I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Un punto a favore
Il giglio di mare si estingue tra le orme delle correnti che vengono dal porto e perdono grasso lungo la battigia. Chi è corrente non sempre va di fretta: spesso l’amore, anzi: certo, l’amore!, chiede di accogliere a tempo debito una promessa di millemila partenze che fecero l’epoca dei corrieri in genere. Più o meno ai giorni della grande alzata di spalle per la funzione dell’orizzonte che sollevato a davanzale e, giù di lì, il vento con l’aria di stare a facciata in altri elementi: odori di rilievo, roulette dei semi, imposte chiuse dove il sole batte in durata la notte e amori freschi, amori brevi un ahhh!, ingialliti col bacio, spacciati dai denti nei possedimenti. I piedi a sostegno dello jogging increspano il piano della sabbia: orma per orma l’occhio trova energia nel punto in cui fa buona pesca.
Id: 71688 Data: 07/09/2024 13:47:07
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Mai fatta un’opera buona
Sono un esempio per questo i caduti greci fermi sulle piattaforme di Poseidonia con l’aria dei fatti di cronaca legati a queste orme e agli agenti secreti dall’atmosfera. Certo la performance dei costruttori è ricca di talento per la buona disposizione delle pietre (il cuore è la roccia che origina vette o fa battere i deserti) ma i marmi per quanto duri hanno diritto alle trombe. A caldo direi non c’è più tempio per questo: inesorabile agisce quel verme solitario dell’orologio che digerisce persino l’universo. Perculiamo i climatologi sostenendo che come fu o come non fu, l’inferno era già finito al fresco, sottolineavi con successo. Ma davvero è successo? Cosa è, allora? Il successo è quel riconoscimento che la polvere dà per le parole al vento, udite udite! E la polvere qui è tanta: finisce sull’alloro, sulle orme, scrocchia in memoria con calore a volte. Voglio aprire una fabbrica di condizionatori, questa sera. Gente che sappia ripetermi “stai fresco, stai fresco” come fa la grandine schiacciata dalle suole. Ma il frigo di casa non basta, lo so. La sua accuratezza non è sempre fredda, a volte usa un gelo di qualità umana che innesca il deperimento sgominando il cuore e la pietra anche se si contrappongono allo stesso tempo.
Id: 71625 Data: 28/08/2024 15:34:56
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Interruzione dell’acqua
L’avviso era per gli utenti una presa di coscienza: posi gli occhi sul comunicato ma non è che basti il linguaggio burocratico ad affrontare la pulizia dell’essere. “Il giorno tot, dall’ora tale all’ora poi, verrà interrotta l’erogazione dell’acqua per riparazione dei guasti della condotta.” Tutto in un fiato come i cirri all’improvviso compaiono in un’atmosfera serena interrompendo lo scattering scoperto nell’azzurro a tutto spiano. Il giorno tot allora tale fino ad allora poi, verrà interrotta l’erogazione dell’acqua per la condotta… La condotta! è sempre stata il cruccio che mi ha reso tardo sui libri, senza la lingua acconcia al primo bacio e inadatto per le occasioni che contano. Non ho fatto caso che la lettura stracciava dai legacci la memoria tanto da creare una similitudine: essere umani significa portatori malati di candore angelico o divini scolapasta.
Id: 71540 Data: 17/07/2024 11:53:46
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Che succede se
Se ti prendo per mano è che mi aspetto tu mi dia una mano e non per usarla quale altra presa in giro. Intorno non si vede anima che sostenga la fisicità dei contemporanei (lo spirito è quello di sempre: lo avverto ma non viene dato per certo) eppue, sommando i vigili assenti ai passanti distratti si ottiene per addizione una certezza: la Terra è rotonda o piatta ma occupata con tanto sentimento. Quando provi a superare la solitudine, un frettoloso saluto misura la velocità con cui attraversiamo le storie incidenti. Preferisco evitare quei cenni col capo e dichiarare apertamente non ricordo il tuo nome però la faccia scava il silenzio da sola e dice qualcosa che serve a poco. Così la riconoscenza dà alla memoria un ruolo da protagonista, ma quando la notte salta sulla schiena e lancia al galoppo la sonnolenza, una cuspide della stanchezza equivale alle dita messe alle strette dipanate dal dorso.
Id: 71478 Data: 08/07/2024 15:04:53
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La parola stufa
La tua sagacia chiedeva attenzioni straordinarie, quasi una pulizia dell’ascolto di modo che per capire la vera natura che la lingua coltiva occorre guardare come si piega il gambo del tono quando lo modelli a pieni polmoni. Una ricerca di contaminazione, la mia prende la parola e non dichiara che davvero il fornitore è il Devoto Oli. Quindi apparendo a volte stucchevole tagliavi il detto come il grano alla base, quello, per intenderci, che secca una volta e per sempre. Giallo per giallo, aspetto che maturi lo sfusato più che quelli montatori, te ne uscivi. Le tue parole fioriscono nello stomaco o sono porzioni di suono che la mente incolla col senno di poi? Chiedevi. Sei un rondone che pare dia lezioni di acrobazia ma sopra di lui è il falco che impara come piantare gli artigli picchiando sodo. Questa esposizione non dà lavoro, dice l’ombra al sole. E fa caldo come la parola stufa.
Id: 71452 Data: 04/07/2024 17:52:59
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I residenti
Con una spudorata somiglianza ai composti volatili (presi a modello di aereo, dei o chi ne fa le veci) il drone usa comandi remoti per colpire adesso: sfrutta questo paradosso in presa diretta poi tira fuori lo spirito innato e dissolve i concorrenti. Suggerisco di salvare i contatti in una memoria capiente. Ricordo per l’occasione profili associati ai fumi molesti: ovunque (che in arte è l’universo) viene fatto divieto guidare in stato d’ebrezza; ma la brezza, spero, qual buon vento ci meni al fresco. Può far male come quando sudiamo esposti ad una tiritela di perché e quando nullafacenti. Niente è peggio ma viene destinato in successione ai morti, che, come si sa, sono svitati realmente. Sono cerniere battenti senza bandiera. Con gli zoccoli, zoccoli a tamburello, ventre a terra, taranta il capriolo in salvo dal lupo - che cerca il tenero o l’indifeso o il malridotto o questa terna insieme - ma il lupo rifiuta il domestico succulento per un naturale sospetto: “In una mano tesa ed aperta c’è sempre un inganno che di là passa alla gola e viene all’orecchio quando è subdolo sapere e tacere come sopravvivono i resi denti alle tante primavere.”
Id: 71288 Data: 19/06/2024 12:00:15
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Quando posso prendo fiato
Lo dichiaro ai mercanti di letizia e a quelli della compassione: lasciate che la vecchia Europa argini patemi a voce spiegata, e mostri il negozio fronte strada in pieno traffico di vettovaglie. Non curatevi del dettaglio, spingete sull’ingrosso e sulla trasparenza: gli oceani quotidianamente sbattono il capo su uno dei capi del profilo costiero a perdita d’occhio. E l'occhio vaga a filo dell'onta, piccolo canotto sopra mentre sotto sotto tante buone intenzioni a mano aperta si tendono verso l'ovest che affonda. Aumenta il deserto dove le dune si agglomerano in cemento: aspettiamo che il vento setacci il grido dell’allodola a ridosso di un miraggio svanito in pace. La realtà può colpire fino a togliere il fiato. Il sogno prende corpo quando proietta ombra. Il perno è la luce. Anzi, dicendo “senza contare che la notte è primigenia”, il desiderio cerca conferma ad una mandata.
