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Raccolta di poesie di Romana Ricciardi
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Tocchi di giada

Tocchi di giada

lumeggiano vivi

tra i rivoli ardenti

di un'altra stagione;

é passato il tuo tempo 

a passo di marcia, e

tra i viali danzanti

di fiori, il profumo

di acacie rinnova

speziate memorie

di un dove - o di un quando -

che l'arido vero

divora. Dimora

in stabile pianto

adesso un vagito 

mai nato, e la luce

dissolve in lamento 

l'ennesimo fiato. 
Forse, era il sognare

l'intera partita?

Il gioco è finito:

bisogna vegliare.

 

*

L’inizio della fine

 

E ora ti chiedo: dove inizia, 

l’autunno.

E tu, rivolgi a terra 

lo sguardo, a un piccolo cumulo 

di foglie secche. “Comincia qui,

dove l’estate lascia spazio 

ed indietreggia; silenzioso.

Scava le sue rughe allungando 

le ombre in tanti piccoli solchi

e sussurra, e cambia i colori.

La prospettiva. Finché un giorno 

ti svegli infreddolita, ti alzi 

e già sai. L’hai sempre saputo.”

*

Assolo

E dal profondo, 

un lancinante acuto.

La mia canzone 

 

*

Muta

Odio la luna

quando discorre di te

e mi fa muta

*

Ogni parola

Nasce già morta

a segno di un trascorso 

ogni parola

*

pausa -per qualche sillaba in più-

 

Addolcisci i tuoi fianchi 

e abbandona quell’ascia:

non si addice al tuo fiato la battaglia. 

Sciogli i begli occhi 

e lasciali andare oltre il ciglio

in campo aperto

dove dopo la pioggia 

al di là della strada 

è già promessa di grano 

il verde

*

Luna Nuova -parte seconda-

Ma più riverso

in fiumi le parole 

più inaridisco

*

Luna Nuova

Come gramigna 

ti estirperò dal cuore 

per rifiorire

*

Soli

Accada pure

-ma in un giorno di sole-

quello che deve

*

Cicatrici

Con oro e argento 

di questo sfregio

farò un capolavoro 

*

Il collezionista

Ti ho sparso amore 

con ali di farfalla.

E mi hai inchiodato

*

primavera

Di ogni promessa 

la fonte inesaurita

E di ogni pianto

 

*

Insania

Mi chiami pazza

Quasi tu non sapessi 

che cosa è Amore 

 

*

Sparito

Dietro le nubi

Tu -come quando il sole-

All’improvviso

*

famiglia

Tre donne, tre età 

ed io da testimone 

di madre in figlia 

*

rEsistenza

 

È respirare 

con superba insistenza 

in fondo al mare 

 

*

terra bruna

Pur affamata

di questa terra bruna

nè germoglierò 

*

Perpetuum

 

Urta e si torce

con schiocco di risacca,

poi fluisce. E tace

*

La mia notte

Cullami adesso,

ché il giorno si avvicina 

della mia notte

*

Sirena

Se la mia voce

in mezzo alla tempesta 

ti fosse canto

*

Di inverno

Sui vetri freddi

la pioggia batte il tempo

e io muoio di inverno

*

In gabbia

E hai chiuso in gabbia 

questo cuore di bestia 

sempre affamato

*

Soffio

 

Soffio sul fuoco 

e si infiamma il ricordo

Io brucio ancora 

 

*

Rosso d’alba

Sangue di sogni 

in sacrificio al Sole.

Un rosso d’alba.

 

*

È nebbia

Negli occhi è nebbia,

che impedisce il mattino 

e snuda il pianto.

*

L’onda

Tu come l'onda.

Quando torna e ritorna

e toglie il fiato

*

Rimembranza

perché cercarti ancora

lungo strade grondanti di rose

se è impossibile trovarti

se non sei stato mai

 

ma non so dire alla linfa

di cessare il cammino

e al tronco non so dire

di abbandonare le foglie

proprio adesso che è il sole

a toccargli le fronde

 

e io

in che stagione mai

potrò fermare il tempo

e stringere tra le mani

quel singolo momento

che mi possa rivelare

 

ora che annotta

e che fugge lucciolando

oltre la scarpata

anche la più vaga rimembranza

*

Haiku - La neve

Bianco sudario

la terra ammanta nuda

e gela il pianto

 

Il tempo è fermo.

