I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Tramonto su Levanzo
Distante, oltre l'isola scura, fugge dietro una nube orlata di fuoco: è il sole che cede il passo alla notte. Corre incontro ad altri cuori in attesa di luce. S'accende il mare in argento per due minuti. Come un canto al cielo.
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Alla notte
Tra me e l'infinito solo un soffitto su cui batte piano la pioggia. Notte ho bisogno dei tuoi silenzi, quanto i fiori dell'alba e la terra dell'acqua, mentre esausti si arrendono al sonno uomini vuoti. Apro i miei petali e aspetto che colgano lampi di luce.
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Tutto è bello (ogni cosa ha una storia da raccontare)
Il monte staccò un masso, il masso frantumò la pietra, la pietra divenne sasso, il sasso formò la spiaggia, la spiaggia trattenne il mare, il mare creò la conchiglia, e le onde la condussero a me. Io infine scrissi questo per te.
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Alla pioggia
Quando non ci pensavo - improvvisa - una voce di tuono, lunga e lontana, ti ha aperto le porte. Pioggia che pulisci le strade e ristori i campi, lava ti prego anche le mie ferite. Mi espongo nudo alla tua forza, sicuro che ascolterai la mia preghiera.
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Lo spazio del mio respiro
Traettorie solcano il cielo scuro della sera: portati da ali leggere i gabbiani perlustrano lo spazio del mio respiro, e dai monti avanza incurante un maestoso temporale. Si riflette nel mare argenteo una luce d'antica nascita: mi accompagna, al suo scadere, Il giorno.
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Ditemi
Nubi che volate in alto parlatemi Voi che siete estranee alle bassezze umane ditemi Nelle vostre forme mutanti spiegatemi Di chi o di che cosa siete messaggere mentre il vento vi spinge oltre? Vi allontanate silenti e maestose, angeli nei cieli.
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Mascherine
Cosa dicono i tuoi occhi a filo della mascherina? Sala d'attesa Silenzio irreale, palpebre stanche e sguardi in basso. Un piede oscilla una mano sventola e vibra il laccio di una borsa, in attesa di un nome. A posti alternati cerchiamo di scorgere, l'uno nell'altro, cosa è rimasto di noi.
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Qualcosa per te
L'amore ci sfugge di mano come la sabbia del mare. Se solo potessi trattenerne per me un granello, venuto da una roccia nata dalla terra. O due, per fartene dono.
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Eco lontano
Giungerà fino a te, goccia su goccia onda su onda brezza su brezza, il respiro di questo pianeta. Avrà con sé l'eco inestinguibile di una antica voce, dolce e pacata, che parlerà al tuo cuore assetato: "Ti voglio bene".
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Nel cielo
Non mi stanco d'alzar leggera la testa ai gabbiani lontani, alti sulla volta blu graffiata di bianco. La brezza lieve e potente salmastra s'infila, e m'alza a rincorrerli, fino a vedere, finalmente, la piccolezza dell'uomo, e la grandezza del cielo.
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La vetta
Infine è raggiunta la vetta. Su cosa domini ora? Perduta umanità, la tua scalata è cresciuta sugli innocenti: distrutti in guerra dispersi in mare spenti nei letti disfatti dalla droga annichiliti dalla noia adescati per l'altrui gloria. Ti daranno una medaglia al valore, quello che hai dato al denaro, dimenticando che nudi si nasce, e che in questo miracolo non abbiamo avuto parte.
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Questi tuoi pensieri
Galleggi nei tuoi pensieri. Onde, sono come onde che ti rovesciano, questi tuoi pensieri. Correrti dietro, passare avanti fermarti, parlare. La mia logica, cemento contro il vento. Eccomi, e dammi la mano, senza scappare. Chiudere gli occhi: dormire e dimenticare... Per un pò.
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Non crederci
Infine, giorni e attese sottoposi il corpo ubbidiente a mani intruse. Mi hanno bucato scrutato, solo sul duro letto, luci e freddo. Guerrieri dall'elmo di carta mi girano intorno e armeggiano su di me. Così è quando l'onnipotenza sale in te non crederci: dipendi dagli altri e da Dio, infine.