Id: 71238 Data: 14/06/2024 11:45:42
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La cecità delle piante
Sia lode alle campanule tanto timorate da nascondere nelle rogge lo scarabocchio in fuga. Diventano ombre a frotte di cinquanta al dì, qui (nel confine sotto stimato) e più di mille al dì, là (ovunque perduto). Sono minori che sfuggono al sacco della malavita. Una quantità inusitata - già se fosse uno soltanto - calpestata da mostri che pesano la primavera in carne ed ossa. Alcuni raccolti in un bouquet da salotto altri semplicemente spazzati da un’onta e soggiogati a piacere - molte parti in patchwork orrendi portati all’inutile eterno. E taccio di quelli dilaniati o ridotti in terra dai guerrafondai, come sacchi in trincea. Solo credere all’inesistente permette di sopportare la scomparsa in un’altra presenza. Fiore piegato dai colpi d’aria viziata: un respiro che secca.
Id: 71141 Data: 06/06/2024 14:34:40
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Chi sono
Sono terreno della peggiore specie, friabile fino a comparire minerale a più riprese. Questo è il nocciolo; questo, in terra. È l’umanità che aumenta il volume mentre si perde la polpa. Il succo è indifferente. Non ne afferro il senso, ma magari il frutto non sarà tormento. Allora sia lode ai polmoni verdi, ai vomeri rossi, alle gocce ingiallite dal pulviscolo atmosferico. Non fate caso alle differenze come le differenze non fanno un caso di noi. Adesso il prato è un libro aperto e i papaveri seccati segnano punti salienti, il meglio esposto nel dialogo con il vento: Lui piaga quel che gli pare ma offre ossigeno a noleggio, a lungo termine si spera. Fino ad allora sarò stato consentito da una presa di posizione di due terreni, mantenuta forse per qualche minuto e depositata nel ventre con la speranza che fossi una cima, non la frana che devasta l'alveo dove ha messo piede. Un serio problema, vi dico, in base al dettato 'servi del podere per cambiare la terra.' Non ne afferro il senso, ma magari nel solco si trasformerà la trincea.
Id: 71059 Data: 28/05/2024 14:49:18
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Sollievo a stento
Sostengo il traino e il ruolo del rimorchio ma non li adotto con la conoscenza dovuta: nella storia di un trasporto ha una sua parte la risoluzione della motrice. Vado dietro dichiarazioni, a traino dei suoni; aggancio gli occhi alle forme ma credo che in ogni senso mi trascini l’emozione. Siamo meno che stelle ma l’ignoto ci cova: quanto trasporta? Siamo rotabili, percorsi da colpe che ci solcano e nel tragitto ignorano i segnali dei lavori in corso. Un colpo di sonno ci porta fuori alle volte. Sollevi il mento e vedi coriandoli fermi che fanno la festa a qualcuno che non si può raggiungere. Le mappe stellari appaiono come segreti di cui si parla solo di persona; e si cercano segni per trovare sereno. Dopo la pioggia ho un’altra idea delle brutta aria che trova il sole. La stella sostituta in ogni fede, e ne sono testimone, come sospetto, credo, come poltergeist per verso. Vado dietro voci, figure, apparenze, coltivo giochi di ruolo e sono stalker per Gil, mi infilo nei panni come una lama crea nel tronco la distopia del guardaroba, pieno di pinze a molla dette mollette per indicare che, se ci sei dentro, il vestito non ha un ometto, ma una sorta di tensione sartoriale: la cucitura tra essere ed apparire di sostegno. Sostengo il rimorchio mentre indosso il suo bel maglione, più alto e in forma di me. Capisco l’insopprimibile pesantezza del precedente, sicché superare l’anagrafe è di uso comune quando la sete dell’età ti prende, per ciò se ci fosse sollievo nel bicchiere squaglierei anche il vetro per berne.
Id: 70997 Data: 21/05/2024 15:04:55
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Derive
Sembravi rassegnato all’estate che muta i costumi, porta le vivande ai rinfreschi e le vele che fanno camiciole per quelle rotte. Averne vissute tante sull’onda non è successo, ma esercizio che auguro agli sgombri, checché si racconti dei pesci azzurri o alla ricerca delle dimore in questa o altre nuvole di parole. In cielo ora non guasterebbero tante penne scagliate come droni. L’estate cambia le figure geometriche piane in poligoni di tiro per gli occhi e, se l’inclinazione lo consente, impiega lo schizzo per preparare il disegno al gioco delle ombre: un motivo per mettere a fuoco i sogni dei carovanieri del posto. Io ne bevo, ma tu ancora sei fonte a gocce. Così cerco derive che tornino amabili.
Id: 70936 Data: 15/05/2024 11:22:26
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In coronata
"[...]Se un uomo si vanta delle sue poesie, verrà amato dagli stolti. Se un uomo si vanta delle sue poesie e ama gli stolti, non scriverà più. Se un uomo prova un ardente desiderio di attenzione per le sue poesie, sarà come un somaro al chiaro di luna [...]" (Mark Strand, Il nuovo manuale di poesia) Achille annegando in un mare di ragioni l’ondata di collera che non bastava coscienza per contenerla, nemmeno si accorse che Ettore aveva preso un granchio e gli andò contro col suo furore come se l’altro gli avesse troncato netta una chela o l’incendio delle tolde achee avesse distrutto le passerelle di Atena. Ettore si accorse che la ferita è tale se guarisce, ma nelle orecchie la pressione della battaglia è un viavai di pesci (avrebbe detto un banco, ma che branchia sarebbe quella della squama che rende un quasi eterno oceano occupato dal suo dettaglio vitale mentre spunta per tempo la tempesta del Mirmidone?). E tu, Antifo, che non hai amato come me quel Rombodituono, sognando sulla mia isola di essergli compagno in almeno una azione da acrobata sottoporta, non puoi capire quanto il Divo fosse un vero colpitore per gli avversari di turno. Immarcabile anche con riserva di schieramento. Opposte, le fazioni fanno intera la guerra; alleate, sono più divise che uniformi. Vedi, mio giovane amico, resta la trovata del cavallo con la pancia piena. Una odisseata se vuoi: mettere due teste equestri sul fusto di una trireme e lasciarla davanti alla porta sinistra perché si pensasse ad un dono maldestro! Ma ti pare che dopo millemila cadaveri si ricordi una sola corona?
Id: 70838 Data: 03/05/2024 15:01:03
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Furore con gemito
Mi fecero entrare nella chioma del Pelide. Sotto di essa un’orda di guerre e duelli e brevi pause sul kline (aggiungeranno una ics per chi raffredda). Così accadeva nella tenda mentre sulla piana mosconi e tafani sgraziavano gli argomenti di arti, con torti perché nella furia manca la lucidà di colpo. Avevo già venduto rotte aleatorie per approdi casuali con buona pace delle tratte turistiche. Un lavoraccio, lo riconosco, Antifo! Più della rosa che per catturare il sole salì sul ficus incuneandosi senza sfogliarlo. Privo di capo, il male non ha seguito e può essere il principio del bene. Come noi ora, andò a sedersi sullo scoglio che è la platea dell’orizzonte dove puoi vedere a fondo un sogno o un sarago con il suo argento, le pinne gialle e la macchia nera in coda mostrare la freccia mentre passa la caviglia. Lui non prestò attenzione, perché a colpirlo non bastavo le parole. Quale impulso rimise in campo il figlio di Teti? Il cambio di turno in amore con l’assente di turno. Eros rende schiavo chi ritiene schiavo l’amante fino alla contr'azione dei lumi. E si sa che la fiamma riscalda se si contengono le lingue. La vendetta non chiede argomenti a sostegno, ma furore con gemito.
