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Raccolta di poesie di Quin
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Cassandra

CASSANDRA

 

In una lunga spiaggia tropicale

dove ogni cosa è cielo e orizzonte

e il sole scomparso di fronte

sposta nel buio lontano ogni male

 

inghiottito dalle ombre allungate

di antiche palme forti e contorte

si quieta il gioco alterno della sorte

e conta poco che non sia più estate;

 

la sabbia fredda ondulata a distesa

accoglie i tuoi piedi e li confonde

con un sommesso mormorio d’intesa

che echeggia il fruscio delle onde.

 

Ed è quaggiù che si placa la rabbia

di tutti i vecchi lutti e la follia,

adesso in pace aspetti una morte

che verrà in volo per portarti via.

                                               QuinApr24

 

*

Ma allora?

MA ALLORA?

 

Lo inventavamo il tempo

per essere amanti

stretti nel nostro letto.

Adesso lo fuggiamo

ché tutto è stato detto

e solo ripetiamo

parole discordanti

come in un precipizio

fatto di rabbia e noia.

  

Eppure ecco la gioia

col morbido tepore

del vento a primavera:

cambia il tempo il colore

e non sai se stasera

sia la fine o l’inizio

di un vecchio nuovo amore.

 

Ma allora cos’è questo,

ti sorprendi a pensare,

forse solo e presto

sta scemando il dolore.

                              QuinApr24

*

Arabesque à terre/arabesque en l’air

ARABESQUE À TERRE/ARABESQUE EN L’AIR

 

Un caterpillar fatto col meccano,

sposta la terra ma non va lontano,

e non sarà la luna che ha di fronte

a liberare un Sisifo arrancante,

che si crede regista e è un burattino.

 

Forse è la vita questa ignoranza

di sguardi miopi a generare un mondo

che nasce e muore nel buio profondo

con noi turisti confusi in vacanza.

 

Il tempo passa solo qui vicino

sfocato dalla nostra miopia

ma se è pur vero che tutto va via

dopo un momento di caldo bagliore,

solo cogliamo di tutta la danza

due figure: morte e amore.

                                    QuinMar24

*

Davvero credi?

DAVVERO CREDI? 


Davvero credi che esista l’amore?
Non t’ingannare, o almeno lascia andare
questo tuo solo usare le parole:
se ciò che dici amore è il desiderio,
è allora una battaglia di potere
di cui non sei che una pedina, un pezzo,
che qualcun altro manovra a piacere.

O forse invece è un sacrifizio, un esercizio
coraggioso e testardo della mente,
che sola va di contro a ciò che sente,
e fuor di sé trova altrove il suo scopo
fosse pure asservito,
a un potere più alto non interno,
che propone l’inferno,
e il paradiso dopo, solo dopo.

Lasciare andare o avere ciò che viene,
tenendo il desiderio che ti tiene
e con antica, faticata arte,
essere poi chi c’è dall’altra parte.

                                             QuinMar24

*

Luci e futuro

LUCI E FUTURO

 

Si sta così, come in un luogo incerto,

spiazzo deserto che costeggia un muro,

e ci si incontra per caso cercando,

un poco rincuorandosi cantando

ché la strada chissà dove conduce.

E chi ti offre un po' di futuro

aiuterai a accendere una luce.

                                        QuinFeb2024

*

La volpe e il lepre

LA VOLPE E IL LEPRE

 

 

La casa è sempre qui davanti agli occhi

cose che accadono e volti e colori

tutti a invecchiare, ognuno i suoi errori

che non conosci se non quando li tocchi.

 

E non sei solo, non lo sei mai stato,

non è mai stata tua la tua paura

e se la vita ti è sembrata oscura

è il mondo che era poco illuminato.

 

Ma tu che vai, ma tu stavolta resta

e piuttosto che andare fai ritorno

cambiando il senso a questo corto giorno

 

ché a inventarla c’è ancora un po’ di festa

fatta di pelli e mani e con la testa

persa a tracciare un futuro unicorno.

                                                           QuinFeb24

 

(grazie a “Futuro” di N. Alderman, per la volpe e il lepre, anche se quest’ultimo per lei è un coniglio)

*

Pubblicità

PUBBLICITA’

 

Quando saremo solamente immagini             

grida ridotte a linee su uno schermo,             

parole e suoni, mentre il corpo infermo                      

sarà una storia tutta trapassata                   

come un ricordo delle prime stragi,                

tu ci sarai, entrambi ci saremo                       

recuperando un vecchio clichè

che si fa sangue in un presente estremo                   

di ciò che ero e di ciò che sei stata                 

io per te e tu per me.

                                                QuinGen24

*

Noi due viventi

NOI DUE, VIVENTI

 

Passa il calore da un corpo caldo

a un corpo freddo e fra i due elementi

si forma e tende la sua freccia il tempo

per noi di attimi, di anni, di ore.

Il mio calore è fatto dal tuo tempo

e il mio tempo dal tuo calore.

Calore del mio corpo e del tuo corpo,

nel mondo noi, così improbabilmente,

nel nostro tempo, noi due, viventi.

                                               QuinGen24

*

La piazza

LA PIAZZA

 

Straniera, te che vieni da distante                              

vorrei condurre in un luogo che ignoro,

una piazza senza nome, vicina.

È una piazza qualsiasi fra le tante

dove di tra le pietre mal commesse

spuntano ciuffi di erba canina

e le parole, sempre le stesse,

restano in cocci sparpagliate a terra.

 

Le facciate all’intorno sopra i portici

sono soltanto la forma che resta

di un disperante mondo interpretato:

linee ordinate su aurei rapporti

come in un racconto del passato,

su una struttura ch’è di cartapesta.

 

L’aria riporta un odore ferroso

quello di un sangue spesso e copioso;

uccelli neri in sporadico volo

tagliano un cielo colore del cloro;

in giro gatti, non cani al guinzaglio,

nemmeno uno, neanche per sbaglio.

 

Qui giocheremo, non io da solo,

per una volta sul serio alla guerra.

                                      QuinGen24

*

Il vento

IL VENTO

 

Impari o solitudine o calore

solo per quale vento ha spirato,

quello del sud che il muro ha riscaldato

o il boreale che lo ha congelato:

vento di mare o vento di terra,

di pace in corsa o di nascosta guerra.

 

E saprai solo l’una o l’altra cosa,

onde affilate in cerca di un approdo

o sopravvivere, tu, in qualche modo;

sempre a cercare, sempre a incontrare

oppure sempre alla fine restare.

 

Ma quel tepore ti mancherà dentro

come un ricordo inscritto nel tuo centro,

così quel freddo che celi all’interno

ti porterà da sola nell’inverno.

 

Poi con i giorni tutto sarà lento

calore o gelo saranno sfumati

e mentre conterai i giorni passati

ti accorgerai che eri tu quel vento.

                                         QuinGen24

 

*

Un vestito da sposa

UN VESTITO DA SPOSA

 

Una mente, la notte,

con il buio che inghiotte,

ma è lo stesso che c’era

prima di quel mattino

e ritorna la sera.

Però il giorno è un bambino,

non diventa mai grande,

mentre il buio si espande,

come quando la festa

lentamente finisce

e la gente lo sa, lo capisce.

E la festa è finita,

dietro a porte richiuse

contro il vento di fuori,

le stoviglie confuse,

appassiscono i fiori:

è la solita vita.

Solo resta qualcosa,

una musica in testa,

un vestito da sposa,

e una faccia,

un viso,

una frase sfuggita,

un sorriso accogliente,

che ti cambia la vita

lungo tutta una notte,

lo ritrovi al mattino

che ti rigira intorno:

ricomincia il tuo giorno.

                          QuinDic23

*

Il ballo, i cani e la luna

IL BALLO, I CANI E LA LUNA

 

È un ballo. E lo balliamo tutti quanti,

chi con scomposta grazia

chi con ostentazione,

chi al centro della sala

chi osccillando da solo  in un canto

Via via cambia la musica

e il ritmo si fa lento

e cambia il compagno

o anche solo chi ti sta davanti.

 

 

Cani siamo,

solo con un padrone esistiamo

e altrimenti ritorniamo lupi

per scelta o colpe dal passato,

liberi per la morte e insieme cupi

lungo un sentiero via via più stanco

ormai isolati dal resto del branco

e la vita non ha significato,

forse una coda sfuggente di volpe.

 

 

Ci siamo, un giorno, intravisti in un volto

Che poi col tempo ci è stato tolto

E invano lo cerchiamo

Noi che altro non siamo

Lune perse in un secchio

Specchio di uno specchio.

                                   QuinNov23

*

Addio ad Afrodite

ADDIO AD AFRODITE

 

Questa città in cui vago è straniera:

se anche era mia negli anni passati

oggi mi sfuggono i codici e i dati,

ci vivo mendicando e mi vergogno,

come di un pube diradato e spoglio

che misconosco e poco e male voglio,

mentre trascino aspettando la sera.

 

È bella Afrodite e leggera,

la pelle scura dai toni sfumati,

crespi i capelli e, sul collo, intrecciati,

i gesti ingenui intanto che si avvera

come un albero snello e vitale,

compiutamente presente e reale,

in un’immagine simile a un sogno.

 

Non però un sogno del mio futuro,

solo un ricordo di quello che è stato,

un mondo irrimediabilmente andato,

dove cercava risposte un bisogno

che oggi a trovarle non saprebbe usare

perché non ha in sé nulla da dare,

ora che via gli svanisce il futuro.

 

Non ho più i mezzi per desiderarla:

mi arriva la sua voce, è a me che parla,

ma manca in me una risposta da dare.

 

Se la sua pelle ha bagliori di perla,

sciolta nell’acido non posso berla,

lei così viva, in me è morto il mare.

                                                 QuinSett23

 

 

*

La bolla d’aria

LA BOLLA D’ARIA

 

Mi hai sorriso quel giorno e il mondo                      

ci ha confinati in una bolla d’aria,                 

la gente intorno sfocata e di sfondo,            

rimasta chiusa fuori e solitaria                       

flusso di voci e colori distante.                      

 

Non so se pure tu hai avvertito                                            

acuto e solo nostro quel presente,               

in quello spazio a due totalizzante,               

se come me per un po’ hai inseguito           

il tuo sguardo sempre indeciso                    

 

fra labbra e occhi, fra sguardo e sorriso.

Non so nemmeno qual era il mio viso

davanti al tuo, che cosa vedevi,

 

so solamente che tu sorridevi.

E in quello spazio e in quell’istante

ero, esistevo, visto che esistevi.

                                              QuinSett23

*

Insieme

INSIEME

 

Tenere insieme amori diversi,

un giorno lo saprò se si può fare. 

Però non c'è un altro modo di amare,

per noi almeno: incontrarsi e lasciarsi, 

lasciarsi stare lasciandosi andare,

sudati i corpi, lucide le menti,

l'anima salda di pelli aderenti.

 

Sono infiniti amori differenti:

l'amore soltanto fra i belli 

l'amore che si scorda e si perdona,

l'amore che progetta sul suo vuoto,

l'amore che si usa per fuggire

da un vecchio amore che non vuol morire;

l'amore che si strugge per l'ignoto,

l'amore che di rado si abbandona,

l'amore che si strappa i capelli;

e poi l'amore che si rassicura

soltanto quando l'altro ha paura.

L'amore che fa a meno di tutto

in una vita listata a lutto,

l'amore che rinuncia a far l'amore

perché il sesso lo annoia e gli fa orrore,

l'amore che fra regole e certezza

ha scordato cos'è la tenerezza;

l'amore che si nutre di distanza 

e quello che svanisce in lontananza,

l'amore che diventa a una parola

buona per tutto e razzola e non vola;

l'amore di una volpe con la rabbia,

come fra i denti un pugno di sabbia,

e quello di una volpe addormentata,

dolce come una birra gelata.

 

E poi i nostri amori, il tuo e il mio

ricamati da antiche cicatrici

e condannati a essere infelici

da un vecchio, morto e invidioso dio.

 

Restano solo fili di speranza

a far da rete alla morte, intrecciati,

tutte le volte che sono allacciati

due corpi nudi al centro di una stanza.

                                         QuinSkalabayAug23

 

 

 

 

 

*

Distante

DISTANTE

 

Ti sto dimenticando,

sei già dimenticata,

il tuo è solo un nome 

di un'epoca studiata

a scuola di sfuggita:

battaglie senza gloria 

che non sono la vita 

e non fanno la storia.

 

Pure mi chiedo come,

come'eri e io chi ero

e perché mi mancassi

quando c'eri e io c'ero.

 

So soltanto che adesso

che dalla mia memoria

la tua pelle è svanita

e il viso inconsistente,

il mio corpo è una scoria

di un'inutile mente,

la mia pelle è gelata:

io non sono più niente.

                            QuinPaxiAgo23

 

*

La frusta

LA FRUSTA

 

"Se quella a cui voglio bene sta bene 

se anche non è con me sto bene anch'io "

delicata saggezza che ha il sapore

di un pane caldo, solo un po' stantio,

che compartiscono anziane suore.

 

Pure, forse quel bene a noi viene 

da quel dio che antitetico consola

un pensiero che  non sa di se stesso

se non che muore e un'altra cosa sola:

di avere i sogni stretti nell'adesso.

 

Alla fine è una scelta finita

non priva in ogni caso di dolore

se irrigidirsi o inventarsi una danza

nella caduta che ti porta via.

 

L'anima è saggia, ignora la distanza,

guardando oltre trascende una vita

che alla morte o a un dio è subalterna.

 

Il corpo muore nella nostalgia

di un altro corpo con il suo calore

e preferisce la vita a quella eterna.

                                      QuinFregAgo23

 

"Vai dalle donne? Non scordar la frusta!" F. Nietzche

"Bene se ti sta bene sta bene pure a me" Rosalba Pippa (in arte Arisa)

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Sonno

SONNO

 

Oh se solo dormisse la mia mente:

sarebbe il corpo tuo l’eden perduto

e io un angelo non più caduto,

presso di lui, luminoso e accogliente.

 

Oh se solo dormisse la tua mente:

sepolte lì le scorie del passato

tutto verrebbe nuovo e inventato,

anche il dolore isolato al presente.

 

Invece in questa sordida boscaglia

in cui vaghiamo come prigionieri

ogni rovo da dietro ti attanaglia

 

con spine non di oggi ma di ieri,

ché la mente ricorda e su noi sbaglia,

ché insieme siamo nuovi, e passeggeri.

                                                     QuinAgo23

*

Celine se te ne vai

CELINE SE TE NE VAI

 

Celine se te ne vai

sappi che in questo posto

nessuno resta molto:

proprio il tempo che hai

ha un valore che è un costo

quando ti viene tolto.

 

Non so se hai mai avuto

un'idea di futuro,

se la tua vita e stata 

eccitante o noiosa;

se il tempo lo subivi

o anche lo immaginavi

e se quando aspettavi

sapevi anche che cosa.

 

Forse la tua esistenza

è stata una teoria

di giorni contingenti

venuti e andati via

fra piaceri presenti

e brusca sofferenza,

 

ma se il tuo viaggio è stato

trascorrere ogni ora,

già meno mi addolora

l'oggi in cui ti ha portato.

 

Ché vivere è una festa

anche senza uno scopo,

e solo a chi sublima

l'adesso per il dopo

la morte è un male prima.

Poi lo è solo a chi resta.

                            QuinxCelineLug23

 

 

*

Uffa!

UFFA!

 

La gente si stufa di me, anch’io

sempre di più ne ho abbastanza:

la vita non è piacere a oltranza

ma questo l’ha scoperto pure Dio.

 

Perché ogni libro termina alla fine:

quando va via l’ultimo personaggio

sparisce insieme il senso del viaggio

su un foglio bianco che segna il confine.

 

E neanche spero un eterno ritorno,

sole e poi pioggia dopo il temporale,

vivere è raro come un unicorno,

 

è un lampo, un mito, quasi irreale.

C’è giusto il tempo di guardarsi intorno

e buttar giù due versi da animale.

                                          QuinPeschGiu23

*

Navi nella notte

NAVI NELLA NOTTE

 

Ero certo che ti avrei incontrata

al largo, navigando in piena notte,

come a volte su inusitate rotte

una lontana luce affiorata

 

dall’orizzonte ti lascia sperare

in un faro, la terra, infine un porto.

Ma poi ti accorgi che hai avuto torto,

che è solo un altro in viaggio nel mare.

 

La radio sul canale convenuto,

viri di bordo, cerchi di accostare,

mica per altro, solo, è un aiuto

essere in due, la notte, a navigare.

 

E invece no, la luce è già sparita,

non ti hanno visto, il buio è troppo spesso.

Solitaria la notte è infinita,

riprendi la tua rotta, fa lo stesso. 

                              Per Gioia, a mo’ di saluto Qmag 15

 

*

Il dono della nebbia »
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*

Amare

AMARE

 

Amare controvoglia, amare di traverso                       

senza lasciarsi andare, non varcando la soglia,       

sempre un po’ a malincuore, coi soldi e non col seme,

visto che a quanto pare non c’è proprio altro verso  

e poi che non esiste nient’altro che ti preme.           

 

Amare di nascosto, tacendolo a noi stessi               

per evitare il costo, che lo paghino i fessi;               

gonfiarsi di parole studiandone l’effetto,                  

lesinare l’affetto come fosse follia;                                                       

cercare compagnia rimanendo distante                   

pensare ad ogni istante che ogni sogno va via.        

 

Però comunque amare, amare con la pelle,             

perdendoci la testa, ignorando le stelle.                   

Sapere che una rosa è soprattutto spine                                                      

oltre a un po’ di colore e una lieve fragranza:                       

se la devi pagare, è inutile e costosa                       

ma scopri che alla fine, alla lunga distanza,             

fra piacere e dolore, è tutto ciò che resta.                

                                                              QuinGiu23

*

Polemologia

POLEMOLOGIA

 

Sempre la voce sovrasta una voce,

tagliente impone una sua ragione,

battendo il vecchio chiodo di una croce.

Solo il silenzio ascolta e non si oppone,

perchè in silenzio i corpi sono nudi.

Fraintende tutto il mondo, anche il silenzio

e a volte lo risolve in solitudine:

ti escludi allora inebriato d’assenzio

poi il tempo passa e di nuovo t'illudi.

                                             QuinMag24

*

La valle

LA VALLE

 

C’è un tempo, è quasi un luogo, una valle,
tanto si estende dietro alle mie spalle,
passato il quale il futuro manca
mentre tutto quello ch’è nuovo mi stanca
come se fosse troppo caro il costo,
o non avessi soldi da sprecare.