Tra i rami imbalsamati

un frullo d'ali

 

Nell'albedine

affiora un pettirosso.

È vita. Ancora

*

Dopo la tempesta

E poi, infondo

che cosa rimane

dopo la tempesta:

cumuli di foglie

e rami spezzati;

nulla che col tempo

non ricresca.

*

Girotondo

Vorrei farti parte, mondo.

Vorrei esserti tra le braccia

fino quasi a soffocare

e se turbini le foglie,

come foglia turbinare;

gocciolare quando piovi

e se smetti, evaporare;

vorrei accogliere i tuoi semi

e poi farli germogliare.

Ma qualunque cosa faccia

tu non vuoi lasciarmi entrare:

giri in tondo indifferente

e io rimango a mendicare.

*

Ancora Luna

Non guardarmi così, Luna; ti prego.

Mi fai sentire ancora più piccola.

Qui giù tutto è diverso, non è come 

tu lo vedi e magari, ti sembriamo 

tutti pazzi e insensati, tutti sciocchi.

Perché? Perché ci alziamo nonostante 

tutto? Perché parliamo e litighiamo,

perché ci innamoriamo? Noi viviamo.

Che cos'altro potremmo fare? In fondo,

se la notte più cupa si rischiara 

di bellezza, la colpa è anche un po' tua.

E a te, vergine gravida e immortale,

a te volgiamo gli occhi e la speranza.

Perché sia un giorno nuovo il nuovo giorno.

*

Sic et simpliciter

Dai vincoli oscuri 

un lume mi affiora

e non so

se è vero sole

ma lo cerco 

anche dentro ad una pozza

tra gli umidi grigi

grondanti di pioggia

*

Il tempo delle rose


Ecco che torna: è il tempo delle rose,
dell'azzurrarsi il cielo e profumare
d'oriente l'orizzonte, verso il mare,
dove veleggia al placido sonoro
il pensiero. Nell'amnio senza sonno
del tempo, la memoria viene a galla
lasciandosi ondeggiare e tra le nubi
distese a far corolla sul pianoro,
il sole è un improvviso. E mi trafigge,
la fame di saperti fino all'imo;
un misto di rancore e desiderio
che mi prende ora e ancora, a primavera.

*

Haiku- Breve incontro

Prima di andare

la luna aspetta il sole.

Triste è il risveglio

*

Possono gli occhi

Possono gli occhi,

quando arriva l’inverno

dalle dita di ghiaccio

e anche la quercia

sferzata, si arrende;

quando la pioggia

anche l’ultima goccia

a terra è svenuta

e intorno non resta

che fango, e dolore;

possono gli occhi,

ancora fiorire?

 

*

Quando soffia

Quando soffia, ti sembra di sentire

nello stesso momento ogni rumore

del mondo, ed ogni sua pena. Mi spezza

quel respiro di voci che trasuda

dal fondo della terra, quel frustare

di fronde aggrovigliate le une alle altre,

accapigliate, come se non fosse

identica la sorte, e medesimo

il destino, di chi nel suolo affonda

le radici e la fronte in alto volge.

Maree di cielitudini, le nubi

il vento fa ondeggiare dell’animo

gemendo, e alla deriva d’ orizzonti

nelle viscere il tuono, fa tremare.

*

La parola è morta, viva la parola

Se nascono già morte, le parole

non possono morire nuovamente.

Ciò che forse può renderle immortali,

esso stesso può renderle immorali:

giacché, che cosa teme l'eternità?

Dimenticato il tempo, dimentica

ogni cosa. Se tutto è adesso, allora

tutto è bene, ma tutto è anche male;

così, quando gli estremi combaciano,

la bocca tace e il vero si dà pace.

