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Raccolta di poesie di Rosetta Sacchi
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*
Le nostre battaglie per una comune causa
le ricordo tutte
le insidie dietro l’angolo
le presenze artefatte ombre d’altra natura.
E le rivincite semplici senza la fretta del tempo
che giungevano dopo la fitta trama
dopo il ricamo strappato
e gli ignobili caduti dentro l’immaginario cratere.
Le nostre conquiste vincendo gli ostacoli e superando valichi
il confortarci a vicenda disegnando nell’aria una carezza
le decisioni drastiche e a malincuore
il coraggio di volare più in alto della vita possibile.
L’occhio alla clessidra di giorno e il ritmo accelerato della notte
quando tutte le cose fuggivano, non i sorrisi
nonostante il soffrire dell’anima per un sogno che si faceva lontano
le promesse precipitate in un burrone. Ricordo tutto.
L'ostinazione di vivere malgrado i piedi piagati
Ricordo la nostra forza oltre un effimero domani
e il filo del pensiero sempre teso.
Le nostre cadute erano lievi. Ci rialzavamo fieri d’essere simili.
*
Bisognerebbe lasciare i pensieri
appesi al chiodo chiudere in una stanza
l'angoscia l'inquietudine il tormento
d'una realtà poco incoraggiante
Con piè leggero calpestare il suolo
senza che senta il turbamento
ed affrontare il giorno come viene
con fresca ingenuità e con fermezza
Sono propositi buoni che ritornano
e dopo pochi istanti vanno a cadere
là dove giacciono le foglie
e dove sono tutte le cose morte
Un uccelletto stuzzica un po' i rami
infreddolito, quasi saltellando
Pensi ad uno scatto. Così l'osservi...
un frullo d'ali ed è fuggito via.
*
Conto le spine della mia corona
e mi distraggo
Giusto il tempo d’una vertigine
Un breve istante che diviene eterno
E sarà luce oltre un nebuloso buio.
*
All'alba c'eri di sicuro
quando l'aria s'empì di un vagito
E ci sarai al tramonto
assicurandoti
che io non sbagli la meta
Ma dimmi dov'eri quando
la vita celebrò il suo inganno?
E dove sei ogni volta
che la solitudine
vittoriosa uccide?
*
Scendere gradini accompagnando
con flebile canto
un cieco fruscio di passi
E immaginare sabbia foglie sassi
dove la terra molle inghiotte il piede
E non pensare neppure di cambiare rotta
Alla fine c’è sempre un binario morto
o un vicolo chiuso a te di fronte
dove non vedi più morire il sole.
*
Talvolta una piccola speranza
s’affianca ai miei passi sulla via
è il solito percorso dove il piede
celere s’affretta fino al luogo
in cui tutto s’arresta l’energia
la voglia l’entusiasmo ed il coraggio
di vivere la vita come si deve.
Un raggio dentro gli occhi
li trafigge, ma è quasi ameno
diverso dalla lama che nel cuore
scava con lena e senza grazia
e quando in quei meandri vige tregua,
la mente, se i pensieri non setaccia,
diventa calderone di memorie parole screzi dubbi
e le domande molteplici emergono ponendo
ogni minimo tratto in discussione
di quel momento che solo per un po’
s’accosta al vivere più umanamente degno.
*
L’esser usciti indenni dai giorni della merla non consola
senza scosse né tempeste senza l’aria gelida sul naso
si son parlati tra loro scambiando i ruoli come due monelli i mesi
in fondo un ritardo breve non è grave, solo una burla.
Approfittano del ritmo, quando allenta, le chiome
per respirare prima di riprendere a vibrare nell’aria come corde.
Fluttuano come onde. Risale una donna la collina
le braccia tese s’alternano col peso ed ansima per la fatica
quando una raffica di vento la frusta in viso.
Casa, che luogo ameno! Che quiete or che la strada è ostile!
Non una parola ma l’accader d’una magia,
sfera d’ognuno per una volta almeno immaginaria, quando
dietro la finestra guardando il cielo qualcuno pensa
che dietro le nubi c’è sempre il sole, anche se piove.
*
Ora che non torno a raggio
sulla giravolta dei pensieri
l’angusto spazio d’un vicolo
ha il guizzo verde d’un gatto
Il resto è pece fuori
e dentro
screziato di fuligine
Nenie si perdono in petto
nel respiro_ rantolo_
che spera nell’eco
per (ri)sentirsi vivo.
*
I piedi hanno memoria
dei passi
del punto dove
goccia su goccia
s’innestarono vite
e dove la terra
è ventre di promesse eterne.
*
Sepolta nel sepolcro del silenzio,
la porta un grande masso.
Sento i passi dell'indifferenza
e la voce anonima del disprezzo
sotto il peso di una notte eterna.
*
E sono qui
il giorno ancora acerbo
lievita il mio pane in fretta
già si avverte il peso
di una nebbia dentro
tra i ricordi e le cose inutili
Fuori lungo le vie
più cani che persone
ognuno un itinerario
pochi una meta
Ascolto il silenzio
io l’unico rumore
io e le mie dita mosse
da autonomi pensieri
Carezze sui tasti
vestono l’amarezza
E’ un giorno vecchio
di un nuovo anno
ma la solitudine sfoggia
un vestito più raffinato
è stagione di magra
di partenze
di oblii e nostalgie
e ci si rassegna allo scorrere
imperturbabile del tempo
ora che c’è penuria di tutto
anche di lacrime.
*
Parole nell'aere di una magica sera,
quando il fragore di un tuono
andò dileguandosi
dentro l'arcobaleno…
*
Il tuo nome è un gemito sulle labbra arse
quando il rigore regna nella stanza
mentre il pensiero cede
esausto di tenere il passo da mane a sera
le palpebre giocano con le ombre
e intorno tutto è statico
la notte splende fuori mentre m’arrotolo nel buio.
Ho ali leggere di farfalla e il desiderio dell’inverso.
*
Al vaglio erano tutti i miei pensieri
fin dove correvano in un cielo sgombro
ed anche negli intoppi nei piccoli nodi
che impedivano agli occhi la nitidezza
Con un bisturi davi un nome
ad ogni sbandamento ad ogni titubanza
ogni fragilità. Sono meno di un punto
in tanta immensità che mi circonda.
*
Abbiamo una casa e dentro tutto
il caldo ed il freddo che accendiamo
come ci aggrada al mutar delle stagioni
un letto comodo una nicchia
per i sogni quando noi sereni
abbiamo chiuso il giorno
o dove scomponiamo ogni pensiero
gli attimi le ipotesi le immagini
e spesso anche le visioni.
E stiamo bene come piselli in un baccello
se l’amore il giorno ci ha sorriso
Abbiamo poche cose accantonate
in angoli nascosti dalla polvere
quelle vere per le quali
pensiamo ci sia tempo
un tempo che corre eppure non esiste
e mille cose inutili in bella mostra
che non tocchiamo quasi mai.
Ed ecco una falla sopra il tetto
è un allarme che sotterriamo troppo in fretta
una incrinatura nelle scale
una fessura alle pareti
diciamo non è nulla con noi stessi
per noncuranza e spesso per pigrizia.
E poi all’improvviso dentro piove
e gemono spifferi di vento
la muffa imbratta le finestre
la ragnatela gli spigoli ricama.
Ma non guardiamo nulla solo il vuoto
benchè la casa sia fin troppo piena
In egual modo sfociamo in fiumi di parole
e più non ripetiamo “ti voglio bene”
a chi nel nostro cuore ha già dimora
credendo sia superfluo pronunciare
le uniche parole che del pensiero
sono la traduzione più fedele.
*
E quando il freddo vien di sera
nelle ossa è un vento gelido che sferza
che torna a visitare il mio corpo spoglio
come albero sul ciglio d’una via
Vorrei la stanza non avesse ingombri
e non avesse porte né finestre
richiamo d’aria, del lieve suo vibrar
Vorrei tutto lo spazio fosse un letto
e tra mille coltri avvolta, scomparire
bozzolo nel suo stadio primordiale.
*
Una moltitudine di esseri un dì fu creata.
Animati ed inanimati
tendenti tutti alla perfezione
vegetazione cose fauna e persone
ciascuno con una voce una nota un suono
E poi io
i miei nei
l’errore
in ogni forma del mio divenire.
*
Dell’amore
degli ampi sorrisi
e degli sguardi interminabili non resta nulla?
Lì dove correvano praterie ed il mare non aveva onde anomale
Dell’amore
dei lunghi silenzi e delle bocche generose
di baci e di carezze nessuna rimembranza?
Lì dove i sogni correvano veloci e la luce era sempre foriera di speranza
Dell’amore
degli istanti di follia
e dei progetti minuziosi nessuna traccia?
Lì dove il silenzio era così sacro e custode dei nostri intimi segreti.
*
Solitudine...
E poi c’è il tuo viso
che ho amato da subito
senza mostrarlo ad altri
e la tua voce così profonda
così piena così calda
che ho ascoltato io soltanto
le tue mani così forti
che ho immaginato così morbide ad ogni carezza
e poi c’è il sentiero parallelo
che ho attraversato io da sola
senza mai sentirmi sola
e il tuo pensiero
che ha preso a prestito aquiloni
aerei gabbiani per raggiungermi
ed ogni linea ogni ansa ogni incrocio
ogni plica del tuo corpo
e poi c’è il tuo silenzio così vario ad ogni stagione
e il tuo racconto pieno di enfasi e di speranze
ed il sogno travolgente come l’onda
e la tua anima così vicina a me
nella gioia e nel dolore
nella luce e nell’oscurità
e poi c’è il tuo viso
ed i tuoi occhi
i tuoi gesti
e le tue mani
che continuo ad amare come il primo istante
nonostante tu ora ignori il mio essere tra preghiera e canto.
*
Nient'altro guardo. Miro il vuoto come quando
gli occhi fissi sopra un uscio attendono spiragli
passi ombre e la mente per ingannare il tempo
disegna sguardi e sillabe e sussurri.
Un ordito che presto allo sguardo si dipana
mentre le pupille si velano di pianto.
*
Tra venti di burrasca,
spietati,
non odi della mia voce il suono
Parole più non ascolti
né ti raggiunge sull’ali dorate
il mio pensiero.
*
Rannicchiata nel mio misero giaciglio
spenti i pensieri tra gli stracci
giaccio sul fianco
dove il cuore giunge all’orecchio
col battito che tuona.
*
Tu ora arrivi quando non ci sono
oppure ho appena varcato la stessa soglia
dove ora giri lo sguardo o chiudi gli occhi
o ti posi ad un angolo nascosto
tu passi e non ti fermi
io sento il fremito delle libellule dei calabroni
dei passeri delle farfalle e delle foglie
sopra i rami
e non faccio più alcuna distinzione
tu scrivi di cose vecchie e cose nuove
lasci impronte sigilli emblemi
se pensi non so cosa tu pensi
ma mi scacci con la mano dal tuo viso
al pari d’un insetto molesto e fastidioso
tu cammini nei vicoli di ieri
e cancelli gli itinerari più recenti
hai le tue certezze e convinzioni
e non conosci dubbi e contraddizioni
tu hai il pensiero quello superiore
che fa le regole e non ammette deroghe
io ho l’abbondanza di debolezze e limiti
d’un essere facile all’errore.
*
Un solo pensiero
un gancio saldo
ora corroso
allentato
rimosso.
E il vuoto che s’empie
di tutto ciò che non ha senso.
*
Ogni mio pensiero è inadeguato
destinato al vuoto
inefficace
ogni mio pensiero, vano
l’aborto d’una mente stanca
ormai alla resa.
*
Ho perso i miei amici
ed anche quelli che non mi erano amici
ho perso il mio modo di vivere
ed anche quello che non era il mio modo di vivere
ho perso i miei sogni
ed anche quelli che avrei voluto fossero i miei sogni
ho perso le mie conquiste le mie mete
i mei viaggi i miei sentieri
ho perso le lune e i tramonti
le mie speranze la mia forza e la mia fragilità
ho perso i prati ed i fiori le spighe e i papaveri
ho perso i filari e l’ombra ai piedi d’un olivo secolare
ho perso il mio oltrepassare ogni muro
sospinta su un’altalena ad occhi socchiusi
quando il cielo era solo una carta imbrattata di luce.
*
E poi verrà la sera
e il tempo avrà un altro peso
Non basterà all’amore per essere compreso
Non basterà al dolore per essere lenito
e le parole non saranno che un gemito.
E poi verrà la sera
e il sonno sembrerà l’unico rimedio
pur senza una promessa
E spegnere le luci sarà come
immaginare il mare
il suo fondo scuro
E poi verrà la sera
Se avrò fortuna
potrò mischiare
al nero un po’ di grigio
vedere oltre la nube
un gradino ed una soglia e dietro
la misteriosa luna in quel suo ghigno.
*
Caro Lucio l’anno che verrà non è come tu pensi
lui è troppo distante da me
e non serve che io scriva forte molto forte
Qui non va nulla da tempo non solo a causa del covid
ed io non ho parole da dire ai superstiti ai vinti
ai guerrieri agli esiliati ai diseredati ai sepolti
Non spero non m'illudo non sogno
le feste sono nei cuori di chi conosce la festa
sulla terra dove io sono
c’è violenza morte tristezza
e da mangiare e da bere
per chi non ha fame né sete.
Ho i miei silenzi eloquenti
lui è muto ed è sordo
In quest’anno che volge alla fine
non ho più fantasia.
Il mio momento è passato
e ne sono cosciente
intorno solo una folla di maschere,
nessuna novità all’orizzonte.
"Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò"
Da "L'anno che verrà" -Lucio Dalla-
*
Era profumo di zagara nel sole
sulla sponda d’un sorriso
mentre le costeggiava
le labbra ad occhi chiusi,
d’una carezza era fatto il vento
e di petali il velo a riparo dei suoi seni
dalle sue mani evanescenti,
lontane, ma calde e deliranti.
Era di zagara il balsamo
che si spalmava all’orizzonte
dove una vela traghettava
l’anima desiosa d’emigrare altrove,
lì dove i gabbiani dipingono le nubi
col candore delle ali.
Era zagara l'effluvio dell’onda
dove lo scoglio lambito, austero
risplendeva luminoso sotto il sole.
Sirà e la sua lama, fendeva con orgoglio
i sogni d'un passato trascorso
senza parole o nei silenzi,
arcobaleni d’un’eterna estate.
Sirà il principe venuto dall'ignoto,
il mago del pensiero sulle frequenze
d’ogni muto suo sentire
seduto sui gradini del suo regno
a contemplare acerbe sensazioni
in un sogno, un cerchio coi confini
trasparenti, mutevoli sull’anima che muta.
Era di zagara soave il suo passo sul sentiero
nel verde fogliame e sopra i rovi,
quando giungeva all’improvviso qualche stilla
dell’orgasmo del cielo, un solo fiotto.
Scioglieva lo spasimo la sua bocca
in ogni falla, ad ogni incrinatura.
Sirà le oltrepassava l'anima vergine,
sul dorso la falce della luna.
E al primo albore ancor si dimenava
nel suo corpo di zagara e di spuma.
Poesia pubblicata sul sito "Scrivere" il 16/08/2015
*
E poi c’è domani
speranza e timori si abbracciano
E' uno strano tepore di spazi angusti
e di un tempo incommensurabile
è una nostalgia che duole
un andare avanti ed indietro per la stanza
vestendo le pareti di occhi che sorridono
o d'una bocca che sfoglia il senso dei pensieri
e di mani che raccontano di misteriosi silenzi
è un oblio che rompe il margine tra giorno e notte
e riscrive i tramonti e le lune e i desideri
è un rinascere tra nuvole e luce, frammentata
E poi c’è domani
un negare il male che ci circonda
e l’annegare in un mare che non conosciamo
un pianto che non sa di gioia nè di tristezza
un'onda anomala sul cuore
mentre la solitudine ritorna ancora
ed ancora ci corteggia
instancabile e perversa.
*
Imbastirci con stracci e spago
mummificarci le labbra dirimpetto
nello stupore d’essere così vicini.
Per sempre.
E dare al mondo l’impressione
d’essere noi posati lì per caso
come due cose eterne mentre
ci si spingeva al viaggio fuori del corpo.
*
E’ passato questo giorno breve di attese
questo giorno lungo di maschere e menzogne
Intorno abbracci e sorrisi
come benefica pioggia sulla terra
a tutti destinata
eppure qualche fiore muore
qualche altro inaridisce
tra le crepe del selciato
eppure qualche stella si spegne
ignara d’essere stata una stella.
E’ passato questo frastuono inutile
lo sfondo di sprechi di regali e cibo
ingurgitato malvolentieri.
Senza il vestito nuovo
cerco riparo nel solito pigiama
come dietro una nuvola.
*
E s'erge sotto il cielo blu intenso
un albero spoglio
I rami sottili
dai nodi sospinti
in direzioni diverse
Qui c'è un sovrumano silenzio
una voce che giunge
eco e richiamo
di una pace smarrita e bramata
La luce ha il suo peso che varia
la sua parte nascosta di buio...
che sfuma sull'anima arresa.
*
E’ il fragore delle cose rotte
di parole e silenzi che si spezzano
nell’istante che ritorna puntuale
l’eco che tuona e disturba l’anima.
*
Non era il mare
Ho attraversato solo il fiume
fino all'opposta sponda
Ed ora siedo sulla riva
a contemplare la mia solitudine.
*
Una strana inquietudine m’assale
nell'oltrepassare un tempo che pare fermo
I miei pensieri hanno mani piedi
ed hanno ali
Sono ovunque ma non dove imploro
che muoia ora quest’attesa
che mi si rovescia addosso
come pioggia dal cielo
a flagellar la terra.
*
S’è fermata questa sfera chiamata mondo
da quella notte scura senza luna
solo i pensieri vanno remi e vele
verso un mare che non sanno
Le cose stanno dinanzi come morte
le porte serrate le finestre non più occhi
per scrutare fuori l’orizzonte
ed immaginare un prato senza fine
S’è arrestato il cuore sui tuoi silenzi
i battiti simili a rintocchi d’un orologio
chiuso nella nebbia o di campane
registrate a morte
E mi figuro l’altrui tristezza e piango
la mia non così diversa
e m’illudo di richiamare a vita
una voce un suono una carezza.
*
Di brina splendono i nodi
esili rami si estendono al cielo
sfiorano il nastro bianco di una nuvola
una scia si racconta ma è già migrata altrove
uno spicchio di gelida luna affonderà
gli artigli nella notte scura
frana ora il sentiero
sotto i miei piedi
di fango è l’orma
una voce rauca legge strani oracoli
sordo un canto muore
sotto il peso dei rintocchi.
*
E vorrei dirti guardami
chè se chini il capo e scrivi
perdiamo l’universo che è in noi
ma le parole sembrano finite
e gli occhi restano chiusi
nel silenzio della notte
e vorrei dirti ascoltami
ma non ci sono finestre
e porte nelle nostre case
ci sono solo muri
e la voce si perde
in un malinconico vuoto.
*
Le note vanno
discordi impazzite veloci
Io dietro...
una farfalla ebbra della vita
io con ali che bruciano sul finire del giorno.
Le note si rincorrono
petali o foglie o solo libellule nell’aria.
*
Un pianto senza lacrime
mi corrode l’anima
Ho occhi di pietra a scalfire
il buio d’una notte eterna
E resto sveglia
per non scordare le luci dell’alba.
*
Qui c’è silenzio ed è presto
tra il lillà delle pareti
ed il quotidiano vivere
Alle ore darei gambe e piedi
accelerando così il tempo
per ritornare alle stimmate
ed alla mia casa
dove nessuno spia il mio dolore.
*
Verrà la neve ad imbrattare i tetti
e di bianco ammanterà le vie e i campi
Un foglio bianco scarabocchierò di nero
naufrago al largo d’una terra ignota.
*
Mia madre più non cammina
e dice non ho fame
trascina il passo lentamente
col suo fruscio strano.
Temo le si spezzano gli arti
potrebbe accadere anche domani.
Ho ingoiato un boccone quasi in piedi
mentre lei sofferente parlava con la morte
ho compreso a malincuore e dentro me
stilla dopo stilla
le lacrime hanno scavato solchi.
Così intorno io vedo solo morti
quelli già morti e chi intraprende il viaggio
col timore o col desiderio che presto
sarà tutto compiuto
Quelli che furono hanno dalla loro parte la verità
io non ho nulla
e so che questa non è poesia
bensì la litania della mia vita
Dovrei godere l’oggi
dopo infinite scalfitture
ma sono solo vittima del tempo.
*
Con te è andata via l’essenza dell’amore e del non amore
l’ombra china sul fuoco dubbiosa del calore che emana l’assenza
quando cresce e matura strane promesse
con te è andata via l’avventura del ridere e del piangere oltremisura
il vento che ha recato delle foglie il profumo il sale sulle labbra
che si mescola al respiro e al bacio che non ha radici né futuro
con te è andata via la carezza dell’alba quando la luce illude
un sogno d’ovatta tra le nubi un guizzo nell’aria mentre la luna
ha lo sguardo d’una strega sulla nudità della terra
con te è andata via la parola che l’anima appassiona
la verità al confine la melodia del rischio in cima alla tristezza
quando dentro il vuoto ci attraversava come un fiume
con te è andata via la vita sull’orlo dell’acqua
quando sale a sfiorare il cielo
nella paura così debole ad ogni rimonta del coraggio.
*
E poi mentre apri il ventaglio
t’accorgi di desideri mai realizzati
e che ci sono cose per cui il tempo è scaduto
Non osi elencarle e pronunciarne il nome
il dolore sarebbe insopportabile
né osi tornare a quando
ignaro procrastinavi il tempo
L’unico tuo desiderio ora è che restino
indefinite pure semplici
misteriose intatte
queste cose, tutte nel pensiero.
*
Nulla ora bramo se non che resti un segno
tra i solchi del tempo _al passaggio_
di me e dell’inquieto mio peregrinare.
Tra l’adagio e l’allegro stanno emozioni
in balia d’un vento che sa dove andare.
Figlio sarà_ seppur non generato_
chi a ritroso giungerà al Pensiero.
*
D’improvviso la mente si fa immensa
come una strada vuota senza case
senza alberi ai lati senza il vento
col suo leggero strascico di foglie.
Come l’aria spurgata d’ogni nota
del rumor sull’asfalto della suola
o del rombo d’un’auto che accelera
lo schiamazzo dei ragazzi in comitiva
o del rantolo d’un qualsiasi animale
rassegnato in un angolo
sereno.
D’improvviso la mente si fa assente
come una voce tra le pareti fredde
d’una stanza che registrò il passaggio
della vita in ogni sua flessione
ed ora ha croci ritratti ragnatele
D’improvviso la mente si fa vuota
come lo sguardo di chi ha creduto vero
il miraggio compiuto a lui dinanzi
mentre ad ogni progredir s'è allontanato
l’orizzonte che s’era figurato.
*
Spesso il pensiero è ghiaccio sulle vie
noi rami nudi in attesa di nuovi germogli
Silenzi eterni e le parole _pause_
le poche necessarie a rincuorarci
Spettatori dietro un cancello
mentre l’ultimo treno scompare sulle rotaie.
*
E’ un tempo inesorabile
celere ed infruttuoso
memore di destini avversi
e di percorsi accidiosi
arreso.
Un tempo che contempla lumi spenti
e lune dietro i veli.
Anche i pensieri s’arrestano
distolti da immagini inattese
e ad ogni rintocco grave
fa eco il murmure lieve
della malinconia.
*
Non per il premio finale
non per il podio
non per l’angolo migliore
da cui scrutare il panorama
ma ho fatto tutto quello che ho potuto
per amore
per seguire il filo che conduce fuori del labirinto
per uscire fuori dell’uscio
e guardare in faccia chiunque capiti dalle mie parti.
E’ un borgo piccolo il mio e chiuso
la vita è nei bar
e nel silenzio delle strade quando piove.
*
Vaghiamo sulla terra in un girone
che non sappiamo esistere al passaggio.
L’infanzia un tempo carica d’affanni
ora ritorna stagione di meraviglia.
E’ nero è incerto il giorno che ci attende
irto di ostacoli ed indecifrabile
e mette a repentaglio la meta
d’una quiete conquistata a gran fatica.
Indietro ci sono le speranze le prove superate
gli scogli l’infinito come ci appariva
ed i sogni-miraggi mai demoliti
propensi come eravamo all’entusiasmo
e alla fede di non essere soli nella vita.
Eravamo casti nei pensieri e nelle opere
ingenui persino nelle omissioni
Ora siamo cattivi prigionieri
del vuoto che abbiamo edificato.