Cosa ci fai tu con me in questo posto,
la stanza semibuia, un solo un ingresso
- o è l’uscita - e una sola finestra
da cui si coglie a malapena il mare
e, quasi spento, un canto d’orchestra?

Cosa ci fai tu qui, cosa ti muove,
e poi rimani e non te ne vai via?
Perchè sei qui con me e non altrove?
Che cosa cerchi, un po’ di compagnia?

                                                QuinApr23

 

*

L’arancia

L’ARANCIA

 

Che sia lei a cercare il piacere,

con forze fresche e il suo nuovo potere,

lei a trovarlo!

Da troppi anni vivo questo sole,

distinguo ormai la vita e le parole:

a lei il miele insperato e il mal di pancia

io mi accontento e giuro che so farlo,

di spremere limone da un’arancia.

                                                         QuinApr23

*

La danza

LA DANZA

 

Sommano gli anni,

crescere è invecchiare,

il desiderio impara a esitare.

Un po’ alla volta ti trovi a capire

che ogni età ha il suo di desiderio

e che va posta, ed è nuovo il criterio,

come una resistenza a te e all’altro,

innaturale, un breve intervallo,

controintuitivo filtro di pazienza,

una sofferta e strana indifferenza

che allunga il tempo, lo fa rallentare.

 

E' un po' più vivere e meno subire,

scoprendo piano i passi di un ballo

in cui conduci e ti lasci portare.

                                          QuinFeb23

 

*

Non c’è’ alcuna fretta

NON C’È ALCUNA FRETTA
 
Nato in un giorno di pioggia,
nata in un giorno di sole,
non cambieranno nulla
tante nostre parole:
da lì tu sei chi sei,
da lì sono chi sono,
non sapremo cercare
che ciò che è conosciuto,
ma non si perderà 
che ciò che non si è avuto.
 
E sarà pioggia a volte
e a volte solo sole.
                     QuinxGioia26Gen23

*

Uomo a mare

UOMO A MARE

 

Un corpo si squilibra e cade in mare

e tutto è lento però in un istante

è già subito piccolo e distante,

la prua va al vento ma è duro virare.

 

Gli occhi non sono più quelli di allora

vedono meglio il dentro che il fuori,

forse il passato aveva più colori,

o è lo sguardo che oggi li ignora.

 

Eppure mi ricordo sulle carte

rotte tracciate ma già immaginate

che dall’inverno andavano all’estate,

l’ansia di chi trova una méta e parte.

 

Era tepore ciò che cercavamo,

quello che a volte incontri all’esterno

e insperato ravviva il fuoco interno,

come la brace si arrampica su un ramo.

 

Ti vedo andare, andare, andare,

non so chi sei nell’onda increspata,

quasi mi chiedo se mai ci sei stata

su questa barca con me a navigare.

 

Spalle alle sartie, dritto in mezzo al ponte,

cerco di decifrare l’orizzonte,

ma intorno a me non vedo altro che mare.

                                                 QuinGen23

*

La festa del villaggio

LA FESTA DEL VILLAGGIO

 

Persone sole e coppie e capannelli,

la piazza un segno, un sogno, un’attrazione

un tempo altro di distrazione

dal proprio giorno, dai propri fardelli.

 

Srotola il Mago i suoi trucchi ad effetto

qualcuno lo ricorda ed è perfetto

altri li sbaglia e lo fa goffamente

ma non ci fa troppo caso la gente.

 

La Strega è un’infermiera praticona

se pure non guarisce i suoi pazienti,

fanno la fila e vanno via contenti,

non è cattiva, non è neanche buona.

 

Ha una sua palla di vetro la Strega

in cui ha letto il proprio destino,

nessuno è ammesso a andarci vicino

lei sola legge la sorte e la spiega.

 

È un’arte appresa la magia del Mago

fatta di un lento sforzo quotidiano,

si lascia a volte prendere la mano,

evoca un angelo e gli appare un drago.

 

Capelli svigoriti e seno fiacco,

la Strega cura ormai solo se stessa,

ogni cliente per lei è una scommessa,

che termina al momento dell’incasso.

 

Il Mago è un uomo strano, elementare,

il pubblico per lui son solo visi

di donne giovani e aperti sorrisi

e gli dispiace vederli invecchiare.

 

La Strega è una donna non da poco

sa bene che la vita non è un gioco

e che bisogna tenerla a bada

ad evitare che il peggio accada.

 

È ingenuo il mago e conserva una fede:

che se la vita è una breve illusione

può farsi viva ogni sua finzione.

E chi segue i suoi incanti un po’ ci crede.

 

La Strega è stanca, ha vissuto tanto,

se ha dei poteri, le manca la forza,

ma la sua pelle è una dura scorza,

pronta per la realtà, non per l’incanto.

 

Gente griffata con abiti scadenti

vecchie ricurve appese a cagnolini

ma anche molte mamme con bambini

tutti a inseguire il gioco dei momenti.

 

E' il mio popolo questo, la mia gente

figlia di tempi mai stati migliori

semi rugosi hanno figliato i fiori

di una ricchezza ch’è in realtà indigente.

 

Da chi andrà questa folla nella fiera,

quell’uomo vecchio e poco intelligente,

quella ragazza ancora adolescente,

per leggere il futuro, qui, stasera?

 

Il Giullare si agita e si sbraccia

ma non gl’importa che alla gente piaccia,

coi campanelli scuote la testa,

sembra che dica: “E' qui da me la festa.”

                                                         QuinGen23

 

*

Volo di notte

VOLO DI NOTTE

 

È certamente un volo notturno,

giù in basso luci ammassate fra loro

vasti sparpagli di monete d’oro,

più in alto un debole chiarore diurno.

 

Fatichi sempre a pensare che siano

un'altra volta paesi, persone,

e non è certo la prima occasione

in cui li guardi con malinconia.

 

Ma il buio sale e un nuvolame

grigio, ormai nero, offusca la visuale.

Grotta affollata, volte da ospedale,

lo sguardo torna all’interno: al reame

 

di volti e nuche immobilizzati

di voci scarse, sussurrate e stanche

luci gelate, fiaccamente bianche,

sopra sedili male illuminati.

 

Cercala tu quando ti servirà.

Mostra di dare anche se prenderai.

Spremi da lei quello che non ha.

Non salutare quando te ne vai.

                                      Quin31Dic22

 

*

Mare

MARE

(ennesima)

 

Sì, questo, nonostante

ciò che dentro uno sente

e le luci e la gente,

è certamente mare.

 

Liscio che sembra niente

E spesso fragoroso,

ma più pericoloso

quando diventa ghiaccio.

 

E dunque c’è bisogno

per vivere oggi stesso,

di immaginare adesso,

un approdo e un abbraccio.

                                 QuindaFrandic22

*

Metropolitana

METROPOLITANA

(dove ho ceduto il mio posto a L. Cohen)

 

Ogni favola ha dietro,

una storia nascosta,

un'ipotesi folle, un postulato,

che ipoteca il futuro dal passato:

che l'altro non sia altro,

che il desiderio abbia una risposta. 

 

Come cristalli di neve dietro a un vetro

viviamo di espedienti,

di una realtà inventata

che la realtà tritura sotto i denti

mentre ne è trasformata.

                              QuinLndnDic22

 

*

Fortuna

FORTUNA

 

Da sempre sono stato un uomo fortunato:

con anima leggera

(altri, non io, dirà superficiale)

son sempre stato in grado di evitare

di farmi troppo male

col rimaner da solo, senza neanche un amore

al calar della sera.

Specialmente l’autunno, stagione intransigente

per via che non si è ancora abituato

il corpo a fare a meno della luce del giorno,

del brusio della gente

e del calore intorno che fino a ieri c’era.

Mi chiedo finalmente,

in questo inverno del nostro scontento,

col freddo giù alle ossa e il buio avanti agli occhi

senza nessuno accanto che mi tocchi

e si faccia toccare e non per gioco,

(ma il mio non è, o un poco sì, un lamento)

se evitando la sera non mi sia sfuggita

la verità più vera di questa nostra vita.

                                                               QuinNov22

 

*

Mala tempora currunt

MALA TEMPORA CURRUNT

       (sed peiora parantur)

 

È una temperie strana e confusa:

più non distinguo il pieno dal vuoto

e se sia buono il primo o il secondo.

 

Se l’esperienza è maestra di vita,

non so più chi ha ragione e chi torto,

fra la valle di lacrime e il dono,

 

fra chi per quieto vivere è già morto

e chi si oppone ad ogni abbandono,

fra chi guarda la luna e chi le dita.

 

Vivo aspettando che accada qualcosa

una scintilla, un sogno dall’ignoto,

ma intanto muoio mentre giro in tondo.

                                                               QuinNov22

*

Isles du vent

ISLES DU VENT

 

Nasci ed è con te che nasce il mondo

Qualcosa è vivo, solo questo sai

Dritta è la via ma intanto giri in tondo

Dal centro muovi i primi passi e vai

Tutto è nuovo, tutto è appetibile

Tahiti è là, potente e invincibile.

 

Distingui il mondo in questo e quello

Lo assaggi per tentativi ed errori

Chiami “male” il dolore, il bene “bello”

Incerto dentro dubiti del fuori.

Trovi un nome per l’indescrivibile

Tahiti pare forse il più plausibile.

 

I piedi in terra e la testa più in alto

Scopri il potere dell’essere vivo

Ciano il cielo il mare cobalto

Gialla la sabbia e tu argento vivo

Solo una cosa è certa e intellegibile:

Tahiti dovrà essere accessibile.

 

Ma sei un ponte di antichi sassi

E il tuo saltare al di là è incerto

Come completerai dei nuovi passi

Se il fuoco del tuo sguardo non è aperto?

Sugli occhi hai un velo impercettibile:

Così nascosta Tahiti è invisibile

 

La varietà dei fatti dà calore

Al tuo sentirti singolare al mondo

Guitto tra i tanti o tu lo spettatore?

Fra il tuo canto e l’orchestra in sottofondo

Oscilli eppure resti impassibile:

Tahiti è così tanto imprevedibile?

 

Nell’aria sono odori inusitati

Che vengono da un tempo in cui non eri

Sganciano molle che fino a ieri

Erano solo cavi non tesati.

Sei afflitto da un male inguaribile

Tahiti è splendida, e terribile.

 

Il tempo curva, il tempo t’innamora

Come una corda ti piega e ti annoda

Non scorderai facilmente quest’ora

Non c’è una fibra che non soffra e goda.

Accade a te, sembra incredibile:

Tahiti non sarà condivisibile?

 

Hanno il sapore dei sogni più strani

Il corpo che sorpassa ogni antefatto

I giochi degli sguardi e delle mani

Del gusto, della vista, dell’olfatto,

Ma lo sapevi, era concepibile:

Tahiti, è il comburente e il combustibile

 

Nemmeno cosa fosse ti chiedevi 

Se Siano linee dritte oppure cosa

Come lungo un’iperbole correvi,

Che fosse una parabola insidiosa

Soltanto poi ti è stato comprensibile:

Tahiti a volte sembra irraggiungibile.

 

Un nome vivo, un infausto accidente

Ma se l’eclissi sa il sole cancellare

Un’acqua limacciosa e opalescente

Non può in alcun modo intorbidare

Un mare dal calore percepibile:

Però Tahiti è ancora vivibile?

 

Non più che simulacri d’indigenza

Inferni o paradisi da riempire

Quelle parole: “intimità”, “accoglienza”

Che il vivere nel tempo sa sfoltire:

Alla mente comunque inattingibile

Solo col corpo Tahiti è conoscibile

 

Mentre la notte diventa infinita

Fra lampi bui di un tempo svuotato

Che ti ha scacciato al bordo della vita

Solo a guardare il presente da un lato

Come un attrezzo inusato e inservibile,

Oggi per te Tahiti è inagibile?

 

L’avevi letto in letteratura

O a colori sul bianco di schermi

Sapevi già che nessun sogno dura

E che non era un gioco per inermi

Cerchi una terra ancora percorribile

Ma Tahiti non è sostituibile

 

E ti racconti favole da poco

Melodrammi che incantano gli sciocchi,

Quasi una fede, molto più che un gioco

Qualcosa che non vedi e che non tocchi

Però lo sai – è un fatto imprescindibile

Che a Tahiti il mare è inesauribile

 

Il viaggio è lungo da Thule lontana

Il mare è un male per generazioni

Ma issati sulla coffa di mezzana

Gridiamo: “Terra” cantando canzoni

Se il nome vero è per ora indicibile

Tahiti ha un profilo inconfondibile

 

Che se è violenta ogni dittatura

E lascia segni che non vanno via

E l’euforia è contronatura

E la pace un istante di follia

Non c’è ferita che sia inguaribile

E Tahiti in questo è infallibile

 

Anche il calore è un fatto volontario

Dimentichi chi sei, e sai che siamo

Anche se tutto ti dice il contrario,

Come le gocce, a volte ci fondiamo

In un composto pur sempre scindibile:

Tahiti è qui, la senti è percepibile.

 

Nel caos che muove la materia inerte

Ogni bisogno è voglia ed espediente

Forme serrate diventano aperte

Ma mentre il nuovo muore e il vecchio è niente

Ci sono istanti di vita avvertibile

In cui Tahiti diventa possibile.

                                            QuinNov22

(Thanks, from mind and soul, to V. Woolf, for her “Tahiti becomes possible.” The waves. 1931)

*

La sorte degli animali

LA SORTE DEGLI ANIMALI

 

Bestie lì a dilaniarsi in un baleno,

i succhi di una linfa per un’altra,

non vince la più forte o la più scaltra

ma quella a cui la vita ha dato meno

 

e lotta perché a lei è stata tolta,

per conservare il nulla avuto in sorte

bruciandolo nell’ansia di una morte.

La bestia vinta, la vita stravolta,

 

ricorda ciò che aveva e ciò che era

e a un’altra che ricorda lo offre in dono,

una speranza, una muta preghiera.

 

Non c’è un Dio che risponde, non un tuono,

mentre veloce arriva la sera,

solo i sussurri di due che ora sono.

                                                    QuinOtt22

*

Femminile

FEMMINILE

 

Puzzle non terminato

dato a un adolescente

si scinde il femminile,                                                               

in tante, troppe parti,

qualcuna inconsistente

ma altre molto piene,                                                                  

e ognuna ha il suo momento                      

a cui forse appartiene.

 

Una sta in un futuro                                      

che già invade il presente                                            

col suo corpo inarcato                                  

e come appena schiuso;                               

un’altra è quasi assente                                  

appartiene al passato,                                                  

consunta ormai dall’uso                                              

giusto un poco ti tiene                                                                                   

ma fatichi a slegarti,                                        

per quanto sia impuro,                                                                                  

dal laccio che ti stringe.

                                   

Una non ha più voglie,                                  

o forse non le prova;                                     

questa ti cura e accoglie                                

con delicato ardore                                                  

e poi ti fa l’amore

con santo godimento;                                                  

quella è del tutto nuova                                    

e l’hai solo intravista,                                      

quest’altra ti respinge                                                        

perché ha troppo sofferto,                           

una ti ha molto amato                                  

e ti ha dimenticato. 

                                  

Come un equilibrista                                                    

giullaresco e servile,                                     

terribilmente incerto                                                    

ma con un certo stile                                                    

da consumato artista                                    

fosse pure un po’ stanco,                                             

tieni larghe le braccia                                   

mentre esponi la faccia

e t’ingegni e ti attrezzi                                  

per non andare in pezzi                               

tu, vecchio saltimbanco                               

coraggioso e vile. 

                           QuinOtt22             

*

Schiena

SCHIENA

 

Solo una schiena, bella da vedere

ma così acerba e lucida e tesa

che sembra non offrire alcuna presa

e non pensavo di poterla avere.

 

Non mi appartiene, non al tempo mio,

non ai miei anni, alla mia caduta

e sembra quasi una cosa venuta

per farmi credere in un qualche dio.

 

Ma non la sogno neppure sfiorata

anche se tu incosciente lo permetti:

il possesso è una perdita annunciata

 

e ho ben poco di ciò che ti aspetti

calcolatrice mia sconsiderata,

tu quasi nuova al gioco degli affetti.

                                             QuinOtt22

*

Birilli

BIRILLI

 

Volano via come stanchi birilli

tutti i viandanti lungo la mia strada,

gente qualunque a cui nessuno bada

figure perse di un ieri retrivo

 

Già della fine ascolto gli squilli

e la realtà sembra un’altra, dismessa,

come più chiusa, sempre più convessa,

da un salvagente fino al successivo.

 

Ancora brilla il sole, il cielo è terso,

ma sfuma fra le mani inconsistente

ciò che ogni volta sapiente distilli

 

e lascia al più qualche stupido verso

- rime noiose, vanitosi trilli -

che annega in mezzo a schiume di niente.

                                                        QuinOtt22

*

Clivo

CLIVO

 

Un inatteso gesto di dolcezza

spezza quel cerchio ch’è da sempre aperto,

per un istante, non sogni, sei certo,

senti l'odore della tenerezza.

 

Quell’uroboro ch’è la tua coscienza,

creatura singola senza compagna,

è lì contorto che intanto si lagna,

mentre un bambino mendica accoglienza:

 

di quel profumo non vuole star senza,

non adesso che il tempo non si arresta

e anzi va via con disperante urgenza

 

lui ora spera – se anche il dubbio resta

dopo una vita fatta di speranza -

che sia possibile un giorno di festa.

                                                QuinSett22

*

La vida es ...

LA VIDA ES ...

 

Il vizio della vita è imprigionare

a corpi, abitudini, illusioni.

Lasciatemi dormire quindi ancora,

giungesse pure in un sogno la morte,

così ch’ io possa di nuovo sognare.

                                                               QuinSett22

 

*

Clivage

CLIVAGE

 

A me che ho avuto in dono per un felice azzardo

il privilegio di te nuda agli occhi

non resta altro ricordo che mi tocchi

solo la commessura delle labbra ridenti

seguita dal bagliore acceso dai tuoi denti,

e la domanda aperta e seria del tuo sguardo.

                                                        QuinSett22

*

Dejà vu

DEJA' VU

 

Un ponte in pietra su un’acqua gelata,

sassi malmessi più vecchi di noi,

uno sull’altro come vecchi eroi,

a ricordare una guerra passata.

