chiudi | stampa | |||||||||||||||||||||||||||
Raccolta di poesie di Rosetta Sacchi
|
*
Il silenzio era riparo e maschera di un'idea matura
l'orizzonte solo una linea nera
in un deserto di speranze
e della vita possibile neppure il miraggio.
Oltre il sentiero tortuoso foglie ancora verdi
migravano verso un tunnel
senza via d'uscita.
Della luce l'inganno.
*
Questo bacio mai dato
che non chiede un giardino
né risiede nella corolla fiorita
non risplende nell’ovale del viso
o nel lago degli occhi
non vaga sul perimetro dei fianchi
non sfocia sul ventre
_aria spuma cipria piuma_
questo bacio ch’è pensiero
sigillo invisibile oro
e trema quando sfiora il deserto
e viola la nuca di raso e le labbra
questo bacio che odora d’aurora
e si cela alla luce forte
trafigge le nubi i rami un’ala
sul sentiero della memoria
questo bacio mai dato
ha contato le assenze
ed i premi mancati
ha colorato vuoti
e ai pensieri ha regalato diademi.
Questo bacio ch’è quiete ed è tempesta.
*
Giunge la notte e vorrei fosse eterna
una notte elegante nel suo abito lungo
di raso carezzevole gli occhi un velluto la bocca di rosa
una notte che penzola come un melograno
una pallida notte lunare sopra il pozzo la via la chiesa
la porta socchiusa la mano tesa il commiato il profumo
che resta nel vento un istante poi si disperde
Giunge la notte e vorrei fosse eterna
un ricordo un gomitolo gonfio che si dipana un sentiero di stelle
e sentire cadere tutto il peso del giorno le ansie i timori
gli inganni l’ambascia che muove i pensieri
ancora, quando tutto d’intorno pace reclama
e sognare un’orma più grande accanto che all’alba non muore
ma con te condivide il cammino.
*
Muovere i fili sul palco perché continui
lo spettacolo delle marionette...
è il compromesso tra vivere e morire ?
L'anima conduce il suo gregge
nei verdi pascoli del cielo.
*
Nel rincorrersi d'un verbo senza suono
sulla lama del tempo
un'ossessione sterile si perde dentro stagioni inutili.
I passi sostano dove c'è quiete
e la memoria stilla le sue perle
mentre qualcuno ti scava dentro.
Non esiste la chiave giusta
e la vita persevera nel suo inganno
insolente come un mendicante d'aria
un ladro d'angoli all'ombra della piazza.
La luna volge lo sguardo altrove
là dove sulla terra si contendono troni
e consumando tappeti tagliano nastri.
Il premio è nel gong del cuore
mentre la solitudine accarezza la pietra
con un raggio indelebile.
Uno straniero deturpa il silenzio
attingendo al paroliere.
Fredde emozioni
strani duetti in un panorama in bianco e nero.
|
*
Pensi sia qui tra la prima e la terza falange
sulla punta d'una scapola all'alluce,
no è nel sangue tra cellule impazzite
ed il vento la nebbia la pioggia
il gelo che gela al contatto le cose
i pensieri i disegni le idee.
Lo so
a chi lo dici...
Ho male alle mani
ai malleoli ai ginocchi.
I polsi trafitti le fitte alle costole…
Taccio.
Ognuno il suo male maggiore minore
somigliante forse per sopportazione
nell'indice il picco dell'onda,
scivolando sul fondo.
Dolore...
è nel sangue
nel cuore
nel respiro che manca
nel passo che arranca
nel fiato aritmico,
in pausa?
Nel verbo che assente
pronuncia i suoi vuoti.
Pensi sia qui alle tempie
un chiodo d'un attimo
uno sciame che punge
per fuggire lontano.
Ma ora è alle costole
a trafiggerti il petto.
Lo so,
anch'io...
è ovunque il dolore
m'attanaglia m’uccide...
Ho visto che danzi che corri
t'addobbi per andare alle feste
t'ubriachi sorridi stornelli divaghi
rincorri le folle, starnazzi...
Ecco penso... è lontano
in quest'ora notturna
che il sonno è latente
la speranza una fiaccola fioca
che affiora nel buio.
Invece mi spia
mi colpisce che dormo
ed ormai più non sogno.
Ho visioni nel dubbio del giorno che sorge…
lunedì giovedì, il dubbio perdura
forse invece è domenica.
La mente vacilla...
*
Non so quanto l’amor coniugale abbia di paterno sguardo
certo la carne ha grido uguale allo spirito e negarne il richiamo
il più equivale a reprimer passione
o l’impeto sottacere del delirio.
Vedi, tu che or rinneghi e falsamente hai compreso il sentir della tua amata…
Le vedovelle piangono imbrattando i muri e guardano pazientemente
stillare gocce sul sentiero invocano primavere
venti cieli dentro intime memorie.
E tutti elargiscono sorrisi abbracciano l’aria che contiene ogni loro lamento.
Benedicono ogni semplice sillaba se non la terra da esse calpestata, in preda ad una visione.
Tu forse rievochi istanti o immagini o desideri in somigliante disegno, offeso e geli
dell’amor tuo un dì tant’osannato ogni verbo ogni grido ogni pensiero.
*
Vorrei essere la nuda terra dove posano i tuoi piedi
il cespo di rose sul ciglio della via il muro ombroso
la chioma cupa dove nidifica il tuo pensiero prima del nero.
Vorrei essere negli occhi tuoi quel bagliore che illumina le cose grandi
e le piccole le fa immense.
Vorrei essere una tua parola sussurrata tra la piega del labbro
mentre sorridi quando dimentico del suolo
t’innalzi in volo là dove il cuore brama obbediente solo
alla purezza d’un pensiero primordiale.
Vorrei essere culla ovunque t’adagi ed aria che ti circonda
vorrei essere quella mano che si perde nella tua mano
come in un sentiero d’inebriante gelsomino
e respirarti così tenero e vivo così fragile e vero.
Vorrei essere la nuda terra la terra che freme
e non vorrei morire ad ogni istante nella bufera
e dentro un vento che non vuol tacere.
*
Ho attraversato mezzo mondo ed ora sono qui incosciente
del soffitto della stanza la zolla di terra sotto i miei piedi
la finestra di fronte.
E non ho la forza di un pensiero un verbo un ordito
un qualsiasi disegno.
Sono qui trafitta dalla luce e non comprendo
la fortuna di una morte che si rinnova
sul finire del giorno.
Un rito puntuale più che fedele.
Sarà per questo male che ha radici profonde
e spesso buca i colori alle immagini
restituendomi bozze in bianco e nero.
*
Il mio dolore è muto
va interrogando il vento
si confonde sui vetri con la pioggia.
Ha dentro una dolce nostalgia
eppure è triste.
Il mio dolore grida
quando tutto il mondo dorme
non ha sogni o desideri nè speranze.
Il mio dolore è profondo un abisso.
Ha vortici irreversibili
maglie che strangolano
il più ingenuo dei pensieri.
*
E quando il giorno dice alla sera è tardi
sul taccuino annoveri le cose rimandate
ed hai coscienza del poco portato a compimento
della vanità inseguita delle cose difficili ignorate.
E quando il giorno dice alla sera fermati
ti accorgi del tempo buio sceso come un fiato sospeso
mentre la notte inebriandoti
confonde i pensieri nella mente.
E quando il giorno dice alla sera chetati
tu volgi in turbine non voli non approdi
non sogni non esplori il nulla.
Semplicemente ti disperdi.
*
Ora che non sono un nome sulle tue labbra
né piuma nell'alito del vento
Ora che non ricordo l'inebriante gelsomino
né il leggiadro papavero tra il biondo delle messi
Ora che non ho la leggerezza del pensiero
né la vaghezza della parola
Ora che non ti sorrido né sono una tua lacrima
ora che non corro nei tuoi giorni
Né mi racconto tra le ombre della sera
Ora che non sono alba né tramonto
ora che non sono aria né acqua
ma abbraccio tutte le cose della terra
Tu non ami più questa terra
e non domandi più la mia luce
Ora so d'essere il nulla
ora so che mi hai dimenticata.
*
Toccami
col fragore delle onde
e il ticchettìo leggero
della pioggia sui vetri
stordita al gracidio d’una rana nel pozzo
palpitante in un risucchio di piovra
che afferra una mano o un piede
o la bocca alcova d’intenso piacere
Toccami
dove la voce interrompe il respiro
e il respiro scivola nella sete
e la fame convulsa accende miraggi
dove le tue fantasie e le mie diventano vere
in un grido che sventra la notte
nello sferragliare dei treni sulle rotaie
Toccami tra lo sciabordio
d’un nugolo d’api
che migra lontano
nella nebbia che cela
allo sguardo indiscreto
un gesto più ardito
Toccami
tra le acque chete
nel fuoco sedato
nell’odore pungente che sale
dell’erba tagliata
lungo il viale bagnato
da una luna intrigante
e dalla tua brina
Toccami dove il buio
nasconde le siepi
le ombre coincidono
i bordi collimano
i sensi esultano nel fruscio della seta
mentre innesti cerchiamo
nelle gole - profondi -
e smorziamo con le lingue il respiro
ai baci strappato e alle onde
che il picco ora danno al piacere.
Poesia pubblicata nel 2018 su altro sito
*
Del pino so e del pioppo
e dell'ulivo col suo tronco contorto
Del nespolo m'hanno detto
interrogando qualcuno
sull'albero di fronte alla finestra del luogo dove lavoro.
So delle querce e dei platani
ma di molti alberi il nome ignoro
E so distinguere mandorli e peschi solo dai fiori,
il melograno e l'albero dei cachi allo spuntar dei frutti.
Ma non si può dir di me che abbia perfetta conoscenza di vegetazione e flora
E mi vien da ridere ora…
se per anni ho creduto il fico d'India un cactus
finché non ho chiesto a Nino il nome
di quelle piante che in Molise ho incontrato spesso sul ciglio delle vie.
*
Guardo fuori
un raggio di sole illumina la casa di fronte
Cosa attendo non so…
forse l’algida quiete dopo il chiasso festoso delle vie
mascherato dall’intruglio degli umori più strani.
La memoria percorre i sentieri d’un passato recente
e mi dice che nulla è mutato dall’anno passato.
Forse il vento… chetato, ma solo al levarsi dell’alba.
Sto come foglia che teme d’esser sospinta lontano dal ramo
Le ore d’un tratto più lente, d’inspiegabile angoscia
per un bene perduto in un picco di assenze tra carestie
e l’inganno del vivere sognando l’eterno.
Cosa attendo non so…
con lo sguardo che pare voglia gettarsi nel vuoto
Un pensiero che arrivi a lambirmi come pioggia stellare
un sorriso ora nuovo che riporti nel cuore l’antico.
Guardo fuori
Il cielo sì terso ancora lusinga il mio fragile corpo
di ali malconce munito.
*
Nasce così questo momento conviviale
uno stimolo mentale un break un tuffo oltre
senza l’esigenza vera di sfamarsi.
Sorseggiare da un bicchiere un’onda anomala.
Noi padroni.
Dentro momenti in cui alziamo gli occhi al cielo
e non vediamo solo la notte. Le stelle parlano di noi
che siamo veri nei nostri abissi.
*
Bandiere
issate in alto
incontrarono
cieli liberi
Ora contano
nuovi strappi
dopo mille ricuciture.
*
(al gatto del mio amico)
Gatto che non avevi un nome ma ne ascoltavi cento
non avevi casa ma angoli
e la strada era il tuo pericoloso passatempo
gatto indifeso tenero d’età e perciò dal passo lento
che attendevi carezze sulla porta
gatto che guardavi col fulmineo sguardo
l’onda delle crocchette la mano amica
l’ombra che si allontanava paga
Gatto in posa sulla panchina al sole
il pelo lucente gli occhi stretti
beato nel tuo stare quieto
senza contare il tempo per noi così tiranno
gatto che recavi del mattino il saluto
e del tuo esser vivo lasciavi tracce
ora tu hai un nome ed hai una casa
e il miagolar concerti e fai le fusa
al tepor della mano che t’accarezza la lucida pelliccia.
*
E penso al cielo a migrazioni del pensiero
agli storni ai loro disegni agli aquiloni oltre il confine
E penso alle nostre braccia tese agli attimi perenni
ai contorni delle ombre ai sogni ai precipizi inaspettati
E penso all’orlo dei silenzi alle parole _gocce_ al loro tintinnio
alle speranze raccolte dentro gerle di vimini
E penso al nostro divenire nel cuore della terra
all’essersi perduti nella tormenta senza più un arcobaleno.
*
È tempo di uscire per le vie
ignorando schiamazzi e silenzi.
Non c'eri quando ai bivi ho tentennato
(sbagliando forse direzione ?)
quando ho cercato conforto dalle assenze
e forse ho peccato di rimpianti e nostalgie.
Quando ho visto disfarsi le promesse
ordite con pazienza nel buio dei giorni
in attesa della luce (la tua luce?)
Forse eri dentro la cornice ed i tuoi dogmi
i punti fermi i panorami possibili
il limite concreto dei tuoi numeri.
Io a quietare battiti e respiri
tra ansie e timori
e le pieghe innumerevoli dei sogni veri.
Oggi sono ripudio. E quel che fu essenza
immutato vive di una morte già annunciata.
*
Pensato è il sogno
per le celesti sfere
ché se rasenta il suolo
s’infrange in mille pezzi.
Toccar mai conviene
le chiare bolle d'aria.
Esplodono ad un tocco
sia esso d'ago o piuma.
*
Si mischia al vento di bufera
alla frusta dell’acqua sui tetti
allo sferragliare sulla via di cocci e rami
quest’insistere della mano sul battente…
Un ritmo strano senza il ritorno d’una parola
che risuoni ad eco all’orecchio attento.
La stagione è muta ed è mutata
E’ un anno che pennella di grigio
soffitto e muri di silenziose stanze.
Giungono di tanto in tanto voci intorno
strumenti scordati unisoni solo ai gemiti
d’un’anima in agonia.
*
Sento solo i polpacci lancinanti
e l'urlo soffocato nel silenzio
anche se tutto il corpo cade a pezzi
come gesso dinanzi si disgrega
come polvere sfuma si dilegua.
Gli estremi amari vertici negli alberi
ignorano il tarlo alle radici
pensano d' essere gli unici colpiti
ed invidiano d'altre parti
(miglior) sorte, pure infelice...
Così le mie mani appese ai polsi...
*
*
Stamane un gatto giocava con un topo
l'ho visto trattenerlo per la coda e poi
lasciarlo in un grumo di terra
come un inutile gingillo.
Lo ghermiva quasi con dolcezza
e raschiava il terreno circostante
Ho visto il topo scomparire tra le zolle
e il gatto con gli occhi fulminare l'aria.
*
Stretti scuri lineari
aperti o chiusi
non si capiva bene da lontano
Forse solo accostati
pel trapelar d'uno spiraglio.
Di luce un tenue raggio.
Ma da vicino tutto era diverso
Dietro ogni uscio si stagliava un muro
e c'era freddo e un odore strano
e quel silenzio quasi innaturale
come quando pensi di star sola
mentre alle spalle una folla ti pugnala.
*
Vorrei dirti di un silenzio poco fertile
ora che odo gemiti tra i solchi
e la parola è una ferita aperta sulle labbra
ancora sanguinante
Vorrei dirti dei sogni affossati tra le pozze
nelle notti di invisibile luna
quando intorno tutto gracida strano
e non v'è nenia che incoraggi il sonno
Vorrei dirti contando sulle dita
di ogni cosa perduta oppur smarrita
sicché il conto portato sulle dita
approdando ad un numero finito
dell'impresa allevii la fatica
ma non bastano i palmi d'una folla
confluita copiosa in una piazza
all'indice completo delle impronte
che tu hai scavato nella mia memoria.
“A lui che di me è l’essenza “
|
|
*
Ottobre volge al declino
nebbie al mattino e sole sul capo
che ciancia di primaverile stagione
Confusi pensieri gli affanni di sempre
i sogni col prurito alle scapole di nuove ali
Già il sentiero crepita di foglie rossastre
e pigola sul ramo che si denuda un uccello sparuto
Solitario il mio canto perde il suo fiato in un mugolio indistinto
Il gatto ha una voce il cane altra voce
in me un silenzio che grida e fa tremare le pareti
d’una stanza sempre più vuota
Ottobre che muore la sera
una calma non vera la luna
una fetta tagliente nel cielo più d’una lama.
*
Troppi segmenti... ora sono diventati una retta
non apici né orizzonti o siepi a precludere lo sguardo
Le parole, quei tarli all’apparenza innocui
quelle pecche sul bianco ora hanno perso il peso
E i silenzi ripercorrono i sentieri della memoria
ora al trotto ora al galoppo
tra la polvere sui selciati di nuove speranze
nel grigio provvisorio delle nuvole
Sono passati mesi uguali nei loro tramonti
e le stagioni hanno dimenticato l’originario nome
nell’alternarsi di giorni senza luce e notti interminabili, insonni.
Altrove la luna si sdraiava sorniona raccontando favole.
*
Il vero premio fu la tua cattedra nella mia età adolescenziale
sapere di non sapere ed essere investita d’un ruolo non ambito
L’Infinito e Silvia nel profumo intenso della ginestra
ed io che alla luna ho parlato tante volte ma di cose poco profonde
del vento contrario del latrato dei cani nella notte
dei tarli nell’anima e nel legno antico dei mobili della mia cucina.
Non del genere umano non della sorte non delle tempeste
Mai ho attraversato sentieri dove il vento profumasse di gelsomino e rose
la lavanda fu la sola sorpresa notturna d’un cuscino sprofondato nel sofà
tra le note di Chopin le parole sugli scaffali i sogni sgranati di vermiglio,
i melograni della pazienza e dell’attesa nel grigio degli inverni
Da piccola fui grande con mio immenso stupore tra le bambole mai possedute.
Ora rotolo in discesa, un granello destinato a scomparire
mentre un canto notturno di pastori risale la collina
Non è più tempo di tramonti silenziosi e mazzolini di rose e di viole
Non è più tempo di vigne di siepi e meraviglia ed orizzonti di luce ove annegare.
Le cicale … che frastuono quando l’aria è satura di menzogne,
nel prato verde di nostalgia e desideri calpestati per distrazione!
Dedicata al mio prof. Biagino
*
Sorrido piango spero
mi dibatto tra mille onde
Esisto mi nego
simulo il vuoto
Affogo nella terra molle
come tra i flutti del mare
E vivo e muoio
Muoio e vivo
ma in un ordine inconsueto
L’anima sospesa
tra barricate e cielo.
*
Ci sono amori che non hanno voce
hanno camminato per anni sulle spine
ed attraversato il fuoco ardente
per una promessa una visione un sogno
Hanno sfidato un destino avverso
desiderando un fiato
una carezza un bacio
sguardi roridi di luce vita nuova
Ci sono amori che non hanno avuto encomi
hanno rialzato il capo mille volte
dopo una nefasta pioggia
fino a cadere tramortiti al suolo
Ci sono amori mai immortalati
in un quadrato sopra la credenza
Amori che hanno atteso treni
senza più guardare l'ora
ed hanno pianto senza versare lacrime
apici d'amara solitudine
Inconsolabili e sconsolati
nel difetto d'uno sguardo ed un abbraccio.
*
Cosa ne sa il Cielo
delle nostre vette
di premonizioni
di crolli e tracce imperiture
del peregrinare del pensiero
tra cunei ed apici
ora che anche tu ignori
d’ogni moto il senso
d’orizzonti e nebbie lo strano inganno
d’ogni sosta il vuoto
quando un nuovo affanno
è preludio nel bramar la quiete…
*
Ha perso la pazienza il ragno
o s'è distratto
e la sua tela
trama di ricami,
ora disfatta
è solo un tenue velo,
mera illusione!
Qualcuno maniacale
ha setacciato ogni angolo ogni lido
ed ha studiato di ciascun le mosse
col suo falso sorriso e con le lodi
e col copione in mano
Sempre lo stesso,
rinnovato forse nell'olezzo
che emanano certi corpi
imputriditi
al pari delle menti.
*
Sto
come un animale sta fuori della porta
Sul ciglio della strada ad un cane
hanno lanciato un osso
Dentro vicoli ciechi mugola ancora il vento
presto
il suo gemito tramuterà in pianto.
*
Spesso della stupidità ho sognato l’apice.
E su immaginarie vette l’ara
dove si pesava l’attimo
svestito della sostanza dell’Eternità.
Ed ho provato una strana quiete
il formicolìo d’un falso fermo... il lago
assopito sotto l’alito distratto
d’un vento antico.
*
Si ama il deserto pel susseguirsi dei miraggi
cessato il lampo torna arido il tempo
Promesse e speranze van dissipandosi,
ombre in fuga nel buio della notte.
*
Non parlo mai del dolore
tu però sai cos’è il dolore.
Non è un viso sbigottito.
Ma sfinito.
Anche quando resiste alle rughe la pelle
rivela ben più profonde incisioni
che a volte s’illudono di scomparire
increspature simili a smorfie improvvise
in quel gridare in silenzio
fischi che attraversano l’anima.
Esorbitano gli occhi
mentre s’espande un fuoco che gela
e sotterra ogni più piccola voglia
in un continuo rubare del mare alla terra.
*
Quest’irruenza nelle altrui sensazioni
sa di indecenza,
il gareggiare per lo sterile podio
rovesciando il peso d’un enorme bagaglio
s’un lido che vorrei fosse lieve
di luce e di spuma.
Quanta nebbia innalza il velo
sull’essenza e sul vivere puro!
Non c’è scoglio né siepe
nè spiaggia o montagna di sabbia
nell’immensità del Pensiero.
Solo ali possenti. Non confini né mete.
E qui sono troppo distanti dal sogno
e noncuranti delle meraviglie del viaggio,
chiusi tra irrequietezze e manie
ed i vicoli ciechi della finzione.
*
Lacrimo questo disubbidire all’amore
le ore di sospensione al cielo
le sottrazioni ai meandri del tempo.
Ora i corpi si sfibrano su di una panchina invisibile
Annota i rumori delle fronde la mente
ma nessun suono assomiglia al felpato silenzio
di lunghe notti ai poli, all'apice somiglianti
quando la distanza tra i corpi era sfiorarsi in volo.
*
La vita era ad ogni stanza
ad ogni crepa del suolo
ad ogni intrigo di rami alla finestra
sulla soglia restavano i passi odorosi di pioggia,
come in ascolto.
Il papavero stemperava il verde
nell’eco dei sogni,
spighe allineate nelle notti più grigie.
Ombre amiche la sera al riverbero d’un lume
narravano di vele e di aquiloni.
Ora qui non passa più un alito di vento
né mette radice il gelo.
Io... una città demolita
senza incisioni né impronte.
*
M’è scoglio quest'omogeneo scorrere che annulla
ogni identità ogni segno e non dà chance alla fantasia
E fluttuo nelle turbolenze avvezza a correnti avverse
Vele ricucite degli strappi ancora in mare stanno all’orizzonte
I miei viaggi anelano l’approdo sopra un’isola
per beltà simile e per quiete al Paradiso
(benchè sia solo un concetto in me il Paradiso)
Ma le spiagge, le spiagge sepolte
sotto un ammasso d’ombrelloni non m’attraggono
al pari delle piazze o delle vie gremite
dove il caos imperversa
e nessuna voce assomiglia alla voce del silenzio.
*
E se diventa un macigno il bagaglio ereditato
la malinconia lo sconforto gli occhi mesti
il silenzio eloquente
si fa marcia indietro dal punto preciso
reo d’una promessa (perenne?)
ora sepolto tra cumuli di terra.
Del bagliore nessuna rimembranza
tra i cirri d’un cielo malvagio
Di tante lune non resta che la beffa
d’una complicità apparente.