*
E quando anche il vento tace
l’aria si fa sospetta
l’orizzonte vacuo
come lo sguardo di chi
nulla più attende
Oggi è così
solo un velo
e dietro il nulla
domani forse la vita
tornerà a farci visita.
*
Di notte tutto tace
il rumore ed il suono
il vento ha un’altra voce
tu sei ristoro
Ed il pensiero
quasi s’acquieta
all’apice
d’un fremito che scema
Distratto ha un’altra foce
mentre tra sonno e veglia
affiora dell'ultima neve
la rimembranza
Nel buio immenso fiocchi
e all’alba un verginale manto.
*
Le cose ambite da sempre
attese per anni
inseguite sofferte,
raggiunte,
sono lì
testimoni di un’ansia d’un tratto sopita
l’entusiasmo racchiuso in una favilla
un istante di assenza dall’ordinario.
Quelle cose,
che sempre hanno senso nel nostro pensiero
e sono per altri solo rude materia.
*
E giunge l’età in cui si torna all’origine
all’amore com’era nel pensiero
alla stagione dello stupore.
Ed il mio tempo incontra il tuo tempo
in ogni somiglianza e nelle diversità
nella fortuna e nelle avversità.
Ci incamminiamo insieme oggi
sospinti dall’amore
ma come fossimo ignari della sua forza.
*
Sentire come un richiamo
in una nota graffiante
un indistinto tra rumore e suono
uno scroscio o uno zampillo
un sottile fumo una scalfittura
e correre dietro a qualcuno
due gambe nude il collo nudo
il resto solo un dettaglio che varia
poi sentire come un vuoto pieno di nero
un’assenza un tormento
un frenetico andare di passi.
E confondere abitudini e vizi
per distrazione
o forse è dipendenza.
*
Incomincio da zero ad ogni alba seppur nebulosa
E’ un dovere la vita il lavoro il rimboccarsi le maniche
il sorriso dinanzi alla dura fatica la parola pensata
il percorso in silenzio
è un dovere giungere a sera stanchi ma grati
scivolare nel buio con le ombre e i ricordi
silenziare il mondo d’intorno ascoltarsi
fino a cedere al sonno chiamandolo oblio
e chiedendo per una stagione il letargo
è un dovere restare accanto a se stessi
con una buona parola una lacrima una fantasia
creare e demolire le scene
spegnere il lume credendo di mettere la mente a tacere
eppure
vorrei sognare e non sogno
vorrei non pensare ma penso
vorrei entrare in un’arca con le cose a me care
ma resto sull’onda
come su un muro come in bilico
in aria sul filo come sull’orlo d’un precipizio
e vivo perché è un dovere resistere
e guardare sempre davanti.
*
Creano e distruggono
vite sogni sodalizi.
E spesso credono in ciò che dicono
ed anche in ciò che non osano dire.
Un socchiudersi di labbra
un sospiro un mormorio
una leggera nota di sgomento
un’eccitazione nella voce
uno stupore.
Ho propositi fermi concetti inespugnabili
e proposizioni non più attuali.
Ed ho il silenzio dalla mia parte.
L’unico verbo davvero eloquente.
*
I pomeriggi bui sembrano eterni
mille cose da fare e l’entusiasmo che smorza
come un lumino, consumata la cera.
Le foglie non hanno eguale destino.
C’è un pressappoco a ritardare il declino
di quelle sospinte dal vento in un viaggio illusorio.
Altre giacciono da tempo fradicie al suolo.
Tutto sta nella bruma come in un velo
ogni corpo misterioso ed assente nei suoi dettagli
i passi e i passanti le vuote panchine
i fiori e le croci ed il sole che splende soltanto
per chi è nato in un dì di novembre
nonostante il grigiore d’una nebbia sottile
che si confonde col fumo che sale.
*
E’ vera prodezza
il passaggio incolume
di follia in follia.
Resistere alla vita
consci del sentirsi privi
di un diverso esistere nella Luce.
*
All’ impetuoso fiume s’oppone
un rivolo strozzato perduto tra ciottoli e ghiaia
Foglie secche rosse e gialle sono in agonia
io grido con lo spinoso ramo
Nudo non domando aiuto
e confido in un rimedio estremo.
*
Piove sull’asfalto delle strade e sulla scura terra
tra i rami e tra i rovi piove sui camposanti
e sulle case sui passanti e sulle auto in sosta.
Fradicie le foglie stanno al suolo
il vento s’è quietato
gli uccelletti al riparo, chissà dove.
E’ un concerto di attimi e di note
di recenti ricordi e nostalgie remote
che d’improvviso muta in triste nenia.
E' tutto qui novembre
in questo lento fluire del tempo
in questo freddo respiro di solitudine?
*
Ed è così che si supera l’assenza
celebrandola
correndo nella notte con centomila fiaccole
per eguagliar le stelle.
Non con un fioco lume alla finestra.
*
Ho scelto la sera per pensarti
l’ora più propizia tra distrazione e sonno
il giorno ci ha traviati
il giorno è stato lungo per entrambi tra ombre e luce
ed ora mi poso come una farfalla sul fiore
ed ora ti ascolto vento che risuoni d’ogni creatura su questa terra
ed hai tante voci ed un unico silenzio
ed ora ti respiro come l’aria fredda della notte che mi fa innalzare lo sguardo fino al cielo
ed ora vivo della tua gioia remota, gli occhi a metà tra il pianto ed il sorriso
ora ti seguo su di un ponte interminabile che unisce e mai separa.
*
( a mio padre )
Le parole t’hanno detto tutto e niente
per intere stagioni e lunghi anni
e di crisantemi è pieno il camposanto
Del mio pensiero tu hai l’immenso
anche ora che spolvero la pietra
in cerca del tuo viso
Ti lascio un ciclamino in un vaso,
rosso com'era il tuo sorriso
sul velluto delle labbra.
*
Sei tra le cose che ad ogni istante mi narrano
del tempo che passa del tempo che muta
di una fragilità che è nuova speranza
Sei tra le cose verso cui volgo lo sguardo
un lume cinque bianche conchiglie gli spigoli
aguzzi di una piccola pietra il quadrante
fosforescente d’una radiosveglia
Intangibile ma eterna sostanza
Sei tra le cose che metto da parte
per i momenti di quiete
che muovo che scambio che coloro
o nascondo nel grigio di un’ombra
parola nel silenzio più sacro
Sei tra le cose possibili e le immaginarie
tra il desiderio del sogno ed il tormento della vita reale
tra un corpo che cede e l’anima che non s’arrende
Sei il peregrinare d’un pensiero assetato di luce
che colma ogni vuoto attenua ogni assenza
sei tra le cose divine che non si toccano
tra le cose che esistono
senza che si possa provare la loro esistenza
Sei tra le cose che sfamano
e accrescono il senso di fame
Sei un primordiale bisogno per la vita
perché il viaggio continui in eterno.
*
E basta un attimo
alla consapevolezza
di sentirci integri
nonostante il nostro essere
estremamente fragili
dinanzi alla malvagità del mondo.
*
E poi viene il tempo in cui la vita
indossa il vestito nuovo
e come allegra fanciulletta va per le vie del borgo
col suo cesto di frutti esultante ed il passo allegro.
E tu sorridi al primo raggio di sole
e scordi i filari acerbi
e dopo innumerevoli tempeste
godi in segreto del tuo fantasticare.
Ma ahimè il tempo è breve di miraggi e lusinghe
Ed il cielo possibile pei tuoi viaggi cade.
Un ghigno strano riempie il buio
e come in sogno grida l'inganno della vita.
*
Le mie piccole orme talvolta
combaciano con impronte
già impresse nel suolo
più spesso vi cadono dentro
curiose del margine intorno.
*
Sto bene qui dove la terra odora
ed il cielo, remoto, sublima visioni.
Sto bene qui nei sentieri di foglie
dove un cane all’alba ha sostato
ed i passeri con disinvoltura
sbriciolano frettolosamente una zolla.
Qui dove la vita è più lieve
i pensieri in quiescenza
sottomessi ai ricordi.
Senza …
la mente sarebbe sgombra.
Qui dove il passato rivive
e con esso l’allegra stagione
la spensieratezza
le illusioni
il sogno
l’inganno.
Sto bene qui dove la terra
è primizia per il passaggio.
*
Di allegrezza in tristizia
supero il tempo
nella mente visioni
sogni progetti
voli ed approdi dinanzi
dietro di me ponti ed abissi.
Finchè avrò gli occhi
saprò sempre
dove l’anima ha la sua dimora.
*
Ha bivi ed incroci e curve il palmo della mano
e la memoria i segni reca di promesse sfogliate
si desiderano cose per gioco o per scommessa
sfuggire alla noia deragliare oltrepassare il reale
Ci assomigliano un quadrifoglio una conchiglia
una pietra appuntita una lama d’acciaio
lo smalto rosso di un cornetto
Nel pensiero siamo la nostra prima ed ultima impronta
Il consueto cammino. Ma ci sorprende tra le crepe
il candore di una margherita.
*
Del tempo noi diciamo non esiste
e andiamo fieri di quest’affermazione
ma in cuor nostro sappiamo non è vero
quando dell’altro abbiamo nostalgia
ed è lontano irraggiungibile in un pianeta
di cui quasi non abbiamo cognizione.
Vorremmo il tempo necessario quanto basta
per un bacio una parola una carezza
e contempliamo il vuoto quasi certi
che dal cielo possa giungere un miracolo
o un consiglio per non cedere alla tristizia.
Così dinanzi allo specchio riflettiamo
pensando al tempo perso che non abbiamo
ed affiora un sorriso sulle labbra, per lui o per lei,
così pensiamo...mentre è un riso soltanto per noi stessi.
*
Così gialla e tonda
la luna in cielo
pare un pomo maturo sul ramo
così in alto
nell’acqua remota
di un pozzo si riflette
vede solo se stessa
di me non sa
nè di quando annego
ogni pensiero cattivo nell’oscuro fondo
ogni ricordo dolente.
*
In confronto al ramo d'una quercia
che pende basso
gravato di foglie
ad occhio e croce
io sono alta due metri.
*
Non chiedo che il sonno alle pareti d’intorno
un sigillo che chiuda ogni fatica compiuta
un velo sottile che distragga le ombre
nella luce soffusa d’una stanza deserta
piena solo di cose, innumerevoli cose,
futili fredde che raccontano poco.
Sto con l’anima inerme contro l’insidia di un sogno
che di tanto sospinge la porta varcando la soglia
col pensiero in bilico tra passato e presente
e un domani che non è suono né colore né vita.
Non chiedo alla vita che il miracolo di un attimo,
un attimo che abbia memoria d’eterno.
*
Vibra il silenzio
come fosse musica e strumento.
Ora, al pensiero d’una vita taciuta
nella gioia e nel pianto.
L’emozione torna
con la voce nota a me soltanto
scavando solchi nella mente
e tra gli antichi fogli.
Riaffiorano intatti
i primi versi gettati
con l’ansia dell’attesa
come semi
ignari del divenire frutti,
lì dove ignoravo ci fosse terra
o argilla o grande vuoto.
Forse era vento e mare
forse desiderio
di cercare sempre un luogo
dove stare bene.
*
È un’aria spenta
la luce solo per brevi istanti
vince le nubi.
Poi è ovatta sul capo
umida sfatta
che accompagna i passi in salita.
E la sera più non ascolto
come sarà domani.
E’ un tempo strano di fughe e di bugie
di corse lente
i colori di ottobre stanno come rinchiusi.
Così i miei pensieri.
Nessun fermento o slancio.
Sono giorni di noia.
*
Liberate le papere in piazza
se potete, a frotte
tutte quelle che avete
nei recinti nel vostro cortile sugli spiazzi
qualcuno di voi anche in cantina.
Come starnazzano bene, in coro festose
non si comprendon tra loro
ognuna col proprio vocabolario...
Ma che coro giulivo
che note allegramente stonate!
Ed ora che si sono sfogate
oh che sospir di sollievo
che pace che oblio!
Udite?
*
E' prudenza?
Questa vita che spezza promesse e speranze
questo sogno sospinto nell’acqua come una barchetta
questo cielo che osservo finchè non sento scivolare le stelle…
io non cado sul fondo pur se talvolta assomiglio ad un relitto
incastrato in mezzo agli scogli
voglio solo sentirmi di pietra e come pietra sgretolarmi.
Ma poi ricompormi.
*
Larga la chioma
oscillano i rami
contigui si sfiorano nel fare l’inchino
scossi dall’impeto crescente del vento
dentro l’autunno d’un freddo mattino.
Verde l’erbetta
rada e sottile
mossa da un fremito
mormora appena.
*
Dovremmo avere desideri grandi
al di là della vita che ci dirotta altrove
dovremmo avere sogni da coltivare
come aiuole ai piedi delle querce.
Gli sguardi rivolti al cielo a San Lorenzo
sono vuoti a perdere, dentro miraggi
di contro alla certezza d’una lacrima
una nostalgia che si ripete
un groppo in gola.
Dovremmo avere fede nelle parole
le nostre, anche se fallaci,
quelle che nella mente incateniamo
perché non vadano mai perse.
E nonostante l’amarezza
dovremmo ribattezzare ad ogni alba,
che sia di sole o pioggia
il dì seguente, col nome di Speranza.
*
C'è un amore più forte e più profondo
da cui il senso discende
di un'appartenenza non dichiarata.
Non può comprenderlo
chi è assillato
dal tormento della carne
né chi del corpo
disconosce i bisogni più impellenti.
*
Meglio lo stormire del vento
ed un sole ramingo tra le nubi
che il gorgoglio tra i fossi
d’una pioggia fitta fitta.
*
E’ questa percezione d’un tempo minore
a dare peso agli errori compiuti
agli ostacoli vinti alle promesse sospinte
tra burrasche ed improvvisi arcobaleni.
E’ questa percezione che fa amaro ogni boccone
e allontana dall’orizzonte i filari di vite
o fa appassire sull’albero il melograno.
*
Goccia a goccia
rugiada e schiuma di mare
sulle mani tra le costole
sui fianchi
Raggio ed ombra
mi svelo e nascondo
ti scopro e ti celo
Piuma e peso sul cuore
scivolo mi poso
m’elevo
Fiore senza stelo.
I miei pensieri
zattere con le ali.
*
Le parole sono nostre
ad ogni cenno ogni piega del viso
ogni respiro.
Nostro è il senso compiuto ed il mistero
il fresco germoglio ed il raccolto
sempre chiaro il percorso
ed il viaggio, nuovo ad ogni dì.
Delle parole abbiamo il senso pieno
pure in assenza di suono
pur senza l’abbraccio
che renderebbe mute le parole
invocate nei giorni di malinconia.
*
E v’è allegrezza anche in questo ottobre
che lascia pozze sull’asfalto e riga i vetri
lustra le foglie sopra i rami
e la terra intride.
E confonde dietro gli occhi il pianto.
*
Più non so se è poesia
questa vita grama
la quotidiana consapevolezza
che nulla spetti a chi più s'adopra
perché ciascuno abbia il suo
ben oltre il necessario.
Il vecchio geme e a ragione
il giovane ha pretese e non tiene
in conto le altrui fatiche.
Ahimè quante amare sorprese
ci riserva la vita!
La testa tra le mani
altrove emigro.
Così io mi riposo
finché avrò testa
e finchè avrò le mani.
*
Si pensa il sole eterno
quando s’attarda e non conosce confini
I giorni si susseguono confusi per le mete e gli addii
la nebbia muta da oro in grigio.
Illusioni giochi distrazioni.
Il tempo corre come un treno.
L’autunno avanza.
Sto come una foglia nell’aria abbandonata
chiaramente turbata da tanta quiete.
*
I segni che leggete non sono veri
sono abitudini
nodi che si stringono e si slacciano
sono baratti sono cortesie
vestite di ipocrisia.
Ma voi amate i segni i disegni
le esagerazioni i numeri
e perdete il tempo a contare e ricontare
e a ricordare e ricambiare.
Quei segni inutili più degli scarabocchi
che decorano i muri.
*
Lei m’ha dato una melagrana
e non sa che io amo i melograni
m’ha detto ti regalo una palla
in un giorno che io ero troppo triste
e dentro c’erano sbarre alle finestre
e piombo alle pareti.
Lei m'ha dato una melagrana
oh allegra visione di un sorriso!
E d’una bocca vermiglia e chiare perle,
mentre corre la cenere sul nero
d’un cielo che io non riconosco
e le ore si fanno troppo lente
simili al tempo di chi
da vivo sembra morto.
*
Spente sono le sere
dopo il frastuono del giorno
quando vorremmo gridare d' amore
ed esultare dei nostri sguardi
e delle nostre bocche
e respirare il cielo.
Ma il vuoto così immenso accoglie
solo frammenti di noi,
affranti nell' anima e nel corpo.
*
Placida approdo in uno spazio vuoto
come le strade immense al mattino presto
quando la gente ozia nelle proprie case
o s’attarda in uno strano lento torpore
in uno spazio vuoto approdo e pieno di vita
dove le aiuole fioriscono ai piedi delle querce
ed io respiro primavere nell’autunno che avanza
e tu hai gli occhi chiari come pozze d’acqua
e braccia come rami gravidi di foglie.
*
Un dì il premio era lì, intero.
Ora è un camminare senza orizzonti
e le salite non hanno senso come le scese
ora è un guardare da ciechi e davanti
non c’è che un muro alto insormontabile.
*
Accade ch’io pensi come avulsa dal tempo
e che i ricordi mutino in visioni
o che le immagini recenti indossino
le vesti del vissuto.
Accade che i pensieri non sentano
l’urgenza delle parole
che seguano sentieri propri
s’immettano in binari all’apparenza morti.
E che giungano a destinazione puntuali puri
quasi perfetti.
E accade che le parole ruzzolando,
piccoli sassi levigati chiari innocui,
nel vortice della corsa diventino pietre
spigolose grezze taglienti.
Sono come le bufere che dei venti
rappresentano l’ira e la voce grossa.
*
Ha esigenze l’anima che nessuno comprende
intanto cibo ed acqua ristorano il corpo
la via dinanzi porta sempre ad una meta
ed è la stessa obbligata chiara puntuale.
Ma i ponti nascono dal nulla ed i fossi
si riempiono di fiori di pesci di uccelli
le onde assalgono la riva e lasciano tesori.
Ovunque non è terra non è mare non è cielo
il mio posto è altrove.
Il passo s’arresta il pensiero smorza
come un lume alla fine.
Il desiderio ammutolisce piega per altre vie
la speranza indossa l’oro ed il rosso del tramonto.
Ha esigenze l’anima che la notte mette a tacere in fiumi d'oblio.
O con promesse mute con strane deviazioni
ed il miraggio delle stelle ed una luna
che interroga la vita e mai risponde.
*
Sul filo tra mille domande
dubbi ipotesi esempi
la testa tra le mani abbandonata
finchè gli occhi non incontrano il Cielo
Nel silenzio che grida, sottovoce
solo una sillaba. L’accenno di una preghiera.
*
(Poi si cade sfiniti nel vuoto)
Una lama sottile m’attraversa
tanto che il cuore duole
ed il fiato manca.
E sono una barca arenata
una sedia con la voce d’un tarlo
un tavolo mezzo incrinato.
Ma la sedia non è che una sedia
e un tavolo solo un tavolo
così anche una casa.
Tutte cose inutili in fondo.
E che muoiono una volta soltanto.
*
Cambia lo scenario.
Cambiano il tempo e le aspettative.
Siamo matricole o geni incompresi.
Su tortuosi sentieri vanno lacrime e baci
riassumono gioia e dolore
e al di sopra risplende l’oro delle foglie.
I giorni non sono semplici foglietti
staccati dal calendario
lunari
albe e tramonti
santi massime.
Spesso sono chiodi e sigilli
cupole e voragini.
Scorrono con la vita le abitudini
e fuggono via i mesi.
Senza i mesi non penseremmo alle illusorie
promesse di ogni nuova stagione.
*
Lingue di fuoco svettano
gote accese anelano promesse
stretto tra le mani è il pensiero
come un fazzoletto intriso di profumo.
Una nota stride spezzando il grave frusciar delle foglie
e varca la soglia di un tempo inesplorato
un sogno negato.
Orme che vanno disgiunte nella visione di un bacio.
*
Tra poco i raspi nei tini coloreranno i sentieri
di campagne inondate di sole tra il ronzio delle vespe
ed i canti antichi che tornano come fossero un rito.
Giungerà poi il tempo delle piogge e delle sere
con un ciocco nel focolare e tra le mani
un libro ed un calice di rosso che pare nero,
al buio, al solo occhieggiare delle faville.
Ognuno ha nel cuore una scena a matita e i pastelli
con cui colorare gl'istanti di quiete al finire del giorno
ognuno in mente ha un pensiero più bello
su cui soffermarsi
quando cala il sipario sulle fatiche recenti
e la notte di stelle è copiosa e di sogni.
*
Hanno chinato la testa le palme schiaffeggiate dalla bufera
i fiori di carta invece che ho visto sbocciare dalle tue mani sono vivi
raccontano di ogni attimo sfumature e colori,
indifferenti al ciclo delle stagioni,
e di ipotesi disegni voli azzurre promesse.
Ho sognato il tuo giardino la panca il muro il cancello fiorito
una pozza d’acqua i girini le aiuole i limoni i cespi di rose l’iris e il gelsomino.
Hanno chinato la testa i girasoli nei campi al tramonto
i papaveri di carta velina parlano ancora di soli e di arcobaleni
e della tua essenza impalpabile come lo spettacolo delle lucciole a sera.
Hanno chinato il capo le spighe, il prato un mare d’onde e di vele
e noi sugli steli reclini, come margherite nel coro d’una preghiera.
*
E vorrei piangere per l’ennesima disgrazia in mare
per i morti di kabul per il rapimento di Eitan
ma sono troppo triste affranta desolata
per piangere per tutte le tragedie della terra
Vorrei piangere per quelli che non si comprendono e si separano
per i diversi in ogni senso e per i falsamente uguali
per i bambini brutalmente uccisi dalle madri
e per i figli senza genitori
ma le mie lacrime sono solo per lei.
Per lei che mi ha dato la vita
e che ora mi strappa il cuore dal petto
implorandomi di porre fine alla sua sofferenza.
*
Desiderio di crateri e cieli
per somiglianze e discromie
Puro il suono cade
una scheggia sul silenzio
amputato nelle sue appendici
Non c’è pioggia a saziare l’arido suolo
troppe voragini fuochi fatui
spenti nelle fauci del buio.
*
Stilla una goccia dal ramo
mi bacia al passo la fronte.
Odora della pioggia recente
_la prima di un'estate alla fine_
a metà di settembre.
*
Senza confini
senza apice o fondo
col suo rumore sordo
un tarlo nelle cose e negli animi.
Il silenzio, imperfetto
senza le note d’un tempo
si dibatte incompreso
nella sua irrequietudine.
*
Senza la raffica tra le fronde
in questo spicchio di sereno
mi giungerebbe un raggio più rovente
tra le inferriate arrugginite
d’una finestra angusta a piano terra.
Solo un riflesso tra gli specchi
naviga onde e si trastulla
La luce afferro coi miei occhi
come col pupazzo fan le mani,
la lana bionda della chioma.
*
Poi giunge il tempo
in cui deponi le armi
E più non credi o speri
in un’umanità redenta
dagli errori e dagli eccessi.
Qui è come un carcere.
Alla fatica del mestiere
si contrappone un fastidioso
gracchiare di cornacchie.
*
Ruggire dentro di magma
sospesi sul bordo
dondolarsi
scavati da un bacio
collimare imperfetti
giusto lo spazio d’uno spiraglio.
*
E’ mio questo posto anche se non mi appartiene
anche senza aver lottato per averlo
qui non c’è traccia delle antiche fatiche
non c’è nessuna prima pietra
ma questo posto sarà mio
finchè non avrò tagliato il traguardo
con i cassetti ancora vuoti ed i tavoli sgombri
le cose stanno come sospese
qui chiuderò il presente una volta compiuto
avrò speranze e grani tra le mani per il tempo che avanza
qui non avrò ninnoli né perle nello scrigno
solo vie davanti e ponti da solcare.
*
Se c’è un posto su questa terra
dove il silenzio non è morte
ma l’ascolto della vita intorno
e dove dentro di noi il vuoto
non tesse la sua angosciante ragnatela
se c’è un posto dove la sera
una mano divina riconduce
al riparo anima e corpo
come il pastore soddisfatto
il bianco vello al suo oscuro ovile
un posto dove il sonno ci consegna all’oblio
e la speranza è un germoglio vivo tra le zolle
al sicuro dagl’insolenti e dai malvagi
non so
se esiste un posto sulla terra
per quanto io cerchi e mi affanni non lo trovo.