 

L’acqua gli corre addosso, lo lambisce,

specchio che pare invisibile agli occhi,

e sembra neanche quasi lo tocchi,

nel flusso che non nasce e non finisce.

 

Solo talvolta un riflesso ferisce

sghembo la volta oscura all’intradosso

ma il ponte resta saldo, si schermisce

 

da quella luce anche se pare scosso,

e mentre quel riflesso già svanisce

restano solo pietre sopra un fosso.

                                                 QuinBøurAgo22

*

Biciclette

BICICLETTE

 

Ancora qualche colpo da sparare,

mentre il corpo e non soltanto muore,

un'altra pedalata, un lucore

da scorgere nel buio o immaginare.

 

Ha poche tacche ormai la batteria

del cellulare, della bicicletta, 

il tempo sfugge, il tempo che ti spetta

non scorre più incontro a te, va via.

 

Cosa cercate voi, le spalle nude

e le vostre parole accavallate, 

suono argentino che ogni senso elude?

 

Vite distanti, affatto separate 

eppure il vostro viaggio si conclude 

in tante biciclette accatastate.

                                     QuinCopenhAgo22

 

*

Incenso

INCENSO

 

La luce del lampione sulle fronde,

impallidisce sullo sfondo il cielo, 

dentro la casa fiamme nel camino

il fascio dalla lampada sul foglio.

 

Cala la sera anche se non voglio 

e le certezze di un lungo cammino 

sono offuscate come dietro a un velo

e tutto è incerto, tutto si confonde.

 

Anche il presente non ha molto senso,

come si preparasse alla mia assenza,

ridotti a niente ciò che sono e penso

 

pare assopirsi anche la coscienza.

La notte avrà un profumo d'incenso,

poi la mattina di me farà senza.

                                      QuinPcmAgo22

 

*

Un momento

UN MOMENTO (chiudendo gli occhi)

 

Con gli occhi chiusi il mondo non svanisce

(come il silenzio che non sta mai zitto,

tanto più tace tanto più è fitto).

Compaiono dei segni come strisce

sovrapposte nel vuoto ma distinte:

lontana come il rumore del mare

una voce continua a cantare,

solo per se', nessun altro la sente;

l'aria alla pelle si fa consistente,

tiepida e ferma, senza alcun odore.

Manca a tenerle insieme un qualche umore,

un pensiero, un ricordo, il baricentro,

il dentro è fuori mentre il fuori è dentro,

il tempo è assente o forse molto lento,

senza più un nome o è soltanto un momento.

                                                          QuinCdaLug22

 

a L. W.

*

Un cane

UN CANE

 

Come un cane colpito indietreggia,

i grandi occhi sconcertati e tristi

tanto smarriti non gliel'hai mai visti,

così l'antica e desolata reggia

 

ricca di gioie e tappeti preziosi

non più riflette il mondo di fuori,

non le sue albe, non i suoi colori.

Solo percorro saloni tediosi

 

cui manca il verde, il turchese, il cobalto

e a volte pare persino si oscuri

l'occhio invidioso del sole su in alto.

 

Sono, mi pare, tempi questi duri,

come se il mondo avesse fatto un salto

verso spazi diversi, alieni e impuri.

                                       QuinSkopelosLug22

*

Amore nel sonno

Amore nel sonno
 
.... la pelle con la pelle, le parole
prossime e brevi uscite dalle gole
e il tuo sesso e il mio due stranieri
che il viaggio ha messo su una stessa strada
 
e ora ignorano quei monti neri
e la pianura pallida più in basso
mentre ciascuno attento all'altro bada
 
e cerca di tenere uguale il passo,
di quell'essere in due dentro contento,
mentre caldo si leva e geme il vento.
 
A volte invece di fare l'amore
mi piace come in sogno rievocare
il sapore, il calore e l'odore
del nostro ultimo accarezzare ....
                                              (QuinCdaGiu22)

*

Indagine sui pazzi

Indagine sui pazzi

 

Quando c'è un omicidio

per capire anche un poco

un investigatore 

ricercherà il movente.

Così per un amore

che sia un breve fuoco

oppure travolgente 

ci toccherà cercare

qual è la posta in gioco.

 

Esclusi a certi anni

fini riproduttivi 

e smarrito per via

il sogno del futuro

(che, a dire del bisogno

è il futuro di un sogno),

resta la nostalgia

foss'anche per un giorno

dell'eterno ritorno.

 

Così il nostro arrivare

casuale e vagabondo

dal letto in una stanza

o dal giro del mondo

è oggi un ricercare

senza un vero perché 

nel nuovo e nel diverso

che siamo tu e io

ciò che di te e di me

con triste riluttanza

davamo ormai per perso.

                           QuinCdaGiu22

 

(a Patrizia Cavalli con gratitudine)

 

 

*

Eden

EDEN

 

Tu, che di molti altri ti vergogni,

tu che dagli altri pretendi rispetto,

e spesso dici: “Io non mi permetto”

ché la paura ha insabbiato i tuoi sogni.

 

Dell’Eden porti addosso la cacciata,

di un Dio severo e maledicente

e giudichi e sei intransigente

ma la tua esistenza è regolata


da leggi, e punizioni corporali

e il primo esempio è la tua vita stessa.

 

Grazie a quei fiumi chiari e ai loro incroci

 

io porto dentro il bene e non i mali

e in questa foresta viva e spessa

vago cercando un canto e due voci

                                              QuinGiu22

*

Orgasmo

ORGASMO

 

L’orgasmo è una deviazione                              

o forse solo un brusco intervallo                                    

sulla strada maestra che si prende                  

per bisogno e per disperazione,  

                     

per un interno implacabile impulso:               

d’incollare una pelle a una pelle                       

così che il fuori sia di nuovo un dentro,         

per non essere più solo un espulso.          

 

Il muro non è mai sotto le stelle                       

ma in pieno sole, bruciante, bruciato                             

come la terra che porta a quel muro,

                              

la terra da cui vieni, arida e morta. 

Oltre quel muro è un giardino incantato,      

rigonfio d’erba, intensamente verde,

 

con qualche fiore luminoso e giallo.

Ma il tuo sguardo sul muro si perde,              

segue ogni linea, ogni commessura  

               

come un testo difficile che dura               

senza mostrare alcun significato. 

Mentre prosegui a fissarlo incantato 

                

la sera stanca intorno discende                            

e solo allora, distolto dal centro,                        

ti accorgi che lì accanto c’è una porta.

                                               QuinGiu22

       

*

Le luci del tempo

LE LUCI DEL TEMPO

 

 

C’è stata a lungo tanta, tanta luce

intervallata, però solo a tratti,

da momenti di buio, le ombre nette

del realizzarsi del caso nei fatti.

 

Ma, come un orologio che traduce

il tempo in un succedersi di scatti,

cambiando il cielo e le costellazioni,

sono mutati i gesti, i sogni, gli atti.

 

Oggi il crepuscolo stende all’intorno

la luce nuova di un diverso giorno

trasfigurando ogni ora, ogni oggetto:

 

tutto è più scuro e insieme più reale

e più pesante, più legato a terra

come dopo la fine di una guerra

 

resta chi resta, con gli occhi sbarrati

dismesso ormai lo sforzo di capire

cos’è il passato e se c’è un avvenire.

                                         QuinconCeline Mag22

*

Stasera

STASERA

 

Ti incontrerò stasera.

E questo cambia tutto.

Non lo vedi anche tu?

Ha cominciato a piovere

quindi nel pomeriggio

la guerra in Ucraina

si interromperà

scivolando giù,

quasi precipitando

in una pace strana,

a molti incomprensibile.

Per quell’ora saranno

già fuori di prigione

gli Uiguri e gli Armeni

da prigioni diverse,

questo naturalmente.

E piano piano, nella

misura dell’ “a poco a poco”

la CO2 nell’atmosfera

comincerà a diminuire.

E il mondo si guarderà

in uno specchio nuovo,

mentre qualcosa che fa

ch’io sia quello che sono

farà un passo verso

qualcosa che ha assaggiato:

la possibilità

di un futuro vicino.

                          QuinMag22

*

Tempo

TEMPO

 

C’è stato un tempo in cui ce n’era molto

di tempo, ma il passato era scarso,

quasi un fantasma appena comparso

e il futuro era vago e senza volto:

 

inutile pensare sia all’uno

che all’altro, c’era da vivere intanto,

quella vita che ti passava accanto,

di cui non sapeva nulla nessuno.

 

Sono cambiate poi le proporzioni:

tanto e confuso si è fatto il passato,

restano solo sparse emozioni;

 

scarso il futuro che sembra contato,

nel numero di anni e nelle opzioni.

Al presente …. non so, non ci ho pensato.

                                                            QuinMag22

*

Genesi 2, 18

GENESI 2,18

 

“Non è bene che l’uomo sia solo”

affermò Dio immerso nel suo gioco

ma l’uomo è solo, Dio può farci poco

e resta a noi la fatica del volo,

 

stringendo bordi, sempre controvento,

bianca vela nel mare solitaria,

che avanza lenta usando l’acqua e l’aria,

l’anima stanca e il corpo mai contento.

 

Ma se ogni uomo è un’isola in disparte

e ogni vita una nave alla deriva,

caro ad un Dio sarà colui che parte,

 

lontana dietro alle spalle la riva,

perdendo ciò che sa, le opere, l’arte,

ma caro a noi sarà chi al porto arriva.

                                              QuinMag22


[Merci à Michel Houellebecq, à qui j'ai volé deux lignes

(deux hendécasyllabes  presque parfaits une fois traduits),

sans doute les plus éloquents dans ce qui précède)]

*

Amore e guerra

AMORE E GUERRA

 

Diciamo guerra solo con la mente

il corpo assente, tenuto al sicuro

da una memoria facilmente assente,

che misconosce un mondo troppo duro.

 

Non lo sappiamo, non lo ricordiamo,

non siamo noi, si tratterà di altri,

noi siamo troppo buoni o troppo scaltri.

 

Lo stesso accade dicendo “Ti amo”:

 

sono i nostri ricordi a parlare,

quello che in un passato di bisogno

la vita ci ha insegnato a imparare,

 

l’altro non c’è, non c‘è quasi per niente

coi suoi ricordi che non sono i nostri,

   

forse solo dal corpo, se non mente, 

scaturiranno angeli e non mostri.

                                      QuinMag22

 

*

Polvere in bocca

POLVERE IN BOCCA

 

Polvere in bocca, ecco ciò che resta

quando passata, è finita la festa,

neanche un sapore di mandorle amare,

niente di cui ci si possa vantare.

 

Se Achille muore d’immortalità

tu solo soffri il peso dell’età,

di quella somma di anni scartati

come fiammiferi ormai consumati.

 

È stato il vento o l’umidità,

eppure - in sogno? - un giorno ti è sembrato

d'intravedere una fiamma qua e là?

 

Il momentaneo al nulla si è sommato,

preso per oro dalla povertà,

e al niente come deve è ritornato.

                                                QuinMag22

*

Il gatto

IL GATTO

 

Il mio gatto, l’ho perso,

non riesco a trovarlo;

l’ho cercato per casa e dai vicini

riempiendo ciotole di croccantini

nella vana speranza di attirarlo:

ma non c’è proprio verso.

 

Stava con me da tanti tanti anni,

al suo affetto schivo e interessato

posso dire che mi ero abituato,

come ai suoi graffi e al suo fare danni.

 

Forse chissà, un po’ alla Beniamino

è andato indietro, è tornato gattino,

tanto piccino che non lo si vede.

 

A volte penso non ci sia mai stato,

di averlo sempre solo immaginato;

una parte di me quasi ci crede.

 

Non che non possa stare senza il gatto,

cioè, potrei, ma non sarei più io,

come un atleta a cui manchi un piede

 

o un religioso senza più la fede.

Spero che un giorno un passante distratto,

ne faccia un uso migliore del mio.

                                QuinVillaNatalia1Mag22

*

Amarti

AMARTI

 

È così facile, sai, amarti.

Come si cerca il cibo che ti manca

o la fatica, quella che ti sfianca.

Sì, la fatica, quando vuoi fermarti

 

che è solo sofferenza, non più vita,

e non è più un andare sensato

col batticuore e il fiato spezzato,

su un'infinita inesausta salita.

 

Ormai lontani gli alberi, più in basso,

si fa nudo il terreno, costellato

di radi rovi e qualche grosso sasso.

 

Se c’è una cima non sarai arrivato

qualsiasi sia ciò che prima sperassi,

che poco o nulla c’è dall’altro lato;

 

perso per strada ogni significato

nell’insensato gioco delle parti

dove chi ama non si sente amato.

                                                     QuinApr22

*

L’acino d’uva

L’ACINO D’UVA

 

Acino d’uva lucido e rotondo,

cielo di mare e piombo ossidato,

un palloncino appena gonfiato

con dentro tutto il sapore del mondo,

 

un gusto liquido che hai già provato,

in un incontro tremendo e fecondo.

che ti ha cambiato fino nel profondo.

Guardalo adesso: il tempo l’ha asciugato,

 

vizzo e contorto e squallido a vedersi,

un palloncino che il tempo ha bucato.

Tutti i suoi succhi sono andati persi

 

come la vita l’avesse tralasciato:

solo chi ami la morte e ci conversi

potrà adesso sentirsene attirato.

                                                     QuinsuA24Apr22

*

Il cedro e la pernice

IL CEDRO E LA PERNICE

 

Costretta da piaceri autoimposti

vivo una vita tutta in superficie

quella di tutti, assorbendone i costi,

la mia vita, direi, quasi felice;

 

forse c’è un mondo sotto il mio tappeto,

non polvere ma sangue coagulato

che io ignoro, presbite e lieto,

mentre il presente non sa del passato.

 

Sono basse le nubi sotto il sole

e sotto ancora la terra matrice

mentre via via smarrisco le parole

 

come un cedro con poca radice,

piantato in fretta in ben protette aiuole,

su cui non vola, corre, la pernice.

                                      QuinApr22

*

La poesia: considerazioni impoetiche

LA POESIA: CONSIDERAZIONI IMPOETICHE

 

Poesia è solitudine negata:

una lezione male imparata

sempre saputa e mai davvero appresa,

ultimo afflato pensando alla resa.

 

Per ciò si prendono delle parole

(che già hanno l’altro dentro da sé sole)

e poi si usano per far sentire

a un altro altro (da ciò?) che ha(nno) da dire.

 

E spesso non c’è dietro quasi niente

solo parole ad arte incastrate

ma accade che richiamino un inverno

un’estate un amore un frangente.

 

Quel che passa è comunque molto poco:

un lineamento una genziana un fuoco

e qualcosa di ciò che è dietro agli occhi:

flash che ritornano e quasi li tocchi.

 

Come un interruttore mal pensato

non accende le luci in ogni lato:

a questo una lampada in cucina,

a un altro una candela giù in cantina.

 

 Solo talvolta come un temporale

partono lampi, e fanno anche male,

che per un tratto illuminano a giorno

un angolo di vita e ciò che ha intorno.

 

Ma la chiarezza non dura un secondo,

ripiomba al buio l’universo mondo

e poi, ciò che è comparso era il vero

e solo un pezzo oppure tutto intero?

 

Comunque la mediocre trasmissione

non passa ordine né informazione,

si riduce a rumore più che a suono:

soltanto a volte un: “Se ci sei, ci sono”.

 

Ma la poesia sono parole rese

quelle stesse che un giorno abbiamo apprese:

ti offre un’arancia un contadino

e a sua figlia offri il succo come un vino.

 

Insomma, è questo o altro la poesia?

Come altrimenti si dovrà spiegare?

 

Forse è soltanto il breve tentativo

di rimediare, quasi riparare,

con poche parole e con molta pazienza

all’ineluttabile inefficienza

dei nostri doni di tele(m)patia.

                                                     QuinMar22

*

Anima e Corpo

ANIMA E CORPO

 

Perché il tuo corpo è così elementare

nelle sue verità, le sue risposte,

mentre la mente ha verità riposte

controverse ma certe da spacciare?

 

Un contadino e un cartomante,

uno che pianta e quando può raccoglie,

l’altro che inventa sogni e vieta voglie

grazie a un sapere copiato e arrogante.

 

Da dove viene questa incongrua tmesi

fra due che sono fratelli germani,

anzi di più, due gemelli siamesi?

 

Ma se non ora capirai domani

quanto uno porti e quanto l’altro pesi,

e chi è che sa che passi e non rimani.

                                                      QuinMar22

*

Rosso

                  

ROSSO

 

Se dico “rosso” tu non ci pensare,

stai ferma, chiudi gli occhi a immaginare

che cos’hai dentro che ti torna addosso

se frughi un po' questa parola: “rosso”.

 

Adesso prova con “amore” e “gioia”,

se non ti sono ormai venute a noia:

cosa sono per te queste parole

sanno di buio o c’è un poco di sole?

 

Poi ti dirò rovente e caldo e pelle

mentre ti lascio un momento a guardare

la linea che separa cielo mare.

 

Ecco, rimani qui, non te ne andare

cercati dentro (questo è ricordare)

per una volta solo cose belle.

 

Ci sono sbarre fra le nostre celle

ma siamo tutti fatti a quanto pare

di buio e giorno e cielo e mare.

                                    QuinnonaSevillaMar21

 

*

Case

CASE

 

La V delle montagne stringe in basso

la strada bianca che valica il passo,

tornano dal passato carovane,

viandanti stanchi, le case lontane;

 

ma chiunque vada è sospeso a priori

fra una casa di dentro e una di fuori

quella di prima e quella del dopo,

una il motore, una lo scopo;

 

forse ogni vita non è che una distanza

e il dolce sogno di colmarla in fretta

fino a una soglia e qualcuno che aspetta

 

e che ti attenda è la sola speranza

di una conferma che tutta l’esistenza

non è una lotta già persa in partenza.

                                                  QuinCdAMar22

*

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*

Il latore

IL LATORE

 

E se ne vanno le ore e i giorni

neppure troppo sciupati dall’uso

avviluppati in un bolo confuso

senza più istanti e senza più contorni

 

Sono le scene che hanno alimentato

la mia capacità di immaginare

ma al tempo stesso in questo divorare

le immagini mi hanno consumato

 

Come un congeno a orologeria

mi porto dentro uno strano messaggio

vecchio di ere, corrotto per via

 

Io sono qui soltanto di passaggio

ma tu che resti lo sai cosa sia

vivere da postino questo viaggio?