 

*

Senza fiatare

"mens immota manet; lacrimae volvontur inanes."
Eneide IV, 449
 
 
E davvero 
ormai sordo a ogni richiamo
ti vedo allontanare
 
ma non ha rabbia
né clamore
questo rogo
e si consuma, lentamente
con la pudicizia di un fuoco
cui ardere non è dato
 
se almeno 
potesse elevare lo strazio 
ululando la fiamma
se potesse la lingua, almeno
divampare
 
la cenere forse
infine saprebbe, pietosa
velare
 
resta invece alla terra
il suo gravame
e il fumo s'inanella
casto e quieto
al cielo
 
senza fiatare
 
 
 

*

Haiku del tempo

Fioccano gli anni

ed imbiancano i prati.

Spessa è la coltre.

*

Luci d’inverno

strenuamente declinando
in basso ascendo
e lì ti trovo
perduto in un roseto 
tra le spine
dietro l'ovale di una foto 
 
la prima a smarrirsi 
ricordo, fu la voce
ma tu 
avresti potuto dirmelo
quel male che s'annida nelle ossa
-se è destino al figlio
di rasentare il padre-
e di quel filo rosso
potevi dirmelo
che stenta a coagulare
 
ma già
tu avevi la tua luce
e la mia 
che non si è accesa mai
forse solo un altro cruccio
alle tue spalle
 
eppoi
lasciare, m'hai lasciato
con i miei gigli ancora infondo agli occhi
e dopo tutto questo tempo
attesa adesso all'ora della sera
rimango sola col mio nome 
stretto tra le mani
 
e tu 
che ancora mi guardi
tra le rughe dello specchio
attraverso le fessure
tu, avresti dovuto dirmelo
di questo mondo
che è impossibile a salvare
 
viviamo apocalissi quotidiane
dovevi dirmelo
che inane
è ogni tentare

*

Al fiume

Al fiume, lungo il viale

il turbinio di foglie arrovellato al suolo

è nugolo d’attesa al responso del vento;

l’esitazione, al ponte, ormai si è fatta pietra

e guarda ad occhi stretti i gorghi di corrente.

La sabbia stride ai denti per un tramonto ancora

che si conficca al petto

e complice la notte, dissangua i suoi colori:

sull’acqua che si abbuia, si perdono i contorni

sugli argini confusi

sul greto dei pensieri

sul cielo che svapora.

*

Haiku d’autunno

-Alba-

 

Pallido è il sole

tra le coltri nebbiose.

Quasi una luna.

 

 

-Tramonto-

 

Sfiorisce il giorno

senza fare rumore.

Oggi è già ieri.

*

Sola ad solam

Liberamente torno e fieramente
a me, dal notturnale giogo assolta
di lacrime e sudari in solitaria 
quiete; a me, cui il viso solo snuda
il duolo nel reticolo dei solchi
che furono sentiero e condizione
a una sentenza impressa sul costato.
Acanto di dolore sulla pelle
e di vaghezza, il pianto nutre il seme
sopito dell'orgoglio, e il suo risveglio
nel feroce gemmare del mattino
disvela nuovi cieli all'orizzonte;
d'altri voli sulle ali tuona il vento 
nei prodromi d'inverno e lo spogliarsi
tremulo dei rami è rito, passaggio.
Non fine. Torneranno a dischiudersi
sui tralci abbandonati e tra le spine
le iridi con i fiori, al primo sole.
 

*

L’ultima parola

Lo dicono autunno
questo struggersi a morire
questo strazio di foglie
che fa i rami dubbiosi
quanto più è lapidario
il silenzio dei tronchi
e noi
sempre più giù
in questo starci dentro 
a forza
che odora di stantio
acre bruciato 
al primo fuoco dei camini
 
eppure
quanta bellezza, quanta
in quella morte 
che si porge tra le nebbie 
così imbellettata 
da trarci in inganno tutti
con i suoi occhi bruni 
e la voce rugginosa
con le sue storie fosche
e antiche 
come il tempo
 
e nel tempo
l'eterno ritorno
dello stesso racconto
passa di bocca in bocca
come un bacio 
a suggello
dell'ultima parola

*

Presto o tardi

C'è forse un momento preciso
nel tempo di una vita
in cui il timore che tutto finisca troppo presto
cede il passo al timore di dover restare 
troppo a lungo.
I piatti della bilancia oscillano
e non c'è da calibrare;
il perfettissimo equilibrio
è cosa di un istante
e riconoscibile, se mai,
solo al passato.
Inutile gridare alla truffa
e cercare il principale per farsi rimborsare,
perché non c'è trucco
e non c'è inganno:
è tutto solo un gioco.
Al massacro.