*
Anche ora che scruti il nero orizzonte
o dalla cima guardi gli abissi
pesci fiori foglie morte sassi
e pensi senza nulla pensare
e getti lenze nel vuoto
e peschi sillabe gemiti sussurri
e scavi tra le crepe dove perle
stanno tra la polvere e i fogli
scarabocchiati tra estasi e miraggi
Anche ora che le promesse sono vele stracciate
e la terra è lontana il faro spento e il desiderio
che qualcosa possa cambiare
è un vento straniero che schiamazza per le vie
Ora che ti sei rialzato a stento
nel buio d’un mondo che dorme
e non vede la tua sofferenza
e provi un binario nuovo senza grande entusiasmo
Ora che ti volti indietro accarezzando prati di margherite
e le corde del liuto addormentano le tue visioni
anche ora... il sogno resiste vive
dimora nella sua sfera, irraggiungibile
Il sogno non muore mai.
Ed ogni lusinga disillusa uccide solo la quotidiana realtà.
*
L’affannarsi è fatica vana
ognuno seguirà il filo
con qualche deviazione
qualche strano appostamento
qualche sosta fuori dai binari
e asseconderà infine la sua natura.
Germogliare ovunque il suolo imbruna
o perlustrare il terreno per una zolla assolata.
*
Ho scritto versi d'amore per un poeta
lui diceva di non essere un poeta
ma seguiva il sentiero degli aquiloni
e s’innalzava col vento sulle onde
Ho seguito il mio Poeta ovunque fin dove
il pensiero ha sfiorato il sogno
Ho dormito sulle ali sue possenti
ho seminato stelle tra le zolle
E sono stata pioggia e sole ardente
sono stata aria e terra bruna
Tempesta ed arcobaleno
primavera soave anche d’inverno
Ho scritto versi d'amore per un poeta
che custodiva nel suo cuore un sogno
Ma il desiderio come un fiume in piena
ha rotto gli argini portando via ogni cosa
Ed ora non ho più una casa
dove ogni dì fare ritorno
e non ho itinerari da seguire
e vago sola e sconsolata senza meta
le mani in tasca a trattenere il sogno
andato via con il mio Poeta.
*
Osservo...
Dov’è ora la passione?
È un correre o un camminare svelto
verso il traguardo
Mio Dio sono povera di spirito se ignoro
qual è il traguardo?
Il sogno ha spiccato il volo mesi or sono
sotto il mio naso
Incredula
l'anima vergata
relitto inutile rinvenuto a riva
Ma non era la meta
era il viaggio perenne
l’altura a bucare il cielo
Il bacio sublime tra il mare e la terra
a turbare intimi pensieri
Era il desiderio d'un cespo di margherite
mai raccolto
E quel giardino
il tuo, ora di nessuno.
Osservo…
Il mio andare sul filo
un vacillare d'ombre al destino
la lavanda sgusciata tra le piume
in un giaciglio _ansia e tormento_
D'inesattezze rumori d'immagini scomposte
c'è tormenta
di quiete nessuna speme
nella notte misteriosa.
Scrigno di stelle o minaccia di nuvole o intrighi?
Io cammino sulle tue orme ogni sera e non ti trovo
La passione in quale mare annega?
*
Un alito caldo mi sospinge i fianchi
asperità di scogli acre odor di limoni
un bouquet di rose gialle fa meno spoglio
il mogano d’un tavolino.
Riordino le briciole, sopra un velo di polvere
Di baci ricordo il sentiero oltre il giardino
oltre l’orizzonte oltre una soglia chiusa
e il sogno a seguire di un abbraccio
un nido una segreta nicchia per i miei pochi averi
Una ventola mi fredda il viso.
Il tempo riavvolge la pellicola
m’illumina sul volo il salto la caduta.
A galla resta solo il tuo pensiero
Delirio d’un’estate nuda vuota austera
pungolo che m’incita e sostiene fino al buio
d'ombre e misteriose tele
spazio eredità non contesa né condivisa
della mia vita passata d’ora e futura
Delirando oltrepasso il fiume
delirando cerco un approdo
E ti cerco come un mendìco,
in mano un cappello di paglia,
dietro il cappello un corpo adorno di stracci.
*
( a mio padre)
S'è spento d'un tratto lo stridulo frinire.
Nei giorni innanzi quel suono così intenso
seppur assordante non mi recava noia
non quanto nella mente dei miei pensieri il chiasso.
Padre tu dormi?
O forse t'agiti ancora
per le mie pene e pei miei travagli?
Ora i cipressi sono silenziosi
e s’è zittito lo stormire delle siepi.
La pioggia improvvisa ha chiuso l’uscio ai nidi
ma al primo raggio di luce, via le nubi,
di stormi il cielo sarà tutto screziato.
Si tingerà l'aria di nuove sfumature.
Dicono sia così in viso la speranza
eppure non v'è sollievo nel respiro del vento
nessuna quiete dentro e neanche intorno.
*
Quante previsioni quanti simili percorsi
quante false mete quante ipocrisie.
Scene che si ripetono ed orizzonti vuoti
racconti di viaggi inutili.
Ordunque amatevi ed odiatevi
in questo rincorrervi l'un l'altro
tra incenso e mirra
diffondete le vostre pseudo melodie
e vivete o illudetevi di farlo
prima che il mare vi restituisca a riva.
*
È uno stare in trincea
un combattere ostacoli
tra incubi timori
e la visione di un tempo nuovo.
Navigare in sogno
i colori dell'aurora
mentre di foglie il vento
simula il fruscio.
Vi sono vicoli da noi mai esplorati
in bilico tra limiti ed ipotesi.
Sarebbe bastato un briciolo di follia
in questa vita così aspra così esigente,
la scintilla per un fuoco inestinguibile.
*
Se non percepissi coincidenze in quel che accade
direi che sono piccoli segni
del nostro incedere nella stessa direzione.
Resterei ora sulla soglia ad attendere una luce
metterei insieme le note per la tua voce
(eco di silenzi dentro stanze vuote )
prima di leggere della tua bocca ogni piega.
Ma forse aspetterei invano
e l’ennesima raffica mi spezzerebbe la nuca
e forse resterei piegata sui miei ginocchi
ancora una volta incapace di dirti amore.
*
E forse nulla ci appartiene se non l'idea che tutto è preso in prestito
nessuna disciplina lingua traduzione dell'immagine in suono
o figura scarna trasparente nei suoi arti nervi fibre cuore
Ed io ancora sogno segno che la mente brama voli approdi
soste rotte opposte improvvise mete.
Ora io sono in questa tua sagoma e trattengo il respiro.
Taccio. Io sono in questa linea sottile a segnare il sentiero.
Andrebbe perso il senso senza la traccia d'una matita.
Scorrere sul filo senza falsi passi salti piroette nel vuoto
reclusa in un quadrato piegata
nella visione della stessa faccia della medaglia
confusa nel riflesso allo specchio
duplice disegno dell'io scosso dall'onda.
Inutile questa deviazione dal tema
come il gioco d'acqua della luna salda alle sue radici celesti
molle come sabbia nell'inganno di un celere avanzare.
Sopravvissuta ai tagli del gelo e al graffio della luce
ora ostinata assenza della vita in bilico orlo- precipizio
Io come un termine in disuso un attributo superfluo
cado nel respiro del vento tra farfalla e foglia
nella sfumatura vermiglia straripante nel tramonto
Scivolo nel rimpianto d'un giardino rimasto incustodito
a nord di un'isola mai esplorata (promessa).
Era parte del sogno tra saggezza e follia
era l'apice di un desiderio inespresso
quel mare d'erba scrigno di congiunzioni impossibili.
Ora della vita rimane il tempo speso
il tempo perso il tempo incerto
il tempo schiavo del tempo
il tempo sprecato
e la somma d'istanti di attese sospese nel caos.
Rimane il pianto dell'universo stellare e sotto il deserto.
*
Ho bisogno di una folle come te
che ama il viaggio l’orizzonte e non le mete
di una voce fatta di echi e melodie
di una giocatrice d’azzardo di note e di silenzi.
Di verità e fantasie e di emozioni.
Ho bisogno di una folle come te
che corre tra le fiamme
che non teme carestie e penurie
e crede nelle promesse dell’oro e della vite
e sogna cime elevate.
Ho bisogno della tua solitudine
alla soglia del mare
e dei tuoi venti
per comprendere le mie tempeste.
" Poesia per un'amica"
*
Ed ora non giungi in questa casa
( una palafitta una tenda un trullo?)
dove tutto è liquido ventoso bianco
tutto in movimento tutto stanco.
Hai parole che non sono nuove
per tanti orecchi e sempre autentiche
e i sogni i timori le speranze
sono di ieri sono di sempre.
Destati e portami i silenzi
le voci i canti dei nostri istanti
che hanno cambiato il nome al tempo
il suo ritmo le sue attese il suo lamento.
Destati e portami le impronte
di chi non sì è mai arreso al fato
di chi proteso al cielo ha creduto
il filo eterno resistente al peso delle distanze
alle piene e alle magre
e alle esistenze vere e vuote
e a quelle solo apparenti.
*
Io non so dove il sogno è caduto
tra quali rovi
in quale abisso
tra quali acque
Non so in quale vortice
il silenzio echeggia i suoi schiamazzi
dove il passo, stanco, si è arreso
dove la luce vacillante si è piegata al vento
So dove il pensiero ogni ora torna
dove ha dimora la sera dove brama quiete
So dove resiste come una ferita aperta
e attende di lenir la pena.
*
Della mia musica non ricordo che i silenzi
forse un di avrò tempo d'ascoltarla
e di posarmi su ogni nota come un'ala
un petalo una nuvola una piuma
smarrirmi in un sax come nel labirinto
e uscirne indenne
Piangere a ritmo di un bel blues
e scavare dentro ogni melodia
la nostalgia vellutata dei tuoi occhi.
Era così che mi strappavi il cuore
quando la sera era gravida di sogni
e in gola si scaldava la preghiera
che un minuto durasse quanto un'ora
o il tempo perdesse la memoria
del suo andare e del greve affanno.
Della rosa non t'ho mostrato che le spine.
Tutto il profumo se l'è bevuto il cielo.
*
Delle mie viuzze non ricordi nulla
Non le hai percorse che con il pensiero
correndo fin sulla collina, per il sentiero.
Le anse gli spigoli le curve
son cose aliene ad una via dritta
Tra quei meandri un raggio vivo
l'ombra sul muro
il solco nella terra d'un’impronta
narravano di te di come
il desiderio dirompeva...
fiume in piena.
E la piena pur ci rallegrava
e nel contempo il timore dell'Immenso
più che in noi nell' anima lasciava
un sentire strano.
La chiamavano ansia
quel tormento che ribolle dentro
e pare inferno.
*
E quando la luna scivola nel mare
e tu aspetti che un'onda la sollevi
quando un papavero è un solletico nel verde
quando un'ala t'attraversa la via mentre ti domandi
una volta ancora dov’è la giusta direzione
Quando l'aria è sbronza d'api ed uva
e il tuo silenzio infastidito dalle cicale
quando le rondini macchiano il sereno
di un acuto garrire e tu sei nella nebbia
sei tra nuvole d’ombra
Quando d'ogni stagione assapori il tramonto
e cadi nel vortice del tempo vuota e senza peso…
Sei meno d'una foglia morta
meno d'una nave abbandonata
meno d'una scarpa rotta
meno della notte che ti flagella l'anima
ed ancor meno d'uno specchio incrinato.
Meno di quando guardi il fondo oscuro e non ti vedi.
*
Partite interrotte bruscamente
quando la visione della vita cambia
e l'amore perde ogni diritto.
E' come essere fuori gioco.
*
Dietro la rima palpebrale
alla radice del pensiero quando
non aspira a convertirsi in nessuna cosa
In una sillaba monca gemito sospiro
singulto che narra di speranze recise
in un’ombra che ci contiene indefiniti ed imperfetti
Nella lingua di gelo di un desiderio in bilico nel vuoto
nella parola silenziata inadatta
antica deforme transitoria insapore
Dietro una siepe fitta come nebbia
dove ci si ubriaca di rose e di salvia
scivolando poi sull’indelebile come su una lama
Spiarsi nel soffio di un bacio mai assaporato.
*
Non vi sono immagini nella notte
è un sonno che non giunge
mentre la mente setaccia le parole
e i pensieri si spengono in frammenti
come pioggia di meteoriti
Attese d'una terra promessa
agognano un approdo una culla
uno scrigno eterno
Ma è un conto che non torna
nel tempo ch'è mutato
nel malessere dell'anima riemerso
nella speranza svanita tra le fauci
di un destino di sovente avverso
Segno che il sogno è spesso incubo
che tuona nell'eco d'un silenzio
in una vita che della medaglia
ci nasconde sempre il rovescio.
*
Tra pensieri e parole
v'è collisione perpetua
Conto opere ed omissioni
in bilico tra abrasioni ed eclissi.
Non esisto in questa lotta al resistere
non c'è respiro divino nel fango
e sul foglio il disegno si sbriciola
ad ogni tratto indeciso di lapis.
*
E mi domando a cosa serve quel nodo
dove le parole stanno strette come strangolate
nell'attesa che sfoci un treno dalla galleria
Mi domando perché le cime sfiorano il cielo
mentre i pensieri muoiono tra i rami in un groviglio...
*
E poi ho lasciato che morisse
come sta morendo la mia anima
poiché ora non bramo più nessuna cosa
e le parole sono quelle scarne, di sopravvivenza
perché non vanto conquiste nella vita
e la scienza non m’appartiene né l’onnipotenza
perché sono inutili le lotte per nuove fioriture
sì ho lasciato che morisse
perché le foglioline inaridite
(forse per il freddo o per la forza in me minore
della loro ostinazione nel bramar la luce)
non sentiranno il buio del sentiero
dove si sgretola il confine.
E vorrei ora solo un esempio da imparare
e ripetere a memoria e da osservare
mutando il nome a questa immane sofferenza e non il senso.
*
Arenata sulle sponde d’una stagione di cui diffondevi l’eco
domandavo vela e vessillo anche dove pirata il cielo
stendeva veli su orizzonti incerti
Gli occhi intristiti da un bagaglio di disavventure
vetrine chiuse anche di giorno
Rievocavo redini e corse affievolite da un fiato pago
stava cambiando il tuo tempo innescando mine tra i solchi
Amata per i miei silenzi ed i miei canti assai simili ai silenzi
e all’apice scaraventata sul fondo.
*
È un giorno infinito
le tempie impazzite
i pensieri in conflitto
Eppure ora è il ventre
che si contorce
sconquassato da mille lance.
*
Non seguivi le mie curve come fossero binari
e le tue dita erano steli d'erba gambi sottili
piume evaporate da scapigliate chiome
Eri sempre in gemiti d'assenza
abbozzi di fantasie audaci interrotte
da burrasche improvvise virgole nel ventre
Eri sempre dentro i miei silenzi urlante ed imperioso
ma ignaro del potere di quel Pensiero
che accolsi devoto adepto
Eri nella moltitudine dei vuoti speranza e fede
sofferenza crescente d'una gioia negata
eri l'apice a cui guardavo con riverenza.
Ed io non sapevo coglierti in segmenti d’attimi perché eri l'Immenso.
*
Cerco vergini pensieri
in scalfitture e crepe
Il suono d’uno strumento
somigliante al liuto
Satura l’aria
vuota d’ogni altra cosa
mi assimila al volo, nel desiderio…
fioca memoria di quando l’anima
era bandiera alta sul vessillo.
*
Vai dentro i tuoi arcobaleni
vivi allegri pieni
Sono stata tuono sul mare
Dopo il picco d’onda il fondo
dove il nero vince l’alba
E sono sabbia memore di dune
miraggio o solo fastidio agli occhi.
*
Del tempo che si trascina vecchio al ciglio d’una via
delle presenze evaporate in battiti moltiplicati ad ogni meno
s’è nutrito il linguaggio denso carico di resine
Sulla cenere l’input a domande non pensate
in giorni quasi allegri invecchiati dalle abitudini.
La nostalgia era litania dell’arenarsi in sterili sospetti
Gara inutile dentro cave di stimoli
gemiti non canto di peripezie d’amore
e un sacco sulle spalle senza fondo
destinato a seminare nel tragitto ogni tesoro raccolto.
L’amore è rimasto in noi come intrappolato.
La gazza s’è lanciata sull’aureo riflesso
nella culla d’erba fitta
un frammento di vetro di scarso valore
forse un minuscolo coccio di bottiglia.
*
Non sei in questo cerchio
dove i voli si chiudono
tra quattro cose inutili
sei ovunque
sei nel gioco della luce
nella terra gemente d'ombra
sei nell’impeto di questa bufera
che l’anima sconvolge
ad ogni raffica.
*
E’ chiuso questo cerchio
dove si sostava concentrici
diluendo nostalgie ed aspettative.
Non ho mai parlato di vecchiezza
ma di tempi consunti dalle privazioni
di vuoti labirintici come trappole
dove cadevano frammenti di pensieri.
Rievocare l’antico vivere non è eco d’amore
nè crimine è domandare un gradino oltre la soglia
dove i segni parlavano di resa
un gradino in più verso te.
*
Più nulla posso se non resta traccia
d’un barbaglio improvviso
polvere che s’inframmenta
opaco velo che cela e rivela
albe e tramonti svestiti di luce.
Più nulla posso se non si leva pensiero
dal dirupo di sentimenti offesi
da radici dolenti incise di rughe
se l’onda asciutta nega i suoi flutti
flessuosi ed anela alla molle riva.
*
Amore io contemplo i tuoi giardini
così intensi e così odorosi
e vago come vespa e farfalla tra le siepi
talvolta cinguetto nel fitto del fogliame
ma tu non ascolti la tristezza del mio canto
e non vedi i miei occhi né le mie mani tese
a domandare un frammento di te, luce!
Amore resto distante dai tuoi sentieri
per timore e per rispetto
per ossequiare le tue convinzioni
E muoio ogni sera sulle tue ali distese
dove un dì io fui Pensiero.
*
Fanno il tiro alla fune con le mie mani.
Invisibili tenaci ostinati...
un fascio di fibre e nervi stirati
da innumerevoli chiodi conficcati nel palmo
Non avrebbero ora la forza d'una carezza
queste mie dita attraversate dal fuoco.
*
La luce lacera l’anima
un soffio_ respiro _
che muore
soffocato dall’aria.
*
Vedi ci sono sfere ovunque
gli amici degli amici
i nuovi i vecchi
gli esiliati i diseredati
Quelli che vivono al margine
quelli che vivono scrivendo
quelli che muoiono per una parola
o per infiniti silenzi
Quelli che scavano tra le pieghe del cuore
quelli che lasciano intarsi nei tavoli
o che cercano a caso nel web il caos delle parole
come fossero all’apice delle emozioni
E poi ci sono gli sconosciuti perfetti
gli sconosciuti alla mente ed al cuore
al mondo terreno e al cielo dell’universo
Quelli che stanno bene nel buio
perché risplendono ovunque.
*
Quando il pensiero dirompente scende
incontra abissi il fondo d’otri l’incavo d’una mano
che si racchiude a gomitolo dipanato per metà
dietro quale siepe scompare il sentiero, non sa
e lo specchio quale immagine rimanda
il frammento dove pigola dove si fa chiasso dove si sperde...non sa
mentre l'amore è fuoco che divampa
e tra cielo e mare approda
aquilone e vela, verso la tua riva.
*
Ed ora so che tu non vieni dove io sono
che tu fuggi da ogni cosa che m’assomiglia
che tu corri al riparo tra memorie antiche
Alieni il tuo pensiero lontano da ogni sogno
Nemico da combattere tarlo da sconfiggere
io sono?
So di non essere tutte queste cose
e so di non essere l’oltre del tuo cammino
ora hai nuove medaglie
ed io sono vinta ai piedi di tutte le ombre.
*
Vorrei spolverare il grigio dalle aiuole
e dare al prato una mano di colore
ora che l’orizzonte s’assottiglia
_un tenue filo una trasparente lama_
Ed io conto le tessere mancanti
sogni e promesse incastonati
come in un puzzle.
E penso che il tempo è belva assai feroce
ingoia tra le fauci in egual modo
tutto quello per cui s’è pianto e riso
lasciando fuori solo noi,
così infinitamente miseri così piccoli.
Noi e i nostri errori eterni.
*
Ed ogni sera penso di bussare
una due tre volte
senza sbirciare tra le tende
senza pensare al lume alla finestra
senza la speranza che tra le crepe
il vento cambi voce
Ed ogni sera penso di sostare
uno due tre minuti
senza rendermi conto che i minuti
assomigliano sempre più alle ore
senza dare ascolto ai miei piedi
stanchi di cammini impervi
Ed ogni sera penso di parlarti
una due tre parole
senza discriminare quei silenzi
lunghi carichi d’amore
quando abitavo nei tuoi occhi
ed ogni stanza era il cielo immenso.
*
Ghiaccio e fuoco hanno egual potere
provocano tempeste travolgenti
Ed è sempre troppo tardi
per mettersi al riparo.
*
Oggi è ieri con le sue speranze e le sue paure
con i suoi sogni la fede gli ostacoli
l'onda e la quiete.
Abbracciami ora che non ci sei
ora che più non comprendi
la potenza di questo amore.
E non lo dimenticherò mai.
Vivrò o morirò
di quest'amore che non sai.
*
Amnesia
di anni imbottigliati
accuratamente
ora buttati in mare
Occhi mani labbra mento
avevano voci
soavi stridule meste sonnolente
più del resto del corpo
irrigidito in scomode angolature
Tra anguste sbarre
l’oltre disegnava visioni ammutolite
per paura che svanissero
nella notte ingorda d’azzurro.
Amnesia.
*
Bambole dalla faccia inebetita
senza grinze nei pensieri
la pelle tesa ignara di stagioni nuove e di tramonti
setacciano parole che ritornano frequenti
dove occhi di pietra scavano un senso provvisorio
nell’assoluto indecifrabile...
stupore il sibilo breve che svolta l’angolo
come serpe con l’obiettivo d’un muro levigato
e illuminato d’erba
Bambole senza emozioni tra le pieghe di carta
d’un vestito corto e lo smalto graffiante di mani
spoglie distolgono dal dolore della spiga matura
mentre il sogno d’una carezza fa eco appena
al fragore d’una stella scivolata nel mare.
*
Il rosso che divampa
poi è terra arsa
E della verde fioritura
è immemore il deserto.
*
Nulla svelava al passaggio il tempo
non il naso lungo
né le gambe corte
tra verità e menzogne
solo il disegno onirico del pensiero.
Non colpe non meriti non cause né effetti.
Poi complicità dissolte.
Ed esseri confinati agli estremi
ognuno con la propria pena
artefici di un diverso dolore.
A domandare uno spiraglio
o al riparo dalla luce.
Spiati solo dalla luna
salda nel cielo
al centro di due vie parallele.
*
Come appari lontano ora che non sei
sulla traccia del vento
nell’approdo d’un fiore sul sentiero
nel pensiero che abbraccia l’immenso
come appari lontano ora che non sei
silenzio e voce timore e speranza
follia e ragione
sogno e quel che più s’appropinqua al sogno
come appari lontano ora che non sei
a raccogliere bozze di carezze recise
a seminare sorrisi a me di fronte
a disegnare speranze
come appari lontano ora che sei
lontano, troppo lontano…
*
Le mascherine
le fronde accoglienti
le voci.
L’alito di brezza sottile
che anima il cielo.
Armonica simulazione
dell’inno alla gioia.
Ora navighi il mare
senza ferri alla caviglia.
Un tempo gemente
osservavi il panorama
dietro un cancello.
E il bene provato (condensato)
è dentro scarne parole?
Negazione d’una luce
che pure mutava in sorriso
balsamo sulle ferite dell’anima.
Ora scivolo dentro una definizione
e resto sul fondo
battezzata errore d’un pensiero peregrinante.
Voci, garrule voci, abbracci moine
nel tuo cielo affollato di colorati aquiloni.
Tu con in pugno la tua libertà
mentre io vivo d’esilio.
*
È un'aria opaca
che maschera il sole
un'aria sfumata di perla
a tratti di celeste sbiadito
Son sprazzi che vanno
come onde sul mare.
E’ un'aria smunta
che puzza di terra
inumidita
di sabbia recente
di latrati di cani
di polvere sul ciglio
di vie desolate.