Il pensier mio esausto s’allontana
migrando in lidi sereni
dove il cielo è cielo per l’aquila e per il gabbiano
dove il sole è sole per Giove e per Saturno.
*
Nessun cambiamento all’orizzonte
il caos dilaga. Ovunque è come stare al bar
tra bocche che si allenano
e gareggiano per ciance e dicerie inutili.
È questa la moderna società
non discerne l’uso dall’abuso
non conosce il valore del silenzio.
Già, la moderna società…
la stessa che si urta
e s’indispone
per l’abbaiare d’un cane sotto casa.
*
Cosa vi racconterete tutto il giorno
voi che siete tra voi come incollati
vi annusate dividete la mensa
guardate il sole sorgere e tramontare
noi in un giorno qualsiasi indefinito
cancelliamo distanze incommensurabili
abbracciamo i pensieri d’una vita
e sospiriamo al ricordo dei bei tempi
vissuti nel modo a noi noto
senza alcun inganno né finzione
nessun segno di sopportazione.
*
Non è il luogo delle meraviglie
ma l’unico possibile
meandri intarsi curve
ombre e luci
il sole fuori bagna lo spiazzo
e dentro è un tempo che non si indovina.
Non è il luogo ideale
ma creerò comparti
e starò in mezzo
come una foglia che danza
una farfalla che sosta
un sassolino che cade
e fa cerchi nell’acqua.
E il presente sarà l’attimo più lungo
prima d’ogni congedo.
*
C’è un mare mosso in noi ed un cielo immenso
sabbia e nebbie stelle e miraggi
la tempesta l’ignoto
luce e buio
e ciò nonostante il desiderio del viaggio.
*
Sbianca il cielo, nuvole in cammino
il primo scroscio ora gocciola più piano
dai tetti dai vetri dalle fronde
dal ramo più alto a quello in piano.
Non è ancora l’odore dell’autunno
la polvere si riaffaccia sull’asfalto
la terra si sgretola si spacca
le foglie san di muffa l’aria è acre.
Rapido un volo di colombi fugge,
varco la soglia, la mia casa attende
composti sono tutti i miei pensieri
nell’alito fresco della sera.
*
Si aspettava da agosto dopo l’afa un breve refrigerio
invece il tempo rotola veloce ed ecco settembre.
Pallido il sole la luna smorta nel cielo tra i lumini
nubi d’ovatta passeggere rovesciano uno scroscio
talvolta saette inaspettate a simulare un fuoco d’artificio.
All’alba le prime ore sono foriere di verità inconfutabili
l’aria è fresca uno zampillo irregolare
un pensiero più desto si leva similmente ad un aquilone.
Prendiamo la via più facile e c'incamminiamo.
La vita è uguale, i problemi, i sogni, le speranze.
Noi siamo diversi.
Abbiamo già visione delle foglie un manto sopra il viale
e l’oro sui passi sui silenzi sulle bocche mentre guardiamo
l’amore nostro spensierato e allegro.
Oh Dio che incanto! Un attimo lungo una stagione.
Un attimo breve. Poi sarà inverno.
*
Si cancella il tempo ciclico dei giorni
di timori speranze ostacoli importanti
e che ci danno peso o leggerezza o un filo
su cui sospenderci o seguire altre traiettorie.
Si legano notti vissute ognuno nel modo che sappiamo
e si ricordano lune assenze desideri manchevolezze
idee abbandonate forse per pigrizia.
Ci si guarda negli occhi con l’unica maschera
che la coscienza c’impone nascondendo le bocche
puri nei pensieri nei gesti nelle visioni
nella conta delle cose che vorremmo
senza eccessi e mai per abitudine.
Ci si ascolta nell’eco del silenzio
raccontando tutto il bene custodito nel cuore.
*
Ed è improvvisa quiete
un provvisorio stato di cui approfittare
da lì discende l’ordine
da lì ogni cosa troverà il suo posto.
Poi si potrà ridere richiamando alla memoria
uno specchio incrinato le ante graffiate
d’un vecchio armadio
il balenio d’una luce sul soffitto,
prossima alla fine.
Ma sarà meglio che intristire
pensando ai tanti ostacoli
che ancora rendono ripido il cammino.
*
Qui dove siamo stati non era la meta.
Era scritto.
Una sorta di destinazione provvisoria
una stazione secondaria
un passo inaspettato verso il caos.
Ora ha scarsa importanza dove andremo
né il luogo che recherà le impronte nel futuro.
Abbiamo lasciato aneddoti e storie
successi e sacrifici tra muri segnati dalle crepe.
Lì dove le cose avevano un nome
e i nostri passi tempi più allegri.
*
Le cose piegate male
petali e foglie dai bordi frastagliati
i segni delle rughe cancellati
su flash perfetti.
E poi una crespa dal labbro superiore
che sgocciola sul mento
ti tradisce.
Stai planando sul cemento
_ gli occhi socchiusi_
là dove t’era parso di sentire
l’odore acre dell’erba
e quello più maturo delle spighe.
*
Non vien la donzelletta quando piove
e piove anche col sole.
Non ha nuvole il cielo solo scie
di aerei ed aquiloni.
Guardo l’orizzonte e arresto il tempo
so che nulla può mutare alle ore il destino
né comandamenti o regole o condizioni.
Ed amo il mio cammino i salti di memoria
la croce sulla vetta la luce misteriosa
l’inganno della luna e sotto di lei
il pozzo a bocca asciutta.
Dimentico che vivere è un compito assegnatoci dal Cielo
e vivo anche la morte dei miei sogni
la consapevolezza d’una sorte nè buona né cattiva
la forza d’accettare un giorno nuovo
senza cadere nella rassegnazione.
Un giorno lungo d’albe e di tramonti sopra quel colle
dove il vento reca il mare il silenzio la tua voce
e un ritornello antico che si leva gioioso tra le fronde
“la donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole”.
*
La morte ha preso di mira le cose
un quadro un orologio sul muro
un appunto su un foglio buttato
su un tavolo vuoto.
Ha segnato le sedie incrinato gli armadi
ha cancellato racconti un po’ visionari.
La morte ha cambiato il nome alle cose
perché così non possiamo più amarle
Nella lotta continua del giorno
ha deviato i binari alla vita.
E noi andremo appresso alle cose già morte
senza più desideri né magre speranze,
gli occhi velati sull’antica coscienza dell’oltre.
*
Vorrei fare testamento delle mie parole
lasciate spesso incustodite sparse
tra le cose di peso
gli scogli le barriere gli specchi
Vorrei vivessero come le stelle
fiere della loro luce e ferme
nonostante le bufere delle stagioni
Vorrei morire consapevole di non essere stata
un’occupante abusiva sulla mia parte di terra
di non essere stata una mente errante
dentro un corpo destinato al disfacimento
Vorrei morire sapendo le mie parole vive
tra i rami nelle zolle negli abissi
tra i passi di chi sa che vivere
è un duro mestiere.
*
Ha la forma d’una scatola scolpita
una scatola antica con gli intarsi
tanti nodi legati in modo stretto
Ha in sé giorni segnati da un sorriso
una sorpresa bella
una parola discesa come una saetta
Ha in sé le cose con su incise
le impronte ed un senso
premonitore dell’insolito, avventuroso
Ha in sé le promesse non comprese
di miracoli miraggi deliri,
forse visioni
Ma accade che i giorni che dentro recano
i semi migliori passano silenti
quasi smarriti e marcati da assenze
che si svelano spietate.
E si dimenticano nomi simboli fiori
significati ricorrenti
E restano attese nel buio, esterrefatte.
Insospettate.
*
Sapessi che il rovescio della medaglia
è quello buono quello giusto
quello spensierato ed avventuroso
opterei sempre per quel lato nascosto
ma la faccia che tocca il suolo
e resta lì senza il suo cielo
è la mia fronte il mio viso il mio sguardo
sull’incognita del nuovo giorno.
*
Canne nel vento filtrano la luce
papaveri rossi come un fruscio
di vesti lievi tra fili alti d’erba.
Vorremmo addormentare in noi
ogni futura meta
nell’equilibrio d’un pensiero
che ci racchiude nella stessa sfera
eppure c’innalza liberi in volo.
*
Come dovessero accadere cose mirabili…
Si resta appesi al filo della speranza
il nero ricorrente sfuma in grigio
assorbe luce a gradi
La forza del pensiero farà il miracolo?
Ci si trastulla in quest’altalena.
Ma non è come per la manna
come per l’arca in mezzo al mare
come per l’approdo all’isola.
È un pendere dell’ago della bilancia
la transitorietà della clessidra
il passaggio per la cruna
E di mirabile non c’è che l’estraneità alla visione.
*
Il rumore d’una ventola nella stanza
le ombre ammutolite all’improvviso
la tenacia di un’attesa indefinita
E tutte queste cose chiuse
nell’immensità
d’un tempo inesistente.
*
Due parole così intensamente pensate
che ci si scorda di pronunciarle
due parole come perle rinchiuse
eppure vive nel respiro della tua voce
che per sentirla bisogna chiudere gli occhi
ed immaginare il mare
quando srotola i suoi colori.
Due parole passate tra le mani
come monete come biglie di vetro
come fiori strappati al prato
due parole cantate di notte,
come baci posate sugli occhi,
così intensamente pensate
che ci si scorda di pronunciarle.
*
Ho seminato parole quasi ovunque.
Non porto il conto delle falle e delle onde
delle piccole crepe degli occhielli tra il rossiccio
ed il cupo verde e delle nicchie
tra case ed orti tra lumi e buio.
Le parole cadute non sono morte
ma non sono che una minima parte
per chi ha fame e sete di parole.
Ho trovato riparo dentro metafore
stemperato l’acciaio nei sinonimi
Ho scandito sillabe in rintocchi
creato il suono dal respiro lieve.
Ma sono tante le parole che non dico
le parole che nascono perfette
in muti suoni e si azzuffano negli occhi
si sfiorano si consolano si dolgono
d’ogni speranza presto accantonata.
Sono le parole più importanti
che tornano quando sei lontano.
*
Anche i poeti sono in vacanza
chi al mare chi in montagna
chi in una stanza
un calice tra nostalgia e rimpianti.
Qui è rimasto uno scribacchino
qualche foglio una gomma una matita.
Sta in silenzio mentre osserva il mare.
Dentro di sé ha l’immenso eppure tace
guarda la luna in cielo, pare distratta.
Anche lei diversa, così pare,
dai tempi del pastore errante
e del notturno canto.
*
Tarli tonfi scricchiolii
sepolti dentro crateri di sabbia
Sull’orlo il silenzio si frantuma
Esplosivo il suono ora crea
atmosfere dolci ed evocative.
Scivolare tra pareti di velluto
Il rosso screzia di luce il nero
l’anima una foglia
evanescente
vibra al tocco delle labbra.
*
Mi diverte vedermi ormai scomparsa.
L’apparire in quel deserto anche di rado
mi sorprenderebbe a dir non poco.
Sarei un fantasma con la mia presenza
più di quanto mi compiaccia ora esserlo
con la costante, svagata mia assenza.
*
Ed ora trovati un pezzo di cielo,
che sia buio ed immenso
lontano dai lampioni e dalle insegne al neon.
Non ce l’ho.
Trova un prato un giardino un orto.
Sto in un vicolo,
sulla soglia un gatto.
Poi devi guardare,
devi saper guardare
e devi aver pazienza.
Sono stanco.
Intanto pensa,
un desiderio un volto un luogo.
Forse cadrà una pioggia fitta,
forse un frammento.
Non è più il tempo.
*
A piedi nudi tra onde di sabbia e mare
quando il vento dà fiato alle cose
e noi siamo foglie vele aquiloni
noi siamo scogli ciottoli conchiglie,
a piedi nudi entro nel tuo pensiero.
Non ho stagioni né preferenze
né l’affanno per il brusco
avvicendarsi di calura e gelo.
Ho dentro l’universo
e dinanzi la luce che lo rivela.
*
Qui si azzuffano per una donna
gli uomini ridono e bevono
i ragazzi si rincorrono per strada.
Qui la gente coltiva fiori
e calpesta aiuole.
Qui si confidano segreti
inventano storie
si amano si invidiano
parlano di cose che non sanno
sono distratti commettono errori.
Qui tradiscono fanno la pace
qui cambiano spesso vento e bandiera.
Piangono. Vivono.
Forse qualche volta sognano.
Ed è presto per il Paradiso.
*
Questo non avere nulla porta
al pensiero assurdo
che nulla ci è più necessario
sicchè non esistono né la sete né la fame
né la voracità nel desiderare le cose
che gli altri possiedono
né lo sconcerto per queste mani
che non sanno più cosa domandare
e che spesso racchiudono il nulla.
Ma il nulla non è il vuoto.
E questo non avere nulla
è una ricchezza immane
per noi che abbiamo solo noi.
*
*
Vorrei solo un giaciglio
un semplice giaciglio
dove stare io ed il mio mucchio d’ossa
io ed i miei legamenti corrosi
i tendini brucianti le falangi gonfie
Un giaciglio dove scordare le angustie
delle ore, dove pensare d’arrestare il tempo.
Non la certezza del sonno
la brama del sogno
o la speranza d’una visione
Vorrei solo un giaciglio
a ristoro da ogni affanno
e lenire la fiacca che m’opprime
nell’anima e nel corpo.
Non leggermi una favola
seduto al mio capezzale
ma cantami un amore
che non ha confini
Non dirmi del tempo
che mai avremo né dei baci
delle carezze sospirate.
Il mondo è pieno
di bocche che si cercano
e mani che si sfiorano
senza essere felici.
Il mondo è pieno
di gente che si accoppia.
Tu abbracciami con la tua voce.
Tienimi sveglia.
Cantami una nenia
che addormenti la luna
sull’orlo dei pioppi.
*
Pesa la chioma. La chioma fosca e spessa.
E l’occhio allontana dal tronco poderoso
che ora al confronto esile appare.
Un gemito sale tra i fumi del mattino
e il rantolo del vento disperde un cinguettio.
Muovo nel mio cammino.
I piedi miei già stanchi. I miei passi lenti.
Le tue radici salde. Così pare.
Stiamo noi due soli
tutt’intorno il silenzio:
quiete e ristoro.
Preghiamo.
Ognuno nel modo che sappiamo.
*
L'indifferenza non é nulla
non racconta il dolore l'inquietudine
il male di vivere l'inganno subìto.
L'indifferenza non è nulla
non dice dell'anima traviata
del cuore nudo, un ramo spoglio,
del gelo del fuoco.
Quando sopraggiungerà l'odio e sarà così vivo
così tenace così sapiente così spietato
ed immenso come l'amore
e come l'amore vero invulnerabile
non ci saranno più priorità
né si sentirà la mancanza
di quello che non viene dato
di quello che non viene tolto.
*
Riconoscersi tra nostalgie e rimpianti
non maledire nulla
non cambiare nulla
se non nel desiderio di un’ altra vita.
*
(Poesia per un’amica)
Canta come l’acqua trasparente tra i ciottoli
canta al cupo fogliame ai fiori al ramo prodigo di frutti
Canta alla ginestra al glicine in giardino
ai convolvoli al cancello all’ombra d’una siepe.
Canta come una canna che accoglie il vento
come lo scoglio quando incontra l’onda
come la vela che si dispiega in mare.
Canta il tuo dolore la rabbia l’amarezza
le promesse deluse la fiducia tradita
Canta la vita chè risorga forte!
Vivi al tramonto desiderando l’alba.
Nessuno può dire alla luce di non splendere.
*
Perché domani non penso di essere
È qui che il tempo non esiste
ma l’uggia dell’istante che pesa
la lancetta come ferma sul muro
lo sguardo come calamitato
E’ qui che tutto si contraddice
Accorgersi di inutili azioni ad inganno
Un boomerang che sempre ritorna
e trovare alfine riparo in un Pensiero
fedele seppure incostante.
Perché domani non penso di avere
E’ qui che la sostanza viene confusa
che conto e riconto i miei averi
e mi distraggo e tutto bramo
di tutto mi privo
E’ qui che ho i miei confini
Accorgersi dell’oltre a dispetto
Il guinzaglio il muro il cielo le ali
Ed un tempo talvolta di fuga
altre volte d’esilio.
*
Acquieto l’anima
curando il male più intenso
Di priorità è il mio giorno
di tappe di ostacoli
Ma il sogno è salvo
conchiglia rapita alla sabbia
ora in un cassetto sepolta.
Ha l’eco del mare al risveglio
il suono di un’andatura
che m’è familiare
il silenzio di tanti racconti
Non teme l’usura del tempo
né il mutamento.
Ed io passo da un polo ad un altro
senza preavviso senza intenzione
La fortuna è di chi mi coglie presente
negli stati intermedi
Un’ilarità improvvisa
un sorriso o quel che resta
di antiche memorie
non sempre tristi.
Ora sogno una morte diversa
che si discosti da una vita apparente
o una vita che dia del filo da torcere
al mondo a me ostile.
*
Sempre t'amo.
Dove il sogno è più inafferrabile
e s’annidano pericoli dietro la boscaglia
fitta di verde e cupa di suoni
Dove la terra non ha deserti
ma campi arati
ed ancora il pugno s’apre
spargendo semi
nonostante un tempo
di promesse avaro.
Qui t’amo
dove fiorisce l’achillea
e giunge l’inebriante
profumo di lavanda
Dove l’anima si congeda
dall’inclemenza del giorno
e ripara in una notte di luna piena
e di mistero.
*
Siede la donzelletta sul muretto
piega con calma dei fiori finti il mazzo
colori tenui e allegri mischiati insieme
come in un plissé o in un ventaglio.
Affiorano nell’andatura due ginocchia
le gote rosse gli occhi di meraviglia accesi
poco distante, le rughe sulla fronte
un viso chino e delle mani
il bruno colorito sul ricamo.
Una stagione breve ora è l’attesa
il giorno un pugno di secondi
dinanzi un cielo pieno di nuvole rosa
e dietro il sole, come in posa.
*
Amore sei come l’acqua quando
fluttua improvvisa, mentre
_reclino il capo la bocca schiusa_
cerco la più giusta posa
sul fresco gorgoglio che
curva e m’asseconda
mentre mi disseta.
*
Ho il vizio di attenderti
anche quando so per certo che non verrai
di accendere la notte smorzare il lume
girovagare tra silenzi fluidi d’acqua
Ho il vizio di pensarti con ossessione
anche quando so che il tuo pensiero
è in gara tra cento pensieri nelle maglie d’una rete
senza avere un sospiro di sollievo
Ho il vizio d’inventare un giorno nuovo
che non sia pieno di assenze e di fame
un giorno in cui prendersi per mano
e camminare piano solo per fermare il tempo.
*
Arrivò così l’inferno sulla terra d’un tratto
mentre un soffio di vento prometteva ristoro.
I pensieri si ricomponevano frettolosamente
dopo l’inquietudine strana
prima del grembo vuoto del silenzio.
Le cicale incessanti ubriacarono l’aria
le parole gravi come rintocchi.
Il tuo tempo al gong finale.
Ho chiesto il vento per raggiungerti
ma tu eri il mare.
*
Talvolta mi rileggo.
Prima di un nuovo vortice buio
quando la confusione è nebbia
il sole lama la pioggia maledizione
il vento un furfante che sferza schiaffi alla nuca.
E tutto nuoce.
Nella memoria scavo
e lego ogni momento pensato insuperabile
ad un filo interminabile e traggo nuova forza
da un timore remoto un vuoto colmato
una tristezza vinta un’ombra dissipata.
*
Fisso un ramo spoglio, nodoso,
alla mia finestra.
Del suo dolore non so,
nudo di foglie e di fiori
stagliato all'aria.
Ogni falange grida
delle mie dita
ogni dito teso storce
devia si arrende.
Inerme la mano allenta la presa.
Vanno le cose scivolando
al loro destino.
Il cuore duole
manca in me il respiro.
Se l'albero geme per il nodoso ramo
non so.
Nè se la terra è mesta pel suo dolore.
*
E ci si accorge del cerchio stretto intorno
del filo spinato del poco verde
della polvere sollevata
E quel belato resterà nel recinto inascoltato
non col gregge che muove ondeggiando
al suono d’un campanaccio.
*
Fui folle
del desiderio di te.
Accolsi fede e speranza
E il sogno non fu sogno ma delirio.
La nebbia ha nascosto l’orizzonte
e pure i miei confini.
Ecco l’inganno.
*
Un vacillare con i suoi equilibri
i chiaroscuri sfumati in fuga
le ombre vere macchie perenni
E il ramo spezzato vivo solo
nel flash d’un attimo d’autunno
L’eco d’un silenzio che ritorna
senza novelle.
La voce è nuova in una litania
che coniuga ieri e domani
Il cielo sfiorato nell’altalena
l’amaca ondulatoria
nel dormiveglia di fantasie
possibili in quel fiorire d’ipotesi
come ragnatele.
La pazienza è il tassello che resta alla tenacia
in bilico sull’onda.
*
Recondite mete vive nella memoria
destano nell’anima il sorriso.
Frammenti tra loro uniti come per magia,
inalterati.
Poi poniamo ordine alle cose
forse ignorando le più sbiadite effigie
forse creando strati perchè il dolore
non giunga in superficie.
Le più sottili scalfitture
d'un antico silenzio, memorabile
sono segni indelebili
non impronte nella sabbia.
Oggi è un giorno che torna
innalzando all’orizzonte
pietre levigate dal tempo.
Baluardi superati.
Ed ora più saggi lasciamo nello scrigno le perle
sconfiggendo un mondo curioso.
La verità è un sole tramontato
dietro una vetta inesplorata.
Noi palme spettinate sappiamo
dell’odore chiaro del mare quando è solo
e nessuno l’ascolta.
*
Così di giorno in giorno avanzo
pigra o distratta talvolta muovendo per inerzia.
E vivo d’aria e voli
mi nutro per valicare altri confini
superare scogli correre con il vento fino al mare.
Sei l’essenza che colgo quando manchi
nelle partenze senza preavviso
nei silenzi senza voci
nei minuti che portano sulla groppa
tutto il peso dell’eternità.
Oggi sei il sale. Domani tornerai
in un sorriso o nel pianto
a dare ancora un senso
alle abitudini d’una vita
che non s’arrende.
*
Dovrei con una piuma tra le mani
venirti sotto il tuo mento e col solletico
_ il labbro increspato nel sorriso_
domandarti con fare assai soave
del barbaro tuo comportamento?
Se un pubblico luogo è come casa
e a casa gli altri tu soverchi
sei l’arrogante e presuntuoso
che rientra tra quelli, quasi tutti,
che della vita non han compreso niente
né della civile convivenza.
*
Un frinire incessante di cicale
le ombre sul muretto
ed il pensiero ad altre estati.
Abbaia un cane ad un angolo di strada.
La sirena d’un’auto.
Un garrito di rondini, lontano.
Passaggi. Poi è quiete.
Silenzi ed assenze
mi guardano sgomenti.
Un cielo senza promesse.
Anche le stelle
si spengono pian piano.
*
Semplici gesti sopperiscono alle parole
tessono fili creano giochi
disegnano mappe per evadere
i confini della noia
Sguardi inseguono desideri
racchiudono pensieri
si cullano carezzano
s’addormentano
gli uni dentro gli altri.
Leggimi, pur nell’apparente apatia
d’una vita che inchioda
alle sue tappe inevitabili
Leggimi nelle attese insospettate
negate a noi stessi per sfuggire
alla trappola delle illusioni.
C’è un amore diverso
nel tempo che passa,
inespugnabile
in ogni vortice che ci oscura la via
ad ogni nuovo apice raggiunto
quando l’equilibrio è più precario.
*
Il tempo freddo il ghiaccio dopo il manto
così come la cappa il caldo forte
van bene per chi scodinzola beato
sul viale o in una strada illuminata
oltre una siepe folta e rigogliosa
o per chi si dondola sull’amaca
oppure si sollazza all’aria aperta
_il telo sulla spiaggia _ o sulla sdraio.
Non certo per chi _il cervello a fuoco_
quasi compete
col sole che si tuffa sulla terra
noncurante di chi pare allo stremo.
Si sa il lavoro spesso fa dannare…
e genera sudore anche d’inverno
ma con l’afa di luglio e lo scirocco
al suolo ti stramazza anima e corpo.
*
Ho corso avanti e indietro tutto il giorno
ed ora che il sole è tramontato
sto ritta in mezzo al viale polveroso.
Di fronte, una fontana quasi in secca.