Id: 70589 Data: 22/04/2024 12:32:56
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Essere combattuto
Si sa che nell’erba ‒ pure incolta o ignorante ‒, le greggi muovono le mandibole più che l'occhio del ciclope. E siamo consapevoli che il ciclone è nell’aria una guerra tra elementi cosiddetti avventori del locale. Ma davvero davvero ciò che entra nella carne prende sapore a memoria? Questo mi chiedevi, Antifo dal bianco chitone, e risposi con una gemma da orto retore: e se Paride avesse informato il re padre delle sue intenzioni, più che informarsi della regina da ratto, quali dei tanti sarebbero ancora con noi? Il sangue non è aereo ma schizza nello spazio spinto dal cuore oltre il necessario, se tanto tanto se ne fa mansione. Uno shuttle lanciato nell’orbita di pachamama, che mi piacerebbe conoscere, Antifo. La tua linfa cola dai denti del monocolo gigante lì impalato per avere tregua. E fu la fuga a renderci soli con tutta la luce che venne dopo. Come ti dissi sul pontile, quel che atterrisce nella partenza per la guerra è di farla in tempo.
Id: 70523 Data: 11/04/2024 12:20:03
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Paradono
La sensazione è che nel giardino di mio padre un pezzo di terra somigli alla luna, e adesso manca (non la terra nè la luna). Tanto sporadica vi appare la vita che la motozappa è un lusso. Eppure lo spazio è fecondo ancorché pieno di polveri che si aggregano nei telescopi. “Quindi ti dico, Polite, amico mio, cerca la terra che ti portò a bordo con il bagaglio di guerra e rendila fertile per la lingua naturale dei volatili e per ogni genere di vermi, uomini compresi, ma non credere alla salvezza che lo scudo offre: quello sbarca ai porti solo le ripartenze.” Polite, demone di scoglio, accorto nello sguardo amava la donna che mi amava e io non amai più del viaggio tra millemila ignoti, così lo interrammo in quell’orto mentre annodava all’albero di maestra cime venute dall’altro mondo. Intrecci di battaglie tra colpisci e schiva, affonda e strappa, fino alla Mustang verde lasciata in dono sotto le mura e che nel motore aveva uomini affamati di marmi e bronzi. Un bagaglio di corpi straziati e colpi strazianti che quei doganieri non colsero nel mental detector. Paradosso del dono: la sorpresa non è sempre una gioia. Come la sorte.
Id: 70493 Data: 08/04/2024 13:09:07
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Fregata
“Non mi fido della resistenza della costola, Euriloco, perché la fiancata vibra per cedere al torneo dei remi.” La mano erpice sull’impugnatura usa il fulcro dello scalmo per tirare a sè il mare restio a qualsiasi solco (la marea, per definizione, si muove se viene attratta dalla parola lunatica, o anche se riceve una spinta pari al volume che la segna.) Lui, Euriloco, preso da una mosca inseguita a scarti del capo, improvvisi quanto netti, - quell’attenzione degna di miglior preda -, non aveva altro che reagire ai fastidi. Un poco a memoria e tanto per l’umore: come l’amore… quando l’hai assaggiato. Gustava la prua da polena, Euriloco, e apriva il libeccio come le fregate sanno fare, gonfiate e rosse con la magia dei corteggiatori: in ogni vagabondo si trova una direzione che fa gola. Fanno leva sulle isole come la gialla stagione dei mosconi. Oppure le gocce di sudore. Pieghi la schiena e la rialzi per attrarre a te il vogatore; e questo sembra il bel presente: lo sforzo prende lo spazio tra il ventre e un mondo di carnieri. Chi si apre non vede meglio, perciò anche in terra seguiamo chi è in voga. Tra tanti elementi, Euriloco, arma l’anima un soffio dal mare abbandonato.
Id: 70459 Data: 04/04/2024 12:32:19
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Alla prima uscita
Attua la risalita dal tronco la banda delle gemme a scoppio come venne viene marzo a giorni nel solito giro di attrazione tra i corpi celesti e non previsti dai massaggiatori dell’orto. Quanti ne saranno? Anche tra gli astri sono innumeri i rovesci di atmosfera. Proprio quella giusta non si vede. La razza umana è davvero una replica di ciò che la sovrasta, perché cadendo i frutti restano nel perimetro della chioma cannibalizzati dalla radice. Così va il grosso e il piccolo a perdere gli anni nel fiore degli anni da finire. Oh che meravigliose suzioni ci aspettano per tornare in circolo! Dai capillari alle barbe è come passare in salotto dove solo il sofà ha fede nella distensione quanto nei congedi. È battaglia per l’idraulica in quelle trincee: se ti appoggi a pena, le palpebre serrate fanno incubi su due piedi.
Id: 70387 Data: 25/03/2024 16:44:37
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Silenzio a parole
Poggiato alle pasque con l’agnello di glassa e mandorlato per tenere a freno la lingua al servizio degli occhi, troppo vivace e già fonte di strepiti di lungo corso, stava l’uomo con la gamba incrociata alla caviglia, come se gli arti fossero inferiori quando si incontrano e superiori se si tengono mano nella mano. Sia detto, perciò, che la coscienza del sè non ha niente a che fare con i trascorsi della bocca ma da quelli toccati di persona. Diventa essere lo strepito e si cuce ai bronchi con il filo di fumo a piombo, proprio lì dove vorresti avere un bruco, segno che per introdurre echi nel silenzio occorre fragore di consunzione. Ossia ruggini dall’umido dei desideri che hanno fatto le balaustre in cuore. Ma se si scioglie la caviglia, se la gamba funziona, al diavolo la posa, urlerà la pasqua in gola! La mia generazione ebbe i fiori con millemila comunioni. Fine della concorrenza. Condivisione, perché la concorrenza esaspera la solitudine più della velatura nel fuori onda. Oggi decollano i pamphlet delle rivelazioni. Per questo gli aereoplani creano il flusso d’aria necessario al volo mentre gli uccelli fanno meglio da stormi. Si dice sia capzioso ogni silenzio, ma dietro lo strepitio della memoria come nella dissoluzione dei sogni c’è un dialogo muto o un foglio che fanno le veci, messa in conto la potabilità della parola.
Id: 70258 Data: 08/03/2024 13:55:27
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Con le squame nella rete
Liberaci dalle maglie della rete o tu che porti sul carapace l’endecaverso cui non dobbiamo il verbo e il bacio, ma il flusso e la gabbia. Fai che non sia la parola il tragico croupier e le promesse spuntino nelle misure d’acqua come i bicchieri e la lingua, che per questo si pone da terra. E la terra, questa terra, scruta le onde per il miele dei pesci ma ha perso la cittadinanza delle sardine per conquistare la nazione dei motoscafi. Ai piedi della sabbia c’erano calzature che facevano incespicare la risacca. Figure perse o lasciate con l’orizzonte contratto. Per fortuna, e per liquidità disponibile, l’onda porterà la soglia marina più avanti e la terra, questa, sarà scoperta dai tetti. E, lì, il giovane avanza.