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Lampedusa
Lampedusa Se avessi amato meno la libertà i miei figli li avrei cresciuti in terra d’Africa Se avessi amato meno la pace non l’avrei cercata lontano da casa oltre questo mare Se avessi avuto meno coraggio l’avrei perso del tutto aspettando che qualcosa cambiasse Se avessi avuto qualcuno dalla mia parte avrei conservato la mia dignità la mia dignità Se avessi saputo nuotare ti avrei davvero raggiunta, Europa.
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Ad un passo da noi
Ad un passo da noi bagliori lontani che spezzano la notte come urla disperse nel buio, invocazioni elettromagnetiche.
umido di lacrime foriero di dolore, ambasciatore afflitto da troppi doveri arriva il vento. geme la terra intera e con essa il cielo. nel rombo del tuono appare scompare ritorna e ci perseguita la tragica follia psichedelica di migliaia di voci:
è un grido infinito e ripetuto
ad un passo da noi:
per ci ate est ? Sia ini che noi!
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Poesia per una vecchia acida e grassa
Poesia per una vecchia acida e grassa (Come sono belle le nuvole) Guardale ancora Sospese a metà del cielo Evanescenti e leggere Nostre riflesse esistenze. Guarda le nuvole, Margherita. Corrono immobili tra i lampioni E le facce dei palazzi Tra le cime degli ulivi Scambiandosi il colore con il mare Carezzando la luna. Guarda ancora le nuvole, per un po', Margherita. Ho scelto di rallentare la mia corsa Di assaggiare l'aria Lo stesso vento che le spinge, in alto, Ora soffia qui per me. Guardale ancora, Margherita. E se il tuo cuore è stanco Affida alla prima nuvola Una parola Che si chiama desiderio È un'altra che dice portami! Guarda giù ora, Margherita Alla piccolezza degli uomini Vicini eppur lontani Ricchi ma aridi Poveri di emozioni Alcuni vicini a Dio. Guarda giù Margherita, Alla bellezza del mondo Alla vita che corre Alle stagioni della semina E a quelle della raccolta. Hai visto la gente da una nube? La loro vita è anche la tua E tu, Sei in mezzo a loro. Piccoli, troppo piccoli per contare qualcosa. Preziosi fino all'ultimo per non essere amati. Chi è umile vede tutto dall'alto Abbraccia il mondo e soffre insieme. Innalzerà la sua gioia al cielo. Come sono belle, le nuvole. Stefano Pucciarelli Rossano 20 aprile 2015
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La pioggia neppure lava
Acida la pioggia neppure lava
l’asfalto rosso dell’acciaieria.
Dissolta s‘è la nube soffocante
che l’aria porterà
polmoni ad ammorbare distanti.
Hai chiuso l’occhio tuo padrone?
Così non vedi
l’operaio che muore di tumore
e il bimbo nato maledetto.
Gettali, i tuoi scarichi,
nella fogna della coscienza tua,
fino a quando
non alzerai muto la testa,
corridore fuori tempo al traguardo.
E tutto sarà stato vano ormai,
annullato, tranne il chiodo lacerante
del bene che hai mancato!
(2004)
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Anche solo di un centimetro
Oh, se solo potessi affacciarmi alla vastità dei mari che racchiudono il mondo, e nella massa immobile delle loro profonde acque sia pure l'ultima molecola ne fosse il mio pensiero; se la mia mente cogliesse appena per un istante l’insieme dei silenzi che colmano le valli, e se il coro dei sibili ventosi che sferzano le cime d’ogni altura giungesse da lontano per sfiorare la mia indefinita inquietudine; se la migrazione di un grande stormo libero toccasse la verticale del mio cuore errante con il volo di migliaia d’ali, forse mi alzerei allora anche solo di un centimetro, da questa terra.
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Quando ero bambino
Quando ero bambino
sognavo con i Lego,
costruivo case e macchine.
Perdevo conto del tempo,
e partorivo invenzioni
tutte pezzo per pezzo,
ognuno cercato, scovato
dalla grande scatola
rovesciata sul pavimento.
