vivo che saltella.

Come quel berretto scende e sale,

si ferma e si riprende,

il sole che sorge e che tramonta,

un fiore che sboccia e l’altro che appassisce,

la palla che vola e che ricade,

il rumore del mondo che muore e ricomincia.

Un berrettino rosso in lontananza,

perso nel verde, anima nuova e piccola,

tintinnio di suono e pura luce.

 

 

*

Inverno

Inverno

 

Sere, pomeriggi,

mezzogiorni, albe.

Nel buio già distanti

I carri delle stelle di dicembre.

Il cerchio del respiro

è spoglio.

Chi dorme

Porta dentro sé

Una purezza pari sola

Alla curva delle ciglia.

*

Consigli della domenica

Consigli della domenica

 

Passa sotto le foglie e i rami

come in un tunnel verde.

Lascia che gli alberi ti insegnino

come già fecero più volte.

Che il platano ti guidi a dissetarti

con la luce irripetibile

del mattino dopo la pioggia forte.

Che il tiglio ti ricordi

come ospitare nidi.

Che il cedro ti conduca

a vivere di acqua terra e clorofilla,

il cui nome da solo potrebbe bastarti

per sorridere a lungo.

E l’albero di Giuda, a mantenere serena

quella forma sbilenca e quel rosa così tenero

che dopo di te forse ricorderanno i cari.

Metti giù il cellulare

Respira l’azzurro e il verde

e l’aria pulita e fresca.

*

Tentativi di manutenzione

 

Voglio essere toccata dalle foglie di quell’edera

Che scende da un muro rosso di mattoni.

Voglio che mi sfiorino i rami del sambuco,

della betulla e del faggio, come spiriti benigni.

Voglio che mi invada il profumo insano

Dei ciclamini in un ombroso bosco estivo.

Voglio che le lancette verdi del salice sul lago

Mi narrino all’orecchio storie

E io, addormentarmi un attimo al soffice fruscio.

Questo vorrei.

Ma è il primo di settembre,

anno duemila e venti del Signore.

*

Al mattino presto, d’inverno

 

Alcuni attimi invernali

ancora sospesi tra la notte e l’alba

portano con sé un cielo

che seppure ancora scuro

è così terso e luminoso

da parere uno specchio,

che benigno ci riflette.

E vedi l’apice del ramo,

la punta della foglia, la nitidezza

dell’angolo del tetto.

Sono allegre le luci dei lampioni

e veloci e vivi i fari delle auto,

e anche la 90 appare una speranza.

O forse sono gli occhiali,

più puliti del solito stamane,

a regalarmi per un quarto d’ora

l’incanto di questa sospensione

tra preoccupazione, ansia,

pensieri sempre troppo avanti.

*

Quello che vedi

 

Non credere al racconto

della resurrezione.

Non credere al trionfante Cristo

della pala di Piero.

Non credere alla reincarnazione

nello storno indaffarato

a banchettare semi dai rami.

Non credere alle voci azzurre

che ti sembra di sentire

tra la notte e l’alba.

Credi solo allo scintillio verde

dell’erba nuova,

al viola della pervinca minor,

allo schizzo giallo

della forsizia lì nell’angolo.

Credi a quello che vedi.

E a niente altro.

*

Ore sei

Ore sei

 

 

La Via Lattea risplende

nel freddo pomeriggio,

lontanissima.

E come offese sono dure

le sue stelle,

e non c'è luce qui -

solo lontananza,

angoli,

miopia.

*

Per gli assenti

Per gli assenti

 

I

Passa una macchina sulla strada bagnata.

Fra una tegola e l’altra del muretto

I passeri hanno fatto il nido.

Sento l’odore degli alberi,

della terra, dell’autunno.

Sono al cimitero,

e in questo giorno di pioggia

tutto è gonfio di vita.

 

 

 

 

II

Essere una pianta.

In mille foglie diramarsi.

Per quell’unica linfa

Essere guidati,

da un millimetro all’altro,

nella luce.

Incosciente

Come un gioiello

Splendere nell’azzurro.

 

 

 

 

III

Sono davanti a voi.

Una coppia di cornacchie

Sbatte contro il cielo.

L’albero nell’angolo

Sembra spezzato in due.

I crisantemi affollano le tombe

Stretti l’uno all’altro,

i petali come animali piccoli

bagnati dall’autunno.

Altri si avvicinano

E si muovono in silenzio.

Puliscono, rassettano.

Tutti noi qui rimasti

A fare giardinaggio, bucato,

il cambio di stagione,

a controllare il silenzio,

ad assordarci,

a tenere ancora i conti,

dividere e sottrarre.