Id: 70197 Data: 29/02/2024 10:48:15
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Gigi
Stanno scomparendo i miei sorrisi dai visi che li avevano portati al mondo come identità di spirito. Si stanno riducendo i nomi da cercare: sulle porte e nei portoni cambiano le voci ai citofoni. Gigi è un dente della vecchia città che ricordo di nuovo, forse perché adesso lo avverto con la lingua caposaldo d’amore. Ah, che mese gennaio che ha spento luci e amicizia in corso! Ingigantivano le feste dei datari e le date guizzavano senza contenersi al largo. Ma adesso il golfo fermo si accosta al tuo scoglio con il suo marmo bianco. Dall’ultima volta i cristalli del sale pruriginosi attestati dell’acqua si trasferiscono in lacrime testimoni della fortuna di averti in corpo. (a L.L. - RIP)
Id: 69869 Data: 16/01/2024 13:32:12
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In cima al calendario
Siamo nel primo foglio del calendario. Siamo lassù, tra i fori che testimoniano lo strappo o la giravolta dei mesi accartocciati. Siamo a cavalcioni dei flûte di rigore. È la prova che in quel punto lo spirito dichiara il sangue un buon trasporto e mischia il capogiro con un rigurgito del cambiamento mai avvenuto. Poiché è visibile il mondo dopo il diluvio tergiversato, posso affermare che noi siamo lo scroscio peggiore venuto in terra - nessun’altra terribilità è stata così tanto invasata. Nell’improbabile visione della colomba nella cerchia degli ulivi, la verità dei rami sta nella bocca dei cannoni dove i falchi beccano pallottole mentre l’anima rincula e i bossoli vuoti sono espulsi come fronzoli della ragione. L’uomo seduto accanto a me rifà il brindisi fino alle lacrime, senza pietà. Ha chinato il capo perché fare la festa a qualcuno impone che solo alzando il gomito si lascino i ruderi in pace.
Id: 69775 Data: 03/01/2024 18:15:16
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Impiccata all’alba l’ex sposa bambina
In alto staziona il piombo dell’acqua e sotto il timore dell’onda che dona l’invaso. Di sicuro una furia lascia il segno della stessa taglia. Comunque sia, poco cambia se non cambia l’abitudine di punire con malvagità il dolore che ti procura ciò che non comprendi. Pare scontato, ma è difficile spiegarlo anche in cielo che tutto comprende. È inutile la violenza dell’uragano per scardinare le imposte. Un battente alla finestra si riconosce dalle nocche brutali piuttosto che dall’usura delle cerniere. E pare non si asciughino le lame sul gocciolatoio con la stessa aria dei polmoni, ma di taglio diverso: il mordente lascia a bocca asciutta. Quando castighi infliggendo privazioni rinvigorisci la disperazione che porta alle conquiste. Le conquiste sono colpi sotto la cintura, dove la lingua si riduce all’articolo maschile presupposto male. Voi vorreste che l’uragano e il suo piombo, ligio alla vigliaccheria del precipitato dall’alto, violento fino all’atterraggio, dimorasse in cucina, al vostro fianco? No? Non lasciamo che ci faccia strada.
Id: 69674 Data: 20/12/2023 11:37:39
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Quindi punto il dito
Dalla sua posizione il computer risponde congiuntamente all’uso delle dita e alle corbellerie della mente. Come questa che segue: l’umanità, quando viene colpita dalla sua stessa ferocia, si strappa la pelle ma non scopre gli occhi. Naturalmente, non tutto è dato: questo è a conoscenza anche delle macchine. Le macchine prive di dubbi ma zeppe di mobili virgole che le biblioteche hanno ceduto in conto capitale, a titolo perso: in formazioni come per migrare contenuti a più continenti. Dando le spalle al cielo, il pianeta oceano accetta isole sintetiche e le solleva. Da terra, dove passano gli eserciti in calore degli imperatori correnti. Noto come le truppe in assetto di foglie non fanno gli stessi passi delle marce: cadono verdi, mimetizzati a morte. Li coglie la strada priva di segnaletica orizzontale che indichi la direzione del fronte e la corsia della pace. Se per questa necessita l’intelligenza meglio mantenersi al naturale.
Id: 69578 Data: 03/12/2023 18:24:48
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Per aspera ad aster
Guardavo l’aster tra i quasi troppi anni nel giardino che conta. L’anagrafe è arida: a ‘sto punto la stagione è desolante. Svetta il numero ecumenico dei decenni, una frana ha spogliato il fianco, la pietraia di pochi giorni muta. Come si racconta è la roccia scalata per scavare una buca. E in quella buca ci getta la mancanza di fiato sopraggiunta. Nel giardino l’aster si espone e viola il suo traguardo. Lilla, per meglio indicare la giovane pianta lì in persona. Quel fiore ha tutta l’aria per gonfiarmi il petto: luminoso, snello, profilo egizio, fa capolino il mento, e la fragile raggiera finita nella cruna di settembre per cucire la bocca a ciò che sento. Provo amore per una chioma di petali influente. Quando la distanza tra due esseri supera l’orizzonte compresso dall’anagrafe, la posa che osservi mette tumulto nelle fibre del giusto orientamento: una contrapposizione artificiosa usata in natura solo dalla moka in attesa del caffé. Le lancio uno sguardo appena vivo mentre infuria la nemesi di stagione. Non voglio andarmene. Adesso no.
Id: 69240 Data: 12/10/2023 12:20:45
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Lavoro consonante
Siamo trasformatori efficienti, figli del consumo corrente. Siamo i contatori delle rivoluzioni, abbiamo il calendario nell'orbita. Facciamo solo letture di controllo, noi che abbiamo contratto il male del tempo: non coniugare il futuro. E non c’è un’oncia di vita nella biosfera che non trovi parcheggio al centro commerciale - perché mettersi in vetrina non è male se il bel vedere arricchisce il panorama. Trasmutiamo l’immaginabile in commestibile, poi in compostabile, quindi in salumeria. Il salumiere ha le mani legate e so che mi leggono gli accoliti delle vendite prima che il bisogno sia manifesto. Il foglio che accoglie quanto mi fa a fette ha un peso nell'economia della carne. Utilizza un albero di natura morta che sulla carta paga il bosco. Portiamo dentro la tara delle asce per la circostanza delle pareti attrezzate. Siamo le borse o solo le cartelle, fate voi. Gil, il mio giovane mental coach, figlio di altri figli, padre dei padri che parcheggiano in lui, sogna ancora quei sogni che non rimboccano le coperte, anzi, lo scoprono per freddarlo. Per questo testo la trasformazione in argomento.
Id: 69190 Data: 03/10/2023 17:21:17
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Per certi versi sono già passato
Mi fa notare che la mia sintassi è a placche e genera protusioni della spina verbale. In pratica, la discopatia compare in parole povere storpiando il tronco a capo, cosa che addolora il lettore. Un obbrobrio, per il suo gusto. Le voglio spiegare che scrivo mela: che peccato!, ma intanto la zolla sulla quale insiste la regione frontale sposta l’espressione e genera vela: che pescato!, Lei obietta che è solo un gioco lessicale, non certo poesia. Vorrei sottolineare che davvero io vedo il frutto gonfiarsi nel vento e trasportare l'umanità sulla riva sbagliata (nemmeno le dico che tutto nasce dal fare rotta su Dio!). La pancia in piena forma gravida della polpa ora gravita in un gioco che più di un gioco non sarà mai. Navigo tra le righe come un brigantino con il sento in poppa. Serve spiegare le parti di un componimento? Gli ingredienti non sono quelli soliti, d'accordo, però il cuoco impiatta a modo suo grani carni e crocchie di angosture comuni. Io lo faccio svuotando la polpa in vista dell'ultimo torto che andrà in porto: noi scemati da incomprensioni.