A volte ne mancava uno,
ma non mi arrendevo.
A volte non c’era del colore giusto,
ce lo infilavo lo stesso.
A volte per completare
ci voleva più tempo,
per finire però alla grande.
A volte disfacevo la cosa a metà,
per ricominciare daccapo.
Io sono rimasto bambino:
la parola sogno
ha cambiato solo quaderno:
la mia guizzante attenzione
mi corre sempre avanti.
Costruisco ancora ogni giorno
una storia con i piccoli pezzi
che trovo sulla strada della vita.
Anche tu non arrenderti mai!
Aggiungi alla tua creazione
la leggera poesia quotidiana
di ogni dono che trovi.
Siamo esseri in trasformazione:
abbiamo bisogno
del sorriso di un bambino,
delle calde parole di un amico
e dell’abbraccio di chi ami,
del volo alto d’un gabbiano
e di una conchiglia,
di una galassia
e di una fresca ombra,
di una preghiera ascoltata
e di uno sguardo lontano…
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Confesso di credere in Dio
Scusami, se chiedo di non girarti, perché voglio parlarti di Dio. Se ti avvicini potremmo guardarci, ciascuno nella sua compiutezza fatta di strade percorse e di traguardi raggiunti: ti faccio i miei complimenti. Ma tu, non sei tu lo stesso che un tempo nascesti inerme da una placenta, dal grembo materno, dal seme di un padre? Qual dono ebbero i due per darti la vita? Tu: inerme e grandioso, poiché saresti divenuto al tuo splendido oggi. O nato dal caso? Figlio di Darwin, quindi non dell’amore. Ti faccio i miei complimenti. Probabilmente ti basti e mi tolleri appena, per il mio puerile, inconcludente candore nel mostrarti un Perché. Ma tu dimmi, quale merito speciale ti rese tale? Dirai: - Ho affrontato la mischia e sono uscito vincente! – Oh si, era tutto codificato (ma lo negheresti) in: “Denaro e Nient’ Altro”. Su chi poggia quindi il tuo piede? Se puoi affrontare i due specchi neri profondi che riempiono il viso di un bimbo cresciuto a Goma, se credi che la vita sia soltanto una gara, e se l’aquilone della tua presunta gioia ha incontrato alisei che lo portano in alto, in solitaria vittoria, allora scusami ancora per la mia debolezza: io ti confesso di credere in Dio. Forse, hai appena condannato il mondo.
23 agosto 2012
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Compagna silenziosa
Queste ondine mattiniere di cielo e sale un po’ disordinate, spiegazzate dall’aria che tira di traverso, scandiscono il piccolo momento che ho preso per me. Mi muovo lento. Il sole basso indugia ancora, e lunga è la mia ombra: compagna silenziosa come un’intenzione, muta effigie di presenza che mi precede, che non mi lascia. Senza di lei potrei non esistere adesso: sarei solo un sussulto o un pensiero errante che si perde inerte nel suono ripetuto e ipnotico dell’acqua.