 

*

Voltare

Sfogliavo passi
in cerca di salvifiche distanze
senza mai trovare il punto
né il respiro  
di un "a capo"
e seguitavo
sul dorso caldo dell'estate
a rilegare vecchie storie
nello sfiorare pensoso
di recrudescenze in torto
 
ma forse 
ogni stagione ha un suo crinale
ed è solo illusione
il camminare
se al termine di pagina 
s'affolla
l'esercito di foglie
in ritirata
 
Bastasse l'autunno
si potrebbe anche tentare:
arrivare fino in fondo
e poi voltare

*

Ho visto un re

Niente di nuovo
al dolere del dente
La lingua batte il tempo
in un tramestio di giorni 
pestati nella calca degli zoccoli
dalle gazzelle in fuga.
 
Il problema forse 
è nella corsa;
ma non avrebbe senso
lo starci dentro
accartocciati
con la testa dolorante
stretta alla ginocchia.
 
E d'altronde
fatti non fummo
per vivere in un guscio 
 
Meglio allora 
un attimo disteso a perdifiato 
il bagliore dilaniante
che sfrigola di unghiate
al ruggito di un leone
 
Poco importa
se è solo l'attrazione 
di un circo di periferia
 
A volte basta credersi re
perché spunti la corona

 

*

Doppio tramonto

Il giorno si inclina, sempre più in fretta
e obliquo alla sera il tempo risucchia
le attese. Lo sguardo scivola avanti
fino all'orizzonte e scioglie nel mare
quell'ultima linea, in rivoli muti.
Ecco, le parole perdono il segno;
slabbrati i confini, vagano assenti
ed io non comprendo più, quel che dici.
Eppure ti sento. Sfiori le foglie
per farle tremare, soffi sull'acqua
e vedo vibrare l'aria, la forma
che sfugge, il colore. È forse un inganno?
Non serve, sapere. Sciolti gli ormeggi
si può navigare a vista, di notte,
o restare fermi, in preda alle onde
tra braccia pietose di ombre. Si arrende 
ancora una volta il petto al tramonto
che sembra chiamare un nome, ma non me,
che resto a guardare attonita il cielo,
e il triste virare, al largo, del sole.

 

*

Echi

Non sapevo del tuo corpo che la voce 
appesa al filo di distanze aggrovigliate 
invisibili nell'aria;
un sentore di uomo
attraverso lontananze percepite appena.
E sotto vento
nei brogli di un labirinto da slacciare
annusavo intorno 
aprendo infiniti al propagarsi dei cerchi.
Come un sasso gettato nell'acqua
che onde dilaga
e suoni di echi 
lontani

*

Cadenza d’Agosto

Ecco che tace. È mai questa la pace,
la  perfettissima quiete, il silenzio?
Forse si sente, il tormento, ha una voce,
forse ci parla? o è soltanto lamento,
sordo pulsare nascosto nell'ombra?
Erano stelle gli strali, in agosto
e in quel momento ogni velo appariva
discosto al chiarore gemmante,
al dardeggiare in cascate, di fuochi.
Muti.                                                                                                
          Diamante è la luna, e nitore
gli occhi cadenti che volgono a terra,
giunti alla fine di un viaggio di luce.
Senza rumore, la notte si colma
d'assenzio e all'iride imprime una traccia,
mero retaggio di un canto,
                                           lucore.