Un'aria anonima
di nessuna stagione.
Solo l'odore dell'erba falciata
racconta che è primavera.
*
"Carmina non dant panem"
scoprii così d’avere un’anima
allor che fanciulla
uccisero in me l’idea della poesia.
Per anni ho affidato emozioni al vento
ed ho scritto dubitando del mio esistere
fui luce per te(soltanto?). Universo folgore.
Ma poeta? Forse Poeta non sarò mai.
Oggi qualcuno incita una scolaretta
a persistere nelle sue pagine di diario.
Si resta delusi dall’amore
e spesso anche dalla vita
ma si è lontani dalla Poesia. Lo so.
Oggi qualcuno comparso all’improvviso
con nonchalance cerca proseliti o spot
e si pone al centro dell’altrui interesse
senza sollecitudine (all’apparenza)...
Oggi qualcuno si dice tuo amico
Conoscitore profondo del tuo animo
non sarà mai. Lo so.
Oggi una folla è in cammino e ti tende le braccia.
Io sono notte e prigione.Io sono vento.
Sono tutto ciò che cade nel vuoto.
In fondo anche uno zero è un cerchio
in espansione agli estremi… e molti sono dentro.
Io resto fuori e me ne vanto.
*
Fingere lontano il pensiero da strappi e cuciture,
fatica inutile, da scartare.
Basta l’ansimante respiro
ad ogni tentennare d’equilibrio.
Ho sognato aquiloni neri soffocare nella luce,
miraggio d'ombra d’un orizzonte ormai deserto.
*
La bamboletta di pezza ha solo un’immagine di sé
e incongruenze incertezze timori distrazioni
la bamboletta di pezza ha sorrisi per parole
e le parole sempre le stesse tessute sulla trama
di un solo pensiero, la conquista
la bamboletta di pezza appiccica di miele
ma ha stati di ghiaccio e venti preordinati
la bamboletta di pezza ha un like per tutti
compare scompare e ruba agli altri la luce
per il suo profilo d’ombra.
*
Se la rosa tornerà prospera tra le spine io non so
ma la corona di Cristo non smetterà
il suo colore smunto per un verde brillante.
Tutto tornerà a fiorire o tutto potrà morire in un attimo.
Sto come una cosa lasciata scivolare tra le mani
ai piedi d’una quercia. Dinanzi una panchina deserta.
E’ il primo raggio che mi trafigge gli occhi
dopo l’interminabile freddo di marzo
ed io attendo che il sole tramonti nel desiderio d’un bacio
d’un viso ripiegato in un cassetto
nella bozza d’un sogno
e di un domani tiepido sotto la cenere.
*
Io so di non sapere
d’essere polvere nell’Universo
dispersa dall’impeto di burrasche
e nell’onda irata dei venti.
Mi dissero” superba”, ignari
d’un tempo flessibile di cicli e stagioni.
Calpestarono nuances ed umori
epitelio di presunte verità.
Ma per te io ero orizzonte di luce
congiunzione di cielo e mare
aerea percezione attesa d’equilibrio.
Ora so di non essere.
E so ancora di non sapere.
*
Seguite l’aere, vedo... ma che amarezza in me
e nel cuore mentre si raggelano i pensieri.
E siete dove tutti sono. Contraccambiate un gesto
una carezza un bacio una smorfia un cipiglio.
Voi conoscete l’animo di chi osannate...
Certo non io che scruto una sfera, incredula
e resto muta e non prevedo non calcolo né analizzo.
Mi dolgo talvolta di questo di non essere come voi siete
ma non potrei essere così perfettamente in fila
e ciò mi conduce lontano da una certa "quiete".
*
Come osso si sgretola nel mare.
Oltre il limite consunto
nuovi equilibri al largo.
Le tue ali in volo a lambire altri lidi.
*
E' per continuare a vivere
che corro all’indietro
le stesse vie gli stessi viaggi
le perle intatte nello scrigno
e castelli demoliti dalle bufere
ora ricostruiti a memoria
è per ritrovare la luce
che m’accompagno alle ombre
e discorro di stagioni antiche
di tempeste ed arcobaleni
di follia e saggezza
dei miei giorni annegati.
*
Perché il giorno si chiama giorno
se dalla notte non diverge?
L’uno acceca la mia via
l’altra la mente ottenebra
sicchè essa vuota appare
di sogni e di speranze.
*
Era la prima decade quando
assaporai i tuoi occhi
due mandorle d'ebano levigate
due sfere assetate d'universo.
Esplose aprile con pioggia di petali
ed onde d'erba nel fruscio del vento.
Il pensiero un filo invisibile tra noi
collante fu di umori e sensazioni
tenne il mondo in equilibrio
su mani destinate al limbo.
Era aprile quando ti reclamai al vuoto della vita
bramando il rosso d’antichi floridi filari.
Ed oggi è aprile
e il tuo silenzio incide la mia scorza.
Sanguino sotto un sole titubante
dopo il maestrale di marzo.
*
Un modo frequente d’abbatter distanze
il tempo non tempo che piega dinanzi a uno specchio
gioco distratta malvolentieri noncurante dell’esito
per osservare il cammino delle lancette su grigie pareti
sbianca il mio viso esausto sotto uno sbadiglio
scrivo con inchiostro indelebile sull’anima una pagina sofferta
quasi fosse un sillabario.
Sono come malata in un letto ad implorare la fine d’ogni supplizio
e conto le gioie_ qualcuna_ a patto che torni all’infanzia
tra l’erba dei campi e i quaderni e le bambole
un lusso d'assaporare in segreto. E cado come lungo la riva bagnata
non distinguo se dal sole o da un’onda che addosso
mi riversa il suo apice d’ira ed intanto sono tutt’una col vuoto
Io aria io terra, io vento che l’allontana dal mio orizzonte.
*
Ho raccontato d’ogni pensiero buono
le sillabe tronche stemperando respiri
nell’aria gelida
Incompleto il canto termina sempre
in una macchia fugace. Mistero...
mentre il cielo ritrova il suo sereno
non la sua pace.
*
Nelle lingue di terra sanguigna
il pensiero non giunge
L’acciaio delle onde risplende
si muta talvolta in pioggia, inattesa
Nulla ci appartiene è di passaggio
noi fermi come al fronte
a rievocare assenze
ritardi nostalgiche visioni
Le nostre non erano guerre
ma missioni di speranza
e spesso voli interrotti
in fragilità di spazi
da improvvise comparse,
ombre allungate alla schiena.
Noi di fronte
nell’immensità
stelle e pianeti in cicli avvicendati.
*
Trascorrono i mesi e il ritmo più non importa
ognuno la sua gerla i profumi i colori le ombre
armonia tessuta sulla trama di un oscuro silenzio
è magra speranza acqua sperduta nell’arida terra.
Remoti sono i giorni di festa le ricorrenze
le abitudini accese la sera con devozione
le attese cresciute nell’andirivieni di timori e speranze
d’una parola un gesto un sorriso sfumato leggero.
Sospesi ora sono i racconti ch’era novembre.
Entrata è la Primavera ma il freddo è tenace
s’asconde in un raggio di sole trasfigurato
l’indifferenza governa l’altare della passione.
E l’anima ora giace piagata dalla sofferenza,
arresa all’inganno crescente delle stagioni.
*
Avrei atteso a sera perché il giorno
è un groviglio di doveri un legarsi
di segmenti passaggi graduali
fino al picco quotidiano di fatiche.
Avrei abbracciato le ombre
complici d’un sentire profondo
all’immaginario suono di acque
che non si gettano nel fiume
che setacciano grani fili d’erba fiocchi
scivolati dai rami
e che si perdono in sentieri.
Avrei chiuso gli occhi sognandoti
prima d’ogni altra visione
prima delle grinze sulle labbra
quando pensano ad un sussurro
più che ad una parola
prima dell’alambicco dei tuoi occhi.
Avrei sperato in un anticipo di ore
di minuti di luce in un assaggio di brezza
un brivido tra orecchio e nuca
rievocando memorie
dei nostri giorni di bufere ed arcobaleni.
Avrei camminato per la stanza vegliandomi
vincendo l’ansia il timore l’inquietudine
e avrei guardato il vuoto intorno così pieno.
Avrei atteso ed atteso anche quella sera,
per amarti.
14 febbraio 2022, non un giorno qualunque
*
Quest’idea d’una creatura
a immagine di Dio
si rivelò subito non buona
dalla costola di Adamo
dal Paradiso terrestre
da Caino.
Dovevamo stare nella savana
o in una foresta equatoriale
Cacciare come altre specie d’animali
per istinto di sopravvivenza.
Invece Caino ha ucciso Abele
per ira gelosia e per potere
E da lì esempi a non finire.
*
Non ho meritato che il tuo silenzio
questo vento adirato
che mi schiaffeggia l'anima
e che io inseguo
con cieca ostinazione.
*
Della maestosa quercia
sono quel ramo
dove linfa più non arriva.
Un'inutile appendice, quel che rimane
d'un vago immaginare il cielo.
Del sogno un abbozzo mal riuscito.
*
È un pensiero ramingo
che cerca la sorgente e la foce
un pensiero che bacia l’aria
e tutto quel che racchiude
Un pensiero che implora
un verbo un gesto una traccia
E’ un pensiero che domanda equilibrio
e le ali per assurger alla luce.
*
Padre non conto più i tuoi anni
sarebbero pochi
ma son troppi che manchi
tu sei vivo perchè tra i morti
la mia memoria fallirebbe
e tu sei un sempreverde
il picco di quest’immenso giardino.
Padre non ti pongo domande
ma tu hai tutte le risposte ad ogni mio pensiero
ai miei dubbi e alle mie paure
tu sai i miei limiti e le mie qualità
e sarai tu a ricordare tutto
quando siederemo alla stessa mensa,
un giorno vicino o lontano.
*
Non posso parlare della guerra
il cervello è tra incudine e martello
duole non resiste alla visione
di stragi e drammi e degli orrori.
Tuoni nell’aria e sul cemento
e sul riparo (nessuno) delle vite.
Non posso parlare della guerra
del suo tempo e dei suoi mezzi
dei lunghi corridoi della speranza.
L’acciaio le macerie
l’avanzare ammassati nella fuga,
a replica d’un urlo senza fine.
E promesse disegni accuse propagande
un bla bla impazzito dentro un turbine.
E l’umanità sofferente, un fuscello
in aria sollevata.
Non posso parlare della guerra
della sua crudezza del suo inganno
dei giochi di potere dei retroscena.
Non riesco a trovare le parole.
*
I filari sono ancora lì racchiusi
nel loro odore acre
dove la terra si ritrae e manca al piede
una zolla un mattone un sasso.
Ed ancor meno alla mano tesa.
Tace la sera prima del frinire delle cicale
della brezza gentile dietro la nuca
e l’accelerar dei passi verso casa.
*
Non so se quest’involucro
racchiude braccate percezioni
e dei cinque discussi sensi fiuto il patire.
Vedere-udire in propaggine di assenze
in gara per il podio.
Per vincere l’inganno
d’un apparire tenace nonostante
l’orizzonte sgombrato d’armonia
aspiro a congiunzioni al fluttuo d’onde
nell’indaco tangibile dell’eco
mentre s’espande perenne al primo impatto.
Questo grappolo carico di giallo
aggiunge all’anima un fardello
E mi stordisce… insetto un po’ distratto
in turbolenza d’aria.
*
È all’anima che manchi
or che smarrita vaga
dentro spirali dense e vinta
luce più non domanda né ombra.
E’ sull’anima che la ferita insiste
slarga allontanando gli argini.
Ripresa più non brama
tranne che nell’istante
d'una fioca speranza.
Mitezza dei tuoi occhi
a coronar l’attesa.
*
Ripercorrere ogni meandro
e scegliere tra tinte fosche e vive
prediligere la cornice al caos
ridisegnare il contorno delle ombre
mutar grado ed intensità optare
per la luce calda. Non mi dà sollievo.
O fredda. Non mi traduce appieno.
Entrare in turbini e gironi
credere ad oniriche visioni
e (con)correre_ lent/animé_
il fiato uno strumento in crescendo
al gradino in cima ad un tappeto.
In un momento meno propizio
far calzare un vestito ad uno stato
vissuto nel remoto e accantonato
sorridere a tema col malessere
che tarla l’osso d’ogni mio pensiero.
E (con)correre l’anima spogliata
sensibile al gelo ed alla fiamma
con la negazione degli opposti
in equilibri forzati lotte impari
fortuiti ripari ed imperfetti connubi.
Io appollaiata sopra un ramo
emetto un suono allegro oppur gracchiante
un trillo o uno stridìo e non mi domando
la levità o il peso del mio canto.
Intono il quotidiano mio tormento:
un arcobaleno che includa ogni tempesta.
*
Lasciami cadere come un sasso giù per il pendio
lontano dall’ammasso di sabbia e pietre e terra.
Hai il tempo reso centuplo per vivere
senza la morsa ai piedi senza il tarlo nell’aria
d’un amore che uccide.
Hai il tempo per cancellare le ferite
e la bozza di baci e di carezze.
Hai il tempo, tutto il tempo
per maledire questi occhi
che ti hanno dato amore.
Ora lasciami cadere
più a valle di tutte le cadute.
*
Non sogni o speranze
né il pensiero prima così tangibile
finita la cenere l’aria odora di primule
fuori dalla prigione respiri
e popoli il vuoto di nuove figure.
I vecchi ritagli scivolati nel mare
feroce il silenzio,
uno scudo che s’erge invisibile
ed io un estraneo
che combatti come fossi un nemico.
*
Oggi la tristezza è un vento forte
del gelido e caldo non ha traccia
ma sconquassa le mie fronde, mi travolge.
E tra le onde furenti
imbavagliata
invano imploro Amore, la sua voce.
*
Oscillazioni del pensiero
su perimetri di vuoto
equilibrio di essenze
nella carne dell’anima.
Tra sfoglie di silenzi
si spargono brusii
non assurti al canto
e si scalfisce il tutto perso
in una goccia di luce.
Se tu ora giungessi
così a sorpresa
con dentro gli occhi
un abbraccio di parole,
come questa neve di marzo
fresca e soave,
due rughe stirerebbero
gli angoli della mia bocca.
*
Nelle sue fauci si celano timori
mentre una pioggia di petali
obbedisce al vento al suo richiamo.
Ora che non ho più i tuoi occhi
con i miei occhi inciampo ad ogni passo.
Non ha germogli la terra
arida ad ogni zolla
nonostante le lacrime copiose
d’un cielo sofferente.
*
Nel combattere la luce con l’opacità
colgo il tuo nutrirmi d’assenza
attraverso un cielo
dove il pensiero aveva la sua dimora
mi poso sulle sue brevi soste
Mi suggestiona un silenzio ghiotto di sensazioni
e lascio che il terreno ingoi ogni storpiata sillaba
ogni incrinatura della voce ogni scricchiolio
Oltre il frammento è l’immaginare violini amputati delle corde
e colgo il vuoto che mi sazia
ed inseguo il colore stinto sulle altrui dita
Mi suggestiona il tempo
gonfio di rimproveri
e lascio che l’onda
ogni sorriso spento
ogni ricordo mi travolga.
*
Viandante senza una meta
con addosso i miei stracci consunti
inseguo speranze svanite
pensieri che muoiono
aborto d’una mente fiaccata.
Un otre gonfia di vento
il mio solo bagaglio
un vuoto di sogni
quel che resta di un disegno
solo abbozzato ormai stracciato.
*
E dopo un infausto giorno
aspetto un segno nuovo ad ogni calar del sole
ma inciampo in un groviglio di ermetiche parole.
Torna a soffiare a sera il vento dell’indifferenza
il tempo passa indarno ed il pensiero cade
spogliato della sua onnipotenza.
*
Conviene ch’io parli delle rose
di come stanno quiete sulle siepi
quando il raggio del sole le riscalda
di come ringraziano la pioggia quando è fine
ed impiega tempo prima della cera sul selciato.
Conviene ch’io parli del profumo che resta tra le dita
quando una corolla s’approssima alla fine e i petali
cadono avvizziti ad un leggero soffio
conviene che io pensi alle viole insieme con le rose
immaginando un mazzolino in mano ad una pulzella
pensiero d'ornamento nel dì di festa.
Conviene che non calcoli le spine
e che ne salti almeno una
mentre setaccio volti e panorami
che fiuti le tracce che conducono
a giorni spensierati e di letizia.
Conviene che io sosti sotto un ramo il naso in aria
occhi socchiusi a scovare tra la boscaglia un nido
gremito di melodiosi trilli e che non pensi
alle tante cose inutili che fan felice mezzo mondo
nè al brusio dei passanti
sempre pronti a seminar zizzania.
*
Ricomporre il tempo speso
tra cose futili e le serie
forse serve a definire differenze.
Un’anonima voce mormora che tutto è utile alla vita
la distrazione la lentezza l’incoerenza
per spiarla da diverse angolature mentre già muta.
Aspirare a non sentire il peso nel ritorno dei giorni
dei loro nomi dell’eterno sovrapporsi degli attimi
fino a quando una goccia non capitombola dall’orlo,
una goccia persa dentro una discesa
nel desiderio solo accennato
per sfuggire al senso inverso del volo.
Immaginare di cancellare le aride stagioni
senza colombe fuori dell’arca
alla fine del diluvio.
E viverti perenne nel primitivo pensiero.
*
Rivelazione di un volto amareggiato
piagate grinze, lembi di un’anima dolente
e dei suoi perenni passaggi
tra il rosso vivo delle fiamme.
*
Le nostre battaglie per una comune causa
le ricordo tutte
le insidie dietro l’angolo
le presenze artefatte ombre d’altra natura.
E le rivincite semplici senza la fretta del tempo
che giungevano dopo la fitta trama
dopo il ricamo strappato
e gli ignobili caduti dentro l’immaginario cratere.
Le nostre conquiste vincendo gli ostacoli e superando valichi
il confortarci a vicenda disegnando nell’aria una carezza
le decisioni drastiche e a malincuore
il coraggio di volare più in alto della vita possibile.
L’occhio alla clessidra di giorno e il ritmo accelerato della notte
quando tutte le cose fuggivano, non i sorrisi
nonostante il soffrire dell’anima per un sogno che si faceva lontano
le promesse precipitate in un burrone. Ricordo tutto.
L'ostinazione di vivere malgrado i piedi piagati
Ricordo la nostra forza oltre un effimero domani
e il filo del pensiero sempre teso.
Le nostre cadute erano lievi. Ci rialzavamo fieri d’essere simili.
*
Bisognerebbe lasciare i pensieri
appesi al chiodo chiudere in una stanza
l'angoscia l'inquietudine il tormento
d'una realtà poco incoraggiante
Con piè leggero calpestare il suolo
senza che senta il turbamento
ed affrontare il giorno come viene
con fresca ingenuità e con fermezza
Sono propositi buoni che ritornano
e dopo pochi istanti vanno a cadere
là dove giacciono le foglie
e dove sono tutte le cose morte
Un uccelletto stuzzica un po' i rami
infreddolito, quasi saltellando
Pensi ad uno scatto. Così l'osservi...
un frullo d'ali ed è fuggito via.
*
Conto le spine della mia corona
e mi distraggo
Giusto il tempo d’una vertigine
Un breve istante che diviene eterno
E sarà luce oltre un nebuloso buio.
*
All'alba c'eri di sicuro
quando l'aria s'empì di un vagito
E ci sarai al tramonto
assicurandoti
che io non sbagli la meta
Ma dimmi dov'eri quando
la vita celebrò il suo inganno?
E dove sei ogni volta
che la solitudine
vittoriosa uccide?
*
Scendere gradini accompagnando
con flebile canto
un cieco fruscio di passi
E immaginare sabbia foglie sassi
dove la terra molle inghiotte il piede
E non pensare neppure di cambiare rotta
Alla fine c’è sempre un binario morto
o un vicolo chiuso a te di fronte
dove non vedi più morire il sole.
*
Talvolta una piccola speranza
s’affianca ai miei passi sulla via
è il solito percorso dove il piede
celere s’affretta fino al luogo
in cui tutto s’arresta l’energia
la voglia l’entusiasmo ed il coraggio
di vivere la vita come si deve.
Un raggio dentro gli occhi
li trafigge, ma è quasi ameno
diverso dalla lama che nel cuore
scava con lena e senza grazia
e quando in quei meandri vige tregua,
la mente, se i pensieri non setaccia,
diventa calderone di memorie parole screzi dubbi
e le domande molteplici emergono ponendo
ogni minimo tratto in discussione
di quel momento che solo per un po’
s’accosta al vivere più umanamente degno.
*
L’esser usciti indenni dai giorni della merla non consola
senza scosse né tempeste senza l’aria gelida sul naso
si son parlati tra loro scambiando i ruoli come due monelli i mesi
in fondo un ritardo breve non è grave, solo una burla.
Approfittano del ritmo, quando allenta, le chiome
per respirare prima di riprendere a vibrare nell’aria come corde.
Fluttuano come onde. Risale una donna la collina
le braccia tese s’alternano col peso ed ansima per la fatica
quando una raffica di vento la frusta in viso.
Casa, che luogo ameno! Che quiete or che la strada è ostile!
Non una parola ma l’accader d’una magia,
sfera d’ognuno per una volta almeno immaginaria, quando
dietro la finestra guardando il cielo qualcuno pensa
che dietro le nubi c’è sempre il sole, anche se piove.
*
Ora che non torno a raggio
sulla giravolta dei pensieri
l’angusto spazio d’un vicolo
ha il guizzo verde d’un gatto
Il resto è pece fuori
e dentro
screziato di fuligine
Nenie si perdono in petto
nel respiro_ rantolo_
che spera nell’eco
per (ri)sentirsi vivo.
*
I piedi hanno memoria
dei passi
del punto dove
goccia su goccia
s’innestarono vite
e dove la terra
è ventre di promesse eterne.
*
Sepolta nel sepolcro del silenzio,
la porta un grande masso.
Sento i passi dell'indifferenza
e la voce anonima del disprezzo
sotto il peso di una notte eterna.
*
E sono qui
il giorno ancora acerbo
lievita il mio pane in fretta
già si avverte il peso
di una nebbia dentro
tra i ricordi e le cose inutili
Fuori lungo le vie
più cani che persone
ognuno un itinerario
pochi una meta
Ascolto il silenzio
io l’unico rumore
io e le mie dita mosse
da autonomi pensieri
Carezze sui tasti
vestono l’amarezza
E’ un giorno vecchio
di un nuovo anno
ma la solitudine sfoggia
un vestito più raffinato
è stagione di magra
di partenze
di oblii e nostalgie
e ci si rassegna allo scorrere
imperturbabile del tempo
ora che c’è penuria di tutto
anche di lacrime.
*
Parole nell'aere di una magica sera,
quando il fragore di un tuono
andò dileguandosi
dentro l'arcobaleno…
*
Il tuo nome è un gemito sulle labbra arse
quando il rigore regna nella stanza
mentre il pensiero cede
esausto di tenere il passo da mane a sera
le palpebre giocano con le ombre
e intorno tutto è statico
la notte splende fuori mentre m’arrotolo nel buio.
Ho ali leggere di farfalla e il desiderio dell’inverso.
*
Al vaglio erano tutti i miei pensieri
fin dove correvano in un cielo sgombro
ed anche negli intoppi nei piccoli nodi
che impedivano agli occhi la nitidezza
Con un bisturi davi un nome
ad ogni sbandamento ad ogni titubanza
ogni fragilità. Sono meno di un punto
in tanta immensità che mi circonda.
*
Abbiamo una casa e dentro tutto
il caldo ed il freddo che accendiamo
come ci aggrada al mutar delle stagioni
un letto comodo una nicchia
per i sogni quando noi sereni
abbiamo chiuso il giorno
o dove scomponiamo ogni pensiero
gli attimi le ipotesi le immagini
e spesso anche le visioni.
E stiamo bene come piselli in un baccello
se l’amore il giorno ci ha sorriso
Abbiamo poche cose accantonate
in angoli nascosti dalla polvere
quelle vere per le quali
pensiamo ci sia tempo
un tempo che corre eppure non esiste
e mille cose inutili in bella mostra
che non tocchiamo quasi mai.