Id: 68929 Data: 27/08/2023 18:19:00
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Chiamo chi amo
Lascio Wyslan alla fonda sul letto - il distributore dei sogni fuori servizio - e sempre più mi pare Cohen, Leonard, che da poco ha attraccato al molo di sottoterra. Me lo sento. I tratti del loro viso insinuano circostanze d'altro genere e halleluja, Atlantide: who by fire, ma sono scrostature dall’idioma di turno, paradigmi di contorno. Il naso come il promontorio di capodorso, sotto lo zenit increscioso degli occhi fissati nel silenzio fotogenico, oltre il golfo labiale, oltre le parole misurate a frotte. Questione di stili da non prendere con le mode: ascolta la voce di questi - dicevo alla testa del gruppo -, non il mormorio di fondo. Dance me to the end of love o tell me the truth about love. Preso da queste note, entro in una goccia per scoprire se sul loro oceano versato a mano ci sia un tifone tremendo. La poesia è doccia o scolo? La chiromante direbbe di seguire la linea letta mano a mano che il cuore viene spinto fuori ad un palmo dal cervello. Sudo, sì: fatico a capire chi ha lasciato il letto e perché. E poi chiamo chi amo, per scrivere solo.
Id: 68896 Data: 21/08/2023 15:13:58
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Non era proprio così
Ti guardo da edera, cielo a secco, e tra le tue pietre acconciate a vapore qual cosa crepa. Sarà l’altra quota o la glande miopia che mette radici ad ogni occhiata; se guardo precisamente, trovo corrispondenze in ferie. Che ho scritto di te, ieri? Dillo per bene. Lo darò per buono. E il chiaro dia letto, non lo scuro che tergiversa sui connotanti. Dall’autobus passato, solo alcuni scendono con la mente fresca. Ma tutti, tutti, hanno ceduto il posto: è segno della ribellione degli occhi, la spina più fragile della rosa: e la formidabile pelle impone da petalo un profondo fremito. Profumo di qualcuno, qui, che certo scriveva meglio. Non c'è altra acrobazia nel luogo oltre l'agilità che hanno le tue ciglia. Ricordo la scintilla innescata dalla carezza: provocò un tremore tenero sulle labbra prima che il viso combattesse l'allusione del desiderio. E il fragile rossore si posò in asse col petalo e l’ansia del testo. Quanto durano, come insinuano freni in questi corpi con tanto spazio? Sulla schiena, campo esposto a semi labbra, una formidabile sonnolenza istantaneamente ritrae le ali. Dichiaro nulla senza un buon evocato.
Id: 68862 Data: 16/08/2023 11:53:03
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Formi d’abilità
I La diffusione dello spazio si insinua in una porzione di vetro a seguito di un raggio; e sette, otto bagliori compaiono nell’inchiostro che ora è spiegata alla finestra come notte che addensa il fumo solare. Che viene dopo? L’uomo è chiaro e taglia corto dalla parte in corsa. Tentenna mentre forma il vissuto che combacia a mala pena: in poche parole annaspa il vero bisogno, un po' annebbia. II Nel buio amiamo i precedenti apparsi a onor del vero corrispondenti a incrostazioni di polvere nell’umido io ricordo ancora. Sarebbe tardi, comunque per carteggiare la mente; e il formidabile occhio del satellite se non staziona va come un tremo. Torniamo alla luna per sondare l’uniterso. Un modo per scoprire che il panorama nasconde l’insopprimibile. III Le mie due finestre si battono il petto e scambiano il vento con le carte di getto. Agitano i loro segreti; compaiono assi nei riflessi di vetro: la mano vincente è la vita bara, bara è il suo paradosso, ma mischia le carte come un gambler ad ogni piè sospiro. In questo senso punto sul cuore e perdo la testa. Il cuore è un totem. IV Gli idoli mantengono il legno in solido alle credenze, mentre il sangue gira per la terra contenuto dai presenti e in seguito a scapicollo esce di taglio. Largo, a lungo, un lago nel pagliaccio battente. Ora il seno poggia sul braccio: il capezzolo incoronato è preso, il raggio cola a goccia di latte, fa una chiazzata. I tuoi occhi spariscono in un battito di ciglia: cala come una briscola sul carico cuore in un punto perso.
Id: 68833 Data: 11/08/2023 11:02:40
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Macro mondi
C’è un trucco nella materia che la lega al mistico starsene nel nulla ed alla compostezza dei luoghi naturalmente sventagliati in noi. Una magia che si potrebbe chiamare regolamento dei corpi, qualcosa simile alla consegna della posta. Alla lettera, la notizia è ad uso del mittente, mentre il postino può immaginare, come da prassi esterna, osservando il destinatario appena divulga la nota pur non facendone parola. Se anche l’aprisse, dico: se forzando leggesse, sarebbe comunque incomprensibile la qualità del legante che la sua scienza darebbe a quanto riunito sulla carta - non mostrato, ripeto, nel messaggio ma dandone segno alle volte per quella ragione oscura che è materia da tenere d'occhio: mistero impenetrabile dal latore del presente.
Id: 68232 Data: 11/05/2023 16:40:55
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Perché tarda a venire
L’altro giorno passavo per imminente primavera oggi rigurgito d’inverno. La posta in gioco è fare uno strappo al solito. Una toppa a zonzo per coprire questo straccio di tempo; e molto altro provoca l’aria aperta agitando merli gazze tortore colombi gabbiani tre rondini che si riprendono a volo mentre le piccole taglie provano spavento: passeri storni pettirossi portano il battito altrove. Questa congettura nasce dalla immobilità cui mi costringe la vecchia rigida sfilacciata pezza dove viene utile un po’ di colore e rammendata a fiori perché, sì, la mente è un buon sarto, ma si illude con un po' di stile. Voglio dire pensa a se stessa disegnata in modo divino, però approssima i passi come un marinaio di stagione in stagione riduce le rotte quando avverte la spiaggia in luogo dell’orizzonte, giacché falso è quel calore che ora sfugge alla rete e non basta per sollevare maree con il satellite. Nella polvere ci sono orme che contavano per i pescatori di frodo, cioè: fuori stagione anche la capitaneria ha il cuore a terra. Amata mia, ma chi parla a te, si sente ora di parola?
Id: 68110 Data: 20/04/2023 13:11:01
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Via di fuga
Riflettevo sull’Universo, tenendo bene a mente che sono di parte, doverosamente polvere sotto il tappeto delle stelle, nascosto agli occhi di chi entra o esce dal sistema. Come granello vorrei evitare mi spazzi via la saggina dell’orologio che fissa il tempo con i miei occhi, ma come respiro gonfio il petto nell’abito azzurro e mi tengo al nome che sento spesso nel primo frammento. Anche oggi sono specchio di una galassia al centro della quale c'è un bruco nero chiamato Addì14aprile e un orizzonte di emozioni si trasforma in ciò che dentro si chiarirà qualche anno dopo. Perciò rifletto in questa parte di via Torrione, convessa perché la curvano radici fuori sede, e temo che il tappeto si sollevi dal suo disegno finché non ci separi nel tratteggio - in fondo siamo già contratti sulla parola. Rifletto questo ad altezza d’uomo, quindi da terra.