                                        QuinMar22

*

Y dale alegria a mi corazon

Y DALE ALEGRIA, ALEGRIA A MI CORAZON (*)

 

Non orgasmi, felicità, pienezza

Di una impossibile  realizzazione

Ma soltanto inspiegata, l’allegria

Quella che incontri e non sai cosa sia

O meglio, è lei che come un’invasione,

Ti trova e mette in fuga la tristezza.

 

Ecco questo vorrei ora io

Da te, da qualcuno, sia chi sia

Dal primo viso incontrato per via.

Ed è non credere più in un dio

In un mondo senza un baricentro

Mare infinito in cui lento mi addentro.

                                           ZanziAgo14

 

(*) dal primo verso - e dal titolo - di una canzone di Fito Paez

 

*

Stoffa

STOFFA

 

Questo è un tessuto, ve lo dico io,

logoro al centro, il disegno confuso

sull’ordito ormai fragile per l’uso

(però si sappia che non c’entra un dio)

 

Il tempo in ere ne ha fatto un vestito

con mai nessuno  che saprà indossarlo,

tanto che non lo so, non ve ne parlo,

in una tasca mi sono smarrito.

 

Questa piccola pezza ch’è la nostra,

asciuga lacrime, pulisce menti,

la sventoliamo a chi la sua ci mostra.

 

Ma se giriamo fra gioie e lamenti

in un telaio che è come una giostra

pure, vi prego, salvate i momenti.

                                          QuindaLelo19dic21

*

The little tin soldier and the tiny ballerina

THE LITTLE TIN SOLDIER AND THE TINY BALLERINA

 

Mi sono alzato molto dopo l’una

Le mie ragioni per fare altrimenti

Erano tutte, proprio tutte assenti

E di promesse non ce n’era alcuna

 

La barba, la doccia molto opportuna

Perché i miei odori tu li senti

E un po’, discretamente, ti lamenti

Solo dopo aver riso, per fortuna.

 

Insieme a tutti i miei fratelli umani

Un po’ sedotto e molto abbandonato

Oggi mi sento e forse questo è bene

 

Perché così sta chi ad un altro appartiene

Nel ricordo d’un ieri già andato

Questo il mio oggi, smetterò domani.

                                                 QuinperGioiaforse2014

 

"The Little Tin Soldier"

 

Once in a town in the black forest a little white toy-shop stood.

And the little tin soldier with only one leg lived in a castle of wood.

And across the room on another shelf stood a little glass case,

And a tiny ballerina lived in there all in her dress of lace.

And from where the little tin soldier stood they could see each other so clear

And the little tin soldier watched over her with a love that was so dear.

Then one day sadness came: the tiny ballerina was sold.

The little tin soldier was thrown away and into the gutter he rolled.

The water carried him to the sea and many far-off lands.

He made many children happy as he passed through their tiny hands.

And then one day they met again in a house in the land of Eire

And when the clocks on the wall struck the midnight hour

They jumped into a fire

And in that fire they shall stay

Forever in the day.

For the fire, Lord, is the fire of love,

Just like the peaceful dove.

(Donovan, 1965, il 26 gennaio nascevi tu.)

 

*

Un giorno di sole

UN GIORNO DI SOLE

 

È così più facile in un giorno                      

di sole, con la gente tutt’intorno                             

come dei fiori sparsi in un prato                              

e l’aria calda, morbida alla pelle.             

 

Ma perché mai ci sono il freddo e il vento

in questo inverno del nostro scontento   

che suscita un sentire disperato                    

come venissimo da un altro mondo          

 

dove ci sono solo cose belle                         

e in superficie, come pure in fondo,         

una gran luce dolce, pura, vera,                 

di un lento giorno senza mai una sera?    

 

Per quale legge esistono gli opposti         

e il tempo che li genera in sequenza?           

Che non si dia un piacere senza i costi,   

 

che duri così poco l’esistenza                     

di noi cretini alla coscienza esposti           

- e ne faremmo volentieri senza.               

                                         QuinNov21

*

Dialogo

DIALOGO

 

Di porcellana una scheggia affilata

Un lungo segno scuro, come un taglio,

nell’onda morbida e lunga dell’erba

Tutte le ore di una giornata

Una carezza sfuggita per sbaglio

L’indomani e quel po’ che riserba

 

La luce nella stanza, le lenzuola

Il caldo reso alla pelle aderente

Da qualche parte un pene e una vagina,

come un’antica, doppia parola,

sotterrata nel buio ma presente

La luce della notte, la mattina.

 

Ecco, queste all’incirca le parole

di un dialogo serrato e a volte franto

in superficie ma sotto, nel fondo,

 

come impediti a passare le gole,

un raro riso e più spesso un pianto

stanno, annegati nel brusio del mondo.

                                                               QuinNov21

*

Un albero, la noce e gli uccelli

Un albero, la noce e gli uccelli

 

Che albero sei tu che quel tuo giallo

non è un colore bensì un mio momento?

E ti vedo, ti so ma non ti sento,

io noce avvolta in un verdastro mallo

 

senza più giorni altri che d’inverno,

quelli che un tempo erano primavera:

nessun giorno si dà senza una sera

a un Io insicuro che si sogna eterno.

 

La verità è sempre già trascorsa,

non è domani, non è oggi o ieri,

non è nei quattro soldi in una borsa

 

se non li hai spesi in cambio di pensieri

fuggiaschi, tesi in una corta corsa

come poiane contro cieli neri.

                                Quin aTGOtt21

 

*

Astrazioni (divagazioni) a Marienbad

ASTRAZIONI (DIVAGAZIONI) A MARIENBAD

 
Ogni poesia si fa con le parole
quelle a zigzag fra il rosso dei bicchieri
per dialoghi che paiono leggeri
mentre si allunga l'ombra dopo il sole
 
Parole che hanno un dietro nei pensieri,
nei sentimenti, in ciò che ognuno vuole,
che siano storie vere oppure fole,
urgenze d'oggi o sogni di ieri.
 
La somma delle voci in confusione
come un'orchestra che prova e riprova
ripropone una vecchia situazione
 
che a fatica ogni volta è un poco nuova,
mentre ciascuno, e in continuazione,
cerca quel "la" che nessuno mai trova.
                                  QuinaVillaNataliaOtt21

*

Lezione di nuoto

LEZIONE DI NUOTO 

 

 

Quando si frange sullo scoglio il mare,

in un gradevole show di potenza

per chi è venuto dall'alto a guardare,

chi è responsabile della violenza 

 

che nasce dal perpetuo dialogare

fra il movimento e la sua impermanenza

e ciò che il tempo ha saputo formare?

 

Intanto immaginiamo l'impotenza 

del nuotatore che cerca la terra

da cui è partito e a cui vuole tornare,

e suo malgrado ha scoperto una guerra:

 

intorno ha un'acqua che inghiotte e lo serra

contro una roccia pronta a dilaniare

lui, allo stremo, che impara a nuotare.

                                  QuinDaCelineSett21

 

                         (A Louise Gluck per Saints)

 

 

*

Bisogni vitali

BISOGNI VITALI

 

Al fine della notte

quando il sogno si scosta

la voglia di urinare

contro il sonno che inghiotte

dicono sia la prostata,

però so che è il mare.

                                    QuinSett21

*

Sonetto di (da) corsa

SONETTO DI (DA) CORSA

 

Facce diverse, anime, corpi, storie

e fra di loro un tessuto di vita

dal tempo più che da altro definita

e da qualche fatica e scarse glorie.

 

L’intreccio delle voci ti confonde,

sai riconoscerle ad una ad una,

come nel mare argentato di luna

una e un’altra fra inseguite onde

 

però l’insieme è un suono complesso

con note nuove sul fondo sempre uguale

perché l’accordo da anni è lo stesso

 

come lo sciabordio di un mare interno,

non è l’oceano, è molto più banale

ma è quello che l’autunno è per l’inverno.

                                                QuinxRob10Sett21

*

Eredità

EREDITA'

 

(a A.J.J.)

 

Un bambino disegna,

disegna un bambino,

a volte una casa,

a volte una danza.

Il poeta gli dice:

"Mi serve il tuo aiuto."

e così per due ore

loro due in una stanza 

lavorano insieme

ognuno al suo sogno.

 

Però questo, e un sorriso 

che da sempre è presente

ma talvolta è assente

o insegue degli altri,

soprattutto quel volto

troppe volte sparito,

cementano un buio

oramai seppellito.

 

Il poeta ha saputo

dimenticare i nomi,

e ha pagato lui stesso

e anche fatto pagare

tutti i prezzi che costa

imparare a guardare

nel giorno la notte 

e la notte la sera.

 

Ma senza più la luce

di quella luna greca:

il ragazzo disegna,

continua a disegnare

- che altro non sa fare -

ciò che non può vedere,

può soltanto sognare.

                      QuinEnCachetteAgo21

 

 

 

*

InAttesa

InAspettata

 

Non sei affatto quella che aspettavo,

sei troppo giovane e bella e curiosa 

e non capisco davvero che cosa

fa sì ch'io sia non soltanto il tuo schiavo.

 

Vengo da un mondo in cui prendere e dare

li conduce(va) un avaro bisogno,

un tempo ostile, di cui mi vergogno,

davanti a te e al tuo regalare

 

e al tuo ripetere che servi sciocchi

ne hai avuti d'intorno abbastanza

e vuoi ballare una diversa danza

 

con uno che ti senta e che ti tocchi

da pari a pari nella nondistanza

di occhi che sprofondano negli occhi.

                         QuinEnCachetteAgo21

 

*

La vraie vie

LA VRAIE VIE

 

Forse è con lei che la vita è più vera

costretta fra il bisogno e la morte

in giornate via via sempre più corte,

con l'alba che sconfina nella sera,

 

e le leggi costringono lo spazio

mentre il tempo lo schiacciano le ore,

per un involucro che lento muore

nel buio che ha sepolto anche lo strazio.

 

Mi spiace ma appartengo a un'altra storia

tutta inventata, tutta da inventare,

folle, fantastica, sciocca, illusoria

 

in cui la sola regola è sognare

e ogni sconfitta è anche una vittoria

e ogni vittoria è un ricominciare.

                                      QuinEnCachetteAgo21

*

Colori

COLORI

 

La vita è color carne

però a volte sbiadisce

quando niente consola

e non sai più che farne.

 

Allora vira al viola

o al rosso vermiglio

mentre un sogno svanisce 

come perdere un figlio.

 

Se il viola del tramonto

è lo stesso dell'alba,

solo nel rendiconto 

 

può sembrare più scialba

questa vita, una sola,

che arriva e poi va via.

 

Pure ogni giorno un corpo,

una nuova parola,

aggiungono poesia.

                          QuinFregAgo21

*

Agapanto

AGAPANTO
(ἀγάπη ἄνθος)
 
Questo  fiore ha bisogno di luce,
quasi mai meno di sei ore al giorno,
le radici affollate all'intorno
che a dividerle presto si riduce
 
da quel pervinca di cieli invernali,
a sera, prima di entrare in un letto,
a pochi fili avvizziti a dispetto
di cure che parevano irreali.
 
Cos'altro sai che separi la vita
da quella morteinvita ch’è il deserto
di un’altra solitudine infinita?
 
È così arduo avere un cuore aperto,
un'anima un po’ meno avvilita
a interpretare il tuo futuro incerto?
                                                  QuinPcmAgo21
                  (a Бэлла e Marc)
 

*

Dal bianco al verde

DAL BIANCO AL VERDE

 

Ho cercato la donna della mia vita.

Non che l'avessi perduta,

non l'avevo mai avuta,

come fosse una perdita infinita.

 

Per la vita ho cercato

fra entusiasmo e delusioni,

tentativi e cadute,

nel tempo che è passato.

 

Ho trovato la donna della mia vita

e sono stati incontri e sparizioni,

collisioni e contusioni,

confusioni e collusioni.

 

Ho trovato la donna della mia vita:

era vestita di bianco

poi è passato un tempo

e adesso sono stanco;

 

il tempo di capire

che c'è un bianco di festa

e un bianco per il lutto

e una donna funesta

 

non ha vita da offrire

se non poche ore estorte

in calcoli meschini

fatti per non morire. 

 

E se la sua esistenza

da un senso alla mia vita

è il senso di un'assenza

che va verso la morte.

 

Quindi ho trovato altrove,

non il bianco ma il verde

di una vita più viva

che resta e non si perde.

                  (QuinCdaLug21)

 

(Triste, de una tristeza sin olvido

como si no fuera un sentido

sino la marca de lo que es perdido)

*

I quattro

I QUATTRO

 

Il vento, la pelle, il mare, le stelle;

l'anima, il corpo, la madre, il desiderio;

Eolo, Afrodite, Poseidone, Astrea,

quella che Ovidio chiama "ultima dea":

ognuno di loro ci nutre e divora,

ciascuno di loro ci slancia e ci spezza.

 

A nulla ci giova il nostro buon criterio,

a fare di un anno, un giorno o un'ora

un tempo di gioia oppure di asprezza.

 

Sottrarsi a quelli è annullare noi,

talvolta lo fanno le streghe, o gli eroi;

noi altri che siamo figure da poco

vaghiamo inseguendo ciò che agita dentro,

pedine che avvertono il senso del gioco

ma sempre e per sempre lontane dal centro.

 

Soltanto talvolta quegli dei potenti,

di certo annoiati dai nostri lamenti,

per mezzo di un vino, un volto, uno sguardo

ci mostrano il vero, ma spesso in ritardo.

                                   QuinDaHydraaCapoSunioneoltreLug21

 

"Vinta giace la bontà e la vergine Astrea,

ultima degli dei, lascia la terra madida di sangue."

(Ovidio, Le metamorfosi)  

 

*

Guardare indietro

GUARDARE INDIETRO

 

Mi serve la tua pelle e a te la mia

per tracciare un contorno, un confine

al sangue evanescente e troppo fine

che ogni giorno si perde per via.

 

Ma la tua terra è sotto dittatura:

vecchi sovrani hanno dettato legge,

mentre la mia a fatica si regge

su un'euforia ch'e' contronatura.

 

Tu chiudi le frontiere, io i porti,

io scruto il mare, tu innalzi castelli:

non c'è ragione che lenisca i torti

 

e non trasformi le frasi in coltelli.

Solo il ricordo resta che conforti

di corpi vivi, silenziosi e belli.

                                      QuinMlSGiu21

 

 

*

Luci nella notte

Luci nella notte

 

Sempre verso dei fari navighiamo

gli occhi respinti da nebbie di specchio

o a scandagliare la notte abbagliati

non dalla luce ma dal nero intorno.

 

I lampi accendono vecchi bagliori:

un calore di pelle, un nome, un viso,

dolciamare ferite dal passato

è proprio là che vogliamo tornare.

 

Ridotto a un niente tutto quel che siamo

la nave, noi, i compagni vicini,

siamo soltanto il nostro sguardo stanco,

 

fisso da sempre su quel fascio bianco

che roteando spazza i confini

fra cielo e mare e subito scompare.

                                               QuinPCmMaggio 21

*

Il servo e i Padroni

IL SERVO E I PADRONI

 

Altri ti hanno non io che ti amo,

(questo che sento tu così lo chiami).

Né so per certo se quelli ti amino,

però tu accorri a ogni loro richiamo.

 

Sono amanti esigenti e geniali,

e instancabili e dolci e sapienti:

ti lasciano spossata fra i tormenti

di un piacere che ha vette siderali.

 

Però non oso essere geloso

ché non può il servo invidiare il padrone,

non lo permette la sua condizione

 d’uomo da poco, succube e ossequioso.

 

Loro ti danno ciò che non so darti

e insieme a loro tu sei, sei te stessa,

e vera come sei vorrei baciarti

 

ma non mi azzardo ché potrei svegliarti

e strapparti a quel sogno in cui sei messa

non dalle mie ma dalle loro arti.

 

Riesco a spiare a volte i vostri amplessi,

quando il buio mi rende protervo

eppure il gioco colloso dei sessi

 

posso osservarlo soltanto da servo.

Ma certe notti te con quelli stessi,

il Sonno e il Corpo, vegliando preservo.

                                               QuinconGioiaMar21

*

Le altre, tu

LE ALTRE, TU

 

Vorrei incontrarti di nuovo. Ancora.

Ché sei tutte le donne che ho incontrato.

Incontrarti vorrei, adesso, ora,

pur se non è più tempo d’imenei

e ho molta paura e tu sei stanca.

Perché tutte le altre hanno lasciato

ognuna un piccolo segno,

il morso di una mela,

curva traccia di denti,

castone vuoto oramai di diamanti.

E ora la polpa si disvela bianca

pronta per te che sei

la prima donna che mi ha incontrato.

                                               QuinconGioiafeb21

*

Un filo d’erba

UN FILO D’ERBA

 

Oggi so a che somiglia il paradiso:

A un poeta che ti ama senza sosta,

Non ignorando il prezzo che ti costa

E non perdendo un istante il sorriso

 

So però pure di che sa l’inferno

Come una lunga estate senza inverno

Come una spiaggia che non ha più mare

Come una vita a non dimenticare

 

Fra inferno e paradiso scelgo te

Senza neppure chiedermi perché

Se il tempo e tu mi lasciate una scelta

 

E se non dura che sia alla svelta

Come precipita un tango nel casquè

Come un’erba piantata  e poi divelta

                                     QuinperDelfipercasoGiu18

*

Il Golem

IL GOLEM

 

Capisco a volte il bisogno di un Dio,             

uno che stia là sopra, non immerso             

in questo indecifrabile brusio,                      

come un chimico in camice bianco,             

intento a analizzare attraverso                    

una sua lente tersa e luminosa                    

tutta una tiepida massa fangosa,                 

a studiarla da sopra, e di fianco,                  

in un asettico laboratorio,                            

per poi distratto rivolgersi altrove               

con un suo gesto stanco e derisorio.           

Non come noi che immersi nel liquame      

fin sui capelli, proviamo a nuotare,              

e mentre c’ingegniamo a respirare,             

neanche fossimo nati con le squame,                      

meditando perplessi osserviamo                 

con torpidi occhi terrosi i nostri                   

corpi di fango, le dita, le mani,                     

un po’ stupiti e un po’ timorosi                    

come di fronte a angeli o mostri,                 

e fra di noi incerti ci scambiamo

versi di fango, per dirci fangosi                    

pensieri, che pure ci paiono strani.              

E vagando cerchiamo in ogni dove

fino ad immaginarci, dietro l’angolo

un dio diverso, un Golem di fango.