Ed ecco una falla sopra il tetto
è un allarme che sotterriamo troppo in fretta
una incrinatura nelle scale
una fessura alle pareti
diciamo non è nulla con noi stessi
per noncuranza e spesso per pigrizia.
E poi all’improvviso dentro piove
e gemono spifferi di vento
la muffa imbratta le finestre
la ragnatela gli spigoli ricama.
Ma non guardiamo nulla solo il vuoto
benchè la casa sia fin troppo piena
In egual modo sfociamo in fiumi di parole
e più non ripetiamo “ti voglio bene”
a chi nel nostro cuore ha già dimora
credendo sia superfluo pronunciare
le uniche parole che del pensiero
sono la traduzione più fedele.
*
E quando il freddo vien di sera
nelle ossa è un vento gelido che sferza
che torna a visitare il mio corpo spoglio
come albero sul ciglio d’una via
Vorrei la stanza non avesse ingombri
e non avesse porte né finestre
richiamo d’aria, del lieve suo vibrar
Vorrei tutto lo spazio fosse un letto
e tra mille coltri avvolta, scomparire
bozzolo nel suo stadio primordiale.
*
Una moltitudine di esseri un dì fu creata.
Animati ed inanimati
tendenti tutti alla perfezione
vegetazione cose fauna e persone
ciascuno con una voce una nota un suono
E poi io
i miei nei
l’errore
in ogni forma del mio divenire.
*
Dell’amore
degli ampi sorrisi
e degli sguardi interminabili non resta nulla?
Lì dove correvano praterie ed il mare non aveva onde anomale
Dell’amore
dei lunghi silenzi e delle bocche generose
di baci e di carezze nessuna rimembranza?
Lì dove i sogni correvano veloci e la luce era sempre foriera di speranza
Dell’amore
degli istanti di follia
e dei progetti minuziosi nessuna traccia?
Lì dove il silenzio era così sacro e custode dei nostri intimi segreti.
*
Solitudine...
E poi c’è il tuo viso
che ho amato da subito
senza mostrarlo ad altri
e la tua voce così profonda
così piena così calda
che ho ascoltato io soltanto
le tue mani così forti
che ho immaginato così morbide ad ogni carezza
e poi c’è il sentiero parallelo
che ho attraversato io da sola
senza mai sentirmi sola
e il tuo pensiero
che ha preso a prestito aquiloni
aerei gabbiani per raggiungermi
ed ogni linea ogni ansa ogni incrocio
ogni plica del tuo corpo
e poi c’è il tuo silenzio così vario ad ogni stagione
e il tuo racconto pieno di enfasi e di speranze
ed il sogno travolgente come l’onda
e la tua anima così vicina a me
nella gioia e nel dolore
nella luce e nell’oscurità
e poi c’è il tuo viso
ed i tuoi occhi
i tuoi gesti
e le tue mani
che continuo ad amare come il primo istante
nonostante tu ora ignori il mio essere tra preghiera e canto.
*
Nient'altro guardo. Miro il vuoto come quando
gli occhi fissi sopra un uscio attendono spiragli
passi ombre e la mente per ingannare il tempo
disegna sguardi e sillabe e sussurri.
Un ordito che presto allo sguardo si dipana
mentre le pupille si velano di pianto.
*
Tra venti di burrasca,
spietati,
non odi della mia voce il suono
Parole più non ascolti
né ti raggiunge sull’ali dorate
il mio pensiero.
*
Rannicchiata nel mio misero giaciglio
spenti i pensieri tra gli stracci
giaccio sul fianco
dove il cuore giunge all’orecchio
col battito che tuona.
*
Tu ora arrivi quando non ci sono
oppure ho appena varcato la stessa soglia
dove ora giri lo sguardo o chiudi gli occhi
o ti posi ad un angolo nascosto
tu passi e non ti fermi
io sento il fremito delle libellule dei calabroni
dei passeri delle farfalle e delle foglie
sopra i rami
e non faccio più alcuna distinzione
tu scrivi di cose vecchie e cose nuove
lasci impronte sigilli emblemi
se pensi non so cosa tu pensi
ma mi scacci con la mano dal tuo viso
al pari d’un insetto molesto e fastidioso
tu cammini nei vicoli di ieri
e cancelli gli itinerari più recenti
hai le tue certezze e convinzioni
e non conosci dubbi e contraddizioni
tu hai il pensiero quello superiore
che fa le regole e non ammette deroghe
io ho l’abbondanza di debolezze e limiti
d’un essere facile all’errore.
*
Un solo pensiero
un gancio saldo
ora corroso
allentato
rimosso.
E il vuoto che s’empie
di tutto ciò che non ha senso.
*
Ogni mio pensiero è inadeguato
destinato al vuoto
inefficace
ogni mio pensiero, vano
l’aborto d’una mente stanca
ormai alla resa.
*
Ho perso i miei amici
ed anche quelli che non mi erano amici
ho perso il mio modo di vivere
ed anche quello che non era il mio modo di vivere
ho perso i miei sogni
ed anche quelli che avrei voluto fossero i miei sogni
ho perso le mie conquiste le mie mete
i mei viaggi i miei sentieri
ho perso le lune e i tramonti
le mie speranze la mia forza e la mia fragilità
ho perso i prati ed i fiori le spighe e i papaveri
ho perso i filari e l’ombra ai piedi d’un olivo secolare
ho perso il mio oltrepassare ogni muro
sospinta su un’altalena ad occhi socchiusi
quando il cielo era solo una carta imbrattata di luce.
*
E poi verrà la sera
e il tempo avrà un altro peso
Non basterà all’amore per essere compreso
Non basterà al dolore per essere lenito
e le parole non saranno che un gemito.
E poi verrà la sera
e il sonno sembrerà l’unico rimedio
pur senza una promessa
E spegnere le luci sarà come
immaginare il mare
il suo fondo scuro
E poi verrà la sera
Se avrò fortuna
potrò mischiare
al nero un po’ di grigio
vedere oltre la nube
un gradino ed una soglia e dietro
la misteriosa luna in quel suo ghigno.
*
Caro Lucio l’anno che verrà non è come tu pensi
lui è troppo distante da me
e non serve che io scriva forte molto forte
Qui non va nulla da tempo non solo a causa del covid
ed io non ho parole da dire ai superstiti ai vinti
ai guerrieri agli esiliati ai diseredati ai sepolti
Non spero non m'illudo non sogno
le feste sono nei cuori di chi conosce la festa
sulla terra dove io sono
c’è violenza morte tristezza
e da mangiare e da bere
per chi non ha fame né sete.
Ho i miei silenzi eloquenti
lui è muto ed è sordo
In quest’anno che volge alla fine
non ho più fantasia.
Il mio momento è passato
e ne sono cosciente
intorno solo una folla di maschere,
nessuna novità all’orizzonte.
"Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò"
Da "L'anno che verrà" -Lucio Dalla-
*
Era profumo di zagara nel sole
sulla sponda d’un sorriso
mentre le costeggiava
le labbra ad occhi chiusi,
d’una carezza era fatto il vento
e di petali il velo a riparo dei suoi seni
dalle sue mani evanescenti,
lontane, ma calde e deliranti.
Era di zagara il balsamo
che si spalmava all’orizzonte
dove una vela traghettava
l’anima desiosa d’emigrare altrove,
lì dove i gabbiani dipingono le nubi
col candore delle ali.
Era zagara l'effluvio dell’onda
dove lo scoglio lambito, austero
risplendeva luminoso sotto il sole.
Sirà e la sua lama, fendeva con orgoglio
i sogni d'un passato trascorso
senza parole o nei silenzi,
arcobaleni d’un’eterna estate.
Sirà il principe venuto dall'ignoto,
il mago del pensiero sulle frequenze
d’ogni muto suo sentire
seduto sui gradini del suo regno
a contemplare acerbe sensazioni
in un sogno, un cerchio coi confini
trasparenti, mutevoli sull’anima che muta.
Era di zagara soave il suo passo sul sentiero
nel verde fogliame e sopra i rovi,
quando giungeva all’improvviso qualche stilla
dell’orgasmo del cielo, un solo fiotto.
Scioglieva lo spasimo la sua bocca
in ogni falla, ad ogni incrinatura.
Sirà le oltrepassava l'anima vergine,
sul dorso la falce della luna.
E al primo albore ancor si dimenava
nel suo corpo di zagara e di spuma.
Poesia pubblicata sul sito "Scrivere" il 16/08/2015
*
E poi c’è domani
speranza e timori si abbracciano
E' uno strano tepore di spazi angusti
e di un tempo incommensurabile
è una nostalgia che duole
un andare avanti ed indietro per la stanza
vestendo le pareti di occhi che sorridono
o d'una bocca che sfoglia il senso dei pensieri
e di mani che raccontano di misteriosi silenzi
è un oblio che rompe il margine tra giorno e notte
e riscrive i tramonti e le lune e i desideri
è un rinascere tra nuvole e luce, frammentata
E poi c’è domani
un negare il male che ci circonda
e l’annegare in un mare che non conosciamo
un pianto che non sa di gioia nè di tristezza
un'onda anomala sul cuore
mentre la solitudine ritorna ancora
ed ancora ci corteggia
instancabile e perversa.
*
Imbastirci con stracci e spago
mummificarci le labbra dirimpetto
nello stupore d’essere così vicini.
Per sempre.
E dare al mondo l’impressione
d’essere noi posati lì per caso
come due cose eterne mentre
ci si spingeva al viaggio fuori del corpo.
*
E’ passato questo giorno breve di attese
questo giorno lungo di maschere e menzogne
Intorno abbracci e sorrisi
come benefica pioggia sulla terra
a tutti destinata
eppure qualche fiore muore
qualche altro inaridisce
tra le crepe del selciato
eppure qualche stella si spegne
ignara d’essere stata una stella.
E’ passato questo frastuono inutile
lo sfondo di sprechi di regali e cibo
ingurgitato malvolentieri.
Senza il vestito nuovo
cerco riparo nel solito pigiama
come dietro una nuvola.
*
E s'erge sotto il cielo blu intenso
un albero spoglio
I rami sottili
dai nodi sospinti
in direzioni diverse
Qui c'è un sovrumano silenzio
una voce che giunge
eco e richiamo
di una pace smarrita e bramata
La luce ha il suo peso che varia
la sua parte nascosta di buio...
che sfuma sull'anima arresa.
*
E’ il fragore delle cose rotte
di parole e silenzi che si spezzano
nell’istante che ritorna puntuale
l’eco che tuona e disturba l’anima.
*
Non era il mare
Ho attraversato solo il fiume
fino all'opposta sponda
Ed ora siedo sulla riva
a contemplare la mia solitudine.
*
Una strana inquietudine m’assale
nell'oltrepassare un tempo che pare fermo
I miei pensieri hanno mani piedi
ed hanno ali
Sono ovunque ma non dove imploro
che muoia ora quest’attesa
che mi si rovescia addosso
come pioggia dal cielo
a flagellar la terra.
*
S’è fermata questa sfera chiamata mondo
da quella notte scura senza luna
solo i pensieri vanno remi e vele
verso un mare che non sanno
Le cose stanno dinanzi come morte
le porte serrate le finestre non più occhi
per scrutare fuori l’orizzonte
ed immaginare un prato senza fine
S’è arrestato il cuore sui tuoi silenzi
i battiti simili a rintocchi d’un orologio
chiuso nella nebbia o di campane
registrate a morte
E mi figuro l’altrui tristezza e piango
la mia non così diversa
e m’illudo di richiamare a vita
una voce un suono una carezza.
*
Di brina splendono i nodi
esili rami si estendono al cielo
sfiorano il nastro bianco di una nuvola
una scia si racconta ma è già migrata altrove
uno spicchio di gelida luna affonderà
gli artigli nella notte scura
frana ora il sentiero
sotto i miei piedi
di fango è l’orma
una voce rauca legge strani oracoli
sordo un canto muore
sotto il peso dei rintocchi.
*
E vorrei dirti guardami
chè se chini il capo e scrivi
perdiamo l’universo che è in noi
ma le parole sembrano finite
e gli occhi restano chiusi
nel silenzio della notte
e vorrei dirti ascoltami
ma non ci sono finestre
e porte nelle nostre case
ci sono solo muri
e la voce si perde
in un malinconico vuoto.
*
Le note vanno
discordi impazzite veloci
Io dietro...
una farfalla ebbra della vita
io con ali che bruciano sul finire del giorno.
Le note si rincorrono
petali o foglie o solo libellule nell’aria.
*
Un pianto senza lacrime
mi corrode l’anima
Ho occhi di pietra a scalfire
il buio d’una notte eterna
E resto sveglia
per non scordare le luci dell’alba.
*
Qui c’è silenzio ed è presto
tra il lillà delle pareti
ed il quotidiano vivere
Alle ore darei gambe e piedi
accelerando così il tempo
per ritornare alle stimmate
ed alla mia casa
dove nessuno spia il mio dolore.
*
Verrà la neve ad imbrattare i tetti
e di bianco ammanterà le vie e i campi
Un foglio bianco scarabocchierò di nero
naufrago al largo d’una terra ignota.
*
Mia madre più non cammina
e dice non ho fame
trascina il passo lentamente
col suo fruscio strano.
Temo le si spezzano gli arti
potrebbe accadere anche domani.
Ho ingoiato un boccone quasi in piedi
mentre lei sofferente parlava con la morte
ho compreso a malincuore e dentro me
stilla dopo stilla
le lacrime hanno scavato solchi.
Così intorno io vedo solo morti
quelli già morti e chi intraprende il viaggio
col timore o col desiderio che presto
sarà tutto compiuto
Quelli che furono hanno dalla loro parte la verità
io non ho nulla
e so che questa non è poesia
bensì la litania della mia vita
Dovrei godere l’oggi
dopo infinite scalfitture
ma sono solo vittima del tempo.
*
Con te è andata via l’essenza dell’amore e del non amore
l’ombra china sul fuoco dubbiosa del calore che emana l’assenza
quando cresce e matura strane promesse
con te è andata via l’avventura del ridere e del piangere oltremisura
il vento che ha recato delle foglie il profumo il sale sulle labbra
che si mescola al respiro e al bacio che non ha radici né futuro
con te è andata via la carezza dell’alba quando la luce illude
un sogno d’ovatta tra le nubi un guizzo nell’aria mentre la luna
ha lo sguardo d’una strega sulla nudità della terra
con te è andata via la parola che l’anima appassiona
la verità al confine la melodia del rischio in cima alla tristezza
quando dentro il vuoto ci attraversava come un fiume
con te è andata via la vita sull’orlo dell’acqua
quando sale a sfiorare il cielo
nella paura così debole ad ogni rimonta del coraggio.
*
E poi mentre apri il ventaglio
t’accorgi di desideri mai realizzati
e che ci sono cose per cui il tempo è scaduto
Non osi elencarle e pronunciarne il nome
il dolore sarebbe insopportabile
né osi tornare a quando
ignaro procrastinavi il tempo
L’unico tuo desiderio ora è che restino
indefinite pure semplici
misteriose intatte
queste cose, tutte nel pensiero.
*
Nulla ora bramo se non che resti un segno
tra i solchi del tempo _al passaggio_
di me e dell’inquieto mio peregrinare.
Tra l’adagio e l’allegro stanno emozioni
in balia d’un vento che sa dove andare.
Figlio sarà_ seppur non generato_
chi a ritroso giungerà al Pensiero.
*
D’improvviso la mente si fa immensa
come una strada vuota senza case
senza alberi ai lati senza il vento
col suo leggero strascico di foglie.
Come l’aria spurgata d’ogni nota
del rumor sull’asfalto della suola
o del rombo d’un’auto che accelera
lo schiamazzo dei ragazzi in comitiva
o del rantolo d’un qualsiasi animale
rassegnato in un angolo
sereno.
D’improvviso la mente si fa assente
come una voce tra le pareti fredde
d’una stanza che registrò il passaggio
della vita in ogni sua flessione
ed ora ha croci ritratti ragnatele
D’improvviso la mente si fa vuota
come lo sguardo di chi ha creduto vero
il miraggio compiuto a lui dinanzi
mentre ad ogni progredir s'è allontanato
l’orizzonte che s’era figurato.
*
Spesso il pensiero è ghiaccio sulle vie
noi rami nudi in attesa di nuovi germogli
Silenzi eterni e le parole _pause_
le poche necessarie a rincuorarci
Spettatori dietro un cancello
mentre l’ultimo treno scompare sulle rotaie.
*
E’ un tempo inesorabile
celere ed infruttuoso
memore di destini avversi
e di percorsi accidiosi
arreso.
Un tempo che contempla lumi spenti
e lune dietro i veli.
Anche i pensieri s’arrestano
distolti da immagini inattese
e ad ogni rintocco grave
fa eco il murmure lieve
della malinconia.
*
Non per il premio finale
non per il podio
non per l’angolo migliore
da cui scrutare il panorama
ma ho fatto tutto quello che ho potuto
per amore
per seguire il filo che conduce fuori del labirinto
per uscire fuori dell’uscio
e guardare in faccia chiunque capiti dalle mie parti.
E’ un borgo piccolo il mio e chiuso
la vita è nei bar
e nel silenzio delle strade quando piove.
*
Vaghiamo sulla terra in un girone
che non sappiamo esistere al passaggio.
L’infanzia un tempo carica d’affanni
ora ritorna stagione di meraviglia.
E’ nero è incerto il giorno che ci attende
irto di ostacoli ed indecifrabile
e mette a repentaglio la meta
d’una quiete conquistata a gran fatica.
Indietro ci sono le speranze le prove superate
gli scogli l’infinito come ci appariva
ed i sogni-miraggi mai demoliti
propensi come eravamo all’entusiasmo
e alla fede di non essere soli nella vita.
Eravamo casti nei pensieri e nelle opere
ingenui persino nelle omissioni
Ora siamo cattivi prigionieri
del vuoto che abbiamo edificato.
*
E quando anche il vento tace
l’aria si fa sospetta
l’orizzonte vacuo
come lo sguardo di chi
nulla più attende
Oggi è così
solo un velo
e dietro il nulla
domani forse la vita
tornerà a farci visita.
*
Di notte tutto tace
il rumore ed il suono
il vento ha un’altra voce
tu sei ristoro
Ed il pensiero
quasi s’acquieta
all’apice
d’un fremito che scema
Distratto ha un’altra foce
mentre tra sonno e veglia
affiora dell'ultima neve
la rimembranza
Nel buio immenso fiocchi
e all’alba un verginale manto.
*
Le cose ambite da sempre
attese per anni
inseguite sofferte,
raggiunte,
sono lì
testimoni di un’ansia d’un tratto sopita
l’entusiasmo racchiuso in una favilla
un istante di assenza dall’ordinario.
Quelle cose,
che sempre hanno senso nel nostro pensiero
e sono per altri solo rude materia.
*
E giunge l’età in cui si torna all’origine
all’amore com’era nel pensiero
alla stagione dello stupore.
Ed il mio tempo incontra il tuo tempo
in ogni somiglianza e nelle diversità
nella fortuna e nelle avversità.
Ci incamminiamo insieme oggi
sospinti dall’amore
ma come fossimo ignari della sua forza.
*
Sentire come un richiamo
in una nota graffiante
un indistinto tra rumore e suono
uno scroscio o uno zampillo
un sottile fumo una scalfittura
e correre dietro a qualcuno
due gambe nude il collo nudo
il resto solo un dettaglio che varia
poi sentire come un vuoto pieno di nero
un’assenza un tormento
un frenetico andare di passi.
E confondere abitudini e vizi
per distrazione
o forse è dipendenza.
*
Incomincio da zero ad ogni alba seppur nebulosa
E’ un dovere la vita il lavoro il rimboccarsi le maniche
il sorriso dinanzi alla dura fatica la parola pensata
il percorso in silenzio
è un dovere giungere a sera stanchi ma grati
scivolare nel buio con le ombre e i ricordi
silenziare il mondo d’intorno ascoltarsi
fino a cedere al sonno chiamandolo oblio
e chiedendo per una stagione il letargo
è un dovere restare accanto a se stessi
con una buona parola una lacrima una fantasia
creare e demolire le scene
spegnere il lume credendo di mettere la mente a tacere
eppure
vorrei sognare e non sogno
vorrei non pensare ma penso
vorrei entrare in un’arca con le cose a me care
ma resto sull’onda
come su un muro come in bilico
in aria sul filo come sull’orlo d’un precipizio
e vivo perché è un dovere resistere
e guardare sempre davanti.
*
Creano e distruggono
vite sogni sodalizi.
E spesso credono in ciò che dicono
ed anche in ciò che non osano dire.
Un socchiudersi di labbra
un sospiro un mormorio
una leggera nota di sgomento
un’eccitazione nella voce
uno stupore.
Ho propositi fermi concetti inespugnabili
e proposizioni non più attuali.
Ed ho il silenzio dalla mia parte.
L’unico verbo davvero eloquente.
*
I pomeriggi bui sembrano eterni
mille cose da fare e l’entusiasmo che smorza
come un lumino, consumata la cera.
Le foglie non hanno eguale destino.
C’è un pressappoco a ritardare il declino
di quelle sospinte dal vento in un viaggio illusorio.
Altre giacciono da tempo fradicie al suolo.
Tutto sta nella bruma come in un velo
ogni corpo misterioso ed assente nei suoi dettagli
i passi e i passanti le vuote panchine
i fiori e le croci ed il sole che splende soltanto
per chi è nato in un dì di novembre
nonostante il grigiore d’una nebbia sottile
che si confonde col fumo che sale.
*
E’ vera prodezza
il passaggio incolume
di follia in follia.
Resistere alla vita
consci del sentirsi privi
di un diverso esistere nella Luce.
*
All’ impetuoso fiume s’oppone
un rivolo strozzato perduto tra ciottoli e ghiaia
Foglie secche rosse e gialle sono in agonia
io grido con lo spinoso ramo
Nudo non domando aiuto
e confido in un rimedio estremo.
*
Piove sull’asfalto delle strade e sulla scura terra
tra i rami e tra i rovi piove sui camposanti
e sulle case sui passanti e sulle auto in sosta.
Fradicie le foglie stanno al suolo
il vento s’è quietato
gli uccelletti al riparo, chissà dove.
E’ un concerto di attimi e di note
di recenti ricordi e nostalgie remote
che d’improvviso muta in triste nenia.
E' tutto qui novembre
in questo lento fluire del tempo
in questo freddo respiro di solitudine?
*
Ed è così che si supera l’assenza
celebrandola
correndo nella notte con centomila fiaccole
per eguagliar le stelle.
Non con un fioco lume alla finestra.
*
Ho scelto la sera per pensarti
l’ora più propizia tra distrazione e sonno
il giorno ci ha traviati
il giorno è stato lungo per entrambi tra ombre e luce
ed ora mi poso come una farfalla sul fiore
ed ora ti ascolto vento che risuoni d’ogni creatura su questa terra
ed hai tante voci ed un unico silenzio
ed ora ti respiro come l’aria fredda della notte che mi fa innalzare lo sguardo fino al cielo
ed ora vivo della tua gioia remota, gli occhi a metà tra il pianto ed il sorriso
ora ti seguo su di un ponte interminabile che unisce e mai separa.
*
( a mio padre )
Le parole t’hanno detto tutto e niente
per intere stagioni e lunghi anni
e di crisantemi è pieno il camposanto
Del mio pensiero tu hai l’immenso
anche ora che spolvero la pietra
in cerca del tuo viso
Ti lascio un ciclamino in un vaso,
rosso com'era il tuo sorriso
sul velluto delle labbra.