Il naso in aria ad inseguire una cornacchia
la maglia presa in pieno sulla schiena.
*
Le vie affollate le vetrine accese
il chiacchiericcio su panchine assolate
non attraggono la mia attenzione.
Né i rumori acuti e gravi che sommati insieme fanno frastuono
o il traffico infernale nelle strade flagellate dal vento
il cigolio delle serrande il megafono d’un ambulante.
Io amo starmene in disparte su una pietra
come una lucertola sul muro sotto un raggio
O assorta nei miei pensieri e mesta
per quel che resta dell’euforia di un attimo
quando il giorno ancora sonnolento si distrae.
L’eccezione.
Poi è l’onda anomala che si ripete.
Fedele.
Le parole inutili sul tempo le stagioni
gli abiti belli i costumi leggeri
le mogli felici degli amici
gli amici ignari di tanti tranelli
sono insapori.
Le parole che amo sono nel pensiero
senza peso, pure, senza inganno
E spesso transitano negli occhi
mentre la bocca lascia cadere sillabe nel vuoto
_con nonchalance_
che non spronano l’orecchio ad ascoltare.
*
Non v’è interesse in questo sodalizio.
Nessun sotterfugio nessun inganno.
È un compagno che non ha sesso la Poesia
le sue impronte sono le mie
così le mani la bocca gli occhi.
Tace. Come me. Vive inquieto.
Non rassegnato. Come me.
Si rallegra. Spera. Cade. Si rialza. Come me.
Pare assente quando la mente
s’agita come in trappola
e la pena cresce a dismisura
per l’affanno del giorno.
E’ un compagno che abita
nel cuore un sussulto
che quasi non s’avverte
un palpito un grido silenzioso
un vento che si leva e che sospinge
negli angoli reconditi dell’anima,
inesplorati quando ormai si pensa
d’aver concluso il viaggio.
*
Poi d’improvviso
come per cedimento
il nodo si disfa
la fune s’allenta
ogni ansa si attenua
ogni tortuoso sentiero
si distende.
E' il calar della sera.
E l’anima accoglie
quella pace agognata
insperata
nelle ore asfissianti del giorno.
*
Vorrei dire di un futuro possibile
Ma non è che una parola
un vortice oscuro
Il mondo intorno vive l’attimo
Ride piange
Odia ama
Dice nega
o rievoca il passato tra nostalgie e rimpianti
Il domani è nel pensiero
un aguzzar l’ingegno
per aggirare l’ostacolo.
Esistere ad ogni costo.
E gli altri falciati come un mare d’erba.
*
Scene che cambiano
Colori
Ombre sul palcoscenico della vita
Noi uniti in un odore un rumore una sillaba
completi solo per definizione
nel silenzio ch'è preludio d’una fantasia spietata
Stanchi tra binari ciechi ad inseguire il tempo d'altri
Ma il sentimento è un vento che si leva piano
ed accarezza l’anima tra lo stormire delle fronde.
*
Quando ci sei sento che mi manchi
per quell'atto semplice del desinare
per il rosso sorseggiato insieme
perché sappiamo
che c'è sempre un'eccezione ad ogni regola.
Quando ci sei sento che mi marchi
per quei nostri silenzi così uguali
per quel nostro sentire il ritmo anche senza musica
per quelle nostre parole
che non chiedono di essere ascoltate.
- Ad E., mio fratello -
*
L’aria pungente del mattino
le nebbie a giugno come a novembre.
Stanchi d’un tempo anomalo
chiedevamo l’estate.
Ora il cielo ha spalancato le fauci
sputa fuoco
ed arde la terra sotto i piedi.
Ma tu hai il mare i gabbiani le vele
la sdraio all’ombra ed i pensieri
così placidi così puri.
Io solo un ventaglio, dei due quello
che ti piace meno ma nei colori è soft
ed è persino intonato con l’ambiente.
E poi rievoca la primavera.
Il ventaglio ed una stanza dove
potrei non sudare
se solo non mi arrovellassi il cervello
tutto il tempo tra la carta ed il pc.
*
Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare a sera sotto casa
con lo stesso sorriso sulla bocca
come il giorno non t'avesse intaccato
come fosse niente la vita
come fosse niente il cammino
come fosse niente rievocare il passato
quando i sogni avevano talvolta le ali
più spesso gambe agili.
E l'amore era semplice
un pensiero un gesto
una carezza
Non come ora
che ci si scopre dannati
in una vita che si riprende tutto.
Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare trafelati
sciacquarsi il viso
cambiarsi d'abito
E fingere che tutto vada bene
sotto un cielo gremito di stelle
Anche quando non é agosto
e i desideri gareggiano nella mente.
Non é abitudine
questo prestarsi gli occhi
E’ vedere il mondo insieme
dalla parte di entrambi.
| ||||
*
È rinascita nel divenire
che plasma riduce gli eccessi
forgia nuove forme svela
reconditi luoghi dell’anima
Rintraccia nel cuore i segni
di sogni che furono
ed ora indossano vesti più lievi.
Si rinasce tornando bambini
in un pensiero maturo
che ridefinisce la vita
E si scopre in una piccola ruga
sul volto d’un uomo
un cipiglio che già dalla culla
aveva compreso l’inganno
del mondo reale.
*
Il dì dinanzi un sole ancora smorto
di colpo l’afa. E’ estate.
Sto sopra un divano
posata come una cosa.
Non giunge un filo d’aria.
Nell’altra stanza
un mucchio d’ossa su di un letto.
Sopra un lenzuolo a fiori.
Di tanto in tanto una chioma bianca
cambia posa.
Il cuore si rallegra.
E ringrazio Dio.
*
Accade in una manciata di secondi
sono suprema alle mie appendici più povere.
Ho pensieri meno funesti
parole che mi racchiudono.
Al centro d’un ventaglio
godo dell’aria più pura
com’io fossi amalgamata ai colori
che s’aprono sfumando.
E forse sono altro da me stessa
coerente con il mondo
duttile nel sogno.
Viva per tutto il tempo della metamorfosi.
*
Talvolta il cielo è più oscuro
eppure la luce è la stessa.
La strada le case la meta il mistero.
Ma tutto esonda d’intorno
come solo il fiume esistesse
l’acqua che corre
ed il vento che l’asseconda
come un amante.
Solo il fiume.
Ed i sassi le perle le zattere
i rami le foglie.
E le tante carcasse di uomini
e di animali.
*
Dov’è il corpo dove la mente?
Il dolore trafigge come lama
il cuore duole
il passo rallenta.
Il pensiero una barca arenata.
E si torna nudi
tabula rasa
ignari
delle promesse della vita.
*
Quando non udirò più quella voce
come un rintocco sul calar della sera
come un grido di rondini
e l’impennata di un’onda sulla scogliera
quando spierò dietro l’angolo
quel passo in un passo diverso
e un sibilo sottile tra le foglie fitte
interrogherà la luna alta nel cielo
quando non sentirò un canto levarsi
e la terra ora giaciglio tornerà culla
quando non ascolterò quel silenzio
più potente del fuoco e del vento
quando avrò giorni senza arcobaleni
e sogni con le ali ferite e sere
come finestre chiuse sul mare
e stanze affollate da nuove ombre
quando parlerò senza più domandarmi
se è lì che m’ascolta
e non cercherò altre verità
se non quella che dimora nel mio cuore
quando il pianto sarà inconsolabile
e solo la pioggia saprà dissetarmi
quando i miei occhi saranno i suoi occhi
ed i suoi m’indicheranno ancora il cammino
quale sarà il senso del mio viaggio?
*
Hanno annodato e districato grovigli
hanno sfidato teoremi
hanno sanato incrinature.
Spiragli nel buio d’una luce inattesa
hanno raccolto fiori e carezzato voli.
Forse un dì somiglieranno molto
a quei rami spinosi irti nell’aria
dove il vento approda con un fazzoletto
un aquilone un fiore al verde strappato.
Come vie divergenti guarderanno
orizzonti diversi.
Forse le udirai scricchiolare come zattere
fradicie nella corrente.
*
Dicono che anche quando dentro
è un brancolare nel buio
e le perle chiuse nella corazza
stanno come sotto due dita di sabbia
si può riaccendere la luce anche solo mirando
dinanzi in una tela un panorama e rinvenire
nei suoi colori i sogni separarli dai desideri
che di tanto in tanto affiorano
a testimonianza d’una diversa vita.
Dicono che anche quando dentro
è una prigione e il tempo d’un istante
s’avvicina all’eterno
si può sentire _il naso tra le sbarre_
il profumo, nel vento, delle rose
e scavando tra le memorie rinvenire
un segno scalfito ancora intatto.
È la speranza nuova che t’abbraccia
quando non t’attendi più carezze
e la vita ha ormai imparato a vivere
senza più lusinghe né promesse.
*
Il giorno, una morsa
un ritmo che non ha tregua
ma mi distrae l’armonia d’una nota
sul caos della vita.
Un piccolo fiore rosso rifulge
sul verde dell’euforbia.
E tu tra queste siepi
_precluso l’orizzonte_
sei così lieve.
Così sereno
tra questi scogli
nell’agitarsi del mio mare.
*
Vorrei dirti che ora non ho più timore del vuoto
Guardare il precipizio e non impallidire,
come un ciclamino sul suo esile stelo.
*
Lei sa della fatica di un passo
del crepitio che rode ogni osso
del respiro affannoso ad ogni piccolo gesto
Lei sa della vita ora un cero che arde
d’una piccola fiamma che piega da un lato
vacilla, talvolta pare si spenga.
Lei sa dell’acqua attinta alla fonte
dei bagagli e dei figli trascinati per mano
Lei sa dei sogni nutriti di pianto
di promesse svanite del suolo sgranato
sotto i suoi piedi di solitudini guarite in silenzio
di risparmi azzerati di viaggi mai fatti.
Lei sa di campi seccati di alberi
che hanno smesso di dare frutti
di un tempo d’ infanzia senza corse nei prati
di anni di guerra di acerbe memorie
di sposa di madre di sacrifici.
Lei sa di troppi rimpianti.
*
Siamo così avvezzi alla corsa
al fiato corto
alle strade in salita
ad un impervio cammino
che se d’improvviso
tutto dinanzi s’appiana
_ nessun dosso o muro nessuna nube_
e il giorno scorre nel suo placido murmure
come un ruscello tra i sassi
questo provvisorio stato di grazia
quasi c’inquieta
e l’occhio vede ombre in agguato
il cuore teme ancora brutte sorprese
s’attende nuovi crucci nuove apprensioni.
*
E’ festa. Oggi io resto a casa
tra le cose che guardo e che non sfioro
frammenti che ritrovo quasi intatti
pensieri netti ed incontaminati
e tu che sei lontano irraggiungibile
beato nelle superiori sfere
mi corri incontro cavalcando l’erba
come fossi un allegro ragazzino.
Se con la mente torno a dì remoti
di ansie di sospiri e turbamenti
è per l’usura del tempo sui pensieri
non solo sulle ossa crepitanti.
E dunque è festa e mi do all'inerzia...
per chi non ha il concetto chiaro in testa
d’un lento logorio che porta al crollo
e rende nullo anche ogni riposo.
*
Sono fuori dai miei primordiali bisogni.
Ho scordato l’orologio stamane
ma il tempo che passa non conta
un deserto dinanzi immutevole
e la fatica che si traduce in segni sul viso
occhi stanchi un passo esitante
il capo indeciso tra il suolo ed il cielo.
Sono fuori da ciò che mi riguarda
la sete la fame il freddo d’un’anima
che più non confida in miracoli e profezie.
*
Qui non passa nessuno
se non per domandare soccorso
per una sorta di soliloquio per noia per sfogo.
Qui approdano tutti
giungono come uragani
o con l’affanno e la pena
avviliti stressati
da una vita piena di guai.
Qui passano a raccontare
dei tempi che non esistono più
degli amici veri dei falsi dei figli
di padri di madri di un arto che duole
dei crampi allo stomaco della cervicale
d’un ritmo che incalza ed uccide.
Ed io che non ho niente da fare
non penso non corro neppure cammino
non ho lavoro nè casa
non ho genitori nè figli
nessun cespo di rose in giardino
né un animale da accudire
Io che mangio e che bevo e neppure sto male
ora ascolto con la pazienza d’un santo
che ha deciso di scioperare.
*
Somigliano ai gelsi al nodoso ramo
queste mie dita che mal sopportano
anche il peso d’una carezza.
Ecco il pensiero che improvviso mi coglie
mentre cammino. Il suolo mi sa a memoria.
Una sagoma magra senza fretta procede col suo cagnolino.
Forse un dì anch’io avrò un gomitolo per la mano
che si srotola arruffato per le vie
o forse un animale di più grande stazza mi terrà al guinzaglio
mentre il cielo mi distrae con la beatitudine dei pini.
*
Passano
tramortiti dal giorno
lo stesso saluto a commiato.
Le pene… le loro più grandi.
Io assorta nei percorsi dell’anima
mugolo appena una sillaba
che non ha senso ma è uguale
per chi non ascolta.
Assurgo alla mia beatitudine
una specie di tiro alla fune
tra me ed i miei pensieri,
talvolta un dolce trastullo
nella morsa che allenta i suoi denti.
*
Una raffica da nord risveglia l’alba
giugno si maschera nel suo incedere lento
un viso smunto e gli occhi vispi.
Tra il rumor delle frasche, il fischio d’un merlo
mentre la tortora insiste nel suo tedioso grugare.
Tutto appare sospeso tutto è ancora acerbo,
il ronzio d’un’ape e l’abbaiare d’un cane.
L'orizzonte è ora un filo sottile
tra un mare d’erba ed il cielo scosso
dal ripetuto rintocco del campanile.
*
Quando il cerchio delle fatiche si chiude
il corpo s'attende da un raggio ristoro
ma come dietro le quinte altre scene s'abbozzano
così dietro l'angolo si celano agguati
e le ore di quiete e sospirato riposo
divengono presto un eterno supplizio
un fiume in piena che corre
ed inghiotte ogni cosa
e che poi in un istante fulmineo
t'espelle irruento nel quotidiano patire.
*
Ho pensato a te
a te che per tempi incommensurabili
sei stato di me la levità
a te che ora che pari assente
sei uno strato più su delle nubi
a dirmi che il niente ereditato
è la mia ricchezza più grande
ho pensato a te quando dal cielo
hai applaudito ogni mia scelta.
*
( a mia madre )
La sofferenza nei tuoi occhi
accende altro dolore.
Di quanta inettitudine si veste
un desiderio che io so fallace!
In bilico su un rovo di spine
la vita ha sempre più deboli radici
e noi con speranze già malate
accecati da un sole che si fa rovente
ora vorremmo per te più fioca luce e quiete
per le stimmate dell'anima dolente.
*
Il non sapere accende ipotesi
le più strane le più assurde
le più vaghe
e del domani fomenta l’incertezza
il dubbio e la pena di quell’ora
che come goccia cade
nell’immenso mare.
Un cenno manca del labbro
una parola un sorriso che esonda gli argini
un momento che sfiora
il sapore dell’eterno
ed il suono d’una voce
sognato agognato o forse consono
al nostro modo d’intendere la vita
E amore solo di te domanda,
di te che sei Amore.
*
Oltre la vita la mia, la tua
sentirai un suono magico
due parole spesso taciute
spesso gridate
Così lievi prima di toccare terra
così mutevoli ad ogni burrasca
ma reduci vittoriose da ogni battaglia
Oltre ogni tempo ed ogni spazio
non tuo, non mio
avrai un segno una ruga
un'incrinatura un'orma
rimembranza d’un universo quasi inesplorato
Un amore immenso
racchiuso in due parole.
*
Le parole inutili i giri in tondo
gl’innumerevoli volteggi d’una giostra
non hanno approdo.
Lasciatemi alla mia quiete
_il capo reclino d’un girasole
in un campo assolato_
Lasciatemi al mio tramonto infuocato,
sgombra di nubi e di voli impazziti.
*
Ci sono numeri che non contano
mentre non so i nomi di chi manca
all’appuntamento alla promessa al sogno
all’esistere dato per scontato.
La cornice resta identica e dentro
nuotano come in uno specchio
anatre girini anime perse.
Ci sono numeri che variano
indossati come vesti come veli
talvolta come maschere.
*
Sto tra quelli strappati alla terra
e quelli scappati via intimoriti
tra me e mia madre che soffre
pronta al commiato
tra me e chi loda ogni giorno passato.
Non penso non sogno non bramo
momenti di gioia se il tempo restante
è calvario per l'anima ed il cuore.
E vivo assuefatta a questo mio vivere inquieto
che il contrario mi porrebbe in allarme.
Esisto tra un'onda piccola ed una più grande.
*
Non voglio essere con quelli
che ricordano oggi le tue parole
ogni pensiero ogni turbamento dell’anima.
T’incontrerò domani…
Hai detto così tanto che non ho bisacce con me così capienti
sei stato canto e nenia, anche preghiera
quando nelle mie stanze, ad ogni passo
parlavo con le ombre ed ogni ombra diveniva Luce.
da : L’OMBRA DELLA LUCE
- Franco Battiato -
“Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai”
*
Senza questo giorno che si ripete
puntuale e caparbio,
non esisterei.
Non potrei guardare gli abissi
dalla sommità del colle
né navigare mari immensi
tra il ribollir delle onde.
*
Domani sarà uguale a ieri
ma le vigilie hanno le tasche ampie
e dentro cose che non ci avresti messo mai.
*
A volte sto come fosse niente la vita
come fosse niente la morte
come una cosa ignara del posto e dell’ora
come una farfalla che pensa d’essere un uccello.
A volte sto senza peso
come fossi una lingua sottile tra il mare e la terra
come fossi il sobbalzo del mare sotto un refolo di vento.
Più spesso sto senza melodia
come fossi una canna piena
solo delle voci degli altri.
*
Quando ti volti indietro e conti i pioli le ripide i sassi
ed annusi la polvere che ovunque s’annida
non puoi che reputarti fortunato.
La meta raggiunta è un altro premio. Sul podio è la Vita.
Ma quando annaspi in vicoli ciechi
e ti dimeni cercando un possibile varco
ed il giorno breve è un tempo interminabile di lotta
quando il silenzio pesa e le voci giungono come un graffio
e la notte giunge magra di ristoro, tutto muta
e l’eterno è solo un attimo con la smania del domani
la speranza un vento che lusinga
proprio quando vinto t’abbandoni all’oblio.
*
Se tu non fossi qui quando non ci sei
quante stanze piene di mobili e d’ogni suppellettile
risuonerebbero vuote come canne di bambù!
Eppure la melodia del vento lusinga anche le canne.
*
E’ un mese maggio di promesse
quelle ataviche e quelle nuove
in cui ci si arrende al caso
dopo le gioie ed i momenti funesti.
E se piove sorrido
se il vento gonfia le fauci sorrido.
E' il suo rumore che temo quando non reca
il clamore della vita intorno e la tua voce padre,
se levo gli occhi al cielo.
E se il sole m’acceca quando più è maturo sorrido.
Maggio è un mese in cui non si può piangere
ch'è un’amaca il tempo e l’avanzare ad ogni passo
la certezza d'un approdo ad un giardino.
Quello che più non esiste
ma è intatto nella memoria
_con la polvere tra l’erba
e le ginocchia sbucciate_
io intimorita, di corsa verso casa.
*
D’erbe selvatiche è intrisa l’aria
le rose sulle siepi come in un puzzle.
Reca gocciole il vento d’erba tenera,
del suo taglio recente.
A luglio avrei rimpianto il riparo
d’un guscio chiaro di conchiglia
a fior di sabbia in un raggio rovente
ma sono nata a maggio
_verde il nudo fianco della collina_
in un tardo pomeriggio di cielo terso.
L’aria d’improvviso zittita degli acuti trilli
piena solo di quattro sillabe uguali
forse la nenia a me cara d’un cuculo.
*
Forse non c’era un nido
era solo affezionato al ramo di quel melo
il sillabico canto cupo del mattino
col puntuale ritorno nel meriggio.
Forse lo sparo della notte in festa
ha intimorito il luogo
l’upupa ha smesso il canto
nell’aria ora satura d’un tubare di tortore
dove solo un gorgheggio risuona melodioso
ed un verso stridulo
fulmineo s’allontana
dove le rondini mordono il cielo.
*
E’ un giorno buio
di luce immensa
E non so quando giungerà l’alba.
*
(a mio padre)
E i numeri non dicono nulla
associazione ad eventi
alle cose di entrambi
ai progetti mutati alle idee sospese.
Il tempo così variabile è una costante
del nostro vivere inquieto
il mio così alla luce del sole
il tuo all’ombra di alti cipressi.
Ma lo splendore è dalla tua parte
nei tuoi occhi tra le sculture
sul marmo lambito dai venti
le frasi non scritte i fiori appassiti.
Oggi non ho scordato d’accendere un lume.
Ho preferito non farlo.
Al buio coi tuoi occhi io vedo meglio.
*
Possiamo parlarne da mattina a sera
di come il giorno era breve e i sogni incompiuti
di come la luce entrava dentro noi e poi spariva
delle attese lontane da certi strani progetti partoriti dal nulla
dell’amore quel richiamo sfuggente assente gran parte del tempo
delle luci spente sul palco noi dimentichi della scena.
Possiamo parlarne in eterno di come il fuoco e l’acqua
s’avvinghiavano alle cose deformandole
di come si restava sospesi foglie sul ramo in attesa del vento
senza conoscerne la direzione né se il viaggio prevedeva il ritorno
di come quel percepire lento uno scroscio un suono
un lamento un sibilo ci dava la quiete
col desiderio domato dell’infinito
guardando il cielo incollati su una zolla di terra.
*
Noi le donne che hanno pianto per tutti i figli uccisi dalle madri
le donne che hanno amato i nipoti senza mai avere avuto figli
che si sono tenute a distanza dalla gioia che a loro non spettava
rimaste sveglie di notte a domandarsi il perché di tante violenze e tragedie
Noi le donne che hanno amato senza alcun egoismo
le donne sole padrone del tempo e della loro vita
le donne libere sempre in soccorso degli altri
sempre pronte a partire e col pensiero fisso ad un altro cielo
Noi le donne senza esperienza che non hanno mai costruito nulla
che si possa toccare che avrebbero salvato i bambini abbandonati
piuttosto che i cani le donne che hanno portato la croce in silenzio
le donne additate ed invidiate, spesso incomprese.
Noi, le mamme mancate.
*
D’un qualsiasi corpo tirato su per i capelli
in salvo da un fondo limaccioso
ora avrei solo memoria
e dell’aspra lotta per contrapporre
al pericolo il desiderio di vita.
Tu invece sei...
eri senza più note nella gola
come nella coltre spessa della nebbia
come in un vicolo cieco
gli occhi imploranti
ignari della bocca e della fame d’aria.
Noi increduli di quell’ultimo legame con la terra
prima della pioggia fredda di maggio.
*
Ora la gioia non è che un lampo
di contro all’oscura immensità.
Un temporale estivo
un fuoco vacuo.
Bisogna andare indietro
per il sapore della felicità
al campo di grano mosso dal vento
al prato d’erba alto alle aiuole
e a quel pallone sparato in alto
in fuga sull’asfalto.
*
Il caso talvolta mi ha lasciata tra le maglie
il nodo di pochi istanti lì dove il pensiero
spesso rincorre il verde ed il rosso d’un giardino
Per il resto del tempo ho vissuto dimenticata
la terra nuova ha sepolto le mie orme tra le zolle
non mi dolgo dell’oblio anzi me ne compiaccio
Non semi né frutti e neppure foglie sui rami
sto al riparo dei curiosi progettando voli futuri
e le parole sono roride come freschi germogli
Hanno il suono del vento quando spinge gli aquiloni.
Una tale fortuna non è da disprezzare
è come oro dove abbonda il metallo vile.
*
Spazi così immensi
per un volo da farfalla
Tre cupe sillabe
_talvolta due o quattro_
sparpagliate nell’aria
al primo albore.
*
Anatre starnazzano festose
stanno come sospese nella guazza
dell’acqua chiara o torbida
a loro poco importa.
Forse riusciranno ad ubriacarsi
del liquido incolore che giammai
ha registrato torme
in tale stato di grazia.
*
S’era già in comunione morti e vivi
I chiodi sul legno chiaro la pioggia fine
sul peso d’ogni passo nel rintocco grave
d’una campana, impresso come a fuoco.
Nel velo di nebbia una penuria di case…
sonnolente
da non sembrare quasi il mio paese.
*
Pur tra mille scogli e sentieri impervi
troverò spiragli di parole buone
senza dover ricorrere agli scrigni
preziosi di tempi assai remoti.