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Subacqueo solitario
Solitario in mezzo al mare del mattino, con lento e controllato movimento sospinge il sub le grandi pinne di artificiale forgia e muscoloso cuore, silenziosa coda di delfino. Solitario in mezzo al mare del mattino, in un conteggio che soffia di cetaceo alterna il sub i suoi pensieri col respiro, un apprestarsi al tuffo che lui soltanto sente, per incontrare anche oggi il suo destino. Solitario in mezzo al mare del mattino, colmato d’aria il suo torace in un assaggio e spasimo di vita, le pinne al cielo volge e al fondo il busto, per sprofondare nel silenzio del turchino. Solitario in mezzo al mare del mattino, la massa immensa che comprime il sub abbraccia e fende in una prova ch’è amore e insieme sfida di titani, natura e uomo al lor declino. Solitario in mezzo al mare del mattino, di gravità la forza il sub non sente ma la clessidra dei secondi è despota di luce, per cui di tuffo in tuffo, di brama in brama, dall’apnea il risveglio è vita al suo cammino. Solitario in mezzo al mare del mattino, dove il tempo più non conta niente la mente s’incontra con la madre, s’appressa al mondo ch’ella nutre intero, per render dei suoi giorni il peso un pò più fino. (Dicembre2005)
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Senza saperlo
Se osservo un pescatore, solo con la sua canna ferma tesa verso il cielo, e il mare che lo guarda, mi viene di pensare a te. E se una grande luna rossa cammina tra gli ulivi centenari ed io la cerco mentre guido, mi viene di pensare a te. Se allungo il mio scrutare in lontananza, sin dove nel crepuscolo scemano i colli in scuro, mi viene di pensare a te. Se leggo sul giornale di un passo avanti e due indietro sulla tua strada, se intorno a me si muovono a milioni, assorti, distratti, ostili, presi, ognuno col suo mondo chiuso in se, mi viene di pensare a te: Pace, tutti ti cercano, senza conoscerti in molti, senza saperlo. 2/8/2012
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Ode al sassolino di spiaggia
Da quale ignota e fondissima fornace (per il peso tuo leggero nella mano) fosti tratto per fusione, (per le vene congelate del tuo manto) quali forze primordiali della terra (per la pelle che rinnovi nel sentire) ti han condotto fino a me, (per chiunque abbia voglia di giocare) ignorato gioiello della rena, (per il mare che entusiasma i tuoi colori) stupore solido scelto tra milioni, (per la voglia che mi viene di narrarti) come un segreto custodito nella mano, (per gli ingenui sognatori come me) sassolino tondo di battigia? Le sostanze stesse della terra sono chiuse dentro te, (per la forza fantasiosa del creato) sin da quando una antica supernova (per il dono che tu porti fino a me) seminò l’immenso vuoto di elementi. (perché è bello che il pensiero possa andare…) Perché è bello ch’io Lo possa immaginare, compongo questa lode alla materia, alle acque, ai venti scolpitori, ai moti di marea, agli atomi del mondo, all’aria intensa che respiro, e a te, sassolino tondo della spiaggia che adorni la mia mano di fanciullo.
Dicembre 2005
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Cammino col vento
Notte inquieta d’autunno -scorgo bagliori lontani - ed io cammino col vento. Le foglie s’inseguono in cerchio tra lampioni impassibili al mio assorto passaggio. Un’auto, sola, insegue i suoi fari. “Compagno fedele, vuoi scambiare con me un pensiero? “Non son forse io che un istante fugace sul suolo e la terra un granello nel cielo, ed il cielo…! un prodigio nella mano di Dio? “Tu che da lontano vieni, amico saggio, dimmi, son forse solo? E nella notte il vento parlava: “Se sai d’esser nulla fai bene, ma sappi che l’amore anche il nulla vede, ed il Suo - d’amore - è il più grande.
9/11/2010
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Tutti i mari del mondo
Grande mare che guardi a oriente, non ti solcano le navi ma lo stesso sguardo mio, trasognato, muto ed errabondo. Le tue deserte acque di cobalto fecondano il cuore mio d’argilla, col dolce tocco rinnovato di queste liquide carezze alla battigia. L’impronta appena si cancella insieme alla condensa del mio affanno: ed io mi chino, palpando la tua pelle con la mano. Oceani lontani e correnti poderose, da voragini e distanze condotte al loro incontro, da Scilla, Gibilterra o Capo Horn, precisamente non lo so; il riflesso delle aurore boreali, le solenni tempeste, il canto struggente delle megattere, e il salto di milioni di delfini: dalla mia mano tanto ascende in me! Questo chiamalo ora come vuoi, amico mio, suggestione o pathos, miracolo se puoi: misura irrilevante difatti ci appartiene, granelli nell’immenso intorno a noi… Eppure un solo vasto oceano ha trovato posto in me, nel quale si fondono e respirano, s’agitano per poi placarsi, tutti i mari di questo mondo. (Dicembre2005)
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A volte tutto rallenta
Ritmato struggente blues il tuo canto allaga il rione ch’è ancora abbracciato al suo sonno, lambisce il muro di tufo della fiumara.