                      (a JLB, naturalmente)QuinMar21

*

Un corpo, due anime, i tempi

UN CORPO, DUE ANIME, I TEMPI

 

Sulla collina fitta di ginestre

dopo la lunga valle ondulata,

la zolla si apre in terra dissodata

da mani nude operose e maldestre.

 

Mogano umido abbruna le dita:

le bagni nell’argento del torrente

e l’acqua viva che diventa ardente

guida la tua ricerca mai finita.

 

Più tardi un ritmo nasce, sono passi

fra tramonti lucidi e infiammati

e distanze tracciate da compassi.

 

I tempi sono dilatati e lenti, 

il mondo ruota intorno a tre assi,

a volte, solo a volte, coerenti.

                                               QuinconGioiafeb21

*

Gelosia

GELOSIA

 

Cosa ti dà il potere divino

di evocare fantasmi profani

che mi azzannano come dei cani

la pelle morbida di un bambino?

 

E vedo cose che non sanno stare

nella realtà ma che nella mia mente

formano un mondo vivo e presente

in cui non posso se non disperare.

 

Quando ti apparti a inviare messaggi

o se sparisci, solo per un’ora,

ti vedo già che con la bocca assaggi

uno il cui sesso dolce t’innamora

 

E so come lo afferri e poi lo accogli

e quanto godi e poi lo fai godere

regalandogli tutto il tuo piacere

e sento in bocca il gusto che ti togli,

 

come non fai con me che sono "nido"

e "sicurezza" – mi sussurri piano –

 io raggelato in un muto grido

 

che resta quando mi prendi la mano,

mentre ti abbraccio, ti ascolto, sorrido,

senza essere più un essere umano.

                                      QuinconGioiaFeb21

*

Marienbad

MARIENBAD

 

Nel susseguirsi continuo di sale

e passatoie fra stucchi dorati,

dove i passi risuonano ovattati,

mentre di nuovo il passato ti assale

 

l’ansia ti coglie, non è mai sparita,

che l’altro sia una belva assassina,

nell’ombra, dietro l’angolo, vicina,

in queste stanze in cui vaghi smarrita.

 

Eppure ancora una volta ritorni

a ricercare il passato perduto,

se si annidasse nei prossimi giorni.

 

Un dubbio vago compare: ma se

fosse quell’altro, sognato e temuto,

ad aver lui paura di te?

                                               QuinFeb21

 

*

Molti “Amori” e un po’ di amore

Molti “AMORI” e un po’ d’amore

 

“Amore” è un’amor(-)fa religione

con i suoi riti e i suoi officianti

a cui nessuno crede eppure in tanti

fanno la fila per la Comunione

 

“Amore” che si sogna è fantasia

come un film proiettato su uno schermo

mentre al tuo posto in sala resti fermo

da spettatore o membro di giuria

 

Ciò che chiamano “Amore” è un malinteso:

sconosciuti s’incontrano per caso

ognuno un poco e per un po’ persuaso

che l’altro è quello che da sempre ha atteso

 

E’ chiaro poi che “Amore” è una follia

a inventarsi ciò che non esiste

ricostruendo scene troppo viste

finché la vita non le porta via

 

“Amore” normalmente è una battaglia

fra due vite e due bisogni opposti

dove vincere conta, non i costi

di un’inane infinita schermaglia

 

Ciò che vien detto “Amore” è una scommessa,

in cui nessuno vince e ognuno perde

sul rosso, il nero, il giallo, il viola, il verde

tutta la posta che ci aveva messa

 

“Amore” è solo un fatto occasionale

un momento fra i tanti del giorno

senza che esista un eterno ritorno

a rendere quell’attimo speciale

 

“Amore” è in fondo un accomodamento

fatto di noia e di rassegnazione

fingendo sia la giusta soluzione

all’impossibile disequazione

 

“Amore” è vita che si mette in mostra

priva com’è di qualsivoglia senso

(parola questa, ora che ci penso,

che come “amore” è quasi solo nostra)

 

“Amore” è tanti e differenti amori

quello di un bimbo allattato al seno

quello di chi ne ha sempre fatto a meno

o di chi ha infranto tanti, troppi cuori

 

“Amore” è un cocktail di serotonina,

(per noi nati fra feci e urine)

di dopamina e di endorfine

poi, alla fine, un po’ di ossitocina

 

“Amore” forse è solo desiderio

ma se si spegne allora cosa resta?

solo gli addobbi finita la festa,

il letto vuoto dopo un adulterio

 

L’amore che subiamo è tutto questo

caso, bisogno, corpi, confusione,

destino, voglia, determinazione,

e scontri e incontri e anche tutto il resto

 

Poco più fra di noi che una parola,

soltanto, come “il senso” o “la tua vita”

e può essere vuota o riempita:

non lo farò da solo o tu da sola.

                                 QuinconGioiaFeb21

*

Poesia d’amore!

POESIA D’AMORE!

 

L’abbiamo sempre chiamato                         

Con il nome sbagliato                                 

Cantandolo in poesie, in ballate                  

In rime banali e abusate                              

Con cuore, più di rado con dolore                 

Sempre preso per un altro, scambiato           

In culla come fosse un neonato            

Il cui destino a forza va mutato                  

Sottratto con astuzia al fato                       

E preso infine nelle nostre mani,                 

Da noi, malati d’ὕβϱις umani                       

Come davvero fossimo capaci                    

Di falsi duraturi e efficaci                          

Scambiato, in un inganno perverso             

In qualcosa di affatto diverso                      

Lui nostro e non l’esatto inverso                 

Mentre invece come un odore                       

(e torna la rima perduta in “ore”                  

Priva ormai del minimo colore)            

Ci porta indietro a un prima, ad un crinale,

Il mare immenso e sull’antemurale              

Noi che sogniamo ma non era un sogno       

Come sul bordo di qualcosa, un ciglio          

Dove non eravamo che una culla                  

Un’eventualità  dell’esistente                      

Però non cambia veramente nulla                

Lui nonostante noi rimane il figlio            

Di Πενια e Ποροσ, povertà e espediente,                                   

Insomma, di un ubriaco bisogno.

                                       QuinTempofa

*

Lezioni di nuoto

LEZIONI DI NUOTO

 

Noi che per mare non sappiamo andare

E abbiamo al più una donna in un sol porto

E non ci tiene amore ma conforto,

Chè da quel porto vorremmo salpare

 

Noi che ogni inverno trova impreparati

Con addosso i vestiti di altre estati

Quando il caldo e le fate sono un sogno

E di coprirsi non c’è più bisogno

 

Voi superiori, scaltri, smaliziati

Per cui la vita va sempre in discesa

Ed è un guadagno e mai una spesa

 

Prima che vi mettiate a giudicare,

Vi supplichiamo, non fateci torto:

Stiamo ancora imparando a nuotare!

                                               QuinGen19

 

*

Il viaggio (gli dei)

 

                                  IL VIAGGIO

                                     (gli dei)

 

                                                         A quale gioco bizzarro giochiamo?                                                               Non è un gioco, è solo dove andiamo.

 

Dal niente, un prima di buio infinito

Più lui che noi, ricco e avvolgente,

Umido, caldo, simile a niente

Nel tempo lento che batte rotondo                                   

Da toni ed echi arcani scandito.

 

Poi, come uscendo da un mare profondo

Si spezza il velo dell’acqua in frammenti,

Fradici ancora, sorpresi, dolenti,

Soggetti a nuova forza e a nuova legge,

Eccoci entrati altri al nuovo mondo.

 

Come un cristallo che si infrange in schegge

E ti disvela ciò che stava dietro

Mentre per sempre può ferirti il vetro

Il guscio fragile più non comprime

E ciò ch’è solo ormai da solo regge.

 

Quel vento troppo freddo che ci opprime

E ignoti mali venuti dal niente

Luci accese poi spente, accese e  spente:

Nasce un’attesa che a tratti finisce

In pause che la quiete mai redime.

 

Il dolore provato non sparisce

E il corpo, vulnerabile confine,

Mai più è lo stesso, il prima è alla fine

Dissolto in tracce già labili e scarne

Anche se il tempo quel taglio guarisce.

 

Il corpo, lui, la scatola di carne,

Che non contiene né è contenuto

Pure pare che sia a forza tenuto

Fra la paura in bilico e il coraggio

A prender colpi ed altrettanti darne.

 

E’ iniziato oramai un lungo viaggio

Fatto di mostri osceni divoranti

Forse alle spalle o forse più avanti

I ringhi a sopraffare i guaiti

Sotto un sole di cui siamo l’ostaggio.

 

Intanto solo afasici vagiti

Ma già ci parlano onnipotenti

A noi confusi e ancora balbuzienti

Come un vento caldo, una brezza,

Gli dei, da sempre solo presagiti                             

Nella loro infinita grandezza:

Come sostiene tiepida la notte

L’acqua, la stessa del mare che inghiotte

Là dove speri, le speranze tolte,

Loro, insieme, timore e salvezza.

 

Tremendi Quelli ma a incontrarli, a volte,

Fra faggi a cerchio antichi e nodosi

E pioppi filtro a fasci numinosi

Per ogni dove di colpo diffusi

Dolcissimi. Noi, le membra disciolte.

 

Sono tempi tremendi e confusi

Tutto accade ma tutto è inusuale

Tutto è di fronte, nel bene e nel male

Nel mentre che assoggettati subiamo

Poteri e forze e da cui siamo esclusi.

 

Non siamo soli e tanto più lo siamo

Scoprendo gli altri umani differenti

Come più saldi e completi e presenti,

Integri loro, e forse in agguato

E li cerchiamo ma prima li temiamo,

 

Perché chi mai che la vita ha iniziato

Accosterebbe uno non suo figlio,

Con la paura del morso, dell’artiglio

Pericolosi come sono e siamo

Senza esservi spinto o trascinato?

 

Pure, se fra di noi non ci scontriamo,

Ancora chiusi dentro a un nostro regno

Ma mossi da un odore, un gesto, un segno,

O da sogni tuttora indefiniti

A ogni incontro curiosi ci annusiamo.

 

Suoni sconnessi, ringhi o grugniti,

E grida di rabbia e di pianto

 

(Da quando Eva la mitocondriale

Disse “pericolo” e poi “figlio” e “grotta”,

E’ una catena mai più interrotta,

Forse arricchita ma non più di tanto,

Di bizzarri versi da animale)

 

 Poi inventiamo il sacrificio e il canto

In un gioco che ancora oggi perdura

Per farci spazio fra Loro nei miti.

 

Per ottenere una più assidua cura

Da quei demiurghi dall’ignota prole

Rubiamo loro le prime  parole

Di una lingua mai bene imparata

Contro un mondo che ancora fa paura,

 

Ma quel prima, o quell’ora incantata,

Dimenticato, subito sepolto,

Per sempre resta senza più un volto

Della coscienza relegato al bordo

Come parola mai più pronunciata,

 

Nell ’inspiegabile sognoricordo

Di un tempo indicibilmente felice

Presenza troppo forte, cicatrice

Che, come fossimo poveri o poeti,

Ci risprofonda in un bisogno sordo.

 

Crescono dentro mirabili reti

Come giocano in mare i delfini

Di quegli Dei superiamo i confini

Che mai avremmo osato varcare

E li scopriamo prossimi e consueti.

 

Però al contrario di loro del mare

Cominciamo a vederci speciali

Noi vuoti che non trovano uguali

Esistenze di essenze a brandelli

Mossi a presumere, a rivendicare.

 

Non siamo un poco noi come Quelli

Capaci di fare e di disfare

Di creare, uccidere e annientare

Forse su un’altra sfera, un altro passo,

Ma ugualmente potenti, forti, belli?

 

Com’è altra la scheggia da un sasso

Una spiga da un rovo di more

Un verso che canta da un rumore

Com’è diverso il grano dal loglio

Vediamo noi altrove e il mondo in basso.

 

Non bastano più l’ape e un trifoglio

Né un quadrifoglio, per fare un prato

Delle lucciole il fato è segnato

E del loro caotico bagliore.

Non siamo nudi, il mondo è già più spoglio.

 

Ma pazientiamo per secoli e ore

Le opere durano infiniti giorni

Albe, partenze, tramonti, ritorni

Veloci lampi, effimeri barbagli,

Ognuno nasce, ognuno poi muore.

 

Tutta la scena è fatta di dettagli

Di piccole figure tratteggiate

Dal tempo e da noi dimenticate

Nel quadro complessivo ch’è restato

Come fossero fuggevoli abbagli,

 

Perché è la stoffa che mostra il filato

E tante vite fanno una storia

Che prolungando una stessa memoria

Da fuori a dentro e poi da dentro a fuori

Costruisce al presente il suo passato.

 

Come una spugna d’acqua, di errori

C’impregna il tempo, e ci slancia avanti:

Siamo uguali, siamo unici e tanti

Oramai siamo, questo è certo siamo,

Dei nostri Dei non di troppo inferiori.

 

E anzi ingenuamente ibridiamo

Quei Grandi dalla storia invecchiati

Proliferano i bastardi nati

Da intrecci spuri come usucapioni

In stirpi che via via sostituiamo.

 

Altri miti, altre facce, altri troni

Le gerarchie, chi è di meno e chi tanto

Chi guarda o è visto, il cencio o il manto

E il pane e il sangue e l’acqua e il vino

Grandi sui servi i piccoli padroni.

 

Chi comanda è per sangue divino

La sua parola la chiamiamo legge

Sudditi e servi sterminato gregge

Dove l’uno all’uno è sempre uguale

Voce sottile, negata, al confino.

 

Si spezza in due la finta solidale

Schiera di chi ha conosciuto il terrore

Uno prostrato all’altro vincitore

Senza che l’altro o l’uno ne gioisca

Fra i due malati dello stesso male.

 

È necessario che uno perisca

O almeno ceda sé, dall’altro vinto

Come un colore da un colore è tinto

Come la luce crea l’ombra e la sfiora

Come una voce che un’altra zittisca.

 

Ma non è un gioco a due, c’è sempre ancora

Quella parola che mai più fu detta

E il silenzio che dentro ci getta

Mentre nel vuoto il vivere è immerso

Prende le nostre vite e le scolora.

 

Non ci fa vivi, ci passa attraverso

Nel ricordo di ciò di cui manchiamo

E un nome nuovo apposta inventiamo

E lo cantiamo ancora e ancora

Perché il suo vero rimanga sommerso.

 

Forse è legato al tempo che svapora

Come la fiamma è figlia del fuoco

Che per lui non siamo altro che un gioco

Piccole ombre al suo vivo cospetto

Qualche cosa che c’è soltanto un’ora.

 

Eppur ci muove, quel potere stretto

A risuonare in lotte di eco affini

Ma siamo mai veramente vicini?

(Una risposta un giorno tu l’hai data

Malgrado tutto non lo siamo, hai detto,

 

Tu che il gran vecchio di parola alata

Non tollerava, e in particolare,

La tua viva abitudine di andare

Correndo al mattino, allegro flutto,

A piedi nudi nell’erba bagnata).

 

Gira e rigira tutto intorno a tutto

E ad intervalli il fiume si inarca.

Cade la testa di qualche monarca

Quando una folla risponde a un richiamo.

Un vecchio mondo sembra ormai distrutto.

 

E questo ci fa essere: udiamo

Dei rumori che vengono da fuori

Per noi sono cannoni non rumori

E i cannoni son macchine cantanti

In vista di una morte, lo sappiamo.

 

Guardiamo non più in alto ma più avanti

Un vino rosso imbeve i nostri solchi

A fatica tracciati dai bifolchi

Linee confuse, faticate, estorte

Al sangue non di pochi ma dei tanti.

 

Col solo libero mandato a morte

Profanati, gli Dei sono lontani

Le loro spoglie contese dai cani

Che fanno ressa intorno alla caduta,

Muore una libertà mai stata nostra.

 

Dei vecchi tempi l’ora è venuta

Ma i tempi nuovi non sono cambiati

Cancelliamo confini assodati

Sotto un maglio che batte e ribatte

E il fiume il suo corso non muta.

 

Crescono intanto le parole esatte

Come algoritmi, costruiamo l’astratto

Non ciò che è ma ciò che viene fatto

Replicato in diversi assemblaggi

Ci nutre e sazia come un nuovo latte.

 

Nuove macchine, nuovi ingranaggi

Danno la vita a forze più potenti

Ci scopriamo capaci di portenti

Che con un incredibile clamore

Aprono nuovi infiniti paesaggi.

 

Anche se ancora a lungo si muore

Apre e chiude le porte il bifronte

Già alte svettano sull’ orizzonte,

Come soffici guglie incantate,

Torreggianti colonne di vapore.

 

E sono grattacieli sull’Eufrate

Destinati a portare fino al cielo,

Col nostro nome un nuovo vangelo

Di alti destini che sono già scritti,

Noi e le nostre scatole fatate.

 

Si cresce in fretta, a forza di conflitti,

Di rivolte a decidere chi siamo

Anche se in verità non lo sappiamo

Per quanto nuovi, arditi e forti.

Ma crescono i doveri e i diritti.

 

Nello spazio spalancato dai morti,

Dalla passione, da altrettanto odio,

Liberi il tempo di un episodio

Come avvoltoio che divora e vola,

Ci sentiamo ormai vivi, risorti.

 

La capovolta B di una parola

Sembra uno scherzo a cui ridiamo tutti:

Dimentichiamo presto i troppi lutti

Che a fatica fin qui ci hanno portato

E una nuova ricchezza ci consola.

 

Dio non è morto, è stato catturato

Riadattato su scopi più attenti

Il nuovo sogno che ci fa contenti

È l’esser parte di un grande disegno

Che ci promette un futuro incantato:

 

Siamo ciascuno una parte del regno

Tutto è possibile, tutto è concesso

Certo domani se non proprio adesso

Con sforzi tenaci e indefessi

Volontà, coraggio e assiduo impegno.

 

Siamo noi i padroni di noi stessi

Servi obbedienti perché non costretti

Non soggetti ma singoli progetti

Ognuno al centro di un sogno fecondo

Liberi infine e mai più oppressi.

 

Se non, forse, da un’ansia di fondo

Di aver più cose, più libertà, più noi

E non soffrire, no, né ora né poi,

Ché alla morte e al suo vile assalto

E’ negato per sempre un posto al mondo.