Id: 68083 Data: 15/04/2023 14:34:24
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Com’è che sei venuta a bordo
Sapevo che c’è un limite nel punto che ti mento tra le guance. Appena sotto il labbro sporto in un imbuto lungimirante data la caduta di stille: depressione che mostra resistenze, si racconta deserto, d’una che cumula grami di colpa e spinte temerarie a commetterne ancora. “Mi fai sabbia perché la rabbia scompaia, Tempo?” E mi sposto dal venerdì alla nuova settimana in un amen in pronunciato. Lei di molti anni ma di molti più giovane, eppure così prossima da venire a bordo. A momenti la moltiplico per ufficio, siamo ora e sono per pochi momenti. Sfuggo al cielo che mi bracca. Ho l’aspetto di un ladro; e quella del derubato. C’è, tra noi, più aria che prigione, però i polmoni sgomitano per contrarsi e lo sterno fa da perno. Niente di troppo, beninteso; tirano come idrovore il tuo fluido che mi è necessario. Non bevo più da me, per l’inguaribile siccità della vecchiezza: la precipitazione dei giorni evapora nel buio così dentro di me io levo te.
Id: 68047 Data: 07/04/2023 14:48:08
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Vorrei prendermi un po’ di tempo
Vorrei prendermi un po’ di tempo - dagli anni in disuso. Non tanti, ma tanto a lungo. Vorrei contare meno sul calendario, magari con le dita anchilosate fare altri numeri con l’aspirazione di affascinarti. Sì sì, so che aspiro un’aria viziata che appesantisce l’anagrafe e so che le date hanno porte aperte fino all’ora della chiusura, come nei pub che fanno ai sobri torture con le spine, quindi fuga dalla notte angusta, amore in fiamma e sparge la cenere in un soffio: follia, follia! Chi ama gioca al buio e per niente perde la mano perché alla luce non si perdona la percezione del vero. E se accadesse, tu saresti spenta dalla verità delle rughe.
Id: 67987 Data: 28/03/2023 19:01:26
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Questa nuvola curva
È stata servita su un piatto di vetro, dal secolo ventesimo e precedenti, a mezzo risucchio del sole o dal respiro accalorato dei fossili, sfugge ai nostri occhi perché teme di essere riconosciuta e si tiene bene in forma come se le stagioni non si chiudessero apertamente - espressioni in uso nel teleschermo, paradosso del vuoto arrendere. Così ci mostra la resa formale: la forma seduta stante ridotta a copritetto. Trattiene il grigio tortora per confondere i falchi con l’ombrello ma è familiare alla cipria del tramonto, ed io so che non di là verrà tempesta.
Id: 67185 Data: 15/11/2022 18:14:58
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Come funziona la grazia negli occhi
Lui aveva perso qualche diottria valutando gli occhi sui quali metteva mano a turno. “Ma questo non serve,” dicevano,“tanto crolliamo alla distanza come convenuto.” Lei, invece, si era alzata: “Idiota… Secondo te perché le statue non hanno i denti?” Mormorò col busto intrappolato in un niente si mostra per niente quindi il tronco non è necessariamente di legno. Poi, versa le labbra nel caffé, sicché si sente solo quel che tira su dalle pieghe il contorno del corpo. Aveva aggiustato il letto piegando a fisarmonica coperta e lenzuolo, in modo che ai lati si formassero due genziane per quella finta freschezza che corrobora la vista; e riteneva che lo scuotimento dato dovesse essere multiplo per rendere più complessa la ritenzione degli acari in odore di sè. Questo pensa lui è il riflesso della grazia: l’amore scoperto non sa scrollarsi gli occhi di dosso e crede chissà che. Pensò che spesso per l’amo c’è desiderio quanto esca, valga per il bacio come per chi ha bocca.
Id: 67113 Data: 07/11/2022 17:39:29
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Pensare aumenta il peso
Penso e mangio, addento e sono. Oh-o!, faccio anche peggio da buon umano che va scomparendo, ma quando penso e dico mordo il letto come se bocconi cercassi il piacere alla lingua partecipe, precipitando dalla balaustra dei denti - incisivi, credo, quanto buona parte degli accenti. Tonici, finché non terrorizzano il ventre - molle per la brutta piega che prende il fremito, fior fiore del famelico. Sono morsi e rimordenti da una sorta di rumine del cervello: rimestano l’idea che per taluni paralleli in continenti anche le briciole farebbero festa. Se smettessi di pensare perderei peso come già feci, a difesa del reso.
Id: 65561 Data: 12/04/2022 17:06:20
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Per tanto questa
Non condanno la rosa o la mora che scelgono le spine per la difesa e per finire vengono alle mani. Assolvo il dovere raccapricciante del dolore procurato per sopravvivere allo strappo tra noi e la terra, se non che le radici vive macchinano il riavvio delle fioriture. Sembra che si rivolgano al cielo da commilitoni. Come interrata la prima vera mente sul miracolo in erba: si ripete, quindi genera greggi e per tempo adopera la santa veste verde per cogliere spunti di nuove generazioni al passo corrente. Tatto e udito dal punto di vista dell’odore aspirano all’universo nei limiti della radura. In questo piccolo spazio, dove annaspa l’ex uomo del grano col suo numero per intero, l’infinito prende parte perché tanto gli torna, a noi rimane la spina del nome. E nel nome più vuoto conquista una cosa per volta all’oscuro che da tempo ci provoca.
Id: 65456 Data: 28/03/2022 14:53:40
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Reduci dall’umanità
Dove c’era quel palazzone paglierino con modanature caserecce e inserti indaco più volte che finestre, a stento si mantengono le rovine costruite dalle bombe. Un bersaglio a mira dei droni. L’aria unge l’acciaio per reggere il colpo. L’aria si sporca senza volerlo: i corpi volanti adesso sono artifici macchinosi e letali, scopiazzano gli ingegneri demolitori, ma con assoluta perizia strumentale eseguono l’ordine di devastazione. Oggi è il quattromiliardesimo giorno che viene à la Terre comme à la Guerre. Nei parlamenti lo sparato è d’obbligo ma la morte non è in discussione: aumenta il prodotto interno lordo di sangue: un rifiuto dei viventi, pare.
Id: 65323 Data: 09/03/2022 14:45:27
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Le gerle colme di fake
Per volontà dell'odore che attrae ci denaturiamo. All’artificio chimico chiediamo il magnetismo, per entrare nel fuoco rilasciamo l’anima dai pori come una calamita. Per questo non reggo davanti ai fiori: non tutti, non sempre, mi colgono nelle rivendite mai altrove: ora non frequento più i prati; l’erba non mi attrae e temo per le api. In realtà, temo si tratti per me. Annuso l’aria e credo che l’anima sia bruco più che farfalla. Le ali si formano in rari casi. Per volontà di odorare, camminiamo coi giornali, ma le edicole vengono curate dai boss delle strade per i vincoli che il buon dio ha presidiato a lungo senza darne notizia ai loro affiliati. Ora la guerra chiede i suoi certificati e l’anagrafe li spedisce sui marmi. Non è bastato il trasparente, il molle igienizzante ad affermare l’emergenza della luce sulle perdute somme racimolate dagli ortolani e dai fornai. Verrà la trincea? E cammineremo curvi in pieno diritto.
