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Raccolta di poesie di Federica Galetto
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Traducendo Einsamkeit

Traducendo Einsamkeit

E’ il fuoco che m’attraversa
La redine della corsa non tirata
La molle cesoia del corpo in regime

Ad assaltare le curve prive di vergogna
resisto appena
Compulsiva in tendere assoli urgenti

Cavalli bianchi nell’occhio
Variazioni multiple del colore

(E tu vedevi i miei stessi colori
Allunando nelle pause)

nell’imbuto capovolto e la testa,

la testa in incrocio al bacino esposto
Decine le spinte corrotte
per perdere rotte definite

E’ il fuoco che m’attraversa
Nei mondi abnormi della conta
senza resto e senza risparmio che
riempio
Assecondata dai gesti di filo con trama
fitta
districata a matasse nel ventre
Traducendo Einsamkeit rompo le righe
E mi sbrano contenta
d’essere farfalla tinta nella fiamma
e nella parola che trasmuta
di deserto in valle e filo d’erba tenero
Poiché esistono violetti di corporatura robusta
e verdi sfacciati nei rossi della pelle
e miriadi d’occhi veri che attendono risposte
per crescere ancora nei miei geni
come gerani piantati in settembre
a svernare in teche trasparenti e tiepide
Traducendo Einsamkeit di notte
Non c’è che sole quando le brume dormono
Passando dal palco di Keats riemergo
ai boschi di Treichel
In Bellezza

Testo tratto dalla raccolta Traducendo Einsamkeit, Terra d'Ulivi 2014

*

Sui semi nascosti

S'irrigidiscono le cime degli alberi
sui fiumi di bianco
e sui semi nascosti
Appena s'invola
un tetro sfulgore
Eccedono le ali a sterpaglie
costrette come nidi pieni
d'insolito silenzio

Federica Galetto

*

Alti i fusti bianchi

Alti i fusti bianchi di betulla
S’aprono a sbarre sulle teste
Gialle di girasoli attenti all’occhio
E al suo colpo
Nel verde allagato di querce
prestanti s’impenna una luce
Distratta esce come nata dall’uovo
della campagna


Federica Galetto

*

A spasso con Proust

Era abbastanza costante
L’andare e venire del ritmo
Costretto nell’immobile rigidità
del presente

[ un’ora non è soltanto un’ora,
è un vaso colmo di profumi,
di suoni, di propositi e di climi]

Secca vena rimarginata di fresco
I passi deserti delle cose e delle idee
alle tempie battevano
Così avveniva nel dimostrarsi meno duro al sentire
che l’amo d’una rimembranza sfiorisse dopo il profumo

(Un tovagliolo inamidato che)

[aveva precisamente la stessa inamidata rigidezza dell’asciugamano
con il quale aveva tanto stentato ad asciugarsi davanti alla finestra,
il giorno del mio arrivo a Belbec]

Rendeva possibile un corso di mite significanza
E gioie insperate all’aprirsi d’un suono
Davanti nulla spiegava l’evento
Si svolgeva contratto e poi assolto dal buio
Nella mente uno spiraglio di luce sognava
tornando alle posate e ai piatti tintinnanti
Rumori decisi a intrufolarsi fra silenzi
senza ricordi

[il passato è nascosto al di fuori del suo dominio e della sua portata,
in qualche oggetto materiale che noi non sospettiamo]

La bellezza di esser stati e di aver toccato e posseduto
L’ematoma sciolto del tempo ora sui selciati
Le paure dei giochi e una bambola rotta
Un melo fiorito nella campagna distratta
Batte forte il lampo contro vetri appannati
Si raggiunge la cosa nella sua concretezza
Dimenticata non più
Adesso che balla il minuscolo lembo di stoffa
alla gonna di mia madre

[Dipende dal caso che noi incontriamo questo oggetto
prima di morire
oppure non lo incontriamo]


*

Recondito Recondito

Recondito Recondito

In apparenza sordido

Immenso galoppo in astrale concorso

all’estasi della trascendenza

Ti vorrei consolare nel gongolare ruvido

dell’infallibile mistero di quanto potresti

dire e fare

Le lettere che appaiono e si trasmutano

nei significati splendidi di virtuosismi

Lettere Lettere

Accondiscendono

Si traducono e si espandono

Le migliaia di significati rendono

possibile spiegare i gesti della vita

Non i pensieri o le ideologie

ma solo le piccole frammentazioni

cosmiche e karmiche

giunti focali del nostro esistere

Sul greto di un fiume che scorre

fermare le strisce marginali

e possederle manipolandone i segni

Constatare con rigoroso dubbio

che l’inabissarsi nei profondi buchi del senso

rimanda con passionale felicità al momento

della creazione di un concetto

E si invertono le parole nei tradotti inquieti

Costanti e continui si svolgono come matasse

Ritorte

I principi diventano fini così come

l’indulgere genera incomprensione

Dal basso

Radenti volano le solitarie circospezioni

che portano alla verità

[doors, roads, bridges, corridors, wardrobes, or even horizons]

 

Porte, strade, ponti, corridoi, armadi, o persino orizzonti

Diventano veri

 