 

Lo sguardo fisso avanti sull’asfalto

Corriamo dietro al nostro miraggio

Per lo più ciechi ai compagni di viaggio

E a noi stessi, a ciò che ci pervade,

Stregati ormai da stelle non più in alto.

 

Ma tutto è scontato, tutto accade

Sanno forse le cavie nella ruota

Che esiste un’altra vita, forse idiota,

Di cui percorrere le ore quieti

Oltre a questa da cui non si evade?

 

“Per la salute di tutti i criceti

E degli animali in generale

Il movimento è fondamentale;

Nella cattività dei roditori

Una ruota o altri giochi discreti

Saranno di certo risolutori.

Tuttavia la sola ruota può farsi

Un alienante modo di sfogarsi;

Per questi animaletti giulivi

Si provvedano quindi altri accessori.”

 

Non siamo soli, siamo complessivi,

Un fluire continuo di parole

Mostrando tutto come pelli al sole

Troppo bruciati in un continuo affanno

Da sguardi che ci fan sentire vivi.

 

Parole in serie che neppure sanno

Cosa sia il silenzio dell’ascolto:

Come un abito che ti viene tolto

Mentre invece è l’altro che svestiamo

E sono uno per parte il corpo e il panno.

 

Ma ancora,  se fra noi non ci ignoriamo

Liberi a volte da ogni disegno

Come angeli volati sopra il segno

Oltre il quale ogni uomo si arresta,

A volte, rare volte, ci ascoltiamo.

 

E quando accade sempre è manifesta

La nostalgia di una qualche presenza

Di un dio di infinita pazienza.

Non quello che senza sosta ha sedotte

Le nostre vite e ancora le calpesta

 

E sostiene e lancia in alto e inghiotte

Così come col naufrago fa il mare

Blu nel profondo e bianco a spumeggiare

Mentre affondiamo sempre ripetendo

La parola che appartiene alla notte.

 

No, tutto un altro dio sarà attendendo

Dopo quello vissuto e infine morto

Senza alcuno a dargli conforto

Celato in lui ogni suo desiderio

Talvolta in pianto però mai ridendo.

 

Sì, venga il tempo di un dio poco serio

Che ci trasporti prima dell’ignoto

E ci insegni a volare sopra il vuoto

Scherzando insieme di ciò che finora

Era taciuto e del suo vituperio.

 

E sarà ridere e ridere ancora,

Di quell’abisso che portiamo dentro

Mettendoci un po’ fuori, non più al centro

Lo patiremo ma non come lo stesso

Come su un fiume un ponte dimora.

 

Verrà, forse verrà ma non adesso.

 

Intanto avanti come sempre andiamo

E continuiamo come sempre siamo

Spiriti persi in cerca di un dio

Come eravamo allora, al nostro ingresso,

Da quando siamo uno sproloquìo

Brusio per voce sola incessante

Parole altrui, parole apprese, tante

Parole dette ma dimenticando,

Parole a cui diamo il nome di io.

 

                                                E tu? Come, non vedi? Sto evolvendo!

                                                Ma no, chiediti se non stai morendo.

 

QuinOtt16

 

*

Una sula (da Weinsteniana)

UNA SULA (*)

 

.....

Una sula su un’isola remota

Vive con una compagna di gesso

Senza risposte muore, fa lo stesso:

E’ la sorte di molti a molti ignota

                                               .....

                                        (da WEINSTENIANA QuinLivRomfeb18)

 

(*) (Cfr: https://www.washingtonpost.com/news/animalia/wp/2018/02/02/nigel-the-worlds-loneliest-bird-dies-next-to-the-concrete-decoy-he-loved/)

*

Domande

DOMANDE

 

Il buio certe sere in inverno

arriva e sembra un antico ricordo,

come ci fosse nel passato un giorno

in cui abbiamo scoperto l’inferno

 

di essere soli. E inetti in fondo

così, da soli, a tenere insieme

le domande improvvide e blasfeme

che qualche sera ci poneva il mondo

 

spingendo come giù da una scarpata,

quasi ridotta a un casuale errore,

la nostra vita presente e passata.

 

Però ti prego, vieni, per favore,

e ogni domanda sia dimenticata

amalgamando i corpi nel calore.

                                        QuinNov20

 

*

Una brutta poesia inconcludente

UNA BRUTTA POESIA INCONCLUDENTE

 

Sono superflue e vuote le parole

Messe qui in fila a dire poco o niente

Men che meno  nell’enfasi e da sole

O nel brusio confuso della gente

 

E poi perché sono soltanto nostre

Come ci fossimo apposta inventati

Delle private fantasiose giostre?

Chi forse mai degli altri animati

 

Le usa, chi dei vivi sulla terra?

Parlano i gatti, i cani, i delfini?

Dicono amore, morte forse guerra?

 

E s’è così, perché noi così affini

In questo buio che tutti ci afferra

Restiamo stretti nei nostri confini?

                                               Quin Nov20

 

 

*

Utero

 UTERO

 

Oh cullami stavolta

Come mai sono stato cullato

E siano il tuo volto e il tuo seno

Cielo e terra di un orizzonte 

Concavo, in attesa, ripiegato

Intorno a me nascituro sereno

Questa volta davvero preparato

Forte di te, non segnato da un meno,

Acqua che sgorga da una piena fonte,

Anima in pace, corpo acquietato. 

 

Quel che otterrai non sarà più un poeta

Dal canto acuto che scavalca gli anni

E turba anche l'anima più forte

Ma un uomo saldo, dalla vita lieta

Che saprà governare gioie e affanni

E andrà tranquillo incontro alla sua morte.                               

                                                    QuinNax15

*

La tua porta

LA tua PORTA

 

Fammi entrare ti prego. La brancata

di parei accozzati in brutte paia

che il magrebino dalla faccia gaia

ostende stesi sulla staccionata:

 

pare sia solo questa la realtà,

a guardarla col tempo a tutto tondo,

che infine troveremmo a questo mondo.

Tu perciò fammi entrare per pietà

 

dalla tua porta indocile e gentile

che dà su un mondo mio mai scordato

tanto più caldo e tanto meno ostile.

 

O sulla soglia lasciami sdraiato,

la fronte contro il suo legno sottile

fino a quando il momento sia passato.

                                                     QuinFregSett20

*

Buio

BUIO

 

E’ scesa sull’estate

una cappa di lutto

come quel brutto sole

che brillava su York.

Se anche bruciano ancora

le fiamme di una volta

sono ridotte a brace,

a carboncini scuri

che scrivono sui muri

bianchi per cieli azzurri.

Un nome senza corpo

ha ceduto il suo posto

a corpi senza nome,

corpi come quei soli

che la notte cancella

senza neanche il tramonto.

Se ciò che esiste è quello

che vedete voi tutti

quando io ho gli occhi chiusi,

con le braci ormai spente

nel buio della sera

non sono più visibile,

non mi vedete più.

                      QuinFregSett20

*

οὐκέτι ἤξω πρὸς σέ, οὐκέτι ἤξω

NON PIÙ VERRÒ DA TE, NON PIÙ VERRÒ 

 

Forse che il corpo è stanco di sognare, 

l'occhio continua per assuefazione

e in questa nuova, strana condizione 

non ci sarà se non un aspettare.

 

Togliete a un uomo tutte le sue stelle

e solo vagherà nella sua notte,

gli occhi affondati nel buio che inghiotte

e un involucro chiuso la sua pelle.

 

Pure di stelle è pieno il cielo terso,

se non le vede ormai è solo in fondo

perché appartengono a un luogo diverso.

 

Un legame è reciso, forse è un velo,

fra il suo corpo e il corpo del mondo:

è cosa d'altri ormai guardare il cielo.

                                                    QuinCdALug20

*

Figure e fuoco

FIGURE E FUOCO

 

Incubo ricorrente il desiderio 

che il mondo infrange in singole figure 

irraggiungibili e troppo pure

mentre segna la carne il suo imperio

 

Lembi di stoffa agitati dal vento 

metronomi impazziti a ondeggiare 

ma le mani non sanno più afferrare

e il tuo morso si è fatto cosi lento

 

E' un'ora piu lucida e più dura

nell'inverno del tuo malcontento 

col vivere ridotto a sinecura

 

Splende per altri un sole disattento 

l'aria d'intorno è diventata scura

presto il tuo fuoco sarà del tutto spento.

                                                          QuiFregGiu20

 

 

*

Sera

SERA

 

Viene la sera dopo molto sole,

contro il cielo si stagliano le fronde 

di alti pini come bronzee onde

e il pensiero va in cerca di parole.

 

Parole aperte, semplici e chiare

per aiutare l'anima a sperare

che tutto questo fumo spesso denso

possa celare o ricevere un senso.

 

La memoria setaccia quel ch'è stato

mentre ti chiedi se in ciò che hai sognato

ci sia qualcosa che vada salvato.

 

Il passato, il futuro, il presente,

si fondono in un punto evanescente 

che chiameresti "io" ma è poco o niente.

 

Soltanto quando quelle tue parole

perdono senso e volano da sole

si fa più lieve il peso che ti duole.

                                           QuinFregGiu20

*

Aral

ARAL

 

Come passano in fretta queste notti 

gonfie di sogni e subito finite 

per me che vorrei stare in quelle vite

che non hanno più niente della mia.

 

Forse per gli anni, forse per usura

i miei sogni li ho persi per via

o è la vita stessa che li inghiotte 

lasciando al posto una stanca paura

 

di non potere più desiderare

il corpo di un amore, un volto, un riso

e di avere perduto un paradiso 

 

di cui neanche avvertivo l'esistenza. 

Ma forse imparerò a stare senza

come una barca lontana dal mare.

                                             QuinFregGiu20

*

Sessantatrè

63

 

Sessantatre: sia questa una poesia

visto che altro non ho se non parole

per trattenere questo stanco sole

che la nebbia del tempio porta via.

 

Io

sono solo parole e forse, al fondo,

qualche flebile battito del cuore,

mio contributo a questo gran rumore

che penso sia il canto del mondo.

 

Chè la totalità pura dei fatti

è un ordito confuso di rumori

da cui i poeti, come pure i matti,

con riquadri di luce abbagliante

mettono a fuoco e isolano fuori

un fuggitivo e già perduto istante.

                                        QuinGiu2020

*

La sorcière et le nonprince

LA SORCIÈRE ET LE NONPRINCE

 

“Mèta non è distruggerla ma entrarci”

Dici ma no, le loro facce truci

Gridano: Che si spezzi, la si squarci

Quello che conta è che la strega bruci.”

                                     (merçi Mr. Michel Ocelot)

 

Quando nel tempo la fortezza appare

E attrae e orienta tutto il tempo intorno

Colui che sogna non può indietreggiare

Ora che un fato ha segnato il suo giorno

 

E ultimo e solo come un unicorno

In questo assedio continua a sognare

Il suo viaggio, leggenda di un ritorno

Da cui non c’è mai verso di tornare

 

Ma chi è fra le mura alte e bianche

Che ignora la violenza che la salva,

Alleggerendo le sue membra stanche

E mescolando il suo bianco col malva?

 

E dove troverà lei, l’assediata

Il coraggio, e dove l’assediante

Lei da una vita ormai quasi sprecata?

Lui dal suo desiderio disperante?

 

La gente guarda, blasé, annoiata

Questa vicenda troppo raccontata.

La narrerà più tardi un mendicante

Ma sarà solo una fra le tante.

                                  QuinsenzAleGen17

*

L’orizzonte

L’ORIZZONTE

 

La linea d’orizzonte che confina

Si abbassa proseguendo la salita.

Ne prende il posto una nuova, infinita,

Mentre sale una musica vicina.

 

E’  il desiderio che ci fa futuri

Quella conferma che manca alle spalle

E ci condanna  come in una valle

Stretti a sperare in un nuovo che duri

 

E noi con lui, ritrovando e scoprendo

Di fronte e indietro fra risate e pianti.

Per questo il bello non è che il tremendo

 

Al suo principio. Bello è ritrovare

Quando lo sguardo vola dritto avanti

E il corpo affonda nel liquido mare.

                                   QuindaLelo23Maggio20

*

Stelle

STELLE

 

Non hai notato mentre camminavi

che il cielo, il mondo, si era fatto scuro?

Pure eri certo, come uomo tranquillo,

di non aver paura nella notte

ma adesso forse sai ch’era soltanto

per via del sole, quel sole abbagliante.

 

E d’altra parte siamo gente nuova,

oggi convinti di essere grandi

per quanto sia passato così poco

dalle parole estreme degli schiavi

e ci imbarazzi questo nuovo stato

che ha accelerato, lasciandoci indietro.

 

Eppure ancora fissiamo le stelle

dopo aver fatto a pezzi  l’illusione

che siano loro a dettarci la strada.

Chissà non sia oramai venuto il tempo

di provare a vederle e noi con loro.

                                                QuinMag20

*

Lettere

LETTERE

 

Ogni volta la grafia mi chiama

con l’opulenza delle forme onciali

e lo slancio dei fili diseguali

e anche s’è ormai ottusa la mia lama

che quante volte ha provato a tagliare

pure aggredisce agli angoli la busta

finché non tengo il foglio fra le mani

e mi metto frenetico a frugare

in cerca di quel segno, quasi un niente,

che alla luce di un ieri onnipresente

dipani dritti tutti i miei domani.

Ma in questi giorni ormai solo rileggo

da una lettera gualcita e frusta

lo stesso testo noto e abusato.

Vero è però che negli ultimi tempi

di lettere ne arrivano assai meno:

forse le poste viaggiano a rilento

o il mio indirizzo si è dimenticato.

                                               QuinApr20

*

Sonetto splendido per gli 11 anni di Alice

SONETTO SPLENDIDO  PER GLI 11 ANNI DI ALICE

(segue al Sonetto strano per gli 11 anni di Alice)

 

Ma come no, e vuoi che mi ci danni?

Che inventi nuove rime e scintillanti

Per versi vivi, allegri, incalzanti

Con sudore di fronte e duri affanni?

 

Per chi mi hai preso, per un menestrello

Uno di quei giullari provenzali

Che sfornavano versi mai banali

Il primo bello e l’ultimo … più bello?

 

E allora, sia! Ti farò un canzoniere,

Rutilanti, infocati madrigali

E odi e filastrocche e epigrammi

 

E haiku e tanka e teneri imenei

Dolci, struggenti epitalami in rima

E prima o poi, battendo il giusto tasto

 

Chansons de toile oppure un bel contrasto

E lievi cantigas de romaria

E versi sciolti e liberi e piani

 

E un trobar clus e versi maltusiani

Poi imenei, alessandrini e aubade

E ballatette, gliommeri e viadeyre

 

E forme nuove, inusitate, vere

Ciascuna che ti esalti e che ti osanni.

Questo e di più (quando avrai dodici anni!)

                                  QuinperAli4Giu18

 

*

Sonetto strano per gli 11 anni di Alice

SONETTO STRANO PER GLI 11 ANNI DI ALICE

(segue al Sonetto brutto per gli 11 anni di Alice)

 

A volte sono poche le parole

Si sono perse o noi non le troviamo

E come foglie cadute da un ramo

Non sanno più come mostrarsi al sole

 

Pure fanno un tappeto per le suole

Di una ragazza in corsa sul ricamo

Di nervi e vene (anche noi le abbiamo)

Però ancora non sa quello che vuole

 

Da una corsa che è lunga e insieme corta

Per questa voglia che porti con te

Di fare tuo ciò che ancora ti è alieno.

 

Sii, vivi, gioisci e sopporta

Perché ha il suo senso la vita com'è,

che lo veniamo a conoscere o meno.(*)

                                  QuinperAli4Giu18

 

(*) Grazie Rainer Maria, sei sempre lì vicino quando serve.

     E scusa se ho aggiunto una parola alle tue, anzi, una sola sillaba.

 

*

Sonetto brutto per gli 11 anni di Alice

SONETTO BRUTTO PER GLI 11 ANNI DI ALICE

(precede il Sonetto strano per gli 11 anni di Alice)

 

Ok, compi undici anni, e allora?

Forse la festa è cominciata ora?

Quattromila e quindici giorni

Non uno uguale, non uno che torni,

Con te motore a tutto ciò che faccio

A parte qualche poesia abborracciata:

Sei una boccia da curling lanciata

E la mia vita è una scopa da ghiaccio

 

Sei la mia lotta contro l’entropia,

Battaglia persa perché non sei mia

Però una gara, questa, l’ho già vinta

 

Perché nel mentre tu scivoli via

Starò a guardare, sia quello che sia

L’effetto lungo di una vecchia spinta.

                                     QuinperAli4Giu18

 

*

Waves

WAVES

 

L’onda sulla battigia si frantuma

Priva di tutta l’energia già spesa,

Dopo l’ultimo arco si è arresa

In una lingua oleosa di schiuma

 

Che ancora corre in avanti protesa

Sopra la sabbia che assorbe e consuma.

Così di un sogno esausto nell’attesa

Resta il biancore d’aria di una piuma.

 

Verranno altre onde in altalena

Erte le creste, concave le gole,

E si ripeterà la stessa scena.

 

E sono gocce adesso le parole

O forse grani, anch’esse, della rena

Di una clessidra che scintilla al sole.

                                                     QuinMag18

 

*

Medusa

MEDUSA

 

Dietro di lei  la porta si è chiusa,

I suoi capelli una macchia confusa.

Nell’aria quasi un senso di morte,

Come da sempre di fronte alle porte.

 

Formica, legno, pannello piatto,

Il tempo scorre ma non passa affatto

Per il tuo sguardo che rimane fisso,

Fra i quarti d’ora si allarga un abisso.

 

Rimani immobile e viene stravolto,

Mentre un ricordo ti tiene avvinghiato,

Tutto quel tempo che intanto ti è tolto.

 

Sogni diventi futuro il passato

E dopo un tempo ch’è poco, ch’è molto,

La porta ruota a scoprire il suo volto.

                                                           QuinGen20 (*)

 (*) The graduate, dal min.1.25.10 a 1.25.30

*

Algebra

ALGEBRA

 

Un anno viene meno, uno arriva

L’algebra dice: il conto è pareggiato

Non è forse così? Non hai imparato

Che il numero dei giorni che appariva

 

Un tempo virtualmente illimitato

E’ esattamente quello delle notti

E che alle albe seguono i tramonti

In un tragitto sempre reiterato?

 

E noi in mezzo, come fra due specchi,

Fra quei riflessi a crederci infiniti

Ma non è solo un diventare vecchi

 

Questo giocarsela fra sesso e vino

Mentre alternando versi e prosecchi

Confondiamo l’umano col divino.