Id: 65246 Data: 24/02/2022 13:48:03
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Cala la seta
Calano le azioni del gelo mentre recuperano le azioni del campo; in quella borsa la brina è un affare: investe la zolla, investe il fondo dei semi. Il terreno si avventa. Non c’è altro. Nelle buche si consegna la posta in tempo. La posta è il premio di sollevarsi in barba ai fossi. Essere un prato, insomma, con una sola radice. Ma a folate, tra mittenti e destinatari, si sciupa la busta nell’angolo del francobullo. In nome della scienza, gira voce che il timbro sia falso. Annuncia il malessere - e già che ci siamo, speravo che l’indirizzo non fosse il mio. Ma il male in persona ti cerca per bene. Vaglia l’omissione del contatto e ti trova a naso. Un segugio indiavolato. Stamattina, all’uscita dal tunnel Quarantena, sul lungomare Marconi, il sole era basso sui colli. Tanto basso che mi ha spinto ad un colpo di testa: improvvisa caduta di stille. Passa, ho pensato, tra inverno e pandemia una relazione parassita che ammala, dichiara freddo "i sintomi ti governano". Ho conosciuto questo gelo nonostante fossi coperto. Ora so che se cala la seta mi comporto come pecora alla tosatura: accettare la nudità purché liberi dal peso e dai parassiti; e missione compiuta. Con i suoi gradi, i miei eroi e la supponenza degli scampati, ho tolto il bavaglio preservativo, ho bevuto con un guscio di noce oceani per le sete perse: amante di vita e nascosta nella lunga esitazione del frutto maturo che da lontano ha raccolto i semi grezzi e li ha raffinati, temendo che fossero distolti dal terreno, come si può avere una marcia in più se mette a repentaglio anche il morso? Siamo semi, io dico, e andiamo sparpagliati.
Id: 65031 Data: 22/01/2022 14:15:45
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Abbiamo messo Natale alla porta
Non tutti. Buona parte degli usci ramifica e regge le plastiche in tono fruttiamo auguri, naturalmente. Niente neve. Me ne accorgo perché in giro c’è gelo ma non candore. Fioccano virus a distesa. Fioccano sui distesi per aria. Fioccheranno per correggerci? Nascono meno bambini, ma i Gesù sono sempre gli stessi.
Id: 64824 Data: 17/12/2021 15:42:53
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Sarei venuto anche per meno
Credo di aver consumato settantamila pasti da un giorno all’altro. (Importa la distanza tra questi due?) Tutto sommato, sarei venuto anche per meno. Ne ha tratto energia la bettolina rossa nel mar del torace. Ha avuto porti e scali a sazietà - con le loro femmine: porte e scale per isolarsi dal grezzo con una prece densa, corporativa del pane e dei pesci. Ci furono naufraghi? No, nessuno. Nessuna notizia fa più scalpore. In me, d’altronde l’oceano prende il sangue come concorrente ma solo una piccola parte lo contiene. Quella delle scialuppe che usano i temi, o la ciglia che ha tagliato le orde con la polena al vento. Vedo il cielo più qui che lassù, e il leviatano come ci numera sotto i boccoli e le insegne. Sono un uomo a sbafo, sono stato a sbafo di persona. Ho messo la prua tra seni e baie, e balie mi hanno morso perchè le mordevo. Ho consumato i denti ma non li cambierei per questo. Incisivi fino ad un cento punto, poi hanno perso giudizio con gusto, e uso le labbra quando bacio il pane che addora ‘e muffa. Così non temo la prossima cenere confuso nel legno spoglio perché amo il fumo e quell’ultima voluta che mi spira.
Id: 64782 Data: 10/12/2021 14:06:01
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Be one
Per tornare a me ho preso energia da una buona forchetta. Quattro denti infilati in un serto di avori cui mancano quelli decidui per il riso. Decadenza sul serio. In un uomo, qualsiasi umido destabilizza l’orizzonte: diventa vacuo, inaudito, come fiamma la gola! Più sotto, il ventre lancia a pelli un mare gibboso e privo di armamenti. Deserto in mezzo: mi tocca la vela ammainata sul bompresso. Lì è il punto, lì è il punto sul quale cadono gli ombelichi e criticano gli occhi. Pontificatori! Se fosse un male comune il mezzo gaudio mi avrebbe depresso. Che invidia per il vecchio universo più in forma di me.
Id: 64655 Data: 19/11/2021 18:36:21
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Stramazzo
Gli ultimi a cedere sono gli occhi. Perdono prima il fuoco, poi travasano nebbia sul posto: ricordo i complementi, così è la memoria a sistemare particolari orfani come adottati in somma; va bene finché anche bene ti va. Le distanze con le loro impalcature mi fissano con la peggiore saldatura: i riconoscimenti sono per natura estesi e, con quelle venature in bella vista, diventano scia, pietra miliare, tombali - are per ali, o alias degli immobili. Dentro di me ci sono soste e passaggi che l’orografia della mente chiama valli a cercare i culmini delle costole. Vere iniezioni: pungenti e mediche; il loro siero cura ma, oltre le dosi consigliate, intossica. La visione dei tratti persi, più che il sangue come si pensa, tormenta nel reflusso per ritorsione; va bene finché solo bene ci vedi.
Id: 64586 Data: 10/11/2021 16:47:31
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Trancio di stagione
Una brezza ridicola mette di buon umore le foglie. Foglie che si trattengono dal lasciarsi andare in punto di morte, mentre qualsiasi tono acceso dal rosso al giallo spento dice agonia: questo è quando i colori diventano lingua da soli. Rami che non le mollano perché tanto è scontata la nudità che non costa l’impudicizia in successione. Un po' come fidarsi della pelle per restringere il campo dell'amore. Il vivente si nutre di luce in un certo senso, eppure fino a ieri l’ombra ha retto per bene. Ora ci lascia a pezzi.
Id: 64525 Data: 02/11/2021 15:29:45
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Ad esca
L’arroganza delle calzature svela l’ottusità della ghiaia: gli stivaletti hanno un peso ma la singola pietra non si sente offesa. Ostenta sicurezza con il passo in cadenza, ma è carenza della stessa se la guardia prende fiducia dalla mano sulla fondina - che più o meno significa il coraggio non è nelle cose ma le cose ne rappresentano un mezzo. Tempestato dalle dita, l’alveare del caricatore ospita api di piombo. La regina è un’arma a colpo sicuro quando i profumi vanno in fiuto e diventa chivalà l’odore di altra vita acquattata nei cassonetti. La parola d’ordine è l’amo prende la bocca per la gola. Nessuno se ne ricorda ma ricordiamo i pesci per la risposta. Così le notti ad occhiate sono generative di altri fedeli lumi, numi, o a volte fumi. E mi accorgo solo adesso che questo passo mi lascia residui del percorso, polvere di stallo.
Id: 64110 Data: 22/09/2021 15:18:50
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Ad uno
Anthonalexis ballava sulla rena di Stavros, Grecia che ha sfondato il Mediterraneo, entrando nel piano americano perché quel cinema prende i luoghi che non ha dalla carta che gli manca e li intesta nei titoli a mo’ di esca fotografica inquadrata in una trama già scritta. Mi prese Creta per 7dì7, una volta trentenne - l’unico 30 con lode. E dire “mi prese” è pleonastico perché tutto era già avvenuto in una sala da pubblico notturno, lì senza più tornarci, ma a lungo riandando come un prurito sull’arto mancante. Calzavo delle bruttissime birkenstock che da ore stavano in piedi sperando che il syrtaki le mettesse in un angolo della taverna. Due danzatori a cottimo usavano le gambe per riconoscimento: fai un salto da noi, provati (in italiano grezzo ad un greco grezzo). La mala pianta regge meglio il vento dal lato dei fusti storici. Birkenstock e syrtaki come limo e scoglio, ostili anche per gli ortopedici, ma la musica coinvolge la tensione dei muscoli invisibili dopo che l’hai resa nota in calore, Mikis. Resterai all’opera nei millenni che seguono, ma tu ripassi. Io no.