*

Piombo

S'intona al mio umore

questo grigio di fine estate
che minaccia tempeste
di là da venire
 
L'azzurro del mare
-solo un ricordo-
fin troppo raggiante
nell'incombenza di luci
non aveva pietà 
per chi ha negli occhi
un cuore malato
di buio
 
Pure era un canto
nel sole
che sapeva turbare
un precipizio 
al sonno dei sensi 
e la veglia era un sogno
che le acque faceva brillare
nell'onda lunga di orizzonti
da scavalcare
 
Ora è piombo 
al livore dei monti
la pioggia
e raggio d'abbaglio
sul far della terra
un fulmine
al cielo

*

Terra di nessuno

Nel lindore dell'aurora
freddo è il fiato della terra
e silenzio a la campagna
in attesa del mattino
L'aria è ferma e in mezzo ai campi
si risveglia dal torpore 
la masnada dei cantori
che friniscono all'estate
Si nasconde all'orizzonte 
fra le brume un altro sole
che si attarda tra le onde
e si fa desiderare
È una terra di nessuno
che attraversi senza fiato
quando ancora il giorno langue
e la notte ti ha lasciato
 

*

Ad una foglia

Che cosa pensa, se pensa
una foglia
quando d'un tratto precipita al suolo
e tocca terra
accasciandosi lieve
E con il suo ultimo sguardo
se vede
che cosa vede agitarsi 
tra i rami che scoloriscono 
senza un rumore
 
Era per l'albero orgoglio
la foglia
verde speranza all'estate
e rigoglio
Ma non conosce stagione
la morte
non sente né sa
ragione non rende
Arriva 
e senza aspettare l'autunno 
prende una foglia
si volta 
e se ne va

 

*

Pace apparente

Che vale la luna 
se tu non la guardi
se è pace apparente
quel mezzo sorriso di luce riflessa
sul viso smagrito.
Eterna è la notte che attende il mattino;
un coro stonato di stelle cadute
che sgreta il pensiero in frantume di voci 
e non c'è più accordo 
tra gli astri insensati,
non c'è più gravità.
Se è culla d'assenza quel pallido alone
se è un regno di veglia
allora al silenzio degli occhi 
mi arrendo

*

Pioggia d’estate

È pioggia d'intorno

odore di terra bagnata
e luce d'asfalto
nell'aria
Fruscia tra i rami
un richiamo di sale dal mare
e tornano in volo i gabbiani
verso l'interno
lasciandosi dietro 
l'eco schiumante di voci in tempesta
Sfugge alla bocca del cielo
un lamento
breve sussulto all'estate
ed è goccia
mesto memento di un'altra stagione
mentre all'arsura dei colli assetati  
si fa silenzio d'attesa
la pioggia

 

*

Plenilunio

Di luna in luna la notte si spoglia
e si riveste; l'attesa non mente,
è essenza pura la luce radente 
di vita, e varca nel sogno la soglia
del desiderio. Ora il tempo si sfoglia
e tra le pieghe di un cuore senziente 
parla il dolore di un'anima ardente
che di rimpianti non cede alla voglia.
La sera tace. Fa lacrime il viso
sul mare in scaglie d'argento. Stremato
dopo le corse tra i campi, improvviso
il vento cade sul giorno passato
e mentre schiara di lucciole un riso,
resta nell'aria un pallore incantato.

 

*

I gigli del campo

Non posso sapere
la vita serena
dei gigli del campo
o il cuore leggero
che canta il fringuello
posato tra i rami
Non posso sapere
il fresco fluire
dell'acqua che scorre
o il lieve sussurro
dell'erba che cresce
sul letto del prato 
Dal mondo che vive
io viaggio distante
Non posso sapere
che cosa si sente

*

Splendore

Un nulla fummo 

nell'onda dei giorni 
che vanno a morire 
sulla battigia;
fummo un barbaglio
agli occhi del mare 
e all'iride del sole
solo un battito di ciglia
 
eppure
adesso che l'orda scura
s'addensa all'orizzonte
e la terra trema
i tamburi della sera
dimmi
che cosa ne sarà
di tanto splendore?