                                   Quinfrail2019eil2020

 

Grazie a Walter Mereu e al suo "non abbiate timore" pubblicato su questo sito: le poesie efficaci suscitano altre parole, non sempre migliori. 

*

Specchi

SPECCHI

 

Calda la pelle quando mi ti accosti

E perfetto che ero mi confondo

Saldo il confine del mio spazio tondo

Ma il dentro coi suoi squarci fuori esposti

 

Perduto al mezzo di due specchi opposti

Ho presentito l’essere del mondo

E io lontano, al solito, dal fondo

I cui recessi restano nascosti

 

Una voce traversa l’infinito

Con le sue repliche a renderlo denso

E mi riporta un verso, un tempo, un mito

 

Una memoria  fatta di consenso

Che mi tralascia, sedotto e bandito,

In un mio spazio col suo scarno senso.

                                               QuinDic19

*

Finale di-partita

Finale di-partita

 

 

Li paghi tutti insieme i falsi investimenti

Quelle carte truccate che hai prese per vincenti

Ma forse son le regole ad essere cambiate

Non le conosci più o le hai sempre ignorate

 

E ti ritrovi in mano solo donne perdenti

Figure colorate piano piano sbiadenti

Carte che ora non sai neanche chi le ha giocate

Come da grande scordi le storie sulle fate

 

E se era un gioco hai perso e ormai non vincerai

Nemmeno nei tuoi sogni che più non sognerai

Perché la carne è stanca, le dita arrugginite

 

Non è più tempo sai di stupide partite

I giochi sono fatti, la posta in gioco tolta

Adesso stai in silenzio, solo, se puoi, ascolta.

                                                           Quin Dic 19

*

Sangue bianco

SANGUE BIANCO

 

Ho un mio male nel sangue, leucemia

che prolifera immagini irreali

ricavando visioni sempre uguali

di una vita che mai è stata mia.

 

E se mi tiene in vita anche fa strame

di molti volti truccati e imploranti

che come il mio stanno protesi avanti

perché hanno fame, solamente fame

 di essere visti, soltanto di sguardi.

 

Io li calpesto, li passo attraverso,

e non li vedo, tutto divorando,

a buon diritto: io sono diverso.

Ma qualcosa è cambiato, adesso è tardi

 

e avverto che il mio male va scemando.

Senza di lui mi sento un po' perso.

È la mia vita che se ne sta andando.

                                                  QuinEloSett19

 

 

 

*

Il delfino

IL DELFINO

 

E' un lampo raro, uno per una vita

quando il tuo guscio, schermo a semisfera

che ti accompagna fino dalla culla,

completa indietro il suo sviluppo e azzera

 

quel punto opaco, unico tuo vanto,

che vede tutto e di cui non sai nulla.

Per una volta cederai di schianto,

dimenticando che sei, ciò che era.

 

Trocoide in viaggio nel mare indistinto

ne sarai parte, sì, sarai, soltanto,

e abbandonandoti a un  avito istinto,

 

fra te e il delfino unico esperanto,

ascolterai, da vincitore vinto,

non sai se un riso o un antico pianto.

                                       QuinPdcAgo19

*

Il sentiero

 

IL SENTIERO

 

E ancora cerchi vagando nel bosco 

il tuo percorso quale sia fra i tanti 

che dal tuo ieri ti porti piu avanti,

a tratti illuminato, a tratti fosco.

 

Ma chi è mai lei, questa donna di specchio

che fa in schegge di luce il tuo passato

rimescolando tutto ciò che è stato 

e tramutando in un giovane un vecchio?

 

Nessun debito è  stato cancellato 

mentre ti graffiano le gambe i rovi

e il sentiero ti sembra dipanato,

 

ma non per questo sai dove ti trovi 

(o se lo sai lo hai già dimenticato)

e la tua vita è solo ciò che provi.

                                   QuinCdaLug19

*

Tempi

TEMPI

 

Gira la mosca intorno al formaggio,

Il tosaerba ronza il suo rumore,

Corrono inesorabili le ore:

Tutto si muove e tutto è di passaggio

 

Dura il groviglio di immagini e scene

Non più del tempo della proiezione,

Sono due in uno il re e il buffone

In una trama che a stento si tiene.

 

Però ci avvincono i molti colori,

il movimento, i caratteri forti,

ci commuoviamo di addii e amori,

 

siamo più vivi o un po’ meno morti.

Ma a un tratto i giorni sono corti,

cade il menisco fra il dentro e il fuori

 

si mostra intero il percorso del viaggio,

saluti il mondo con i suoi odori,

che già ti pare un lontano miraggio.

                                         QuinCastellanoSett18

*

Tempo

TEMPO

 

Nel pomeriggio assonnato  e indolente 

mentre i colori si fissano al sole

e sono rare e fiacche le parole 

uno stormire, venuto dal niente

 

alto di fronde, improvvisamente

non un uccello più che voli o canti

né il sottofondo di insetti ronzanti:

allora sai che nulla è permanente 

 

e tu da solo rimani a pensarti

sempre lo stesso e a te stesso uguale, 

senza nessuno a cui allearti.

 

Lo senti dentro che è ingiusto e non vale,

cercando un luogo in cui ripararti

sotto la pioggia, in pieno temporale. 

                                                    QuinPcLug19

*

Miscellanea

MISCELLANEA

 

Lampi d’estate e antiche ballate,

Ore distratte in tiepide case,

Come oscure pratiche inevase

Ferite aperte ma dimenticate

 

E poi le facce, ovunque, affastellate

Come parole e tu sei la frase.

Questo è un editto, un decreto, un ukase

E mai possibile non lo capiate:

 

Siate chi siete, siate, siate, siate!

Ché non c’è altrove, non c’è un domani,

Né un perché, un chi, un altrimenti

Non è un bel gioco per farci contenti

Solo una cosa stretta fra le mani

Una fra tante, subito passate.

                                     QuinNov15

 

*

Iperico

IPERICO

 

Lampi di giallo caldo che raccoglie

La luce intorno e la restituisce 

E dietro il fondo verde delle foglie 

E intorno il mondo che tace e annuisce

 

Trasformatori di aria in colore

Come esplosioni, non una ma tante,

Pronte ad offrire nettare e stupore 

A qualche insetto o a un raro passante.

 

E stanno insieme il tempo e il fiore,

Via via ideando rinascite e morti

Lasciano indietro gli anni e le ore 

 

Come avanzando partecipi e assorti

Lungo il percorso da sempre ulteriore 

Di navi in mezzo a un mare senza porti. 

                                                       QuinPcLug19

*

Fate e streghe

FATE E STREGHE

 

Fra blu e celeste di un oblungo spazio

Che si rifiuta di essere descritto

Corrono in alto immagini di fate

Sempre appena comparse in lontananza

 

Sola difesa dal continuo strazio

Per un cuore sfiancato anche se invitto

Vengono a te le streghe mai domate

E subirai la loro arroganza

 

Fiele dolciastro a volte incantatrice

Ma se resisti rischi la rovina

Questo è il suono del vento che lo dice

 

Così mentre discendi la tua china

Cercando – illuso – di essere felice

Vedi già farsi sera la mattina.

                                   QuinΦισκGiu19

*

Un po’ di desiderio

UN PO’ DI DESIDERIO

 

Come, lei, senza un nome, evocherà,                

Il disperato che non ha più vita                      

Lei, sconosciuta che darà pietà

No, non pietà, la simpatia gratuìta               

 

Quell’impossibile eventualità                         

Di un po’ di leggerezza confluita                   

Dentro a un vuoto che la assorbirà                 

In un inferno di fame infinita?                    

 

Tu, bisogno incistato e onnipotente               

Che insieme vede e nega l’offerente                         

Con quale nome mai la chiamerai?                

 

Tu che il tuo nome hai perso o più non sai              

E con il nome hai perso l’esistente                  

Tu che senza qualcuno non sei niente           

 

Chi potrà mai offrire al disseccato                         

Te, a cui la sete ha tolto il senno                          

Quei quattro piccoli nei in quadrato,            

O solo quell’ accenno                                           

Di un sorriso adombrato?                                         

 

Involto inerme la pelle ti parla                                 

Dice cose che non puoi sopportare                   

Come un passo da non valicare                       

Ti ingiunge  e insieme vieta di toccarla        

 

E della voce il suono                                       

Morbido puro assenso                            

E l’odore che è un tuono                                           

Senza il lampo del senso                                

 

Involucro animato                                          

Pronto a smembrarti se non è smembrato      

Quel corpo è un ponte senza chiave in volta   

Con due inizi e senza alcuna fine                 

Gettato in giravolta                                       

Sopra un buio invisibile confine                   

Fra risa e pianti                                              

Fra anime vicine                                            

Senza fine  distanti.                                  

 

Non cercare più un nome da dire,

Sarà il suo desiderio a chiamarti.                  

Non fuggire, non spaventarti,                                

Non esiste altro modo di morire.                     

                                           Qgiu15

*

Desiderio

DESIDERIO

 

Nulla è abbastanza.

E un’immagine nasce

e filtra il mondo

mai davvero visto.

Così lo vivi ma infine sbiadisce

e si allontana il sistema stellare

che deformava il tuo tempo e lo spazio.

 

La presa scema e si va a allentare

di quella forza che vincola e lancia

e senza guida ti lascia a vagare,

non più satellite, perso nel nulla,

e ciò che esiste è infinita distanza.

 

No, non sparisce, di colpo distilla

solo un esangue e confuso ricordo:

ero così,  ero io per davvero

quella figura che non riconosco

mentre sfuggendo da distante guardo?

 

Erano sue le genziane e le labbra

e le ginestre dai rami di frusta

e la speranza di una vita giusta

o forse di ogni e tutta la speranza.

 

Solo rimane la disorbitata

libera corsa senza alcuna meta

di un corpo ormai fissato alla sua forma.

La vita è altro, mobile e inquieta,

e tu la osservi, lontano, scontento.

                                               QuinGiu19

*

D. dopo l’aquila

D. DOPO L’AQUILA

 

Bella,

per quanto ancora dopo tanti anni                

non so davvero che sia la bellezza,              

bella come una poesia sgangherata                                  

che poi ch’è stata composta a fatica                       

scorre veloce e è come illuminata                                               

da una sua luce di oggi e anzi antica                           

che mette a fuoco da tempi distanti               

l’ora presente nella sua interezza,                          

nel suo essere usata e insieme soglia.

Così sei tu, ilare porta aperta

per cui il passato sorpreso germoglia

mentre il tuo sguardo lo tocca e sconcerta

e il tuo sorriso gli rende la voglia

di andare nuovo in questa strada incerta.

                                  Quin per D. Mar18

 

*

Nevertheless

 

NEVERTHELESS

(Effetti secondari)

 

La incontrerai? Ma sappi                        

Per splendida che sia,                                

Per strana e mai incontrata,                           

Per quanto sembri tutto,                              

Non colmerà quel vuoto                                       

Che porti come un lutto,                              

Come una chiamata                                                                          

Verso la nostalgia                                         

E che, per lenti strappi                                    

 

Lo splendore che pure                             

Tanto ti ha conquistato,                                

Nonostante le cure                               

Dell’amore donato,                                          

Come un trucco di dei                                   

Tradirà te e lei                                      

Prima che il primo gallo                  

Nell’alba di corallo                                     

Due volte abbia cantato.                         

 

Resta triste e contento                                  

Perché pur tuttavia                                     

Quel pieno che non sana                                    

Quel vuoto che lo chiama,                    

Non son che una biella,                                      

Uno snodo, un volano,                             

Come l’acqua di un fiume                 

Che fra tiepide brume                                         

Scivola molto piano                                    

Quasi inseguendo il vento,        

                                           

E andando come sia                                             

Corre verso l’ignoto                                 

Mare che lo cancella                              

Ma indietro per la via                                     

Le pale di un molino                               

Ha mantenuto in moto.                                     

 

Nella farina bianca,                   

Nel pane che ora sforni,            

Trovi un altro splendore            

Di cui non sei più servo            

Ma che invece ti affranca           

E libera i tuoi giorni:                 

 

E’ un pieno più modesto           

Intriso un po’ di vuoto,             

E un nutrimento onesto,           

Fatto dal tuo sudore,                 

In questo nuovo moto              

Riempie le tue ore.    

                    QuinChissàquando

*

Photograph

PHOTOGRAPHfoto

(The days are just packed) *

 

Se pure i sogni a star lì irrealizzati

O peggio a compiersi e rivelare

Che resta sempre un vuoto da colmare

Te li ritrovi infiacchiti e svuotati

 

Quasi che i tuoi  troppi anni passati

Prima sospinto poi solo a sperare

Come uno scafo l’andare per mare

Li avessero pian piano scolorati

 

Allora studia, come dietro a un vetro

Quell’immagine che fissa un momento,

E ricordando – è un sogno all’indietro –

 

Sappi che quella donna e il tuo sgomento

Sono l’unico e solo vero metro

Della tua vita ch’è scheggia, frammento.

                                                           QuinxGioiaGen19

 

(*) "The days are just packed", è il titolo del fumetto di Calvin e Hobbes che la donna nella fotografia sta leggendo. A loro due, singolarmente e insieme, oltre che a Bill Watterson, il loro autore, la mia gratitudine per il prestito.

*

Il vento ci porterà

IL VENTO CI PORTERA'

Quella ha sognato di me e mi vuole,
Pure non riesco a desiderarla
Per quanto care siano le parole
Quando mi parla

Siamo finzioni, ruoli mal vestiti,
Ami calati, tramagli sospesi
E siamo vermi o pesci sbandati:
Predoni presi

E la mia voglia di te ha paura
Occhi di donna e corpo da bambina,
Il tuo parlarmi non mi rassicura
Se mi avvicina

Dal tuo sguardo al tuo sesso e' un lungo viaggio
Senz'altra mappa che quello che accade,
E parto solo, smarrito e in svantaggio
Come chi cade

Dentro a un sogno in cui tutto puo' avvenire
Dopo una lenta vertigine nera:
Che la caduta ti faccia salire
O che sia sera

Mi sento in balia di un destino
Che e' forse solo mio, forse di tanti
Senz'altra scelta che questo cammino
Che ha te davanti

Ma la fatica taglia il cuore in parti
Il sesso e' molle, contratto l'addome
E cerco in qualche modo di toccarti
Ma non so come!

Flusso mai laminare, turbolento
Pure sei cio' di cui io sono privo,
Sei il volto luminoso dell'arrivo:
Si leva il vento.
                QuinxGioiaCdaLug18 (*)

(*) Devo a Paul Verlaine l'ultimo verso - e quello successivo, nè scritto nè pronunciato; ai Noir Desir (cioe' a Denis Barthe, Bertrand Cantat, Jean-Paul Roy, Serge Teyssot-Gay ) il titol, e a un certo Catullo il tono dei primi 4 versi. Grazie a tutti.

 

*

Neso e Cassità »
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*

Non in silenzio

NON IN SILENZIO

 

Dove siete, fiumincorsa parole

adesso che avrei bisogno di voi?

Voi che sapreste come lavatoi

mondare il taglio che ora mi duole

 

d’acqua salata o di sangue denso

e aprirlo a un altro dandogli il senso

almeno di essere esposto e beante

fica in attesa di ognivoglia amante?

 

O almeno, se nessuno vi ascoltasse

di raccontare, a lei e a lei soltanto

la mia tristezza e questo fluido pianto

 

perché vivere è questo: poco o tanto

e nel silenzio è solo rimpianto

come un coro in cui non si cantasse.

                                    QuinperAlefeb17

*

The island in the middle

THE ISLAND IN THE MIDDLE

 

Un inibitore dei recettori                                                            

Della serotonina                                                                

Poi una donna vestita di bianco                                       

Nella penombra di un  aeroporto                          

Strani piccoli sfolgoranti attori                                       

Di una scena azzurrina                                                             

Per un copione nuovo e mai stanco.                                  

 

Da oggi mai più dirai che la vita                                      

Anche quella che dai per acquisita                                   

Non ti è sempre vicina                                                                               

O che ti ha fatto torto                                                        

 

E in quel gioco duro e controverso                                                       

Che è il passo indietro del pagare il prezzo                                     

Del guadagno che fa l’altro contento                                       

Quando si tratta di fare il giro                                         

Dell’isola di mezzo                                                            

Nel senso del tempo o all’inverso                                       

Sarà solo lo spazio di un respiro                                       

Poi lascerai che a guidarti sia il vento.

                                     QuinZanziGen14

 

*

Attesa al varco

ATTESA AL VARCO

 

Io sarò là quando cedendo agli anni                           

Avrai imparato ad averne paura                                  

Quando troppo abusata e meno dura                                    

La tua bellezza non farà più danni                                  

Non più capace del suo inganno strano                      

Che finge che sia tu la portatrice                                

Non per ciò triste, non di ciò felice                              

Di quel che sempre nella vita invano                                   

Cercando quello che non c’è mai è stato                      

Come una rotta una stella  inseguiamo.

                          

In quel domani avrò sempre abitato                  

E quel giorno se questo è il nostro fato                       

Liberi entrambi di esser quel che siamo                      

Ti accoglierò con un trito: “Ti amo!”

                                           Quin Chissàquando 

 

*

Il porto (o il mare)

IL PORTO (O IL MARE)

 

Il y a deux sortes de gens / il y a les vivants / Et ceux qui sont en mer. Jacques Brel                               

Ci sono tre tipi di uomini: i vivi, i morti e quelli che vanno per mare. Platone?

 

 

La stradine che scendono al porto                  

Solcano il paese come fiumi                           

Torrenti che promettono profumi                   

Di spezie e di donne di altri mari                   

 

D'altronde, se non sei ancora morto               

Anche tu incontrerai quel bivio incerto         

Che porta da una parte verso il porto                        

E dall’altra conduce al mare aperto                

 

Fare vela senza altro conforto                         

Che quel poco di scienza che hai del mare      

O da una casa (solida?) guardare                  

Chi ha avuto il coraggio di partire.

                                       QuinChissàquando      

 

*

Il poeta (2)

IL POETA (2)

 

Vi narrerò l’infinita bellezza

Del gioco una tantum sotto il sole

Delle parole nella loro asprezza

E lascerò che parlino da sole

 

Dirò desiderio senza contezza

Come colui che non sa ciò che vuole

Poi anima come si dice brezza

E pure corpo, anche se un po’ duole

 

Il cielo mi sarà uno spazio aperto

Solcato alto da voli augurali

E il mare, sì, dovrà esserci il mare

 

Così sarà, certo se anche a voi pare

Perché non siamo tutti quanti uguali

In questo nostro, vostro e mio, sconcerto.