Gli anni hanno seminato perle
anche sull’asfalto duro e fiori
sono nati in fossi all’apparenza senza vita
Dei volti noti alcuni in altri lidi
ora stampano sorrisi e qualche lacrima
in dubbio se di gioia o di tristezza
Rimpianti nostalgie che la memoria
tien ben divisi.
I giorni appaiono di speranze brevi
di fuochi piccoli e sogni che s’accendono
come papaveri dilatati tra le spighe.
E’ maggio un mese che non può tradire
nel tempo scorso ha dato vita e morte
e quel che accade è storia che si ripete.
Corsi e ricorsi a detta di qualcuno
di cui non serve ricordare il nome.
Le cose sono uguali qui ed altrove.
*
E poi c’è chi vien prima di chi più tardi arriva
l’aspettativa era diversa nell’ignoranza
e quando delle ipotesi v’era azzardo
dopo l’ansia ci si scrolla del peso e poi
il tempo si fa buono e generoso e a chi vien dopo
il caso riserva altra accoglienza.
O forse per una volta è la fortuna
a far sì che di due mali solo il minore
resti nella memoria, duraturo.
*
Lo sanno, la parola “amici” oggi è un abuso
in volti presi a prestito in simboli ed oggetti
in segni strani brevi passaggi astrali
sguardi persi in provvisorietà
un elenco come quello della spesa
o delle cose da sistemare nei cassetti
un indice delle priorità
solo nomi stampati sulla carta o sull’homepage
di un sito web nomi sulle labbra
che non sanno di alcuna verità.
*
Non il mio errare di passo in passo
per sentieri tortuosi e per clivi
ma quell’ombra che mi segue
e mi fa splendere scavando
nelle mie anse ed incrinature
è un patrimonio che non saprò a chi destinare
alla mia partenza.
Ho brama di spazi immensi eppure
spesso ho ceduto al riparo in vicoli senza sbocchi
Non le parole impresse sul foglio
ma il turbine dei pensieri che sfuggono
accalcandosi frettolosamente alla soglia
narra del mio vivere inquieto
e d’ogni tempesta più duratura.
*
*
Ed ogni giorno pensi è il giorno giusto
e cresce l’ansia insieme con la luce
da quel baratro la sera innanzi edificato
in preda al sonno e pure alla stanchezza.
Ogni giorno andato un giorno perso
un lume, la sua tremula fiammella
che lentamente sbianca e poi si spegne.
E quel che all’alba si veste di speranza
la sera tra amarezza e disincanto
il corpo annichilisce la mente annienta.
*
Un sole d’improvviso più forte
ha cancellato interminabili giorni di grigio e di venti
L’assiduo pensiero d’una primavera in ritardo
ora è come sepolto l’orecchio rapito da un grido
acuto nell ‘aria l’istante d’un volo perlustrativo
Domani saranno copiose nel cielo col nero garrito
s’annuncia così questo tiepido tempo di fine aprile
ma forse domani, oscure e a frotte le nubi
sostando sul mio cammino
ancora una volta muteranno la rotta ed il destino.
*
Dentro una spirale che mi deforma
un labirinto di specchi e cento volti
sto come un’estranea che scruta
la sillaba d’ogni gesto d’ogni verso
Fuori il vento a dare vita alle cose
e movimento.
Quelle parole semplici non dicono
di irrequietudine e tormento
di come vorrei dietro un cancello
respirare la vita e tra le maglie d’un filo spinato
non pensare al mio limite certo
e ad un esilio molto probabile.
*
Poi uno spiraglio, improvviso
seppur di fioca luce
sbianca il buio.
E’ un attimo soltanto
quella percezione del fondo
oltre cui non si può andare.
*
Ho lo sguardo di chi interroga l’aria
un suono una voce un passo
che giunge o s’allontana
Lo sguardo perso come nel vuoto
di chi non trova per ora
risposta al suo affanno.
*
Sta trascinando i giorni questa pioggia
e il cielo grigio l’attesa muta
ed il segno vago dell’incertezza.
Di brevi fioriture lo sciame al suolo.
E così d’aprile non rimarrà quasi memoria
tranne al mattino per quelle tre sillabe delle tortore
e a sera il bubolare d’un gufo.
Noi i panni addosso come d’inverno.
*
Spesso sono andata via da me stessa
un’ombra che scivola nella luce e si dilegua
dei miei bagagli ha raccontato il vento
spargendo a riva un fermaglio
a terra tra le foglie
un fazzoletto intriso di profumo
sulla tua porta uno scarabocchio.
Non era per fuggire da te ma da me stessa
per ritrovarti intatto
sapevo eri lontano ma non dove.
Ho mirato in alto
per non cadere nella trappola delle illusioni
traslocando di notte
verso un cielo copioso di stelle.
*
In ritardo arriva
con l’aria grigia
zitta
ed il rumore è quello udito prima
quando fuori della finestra
l’asfalto era asciutto
la terra arsa
non l’impronta d’una goccia.
*
Eccoli sul fondo
poco più che relitti.
Utili a dirci delle nostre ragioni
e a spiegare l’altrui fallimento.
*
Ero gioia all’aurora prima del giorno rumoroso come l’afa
ed il frinire delle cicale ad agosto
e la sera, ebbra d’un sapere nuovo
curiosa del silenzio e delle sue promesse
Ora non è il mondo fuori distante ed il panorama acerbo
o la vanità delle illusioni ora è l’indifferenza l’opacità del velo
sono le cose morte sotto ed io vinta.
Sentire che la lotta è fuori moda
che il cuore batte per l’affanno
ed io bramo riparo in lidi inesistenti
Amore come spiegarti questo giro
l’errare tra gli specchi il viso spento
le occhiaie il tarlo che vince il suono
quando aprile canta _quietato il vento_ le stagioni uguali
Non è il morbo di cui si parla e le polemiche e la politica
è il non arrendersi ad un tempo fermo immaginare un bacio
il tepore d’un nido raccogliere parole dall’orlo delle labbra
mentre solo il pensiero sfida ogni distanza
eppure talvolta si distrae in un vortice un nodo
un grido di meraviglia e sfocia nelle sue visioni
Se volo è per quest’anima che trova il modo
di non stare su una lama. Danza al chiaro d’una luce
_un dono_ in una notte che pensavo oscura.
Del tempo ora non ho più premura.
*
Vorrò tornare un istante sulla terra
e cercare le mie impronte in quel sentiero
che ho percorso tante volte per raggiungerti
quando pensavo tu fossi lontano.
Ritrovarle quasi intatte accanto
a quelle orme appena un po’ più grandi
passate inosservate quando in vita
non portavo che la conta dei miei passi.
*
Le parole sul bianco come semi.
Ne basterà un mucchio
per l’inverosimile ed il fattibile.
Sul sommo guarderemo a valle,
paghi d’una meta provvisoria.
*
Di questi pensieri non rimarrà nulla.
Di una gestazione dolorosa
parole storpiate costrette al confino.
Domani, all’epilogo o nell’ inverso cammino
s’imbatteranno in qualcuno
in preda ad un somigliante tormento
o forse passeranno in un lampo
come attraverso un soffio di vento.
*
Attendiamo ancora un mutamento
Ma già è accaduto ed il tempo ora
è di assestamento e di rimembranze.
Ed il passato scorre tra nostalgie e rimpianti.
*
Non scriverò del tempo
e neppure delle mie stagioni
Sono state spesso di gelo
anche ad aprile
Ed il tempo, il suo scorrere… non conta
quando si vive di luce in differita.
*
La porta socchiusa nonostante l’insistenza d’un raggio impertinente
Ho cercato un riparo nel moto ondoso del silenzio
da quel gracchiare di voci tutte in coro _così stridente_
Una culla come quando in sogno
mi ritrovo ad abbracciare il tuo pensiero
per zittire la voce delle ombre, quelle più nere.
Ma qui è diverso, è solo un divagare…
Ho cercato d’immaginare un suono
per meditare sul portare a compimento
un mio lavoro e senza alcun errore.
*
Giunge fin dentro questo guscio
il respiro affannoso del mondo
E sfuma in inganno l’antica convinzione
d’un riparo sicuro dai venti di bufera.
*
Un intimo travaglio.
E il peso varia
e la misura sfora l’estremo limite
oltre i timori e le ipotesi
e cova fermenta gorgoglia
talvolta dilaga in ossesso
si tinge di nero e genera
rosse visioni. Tragedie?
Scompenso di gesti e pensieri
in un vivere col fiato sospeso sul filo.
L’orizzonte, un precipizio.
*
Del clamore mancato alle strade non resta
che l’eco nel respiro del vento
come se il tempo nel suo consueto fluire
volesse fuggire da una morte apparente.
Un risveglio obbligato conduce i miei passi per strada.
C’è un silenzio così impenetrabile
che ad invocarlo commetterei un peccato.
Solo io ed il becco d’un corvo... che fruga un gradino
oltre la polvere d’un marciapiede.
E il mio sguardo _distratto_ si posa
sopra un ramo svestito.
*
Abbiamo tentato cento vie
prima dell’approdo
in una saggia solitudine
Ci rallegriamo dell'universo in noi
mentre fuori gareggiano ancora
per uccidere i più bei sogni.
*
Quest’acqua cheta ora minaccia un vero temporale
grigia è l’aria ed il suolo nel boato che s’ode di lontano
Benedici mio Dio ogni miseria umana
il silenzio intorno ed il timore e la perduta allegria
un volo bianca memoria d’un passato sepolto.
Benedici anche noi, stretti nella morsa d’una tenue speranza
sradicata dal sogno di quando eravamo ignari
della nostra assenza e vivi altrove.
Rami in perenne fioritura e nidi sazi
di una diversa fame.
*
Poi è venuto il tempo di dare le spalle alle chiassose acque
abbandonare sentieri umidi di ghiaia e sassi
il rivo nei suoi brevi suoni gutturali
per una riva opposta incontaminata
dove il silenzio_ soave_ è zefiro sull’anima
e la vita ancora una speranza.
*
Da un gorgheggio o un trillo vorrei indovinar il tuo canto
La gioia narra sempre di un dolore sommerso o vinto
un attimo impresso a fuoco.
Poi il vento mi porta dove vuole.
Anche le mie parole. Ma sono innocue
dopo aver guardato nei tuoi occhi.
La primavera comincia da un nido che si rinnova
e dal vestito rosa degli alberi.
Poi un’altalena di silenzi e canti trastulla le ore.
Luci ed ombre al tramonto sui nostri passi
ed un monotono gufare al primo accenno d’afa.
*
La promessa di un sentire profondo
come dentro le viscere della terra
o gli oscuri abissi del mare
Onde su onde nebbiose
pieghe che celano e svelano
un ritmo un suono o un semplice gong
Sfiorare parole come sulla tavolozza i colori
cancellare e riscrivere il tempo ed il suo inganno
in una lingua che non giunga sui timpani
come un colpo di frusta
E ricucire l’anima come fosse un vestito.
Sotto i lembi laceri antiche memorie
nel non senso d’una vita fugace
che domanda un cambio di rotta.
*
Eppure il pensiero da nuovo impulso al giorno
e sperimenta nuove vie per la speranza
nonostante l’apatia del vivere e l’inquietudine
che si propaga negli animi come un cancro.
Non si ride ma ci si distrae da un pianto invisibile.
Come chiamereste la tristezza quando esonda
e l’infelicità al suo apogeo o l’umor nero
all’apparenza immotivato?
Si persevera nella sequenza dei gesti
per un germoglio nuovo
quando le nubi sgombreranno il cielo.
*
Avrà letto tra le pieghe, sul viso
e negli occhi mesti di chi vive giorni
tra attese e timori ami ed esche
rimuginando fughe da amare sorprese?
Avrà visto il riavvolgersi della pellicola
fino ai paesaggi fioriti dell’infanzia
o all’esplosione dei papaveri in età più matura
tra ventagli di spighe?
Avrà letto l’andirivieni di gesti
le idee impresse a fuoco
abbandonate sul ciglio in un attimo?
Avrà visto il confine spezzarsi
tra malinconia e prostrazione
in quel lento oscillare di luci e di ombre?
*
All’alba un pigolio sommesso
d’uccellini nel nido tra le foglie sui rami
preludio d’un tiepido mattino
il respiro del cielo, appena un filo
il pensiero lungi da ogni affanno
quasi giulivo per un dì di primavera
e quell’ala bianca foriera di pace
e un verde ramoscello stretto nel becco.
*
Tornano le notti fedeli a quel passaggio nel fuoco
le mani trafitte dai chiodi. Non osa carezze il pensiero
una corsa degli anni improvvisa sul viso colora gli sbalzi d’umore
e l’ansia dei passi rotola senza più una meta.
Un lago ora raccoglie tutte le acque le fresche e le impure
torna un oblio che preserva da nuove ferite
la luce smorzata il silenzio riparo la brama del vuoto
che ferma il fluire del tempo il sogno agognato il mistero.
*
L’amore… così imperfetto
ti dà gli occhi l’anima il segno
d’una metamorfosi che non esiste
Ti dà burrasche e mari ondosi
ti toglie il fiato e ti toglie il peso
d’una carezza quando sul fondo
per tutte le malefatte ti maledici
e per i progetti falliti
e le promesse recise
L’amore è così contraddittorio
predica la libertà mentre incatena.
*
Il pensiero un lampo
un attimo che muta.
Noi talvolta distratti
al riparo nell’angolo più buio
tra le nebbie delle parole
perdiamo il suo bagliore.
*
Sono uscita per la porta principale
dinanzi a me un gran deserto
ma nell’aria c’era un gran vociare
di molteplici voci sovrapposte
le “ruvarelle” erano gremite
una folla dentro un drappo scuro.
*
E’ deciso al nascere il numero dei petali
come i raggi del sole alle prime luci
ed ogni petalo è un attimo lungo un giorno
oppure una stagione
insieme sono una vita intera.
Tanta innocenza nella sua corolla.
Invulnerabile. Gli eventi fanno la storia
corsi e ricorsi nel nostro quotidiano
La sua purezza intatta
una colomba che le mani liberano nell’aria.
Tornerà come per Noè_ ma il tempo
è lungo_ con la novella buona
che il diluvio per tutti è terminato.
In omaggio ad Alda Merini
*
Hai creduto in un tempo remoto
alla storia che ti hanno raccontato.
Dubbi timori risolti
Tanti col tuo nome
sopportano la Croce
tanti legati alla promessa
di una nuova vita.
Gli uomini si odiano. Talvolta si uccidono
ma oggi i figli onorano i padri
ed i padri sono fieri dei figli.
Di default la luce rischiara la mia stanza.
*
Sbigottito un passero s’arresta
stridono le ali mentre atterra
nel becco le note d’una melodia
rapite da una raffica di vento.
Il freddo incalza e dice che l’inverno
ruberà i giorni _proprio sul finire_
all’imminente primavera.
*
All'inizio pensi sia la luce
a dare nuova vita alla speranza
I pensieri si ricompongono compatti
pezzi unici di un immenso mosaico
Ma accade anche di notte che sia giorno
in quei brevi viaggi in cui tu appari
_che la mente compie ignara_
e di vite future mi novelli
e del dolce naufragare
nel mare calmo del silenzio.
*
(preghiera dell’anima innamorata)
Perché a sera io mi senta paga di questo calice
senza domandarmi
se un diverso elisir ridurrebbe l’amaro
Perchè io possa ambire alla beatitudine della vetta
tuffata nell’azzurro
e perché non scacci mai dalla mente
questo pensiero dominante di vederti
nonostante tu valichi altre vie navighi altri mari.
*
Talvolta cambia la sequenza
di gesti necessari
mentre altre vie escogita il pensiero
E’ ovunque
acrobata che studia alternative
per non rassegnarsi alla routine
Abbandonarsi al sogno
oltre l'istinto di sopravvivenza,
un'incompiuta abilitá per chi s'arrende.
*
E’ un augurio che stona la speranza
ora che contiamo i morti
ed ammettiamo il nostro fallimento
è un mistero la morte più della vita
che almeno per definizione è dono
senza considerar gli ostacoli ed i timori.
*
È solido riparo un apparente ostacolo
il coraggio d’un nuovo orizzonte oltre il muro
innalzarsi in volo o seguir la via d’arrampicata
binomio d’eccelsa follia ed immaginazione audace
Il pensiero scevro da ogni impurità
in un cielo d’ovatta dove fa capolino l’azzurro
celebra il silenzio e narra di una solitudine antica
oracolo ambizione dell’Anima protesa all’inafferrabile.
*
Quante domande arrese al silenzio
sono finite in un burrone!
Le pietre prima o poi temprano il passo
Ora le ombre sorreggono il buio
e la bocca in rare occasioni distilla parole.
Vesti gli occhi di meraviglia dunque!
Ora che le orecchie sanno tutto il peso
dell’esilio dal suono.
*
Non amo queste pannocchie di morbidi capolini
così intensamente profumate.
Assomigliano a certe donne bellocce
_non più in età fiorente_
seguite da una scia, al passaggio
troppo persistente…
*
Dove sono i poeti quelli coraggiosi
quelli in ascolto del pensiero
che quando parlano fanno fiorire i rovi
e quando sognano corrono con i gabbiani
dove sono i poeti quelli veri
quelli che sanno risalire gli abissi
che scavano tra le macerie del cuore
e le pietre sanno mutare in perle
dove sono i poeti quelli che scrivono
senza penna e senza inchiostro
in piedi al mattino o chiusi in un gomitolo
di ore tra l’ansia e mille pene
quelli che si svegliano di notte
e stringono un patto con le ombre
quelli che non si siedono a tavolino
costringendosi a vedere cose che non vedono
dove sono i poeti quelli per i quali ogni verso
scritto è un premio ed ogni premio
un battito del cuore in questa vita
di angustie e solitudine.
*
Osservo
come tutto hanno ammantato di sabbia
cosí da rendere inutile il paraocchi
come il vento ha cancellato quel manto
destinato comunque a sparire
come sono rimaste intatte le cose
tolta la crosta sottile
come gli uomini nulla hanno appreso
dai loro molteplici errori.
*
Il tempo non torna pur _se il lume dei ricordi acceso_
dall’oggi ti allontani. I vecchi sentieri seppelliti
tra erba e ghiaia sono come binari abbandonati
non vanno in nessun luogo non hanno dinanzi panorami
ed il tempo d’oggi è una moneta svalutata
un gomitolo di filo aggrovigliato
un mercenario al servizio del potere del più forte
Noi tra il desiderio del non essere mai nati
e quello di chiudere gli occhi sull’immagine più cara
fiaccati siamo all’alba dall’ansia del risveglio.
*
Di fare i conti con burrasca e neve
ed il cielo lesto a mutare in volto
o i viali a strati avvicendati
_ora di brina ora di petali immacolati_
( come nei prati le colture per migliorar la resa)
di fare i conti con marzo io ero pronta quasi in attesa
di sopportare dell’umor gli sbalzi e la sua rabbia.
Ma ora tutto muore uguale a quando
marzo non era entrato ancora ed altro
è l’affanno altro il peso che sul cuore grava.
*
Se dite la verità fatelo
come non siano le vostre labbra a professarla
ma sia un passaggio da altre bocche
ricordate sarà un vostro traguardo
un vostro premio
un vostro sospiro di sollievo
ma incontrerete ad ogni passo indifferenza
quasi ribrezzo un’omertà silenziosa
coglierete l'assenza improvvisa di chi c’era
più parlerete con schiettezza più vi scontrerete
con l'astinenza dalle parole che gli altri osservano
con la latitanza dei cosiddetti amici.
Al riparo sempre da tutto ed anche da se stessi.
*
Il tuo sorriso bianco m’appare
ed il rosa delle labbra
quando il silenzio dei miei giorni vesti
con le parole t’amo.
Le azalee sempreverdi
cosi delicate così vivaci
dicono che è di nuovo Primavera,
qui dove le ombre scolorano
ed il tuo pensiero germoglia.
Perseveranza è l’altro nome
che ti battezza.
E tu conosci il tempo
del tuo vivere prima,
come al riparo.
*
Le parole sono corolle che si chiudono.
Un pugno di stelle mi costringe
_ il naso in aria_
ad una lunga notte silenziosa.
*
L’agnello intorpida l’acqua del ruscello
è acerba l’uva a cui la volpe non arriva…
Ma quante vigne demolite da uno sguardo
quanti lupi a sgozzar gli agnelli per un nulla!
*
Più non distinguo le priorità
prospettive diverse
orizzonti vaghi
Sono dove di me non giunge voce
L’inerzia e l’iperattività, punti di vista
mentre io m’agito tra opposti venti.
*
I poveri di spirito imperterriti
proseguono per il loro cammino
e son convinti che perseverare
possa alla fine dare buoni frutti
Cambiamenti?
Illusioni!
Sorrido non potendo fare altro
Ma voi amici miei più savi
potenti d’intelletto, arguti
non certo scellerati, voi che fate?
Sapete leggere? Leggete!
Sapete interpretare? Bene fatelo!
Non vedete... i numeri sono gli stessi
il contatore fermo ed il giro
come impazzito di quattro commedianti
Or dunque voi vi dite fieri,
voi che pur vi distinguete
in quella melma putrida e stagnante?
La vetrina? Amici miei…
anche i vestiti riciclati fan bella mostra
sotto il vetro, come nuovi!
Ma poi, indossateli! E mi saprete dire…
*
E poi attendo come un bambino attende
che il palloncino voli alto nel cielo e non scompaia
attendo come tu fossi una stella ed io sapessi il nodo
nel punto preciso che ti sostiene al drappo
e poi attendo come mi scordassi di attenderti
quando l’aria s’illumina e non è giorno e forse è notte
e più non mi domando la ragione di tanta luce
che si rovescia come dall’orlo d’una brocca.
*
Se volessi potrei barricarmi dentro quel mondo
che ho creduto _fuori_ da qualche parte esistesse
e fingere sia niente la sofferenza niente la vita o l’illusione
zittire quei rantoli nel buio
placare l’impeto d’una ribellione ancestrale
se volessi potrei eleggere ad eremo
questo luogo divenuto d’angoscia e di pena
ed assurgere a verità inconfutabili
senza le contraddizioni dell’uomo
né le incrinature e gli squilibri del tempo
Ma se potessi costruirei una piccola arca
neppure dovrei contar sulle dita gli eletti
e salverei quel mondo creduto esistente
ed il pensiero di chi so che comprende
questa mia migrazione.
*
Un’area dentro un cerchio, rossa
un filo tutt’intorno…
è scritto come legge sulla tavola
invece ci si districa tra i calici
ed insolenti i passi ancor risuonano
di quelli che professano un’altra religione
Una linea appena percettibile
nascosta da formiche in doppia fila
la strada da dietro la cornice
là dove _assente l’uomo_ rimarrebbe
il serpeggiare grigio dell’asfalto
sgombro d’ogni corpo ora superfluo.
*
Pensieri come ritagli
pieghe anse ed angoli
colori vivaci spiragli
poi le parole cadono nell’acqua
come bianchi sassolini
e non resta che quel moto concentrico
l’immagine che si perpetua nella notte.
Annego sul fondo, è vero.
Ma risalgo.
*
Potrei cancellare tutte le immagini
che si affollano dentro di me
ed immergermi in questo quadro che ho dinanzi
e domandarmi il senso di tutto questo fluire
di luci poco familiari
la mia stanza ha un lume i miei occhi una voce
in una sfumatura che varia quando mi perdo
tra le nicchie segrete dell’anima.
*
Ora tutto è acquietato
il freddo
la coltre che pesa del silenzio
e il dolore
Come il lago che cessata la brezza
pare fermo come ghiacciato
Non ali malconce
incertezze nel passo
che ora pare come sospeso da terra
La notte quando reca ristoro
è un baleno che fulmina il cielo
un incanto che sfiorisce
in un sogno fugace
Muovo ora i miei soliti passi
imbrigliata alle cose d’un giorno normale
_un gomitolo complicato nel suo dipanarsi_
Vorrei un tempo infinito
per cambiare il senso alle cose
e dipingere l’ozio come un vizio leggero
e sentirmi appagata di aria e pensiero
Chissà…
forse tra un’ora o sul finire del giorno
muterò anch’io atmosfera
appena una nube vestita di scuro
piomberà nel mio cielo.
*
Relegato nella steppa
uccello-cammello
Inutile vanto la tua stazza
e l’ampiezza delle ali
floscio il piumaggio
Del volo più che brama
solo miraggio
Natura volle preservarti
dall’affondo nella sabbia
in sole due dita
Non hai compreso
la tua fortuna immane.