*
Sei tra le cose che ad ogni istante mi narrano
del tempo che passa del tempo che muta
di una fragilità che è nuova speranza
Sei tra le cose verso cui volgo lo sguardo
un lume cinque bianche conchiglie gli spigoli
aguzzi di una piccola pietra il quadrante
fosforescente d’una radiosveglia
Intangibile ma eterna sostanza
Sei tra le cose che metto da parte
per i momenti di quiete
che muovo che scambio che coloro
o nascondo nel grigio di un’ombra
parola nel silenzio più sacro
Sei tra le cose possibili e le immaginarie
tra il desiderio del sogno ed il tormento della vita reale
tra un corpo che cede e l’anima che non s’arrende
Sei il peregrinare d’un pensiero assetato di luce
che colma ogni vuoto attenua ogni assenza
sei tra le cose divine che non si toccano
tra le cose che esistono
senza che si possa provare la loro esistenza
Sei tra le cose che sfamano
e accrescono il senso di fame
Sei un primordiale bisogno per la vita
perché il viaggio continui in eterno.
*
E basta un attimo
alla consapevolezza
di sentirci integri
nonostante il nostro essere
estremamente fragili
dinanzi alla malvagità del mondo.
*
E poi viene il tempo in cui la vita
indossa il vestito nuovo
e come allegra fanciulletta va per le vie del borgo
col suo cesto di frutti esultante ed il passo allegro.
E tu sorridi al primo raggio di sole
e scordi i filari acerbi
e dopo innumerevoli tempeste
godi in segreto del tuo fantasticare.
Ma ahimè il tempo è breve di miraggi e lusinghe
Ed il cielo possibile pei tuoi viaggi cade.
Un ghigno strano riempie il buio
e come in sogno grida l'inganno della vita.
*
Le mie piccole orme talvolta
combaciano con impronte
già impresse nel suolo
più spesso vi cadono dentro
curiose del margine intorno.
*
Sto bene qui dove la terra odora
ed il cielo, remoto, sublima visioni.
Sto bene qui nei sentieri di foglie
dove un cane all’alba ha sostato
ed i passeri con disinvoltura
sbriciolano frettolosamente una zolla.
Qui dove la vita è più lieve
i pensieri in quiescenza
sottomessi ai ricordi.
Senza …
la mente sarebbe sgombra.
Qui dove il passato rivive
e con esso l’allegra stagione
la spensieratezza
le illusioni
il sogno
l’inganno.
Sto bene qui dove la terra
è primizia per il passaggio.
*
Di allegrezza in tristizia
supero il tempo
nella mente visioni
sogni progetti
voli ed approdi dinanzi
dietro di me ponti ed abissi.
Finchè avrò gli occhi
saprò sempre
dove l’anima ha la sua dimora.
*
Ha bivi ed incroci e curve il palmo della mano
e la memoria i segni reca di promesse sfogliate
si desiderano cose per gioco o per scommessa
sfuggire alla noia deragliare oltrepassare il reale
Ci assomigliano un quadrifoglio una conchiglia
una pietra appuntita una lama d’acciaio
lo smalto rosso di un cornetto
Nel pensiero siamo la nostra prima ed ultima impronta
Il consueto cammino. Ma ci sorprende tra le crepe
il candore di una margherita.
*
Del tempo noi diciamo non esiste
e andiamo fieri di quest’affermazione
ma in cuor nostro sappiamo non è vero
quando dell’altro abbiamo nostalgia
ed è lontano irraggiungibile in un pianeta
di cui quasi non abbiamo cognizione.
Vorremmo il tempo necessario quanto basta
per un bacio una parola una carezza
e contempliamo il vuoto quasi certi
che dal cielo possa giungere un miracolo
o un consiglio per non cedere alla tristizia.
Così dinanzi allo specchio riflettiamo
pensando al tempo perso che non abbiamo
ed affiora un sorriso sulle labbra, per lui o per lei,
così pensiamo...mentre è un riso soltanto per noi stessi.
*
Così gialla e tonda
la luna in cielo
pare un pomo maturo sul ramo
così in alto
nell’acqua remota
di un pozzo si riflette
vede solo se stessa
di me non sa
nè di quando annego
ogni pensiero cattivo nell’oscuro fondo
ogni ricordo dolente.
*
In confronto al ramo d'una quercia
che pende basso
gravato di foglie
ad occhio e croce
io sono alta due metri.
*
Non chiedo che il sonno alle pareti d’intorno
un sigillo che chiuda ogni fatica compiuta
un velo sottile che distragga le ombre
nella luce soffusa d’una stanza deserta
piena solo di cose, innumerevoli cose,
futili fredde che raccontano poco.
Sto con l’anima inerme contro l’insidia di un sogno
che di tanto sospinge la porta varcando la soglia
col pensiero in bilico tra passato e presente
e un domani che non è suono né colore né vita.
Non chiedo alla vita che il miracolo di un attimo,
un attimo che abbia memoria d’eterno.
*
Vibra il silenzio
come fosse musica e strumento.
Ora, al pensiero d’una vita taciuta
nella gioia e nel pianto.
L’emozione torna
con la voce nota a me soltanto
scavando solchi nella mente
e tra gli antichi fogli.
Riaffiorano intatti
i primi versi gettati
con l’ansia dell’attesa
come semi
ignari del divenire frutti,
lì dove ignoravo ci fosse terra
o argilla o grande vuoto.
Forse era vento e mare
forse desiderio
di cercare sempre un luogo
dove stare bene.
*
È un’aria spenta
la luce solo per brevi istanti
vince le nubi.
Poi è ovatta sul capo
umida sfatta
che accompagna i passi in salita.
E la sera più non ascolto
come sarà domani.
E’ un tempo strano di fughe e di bugie
di corse lente
i colori di ottobre stanno come rinchiusi.
Così i miei pensieri.
Nessun fermento o slancio.
Sono giorni di noia.
*
Liberate le papere in piazza
se potete, a frotte
tutte quelle che avete
nei recinti nel vostro cortile sugli spiazzi
qualcuno di voi anche in cantina.
Come starnazzano bene, in coro festose
non si comprendon tra loro
ognuna col proprio vocabolario...
Ma che coro giulivo
che note allegramente stonate!
Ed ora che si sono sfogate
oh che sospir di sollievo
che pace che oblio!
Udite?
*
E' prudenza?
Questa vita che spezza promesse e speranze
questo sogno sospinto nell’acqua come una barchetta
questo cielo che osservo finchè non sento scivolare le stelle…
io non cado sul fondo pur se talvolta assomiglio ad un relitto
incastrato in mezzo agli scogli
voglio solo sentirmi di pietra e come pietra sgretolarmi.
Ma poi ricompormi.
*
Larga la chioma
oscillano i rami
contigui si sfiorano nel fare l’inchino
scossi dall’impeto crescente del vento
dentro l’autunno d’un freddo mattino.
Verde l’erbetta
rada e sottile
mossa da un fremito
mormora appena.
*
Dovremmo avere desideri grandi
al di là della vita che ci dirotta altrove
dovremmo avere sogni da coltivare
come aiuole ai piedi delle querce.
Gli sguardi rivolti al cielo a San Lorenzo
sono vuoti a perdere, dentro miraggi
di contro alla certezza d’una lacrima
una nostalgia che si ripete
un groppo in gola.
Dovremmo avere fede nelle parole
le nostre, anche se fallaci,
quelle che nella mente incateniamo
perché non vadano mai perse.
E nonostante l’amarezza
dovremmo ribattezzare ad ogni alba,
che sia di sole o pioggia
il dì seguente, col nome di Speranza.
*
C'è un amore più forte e più profondo
da cui il senso discende
di un'appartenenza non dichiarata.
Non può comprenderlo
chi è assillato
dal tormento della carne
né chi del corpo
disconosce i bisogni più impellenti.
*
Meglio lo stormire del vento
ed un sole ramingo tra le nubi
che il gorgoglio tra i fossi
d’una pioggia fitta fitta.
*
E’ questa percezione d’un tempo minore
a dare peso agli errori compiuti
agli ostacoli vinti alle promesse sospinte
tra burrasche ed improvvisi arcobaleni.
E’ questa percezione che fa amaro ogni boccone
e allontana dall’orizzonte i filari di vite
o fa appassire sull’albero il melograno.
*
Goccia a goccia
rugiada e schiuma di mare
sulle mani tra le costole
sui fianchi
Raggio ed ombra
mi svelo e nascondo
ti scopro e ti celo
Piuma e peso sul cuore
scivolo mi poso
m’elevo
Fiore senza stelo.
I miei pensieri
zattere con le ali.
*
Le parole sono nostre
ad ogni cenno ogni piega del viso
ogni respiro.
Nostro è il senso compiuto ed il mistero
il fresco germoglio ed il raccolto
sempre chiaro il percorso
ed il viaggio, nuovo ad ogni dì.
Delle parole abbiamo il senso pieno
pure in assenza di suono
pur senza l’abbraccio
che renderebbe mute le parole
invocate nei giorni di malinconia.
*
E v’è allegrezza anche in questo ottobre
che lascia pozze sull’asfalto e riga i vetri
lustra le foglie sopra i rami
e la terra intride.
E confonde dietro gli occhi il pianto.
*
Più non so se è poesia
questa vita grama
la quotidiana consapevolezza
che nulla spetti a chi più s'adopra
perché ciascuno abbia il suo
ben oltre il necessario.
Il vecchio geme e a ragione
il giovane ha pretese e non tiene
in conto le altrui fatiche.
Ahimè quante amare sorprese
ci riserva la vita!
La testa tra le mani
altrove emigro.
Così io mi riposo
finché avrò testa
e finchè avrò le mani.
*
Si pensa il sole eterno
quando s’attarda e non conosce confini
I giorni si susseguono confusi per le mete e gli addii
la nebbia muta da oro in grigio.
Illusioni giochi distrazioni.
Il tempo corre come un treno.
L’autunno avanza.
Sto come una foglia nell’aria abbandonata
chiaramente turbata da tanta quiete.
*
I segni che leggete non sono veri
sono abitudini
nodi che si stringono e si slacciano
sono baratti sono cortesie
vestite di ipocrisia.
Ma voi amate i segni i disegni
le esagerazioni i numeri
e perdete il tempo a contare e ricontare
e a ricordare e ricambiare.
Quei segni inutili più degli scarabocchi
che decorano i muri.
*
Lei m’ha dato una melagrana
e non sa che io amo i melograni
m’ha detto ti regalo una palla
in un giorno che io ero troppo triste
e dentro c’erano sbarre alle finestre
e piombo alle pareti.
Lei m'ha dato una melagrana
oh allegra visione di un sorriso!
E d’una bocca vermiglia e chiare perle,
mentre corre la cenere sul nero
d’un cielo che io non riconosco
e le ore si fanno troppo lente
simili al tempo di chi
da vivo sembra morto.
*
Spente sono le sere
dopo il frastuono del giorno
quando vorremmo gridare d' amore
ed esultare dei nostri sguardi
e delle nostre bocche
e respirare il cielo.
Ma il vuoto così immenso accoglie
solo frammenti di noi,
affranti nell' anima e nel corpo.
*
Placida approdo in uno spazio vuoto
come le strade immense al mattino presto
quando la gente ozia nelle proprie case
o s’attarda in uno strano lento torpore
in uno spazio vuoto approdo e pieno di vita
dove le aiuole fioriscono ai piedi delle querce
ed io respiro primavere nell’autunno che avanza
e tu hai gli occhi chiari come pozze d’acqua
e braccia come rami gravidi di foglie.
*
Un dì il premio era lì, intero.
Ora è un camminare senza orizzonti
e le salite non hanno senso come le scese
ora è un guardare da ciechi e davanti
non c’è che un muro alto insormontabile.
*
Accade ch’io pensi come avulsa dal tempo
e che i ricordi mutino in visioni
o che le immagini recenti indossino
le vesti del vissuto.
Accade che i pensieri non sentano
l’urgenza delle parole
che seguano sentieri propri
s’immettano in binari all’apparenza morti.
E che giungano a destinazione puntuali puri
quasi perfetti.
E accade che le parole ruzzolando,
piccoli sassi levigati chiari innocui,
nel vortice della corsa diventino pietre
spigolose grezze taglienti.
Sono come le bufere che dei venti
rappresentano l’ira e la voce grossa.
*
Ha esigenze l’anima che nessuno comprende
intanto cibo ed acqua ristorano il corpo
la via dinanzi porta sempre ad una meta
ed è la stessa obbligata chiara puntuale.
Ma i ponti nascono dal nulla ed i fossi
si riempiono di fiori di pesci di uccelli
le onde assalgono la riva e lasciano tesori.
Ovunque non è terra non è mare non è cielo
il mio posto è altrove.
Il passo s’arresta il pensiero smorza
come un lume alla fine.
Il desiderio ammutolisce piega per altre vie
la speranza indossa l’oro ed il rosso del tramonto.
Ha esigenze l’anima che la notte mette a tacere in fiumi d'oblio.
O con promesse mute con strane deviazioni
ed il miraggio delle stelle ed una luna
che interroga la vita e mai risponde.
*
Sul filo tra mille domande
dubbi ipotesi esempi
la testa tra le mani abbandonata
finchè gli occhi non incontrano il Cielo
Nel silenzio che grida, sottovoce
solo una sillaba. L’accenno di una preghiera.
*
(Poi si cade sfiniti nel vuoto)
Una lama sottile m’attraversa
tanto che il cuore duole
ed il fiato manca.
E sono una barca arenata
una sedia con la voce d’un tarlo
un tavolo mezzo incrinato.
Ma la sedia non è che una sedia
e un tavolo solo un tavolo
così anche una casa.
Tutte cose inutili in fondo.
E che muoiono una volta soltanto.
*
Cambia lo scenario.
Cambiano il tempo e le aspettative.
Siamo matricole o geni incompresi.
Su tortuosi sentieri vanno lacrime e baci
riassumono gioia e dolore
e al di sopra risplende l’oro delle foglie.
I giorni non sono semplici foglietti
staccati dal calendario
lunari
albe e tramonti
santi massime.
Spesso sono chiodi e sigilli
cupole e voragini.
Scorrono con la vita le abitudini
e fuggono via i mesi.
Senza i mesi non penseremmo alle illusorie
promesse di ogni nuova stagione.
*
Lingue di fuoco svettano
gote accese anelano promesse
stretto tra le mani è il pensiero
come un fazzoletto intriso di profumo.
Una nota stride spezzando il grave frusciar delle foglie
e varca la soglia di un tempo inesplorato
un sogno negato.
Orme che vanno disgiunte nella visione di un bacio.
*
Tra poco i raspi nei tini coloreranno i sentieri
di campagne inondate di sole tra il ronzio delle vespe
ed i canti antichi che tornano come fossero un rito.
Giungerà poi il tempo delle piogge e delle sere
con un ciocco nel focolare e tra le mani
un libro ed un calice di rosso che pare nero,
al buio, al solo occhieggiare delle faville.
Ognuno ha nel cuore una scena a matita e i pastelli
con cui colorare gl'istanti di quiete al finire del giorno
ognuno in mente ha un pensiero più bello
su cui soffermarsi
quando cala il sipario sulle fatiche recenti
e la notte di stelle è copiosa e di sogni.
*
Hanno chinato la testa le palme schiaffeggiate dalla bufera
i fiori di carta invece che ho visto sbocciare dalle tue mani sono vivi
raccontano di ogni attimo sfumature e colori,
indifferenti al ciclo delle stagioni,
e di ipotesi disegni voli azzurre promesse.
Ho sognato il tuo giardino la panca il muro il cancello fiorito
una pozza d’acqua i girini le aiuole i limoni i cespi di rose l’iris e il gelsomino.
Hanno chinato la testa i girasoli nei campi al tramonto
i papaveri di carta velina parlano ancora di soli e di arcobaleni
e della tua essenza impalpabile come lo spettacolo delle lucciole a sera.
Hanno chinato il capo le spighe, il prato un mare d’onde e di vele
e noi sugli steli reclini, come margherite nel coro d’una preghiera.
*
E vorrei piangere per l’ennesima disgrazia in mare
per i morti di kabul per il rapimento di Eitan
ma sono troppo triste affranta desolata
per piangere per tutte le tragedie della terra
Vorrei piangere per quelli che non si comprendono e si separano
per i diversi in ogni senso e per i falsamente uguali
per i bambini brutalmente uccisi dalle madri
e per i figli senza genitori
ma le mie lacrime sono solo per lei.
Per lei che mi ha dato la vita
e che ora mi strappa il cuore dal petto
implorandomi di porre fine alla sua sofferenza.
*
Desiderio di crateri e cieli
per somiglianze e discromie
Puro il suono cade
una scheggia sul silenzio
amputato nelle sue appendici
Non c’è pioggia a saziare l’arido suolo
troppe voragini fuochi fatui
spenti nelle fauci del buio.
*
Stilla una goccia dal ramo
mi bacia al passo la fronte.
Odora della pioggia recente
_la prima di un'estate alla fine_
a metà di settembre.
*
Senza confini
senza apice o fondo
col suo rumore sordo
un tarlo nelle cose e negli animi.
Il silenzio, imperfetto
senza le note d’un tempo
si dibatte incompreso
nella sua irrequietudine.
*
Senza la raffica tra le fronde
in questo spicchio di sereno
mi giungerebbe un raggio più rovente
tra le inferriate arrugginite
d’una finestra angusta a piano terra.
Solo un riflesso tra gli specchi
naviga onde e si trastulla
La luce afferro coi miei occhi
come col pupazzo fan le mani,
la lana bionda della chioma.
*
Poi giunge il tempo
in cui deponi le armi
E più non credi o speri
in un’umanità redenta
dagli errori e dagli eccessi.
Qui è come un carcere.
Alla fatica del mestiere
si contrappone un fastidioso
gracchiare di cornacchie.
*
Ruggire dentro di magma
sospesi sul bordo
dondolarsi
scavati da un bacio
collimare imperfetti
giusto lo spazio d’uno spiraglio.
*
E’ mio questo posto anche se non mi appartiene
anche senza aver lottato per averlo
qui non c’è traccia delle antiche fatiche
non c’è nessuna prima pietra
ma questo posto sarà mio
finchè non avrò tagliato il traguardo
con i cassetti ancora vuoti ed i tavoli sgombri
le cose stanno come sospese
qui chiuderò il presente una volta compiuto
avrò speranze e grani tra le mani per il tempo che avanza
qui non avrò ninnoli né perle nello scrigno
solo vie davanti e ponti da solcare.
*
Se c’è un posto su questa terra
dove il silenzio non è morte
ma l’ascolto della vita intorno
e dove dentro di noi il vuoto
non tesse la sua angosciante ragnatela
se c’è un posto dove la sera
una mano divina riconduce
al riparo anima e corpo
come il pastore soddisfatto
il bianco vello al suo oscuro ovile
un posto dove il sonno ci consegna all’oblio
e la speranza è un germoglio vivo tra le zolle
al sicuro dagl’insolenti e dai malvagi
non so
se esiste un posto sulla terra
per quanto io cerchi e mi affanni non lo trovo.
Il pensier mio esausto s’allontana
migrando in lidi sereni
dove il cielo è cielo per l’aquila e per il gabbiano
dove il sole è sole per Giove e per Saturno.
*
Nessun cambiamento all’orizzonte
il caos dilaga. Ovunque è come stare al bar
tra bocche che si allenano
e gareggiano per ciance e dicerie inutili.
È questa la moderna società
non discerne l’uso dall’abuso
non conosce il valore del silenzio.
Già, la moderna società…
la stessa che si urta
e s’indispone
per l’abbaiare d’un cane sotto casa.
*
Cosa vi racconterete tutto il giorno
voi che siete tra voi come incollati
vi annusate dividete la mensa
guardate il sole sorgere e tramontare
noi in un giorno qualsiasi indefinito
cancelliamo distanze incommensurabili
abbracciamo i pensieri d’una vita
e sospiriamo al ricordo dei bei tempi
vissuti nel modo a noi noto
senza alcun inganno né finzione
nessun segno di sopportazione.
*
Non è il luogo delle meraviglie
ma l’unico possibile
meandri intarsi curve
ombre e luci
il sole fuori bagna lo spiazzo
e dentro è un tempo che non si indovina.
Non è il luogo ideale
ma creerò comparti
e starò in mezzo
come una foglia che danza
una farfalla che sosta
un sassolino che cade
e fa cerchi nell’acqua.
E il presente sarà l’attimo più lungo
prima d’ogni congedo.
*
C’è un mare mosso in noi ed un cielo immenso
sabbia e nebbie stelle e miraggi
la tempesta l’ignoto
luce e buio
e ciò nonostante il desiderio del viaggio.
*
Sbianca il cielo, nuvole in cammino
il primo scroscio ora gocciola più piano
dai tetti dai vetri dalle fronde
dal ramo più alto a quello in piano.
Non è ancora l’odore dell’autunno
la polvere si riaffaccia sull’asfalto
la terra si sgretola si spacca
le foglie san di muffa l’aria è acre.
Rapido un volo di colombi fugge,
varco la soglia, la mia casa attende
composti sono tutti i miei pensieri
nell’alito fresco della sera.
*
Si aspettava da agosto dopo l’afa un breve refrigerio
invece il tempo rotola veloce ed ecco settembre.
Pallido il sole la luna smorta nel cielo tra i lumini
nubi d’ovatta passeggere rovesciano uno scroscio
talvolta saette inaspettate a simulare un fuoco d’artificio.
All’alba le prime ore sono foriere di verità inconfutabili
l’aria è fresca uno zampillo irregolare
un pensiero più desto si leva similmente ad un aquilone.
Prendiamo la via più facile e c'incamminiamo.
La vita è uguale, i problemi, i sogni, le speranze.
Noi siamo diversi.
Abbiamo già visione delle foglie un manto sopra il viale
e l’oro sui passi sui silenzi sulle bocche mentre guardiamo
l’amore nostro spensierato e allegro.
Oh Dio che incanto! Un attimo lungo una stagione.
Un attimo breve. Poi sarà inverno.
*
Si cancella il tempo ciclico dei giorni
di timori speranze ostacoli importanti
e che ci danno peso o leggerezza o un filo
su cui sospenderci o seguire altre traiettorie.
Si legano notti vissute ognuno nel modo che sappiamo
e si ricordano lune assenze desideri manchevolezze
idee abbandonate forse per pigrizia.
Ci si guarda negli occhi con l’unica maschera
che la coscienza c’impone nascondendo le bocche
puri nei pensieri nei gesti nelle visioni
nella conta delle cose che vorremmo
senza eccessi e mai per abitudine.
Ci si ascolta nell’eco del silenzio
raccontando tutto il bene custodito nel cuore.
*
Ed è improvvisa quiete
un provvisorio stato di cui approfittare
da lì discende l’ordine
da lì ogni cosa troverà il suo posto.
Poi si potrà ridere richiamando alla memoria
uno specchio incrinato le ante graffiate
d’un vecchio armadio
il balenio d’una luce sul soffitto,
prossima alla fine.
Ma sarà meglio che intristire
pensando ai tanti ostacoli
che ancora rendono ripido il cammino.
*
Qui dove siamo stati non era la meta.
Era scritto.
Una sorta di destinazione provvisoria
una stazione secondaria
un passo inaspettato verso il caos.
Ora ha scarsa importanza dove andremo
né il luogo che recherà le impronte nel futuro.
Abbiamo lasciato aneddoti e storie
successi e sacrifici tra muri segnati dalle crepe.
Lì dove le cose avevano un nome
e i nostri passi tempi più allegri.
*
Le cose piegate male
petali e foglie dai bordi frastagliati
i segni delle rughe cancellati
su flash perfetti.
E poi una crespa dal labbro superiore
che sgocciola sul mento
ti tradisce.
Stai planando sul cemento
_ gli occhi socchiusi_
là dove t’era parso di sentire
l’odore acre dell’erba
e quello più maturo delle spighe.
*
Non vien la donzelletta quando piove
e piove anche col sole.
Non ha nuvole il cielo solo scie
di aerei ed aquiloni.
Guardo l’orizzonte e arresto il tempo
so che nulla può mutare alle ore il destino
né comandamenti o regole o condizioni.
Ed amo il mio cammino i salti di memoria
la croce sulla vetta la luce misteriosa
l’inganno della luna e sotto di lei
il pozzo a bocca asciutta.
Dimentico che vivere è un compito assegnatoci dal Cielo
e vivo anche la morte dei miei sogni
la consapevolezza d’una sorte nè buona né cattiva
la forza d’accettare un giorno nuovo
senza cadere nella rassegnazione.