                                          Quin BalealMar16

*

Il mare (1)

IL MARE (1)

 

 

Quando ti accorgerai del mio desiderio                 

Che certo schiavo di troppa bellezza                      

Ma di più ancora e con miglior criterio                 

Fratello di ogni tua debolezza                              

Come un cane sull’usta perduto                            

Giù basso il naso che il vento accarezza               

Ti segue ovunque ai tuoi passi incollato               

Ti stupirai o invece capirai                                                                  

Che  lo avevi da sempre saputo?                     

E ora quel sogno che vorrebbe  aiuto

Dimmi, fanciulla, lo deriderai                              

Come un miraggio senile e insensato?                          

 

Non farlo donna, non voler strafare                     

Non prenderti gioco del tempo                              

o di me                                                       

Che’ entrambi nuotiamo                                       

io e te                                                                  

In uno stesso identico mare.

                                      Quinchissàquandoedove

 

*

Specchi e meduse

           

      SPECCHI E MEDUSE

  

       AB =√x2+y2+z2-(ct)2    

 

Non coi miei occhi vedo te, me, questo

lucido specchio di vetro argentato                                

(in cui scopro un volto invecchiato

come quando da un sogno mi ridesto)

 

Dentro ho occhi antichi immersi nel mondo 

e non soltanto per un’ora o un giorno

ma in mezzo al tempo e con il tempo intorno

come meduse nel mare più fondo

 

Così fra i miei e quelli mi frastorno

e non so più se sono o sono stato,

un punto in moto o un eterno ritorno

 

e forse il solo vero rivelato

sta alle spalle di quello specchio tondo

poggiato a caso al centro di un prato.

                                               QuinMag19

 

 

equaz

 

 

*

Il mio amore è un’artista di strada

IL MIO AMORE È UN'ARTISTA DI STRADA

 

Il mio amore è un'artista di strada

Lo vedi da quel lampo nei suoi occhi

Azzurri come angeli barocchi

Tanto chiari che la gente ci bada

 

Però il suo sguardo che ride leggero

(Il suo mestiere in fondo è l'allegria)

Non perde mai un fondo più severo

Una tensione che non va mai via

 

Perché - è il bello dell’acrobazia -

Ogni suo volo è una rischiosa danza

Contro la forza che ti schiaccia a terra.

 

E io, che sono figlio di una guerra

Non saprò mai colmare la distanza

Da lei, o dalla strada, come sia.

 

Però so che, qualsiasi cosa accada,

Non scambierò per un gioco il suo gioco

Come fosse un affare da poco

Raccontandolo per ciò che non è:

 

Il mio amore è un'artista di strada:

Lei la conosce, e mi porta con sé.                 

                            QuinxGioiaCdAAgo15/Roma26Gen19

 

*

Un senso al tempo

UN SENSO AL TEMPO

Che metterai fra te e la tua morte
Per rallentare il tempo o dargli il senso?
Una genziana, un vento, un vino denso
O una compagna nuova, sconosciuta,
Mai immaginata, mai vista o voluta.
Non certo i versi di poesie contorte.
                                        QuinCdaLug17

*

Guardando te

GUARDANDO TE

 

Come altre volte ti stavo guardando

Con gli occhi troppo vicini al tuo viso

Quando di colpo per qualcuno dentro

L'arco dei denti si è fatto sorriso

E dalla curva del collo su al mento

Il quadro dal dettaglio ricreandosi

È apparso un volto che era del passato.

 

Il cerchio che si era completato

Mostrava come il tempo non sia

Il fiume che ci muove e porta via

Ma dentro noi una lunga addizione

Di istanti che in noi cercano un accordo

E che la vita é quella condizione

Di un sogno che insegue un ricordo.

                         QuinconGioiaPcAgo18

 

*

Falsa partenza

FALSA PARTENZA

 

E’ già lontano il brusio della gente

Assiepata sul molo, il bastimento

Che sta partendo, alto e imponente

Grande muraglia sferzata dal vento

 

Sotto una luna che il mare sottende

L’ultima cima ha lasciato la bitta

L’acqua dilaga, si allarga, si estende

Dietro alla poppa,  a babordo, a dritta.

 

Ma ancora questa la credi partenza

Con la tua vita abusata che sbanda

Orfana ormai di quel tempo recente

 

Quando ancora credevi all’esistenza

Di una risposta mentre è la domanda

Che adesso invecchia e non chiede più niente.

                                                Quin Giu18

 

*

Imeneo

IMENEO

 

Ti sposerei domani,

Subito, ora, adesso,

In questo giorno breve in cui rimani                 

Se solamente ci fosse ancora                        

Il tempo per un dopo, se non fosse                             

Riarso il corpo e insieme a lui il coraggio               

 

E però sì, ti sposerò lo stesso                          

Pronto a morire nel tempo di un’ora            

Travolto dal tuo sisma, dalle scosse,            

Ti sposerò perché non sono saggio                            

 

E lo farò perché tu sei la vita                         

Molesta e breve, spesso  indigesta             

Ma vista nel tuo specchio infinita.                       

 

Pure, nel poco tempo che mi resta,                              

Aspetterò che piova sul mio terreno spoglio  

Già, lascerò che piova, anche se non voglio.

                                             QuinperGioiaepoiaSivia&Pino15Sett18

 

*

L’alba prossima

L’ALBA PROSSIMA

 

Quando cala la luce e si fa scialba

e il mondo si riduce

a un nudo bianco e nero,

si accorciano le strade

quando il più è percorso.

 

O sono gli occhi ad essere stanchi?

O le gambe di andare,

il cuore di pompare?

No, l’anima, soltanto,

incomincia a capire:

nulla distingue il tramonto dall’alba.

 

                                                 QuinFeb17

*

Modesto invito (con Addendum)

MODESTO INVITO A DISCETTAR DI MORTE

 

Mi è richiesta, ci siamo proposta                         

Consuelo e io, accoppiata maldestra,                  

Proprio per oggi, in un giorno di festa                           

Una poesia che vi invogli a parlare                     

Della morte, come oggi ci appare                         

Così incombente e prossima e finale                          

Tanto che ogni giorno fa un po’ male                

 

Così ho provato a buttar giù parole                     

Come un delirio in un giorno di sole                 

Ma non n’è uscito il vecchio farci i conti          

O il comunque tenerci sempre pronti,                

L’accettazione, il cercare un accordo,                            

La compiutezza al saperla finita                       

La vita, come ripete  il ricordo                

Di chi ci ha fatto, presenza sparita                     

 

No, le mie rime  se ne sono andate

Per conto loro, come indifferenti

A dire autunno sì, e foglie cadenti

Ma in incredibili voli e planate

 

E anche foglie al ramo abbarbicate

Forti di vecchi rancori e lamenti

E desideri non spenti e potenti

Anche solo di vite immaginate

 

E i rossi e i gialli e gli sprazzi di verde

Che il riflesso di un’acqua disperde

In parole invernali sempre  vive

Poco sagge, arrischiate, corrive

 

Insomma, dentro ai miei versi avventati

Come una sabbia che scorre fra le dita

Per quanto tristi, a volte disperati

Non ho trovato morte, solo vita.

                                          

 

ADDENDUM

 

E allora sia l’invito a riesumare

Ciò che è stato ma è forse da inventare:

 

Te lo ricordi quel bacio rubato

Labbra a contatto per mezzo secondo

E il sorprendente arrestarsi del mondo

Ricordi ancora o l’hai già scordato?

 

Che nei tuoi sogni torni, come un tarlo

Sei tu quella, sei viva, non scordarlo.

                                          QuinNov17

 

*

Gli occhi del poeta #poesiapoeti

GLI OCCHI DEL POETA

 

Li avete mai guardati negli occhi i poeti?

Non dico quelli veri e "laureati"

I raffinati e virtuosi esteti

Che in versi abilmente cesellati

Trascrivono emozioni imperiture

Tradotte in arabeschi delicati,

 

Né dico, è ovvio, le mie rime impure

Per cui non ho che una modesta stima:

Io sono solo uno che "ci prova"

Mischiando narcisismo e umiltà

E per mancanza di capacità,

Svanisce e lascia lì il vuoto di prima

In cui qualcuno a volte si ritrova.

 

Invece lui li ha umidi e svagati

Gli occhi, dico, e non vedono niente

A tratti fissi al vuoto a tratti al cielo

Come smarriti o coperti da un velo

Solo di rado allegri e illuminati

Se d’un tratto la piega discendente

Delle labbra si alza in un sorriso

Contagioso e presto condiviso

Cui sempre resta un fondo un po’ dolente.

 

Gli oscilla il capo dietro alle parole

Che viaggiano nell’aria come in volo

Ci sono solo quelle e per lui solo:

un uomo solo con le sue parole

 

Però quello che dice lascia un segno

Sei lì e ti chiedi se non sia follia

Quel canto altrui che ti porta via

Come fa un’onda col pezzo di legno

 

Ora mi chiedo: è un servo o un padrone

E ciò che canta è suo o è del mondo

E lui subisce solo e non si oppone

O fruga l’universo fino al fondo

 

Dicendo l’io, la vita e anche l’altro,

Che con la morte il cerchio richiude

Con quelle sue poche parole nude

Che sembrano parlare di tutt’altro?

 

Ma poi li chiude gli occhi ed è soltanto

Un cristo appeso alla sua strana croce

E al silenzio appartiene il suo canto

Come al silenzio torna la sua voce.

                       QuinMar18 (a P.S., grato)

 

*

Como se hace el amor

COMO SE HACE EL AMOR

 

Come si fa l’amore?

Si prende dal passato

Un antico dolore

Mai davvero scordato

 

Si finge che sia andato

Come vanno le ore

Di un giorno un po’ sprecato

Senza troppo clamore

 

Si cancella e si mente

Come si nega un lutto

Fingendo che il presente

Sia veramente tutto

 

Che si possa incollare

Ciò che nasce spezzato

Come dai cocci un vaso

Sparpagliati dal caso

 

Ma è un volo molto breve

Di uccelli senza ali

Degni solo di  scherno

 

Resta una traccia lieve

Droga per noi mortali

Che ha un profumo di eterno.

                                   QuinMar18

 

*

Interrogativi

INTERROGATIVI

 

Ma la vita è un diritto o un dovere?

Una dura fatica o un piacere?

E qual è la strada da imparare

Godere, o soltanto non star male?

Verranno giorni di pioggia verticale

Cosa faremo, staremo a guardare?

                                 Quin  ott15

 

*

I am a lighthouse!

I am a lighthouse!

 

Una casa come                   

Sopra uno scoglio                        

Di un faro i riflessi            

Laggiù senza nome           

Su un’isola avvolta            

In tiepida bruma:               

Se una vita avessi              

Così, come voglio                

Per sempre o una volta        

Allora io credo                    

Sì, credo saprei                   

Da fragile aedo                   

Come gli alisei                   

Scordando me stesso                 

Morire di schiuma. 

                     Quinquando?

 

“And then, and then - this was one of those moments when

an enormous need urged him, without being conscious what it was, to

approach any woman, to force them, he did not care how, his need was so

great, to give him what he wanted: sympathy. ….” V. Wolfe To the lighthouse

 

*

Il poeta#poesiapoeti

IL POETA

 

Cosa cerca il poeta in quel che suole

Senza mai crederci chiamar poesia?

In una forma forse di follia

Di costruirsi un fallo di parole.

 

                               QuinZanziago14

 

*

Hydra

HYDRA

 

back cover of Songs from a room Leonard Cohen

 

Dove finiamo io, Dio, l'esistenza

Se tu seduta in fondo alla stanza

Seminuda nella luce che avanza

Annulli tutto con la tua presenza?

Che cos'hai tu di cui non so star senza 

Tu placida lattaia in gravidanza

E imperatrice degli elfi che danza?

Non può essere solo apparenza,

 

Sei tu, tu SEI, questo lo so vedere

Pur se il mio sguardo resta allibito

In te inizia e finisce l'infinito

Mentre noi siamo ombre passeggere.

                                          QuinZanziago14

(To Marianne Ihlen, then)

  Leonard Cohen on Marianne: “I thought she was a simple milkmaid but i discovered she was the imperial majesty of the black forest or a snow queen – something out of the north, made of crystals and darkness. Aside from all those mystical things, she’s a very good housekeeper.” Judy Collins on L.C.'s song Suzanne: "It was very present and yet it was very mystical at the same time."

 

                               

 

 

*

La via regia

LA VIA REGIA

(Elogio del backstage)

 

Ma sì, ditemi pure ch’è triviale

Che non è bello,  che a volte fa male

Ma in certi casi un bel rapporto anale

È il solo modo anche se amatoriale

 

Per toccare qualcuno

Per cui non sei nessuno

Per aprirlo(ah!)al diverso:

Non c’è proprio altro verso.

 

Così beffando il Dio

Il suo, ma pure il mio,

Che ha fatto questo mondo

Crudele e inverecondo

 

Su un letto o in un cesso

Arrivare al possesso

Intimo e finale

Da uomo ad animale

 

E inseminare un’anima

Frugando a piene mani

Come un verme da pesca

Penetra in una pesca.

 

Qmar15

 

*

La genziana

Sarà oramai marcita la genziana                        

Il cui blu intenso specchiava testardo        

Quell’aria alta che tesa vibrava                      

Ed eri il centro esatto di due mondi                     

Mentre sembrava che quel tuo momento   

Per sempre uguale sarebbe restato.                    

 

Oggi che tutto quello è quasi andato                    

Soprattutto non essere codardo:                

Non rifuggirla, evitando il riscontro          

Fra questo tempo che pare ti sfrondi         

Col movimento lento di una frana             

E l’uomo che mai sei davvero stato.                  

 

Oh, puoi ridurla al suo sapore amaro,        

Puoi dirne il nome, sperando ti ascolti      

Se non un dio, qualcuno a cui sei caro,     

Puoi ricercarla, domandando ai volti           

Quello di santa e questo di puttana           

Che viso avrà il tuo antico sgomento.       

 

Te la ricordi ancora la genziana                 

Che faccia aveva venendoti incontro        

E il suo odore nel mentre ti guardava        

E poi da te ha distolto lo sguardo             

E dolcemente ti ha dimenticato                 

Più attenta a un nuovo alito di vento?         

                             Quin con D. Mar18

 

*

Fra aneto e cinnamomo

FRA ANETO E CINNAMOMO

 

Dove mai troverai la pace uomo                          

che di ogni umor di vita prosciugato  

dentro al deserto viaggi verso un posto                   

in cui non c’è nessuno che ti aspetta?    

                                    

Non qui fra l’ombravento che accarezza,

come un’essenza colma di dolcezza                  

la tua pelle riarsa e stanca                                       

di quella vuota terra troppo bianca:                        

questo è solo un sollievo che scompare:

per un istante hai smesso di cercare.            

 

Non fra i glifi inintelligibili                         

tracciati da antichissimi scribi                               

parole altrui, che una cupola getta                          

in cerchio in alto su un tempio composto                

a celebrare una donna al passato   

ricordando in turchese e giallo cromo.                     

       

Quelle parole no, non ti riguardano         

e il decifrarle solo ti ritarda.                               

 

Dove troverai  mai ciò che ti manca?                                                  

Chiedilo a lei, pellegrina perduta                                 

lei come te dentro al mondo caduta,

se per caso nel suo e nel tuo viaggio                        

appare a entrambi lo stesso miraggio.                           

Forse lei ha qualcosa da offrirti                               

se il tuo bisogno non ti copre gli occhi                  

e ancora riesci a vederla e la tocchi.                    

       

Se un giorno mai la incontri fra la gente              

folta al mercato lascia che a colpirti                        

immagine isolata ed evidente                            

come da tutto diversa e più pura                    

nell’intrico di  vesti e viola e gialle                        

sia più della figura l’andatura.                               

   

Insegui l’ondeggiare delle spalle.                             

Ora rincorrila, subito, presto,

Fra gli odori di aneto e cinnamomo            

Fermala, senza alcun pretesto,                            

chiedilo a lei, anche se con lo sguardo

ancora chiuso, accecato dal sole.                                

 

Parlale ormai, da uomo schivo e tardo,  

di a lei le tue balbettanti parole.

Lei forse sa, lei forse può. E’ con lei                    

e nel tuo viaggio verso lei che tace                              

che tu sei diventato quel che sei.                                            

E’ lei che infine può offrirti la pace                         

quale che sia, foss’anche solamente                         

quella di chi non cerca ormai più niente.          

 

Di chi non cerca ma invece riscopre                    

una parola ormai dimenticata                             

ciottolo strano che la spiaggia copre               

scheggia di voce dal mare smussata              

 

E non sapevi di averla perduta                                 

come chi guarda e non riesce a vedere                

o uno che ha sete ma non sa più bere                     

quasi l’acqua gli fosse sconosciuta.                          

 

Chè lunghi e vuoti sono stati i giorni                 

Di cui il deserto ha cancellato il conto

Stando all’addiaccio o sotto yurte o tende            

Forse è arrivato il tempo che ritorni,                        

Quella parola, forse ora sei pronto:

E non più solo: qualcuno ti attende                   

 

Entrando in lei come si viene al mondo            

Dirai: “Così, ecco, è così che era”                          

Tirando  su come da una miniera                      

Quel po’ di  te che era rimasto in fondo          

 

Ma se quaggiù fra cinnamomo e aneto             

Lei non dovesse oggi palesarsi                                 

Cercala ancora con cuore più lieto

Sarà domani, chi lo sa, può darsi.                      

                                      Quin SamarkandeRomaLug17

*

Il poeta e la donna #poesiapoeti

Quando un poeta, di qualsiasi età,

Volto, voce, comunque un poeta

Vede una donna non è un’ora lieta

Perché lui lo sa che non è lei quella

Neppure veramente così bella

Da così tanto e per sempre smarrita

E in verità mai realmente esistita.

 

Ma sa che neanche questa incontrerà.

 

Sa pure che se uno sconvolgimento

Di ogni ordine dell’universo

Permettesse un accadere diverso

E un nuovo inusitato momento

Lì, in quell’istante, in quella via

Lo cogliesse infine impreparato

Sarebbe la morte di ciò che è stato.

O l’inizio di una nuova poesia.

                                             Qnov14