 

*

Luci della ribalta

Cosa luce la ribalta in attesa
quando l'attore non viene a calcarla,
se pure l'assito ha secche le vene
perché non c'è più niente di mistico
neanche a cercare nel fondo del golfo.
Forse la commedia è finita da tempo
da quando il suggeritore è fuggito
dalla sua buca con la primadonna,
mentre il pagliaccio rideva, rideva 
e beveva alla salute di tutti
pensando ai bei tempi, quando tubava,
la sua Colombina, soltanto per lui.
Ora Arlecchino ha smesso il suo costume
non vuole più saperne di padroni 
e di personaggi stereotipati 
che spengono il fuoco sacro dell'arte; 
se la vita ci confonde il copione
meglio è allora recitare a soggetto.

 

 

*

Scirocco

Curva di braccia 
sul corpo opposto al vento
infuria dell'estate il caldo
e d'altri delitti
che il tocco del tempo
risveglia e straluna
in archi concavi 
d'appetiti
Il sole 
a specchio sulla schiena 
snocciola
in lunga fila di labbra bollenti
briciole di sabbia 
declinando gocce
tra le scapole
e un turgore apocrifo
tra i colli al seno
avvampa di tramonto
e tremando si spegne
nella valle
infondo 
 

*

Cuore di conchiglia

Afferrami
Conducimi per mano
lontano, verso il largo
dove tutto assolve l'onda
al lento sciabordare
di lacrime di sale
Trascinami sul fondo
dove l'abisso canta
con voce di sirena
un cuore di conchiglia
Lasciami svanire
e non farmi più tornare
neanche se implorassi
in ginocchio
per un sorso di luce
 

*

Haiku

Dita di rosa
si sfiorano ad oriente
Aurora ancora

 

*

Amore è solo un tremito

Amore è solo un tremito ai tuoi occhi
scintilla che si perde al primo fiato
e lascia la tempesta al suo passato
cedendo alla bonaccia della vita
 
se un brivido rimasto al sogno addita
di un'alba che ha di rosa l'incarnato
lo ignora della luce il crudo fato
che batte senza tregua i suoi rintocchi
 
Il cuore non si lascia abbindolare
dal sapido giudizio dei discorsi
che i palpiti pretendono spiegare
 
ma guarda nella notte alle lampare
e senza ripensare ai suoi trascorsi
s'imbarca nuovamente verso il mare

*

notturno

È torbido lo sguardo della notte
d'umore discordante ad un commiato
e lacrima dall'orlo di un ricordo
caduto tra le mani ad un richiamo
All'ombra della fonte dei sospiri
l'odore mi illudeva del ritorno
e nugoli soffiava tra le ciglia
di brividi alla pelle con un canto 
Ma trema la mia corda al tuo vibrato
al tocco raggelato delle dita
e suona come un gemito struggente
la nota non più all'arco della vita

 

*

Le nuvole

Ma che cosa ci fanno
talvolta le nuvole
adagiate sul cielo
come languide dame
eteree ed immobili,
fasciate di velami
che la notte discioglie
in lembi di tramonto,
o magari in agguato
nere come la pece
a mugugnare pioggia
e rabbia all'orizzonte 
a minacciare scrosci
guardando da lontano.
A volte, puoi vederle
giocare a rincorrersi
in giri vorticosi,
insieme con il vento
o fare a nascondino
col sole e con la luna
in una contraddanza;
altre invece, arruffate
come donne al mattino
prima di pettinarsi,
restarsene in disparte
distratte e trasognate.
Più spesso stanno ferme
disposte alla rinfusa
assorte e pensierose,
nell'infinita attesa
di qualcosa che non c'è
e che mai arriverà

*

L’ennesima luna

Pure ancora stupisce
la struggente bellezza
dell'ansito ancestrale
che emana dalla terra,
la forza dei primordi
che muta le sue forme
come fa la nuvola
quando gioca col vento
a rincorrere sogni
non ancora pensati,
ed incanta, la luna,
custode primitiva
dei portali del tempo,
a vederla fiorire
farsi donna e languire
morire e rinascere
senza un pianto o un lamento,
mentre vortica, il mondo
avvitandosi al ritmo
di una danza tribale