Un giorno lungo d’albe e di tramonti sopra quel colle
dove il vento reca il mare il silenzio la tua voce
e un ritornello antico che si leva gioioso tra le fronde
“la donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole”.
*
La morte ha preso di mira le cose
un quadro un orologio sul muro
un appunto su un foglio buttato
su un tavolo vuoto.
Ha segnato le sedie incrinato gli armadi
ha cancellato racconti un po’ visionari.
La morte ha cambiato il nome alle cose
perché così non possiamo più amarle
Nella lotta continua del giorno
ha deviato i binari alla vita.
E noi andremo appresso alle cose già morte
senza più desideri né magre speranze,
gli occhi velati sull’antica coscienza dell’oltre.
*
Vorrei fare testamento delle mie parole
lasciate spesso incustodite sparse
tra le cose di peso
gli scogli le barriere gli specchi
Vorrei vivessero come le stelle
fiere della loro luce e ferme
nonostante le bufere delle stagioni
Vorrei morire consapevole di non essere stata
un’occupante abusiva sulla mia parte di terra
di non essere stata una mente errante
dentro un corpo destinato al disfacimento
Vorrei morire sapendo le mie parole vive
tra i rami nelle zolle negli abissi
tra i passi di chi sa che vivere
è un duro mestiere.
*
Ha la forma d’una scatola scolpita
una scatola antica con gli intarsi
tanti nodi legati in modo stretto
Ha in sé giorni segnati da un sorriso
una sorpresa bella
una parola discesa come una saetta
Ha in sé le cose con su incise
le impronte ed un senso
premonitore dell’insolito, avventuroso
Ha in sé le promesse non comprese
di miracoli miraggi deliri,
forse visioni
Ma accade che i giorni che dentro recano
i semi migliori passano silenti
quasi smarriti e marcati da assenze
che si svelano spietate.
E si dimenticano nomi simboli fiori
significati ricorrenti
E restano attese nel buio, esterrefatte.
Insospettate.
*
Sapessi che il rovescio della medaglia
è quello buono quello giusto
quello spensierato ed avventuroso
opterei sempre per quel lato nascosto
ma la faccia che tocca il suolo
e resta lì senza il suo cielo
è la mia fronte il mio viso il mio sguardo
sull’incognita del nuovo giorno.
*
Canne nel vento filtrano la luce
papaveri rossi come un fruscio
di vesti lievi tra fili alti d’erba.
Vorremmo addormentare in noi
ogni futura meta
nell’equilibrio d’un pensiero
che ci racchiude nella stessa sfera
eppure c’innalza liberi in volo.
*
Come dovessero accadere cose mirabili…
Si resta appesi al filo della speranza
il nero ricorrente sfuma in grigio
assorbe luce a gradi
La forza del pensiero farà il miracolo?
Ci si trastulla in quest’altalena.
Ma non è come per la manna
come per l’arca in mezzo al mare
come per l’approdo all’isola.
È un pendere dell’ago della bilancia
la transitorietà della clessidra
il passaggio per la cruna
E di mirabile non c’è che l’estraneità alla visione.
*
Il rumore d’una ventola nella stanza
le ombre ammutolite all’improvviso
la tenacia di un’attesa indefinita
E tutte queste cose chiuse
nell’immensità
d’un tempo inesistente.
*
Due parole così intensamente pensate
che ci si scorda di pronunciarle
due parole come perle rinchiuse
eppure vive nel respiro della tua voce
che per sentirla bisogna chiudere gli occhi
ed immaginare il mare
quando srotola i suoi colori.
Due parole passate tra le mani
come monete come biglie di vetro
come fiori strappati al prato
due parole cantate di notte,
come baci posate sugli occhi,
così intensamente pensate
che ci si scorda di pronunciarle.
*
Ho seminato parole quasi ovunque.
Non porto il conto delle falle e delle onde
delle piccole crepe degli occhielli tra il rossiccio
ed il cupo verde e delle nicchie
tra case ed orti tra lumi e buio.
Le parole cadute non sono morte
ma non sono che una minima parte
per chi ha fame e sete di parole.
Ho trovato riparo dentro metafore
stemperato l’acciaio nei sinonimi
Ho scandito sillabe in rintocchi
creato il suono dal respiro lieve.
Ma sono tante le parole che non dico
le parole che nascono perfette
in muti suoni e si azzuffano negli occhi
si sfiorano si consolano si dolgono
d’ogni speranza presto accantonata.
Sono le parole più importanti
che tornano quando sei lontano.
*
Anche i poeti sono in vacanza
chi al mare chi in montagna
chi in una stanza
un calice tra nostalgia e rimpianti.
Qui è rimasto uno scribacchino
qualche foglio una gomma una matita.
Sta in silenzio mentre osserva il mare.
Dentro di sé ha l’immenso eppure tace
guarda la luna in cielo, pare distratta.
Anche lei diversa, così pare,
dai tempi del pastore errante
e del notturno canto.
*
Tarli tonfi scricchiolii
sepolti dentro crateri di sabbia
Sull’orlo il silenzio si frantuma
Esplosivo il suono ora crea
atmosfere dolci ed evocative.
Scivolare tra pareti di velluto
Il rosso screzia di luce il nero
l’anima una foglia
evanescente
vibra al tocco delle labbra.
*
Mi diverte vedermi ormai scomparsa.
L’apparire in quel deserto anche di rado
mi sorprenderebbe a dir non poco.
Sarei un fantasma con la mia presenza
più di quanto mi compiaccia ora esserlo
con la costante, svagata mia assenza.
*
Ed ora trovati un pezzo di cielo,
che sia buio ed immenso
lontano dai lampioni e dalle insegne al neon.
Non ce l’ho.
Trova un prato un giardino un orto.
Sto in un vicolo,
sulla soglia un gatto.
Poi devi guardare,
devi saper guardare
e devi aver pazienza.
Sono stanco.
Intanto pensa,
un desiderio un volto un luogo.
Forse cadrà una pioggia fitta,
forse un frammento.
Non è più il tempo.
*
A piedi nudi tra onde di sabbia e mare
quando il vento dà fiato alle cose
e noi siamo foglie vele aquiloni
noi siamo scogli ciottoli conchiglie,
a piedi nudi entro nel tuo pensiero.
Non ho stagioni né preferenze
né l’affanno per il brusco
avvicendarsi di calura e gelo.
Ho dentro l’universo
e dinanzi la luce che lo rivela.
*
Qui si azzuffano per una donna
gli uomini ridono e bevono
i ragazzi si rincorrono per strada.
Qui la gente coltiva fiori
e calpesta aiuole.
Qui si confidano segreti
inventano storie
si amano si invidiano
parlano di cose che non sanno
sono distratti commettono errori.
Qui tradiscono fanno la pace
qui cambiano spesso vento e bandiera.
Piangono. Vivono.
Forse qualche volta sognano.
Ed è presto per il Paradiso.
*
Questo non avere nulla porta
al pensiero assurdo
che nulla ci è più necessario
sicchè non esistono né la sete né la fame
né la voracità nel desiderare le cose
che gli altri possiedono
né lo sconcerto per queste mani
che non sanno più cosa domandare
e che spesso racchiudono il nulla.
Ma il nulla non è il vuoto.
E questo non avere nulla
è una ricchezza immane
per noi che abbiamo solo noi.
*
*
Vorrei solo un giaciglio
un semplice giaciglio
dove stare io ed il mio mucchio d’ossa
io ed i miei legamenti corrosi
i tendini brucianti le falangi gonfie
Un giaciglio dove scordare le angustie
delle ore, dove pensare d’arrestare il tempo.
Non la certezza del sonno
la brama del sogno
o la speranza d’una visione
Vorrei solo un giaciglio
a ristoro da ogni affanno
e lenire la fiacca che m’opprime
nell’anima e nel corpo.
Non leggermi una favola
seduto al mio capezzale
ma cantami un amore
che non ha confini
Non dirmi del tempo
che mai avremo né dei baci
delle carezze sospirate.
Il mondo è pieno
di bocche che si cercano
e mani che si sfiorano
senza essere felici.
Il mondo è pieno
di gente che si accoppia.
Tu abbracciami con la tua voce.
Tienimi sveglia.
Cantami una nenia
che addormenti la luna
sull’orlo dei pioppi.
*
Pesa la chioma. La chioma fosca e spessa.
E l’occhio allontana dal tronco poderoso
che ora al confronto esile appare.
Un gemito sale tra i fumi del mattino
e il rantolo del vento disperde un cinguettio.
Muovo nel mio cammino.
I piedi miei già stanchi. I miei passi lenti.
Le tue radici salde. Così pare.
Stiamo noi due soli
tutt’intorno il silenzio:
quiete e ristoro.
Preghiamo.
Ognuno nel modo che sappiamo.
*
L'indifferenza non é nulla
non racconta il dolore l'inquietudine
il male di vivere l'inganno subìto.
L'indifferenza non è nulla
non dice dell'anima traviata
del cuore nudo, un ramo spoglio,
del gelo del fuoco.
Quando sopraggiungerà l'odio e sarà così vivo
così tenace così sapiente così spietato
ed immenso come l'amore
e come l'amore vero invulnerabile
non ci saranno più priorità
né si sentirà la mancanza
di quello che non viene dato
di quello che non viene tolto.
*
Riconoscersi tra nostalgie e rimpianti
non maledire nulla
non cambiare nulla
se non nel desiderio di un’ altra vita.
*
(Poesia per un’amica)
Canta come l’acqua trasparente tra i ciottoli
canta al cupo fogliame ai fiori al ramo prodigo di frutti
Canta alla ginestra al glicine in giardino
ai convolvoli al cancello all’ombra d’una siepe.
Canta come una canna che accoglie il vento
come lo scoglio quando incontra l’onda
come la vela che si dispiega in mare.
Canta il tuo dolore la rabbia l’amarezza
le promesse deluse la fiducia tradita
Canta la vita chè risorga forte!
Vivi al tramonto desiderando l’alba.
Nessuno può dire alla luce di non splendere.
*
Perché domani non penso di essere
È qui che il tempo non esiste
ma l’uggia dell’istante che pesa
la lancetta come ferma sul muro
lo sguardo come calamitato
E’ qui che tutto si contraddice
Accorgersi di inutili azioni ad inganno
Un boomerang che sempre ritorna
e trovare alfine riparo in un Pensiero
fedele seppure incostante.
Perché domani non penso di avere
E’ qui che la sostanza viene confusa
che conto e riconto i miei averi
e mi distraggo e tutto bramo
di tutto mi privo
E’ qui che ho i miei confini
Accorgersi dell’oltre a dispetto
Il guinzaglio il muro il cielo le ali
Ed un tempo talvolta di fuga
altre volte d’esilio.
*
Acquieto l’anima
curando il male più intenso
Di priorità è il mio giorno
di tappe di ostacoli
Ma il sogno è salvo
conchiglia rapita alla sabbia
ora in un cassetto sepolta.
Ha l’eco del mare al risveglio
il suono di un’andatura
che m’è familiare
il silenzio di tanti racconti
Non teme l’usura del tempo
né il mutamento.
Ed io passo da un polo ad un altro
senza preavviso senza intenzione
La fortuna è di chi mi coglie presente
negli stati intermedi
Un’ilarità improvvisa
un sorriso o quel che resta
di antiche memorie
non sempre tristi.
Ora sogno una morte diversa
che si discosti da una vita apparente
o una vita che dia del filo da torcere
al mondo a me ostile.
*
Sempre t'amo.
Dove il sogno è più inafferrabile
e s’annidano pericoli dietro la boscaglia
fitta di verde e cupa di suoni
Dove la terra non ha deserti
ma campi arati
ed ancora il pugno s’apre
spargendo semi
nonostante un tempo
di promesse avaro.
Qui t’amo
dove fiorisce l’achillea
e giunge l’inebriante
profumo di lavanda
Dove l’anima si congeda
dall’inclemenza del giorno
e ripara in una notte di luna piena
e di mistero.
*
Siede la donzelletta sul muretto
piega con calma dei fiori finti il mazzo
colori tenui e allegri mischiati insieme
come in un plissé o in un ventaglio.
Affiorano nell’andatura due ginocchia
le gote rosse gli occhi di meraviglia accesi
poco distante, le rughe sulla fronte
un viso chino e delle mani
il bruno colorito sul ricamo.
Una stagione breve ora è l’attesa
il giorno un pugno di secondi
dinanzi un cielo pieno di nuvole rosa
e dietro il sole, come in posa.
*
Amore sei come l’acqua quando
fluttua improvvisa, mentre
_reclino il capo la bocca schiusa_
cerco la più giusta posa
sul fresco gorgoglio che
curva e m’asseconda
mentre mi disseta.
*
Ho il vizio di attenderti
anche quando so per certo che non verrai
di accendere la notte smorzare il lume
girovagare tra silenzi fluidi d’acqua
Ho il vizio di pensarti con ossessione
anche quando so che il tuo pensiero
è in gara tra cento pensieri nelle maglie d’una rete
senza avere un sospiro di sollievo
Ho il vizio d’inventare un giorno nuovo
che non sia pieno di assenze e di fame
un giorno in cui prendersi per mano
e camminare piano solo per fermare il tempo.
*
Arrivò così l’inferno sulla terra d’un tratto
mentre un soffio di vento prometteva ristoro.
I pensieri si ricomponevano frettolosamente
dopo l’inquietudine strana
prima del grembo vuoto del silenzio.
Le cicale incessanti ubriacarono l’aria
le parole gravi come rintocchi.
Il tuo tempo al gong finale.
Ho chiesto il vento per raggiungerti
ma tu eri il mare.
*
Talvolta mi rileggo.
Prima di un nuovo vortice buio
quando la confusione è nebbia
il sole lama la pioggia maledizione
il vento un furfante che sferza schiaffi alla nuca.
E tutto nuoce.
Nella memoria scavo
e lego ogni momento pensato insuperabile
ad un filo interminabile e traggo nuova forza
da un timore remoto un vuoto colmato
una tristezza vinta un’ombra dissipata.
*
Fisso un ramo spoglio, nodoso,
alla mia finestra.
Del suo dolore non so,
nudo di foglie e di fiori
stagliato all'aria.
Ogni falange grida
delle mie dita
ogni dito teso storce
devia si arrende.
Inerme la mano allenta la presa.
Vanno le cose scivolando
al loro destino.
Il cuore duole
manca in me il respiro.
Se l'albero geme per il nodoso ramo
non so.
Nè se la terra è mesta pel suo dolore.
*
E ci si accorge del cerchio stretto intorno
del filo spinato del poco verde
della polvere sollevata
E quel belato resterà nel recinto inascoltato
non col gregge che muove ondeggiando
al suono d’un campanaccio.
*
Fui folle
del desiderio di te.
Accolsi fede e speranza
E il sogno non fu sogno ma delirio.
La nebbia ha nascosto l’orizzonte
e pure i miei confini.
Ecco l’inganno.
*
Un vacillare con i suoi equilibri
i chiaroscuri sfumati in fuga
le ombre vere macchie perenni
E il ramo spezzato vivo solo
nel flash d’un attimo d’autunno
L’eco d’un silenzio che ritorna
senza novelle.
La voce è nuova in una litania
che coniuga ieri e domani
Il cielo sfiorato nell’altalena
l’amaca ondulatoria
nel dormiveglia di fantasie
possibili in quel fiorire d’ipotesi
come ragnatele.
La pazienza è il tassello che resta alla tenacia
in bilico sull’onda.
*
Recondite mete vive nella memoria
destano nell’anima il sorriso.
Frammenti tra loro uniti come per magia,
inalterati.
Poi poniamo ordine alle cose
forse ignorando le più sbiadite effigie
forse creando strati perchè il dolore
non giunga in superficie.
Le più sottili scalfitture
d'un antico silenzio, memorabile
sono segni indelebili
non impronte nella sabbia.
Oggi è un giorno che torna
innalzando all’orizzonte
pietre levigate dal tempo.
Baluardi superati.
Ed ora più saggi lasciamo nello scrigno le perle
sconfiggendo un mondo curioso.
La verità è un sole tramontato
dietro una vetta inesplorata.
Noi palme spettinate sappiamo
dell’odore chiaro del mare quando è solo
e nessuno l’ascolta.
*
Così di giorno in giorno avanzo
pigra o distratta talvolta muovendo per inerzia.
E vivo d’aria e voli
mi nutro per valicare altri confini
superare scogli correre con il vento fino al mare.
Sei l’essenza che colgo quando manchi
nelle partenze senza preavviso
nei silenzi senza voci
nei minuti che portano sulla groppa
tutto il peso dell’eternità.
Oggi sei il sale. Domani tornerai
in un sorriso o nel pianto
a dare ancora un senso
alle abitudini d’una vita
che non s’arrende.
*
Dovrei con una piuma tra le mani
venirti sotto il tuo mento e col solletico
_ il labbro increspato nel sorriso_
domandarti con fare assai soave
del barbaro tuo comportamento?
Se un pubblico luogo è come casa
e a casa gli altri tu soverchi
sei l’arrogante e presuntuoso
che rientra tra quelli, quasi tutti,
che della vita non han compreso niente
né della civile convivenza.
*
Un frinire incessante di cicale
le ombre sul muretto
ed il pensiero ad altre estati.
Abbaia un cane ad un angolo di strada.
La sirena d’un’auto.
Un garrito di rondini, lontano.
Passaggi. Poi è quiete.
Silenzi ed assenze
mi guardano sgomenti.
Un cielo senza promesse.
Anche le stelle
si spengono pian piano.
*
Semplici gesti sopperiscono alle parole
tessono fili creano giochi
disegnano mappe per evadere
i confini della noia
Sguardi inseguono desideri
racchiudono pensieri
si cullano carezzano
s’addormentano
gli uni dentro gli altri.
Leggimi, pur nell’apparente apatia
d’una vita che inchioda
alle sue tappe inevitabili
Leggimi nelle attese insospettate
negate a noi stessi per sfuggire
alla trappola delle illusioni.
C’è un amore diverso
nel tempo che passa,
inespugnabile
in ogni vortice che ci oscura la via
ad ogni nuovo apice raggiunto
quando l’equilibrio è più precario.
*
Il tempo freddo il ghiaccio dopo il manto
così come la cappa il caldo forte
van bene per chi scodinzola beato
sul viale o in una strada illuminata
oltre una siepe folta e rigogliosa
o per chi si dondola sull’amaca
oppure si sollazza all’aria aperta
_il telo sulla spiaggia _ o sulla sdraio.
Non certo per chi _il cervello a fuoco_
quasi compete
col sole che si tuffa sulla terra
noncurante di chi pare allo stremo.
Si sa il lavoro spesso fa dannare…
e genera sudore anche d’inverno
ma con l’afa di luglio e lo scirocco
al suolo ti stramazza anima e corpo.
*
Ho corso avanti e indietro tutto il giorno
ed ora che il sole è tramontato
sto ritta in mezzo al viale polveroso.
Di fronte, una fontana quasi in secca.
Il naso in aria ad inseguire una cornacchia
la maglia presa in pieno sulla schiena.
*
Le vie affollate le vetrine accese
il chiacchiericcio su panchine assolate
non attraggono la mia attenzione.
Né i rumori acuti e gravi che sommati insieme fanno frastuono
o il traffico infernale nelle strade flagellate dal vento
il cigolio delle serrande il megafono d’un ambulante.
Io amo starmene in disparte su una pietra
come una lucertola sul muro sotto un raggio
O assorta nei miei pensieri e mesta
per quel che resta dell’euforia di un attimo
quando il giorno ancora sonnolento si distrae.
L’eccezione.
Poi è l’onda anomala che si ripete.
Fedele.
Le parole inutili sul tempo le stagioni
gli abiti belli i costumi leggeri
le mogli felici degli amici
gli amici ignari di tanti tranelli
sono insapori.
Le parole che amo sono nel pensiero
senza peso, pure, senza inganno
E spesso transitano negli occhi
mentre la bocca lascia cadere sillabe nel vuoto
_con nonchalance_
che non spronano l’orecchio ad ascoltare.
*
Non v’è interesse in questo sodalizio.
Nessun sotterfugio nessun inganno.
È un compagno che non ha sesso la Poesia
le sue impronte sono le mie
così le mani la bocca gli occhi.
Tace. Come me. Vive inquieto.
Non rassegnato. Come me.
Si rallegra. Spera. Cade. Si rialza. Come me.
Pare assente quando la mente
s’agita come in trappola
e la pena cresce a dismisura
per l’affanno del giorno.
E’ un compagno che abita
nel cuore un sussulto
che quasi non s’avverte
un palpito un grido silenzioso
un vento che si leva e che sospinge
negli angoli reconditi dell’anima,
inesplorati quando ormai si pensa
d’aver concluso il viaggio.
*
Poi d’improvviso
come per cedimento
il nodo si disfa
la fune s’allenta
ogni ansa si attenua
ogni tortuoso sentiero
si distende.
E' il calar della sera.
E l’anima accoglie
quella pace agognata
insperata
nelle ore asfissianti del giorno.
*
Vorrei dire di un futuro possibile
Ma non è che una parola
un vortice oscuro
Il mondo intorno vive l’attimo
Ride piange
Odia ama
Dice nega
o rievoca il passato tra nostalgie e rimpianti
Il domani è nel pensiero
un aguzzar l’ingegno
per aggirare l’ostacolo.
Esistere ad ogni costo.
E gli altri falciati come un mare d’erba.
*
Scene che cambiano
Colori
Ombre sul palcoscenico della vita
Noi uniti in un odore un rumore una sillaba
completi solo per definizione
nel silenzio ch'è preludio d’una fantasia spietata
Stanchi tra binari ciechi ad inseguire il tempo d'altri
Ma il sentimento è un vento che si leva piano
ed accarezza l’anima tra lo stormire delle fronde.
*
Quando ci sei sento che mi manchi
per quell'atto semplice del desinare
per il rosso sorseggiato insieme
perché sappiamo
che c'è sempre un'eccezione ad ogni regola.
Quando ci sei sento che mi marchi
per quei nostri silenzi così uguali
per quel nostro sentire il ritmo anche senza musica
per quelle nostre parole
che non chiedono di essere ascoltate.
- Ad E., mio fratello -
*
L’aria pungente del mattino
le nebbie a giugno come a novembre.
Stanchi d’un tempo anomalo
chiedevamo l’estate.
Ora il cielo ha spalancato le fauci
sputa fuoco
ed arde la terra sotto i piedi.
Ma tu hai il mare i gabbiani le vele
la sdraio all’ombra ed i pensieri
così placidi così puri.
Io solo un ventaglio, dei due quello
che ti piace meno ma nei colori è soft
ed è persino intonato con l’ambiente.
E poi rievoca la primavera.
Il ventaglio ed una stanza dove
potrei non sudare
se solo non mi arrovellassi il cervello
tutto il tempo tra la carta ed il pc.
*
Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare a sera sotto casa
con lo stesso sorriso sulla bocca
come il giorno non t'avesse intaccato
come fosse niente la vita
come fosse niente il cammino
come fosse niente rievocare il passato
quando i sogni avevano talvolta le ali
più spesso gambe agili.
E l'amore era semplice
un pensiero un gesto
una carezza
Non come ora
che ci si scopre dannati
in una vita che si riprende tutto.
Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare trafelati
sciacquarsi il viso
cambiarsi d'abito
E fingere che tutto vada bene
sotto un cielo gremito di stelle
Anche quando non é agosto
e i desideri gareggiano nella mente.
Non é abitudine
questo prestarsi gli occhi
E’ vedere il mondo insieme
dalla parte di entrambi.
| ||||
*
È rinascita nel divenire
che plasma riduce gli eccessi
forgia nuove forme svela
reconditi luoghi dell’anima
Rintraccia nel cuore i segni
di sogni che furono
ed ora indossano vesti più lievi.
Si rinasce tornando bambini
in un pensiero maturo
che ridefinisce la vita
E si scopre in una piccola ruga
sul volto d’un uomo
un cipiglio che già dalla culla
aveva compreso l’inganno
del mondo reale.