Il sole licenzia l’aria notturna, caldo stende il suo velo sull’azzurro; una baracca espelle rapida un fumo prevale il viluppo di fichi d’india sulla scarpata di terra annerita: un'agitarsi di immobili pale.
A volte tutto rallenta: mi è dolce l’attesa stamani, ch’è luglio: sono in osmosi con questo minuto frammento di mondo.
(luglio 2012)
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Un lampo in Chiaia
In questo caleidoscopio di Chiaia, di gente distratta e di rumori, di vetrine, fisarmoniche e cani, a cosa stai pensando giovinetta, con la fiaccola spenta in mano, prigioniera sotto un lenzuolo bianco, e bianca la tua faccia stanca, imitando la Statua della Libertà? La tua latta è vuota, chissà da quante ore, e il corpo ti fa male. S’uniscono i tuoi occhi tristi con i miei, per un momento, e il lampo è già passato.
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Poesia per Carmela e Arcangelo
Ho appeso le mie lacrime alle stelle ho gettato mille sassi in un ruscello ho contato le foglie dell'inverno ho spiato in ogni turbine di vento, per tornare a quand'eri con me.
Ho chiesto al sole di baciarmi e alle onde del mare di cullami ai fiori di sorridemi leggeri e agli uccelli di cantar la nostra storia, per sentirti ancora innamorato.
E abbellirò col colore dei tuoi occhi la dolce tristezza dei miei giorni e griderò alle nuvole che t'amo e a Dio che si ricordi ti te, perchè tu sei me.
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San Giacomo D’Acri
In queste valli di Calabria che guardano al Pollino, la campagna si mischia col bosco e la montagna, la gente con la terra, e le case sono semi di famiglie sparpagliate per le strade della vita. I vigneti sono bolli riciclati sulla busta dei declivi; riposa il poeta contadino dal suo dimesso interpretare, alla natura, il ruolo più vicino. Oh, querce dalle foglie gialle continuate a mischiar le vostre tinte di quest’immensa tavolozza coi mandorli, i ciliegi, i peri e i meli e gli alti pioppi che son nello scosceso. Gioisci allegro fumo tollerante, nel giocar col vento fresco dicembrino: se non t’affacci dal camino a disputar le tue curiose giostre, triste sarà la casa e fredda e spoglia. Incontro donne dalle braccia nude e mani esperte, di coltelli armate e di sorriso, affaccendate sul maiale macellato da due giorni, per consentir dell’abbondanza il rito a tutta questa laboriosa gente. Pace al cuore e sostanziosi sonni poi, nel passeggiar per queste valli, con l’amico che ripete i suoi sentieri giovanili, la vecchia scuola elementare di classi cinque in una, senza bagno e presto chiusa; e la sorgente lì vicino che i pioppi in basso annaffia, placando agli uomini una sete non soltanto d’acqua.
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Il Teatro Delle Apparenze
Si avvicinino, signori, e anche voi inquieti giovanotti e signorine belle! Ma dove andate? Smettete di girare: non avete visto che va in scena oggi? “QUI TROVERETE LA FELICITA’!” Cosa sognavate di inseguire, l’aria? Vi siete accodati ai proclami di qualche abbacinato profeta dell’eterno? Agli appelli di un visionario pronto al sacrificio che chiede al mondo di emendarsi dal suo feccioso egoismo? Vi siete fatti sedurre da qualche invasato apostolo della pace, che grida siete tutti fratelli? Che cosa pensate di indagare? Vi han forse detto (ah!) che la felicità già dimora in voi, inconsapevoli? Ascoltate: l’arte e la poesia son fiori che durano un momento, lo spirito è una evanescente lusinga e la coscienza… un oneroso espediente! Solo qui troverete, o erranti, il vostro placido porto e una poltrona per tanto svergognata mollezza. Saziatevi di leggerezza, ubriacatevi di questo fantasmagorico presente, ché i giorni son dannatamente brevi. Non vi offro di trovar voi stessi ma la FE-LI-CI-TA, avete inteso? impacchettata e pronta all’uso, di pronta consumazione. Si avvicinino, signori, e anche voi, inquieti giovanotti esignorine belle! Accostatevi prego, all’ingresso del Teatro Delle Apparenze… E se vi siete chiesti: “Cos’è la vita?” ...ah! non sprecate il vostro breve tempo per pensarci!