*
La mente imperterrita ancor s’adopra
in mille esperimenti
mentre il corpo spesso in avaria
dà segni di resa
talvolta inascoltati
finchè una botta più forte
non si rivela provvidenziale.
*
Ora voli silenziosi a marcare i confini
A marzo la danza del cielo
tra aeree evoluzioni
e scambi in volo di preda.
Propedeutici alla vita
gl’innumerevoli giri della morte.
*
Se tu non fossi vero saresti un sogno
un sogno con le braccia che mi sostengono
quando sento il suolo poco fermo
un sogno con i piedi che mi camminano a fianco
un sogno che lì dove si posa illumina di luce viva
e dà voce anche alle ombre, a quelle densamente cupe
d’un tratto così mansuete
quando con gli occhi dentro agli occhi
mi risollevi le membra stanche l'anima affranta.
*
Sopravvivo ad ogni intemperia
perenne il mio equilibrio
il viverti distante il sognarti
Traggo nutrimento da te ovunque
ma lontano dal deserto e dai ghiacciai
in questa mia torsione
sei in ogni mio pensiero.
T’ho dato il fiore ad ogni stagione.
*
Questo sole sul capo è incoerente
col filo di luce tenue del mattino
dietro le nebbie una promessa
troppo vaga ed indistinta
Sto come la lucertola sul muro
tra il rumore dei pensieri e fuori
il vortice del vuoto senza suoni
Riascolto come in differita
il pianto delle tortore_stamane_
sotto un gracchiare impetuoso di cornacchie
come di grida di ragazzi che esondano
d’improvviso, senza preavviso
nel mezzo della piazza.
*
Non v’è dubbio di questo cancro
Le perle in gran parte migrate per vie salvifiche
hanno serbato la primaria lucentezza.
Le rimanenti, poche,
mendicano una gloria inutile
nella melma
dove tutto ristagna,
impuro.
*
Ora amo il nero il bianco
così netti così decisi
Altri colori troppo audaci
o vivi o dinamici
mi tradiscono
mi confondono
mi spauriscono.
Oltre il nero c’è la luce
oltre il bianco la leggerezza
lì sono i miei traguardi
lì i miei pensieri
dove volano alto
l’aquila ed i gabbiani.
*
All’improvviso il corpo cede
la mente, incapace d’ogni pensiero…
Una linea mi separa dal mondo
invalicabile
Non sono
in questo mio stato provvisorio
eppure esisto
gran parte del tempo
vedo ascolto parlo sento
Nulla m’è impedito
e dentro me il sangue scorre
senza incontrare impedimento.
*
Tu che la mia immagine portavi stretta al petto
e t’incamminavi per gli impervi sentieri dei miei occhi
quando erano foschi per nubi inaspettate
e squarciavi il velo riportando la luce
tu che spiegavi vele sulle onde
con la forza del pensiero
e avevi progetti immensi nella mente
e sognavi l’inafferrabile
tu che avevi sempre una speranza
ad ogni tramonto ad ogni luna nuova
tu che come un’ombra mi proteggevi
e come un faro rischiaravi la mia via
tu che non t’arrendevi mai ad ogni mio vacillare
ad ogni angoscia ad ogni affanno
e mi portavi in braccio quando i miei piedi
cedevano stanchi e mi narravi di te della tua vita
tu che sei ovunque e sei per me l’Immenso
dove sei? Mi sveglio sbigottita nella notte
mentre sogno la tua voce udita raramente spesso immaginata
la tua voce lenta e piena la tua voce calda.
*
Avvezzi ad ascoltar le altrui doglianze
si vince il giorno sopportando stenti
e a sera non si confida nel miracolo
ma in una forza nuova che sul viso
sveli dell’anima il vigore
ed in un agile pensiero risollevi
con un fremito il corpo ignavo.
Ma quando l’equilibrio prende a vacillare
al culmine d’una goccia sopra l’orlo
ed il cedimento affiora e si palesa
in segni più frequenti e più marcati
tra la folla d’anime cospicua
_soccorsa con moniti e con sproni_
non c’è nessuno pronto ad elargire
quel bene che a iosa ha ricevuto.
*
L’eco mi giunge della tua primavera
stagione lunga e nel contempo breve
ere differenti per noi di costumi e speme.
Litanie ora s’alternano a melodici suoni
gremite son le fronde mentre un fruscio al suolo
tace sepolto tra il nero delle zolle.
*
Non è ancora nostro il tempo
abbiamo lasciato
le nostre cose al chiuso
desiosi dell’altra sponda
ma preparati al naufragio.
*
E’ tutto uguale piatto
Se inciampi è un’invenzione
nessun rilievo nessuna falla
Ti sostieni alle ombre
fai appello al suono
udito altrove
dentro stagioni vive.
Non lasci impronte
Una stanza un campo
nessuna differenza
quando non piove
nè soffia il vento
quando la notte
la luna latita
e le stelle sono spente
ed il giorno
non è di fiori né di foglie.
*
Come la mente fosse tabula rasa
solo i passi muovono frenetici
in fermento in una strana inquietudine
Il tempo questa trappola che inganna
ora giunge come un’eredità
inaspettata non voluta
stiamo con il naso in aria
fiacchi
ogni occupazione svanita
senza nessun mestiere
senza ambizioni
senza l’avidità di una parola
di uno sguardo che si posi
dove ora noi
stiamo fissando il vuoto.
*
C’è una mosca fastidiosa che ronza
una di quelle mosche noiose sempre dattorno
se apri bocca per respirare se parli se sorridi
col panorama dei denti in bella mostra
Ma finirà che quella mosca l’acchiappo
prima del desinare prima della tovaglia a fiori
prima della salsiccia alla brace
Il tempo è strano è inverno eppure
certi insetti fanno ancora la loro apparizione
allo stesso modo ti ritrovi tizio intorno
quando piove _così tedioso_
quando tira vento col suo fischio assillante
quando tra le nuvole fa capolino il sole
E brami la solitudine ogni giorno che passa
ogni notte ed al mutare di ogni stagione.
*
Ditemi che oggi siete come ieri
le vostre abitudini i vizi la routine
che se ci pensate non è per un rintocco
un flash televisivo una pellicola
come i pensieri migrassero d’un tratto
a frotte all’indietro tra sentieri e fosse
verso l’umanità lacerata dalla Shoah.
*
Stono note picchiando il pianoforte
graffi sulla pelle mentre attende piume
pungoli sul vetro scalfitture della pioggia
fiamme e gelo narrano di incontri dissolti
tra nostalgia e rimpianto una crepa fiorita
guarderò la luce dai candelotti appuntiti
quando sarà tutto bianco il grigio asfalto.
Poi non so se sarà Primavera.
Forse al primo chiurlo rincorso tra i rami ignudi.
*
Potremmo non essere più vivi
quando ci domanderemo il perché
di alfa ed omega in questo viaggio pensato eterno
la meta fissata oltre ad ogni arrivo
Potremmo non essere più vivi
quando la speranza avrà indossato
una veste nuova e noi sapremo riconoscerla
in una parola lieve un silenzio profondo
un suono nostro che abbracci terra e cielo
Potremmo non essere più vivi
quando penseremo il tempo ormai maturo
per non aver bisogno più delle parole
per bandire errori e limiti dal nostro quotidiano.
*
Ha di nuovo muri questa casa
non più sentieri avventurosi
Il cielo uno scrigno a me precluso
quando la solitudine d’un tratto
fingendo compassione
mi abbraccia vittoriosa.
*
Ma chi è costui?
Nessun simbolo da idolatrare
Una voce un tono, lo stesso, per mestiere
Dal ciocco ardente nel focolare
la fiamma s’innalza tra queste quattro mura
dove io godo di una solitudine apparente
E l’unica voce che torna sempre, la tua
tra le onde del silenzio senza intoppi
senza finzioni senza alterazioni.
*
Ora il vento è chetato
il cielo sopra il capo
è denso ovattato.
Più tardi forse
una lama taglierà il grigio
e affiorerà la luce
o forse uno scroscio d’acqua
ridurrà il peso del cupo
sul mio cammino.
*
Vorrei estirpare tutte le spine
ma c'è cosí poco di divino in me
e nel mio continuo affannarmi
e tanto dell'uomo coi suoi limiti
ed i suoi difetti.
Vado talvolta su binari morti.
Nessun miracolo dinanzi.
*
Ho sognato di spighe un mare mosso
e tra le onde fazzoletti rossi
vesti di carta e pelle di velluto
Ho sognato il frinire delle cicale
e lo scroscio della pioggia sopra i tetti
il fruscio rumoroso delle foglie
e delle piume l'alito soave
dentro nidi dove si stava stretti
e di becchi c’era un bel frastuono.
*
Scelgo la tua via
non per emulazione
o fedeltà.
Perché è quella giusta
che nessuno si attende
quella scomoda
quella all’ombra
quella passata al setaccio
da cento pensieri
quella dove il verbo
non è pretenzioso
non ha fronzoli
non ha inganno,
è sobrio.
*
E poi ci sono le favole belle
di chi erra e di chi sempre accorre
con una parola buona
e poi ci sono gli occhi
che si fanno specchio
per raccontarsi il già vissuto
e poi ci sono orecchie avvezze
ad ascoltar solo rumori
sicchè un melodico suono
quando giunge desta il timore
che un qualche tranello
nei pressi si celi.
*
D’aver l’occhio tuo benevolo sul capo
ad ogni proferir parola mai ho mirato
volentieri avrei rinunciato a questo dono
quando l’altrui invidia ed ira funesta
dardi scoccavano da ogni direzione.
*
Non dirò nulla
parola alcuna che possa ferirti
ho memoria d’uno sguardo
distante, l’orlo d’un precipizio
nei momenti di tempesta
Ora come un’ombra gioco con la luce.
Spesso sul davanzale s’arresta
il volo ondulato d’un fringuello
è uno scontro di becchi con la cincia
acuti e gorgheggi.
La tua voce invece l’ho udita raramente
quando le parole avevano il peso d’una carezza
ed il tuo accento era la dimensione dell’Universo.
*
Oggi
é l'azzurro inondato di luce
eppure io vago
dentro nebbie
lente a dissolversi
col cuore nel gelo.
*
Ora é difficile discernere
il buono dal cattivo
Mischiate sono
le perle e le ghiande
Tutte in un mucchio.
*
Lasciatemi come una cosa
in un angolo
dove la luce giunge tenue
nel posto più recondito
tra la polvere
lontano da tutte le altre cose.
*
Torneranno a soffocarmi quelle strane palpitazioni
con le parole ripetute all’infinito con le parole spezzate
con le parole gridate
in un calice amaro a contrastare l’arsura
torneranno i muri abitati dalle ombre
i silenzi sferzanti le voci a rincorrersi
i labirinti segreti dove le emozioni si perdono
dentro viaggi immaginari
torneranno gli scogli insormontabili
le memorie cancellate le vele strappate
le pezze cucite maldestramente dalla memoria
le ore di sabbia sul capo.
*
E poi senti il cuore come carne
nudo sotto il cielo
dove una goccia o un raggio
fanno ugualmente male
senti l'affanno del respiro
in una corsa da fermi
il vortice che si stringe intorno
mentre cadi
il corpo inerme
come una cosa abbandonata.
Né fame né sete
mentre la vita s'arrende al patto con la morte.
*
Stare come una foglia sul ramo
nel respiro nero della terra
ad un passo dal cielo
dove ogni silenzio é quiete
e la quiete Vita.
*
Sono un campo arato
il sole risplende
sulle mie ferite.
*
Un mucchio arruffato di piume
cinguettando
tra l’asfalto ed il cemento
pare conti le briciole
Accontenta la fame d'un giorno
poi riprende a volare.
*
Un serpeggiare di monti
vortici abissi milioni di gocce
acqua che avanza come fuoco
la luce si divarica sull’asfalto
ha crepe il cielo
nebbie il confine
una voce melodica e struggente
accompagna il mio tramonto
verso la solitudine del mare
bruci come neve e come fuoco
le tue parole uniche
fuori da un vocabolario superfluo
in un calice anneghi
mentre fumo nel tuo respiro
tra mille desideri
un bacio fa naufragio
noi in attesa perenne
a riva
nel filo sottile delle note.
*
Ora la gente é a desinare
ora appiana i dissidi o li acuisce
ora dimentica epidemie e disastri
ora si lascia andare all'inganno
di un'improvvisa magia
Io ho tempo ora
In verità anche di notte
ma mi circuisce il sonno
fastidioso come una mosca
Mi svilisce mi annienta
poi mi restituisce ad ore
interminabili di veglia
E mi perdo sillabe mani
che abbozzano carezze
suoni. E mi perdo i tuoi occhi.
*
In un vagito o in un pianto
tutto l’uguale sarà diverso
Partenze e arrivi
tatuaggi d’un tempo
che vorremmo eterno.
*
Scivolo tra le pieghe della notte
Non s’ode alcun lamento
L’anima anche quando si dimena
ha un peso così lieve!
*
Tito perché sei qui
non devo scrivere una pagina di diario
È un tempo ibrido fine attesa inizio
omologato? C’è confusione
I sogni sono salvi per ora in uno scrigno
( verrà un tempo più propizio)
Custoditi come le perle
come le foto dei figli o degli avi
per diversi lidi migrati
Le speranze?
non seppellirle Tito
Le immagino solo prorogate
Rimani zitto ed ascoltami
se il vento tace
potremo udire il canto del silenzio
Puoi sorridere con me come da mesi
non sorride più nessuno.
E’ un tempo più simile al calvario, lo so.
ma le croci sono dentro le case
ci sono sempre state
E i botti pensi ci saranno?
Forse, dalle finestre
solo per chi ha la fortuna
di dimorare dove
c’è uno spiazzo aperto.
Tito perché sei qui?
Sei distrazione inganno
visione di mezzo
tra il bello e il brutto?
Tu volevi scrivessi
questa pagina di diario.
*
Fischi ululi ti sfracelli per le vie
tutto raccogli tutto involi.
(L’animo è in tumulto tra fantasmi ed ombre
la solitudine fa temere calamità peggiori.)
Incalzi tutto muovi fronde tegole rami
ed il cielo assiste al tuo moto irruento
senza lacrime fisso pensoso inerme.
*
L’odore del fumo pungente
l’aria grigia fuori e dentro
i carboni rossi sotto la cenere
sazi di cibo di chiacchiere
di televisione e di ore
che passano uguali e lente
imposte che si chiudono
su strade vuote anonime spente
note salgono al cielo alte
il volume all’eccesso
in piazza l’orologio rintocca
discreto un fluire di tempi diversi
attendo che il grigio sconfini nel nero
non stelle né luna stasera
ma un silenzio che lievita intorno
e l’animo inquieto ribelle
che cede alfine al tranello
distrarsi in un lontano ricordo sbadito
un vago sentire la vita
tra scogli e orizzonti sereni
preludio ad un prendere sonno a fatica.
*
Ho il cuore dilaniato da mille sofferenze
l’anima una porta che sbatte al furore
dei venti e delle tempeste
ricordo la morte di mio padre
mentre chiedeva aria al mattino gelido
penso a mia madre
lo scricchiolio delle ossa ad ogni passo
non temo più la notte come un tempo
La notte ci risparmia al pensare
ci sospende in una strana tregua
ora abbiamo giorni di magra
e promesse vacillanti
ed io non ho parole per spiegare
un Natale antico
nudo perché venisse vestito
Ora noi siamo cambiati,
troppo inquieti per essere sereni.
*
Siamo sopravvissuti al giorno
ai suoi comandamenti
al giorno fisso col suo ritmo celere
ed i suoi cicli
Muti stiamo ora nel manto della notte
e non farebbe la bocca narrazione più fedele
di quella degli occhi.
Un dolce naufragio necessario.
*
E gli occhi hanno disegnato morsi
rinvenendo boccioli tra le maglie d’una rete
hanno affilato lame tra le scapole e la pelle
le mani piume come foglie d’autunno planando
hanno avvolto i corpi nel sudario
issato vele scavato tra sabbia e neve
promesse d’un tempo atavico mai spente
gli occhi hanno disegnato baci tra gl’interstizi
ami gettati a fondo tra gli abissi
graffi di luce a scalfire crepe
Poi hanno innalzato ponti sopra il mare.
*
Vi sono ricordi come croci
da venerare
a memoria di chi ora siede
su di un trono poco ambito
Preghiere mute e ceri
tra l’intimità delle pareti
ricordi da riscattare
in un pensiero sublime
tenaci
come le illusioni di un domani
procrastinate all’infinito.
*
Vi sono vie che la mente non percorre
E pare assente talvolta apatica oppure spenta
invero la sua sapienza è tanta
che fingendosi d'improvviso distratta
sospende la ragione per l’esperimento.
*
Mi parli come scrivessi dal fronte
ci sono tante guerre sai
quella che stiamo combattendo ora
è la più tremenda la più ingannevole
la più feroce
non sappiamo più per colpa di chi
giacchè abbiamo dimenticato l’origine
e non vediamo la fine all’orizzonte
Mi parli come tu abbia un destino diverso dal mio
ora siamo fermi sulla stessa barca
tra le nubi e le bufere senza giorno né notte
Ci sono tante guerre ma questa
ci ha privati di tutto dicendoci
che la prigione dove siamo rinchiusi
è il nostro regno.
E la cosa più assurda è che dobbiamo crederci
se vogliamo pensare al domani.
*
Vorrei dirti con la luce negli occhi
che so dove abita la felicità
e ricondurre come agnello all’ovile
ogni parola al riparo dietro monti innevati
Vorrei dirti del girovagare
in questo dicembre di gocciole e sole
e d’una speranza ch’è viva
di un sogno rubato alla notte
e di un tiepido abbraccio
alla soglia che segna il confine
Vorrei dirti di una fede più forte
d’una trama fitta e tenace che tesso da anni
dove mi sorprende la fantasia
in uno stretto connubio con il pensiero
Sono istanti. Istanti fugaci che il silenzio riscopre
in un elenco di cose che non ho mai avuto
sotto un cielo gremito di stelle
quando manca così poco al Natale.
*
Cercami fra cent'anni quando non avrò una ruga
e avrò tempo per gli aratri e le vigne
Cercami quando il mare sarà calmo
e noi bianche vele all'orizzonte
Cercami fra cent'anni quando avrò la vista acuta di un'aquila
e il passo svelto d'una gazzella quando disegnerò il cielo
come gli storni o ti tenderò le braccia come un abete
Ora corro soltanto, da mane a sera corro e mi dimeno
in mille inutili acrobazie ora incontro barriere e abissi
e vivo stagioni lente ed uguali,se non per le foglie
sospinte lontano dai rami o per un garrito di rondini
acuto sul capo o per i passeri a terra numerosi
a preannunciare la neve o il frinire incessante
delle cicale nei giorni di afa.
Per il resto piove ed é bufera di venti.
Per il resto sono nubi che mutano forme e spessore
Talvolta anche quando l'alba promette un tiepido sole.
*
Cambiare la cornice
non dà al quadro un nuovo aspetto
così come la scorza
non cela a lungo il seme marcio
La neve soffice ricopre le crepe
finchè non si dissolve
e la verità è un corpo che sta sul fondo
finchè non viene a galla.
Sapere queste cose ed altre ad esse somiglianti
più non m’addolora ma m’istruisce
riguardo a quei vassoi bene incartati
che si rivelano poi di nessun valore.
*
E poi c’è chi cade in un vortice
seguendo torte vie e meandri
pensando retto il suo pensiero
e tutto il mondo inetto
E poi c’è chi non vede dinanzi a sè beltà
( è acerbo il frutto che non si coglie )
e il fegato si rode per chi lo sguardo posa
e si sofferma e loda un’opera di pregio.
*
Aspettiamo
aspettiamo invano
la luna piena nel cielo
l’alta marea dei prati
quando il vento porta lontano le margherite
Ci prepariamo
ci prepariamo inutilmente
alla sera alla speranza al silenzio
che ci sa capire quando più siamo avvolti nel mistero
Sogniamo
sogniamo ancora
il principe azzurro
un bacio che ci dia respiro
un sentiero dove camminare adagio
quando è autunno o quando la neve ricama
i tetti e i balconi ed i lampioni
hanno una luce più chiara trasparente.
*
E si diventa avari di parole
Immani silenzi e pochi accenti
la bocca appena schiusa
al pari d'un bocciolo
aria va domandando
Sì, aria pura per più ampi respiri.
*
Ci sono morti vivi e vivi morti
gli uni pungoli costanti
mettono ordine al caos
ci rischiarano il cammino
posano stanchi con noi stanchi
ombre fedeli nelle ore più meste
e ci sono vivi morti che ci opprimono
tralci sul sentiero nubi oscure
nascono stanchi e noi desti
non sanno dell’immensità del silenzio
nè della vanità delle parole.
*
In questi vicoli stretti di pietra grigia
roridi al mattino e la sera cupi
In questi vicoli dove si avanza piano
gli occhi bassi per non inciampare
dove anche il fumo s’allunga
e cerca il cielo per respirare
In questi vicoli pieni di stridule voci
e suoni di zufoli rintocchi d’ore
di gatti randagi e ruderi di case
rimarrei ore in piedi ad aspettare
ora che dicembre è inverno
e che l’inverno accende lumi
alle finestre e in fondo pare
si sia anche accorto
che tra un po’ è Natale.
*
Conto le mattonelle nella mia stanza
le mattonelle chiare e le marroni
perché altro non so vedere intorno
se non le ombre in moltitudine sui muri
e un fascio di luce quasi un faro a me dinanzi
penso alle cose che non si sono avverate
le imprese abbandonate le idee bruciate
per pigrizia o scarsa perseveranza
perché al traguardo ho smesso di lottare
o sulla roccia la fune m’è mancata
sogno la vita d’altri vissuta meglio
perché alla mia ho posto troppi freni
se non al difetto d’immaginar le mani colme
quando invece erano vuote
e di riempire abissi con i silenzi
e le carezze smarrite nel percorso
ed ora conto le ore che non dormo e che non amo
le ore che non penso e che non vivo
quando tra corpo e mente è solo guerra
e nessun vinto c’è né vincitore
E conto le volte che ancora piango
perché gioire sarebbe inutil fasto.
*
Poi giunge il sonno provvidenziale
e chiude il cerchio al giorno tramontato
tutto si compie uguale senza la conta
delle pene e delle tregue e senza l’affanno
delle ore spinte in un vortice al declino
Poi giunge il sonno quasi a sorpresa
quando per clivi ameni t’incammini
e quella mano tesa afferri e ti sollevi
da ogni peso e l’impeto spegni
d’ogni ardente desiderio o fantasia
Poi ripercorri i soliti sentieri
dove non s’ode che un rumor di foglie
calpestate da un passo lieve
e dove i rami non hanno più i nidi,
nudi nell'aria, or che dei fiori il profumo aneli.
*
La cresta innevata non spauriva. Non più della terra
quando tremava o il cratere era un ribollir di lava
Il pensiero… un pargolo talvolta portato in braccio
più spesso condotto per mano
s’arrendeva all’erta stanco
precipitando giù in prossimità del cuore
dove non era mai inverno e dove la quiete regnava
onorata promessa d’un tempo d’attesa.
L’unico oro a risplendere assieme al sole
il sorriso sbocciato a sorpresa
un dono di attimi di spensieratezza
sfuggiti al groviglio d’un gomitolo.
Ma in quell’intrigo ostinata cercavo il filo
che avanzava lento e senza spezzarsi.
Così pure il mio cammino.
*
Ancora un altro mutamento
luoghi verbi sogni nidi
Passo come attraverso la cruna d’un ago
mentre l’anima scrive
un’altra pagina di sé.
*
Ho raccontato sempre di te
di come la tua assenza
ha guadagnato della medaglia
ambedue le facce
di come mi rabboniva la tempesta
più della quiete che celava
tra le sue pieghe tranelli o pericoli
come fosse stata una sottana…
l’orlo scucito e dentro tanti sassolini.
*
Inutile domandarti ancora di quell’uomo curvo
lungo la via e solo, l’eco d’un vagito alla soglia
d’un mondo che saprà ostile nel tempo.
Aveva scelta?
Pensar sia un dono questo fardello di sofferenze e affanni
è privilegio di chi vive ignaro ogni risveglio
e non si duole di quel che muore a lato d’una strada,
una foglia un fiore un ramo o un animale.
E’ un ciclo che s’apre e si chiuderà giunto alla meta
Dimmi qual è la meta?
Lo spegnersi dei vizi giovanili
in un pensiero maturo, saggio o rassegnato, il silenzio
vincitor sulle parole incomprese fallaci illusorie?
La vita un lampo nel buio immenso sarà polvere
Tu sorridi.