*
Il dì dinanzi un sole ancora smorto
di colpo l’afa. E’ estate.
Sto sopra un divano
posata come una cosa.
Non giunge un filo d’aria.
Nell’altra stanza
un mucchio d’ossa su di un letto.
Sopra un lenzuolo a fiori.
Di tanto in tanto una chioma bianca
cambia posa.
Il cuore si rallegra.
E ringrazio Dio.
*
Accade in una manciata di secondi
sono suprema alle mie appendici più povere.
Ho pensieri meno funesti
parole che mi racchiudono.
Al centro d’un ventaglio
godo dell’aria più pura
com’io fossi amalgamata ai colori
che s’aprono sfumando.
E forse sono altro da me stessa
coerente con il mondo
duttile nel sogno.
Viva per tutto il tempo della metamorfosi.
*
Talvolta il cielo è più oscuro
eppure la luce è la stessa.
La strada le case la meta il mistero.
Ma tutto esonda d’intorno
come solo il fiume esistesse
l’acqua che corre
ed il vento che l’asseconda
come un amante.
Solo il fiume.
Ed i sassi le perle le zattere
i rami le foglie.
E le tante carcasse di uomini
e di animali.
*
Dov’è il corpo dove la mente?
Il dolore trafigge come lama
il cuore duole
il passo rallenta.
Il pensiero una barca arenata.
E si torna nudi
tabula rasa
ignari
delle promesse della vita.
*
Quando non udirò più quella voce
come un rintocco sul calar della sera
come un grido di rondini
e l’impennata di un’onda sulla scogliera
quando spierò dietro l’angolo
quel passo in un passo diverso
e un sibilo sottile tra le foglie fitte
interrogherà la luna alta nel cielo
quando non sentirò un canto levarsi
e la terra ora giaciglio tornerà culla
quando non ascolterò quel silenzio
più potente del fuoco e del vento
quando avrò giorni senza arcobaleni
e sogni con le ali ferite e sere
come finestre chiuse sul mare
e stanze affollate da nuove ombre
quando parlerò senza più domandarmi
se è lì che m’ascolta
e non cercherò altre verità
se non quella che dimora nel mio cuore
quando il pianto sarà inconsolabile
e solo la pioggia saprà dissetarmi
quando i miei occhi saranno i suoi occhi
ed i suoi m’indicheranno ancora il cammino
quale sarà il senso del mio viaggio?
*
Hanno annodato e districato grovigli
hanno sfidato teoremi
hanno sanato incrinature.
Spiragli nel buio d’una luce inattesa
hanno raccolto fiori e carezzato voli.
Forse un dì somiglieranno molto
a quei rami spinosi irti nell’aria
dove il vento approda con un fazzoletto
un aquilone un fiore al verde strappato.
Come vie divergenti guarderanno
orizzonti diversi.
Forse le udirai scricchiolare come zattere
fradicie nella corrente.
*
Dicono che anche quando dentro
è un brancolare nel buio
e le perle chiuse nella corazza
stanno come sotto due dita di sabbia
si può riaccendere la luce anche solo mirando
dinanzi in una tela un panorama e rinvenire
nei suoi colori i sogni separarli dai desideri
che di tanto in tanto affiorano
a testimonianza d’una diversa vita.
Dicono che anche quando dentro
è una prigione e il tempo d’un istante
s’avvicina all’eterno
si può sentire _il naso tra le sbarre_
il profumo, nel vento, delle rose
e scavando tra le memorie rinvenire
un segno scalfito ancora intatto.
È la speranza nuova che t’abbraccia
quando non t’attendi più carezze
e la vita ha ormai imparato a vivere
senza più lusinghe né promesse.
*
Il giorno, una morsa
un ritmo che non ha tregua
ma mi distrae l’armonia d’una nota
sul caos della vita.
Un piccolo fiore rosso rifulge
sul verde dell’euforbia.
E tu tra queste siepi
_precluso l’orizzonte_
sei così lieve.
Così sereno
tra questi scogli
nell’agitarsi del mio mare.
*
Vorrei dirti che ora non ho più timore del vuoto
Guardare il precipizio e non impallidire,
come un ciclamino sul suo esile stelo.
*
Lei sa della fatica di un passo
del crepitio che rode ogni osso
del respiro affannoso ad ogni piccolo gesto
Lei sa della vita ora un cero che arde
d’una piccola fiamma che piega da un lato
vacilla, talvolta pare si spenga.
Lei sa dell’acqua attinta alla fonte
dei bagagli e dei figli trascinati per mano
Lei sa dei sogni nutriti di pianto
di promesse svanite del suolo sgranato
sotto i suoi piedi di solitudini guarite in silenzio
di risparmi azzerati di viaggi mai fatti.
Lei sa di campi seccati di alberi
che hanno smesso di dare frutti
di un tempo d’ infanzia senza corse nei prati
di anni di guerra di acerbe memorie
di sposa di madre di sacrifici.
Lei sa di troppi rimpianti.
*
Siamo così avvezzi alla corsa
al fiato corto
alle strade in salita
ad un impervio cammino
che se d’improvviso
tutto dinanzi s’appiana
_ nessun dosso o muro nessuna nube_
e il giorno scorre nel suo placido murmure
come un ruscello tra i sassi
questo provvisorio stato di grazia
quasi c’inquieta
e l’occhio vede ombre in agguato
il cuore teme ancora brutte sorprese
s’attende nuovi crucci nuove apprensioni.
*
E’ festa. Oggi io resto a casa
tra le cose che guardo e che non sfioro
frammenti che ritrovo quasi intatti
pensieri netti ed incontaminati
e tu che sei lontano irraggiungibile
beato nelle superiori sfere
mi corri incontro cavalcando l’erba
come fossi un allegro ragazzino.
Se con la mente torno a dì remoti
di ansie di sospiri e turbamenti
è per l’usura del tempo sui pensieri
non solo sulle ossa crepitanti.
E dunque è festa e mi do all'inerzia...
per chi non ha il concetto chiaro in testa
d’un lento logorio che porta al crollo
e rende nullo anche ogni riposo.
*
Sono fuori dai miei primordiali bisogni.
Ho scordato l’orologio stamane
ma il tempo che passa non conta
un deserto dinanzi immutevole
e la fatica che si traduce in segni sul viso
occhi stanchi un passo esitante
il capo indeciso tra il suolo ed il cielo.
Sono fuori da ciò che mi riguarda
la sete la fame il freddo d’un’anima
che più non confida in miracoli e profezie.
*
Qui non passa nessuno
se non per domandare soccorso
per una sorta di soliloquio per noia per sfogo.
Qui approdano tutti
giungono come uragani
o con l’affanno e la pena
avviliti stressati
da una vita piena di guai.
Qui passano a raccontare
dei tempi che non esistono più
degli amici veri dei falsi dei figli
di padri di madri di un arto che duole
dei crampi allo stomaco della cervicale
d’un ritmo che incalza ed uccide.
Ed io che non ho niente da fare
non penso non corro neppure cammino
non ho lavoro nè casa
non ho genitori nè figli
nessun cespo di rose in giardino
né un animale da accudire
Io che mangio e che bevo e neppure sto male
ora ascolto con la pazienza d’un santo
che ha deciso di scioperare.
*
Somigliano ai gelsi al nodoso ramo
queste mie dita che mal sopportano
anche il peso d’una carezza.
Ecco il pensiero che improvviso mi coglie
mentre cammino. Il suolo mi sa a memoria.
Una sagoma magra senza fretta procede col suo cagnolino.
Forse un dì anch’io avrò un gomitolo per la mano
che si srotola arruffato per le vie
o forse un animale di più grande stazza mi terrà al guinzaglio
mentre il cielo mi distrae con la beatitudine dei pini.
*
Passano
tramortiti dal giorno
lo stesso saluto a commiato.
Le pene… le loro più grandi.
Io assorta nei percorsi dell’anima
mugolo appena una sillaba
che non ha senso ma è uguale
per chi non ascolta.
Assurgo alla mia beatitudine
una specie di tiro alla fune
tra me ed i miei pensieri,
talvolta un dolce trastullo
nella morsa che allenta i suoi denti.
*
Una raffica da nord risveglia l’alba
giugno si maschera nel suo incedere lento
un viso smunto e gli occhi vispi.
Tra il rumor delle frasche, il fischio d’un merlo
mentre la tortora insiste nel suo tedioso grugare.
Tutto appare sospeso tutto è ancora acerbo,
il ronzio d’un’ape e l’abbaiare d’un cane.
L'orizzonte è ora un filo sottile
tra un mare d’erba ed il cielo scosso
dal ripetuto rintocco del campanile.
*
Quando il cerchio delle fatiche si chiude
il corpo s'attende da un raggio ristoro
ma come dietro le quinte altre scene s'abbozzano
così dietro l'angolo si celano agguati
e le ore di quiete e sospirato riposo
divengono presto un eterno supplizio
un fiume in piena che corre
ed inghiotte ogni cosa
e che poi in un istante fulmineo
t'espelle irruento nel quotidiano patire.
*
Ho pensato a te
a te che per tempi incommensurabili
sei stato di me la levità
a te che ora che pari assente
sei uno strato più su delle nubi
a dirmi che il niente ereditato
è la mia ricchezza più grande
ho pensato a te quando dal cielo
hai applaudito ogni mia scelta.
*
( a mia madre )
La sofferenza nei tuoi occhi
accende altro dolore.
Di quanta inettitudine si veste
un desiderio che io so fallace!
In bilico su un rovo di spine
la vita ha sempre più deboli radici
e noi con speranze già malate
accecati da un sole che si fa rovente
ora vorremmo per te più fioca luce e quiete
per le stimmate dell'anima dolente.
*
Il non sapere accende ipotesi
le più strane le più assurde
le più vaghe
e del domani fomenta l’incertezza
il dubbio e la pena di quell’ora
che come goccia cade
nell’immenso mare.
Un cenno manca del labbro
una parola un sorriso che esonda gli argini
un momento che sfiora
il sapore dell’eterno
ed il suono d’una voce
sognato agognato o forse consono
al nostro modo d’intendere la vita
E amore solo di te domanda,
di te che sei Amore.
*
Oltre la vita la mia, la tua
sentirai un suono magico
due parole spesso taciute
spesso gridate
Così lievi prima di toccare terra
così mutevoli ad ogni burrasca
ma reduci vittoriose da ogni battaglia
Oltre ogni tempo ed ogni spazio
non tuo, non mio
avrai un segno una ruga
un'incrinatura un'orma
rimembranza d’un universo quasi inesplorato
Un amore immenso
racchiuso in due parole.
*
Le parole inutili i giri in tondo
gl’innumerevoli volteggi d’una giostra
non hanno approdo.
Lasciatemi alla mia quiete
_il capo reclino d’un girasole
in un campo assolato_
Lasciatemi al mio tramonto infuocato,
sgombra di nubi e di voli impazziti.
*
Ci sono numeri che non contano
mentre non so i nomi di chi manca
all’appuntamento alla promessa al sogno
all’esistere dato per scontato.
La cornice resta identica e dentro
nuotano come in uno specchio
anatre girini anime perse.
Ci sono numeri che variano
indossati come vesti come veli
talvolta come maschere.
*
Sto tra quelli strappati alla terra
e quelli scappati via intimoriti
tra me e mia madre che soffre
pronta al commiato
tra me e chi loda ogni giorno passato.
Non penso non sogno non bramo
momenti di gioia se il tempo restante
è calvario per l'anima ed il cuore.
E vivo assuefatta a questo mio vivere inquieto
che il contrario mi porrebbe in allarme.
Esisto tra un'onda piccola ed una più grande.
*
Non voglio essere con quelli
che ricordano oggi le tue parole
ogni pensiero ogni turbamento dell’anima.
T’incontrerò domani…
Hai detto così tanto che non ho bisacce con me così capienti
sei stato canto e nenia, anche preghiera
quando nelle mie stanze, ad ogni passo
parlavo con le ombre ed ogni ombra diveniva Luce.
da : L’OMBRA DELLA LUCE
- Franco Battiato -
“Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai”
*
Senza questo giorno che si ripete
puntuale e caparbio,
non esisterei.
Non potrei guardare gli abissi
dalla sommità del colle
né navigare mari immensi
tra il ribollir delle onde.
*
Domani sarà uguale a ieri
ma le vigilie hanno le tasche ampie
e dentro cose che non ci avresti messo mai.
*
A volte sto come fosse niente la vita
come fosse niente la morte
come una cosa ignara del posto e dell’ora
come una farfalla che pensa d’essere un uccello.
A volte sto senza peso
come fossi una lingua sottile tra il mare e la terra
come fossi il sobbalzo del mare sotto un refolo di vento.
Più spesso sto senza melodia
come fossi una canna piena
solo delle voci degli altri.
*
Quando ti volti indietro e conti i pioli le ripide i sassi
ed annusi la polvere che ovunque s’annida
non puoi che reputarti fortunato.
La meta raggiunta è un altro premio. Sul podio è la Vita.
Ma quando annaspi in vicoli ciechi
e ti dimeni cercando un possibile varco
ed il giorno breve è un tempo interminabile di lotta
quando il silenzio pesa e le voci giungono come un graffio
e la notte giunge magra di ristoro, tutto muta
e l’eterno è solo un attimo con la smania del domani
la speranza un vento che lusinga
proprio quando vinto t’abbandoni all’oblio.
*
Se tu non fossi qui quando non ci sei
quante stanze piene di mobili e d’ogni suppellettile
risuonerebbero vuote come canne di bambù!
Eppure la melodia del vento lusinga anche le canne.
*
E’ un mese maggio di promesse
quelle ataviche e quelle nuove
in cui ci si arrende al caso
dopo le gioie ed i momenti funesti.
E se piove sorrido
se il vento gonfia le fauci sorrido.
E' il suo rumore che temo quando non reca
il clamore della vita intorno e la tua voce padre,
se levo gli occhi al cielo.
E se il sole m’acceca quando più è maturo sorrido.
Maggio è un mese in cui non si può piangere
ch'è un’amaca il tempo e l’avanzare ad ogni passo
la certezza d'un approdo ad un giardino.
Quello che più non esiste
ma è intatto nella memoria
_con la polvere tra l’erba
e le ginocchia sbucciate_
io intimorita, di corsa verso casa.
*
D’erbe selvatiche è intrisa l’aria
le rose sulle siepi come in un puzzle.
Reca gocciole il vento d’erba tenera,
del suo taglio recente.
A luglio avrei rimpianto il riparo
d’un guscio chiaro di conchiglia
a fior di sabbia in un raggio rovente
ma sono nata a maggio
_verde il nudo fianco della collina_
in un tardo pomeriggio di cielo terso.
L’aria d’improvviso zittita degli acuti trilli
piena solo di quattro sillabe uguali
forse la nenia a me cara d’un cuculo.
*
Forse non c’era un nido
era solo affezionato al ramo di quel melo
il sillabico canto cupo del mattino
col puntuale ritorno nel meriggio.
Forse lo sparo della notte in festa
ha intimorito il luogo
l’upupa ha smesso il canto
nell’aria ora satura d’un tubare di tortore
dove solo un gorgheggio risuona melodioso
ed un verso stridulo
fulmineo s’allontana
dove le rondini mordono il cielo.
*
E’ un giorno buio
di luce immensa
E non so quando giungerà l’alba.
*
(a mio padre)
E i numeri non dicono nulla
associazione ad eventi
alle cose di entrambi
ai progetti mutati alle idee sospese.
Il tempo così variabile è una costante
del nostro vivere inquieto
il mio così alla luce del sole
il tuo all’ombra di alti cipressi.
Ma lo splendore è dalla tua parte
nei tuoi occhi tra le sculture
sul marmo lambito dai venti
le frasi non scritte i fiori appassiti.
Oggi non ho scordato d’accendere un lume.
Ho preferito non farlo.
Al buio coi tuoi occhi io vedo meglio.
*
Possiamo parlarne da mattina a sera
di come il giorno era breve e i sogni incompiuti
di come la luce entrava dentro noi e poi spariva
delle attese lontane da certi strani progetti partoriti dal nulla
dell’amore quel richiamo sfuggente assente gran parte del tempo
delle luci spente sul palco noi dimentichi della scena.
Possiamo parlarne in eterno di come il fuoco e l’acqua
s’avvinghiavano alle cose deformandole
di come si restava sospesi foglie sul ramo in attesa del vento
senza conoscerne la direzione né se il viaggio prevedeva il ritorno
di come quel percepire lento uno scroscio un suono
un lamento un sibilo ci dava la quiete
col desiderio domato dell’infinito
guardando il cielo incollati su una zolla di terra.
*
Noi le donne che hanno pianto per tutti i figli uccisi dalle madri
le donne che hanno amato i nipoti senza mai avere avuto figli
che si sono tenute a distanza dalla gioia che a loro non spettava
rimaste sveglie di notte a domandarsi il perché di tante violenze e tragedie
Noi le donne che hanno amato senza alcun egoismo
le donne sole padrone del tempo e della loro vita
le donne libere sempre in soccorso degli altri
sempre pronte a partire e col pensiero fisso ad un altro cielo
Noi le donne senza esperienza che non hanno mai costruito nulla
che si possa toccare che avrebbero salvato i bambini abbandonati
piuttosto che i cani le donne che hanno portato la croce in silenzio
le donne additate ed invidiate, spesso incomprese.
Noi, le mamme mancate.
*
D’un qualsiasi corpo tirato su per i capelli
in salvo da un fondo limaccioso
ora avrei solo memoria
e dell’aspra lotta per contrapporre
al pericolo il desiderio di vita.
Tu invece sei...
eri senza più note nella gola
come nella coltre spessa della nebbia
come in un vicolo cieco
gli occhi imploranti
ignari della bocca e della fame d’aria.
Noi increduli di quell’ultimo legame con la terra
prima della pioggia fredda di maggio.
*
Ora la gioia non è che un lampo
di contro all’oscura immensità.
Un temporale estivo
un fuoco vacuo.
Bisogna andare indietro
per il sapore della felicità
al campo di grano mosso dal vento
al prato d’erba alto alle aiuole
e a quel pallone sparato in alto
in fuga sull’asfalto.
*
Il caso talvolta mi ha lasciata tra le maglie
il nodo di pochi istanti lì dove il pensiero
spesso rincorre il verde ed il rosso d’un giardino
Per il resto del tempo ho vissuto dimenticata
la terra nuova ha sepolto le mie orme tra le zolle
non mi dolgo dell’oblio anzi me ne compiaccio
Non semi né frutti e neppure foglie sui rami
sto al riparo dei curiosi progettando voli futuri
e le parole sono roride come freschi germogli
Hanno il suono del vento quando spinge gli aquiloni.
Una tale fortuna non è da disprezzare
è come oro dove abbonda il metallo vile.
*
Spazi così immensi
per un volo da farfalla
Tre cupe sillabe
_talvolta due o quattro_
sparpagliate nell’aria
al primo albore.
*
Anatre starnazzano festose
stanno come sospese nella guazza
dell’acqua chiara o torbida
a loro poco importa.
Forse riusciranno ad ubriacarsi
del liquido incolore che giammai
ha registrato torme
in tale stato di grazia.
*
S’era già in comunione morti e vivi
I chiodi sul legno chiaro la pioggia fine
sul peso d’ogni passo nel rintocco grave
d’una campana, impresso come a fuoco.
Nel velo di nebbia una penuria di case…
sonnolente
da non sembrare quasi il mio paese.
*
Pur tra mille scogli e sentieri impervi
troverò spiragli di parole buone
senza dover ricorrere agli scrigni
preziosi di tempi assai remoti.
Gli anni hanno seminato perle
anche sull’asfalto duro e fiori
sono nati in fossi all’apparenza senza vita
Dei volti noti alcuni in altri lidi
ora stampano sorrisi e qualche lacrima
in dubbio se di gioia o di tristezza
Rimpianti nostalgie che la memoria
tien ben divisi.
I giorni appaiono di speranze brevi
di fuochi piccoli e sogni che s’accendono
come papaveri dilatati tra le spighe.
E’ maggio un mese che non può tradire
nel tempo scorso ha dato vita e morte
e quel che accade è storia che si ripete.
Corsi e ricorsi a detta di qualcuno
di cui non serve ricordare il nome.
Le cose sono uguali qui ed altrove.
*
E poi c’è chi vien prima di chi più tardi arriva
l’aspettativa era diversa nell’ignoranza
e quando delle ipotesi v’era azzardo
dopo l’ansia ci si scrolla del peso e poi
il tempo si fa buono e generoso e a chi vien dopo
il caso riserva altra accoglienza.
O forse per una volta è la fortuna
a far sì che di due mali solo il minore
resti nella memoria, duraturo.
*
Lo sanno, la parola “amici” oggi è un abuso
in volti presi a prestito in simboli ed oggetti
in segni strani brevi passaggi astrali
sguardi persi in provvisorietà
un elenco come quello della spesa
o delle cose da sistemare nei cassetti
un indice delle priorità
solo nomi stampati sulla carta o sull’homepage
di un sito web nomi sulle labbra
che non sanno di alcuna verità.
*
Non il mio errare di passo in passo
per sentieri tortuosi e per clivi
ma quell’ombra che mi segue
e mi fa splendere scavando
nelle mie anse ed incrinature
è un patrimonio che non saprò a chi destinare
alla mia partenza.
Ho brama di spazi immensi eppure
spesso ho ceduto al riparo in vicoli senza sbocchi
Non le parole impresse sul foglio
ma il turbine dei pensieri che sfuggono
accalcandosi frettolosamente alla soglia
narra del mio vivere inquieto
e d’ogni tempesta più duratura.
*
*
Ed ogni giorno pensi è il giorno giusto
e cresce l’ansia insieme con la luce
da quel baratro la sera innanzi edificato
in preda al sonno e pure alla stanchezza.
Ogni giorno andato un giorno perso
un lume, la sua tremula fiammella
che lentamente sbianca e poi si spegne.
E quel che all’alba si veste di speranza
la sera tra amarezza e disincanto
il corpo annichilisce la mente annienta.
*
Un sole d’improvviso più forte
ha cancellato interminabili giorni di grigio e di venti
L’assiduo pensiero d’una primavera in ritardo
ora è come sepolto l’orecchio rapito da un grido
acuto nell ‘aria l’istante d’un volo perlustrativo
Domani saranno copiose nel cielo col nero garrito
s’annuncia così questo tiepido tempo di fine aprile
ma forse domani, oscure e a frotte le nubi
sostando sul mio cammino
ancora una volta muteranno la rotta ed il destino.
*
Dentro una spirale che mi deforma
un labirinto di specchi e cento volti
sto come un’estranea che scruta
la sillaba d’ogni gesto d’ogni verso
Fuori il vento a dare vita alle cose
e movimento.
Quelle parole semplici non dicono
di irrequietudine e tormento
di come vorrei dietro un cancello
respirare la vita e tra le maglie d’un filo spinato
non pensare al mio limite certo
e ad un esilio molto probabile.
*
Poi uno spiraglio, improvviso
seppur di fioca luce
sbianca il buio.
E’ un attimo soltanto
quella percezione del fondo
oltre cui non si può andare.
*
Ho lo sguardo di chi interroga l’aria
un suono una voce un passo
che giunge o s’allontana
Lo sguardo perso come nel vuoto
di chi non trova per ora
risposta al suo affanno.
*
Sta trascinando i giorni questa pioggia
e il cielo grigio l’attesa muta
ed il segno vago dell’incertezza.
Di brevi fioriture lo sciame al suolo.
E così d’aprile non rimarrà quasi memoria
tranne al mattino per quelle tre sillabe delle tortore
e a sera il bubolare d’un gufo.
Noi i panni addosso come d’inverno.
*
Spesso sono andata via da me stessa
un’ombra che scivola nella luce e si dilegua
dei miei bagagli ha raccontato il vento
spargendo a riva un fermaglio
a terra tra le foglie
un fazzoletto intriso di profumo
sulla tua porta uno scarabocchio.
Non era per fuggire da te ma da me stessa
per ritrovarti intatto
sapevo eri lontano ma non dove.