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Il cuore di Athanas
Cosa sognava il tuo cuore, Athanas, nei giovani anni dei tuoi lavori forzati, quando vedevi allungarsi il porto a Durazzo? Sognavi di vedere quelle banchine dal mare, il giorno che le avresti lasciate? Figlio senza colpa ti tolsero tutto, solo il tuo cuore ardeva nel gelido campo della diffidenza, dove non spunta il fiore dell’amicizia. Oh sì, quanto avresti desiderato un vero compagno, un amico sincero con cui parlare del tuo sequestrato paese, di poesia, di libertà e di Dio. Solo silenzio e sospetto fiorivano. Tacere e aspettare. Un capo ti riconobbe: - Vai - disse, - la tua istruzione portala in campagna, ma stai attento, maestro… -. Divenisti maestro in agri lontani. E intanto ansimavi per quelle banchine, e per l’Italia, al di là della sponda, dritta davanti alla prua dei tuoi sogni. Scegliesti la strada della dignità, uomo libero in un paese d’oppressi: mai nessuno divenne padrone dei tuoi pensieri. Passasti la vita in composto silenzio, finchè per la figlia in Italia ottenesti un breve permesso. C’incontrammo per caso d’estate, in Calabria, in un estraneo accalcarsi di gente. Predicavo laBibbia ai turisti, e i tuoi occhi s’accesero: volevi ascoltare, volevi parlare, volevi imparare, desideravi amicizia, volevi amare con l’amore dei veri amici, prima di morire. E fummo amici, per un breve e intenso frammento di tempo: Athanas l’albanese di sessant’anni, e il suo amico italiano che gli parla di Dio. Athanas amico mio, che dovevi venire in Italia per curare quel tuo coraggioso cuore malato. In corsa dietro al treno del tempo, quel cinico tempo che non t’aspettava più. Leggi e corruzione a volte son nemiche della brava gente. Quanto furono fredde amico mio quelle notti, aspettando sui gradini dell’ambasciata Italiana il tuo umile e disperato turno? E il tuo dolce cuore, non ardeva di dolore e comunque d’amore per quelle banchine che avresti tra poco lasciato? L’amore e il sogno ti tennero in vita, compagno mio, che volevi conoscere Dio. Non ci sono sogni impossibili nel cuore degli uomini giusti. La prua dei tuoi sogni infine salpò, per quella breve, immensa traversata di mare e di vita: mare blu, sangue rosso e cuore debole di Athanas, desiderio vivo. Sarei partito amico mio, per venire a trovarti, per stare ancora insieme, dopo le telefonate. E una telefonata ci fu, ancora, ma non eri tu, e troppo lontana Livorno da Brindisi. Forse fu l’emozione o l’attesa, la gioia o l’intenso ardore: ma giunse la nave all’approdo e con essa anche il tuo umile cuore terminò il suo stanco durare: solo poche ore ti rimasero allora per sognare, per abbracciare la libertà e per sussurrare alla fine: “Chiamate il mio amico…”.
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Ultime luci
L’oriente spinge la sua notte avanti là dove un cielo spento si fonde con il mare; si scioglie verso l’ovest un manto scuro d’acque, le bianche frange sulle sponde: anche per l’onde greche è l’ora di calare. Volgendo dove il sole imbuca nella terra, di là dai corni e le vallate del Pollino, s’oppone e smorza lento la sua luce il giorno che di spalle s’allontana quieto: per poco il mare che lo segue sarà acceso. Le luci della costa guizzano tremanti nel diafano sfiatare della terra; atterrano gli ultimi gabbiani le barche son tirate a secco, l’incendio ch’è lontano sarà spento. I cani han smesso d’inseguir le moto, s’adagia nel silenzio della vita il corso e di chi guarda ogni pensier è assorto al vespro: sale nel petto una calma tra i viventi.
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