Quel ghigno uguale dopo secoli di storia…
Tu sorridi agli amanti che credono l’amore sia in un bacio
allo stolto che leva gli occhi al cielo e t’indica col dito
al poeta che si dispera perché ha sete dell’inafferrabile.
Sorridi pur sulle lacrime di chi tradito enumera fallimenti
e chiede dove la condizione umana è felice e se a tale
illusione l’animo assurge… quanto dura lo stato di grazia…
Dimmi!
Ti nascondi come un fanciullo dispettoso nel tirar sassi
sul cammino del compagno perché inciampi
Scompari dietro coltri di pece eppur resti uguale
Non ti tange il dolore d’una terra ferita
il sangue sparso il sudore d’ogni vana fatica
e dell’umana sorte non hai pietà
né della croce sul groppo d’un poeta chino,
stanco dell’erta che a te volge
lo sguardo domandando oblio
Tu sorridi…
Poesia pubblicata sull'antologia "Duecento anni d'Infinito 1819-2019 " poesia e pittura nel bicentenario dell'idillio leopardiano - AA.VV. a cura di Cinzia Baldazzi e Maurizio Pochesci.
*
Ti aspetto sulla riva
Ti leggerò negli occhi
sorpresa o meraviglia
quando sul silenzio
si leverà la voce bianca
della Verità
*
La comprensione trafigge anche i silenzi
i respiri corti le sillabe tronche.
I miei passi dicono di me,
d’un sonno che mi coglie al mattino
quando le nubi scolorano in un raggio
ed io spero in un sentiero senza mine
un prato verde un cielo premuroso
mentre i pensieri accendono risse nella mente.
Non mi resta che optare
sopravvivere o morire.
*
Il seme piantato nelle zolle
ha dato frutti scarni e i rami verdi
sono rimasti stagliati al cielo nudi
Di sole, un raggio a trafiggerli, feroce
Loro impietriti come certe statue
nelle piazze deserte quando è inverno.
*
Gira a vuoto
e non s’avvita
Innumerevoli giri…
Sempre lo stesso difetto:
l’imperfetto (in)conscio del limite
che punta ( o anela) all’infinito.
* Non è un indovinello
*
Non voglio un giorno vuoto
dopo questa notte d’incubi
frammenti che tornano a comporsi
pensieri migrati come uccelli verso altri luoghi
non voglio un giorno morto
di cose storte di idee confuse di intrighi
di temporali violenti mentre rido
(e raramente mi ascolto mentre rido)
non voglio un giorno mesto
dopo questo risveglio brusco
di parole che più non ricordo
e volti noti d’altri tempi e volti nuovi
i morti uguali ai vivi
non voglio un giorno incompiuto
inconcludente dove si contano
solo i passi spesi e le parole sprecate
e le vie che non portano da nessuna parte.
*
Che t’amo è indubbio
ma ho sprecato tempo per raccontare l’amore
Ho forse bisogno di testimoni o di proseliti?
Le folle gridano tutto e l’opposto di tutto
Oggi il sole è spento e t’amo
domani le nubi piangeranno con me
e t’amerò ad ogni passo
sul terreno umido di foglie
La tua assenza è un pane amaro
che continuo a bramare
perché d’altro cibo non mi so nutrire
e ti sento in me saldo come radice
mentre allunghi i rami e domandi spazio
Ma è così che t’amo
libero tra le mura della tua prigione
io prigioniera nell’idea della libertà.
*
Un pianto disperato
un gemito d’amore
un sax che graffia l’aria
E dà il ritmo ai piedi e alle mie mani
mentre scava nell’anima i suoni
d’ogni mia trascorsa stagione.
*
Ora é come un vento che si va placando
un canto mesto un filo flebile
sulla crosta del silenzio
un gemito che guaisce narrando
d'altri tempi un dolore nuovo
dove scolorano la fame ed il freddo
in un vuoto immenso
dove ci si perde e dove si sta stretti.
Là il pensiero
più non si cura di risalir l'abisso.
*
Sopra il solaio la pioggia è un’orchestra
E se i miei piedi non fossero dolenti
e le ossa crepitanti
potrei chiudere gli occhi
sulla voce del vento
mentre accorda il suo fiato
all’acqua che scroscia
dal labbro d’una grondaia
Ed abbracciare la quiete!
*
Sul grigio immoto … il nero
Solo un accenno d’onde
di morbida ovatta
al vibrar d’uno stormo
che tratteggia il cielo
in nuove geometrie
Pure il mio pensiero
in vetta
al pari si sparpaglia
ed or più diretto
s’appropinqua al tuo.
*
La vita cambia
con i suoi comandamenti
Ma i desideri sono grappoli sui rami
han fatto il vezzo al limbico cielo
sono gli stessi, sono lontani
Eppure sono nuovi gli afflati,
non le movenze e spesso pure le lusinghe
nel tempo acerbo come in tarda etá.
I desideri han fatto un patto con la morte
sposando ovunque l’eternità.
*
Non dicono nulla
passano indifferenti
quelli che hanno il vuoto dentro
fuori di legno o di carta
vulnerabili ai venti
sono canne con la musica d’altri
bandiere… di quelle che chinan la testa
piegano da un lato e dall’altro
cadon come le vesti ai piedi di chi si lascia spogliare.
*
La luna sospesa nel cielo non ambiva
che al quadrato d’ una finestra
prima che un muro s’innalzasse
d’improvviso a baluardo
contro il sapere
ragioni incomprese speranze svanite
abissi di silenzi infiniti
ed accenti
talvolta scappati dal labbro timoroso
di pronunciare parole complete.
*
C’è un tempo che giace come morto
che io non so riempire né svuotare
che mi comanda e mi tiene stretta
un tempo buio anche quando è luce
di desideri sempre numerosi
e di sventure che sono come in bilico
e si mischiano talvolta ai miei pensieri
Un tempo dove la sfortuna mi accompagna
e molto spesso mi precede
mentre mi dondolo sopra l’altalena
ipnotizzata da lunghe litanie
di cui il senso non so e neppure il suono
Cullata dal silenzio trovo pace
quella apparente mentre a gran voce
la vita urla che la vita è altrove
dove a noi manca l’ardore ed il coraggio
e in mano abbiamo la sua brutta copia.
*
All’alba
il mio giorno è già maturo.
E sono in cima
nell'attimo che
_sul fondo_
io cerco un varco
per uno spiraglio di luce.
*
Scorre il tempo a sera
imbrunito
breve al pensier dell'immenso
Il mattino è fugace
l’istante che basta
a riempir la bisaccia pel viaggio.
M'incammino con lo scarno bagaglio
Dentro, non le cose che amo chincaglie
all’apparenza di valore mediocre
ma poco più del necessario.
E sogni invisibili veli
a mascherare gli strappi.
*
E’ una gestazione difficile
il pensiero di quest'umanità
che s'allontana
sempre più dal divino.
*
Lì dove non ci sono più spine
sarà penuria del verbo
Avrò fame del nulla
nella memoria perduta
del mio senso d'esistere.
*
Hanno oscurato il sole troppe volte
ed immaginato cieli plumbei
senza domandarsi la ragione
delle nubi e dei temporali
ma lì i gabbiani hanno gridato
l’ acuto planando sopra il mare
e l’uccello del tuono ha abbracciato il suolo
in picchiata e poi alto nel volo.
*
A novembre l’orologio c’inganna
dice ch’è giorno quando l’ora è scura
ci si arrende ad un tempo lento
di strane attese e al traguardo il sonno,
un orizzonte che si fa più lontano
quanto più nel cammino s’avanza.
Dopotutto il giorno si annuncia
una brutta copia del dì tramontato
nessuna speranza che nel trapasso
in volto esso sia un po’ mutato.
E lo spirito ha l’aria d’un cane
fuori dell’uscio abbandonato.
*
Il tentare ogni via o l’abbandonar l’impresa
non sempre ha origine dall’ostinazione
o dal coraggio inadeguato
Si accantona la sofferenza e della gioia
si pensa è uno stato di grazia ormai mutato
Così tra due cose o anche tre, si sceglie
con saggezza il male minore.
*
Ho perso giorni di brezza e viali di foglie
chiome spettinate le rughe di mia madre
sotto l’argento dei capelli
il disordine della stanza
il cesto autunnale
gli attimi del mare colti a volo
ho divorato abbracci visi pensosi
emozioni traguardi brindisi
ho mischiato nel buio nuvole e sole
ho cancellato lune giardini
gesti smorfie ho chiuso libri
ho spento fiori
sotterrato perle.
*
L’orizzonte è un umido velo
non case davanti non strade
ma un fumo che si sparpaglia
da una pentola enorme
tutto pesa gli occhi guardano il suolo
anche le foglie arricciate
fradicie ieri, hanno calcato
l’impronta nel loro cammino.
*
Nel luogo dei morti un dì andremo tutti
Oggi per loro nulla è mutato,
hanno sorriso in passato ai fiori e ai ceri
ma oggi ravviviamo le nostre case
che per il luogo dei morti c’è tutto il tempo
e loro sanno la pena dei vivi.
Non ha predilezione la preghiera
camposanto o chiesa
o in una stanza, nella penombra
quando il giorno è spento
e con esso l'affanno
quando il ritmo frenetico non è più una curva.
Gli occhi non cercano più altri occhi
sono un riflesso dell'anima stanca.
Pensosi bramano solo la quiete
prima di cedere alle lusinghe del sonno.
Fuori la notte è un manto nero
che tutto avvolge e più non spaura.
*
Dovremmo avere nuove abilità
scivolare sul fondo come sabbia
da un bulbo all’altro
Rimanere in piedi capovolti
e tornare poi nel primario stato
il capo sotto il cielo, credendolo mutato.
*
Attratta dall’onda, il suo apice,
come a volerne misurare l’altezza
sì che non udivo il fracasso
nel successivo schiantarsi sul fondo.
Alle spalle, lontano il profilo d’un colle,
la vetta innevata
o tale pareva alla luce del giorno
quell’aspra bellezza.
"Due voci possenti ha il mondo: la voce del mare e la voce della montagna."
- William Wordsworth -
*
Eppure sotto la cenere i carboni erano accesi
Dove il filo si fa più sottile lo ignoro
mentre l’attesa mi logora allo stesso modo
Dentro di te codici indecifrabili.
Fuori la luna splende nella sua fase crescente
e so di essere nessuno fino al sorgere dell’alba.
*
Ora non capiresti dove il ramo cede
dove il nodo è consunto dove cadono
più foglie e perché.
Lega i vuoti del tempo
gli attimi in bilico
le mancate risposte della vita
e tieni il conto delle burrasche.
L’arcobaleno è solo un attimo
che inganna i giorni bui.
*
Sogno il vermiglio dei papaveri
in un mare d’erba
quando tutto muta e cade il sipario
ed io sono ballerina di neve
dal vestito di carta.
*
E’ una gara tra pensieri e ricordi,
in bilico fatica la bilancia
L’oscurità spesso si ammanta
dei colori ridenti d’un tempo
Immagini vive affiorano
appena un filo di fiato solleva
il velo copioso di polvere
Vivo
sovrapponendo ai vecchi i nuovi binari.
È così che il domani si prende gioco di ieri.
*
E’ un tempo morto
che si frappone
tra il giorno e la notte
tra luci ed ombre
che non ha nome
non ha senso non ha suono.
È un tempo infedele
un testimone comprato
un custode di false verità.
È un tempo che non chiede
e non fa sconti, che ha scordato
la melodia degli attimi.
*
Vorrei che il dolore fosse pioggia.
E dopo, io vorrei essere la pietra grigia
lo scoglio aguzzo
una tegola del tetto levigata
Invece ho questi occhi
che sembrano fiammelle
al consumarsi della cera
questi laghi torbidi
questi fondali gremiti di carcasse
Vorrei che il dolore divenisse nebbia
quel velo madido che il mondo acquieta
di sera e al mattino si leva e tra le nubi
che van diradando mostra un sole acerbo.
*
E corro spesso dentro labirinti tra gli specchi
il pensiero al filo un filo che frena ad ogni ansa
l’orizzonte vago
le immagini un albero in piena fioritura
un’esplosione folle e dimentico
la ragione del mio andare persa nell’affanno
e nel timore di ombre remote e future
e vivo il turbine d’un sentimento
un impasto tra tempesta e fiume
e scavo la mia carne le mie ossa
brucio nell’ira e nella rabbia.
E attendo nuovi equilibri da una calamità o da un miracolo.
*
Non ti sento se non attraverso chi
viene a visitarti e ti parla della terra
delle fasi lunari di una notte di stelle
così remote e dei miei passi
del percorso dell’indice delle mie fatiche
dei miei pensieri messi alle sbarre
non esisto se non attraverso la tua voce
che suona e canta e svela intimità profonde
all’altrui orecchio che mi maledice
invidiando persino il mio inquieto esistere
non ti parlo se non attraverso gli occhi
spesso smarriti in altre galassie
spesso al riparo dentro lunghi silenzi
spesso spenti mentre guardi altrove.
*
Vorrei essere il cane
il cane che corre fino all’uscio
che m’accompagna per un tratto di strada
e fiuta l’aria al mio ritorno
vorrei essere il gatto
il gatto sulle mie ginocchia
il gatto che ronfa
o sbuca in un vicolo di notte
che salta da un tavolo alla sedia
vorrei essere il gallo
il gallo sull’aia con tutte le galline intorno
cantare tre volte prima d’un ripensamento
rinnegando il mio tempo di noia
e la mia disperazione
vorrei essere l’uccello
l’uccello migratore
l’uccello che sta sul ramo e non discorre
col timido canarino nella gabbia
l’uccello che starnazza nella pozza
e non sa di tramonti e mutazioni
vorrei essere un sasso
un sasso levigato dall’acqua
un sasso che rotola in discesa
un sasso bianco come il foglio
che ho davanti come il pugno
d’un giglio in mezzo al verde
come l’ala d’un gabbiano appeso al cielo
vorrei essere tutte queste cose
e cento e mille altre ancora
ma sono solo un uomo, un uomo solo,
l’essere più infelice sulla terra.
*
Si attendono soluzioni che d’un tratto si fanno distanti
un cambio di rotta un disegno svanito una svolta
e si raccoglie la stella perdente scivolata in una crepa
certezza ancora vivente su tante chimere.
Non è reale la scia luminosa nell’aria che imbruna
non cambia il destino non muta l’attesa di chi
al traguardo non trova che sterili terre siepi
infestate dune di sabbia. Al dissolversi
non c’è che polvere e nebbia
e il sentiero sottile percettibile appena ora sepolto.
Non ceri non luna potranno allumare la notte.
Le ombre sui muri il verbo delirante
gli occhi sbarrati e il torpore di un’anima affranta
testimoni di una stagione ora indefinita.
*
In questa stanza tutto tace anche i pensieri
c’è un tempo qui che non ha misura chiuso nel buio
un mondo dentro un cerchio una musica che culla
quasi un letto di foglie uno stare indecisi tra colori e suoni
un silenzio che non domanda voci
Le presunte verità gareggiano fuori
sulle bocche di ignari e di folli
ci sarà un giorno nuovo quando
sorrideremo con gli occhi e non solo
quando conteremo i passi che ci separano
le volte che andremo ripetendo amore
le lacrime versate per un malinteso
In questa stanza c’è ordine nel caos consueto
c’è fatica e riposo c’è deserto
e clamore di strade festose.
Ed ora dobbiamo vivere per tornare liberi
con ostinazione, senza contare gli addii.
*
Capita sovente che in mille faccende indaffarati
ci fermiano per distrarci l’attimo che basta
al pensiero di una “ cosa prelibata “
e il desiderio della pietanza preferita
accende un languorino ed incita la fame.
Allor conviene volgere la mente altrove
perché il tempo di desinare è ancor distante
per risparmiarci almeno quel supplizio
giacchè sugl’imprevisti non abbiam comando.
A sera invece la vita ci dà una tregua
ed il tempo pure scivola abbattuto
non c’importa della nebbia che discende
ed il buio non ci opprime, è un guanto di velluto.
Vorremmo accanto chi c’empie il cuor di gioia
e c’intrattiene con vezzi e con moine
gustando un piatto allegro quanto il vino
che se bevuto di poco oltremisura
non reca danno alcuno ed anzi acquieta
l’ansia ed invoglia ad un salutare “sonno”.
Eppure quando il giorno è terminato
e con esso pure l’affanno e la fatica
crolliamo su una sedia e non più pensiamo
all’agognato piatto e al vino rosso.
Chi c’empie il cuor di gioia, troppo distante,
ci appare solo in sogno, sempre che il sonno
giunga puntuale e non ci burli.
*
Credono di conoscere l’amore quelli che
mano nella mano vanno
per le dritte vie e sognano oltre il sogno
estranei al profilo delle ombre sopra i muri
e che non sanno dell’asperità degli scogli
loro hanno di fronte il mare azzurro
appena mosso da mille incrinature
e vivono di vele e luce e canti di sirene
ma l’amore è quello che s’ostina
a remare dove c’è burrasca
ad agitare le acque con le braccia
da sponda a sponda fino ad un nuovo approdo
è quando non siamo a bordo né sul fondale
l’amore è un orbo che non può vedere
le impetuose inaspettate turbolenze
le vele issate e quelle ammainate
né contare le scialuppe in acqua
ma sa sempre dove finisce il mare.
*
Quella battaglia immane!
Il nostro tempo non è lo stesso
insieme per il mondo,
seguendo gli schemi si rimane a piedi
la festa non è festa.
Luna,
my star,
se solo sapessi
raccoglierti in un vaso di vetro
per dipingerti d’immenso!
La piccola foglia
la valigia
Icaro
l’umanità chiusa
dopo il silenzio…
Ecco:
il trenino dei desideri.
*
Enfasi – disperazione.
In anomalie del vivere
traduco quel morbo antico
gioia che si divide tra smarrita e sognata.
E un tarlo mi corrode.
Sanguina il sole all’orizzonte.
Dove io non sono tu non sei
Vittima di visioni dove cado
restando rannicchiata.
E tutto da me è staccato.
L'aria mi trapassa tra corteccia e carne
senza l'aderenza al corpo d'un vestito.
E non c’è spazio tra me e la terra
tra me e una sedia tra me e la vita.
Forse sto già migrando
per morire in qualche posto ignoto
diverso da questo dannato suolo.
Io ho radici nel vuoto, non come la quercia.
*
Ed oggi sento il vento le raffiche sul collo
dopo le folate tiepide del dì dinanzi
E guardo il cielo terso
spazzato dalle nubi
proprio a me di fronte.
Alle mie spalle invece,
levo il capo
e l’aria è cupa
e muta e sbigottita
pare fermenti
in improvvisi scrosci.
Ma forse il bianco impastato
dentro il grigio, va diradando
fino a dissolversi.
Noi,
distratti per un attimo
colti di sorpresa dall’azzurro in fioritura.
Dicono di marzo
che s’incapriccia per le vie,
scapestrato monello,
chiudendo e aprendo ombrelli.
Ma ogni mese vuole imitare il pazzerello
quand’anche per un lasso di tempo molto breve.
Il ronzio di un’ape dagli acini migrato
m’attraversa la strada
la mano scansa in viso
un invisibile passaggio
poco più di un solletico,
uno scatto all'indietro.
Per fugaci istanti
l’anima dimentica
le sue impervie vie,
è un’ombra che s’allunga
nella magia del sogno.
Ed io penso al fuoco
ai carboni accesi
alle caldarroste a due dita di novello.
E all’imminente inverno
al buio più propenso all’agognata quiete
in cui le rimembranze più in fondo custodite
tornano alla vita in quel rimuginare
dei miei pensieri, lento,
un logorio che spesso non approda a niente.
*
Io non ascolto le parole
ma so capire se muovono dal cuore
se il cielo indirizza i venti e placa le bufere
per il filo di brezza
io non ascolto le parole
vado oltre il suono
dove l’emozione è il freddo e caldo insieme
ed una sedia mi sorregge perché in piedi cederei,
le gambe molli gli occhi dentro scavi fondi
d’un vivere sofferto custodito come reliquia.
Io ascolto i silenzi, quei lunghi ponti
che vestono le attese di speranza
e piango per ogni desiderio abortito
per ogni viaggio pagato ed interrotto
per ogni stazione imprevista
io non ascolto le parole
non sono il mare fermo
non m’abbandono a riva
nel miraggio del sole
non cedo alle illusioni
amo l’aria fosca quanto basta
per agognare il sereno
ma non vivo senza onde.
*
E’ inutile bussare lì
non c’è una porta né una casa
forse un dì vi daranno una tenda
dicendovi…
ecco la vostra nuova casa
tutto è come prima
mobili vettovaglie e suppellettili.
Ma i quadri l’han venduti
tele e cornici e i cassetti
sono sgombri d’ogni cosa.
Un dì vi diranno di pazientare
chiedendovi ancora un sacrificio
ma per una casa vuota
per un sogno da tempo tramontato.
*
Da questa sponda non giungono
sono nascosti dietro siepi e muri
come a dover stanare il nemico
sentono l’odore dei pampini
il profumo dell’olivo
ma stanno al buio dentro le case
dietro le loro ragnatele
tramano per ore
hanno progetti efferati
e qui vengono di notte
solo per spiare,
alcuni da molto lontano
si soffermano sulla riva
da tanta quiete attratti,
gli artefici delle bufere.
I loro orizzonti sono di nebbia.
*
E’ un silenzio che sa di fumo e polvere
come fossero tutti sotto le macerie
è un silenzio vuoto senza voci dentro
senza racconti senza memorie
è un silenzio che cade come nebbia
e cancella ogni nome ogni vita ogni volto.
Nella stagione della vendemmia
hanno raccontato menzogne.
*
Il tempo giovanile ormai è passato
d’una chitarra sotto la finestra
di note che stridule giungevano
pur dopo tante prove mal riuscite.
Erano strimpellate d’un innamorato
alla fanciulla che col cuore in pena
andava avanti e indietro per la stanza
prima d’affacciarsi sulla soglia
tra un vaso di gerani e una barchetta
che costruiva sempre con la carta
ad ingannar l’attesa e la luna
lo sguardo un po’ maliardo sopra il tetto.
Ora nero un gatto sbuca dentro un vicolo
e l’ombra s’illumina e scompare
spenta è la finestra e pur deserta
di vasi di gerani e di barchetta.
*
E penso
a quando eravamo un’isola
e ai soli, tutti con la pretesa di una luce intensa
gare inutili nastri barriere voli
pianeti intorno talvolta impazziti
nell’aria brusii scrosci crepitii schiocchi
silenzi improvvisi parole travisate
maschere per ogni dì della settimana
e penso…
E penso
a quando all’isola approdarono in tanti
e i corvi stonarono sul coro dei pennuti
anche le palme smisero il canto
sebbene il vento le spettinasse con tenacia.
*
Un tempo strambo tra sole ed ombre
i passi leggeri come le vesti
di fiori un’esplosione sotto i raggi
tra le maglie di ferro
e i rampicanti a uniformar lo sfondo
quando più l’occhio addentro si sospinge,
una specie di nicchia
l’effigie d’una madonnina nella pietra.
Ma ecco le piogge insistenti i tetti lucidi
le strade mondate dalla polvere e dai rami
ecco gli ombrelli rovesciati
il battere delle imposte sui muri
le mani infreddolite il passo svelto
le finestre chiuse
e settembre, dopo l’afa l’azzurro cielo
i corvi le biciclette i pantaloni corti
le frotte di ragazzi in piazza,
è autunno col vestito scuro il volto cupo
il suo momento brutto la sua mestizia
l’ira come per qualcosa andato storto.