Ho mirato in alto
per non cadere nella trappola delle illusioni
traslocando di notte
verso un cielo copioso di stelle.
*
In ritardo arriva
con l’aria grigia
zitta
ed il rumore è quello udito prima
quando fuori della finestra
l’asfalto era asciutto
la terra arsa
non l’impronta d’una goccia.
*
Eccoli sul fondo
poco più che relitti.
Utili a dirci delle nostre ragioni
e a spiegare l’altrui fallimento.
*
Ero gioia all’aurora prima del giorno rumoroso come l’afa
ed il frinire delle cicale ad agosto
e la sera, ebbra d’un sapere nuovo
curiosa del silenzio e delle sue promesse
Ora non è il mondo fuori distante ed il panorama acerbo
o la vanità delle illusioni ora è l’indifferenza l’opacità del velo
sono le cose morte sotto ed io vinta.
Sentire che la lotta è fuori moda
che il cuore batte per l’affanno
ed io bramo riparo in lidi inesistenti
Amore come spiegarti questo giro
l’errare tra gli specchi il viso spento
le occhiaie il tarlo che vince il suono
quando aprile canta _quietato il vento_ le stagioni uguali
Non è il morbo di cui si parla e le polemiche e la politica
è il non arrendersi ad un tempo fermo immaginare un bacio
il tepore d’un nido raccogliere parole dall’orlo delle labbra
mentre solo il pensiero sfida ogni distanza
eppure talvolta si distrae in un vortice un nodo
un grido di meraviglia e sfocia nelle sue visioni
Se volo è per quest’anima che trova il modo
di non stare su una lama. Danza al chiaro d’una luce
_un dono_ in una notte che pensavo oscura.
Del tempo ora non ho più premura.
*
Vorrò tornare un istante sulla terra
e cercare le mie impronte in quel sentiero
che ho percorso tante volte per raggiungerti
quando pensavo tu fossi lontano.
Ritrovarle quasi intatte accanto
a quelle orme appena un po’ più grandi
passate inosservate quando in vita
non portavo che la conta dei miei passi.
*
Le parole sul bianco come semi.
Ne basterà un mucchio
per l’inverosimile ed il fattibile.
Sul sommo guarderemo a valle,
paghi d’una meta provvisoria.
*
Di questi pensieri non rimarrà nulla.
Di una gestazione dolorosa
parole storpiate costrette al confino.
Domani, all’epilogo o nell’ inverso cammino
s’imbatteranno in qualcuno
in preda ad un somigliante tormento
o forse passeranno in un lampo
come attraverso un soffio di vento.
*
Attendiamo ancora un mutamento
Ma già è accaduto ed il tempo ora
è di assestamento e di rimembranze.
Ed il passato scorre tra nostalgie e rimpianti.
*
Non scriverò del tempo
e neppure delle mie stagioni
Sono state spesso di gelo
anche ad aprile
Ed il tempo, il suo scorrere… non conta
quando si vive di luce in differita.
*
La porta socchiusa nonostante l’insistenza d’un raggio impertinente
Ho cercato un riparo nel moto ondoso del silenzio
da quel gracchiare di voci tutte in coro _così stridente_
Una culla come quando in sogno
mi ritrovo ad abbracciare il tuo pensiero
per zittire la voce delle ombre, quelle più nere.
Ma qui è diverso, è solo un divagare…
Ho cercato d’immaginare un suono
per meditare sul portare a compimento
un mio lavoro e senza alcun errore.
*
Giunge fin dentro questo guscio
il respiro affannoso del mondo
E sfuma in inganno l’antica convinzione
d’un riparo sicuro dai venti di bufera.
*
Un intimo travaglio.
E il peso varia
e la misura sfora l’estremo limite
oltre i timori e le ipotesi
e cova fermenta gorgoglia
talvolta dilaga in ossesso
si tinge di nero e genera
rosse visioni. Tragedie?
Scompenso di gesti e pensieri
in un vivere col fiato sospeso sul filo.
L’orizzonte, un precipizio.
*
Del clamore mancato alle strade non resta
che l’eco nel respiro del vento
come se il tempo nel suo consueto fluire
volesse fuggire da una morte apparente.
Un risveglio obbligato conduce i miei passi per strada.
C’è un silenzio così impenetrabile
che ad invocarlo commetterei un peccato.
Solo io ed il becco d’un corvo... che fruga un gradino
oltre la polvere d’un marciapiede.
E il mio sguardo _distratto_ si posa
sopra un ramo svestito.
*
Abbiamo tentato cento vie
prima dell’approdo
in una saggia solitudine
Ci rallegriamo dell'universo in noi
mentre fuori gareggiano ancora
per uccidere i più bei sogni.
*
Quest’acqua cheta ora minaccia un vero temporale
grigia è l’aria ed il suolo nel boato che s’ode di lontano
Benedici mio Dio ogni miseria umana
il silenzio intorno ed il timore e la perduta allegria
un volo bianca memoria d’un passato sepolto.
Benedici anche noi, stretti nella morsa d’una tenue speranza
sradicata dal sogno di quando eravamo ignari
della nostra assenza e vivi altrove.
Rami in perenne fioritura e nidi sazi
di una diversa fame.
*
Poi è venuto il tempo di dare le spalle alle chiassose acque
abbandonare sentieri umidi di ghiaia e sassi
il rivo nei suoi brevi suoni gutturali
per una riva opposta incontaminata
dove il silenzio_ soave_ è zefiro sull’anima
e la vita ancora una speranza.
*
Da un gorgheggio o un trillo vorrei indovinar il tuo canto
La gioia narra sempre di un dolore sommerso o vinto
un attimo impresso a fuoco.
Poi il vento mi porta dove vuole.
Anche le mie parole. Ma sono innocue
dopo aver guardato nei tuoi occhi.
La primavera comincia da un nido che si rinnova
e dal vestito rosa degli alberi.
Poi un’altalena di silenzi e canti trastulla le ore.
Luci ed ombre al tramonto sui nostri passi
ed un monotono gufare al primo accenno d’afa.
*
La promessa di un sentire profondo
come dentro le viscere della terra
o gli oscuri abissi del mare
Onde su onde nebbiose
pieghe che celano e svelano
un ritmo un suono o un semplice gong
Sfiorare parole come sulla tavolozza i colori
cancellare e riscrivere il tempo ed il suo inganno
in una lingua che non giunga sui timpani
come un colpo di frusta
E ricucire l’anima come fosse un vestito.
Sotto i lembi laceri antiche memorie
nel non senso d’una vita fugace
che domanda un cambio di rotta.
*
Eppure il pensiero da nuovo impulso al giorno
e sperimenta nuove vie per la speranza
nonostante l’apatia del vivere e l’inquietudine
che si propaga negli animi come un cancro.
Non si ride ma ci si distrae da un pianto invisibile.
Come chiamereste la tristezza quando esonda
e l’infelicità al suo apogeo o l’umor nero
all’apparenza immotivato?
Si persevera nella sequenza dei gesti
per un germoglio nuovo
quando le nubi sgombreranno il cielo.
*
Avrà letto tra le pieghe, sul viso
e negli occhi mesti di chi vive giorni
tra attese e timori ami ed esche
rimuginando fughe da amare sorprese?
Avrà visto il riavvolgersi della pellicola
fino ai paesaggi fioriti dell’infanzia
o all’esplosione dei papaveri in età più matura
tra ventagli di spighe?
Avrà letto l’andirivieni di gesti
le idee impresse a fuoco
abbandonate sul ciglio in un attimo?
Avrà visto il confine spezzarsi
tra malinconia e prostrazione
in quel lento oscillare di luci e di ombre?
*
All’alba un pigolio sommesso
d’uccellini nel nido tra le foglie sui rami
preludio d’un tiepido mattino
il respiro del cielo, appena un filo
il pensiero lungi da ogni affanno
quasi giulivo per un dì di primavera
e quell’ala bianca foriera di pace
e un verde ramoscello stretto nel becco.
*
Tornano le notti fedeli a quel passaggio nel fuoco
le mani trafitte dai chiodi. Non osa carezze il pensiero
una corsa degli anni improvvisa sul viso colora gli sbalzi d’umore
e l’ansia dei passi rotola senza più una meta.
Un lago ora raccoglie tutte le acque le fresche e le impure
torna un oblio che preserva da nuove ferite
la luce smorzata il silenzio riparo la brama del vuoto
che ferma il fluire del tempo il sogno agognato il mistero.
*
L’amore… così imperfetto
ti dà gli occhi l’anima il segno
d’una metamorfosi che non esiste
Ti dà burrasche e mari ondosi
ti toglie il fiato e ti toglie il peso
d’una carezza quando sul fondo
per tutte le malefatte ti maledici
e per i progetti falliti
e le promesse recise
L’amore è così contraddittorio
predica la libertà mentre incatena.
*
Il pensiero un lampo
un attimo che muta.
Noi talvolta distratti
al riparo nell’angolo più buio
tra le nebbie delle parole
perdiamo il suo bagliore.
*
Sono uscita per la porta principale
dinanzi a me un gran deserto
ma nell’aria c’era un gran vociare
di molteplici voci sovrapposte
le “ruvarelle” erano gremite
una folla dentro un drappo scuro.
*
E’ deciso al nascere il numero dei petali
come i raggi del sole alle prime luci
ed ogni petalo è un attimo lungo un giorno
oppure una stagione
insieme sono una vita intera.
Tanta innocenza nella sua corolla.
Invulnerabile. Gli eventi fanno la storia
corsi e ricorsi nel nostro quotidiano
La sua purezza intatta
una colomba che le mani liberano nell’aria.
Tornerà come per Noè_ ma il tempo
è lungo_ con la novella buona
che il diluvio per tutti è terminato.
In omaggio ad Alda Merini
*
Hai creduto in un tempo remoto
alla storia che ti hanno raccontato.
Dubbi timori risolti
Tanti col tuo nome
sopportano la Croce
tanti legati alla promessa
di una nuova vita.
Gli uomini si odiano. Talvolta si uccidono
ma oggi i figli onorano i padri
ed i padri sono fieri dei figli.
Di default la luce rischiara la mia stanza.
*
Sbigottito un passero s’arresta
stridono le ali mentre atterra
nel becco le note d’una melodia
rapite da una raffica di vento.
Il freddo incalza e dice che l’inverno
ruberà i giorni _proprio sul finire_
all’imminente primavera.
*
All'inizio pensi sia la luce
a dare nuova vita alla speranza
I pensieri si ricompongono compatti
pezzi unici di un immenso mosaico
Ma accade anche di notte che sia giorno
in quei brevi viaggi in cui tu appari
_che la mente compie ignara_
e di vite future mi novelli
e del dolce naufragare
nel mare calmo del silenzio.
*
(preghiera dell’anima innamorata)
Perché a sera io mi senta paga di questo calice
senza domandarmi
se un diverso elisir ridurrebbe l’amaro
Perchè io possa ambire alla beatitudine della vetta
tuffata nell’azzurro
e perché non scacci mai dalla mente
questo pensiero dominante di vederti
nonostante tu valichi altre vie navighi altri mari.
*
Talvolta cambia la sequenza
di gesti necessari
mentre altre vie escogita il pensiero
E’ ovunque
acrobata che studia alternative
per non rassegnarsi alla routine
Abbandonarsi al sogno
oltre l'istinto di sopravvivenza,
un'incompiuta abilitá per chi s'arrende.
*
E’ un augurio che stona la speranza
ora che contiamo i morti
ed ammettiamo il nostro fallimento
è un mistero la morte più della vita
che almeno per definizione è dono
senza considerar gli ostacoli ed i timori.
*
È solido riparo un apparente ostacolo
il coraggio d’un nuovo orizzonte oltre il muro
innalzarsi in volo o seguir la via d’arrampicata
binomio d’eccelsa follia ed immaginazione audace
Il pensiero scevro da ogni impurità
in un cielo d’ovatta dove fa capolino l’azzurro
celebra il silenzio e narra di una solitudine antica
oracolo ambizione dell’Anima protesa all’inafferrabile.
*
Quante domande arrese al silenzio
sono finite in un burrone!
Le pietre prima o poi temprano il passo
Ora le ombre sorreggono il buio
e la bocca in rare occasioni distilla parole.
Vesti gli occhi di meraviglia dunque!
Ora che le orecchie sanno tutto il peso
dell’esilio dal suono.
*
Non amo queste pannocchie di morbidi capolini
così intensamente profumate.
Assomigliano a certe donne bellocce
_non più in età fiorente_
seguite da una scia, al passaggio
troppo persistente…
*
Dove sono i poeti quelli coraggiosi
quelli in ascolto del pensiero
che quando parlano fanno fiorire i rovi
e quando sognano corrono con i gabbiani
dove sono i poeti quelli veri
quelli che sanno risalire gli abissi
che scavano tra le macerie del cuore
e le pietre sanno mutare in perle
dove sono i poeti quelli che scrivono
senza penna e senza inchiostro
in piedi al mattino o chiusi in un gomitolo
di ore tra l’ansia e mille pene
quelli che si svegliano di notte
e stringono un patto con le ombre
quelli che non si siedono a tavolino
costringendosi a vedere cose che non vedono
dove sono i poeti quelli per i quali ogni verso
scritto è un premio ed ogni premio
un battito del cuore in questa vita
di angustie e solitudine.
*
Osservo
come tutto hanno ammantato di sabbia
cosí da rendere inutile il paraocchi
come il vento ha cancellato quel manto
destinato comunque a sparire
come sono rimaste intatte le cose
tolta la crosta sottile
come gli uomini nulla hanno appreso
dai loro molteplici errori.
*
Il tempo non torna pur _se il lume dei ricordi acceso_
dall’oggi ti allontani. I vecchi sentieri seppelliti
tra erba e ghiaia sono come binari abbandonati
non vanno in nessun luogo non hanno dinanzi panorami
ed il tempo d’oggi è una moneta svalutata
un gomitolo di filo aggrovigliato
un mercenario al servizio del potere del più forte
Noi tra il desiderio del non essere mai nati
e quello di chiudere gli occhi sull’immagine più cara
fiaccati siamo all’alba dall’ansia del risveglio.
*
Di fare i conti con burrasca e neve
ed il cielo lesto a mutare in volto
o i viali a strati avvicendati
_ora di brina ora di petali immacolati_
( come nei prati le colture per migliorar la resa)
di fare i conti con marzo io ero pronta quasi in attesa
di sopportare dell’umor gli sbalzi e la sua rabbia.
Ma ora tutto muore uguale a quando
marzo non era entrato ancora ed altro
è l’affanno altro il peso che sul cuore grava.
*
Se dite la verità fatelo
come non siano le vostre labbra a professarla
ma sia un passaggio da altre bocche
ricordate sarà un vostro traguardo
un vostro premio
un vostro sospiro di sollievo
ma incontrerete ad ogni passo indifferenza
quasi ribrezzo un’omertà silenziosa
coglierete l'assenza improvvisa di chi c’era
più parlerete con schiettezza più vi scontrerete
con l'astinenza dalle parole che gli altri osservano
con la latitanza dei cosiddetti amici.
Al riparo sempre da tutto ed anche da se stessi.
*
Il tuo sorriso bianco m’appare
ed il rosa delle labbra
quando il silenzio dei miei giorni vesti
con le parole t’amo.
Le azalee sempreverdi
cosi delicate così vivaci
dicono che è di nuovo Primavera,
qui dove le ombre scolorano
ed il tuo pensiero germoglia.
Perseveranza è l’altro nome
che ti battezza.
E tu conosci il tempo
del tuo vivere prima,
come al riparo.
*
Le parole sono corolle che si chiudono.
Un pugno di stelle mi costringe
_ il naso in aria_
ad una lunga notte silenziosa.
*
L’agnello intorpida l’acqua del ruscello
è acerba l’uva a cui la volpe non arriva…
Ma quante vigne demolite da uno sguardo
quanti lupi a sgozzar gli agnelli per un nulla!
*
Più non distinguo le priorità
prospettive diverse
orizzonti vaghi
Sono dove di me non giunge voce
L’inerzia e l’iperattività, punti di vista
mentre io m’agito tra opposti venti.
*
I poveri di spirito imperterriti
proseguono per il loro cammino
e son convinti che perseverare
possa alla fine dare buoni frutti
Cambiamenti?
Illusioni!
Sorrido non potendo fare altro
Ma voi amici miei più savi
potenti d’intelletto, arguti
non certo scellerati, voi che fate?
Sapete leggere? Leggete!
Sapete interpretare? Bene fatelo!
Non vedete... i numeri sono gli stessi
il contatore fermo ed il giro
come impazzito di quattro commedianti
Or dunque voi vi dite fieri,
voi che pur vi distinguete
in quella melma putrida e stagnante?
La vetrina? Amici miei…
anche i vestiti riciclati fan bella mostra
sotto il vetro, come nuovi!
Ma poi, indossateli! E mi saprete dire…
*
E poi attendo come un bambino attende
che il palloncino voli alto nel cielo e non scompaia
attendo come tu fossi una stella ed io sapessi il nodo
nel punto preciso che ti sostiene al drappo
e poi attendo come mi scordassi di attenderti
quando l’aria s’illumina e non è giorno e forse è notte
e più non mi domando la ragione di tanta luce
che si rovescia come dall’orlo d’una brocca.
*
Se volessi potrei barricarmi dentro quel mondo
che ho creduto _fuori_ da qualche parte esistesse
e fingere sia niente la sofferenza niente la vita o l’illusione
zittire quei rantoli nel buio
placare l’impeto d’una ribellione ancestrale
se volessi potrei eleggere ad eremo
questo luogo divenuto d’angoscia e di pena
ed assurgere a verità inconfutabili
senza le contraddizioni dell’uomo
né le incrinature e gli squilibri del tempo
Ma se potessi costruirei una piccola arca
neppure dovrei contar sulle dita gli eletti
e salverei quel mondo creduto esistente
ed il pensiero di chi so che comprende
questa mia migrazione.
*
Un’area dentro un cerchio, rossa
un filo tutt’intorno…
è scritto come legge sulla tavola
invece ci si districa tra i calici
ed insolenti i passi ancor risuonano
di quelli che professano un’altra religione
Una linea appena percettibile
nascosta da formiche in doppia fila
la strada da dietro la cornice
là dove _assente l’uomo_ rimarrebbe
il serpeggiare grigio dell’asfalto
sgombro d’ogni corpo ora superfluo.
*
Pensieri come ritagli
pieghe anse ed angoli
colori vivaci spiragli
poi le parole cadono nell’acqua
come bianchi sassolini
e non resta che quel moto concentrico
l’immagine che si perpetua nella notte.
Annego sul fondo, è vero.
Ma risalgo.
*
Potrei cancellare tutte le immagini
che si affollano dentro di me
ed immergermi in questo quadro che ho dinanzi
e domandarmi il senso di tutto questo fluire
di luci poco familiari
la mia stanza ha un lume i miei occhi una voce
in una sfumatura che varia quando mi perdo
tra le nicchie segrete dell’anima.
*
Ora tutto è acquietato
il freddo
la coltre che pesa del silenzio
e il dolore
Come il lago che cessata la brezza
pare fermo come ghiacciato
Non ali malconce
incertezze nel passo
che ora pare come sospeso da terra
La notte quando reca ristoro
è un baleno che fulmina il cielo
un incanto che sfiorisce
in un sogno fugace
Muovo ora i miei soliti passi
imbrigliata alle cose d’un giorno normale
_un gomitolo complicato nel suo dipanarsi_
Vorrei un tempo infinito
per cambiare il senso alle cose
e dipingere l’ozio come un vizio leggero
e sentirmi appagata di aria e pensiero
Chissà…
forse tra un’ora o sul finire del giorno
muterò anch’io atmosfera
appena una nube vestita di scuro
piomberà nel mio cielo.
*
Relegato nella steppa
uccello-cammello
Inutile vanto la tua stazza
e l’ampiezza delle ali
floscio il piumaggio
Del volo più che brama
solo miraggio
Natura volle preservarti
dall’affondo nella sabbia
in sole due dita
Non hai compreso
la tua fortuna immane.
*
La mente imperterrita ancor s’adopra
in mille esperimenti
mentre il corpo spesso in avaria
dà segni di resa
talvolta inascoltati
finchè una botta più forte
non si rivela provvidenziale.
*
Ora voli silenziosi a marcare i confini
A marzo la danza del cielo
tra aeree evoluzioni
e scambi in volo di preda.
Propedeutici alla vita
gl’innumerevoli giri della morte.
*
Se tu non fossi vero saresti un sogno
un sogno con le braccia che mi sostengono
quando sento il suolo poco fermo
un sogno con i piedi che mi camminano a fianco
un sogno che lì dove si posa illumina di luce viva
e dà voce anche alle ombre, a quelle densamente cupe
d’un tratto così mansuete
quando con gli occhi dentro agli occhi
mi risollevi le membra stanche l'anima affranta.
*
Sopravvivo ad ogni intemperia
perenne il mio equilibrio
il viverti distante il sognarti
Traggo nutrimento da te ovunque
ma lontano dal deserto e dai ghiacciai
in questa mia torsione
sei in ogni mio pensiero.
T’ho dato il fiore ad ogni stagione.
*
Questo sole sul capo è incoerente
col filo di luce tenue del mattino
dietro le nebbie una promessa
troppo vaga ed indistinta
Sto come la lucertola sul muro
tra il rumore dei pensieri e fuori
il vortice del vuoto senza suoni
Riascolto come in differita
il pianto delle tortore_stamane_
sotto un gracchiare impetuoso di cornacchie
come di grida di ragazzi che esondano
d’improvviso, senza preavviso
nel mezzo della piazza.
*
Non v’è dubbio di questo cancro
Le perle in gran parte migrate per vie salvifiche
hanno serbato la primaria lucentezza.
Le rimanenti, poche,
mendicano una gloria inutile
nella melma
dove tutto ristagna,
impuro.
*
Ora amo il nero il bianco
così netti così decisi
Altri colori troppo audaci
o vivi o dinamici
mi tradiscono
mi confondono
mi spauriscono.
Oltre il nero c’è la luce
oltre il bianco la leggerezza
lì sono i miei traguardi
lì i miei pensieri
dove volano alto
l’aquila ed i gabbiani.
*
All’improvviso il corpo cede
la mente, incapace d’ogni pensiero…
Una linea mi separa dal mondo
invalicabile
Non sono
in questo mio stato provvisorio
eppure esisto
gran parte del tempo
vedo ascolto parlo sento
Nulla m’è impedito
e dentro me il sangue scorre
senza incontrare impedimento.
*
Tu che la mia immagine portavi stretta al petto
e t’incamminavi per gli impervi sentieri dei miei occhi
quando erano foschi per nubi inaspettate
e squarciavi il velo riportando la luce
tu che spiegavi vele sulle onde
con la forza del pensiero
e avevi progetti immensi nella mente
e sognavi l’inafferrabile
tu che avevi sempre una speranza
ad ogni tramonto ad ogni luna nuova
tu che come un’ombra mi proteggevi
e come un faro rischiaravi la mia via
tu che non t’arrendevi mai ad ogni mio vacillare
ad ogni angoscia ad ogni affanno
e mi portavi in braccio quando i miei piedi
cedevano stanchi e mi narravi di te della tua vita
tu che sei ovunque e sei per me l’Immenso
dove sei? Mi sveglio sbigottita nella notte
mentre sogno la tua voce udita raramente spesso immaginata
la tua voce lenta e piena la tua voce calda.
*
Avvezzi ad ascoltar le altrui doglianze
si vince il giorno sopportando stenti
e a sera non si confida nel miracolo
ma in una forza nuova che sul viso
sveli dell’anima il vigore
ed in un agile pensiero risollevi
con un fremito il corpo ignavo.
Ma quando l’equilibrio prende a vacillare
al culmine d’una goccia sopra l’orlo
ed il cedimento affiora e si palesa
in segni più frequenti e più marcati
tra la folla d’anime cospicua
_soccorsa con moniti e con sproni_
non c’è nessuno pronto ad elargire
quel bene che a iosa ha ricevuto.
*
L’eco mi giunge della tua primavera
stagione lunga e nel contempo breve