*

Nei porti incoronati di spine dementi

Nei porti incoronati di spine dementi

insensate specule d’assedio e rive

sfiorite di pensieri e mosse

evitate implosioni di arresto

Resto a guardare il lago ghiacciato

verde sotterraneo di strati multiformi all’occhio

che ruota in cerca

Le retrocessioni del pane s’estendono ai prati

negati come rifiuto di dama

che alla bocca porta morbido sdegno

incappucciato dal sorriso scomparso

Mai più invaghito il furore della brama

s’accoccola ai piedi

Fuori dai vetri le insinuazioni dell’inverno

scrutano i passaggi miti e senza nerbo

Credevo al corvo somiglianza perfetta dei miei

anni

rombanti e privi

come le pianure all’addiaccio smorto

che incantano

*

Mondo non ledermi dolente

Mondo non ledermi dolente
Piacendo ai fiori che m’incolpano
Le strette d’occhi pieni d’assoluto
rigore
Destandomi ai piedi delle nubi m’odo
recitare preghiere del mattino
Alitare su pietre mai levigate dai venti
Ruggendo di spine mi volto di spalle
Devo ancora capire se il Pater volato
nei gorghi bluastri s’accende di gioia
O se forse ancora mi scalda appena di
sola natura insoluta nei passi decisi della vita
Mi piace desinare a pane e acqua sognando le
rose che apristi per me nel tempo di maggio
Assolato e desueto nei contorni obliqui
delle carezze incomplete
Mio Signore ricordati che voglio restare in piedi
su questa terra abbagliata dalla tua luce sovrana
E ricordati che piango lacrime e rido diamanti
Che le sole mie ritrosie discendono il tuo petto
M’innalzano ai grigi poderi della rinuncia e della
Parola invocata
a decidere che sia manna o assenzio
bruciato sui pendii
Corrimi da cima a fondo
Non volgermi altro che lieve soppesare
d’anima libera
E spargimi per il mondo come seme fecondo
A dire le cose che mai si diranno
A redimere le agonie dei giusti
A formare catene di cotone con la lingua
Tremando nel fiato corto dell’inseguimento
Dammi le gambe per volare e la voce per
gridare amore
e amore per legare le mie sofferenze
Mondo non ledermi dolente
che mi accascio a sorprendermi
Di che suono è il mio strumento



*

Vento d’inverno

Se a mettere il fiato nel tuo bavero alto stento
Allora, cosa mai reciderò questa volta
se non l’inedia di un salto fra le messi
di una gloria concepita e mai nata

Non me ne farò nulla delle brume acquose
dei tuoi occhi blu di Scozia

se a me

senza sciarpa e senza scialle
non provvederai

come per le bambine e le figlie adorate
le altisonanti madri del sacrificio

Ausculto sprimacciando il passato
le idee in voga allora e oggi
senza che alcun rimescolio s’infili
Dolente di incerta provenienza quel
borbottio breve dalle tue labbra strette
mi spinge lontano dal calore
e mi strema come neve sulle mani

Brucia attaccato ai sogni

Saprei dire bene cosa è nel mio pensiero
saprei attendere preparando minestrine
ma tu vuoi costruire cattedrali senza
toglierti il cappotto
e vuoi remare in mari ignoti senza
mai voltarti ad aspettarmi

non prendermi le spalle per cullarmi
non rendermi fragile di fragile creta
per modellarmi in carta e carne ardente

Le spinte del giorno s’accasciano alle gote
dietro vetri neri nottetempo
le sequoie che nascondo nel ventre oscillano
gracidano le rane oltre lo stagno

La rosa è intatta

Senza perdita di colori e petali
giace ancora con spine sul mio collo

Le bende le ho disfatte come vento d’inverno
fra le siepi
Le ho deposte sul cuore come vento d’inverno
sui pendii

Le regole sono poche e misere
eppure neanche l’aorta che pulsa le sgrana

Chiare
Placide
Indispensabili

Come vento d’inverno t’ammanto d’oblio
Se mai vorrai obliarmi




Federica Galetto

*

Scorrono le cose controvento

SCORRONO LE COSE CONTROVENTO


Scorrono le cose controvento
Abbarbicate alle strade s’arruffano
Gemente un albero le afferra
Diminuite le ali sui fianchi
Errando con gole protese
cessano le verità
Nell’urlo estirpato dei nodi soli
viaggia la memoria alle calde
distese erbose
Rinomina un solco la terra
Neve a venire
Gocce distinte d’olio freddo
sulle anime che perse non sanno
tornare
Rimarrei a pregare nel letto
d’inverno
A trovare parole benedette per
scansare gli aggrotti
di sopracciglia votate al perdono
Nel tendersi del mattino
sperpero ancora baci
Di quelli lasciati una notte
sugli occhi
E sento fuggire le orme
dei giganti
appesi alle finestre chiuse
Chissà se mi ricordi nei sorrisi
Chissà se ancora sai
quanto buona è la mia stoffa
Non ci sono modi per cambiarmi
ma rimango travisata
dai tuoi pugni chiusi
Nella stanza accanto resto sola
Le mani aperte ai tuoi chiodi

Federica Galetto da "Scorrono le cose controvento" - Lietocolle 2010