Id: 63976 Data: 09/09/2021 12:17:28
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Eroshood
La vita è la freccia che colpisce a morte i sensi. Chi è l’arciere? L’anagrafe ha le sue mire antiche. Sottrae pagine dal tuo ricco annuario per dare attrattiva agli stenti dell'età: fastidiosa quanto i ronzii della menzogna che relega gli occhi a fonte di gioia. Cos’è la gioia? Una tavola da surf sull'onda dell'inquietudine. L'equilibrio è mantenere l'ombellico nel perimetro dei piedi, così se il colpo di fulmine è la tua vetta, meglio evitare che con passione si precipiti in discesa. Torni bersaglio della vita che avresti detto grazia d’amore, a scanso d’equivoci adesso.
Id: 63861 Data: 23/08/2021 18:43:42
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Quanto è ubiquo
Il fiato grosso fa la canicola a chiare lettere. Seguendo la lingua mi do un tono tra i morsi e le arcate. Nel centro storico manca l’acqua, ma la birra avanza. Parlare ci scalda. Stufa persino una sillaba. La pelle liquida il peso come secreto. Denti e vocali si rinfrescano con lo stesso sapore di mente e per saggiare il fresco, oggi, ho tolto ai ponti un fiume di parole. La zona precisa è un vincolo chiuso, un affetto che non farà strada, tuttavia la lingua agitandosi nel porto schiocca a sorso e promuove le corde a suoni. Chi dorme ha ora il sonno in umido. Dopo, saprà di sudore e vapore; e un alone imbratterà la canotta del dubbio: ho ragione a cercare nell’ombra la frescura? Non mi pare ora. Posso sentire una punta di amaro nella confusione o in fondo alla birra o parlando di gossip delle stelle con Gil. Le parole che usiamo sono contemporanee ma in fiati distanti a volontà.
Id: 63849 Data: 21/08/2021 16:00:59
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Come parcheggio
Ho messo le mani tra la roba della notte. Il vento ha sfidato a sorte il giorno sulle foglie del platano che pare di guardia ma è solo di legno, un’opinione che si consolida appena diventa chiara l’ora. Un rombo rado diventa sordo sulla tangeziale, direzione calma - che è un’altra vita diretta a boh! come un reperto sotto le dita condite di pieghe. Si ferma ad un palmo dal polso, una data che ha già tutto, proprio tutto nelle more, i libri e il cortile, le navate e i sogni, roba da notte predetta e che forse mi raccoglie o è qualcos’altro che uscirà in fiori.
Id: 63793 Data: 13/08/2021 17:59:31
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‘Sto agosto sto
In un angolo in cui la luce contagia la buona lettura, la serenità segue la memoria e mette tra le mani un bicchiere che fa il vuoto a modo suo. Questo significa degno di nota ma suona inutile se cerchi serenità. Il testo descrive l’ansia non la calma. Attendere è per breve tempo una diligenza ferma, ma a lungo si trasforma in moto. Cammini in vista dell’arrivo mentre scatta in posa da finisseur l’orologio sul mobile a giorno corre per dirla tutta ma la frase inumana è in quanto avviene.
Id: 63713 Data: 31/07/2021 18:20:15
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A fa
Sono qui da tempo per darmi ora ai ventilatori col fiato grosso. In tal modo la calura si avventa: spaccia per refrigerio acqua di produzione propria. Pochi convenevoli, appare scivolosa, imbratta di odori anche la cucina che ha già le sue cipolle. Da una vita faccio il possibile per riparare in un cuore freddo ma la mia rosa non ne vuol sapere e imbavaglio e lenisco la zampogna dei fuchi e cambio sacrifici propiziatori per un paradiso fresco, di giornata. Non so come la vigna prenda la vampa dal solco dei mesi e la trasformi in nutrimento. A me non riesce, sicché mi distendo nel letto. Settembre è l’orco degli acini ma è luglio che lucida i vini. Tra loro a fa come viene detto.
Id: 63667 Data: 22/07/2021 10:38:53
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La calma secca
La secca manifesta la prossimità dell’approdo, e mente; non viene qual ora, come va accadendo che chiusi gli occhi al fresco lasci la voce inzuppata nel primitivo bevuto a notte fonda. Il corpo cricchia sul cardine del torpore. Orrendo come zuppo ancora di sonno temo essere d’acqua, ma più salato, meno squamato, uguale lungomare preso di petto e ripreso dai maloamen che mi finiscono dentro. Orrendo ad onta del letto in condizioni agitate emergo dalla salamoia tuttavia scrivo la calma secca.
Id: 63577 Data: 07/07/2021 11:55:57
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Curiosità da non perdere
L’arcobaleno raccoglie i gradienti del genere luce scomposta a nastri in vera pelle; nastri da regalo privi di nodi che si tengono insieme da more. Sempre bianco come nient’altro il gelsomino colto dal sole. Vivaio di fuoco, serra il celeste impero. La curiosità tratta l’attenzione con un occhio particolare. Insoddisfacente nonostante l’organza in corteo il raso intubato con volant e il fresco cotone del sorriso che gioca sulla costa d’avorio. Dai loro punti interminabili, le voglie prendono le stelle con rotte instabili, non a vista. Si nascondono, in una parola. Le sorprendiamo e ci sorprendono. Abbiamo potenti visioni, ma svaniscono in fretta quando indichiamo l’autore. Un dito sollevato al cielo crea un vuoto d’aria per l’appunto. Chi altri legge oltre la battuta curiosa delle penne? Gli uccelli sono scrittori volatili? Su di un muretto del parcheggio, una coppia si sottopone al giudizio dell’ombra per un po’ di ormoni: in genere sembra un luogo comune ma a bassa voce si crea il deserto intorno. C’è un miraggio in corso e qualsiasi cosa sembri non si scompone.
Id: 63536 Data: 30/06/2021 17:07:34
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Il velo bianco
Per adesso è quella stella turgida dai lembi focosi a proporre lo spazio come divisorio. Qui intorno la rena è l’orizzonte degli eventi: una generazione di cosiddette influenze che illustrano pelli e perline come fuga dalla singolarità dei vivi e vegeti. Prendo sassi per quello che sono e li calpesto perché scalciandoli non mi tolgono la sabbia dai piedi. Rimbalzano sulla consistenza esterna col desiderio che rappresentano: certo, privo di freni è solo l’occhio - a volte aquila a volte remora; a volte chissà cosa gli prende per trattenersi nell’orbita del belvedere con qualcosa dentro. Ma davvero porta lenti il mare spaesato nel vederci ancora come ci aveva in mente?
Id: 63467 Data: 19/06/2021 15:44:47
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E solo sono resti
Ho smesso con l’odio: la coda soprattutto tende la cometa nell’orbita, io la lasciai di ghiaccio perché si sciogliesse dove fioriva l’acqua. E l’acqua mostrò come in un adulto si muovono le remore. Corpi accostati ma di tutt’altro genere. La finisco con l’odio, simulo in fretta il vento, sbuffo, accalco sul muro altri rinvenimenti, figure temo. L’estate morta cadeva dal costume sulla sedia, scostumatamente poggiata alla spalliera. Per questo sbandai, ma era un riccio lacrimale con la piccola voce velata insistente controllata da un lato, per dire prendi una legittima indifferenza dall’odio, dalla coda dell’occhio, dall’orbita, prendi il costoso timbro dell’abbandono e prendi il distacco dalla mancanza di seguito per menare passi sopra una lastra incandescente: è la strada quando riparti carico del fervore dell’universo - ammettendo che l’universo si allarghi con la stessa dinamica nel vuoto sempre - e solo sono resti.
Id: 50885 Data: 13/10/2018 15:14:13
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