*
Hanno il suono flebile dei pensieri lassi desiosi di pace
i miei passi lenti noncuranti della strada
è uno strano ritorno la soglia dopo l’erta
in un sospiro rubato al silenzio
quando un altro giorno muore e la sera
t’accorgi d’una strana avarizia
delle poche parole tante sono morte negli anni
tante le abbiamo pronunciate bendati
quelle leggere il peso d’una carezza
trascurate per l’inclemenza crescente delle stagioni
Ti sovviene la morte col suo gelido fiato
a cancellare il torpore del tuo ordine inverso
tornano gli sguardi allo specchio riflessi
come lampi incrinati nell’aria
come scie meteoritiche fuggenti
è un abisso diverso quello in cui scivoli
al riparo dal rumore del giorno dove sai
che la poesia salverà il mondo
( è più di uno slogan è una fede )
ma è vera nell’attimo che sfiori l’eterno
poi impallidisce e tu tramonti col capo
reclinato d’un fiore. Il suolo l’ultima cosa
che sfiori stremato lontano dal ricordo
di quando carponi brucavi la strada
Comprendete ora la forza d’ una fiammella
nel buio universo tra i venti e quel suo ancheggiare
per resistere ancora all’ignoto
I passi lenti nella mente erano celeri
e i campi arati e i frutti caduti nel fango
le foglie ingiallite e i rami irti come armi sguainate
ci hanno fatto scordare il percorso la sua immane fatica
e i passi percettibili appena nel loro avanzare
si sono fermati una sosta soltanto una panchina deserta
l’orologio fermo ad una bieca stazione
la sera vestita di qualche vaga promessa
per placare le insidie del giorno
e fermare la morte e quel silenzio
che divideva il fruscio della seta dal cigolio della porta
poi con qualcuno abbiamo indossato la luce
sfiorandoci nel bacio più casto
abbiamo pregato inginocchiandoci
perché il dolore non fosse privilegio dell’anima
abbiamo immaginato traguardi con l’occhio d’un folle
e siamo tornati indietro nostalgici a guardare i binari
viaggi mai intrapresi scogli i passi fruscianti
la stessa voce dei nostri pensieri così uniti e così distanti
quando le mani operose davano vita alle cose
e i nostri piedi andavano lenti sotto cieli diversi
abbiamo coltivato fiori mietuto le spighe
irrigato la terra ed atteso il maturar delle vigne
abbiamo vissuto più di una vita
la nostra e quella dei cercatori di sogni.
*
Parole,
accartocciate come foglie,
cadono
Un sole malato nascondo dentro gli occhi
un sorriso che non svelo muore in un filo
L’anima ha cambiato la sua dimora
tra i pensieri che mi annichiliscono
e memorie scolorite
Hanno le grinze delle rose le labbra
al tramontar del giorno
Un gatto intona un miagolio
in un vicolo cieco
duettando con la mia voce insicura,
un lamento che al confronto stride.
*
E poi si lascia il giorno fuori l’uscio
accelerando il passo dove il cielo
allenta la bisaccia seminando
diamanti a destra e a manca, luce a iosa
Si danza sopra l’acqua e tra le fiamme
si accendono promesse che resistono
il fuoco d’un cerino eppur si avanza
con forza e con coraggio
Si crescono speranze si combatte
per dare al mondo quasi un bell’aspetto
un corpo più compatto un’armonia
ch’è sintesi d’amore ed è rispetto
Si sogna ma quando mente e corpo
cadono molli in grinze e scoramenti
col peso d’una piuma come un trave
si approda ad un’amara cognizione
d’aver perduto tempo assai prezioso
sottratto ai propri cari e a se stessi,
quegli esseri sì avvezzi a stare zitti
nel sopportar la croce con fierezza.
*
L’assenza ha un linguaggio
che non si dimentica
così il perseverare
in stranezze e fughe
premonitore
di un’oscurità da cui non si risale
ha indossato panni diversi
la solitudine
prima di mentire a se stessa
indifferente agli occhi di una folla (invisibile)
mentre sulla riva tramontava il giorno
e la notte scendeva, eterna.
"Si tessono le lodi, da morto, di chi nella vita è stato spesso ignorato."
- Rosetta Sacchi -
*
E rido
di come le opinioni cambiano.
Vittima o carnefice?
Le bocche tacciono alfine
quando il pensiero illumina.
Tra la folla il fariseo addita i suoi adepti,
ora false amicizie.
*
Mancano segmenti alla retta
il nome non può essere lo stesso.
Cosa può saperne un punto, direte
un minuscolo punto sperduto nell’oceano…
ma voi ostinati a rimanere a galla
affonderete nella melma.
Frottole, frottole
non c’è nessuna luce in fondo al tunnel
solo nomi destinati a sparire.
E sarà notte nonostante l’obolo.
*
È un luogo morto
Qui si portano i fiori tra loro
si guardano in viso al lume dei ceri
Qui sono le impronte le une sull’altre
uguali monotone vuote indistinte
Qui il vento talvolta reca olezzo di fiori
ma in questo luogo si compongono
solo fiori di carta e si scrivono i nomi
di chi in fila attende lo scambio dei doni.
E’ un luogo di morti.
*
Lasciatemi divertire disse il poeta
gioco con le parole scavo con le mani
traggo suoni faccio rumore
mi zittisco come se d’improvviso
toccassi il sacro suolo
Sono poeta? Scrivo, passo il tempo
domandando di me alla coscienza
quando il cuore è in letargo
per difesa per avaria per esperimento
scarabocchio l’anima celo i suoi segni
giusto il tempo di distrarmi
l’attimo di quiete prima del vento
perché quand’è bufera i miei occhi narrano
di ogni timore di ogni speranza caduta
di ogni tramonto di cose lontane
ma lasciatemi divertire
ora le parole sono come le farfalle sui fiori
e i miei pensieri non hanno spine
sono come le medaglie sul petto
per una buona azione
come sul naso i fiocchi
quando c’è neve
e il bianco vince il cielo
e il bianco è un giorno nuovo
lasciatemi divertire
è il mio passatempo
ingannare la vita
perché non m’illuda ancora.
*
La vita talvolta smette di guardarti in viso
divaga si distrae si nasconde cerca riparo al buio
per vie diverse giunge dove già sei
l’anima inchiodata da stenti e patimenti.
E non ti vede e tu non vedi Lei.
E non ti ascolta e non ascolti Lei
nel travaglio che lascia il mondo fuori
e dentro tarla ad ogni nuovo giorno.
*
Ha disertato il muro screpolato
per il cemento levigato
mutando direzione.
Orizzontale è un verme
una lumaca un grosso insetto
non importa quale.
Non una foglia o un ramo nei suoi pressi
non una pietra o una crepa nella crosta.
Lontana dal rosso dal verde
dall’ocra delle foglie
lontana dal fosso
dal mormorio dell’acqua
dal rigurgito del fango.
Immobile
tra l’ammasso di polvere
tra il grigio ed il colore
nell’angolo in fondo.
Il tempo di destarsi,
l’ombra d’un piede
che annaspa.
Scompare.
*
Discreto lo sguardo si posa per l’ultima volta
su ciò che hai amato: le opere i pensieri
i segreti dell’anima tua ora fiaccata
ed il verbo solo per dare spessore al silenzio
compagno di sempre. Rimembranze nel cuore
di chi ha saputo comprendere il tuo essere libero
fino alla soglia d’un vivere nuovo.
Otri gonfie di vento hanno ingrigito il cielo di maldicenze
e in cento volti t’hanno dipinto
ma un rapido sguardo è bastato
per capire che là tu non c’eri.
Si può far tacere la propria vita
ma non la propria morte
*
Ha strani meteorismi questa sera
boati che si rincorrono nell’aria
prolungati sordi cupi
un borbottare conscio del suo rumore.
E penso a quando il vento scuote le fronde
e lascia solo poche foglie ai rami
o a come tu spesso scuoti il capo
scrollando a terra i ricordi belli.
E guardo il cielo
la luna che svapora
dietro un cumulo di nubi.
E m’accompagno anche questa sera
ad una notte popolata e insonne.
*
E quando taglieremo il nastro vittoriosi
avremo sempre dinanzi nuovi scogli
e non ci sarà tempo per lucidar le armi
che altre battaglie ci metteranno a dura prova.
L’orizzonte sarà nei nostri occhi per un attimo
poi tornerà effimero talvolta nebuloso.
La vita è così. Un respiro profondo
tra un affanno e l’altro.
*
Per altre vie conduce il pensiero
sulla china c'è una luce che trema.
Si spegnerà travolta dall’ennesima burrasca.
Eppure le stelle presagirono un diverso epilogo
quando la luna per un attimo fu distratta
dal sorvegliar la terra.
*
Sapevo del filo teso nel vuoto
del titubare
del passo insicuro
del tornare indietro ai primordi
dell’eco di corde
un pizzicare di suoni
tintinnii lontani tra l’erba brucata.
Sapevo del mutare dei giorni
di un desinare in silenzio
di braccia conserte la sera
prima di isole o approdi.
Sapevo di cumuli d’anni
senza segni ad incider la pelle
di aritmie ed affanni
timori di perdere il dì seguente
ogni sudata conquista
sapevo di ombre e segnali
di cieli per metà oscuri
di dadi nell’aria
di lune nere di fuochi
nelle case degli altri
e di bracieri dormienti
ovunque ho avuto dimora.
*
Più corto il giorno
più triste il mio cammino.
Accelera il passo
prima del tramonto
per la desiata quiete.
Promessa che si rinnova
tregua all’affanno
del quotidiano vivere.
Le fatiche smesse
chiuse nel sacco
torneranno domani
come carboni tra la cenere.
Vincono le allodole
sul frinire delle cicale
nelle ore d’afa,
ma la brezza mitiga le sere
in questo strascico d’estate
prossimo a morire.
*
Quel ramo è troppo dritto o troppo curvo
la rosa è aulente sì ma ha troppe spine
la margherita ha un petalo piegato
Lei ride, gli occhi belli e i denti storti.
Non c’è di che gioire a questo mondo.
Il brutto è brutto e il bello
è bello...ma non lo è troppo.
Si cerca ovunque un neo specie se il ramo
insiste sul terreno che non è nostro
e la rosa affaccia all’altrui cancello
o il vento spettina la margheritina
perfetta... se non per il petalo piegato.
*
L’attesa alla vita toglie spazio
ed il tempo nel suo scorrere lento
non è che un supplizio senza fine.
*
I mondi lontani son tanti di passi e richiami sonanti
tra fredde pareti su un trave il corpo non trova riposo
non erano tutte certezze le vaghe promesse visioni
di luoghi più ameni forse mete di giorni pensati reali.
Non resta più traccia del tempo che fluente discreto scorreva
e ci accomiatava concordi seppur del distacco dolenti.
All’alba sono solo tramonti a narrare le nostre vicende
noi lembi scostati di labbra in attesa di suoni più allegri
noi sponde in eterno divise d’un fiume sempre irruento.
*
Quando al crocevia ho perso i tuoi occhi
ciecamente ho continuato a camminare.
V’erano siepi muraglie pali scogli
a separarmi dal giorno.
E’ stata la notte più lunga,
sì, quella senza i tuoi occhi!
*
Non per giungere al punto di partenza
quando dinanzi avevamo solo la strada
ma per riesumare istanti magici pensati ovvi
obliando l’affanno dell’erta
asperità di scogli abissi.
Eppure abbiamo issato bandiere
ad ogni meta insperata
abbiamo sorriso con gli occhi bassi
ad ogni riappacificazione
ostinati nel nostro viso deformato.
Abbiamo azzardato voli
sfiorando rami irti e cupole di foglie
oltrepassando il velo delle nubi.
E questo spiega perché
non si cancella in un attimo
tutto il tempo trascorso.
Si riscrive
con le promesse cadute
le speranze mutate
e le certezze tenaci,
abbarbicate all’anima.
*
Se il silenzio ora fosse suono
giungerebbe a te come violino
in una notte di luna piena
della nostra voce non resterebbe che l’armonia
e delle parole cadrebbe l’affanno
come un vestito ai nostri piedi
delle nostre bocche non rimarrebbe
che il fremito dei baci ed il respiro
smanioso di sempre nuovi approdi.
*
E poi c’è il dolore che non si racconta
quello che scava dentro con un bisturi
e rievoca sguardi mani tese
bocche ridenti suoni.
Ora tutto è fermo una linea piatta
senza sobbalzi
solo il dolore graffia attraversandomi
come fossi una pista di ghiaccio.
*
Un bacio saetta scivola sul petto
quando la notte giunge
e in dormiveglia m’appari
radioso in viso.
E quella luce improvvisa sulle ombre
è un pugno carezza sferrato di sorpresa.
Poesia nata da un esercizio con le parole : bacio, pugno
*
L’ordine sovvertito ed il caos regnante
al chiuso come pure in ogni spazio aperto
fanno pensare si sia toccato il fondo.
Accadono eventi di una tale gravità
indefiniti ed inclassificabili
ad opera di folli e d’ignoranti
di presuntuosi ed irriverenti.
Non si conoscono le mezze misure.
La voce alta oppure quasi assente
il silenzio assoluto o il frastuono
il fare spasmodico o il rimanere inerti.
Spesso si dice che non esiste ora
più scura della mezzanotte.
Ed a torto si pensa che esiste un apice
che nessuno può oltrepassare.
Nulla di più sbagliato!
E’ sconcertante... ma quel che accade
è lungi da ogn’ipotesi e da ogn'immaginare.
*
Talvolta lo schianto è abnorme
d’una parola che cade
il rimbalzare ha un suono altro il tonfo.
Del cupo dentro, fuori inoffensiva ironia.
Genesi del verbo spesso non è il pensiero
ma lo spirito turbato dalle vicessitudini.
Un tarlo invisibile. E nasce deforme ogni parola,
diviene feroce in un attimo.
*
Hanno dimenticato il bene fatto
le pennellate dentro la cornice
perché uno scarabocchio apparisse opera d’arte
hanno cancellato le lotte e i compromessi
per il traguardo d’un quieto vivere
le attese eterne di veder errori rimediati
e ravvedimenti per i limiti e gli eccessi
hanno dimenticato il lavoro speso
per fare d’una baracca una casa accogliente
e di un terreno sterile un verdeggiante prato.
Hanno dimenticato in fretta trascurando
il peso delle ombre e dei fantasmi.
Chi ha issato le vele non s’è accorto
dei troppi rimasti a terra
per indolenza o per inettitudine.
*
Si cambia paese città e ogni altro luogo
e s’incontrano spesso volti che non sono nuovi
che fecero altrove comparsa
ed ebbero vita più o meno breve.
Nomi mutati diversi per esseri che s’appellavano
in uno o due modi e forse anche tre.
Ricorrendo a un’iperbole potrei dire ch’erano cento.
C’è sempre chi serba memoria di tempi trascorsi
persone comportamenti.
Pensandoci bene potrei anche affermare
che nulla è più normale dell’essere strani.
Bisogna ora solo prestare attenzione
chè non tornino attuali vizi abitudini rudi ambizioni
modi vicende scambi e percorsi già noti.
*
Vorrei correre al mare come fossi fiume
e vestirmi di vento e sentire al passaggio
un murmure antico farsi canto
quando levo lo sguardo e ti cerco nel firmamento
e farsi nenia quando scivolo sul fondo e non ti sento
chiusa nel vortice della mia sofferenza.
Vorrei suonare le campane come fosse festa
quando invece le mani stringono mondi di carta
e il mio bicchiere non fa rumore levato in aria
e il vuoto ha memorie potenti come boomerang.
Vorrei spegnere i pensieri e chiudere gli occhi
rimanendo in equilibrio sopra un asse
il tempo d’un’alba che non tenga conto dell’ora
e che colga l’eterno in un attimo breve.
Vorrei riscrivere i sogni se ai sogni dispersi
si può dare un nuovo indirizzo
e prevedere i viaggi dove tu viaggi
ed io t’attendo e il traguardo è lo stesso.
Vorrei correre al mare come fossi fiume
felice d’essere nel divenire senza domandarmi
se c’è differenza tra il vivere e il morire
vorrei essere mare ora che non sono più fiume.
*
Non conosco tregua né riposo
in mille cose m’adopro e mi dimeno
supero ostacoli smusso angoli e limo
la mia rabbia per appianarne le asperità
raggiungo ogni traguardo coi miei mezzi.
Sudore e sangue segnano l’effigie
resisto alle brutture d’una vita
distratta e disattenta o forse spenta.
Dimentico di dirvi che son morta.
*
Quei chilometri di via dalla prigione alla finestra
al vento alla sua danza tra le tende
al tuo sguardo mosso
alle smorfie in cui piegava il viso
ogni qualvolta la voce con un tintinnio di campanelli
spezzava il silenzio incredulo a quelle pause inattese,
quei chilometri ora non sono che un tratto di matita cancellato
ammasso di polvere d’una strada chiusa.
Ora lo spazio è angusto piantonato.
Un nicchio che un faro di sorpresa alluma.
*
È il rivolo sul viso
al vibrare d’uno spiffero d’aria
sentirsi stretti in un involucro
incollati confusi dissolti.
Anche la luce opprime…
oltre al filo teso del pensiero
e noi muti appesi al tempo
nostalgici e desiosi
d’ogni cosa che varia
dall’attuale fermento.
Morire in quest’apnea...
prima dell’immersione in mare
o in un bicchiere.
*
Ora è il silenzio e tutto è ricomposto
anche i pensieri hanno un nuovo assetto
e quel che giunge da accanita sorte
ha l’aria d’essere persino razionale.
Fuori la canicola è opprimente
dentro un vento gelido che sferza.
Racconta di altri soli e lune nuove
ed ora di una solitudine più amara.
*
M’investi dirottandomi
verso oscuri abissi.
Nessuna stella cade.
Ancora un’illusione…
il fragore è lo spasmo d’una risata
che mi salva dal perdere il senno.
*
Pensieri silenti intimi desideri
in una notte di lacrime o carboni?
Resteremo a rincorrere lo sciame
e a dare nuovo afflato alla speranza.
*
Saranno ancora lacrime del cielo
tra sfavillanti fuochi?
Nuovi supplizi?
Come quando una rondine
giacque riversa al suolo
e le bambole
non varcarono mai l’uscio?
*
Cancella e riscrive
lascia progetti in sospeso
promesse incompiute
riapre scrigni e dentro sigilla
sogni segreti e le cose più belle
riesuma antiche memorie
canta le pecche dei vivi
denuncia le assenze
ogni effimera comparsa
la vanità d’un vivere vuoto
le finzioni e menzogne
i pensieri taciuti.
E ride...
di chi piange
eredità inesistenti
beni mai posseduti.
*
Spesso l’inquietudine ho incontrato
quando ambivo andare oltre l’orizzonte
ma l’occhio s’arrestava al muro
all’angolo di strada
allo scorcio di panorama alla finestra
alla siepe alta che invadeva sul ciglio
la polvere e la strada.
Dal suo sommo osservava il piede,
stanco dopo tanto peregrinare e senza meta,
oltre l’angolo di strada
e tra le spighe in un mare verde
oltrepassando il muro e quella siepe
così fitta di foglie e così cupa.
Dire non so chi è più bravo
e se è una gara una tale meraviglia!
*
Scegli un angolo al buio
per ricomporre memorie.
Chiudi le imposte spranghi la porta
spegni i rumori e riaccompagni le croci
al loro calvario tra pianto e preghiere.
Piovono fiori poi foglie poi neve
passano mesi che sembrano uguali
tornano istanti di vita fugace.
Tornano solitudini sempre più amare
premature partenze indefinite paure.
E poi quando il tempo si finge tuo amico
c’è ancora qualcuno che ti parla di morte.
*
Oggi tace il vento.
Il dì trascorso sputava fuoco
spietate fauci come di belva
nell’aria il fumo di bruciate stoppie
pungente alle narici.
Il passo il trainar d’un carro, in salita
l’affanno d’un infruttuoso tempo decapitato
l’insofferenza all’apice il ventilatore una mitraglia
il cervello come in avaria l'urlo in gola fermo
per non destar sospetto ma c’era da uscir di senno.
Oggi un caldo sfatto macera la stanza
la foga affievolita come dopo l’incendio l’arso
fuori l’aria fresca una zattera nel mare ondoso
e dentro… un alito tra le tende alla finestra
auspicio di una tregua forse d’un giorno solo
forse più duratura ma oggi piove… lo dicevano da ieri.
Allora pioverà.
*
Ho sceso gradini d’acqua
specchio torbido di foglie morte
fino al leccio e al castagno
e fino alle pendici del vulcano
cratere infuocato
bocca di lava spenta.
Ho dormito sulle sue sponde tutta la notte.
*
Non tra quelle vive pagine
segrete ed inesplorate
s’è compiuto il mistero
sospeso è ancora il filo
il viaggio il destino di parole
seminate per le vie
altre vendemmie m’attendono
filari meno radi che non lasciano
intravedere il cielo e le sfumature
del viola verso il nero
a dar pensiero a chi è lungi
dal penetrare la verità
ecco…
possedere è un’inquietudine che non appaga
ma crea labirinti dove anche le attese
si spingono troppo lontano
quelle pagine vive erano una sfida
(vinta?) senza competizione
un narrare incessante
senza alcuna intenzione.
Pensando al mio libro che porta il titolo di "Quel limbo infinito"
*
Nulla è mutato
siedo l’attimo di una stella cadente
sul torrido muro assordata dalle cicale
è un frinire che sale anche il coro di voci
che mi tarlano dentro
Altri passi rincorro
per vedere indelebili
orme più chiare
al tempo d’un percorso sospeso
a fuochi mai spenti
sotto la cenere grigia
e barcollo di solitudine
nelle notti di luna
tra l’abbaiare d’un cane
ed un faro avaro di luce
Memorie che sfoglio
nostalgie di strumenti stonati
e piazze fino all’orlo riempite,
rimbombo, della goccia l’inatteso stillare
che sempre tradiva nell’istante distratto.
*
Tramava alle nostre spalle il domani
e nuovi timori covava nel suo seno
ma la speranza ci raggiungeva sempre
come brezza sull’imbrunire
dal tuo labbro ascoltavo
il verbo tanto atteso
non il ripetersi di parole stanche
lasciate cadere come per inerzia
ma il silenzio che mutava in canto
per scemare poi in dolce nenia
quando tu eri l’attimo di vita vera
tra visione e meraviglia.
*
Spesso le parole sono aborti del pensiero
così distante dalla corporea sofferenza.
La luna in cielo osserva sbigottita
una terra insoddisfatta,
mai stanca de suoi cicli
e un uomo sogna più morbidi giacigli
per sopportare la ruvidezza delle pietre.
Spesso le speranze sono vane
e luna e terra ci appaiono lontane in egual modo
ci si consola col profumo d’una rosa
quando il giardino ci è precluso
laddove altri hanno ereditato solo spine.
*
Ad un estremo la vita coi suoi grovigli
e le sue impellenze e sorprese
e lo stupore di attimi fugaci
ad allentare la morsa della fatica.
All'altro una forza che scema e svela
la cieca rassegnazione alla sorte (buona o cattiva).
Ogni richiamo messo a tacere
è un soldato che ci cade dinanzi
e noi sconfitti nell’ultima battaglia
già avviati alla meta sediamo sul ciglio,
la memoria ad enumerare sventure
obliando medaglie ed i tanti traguardi felici.
*
Ora m’aspetto di vederti
ora che il tempo s’è distratto
e non ci domanda di correre
né di fermarci
ora che non è necessario
distinguere tra albe e tramonti
ma l’orizzonte è così ampio
e grondante di luce.
I miei piedi battono il ritmo
il cuore flette sul ritornello
musica e voce graffiano il silenzio
come il tuo pensiero gli abissi dell’anima
come i tuoi occhi il buio più nero.
Lento e sexy il tuo respiro
giunge alla mia nuca
e posso sentire le tue mani sui fianchi
e dopo tanto immaginare
notti di luna piena e calici silenziosi
aspettare ancora di vederti
come sempre pensoso
reduce da un giorno pesante.
Ma tu sorprendimi con un sorriso
che abbia il sapore d’un sogno
anche se non sappiamo se è vero
un sorriso tenace
come un morso alla terra prima del paradiso.
In ascolto di slow and sexy blues
*
Attendevo un miracolo
una stella buona
una pioggia benefica sul capo
mentre immaginavo a fatica
un percorso dritto un riparo
di legno o di rami e foglie
o di braccia
quasi un nido.
E c’erano occhi accesi la sera
come fari
ed un silenzio assoluto
a far sì che la mente percepisse
più di un miraggio
non un’illusione
ma una promessa.
*
Sei forse tra le cose che non scrivi
le parole troncate le sillabe farfugliate
per confondere il silenzio?
Questo tempo che passa prende ogni energia
ed allontana dal nostro essere liberi
non ci dà più attimi per un pensiero
che non sia un’ambascia,
avulso da timori e dubbi
un pensiero che sia una pausa
la sosta su uno scalino
una carezza indefinita
un sorso d’aria pura.
Sei forse tra le cose che fanno rumore
le speranze seppellite i desideri zittiti
per circoscrivere il dolore?
Questa vita domanda incessantemente
ci consuma nell’attesa non dà tregua
non fa sconti ha sorprese amare
non regala più niente.
*
E poi si cambiano le case e non solo.
Ed i sogni finiscono nel cassetto dei pegni da pagare,
quasi per errore, mentre si tenta di porre ordine al caos
e le abitudini generano nuove abitudini
i pensieri mutano si dividono
i problemi aumentano.
Finchè vivere non diventa solo una corsa ad ostacoli
finchè l’affanno non ci ferma il respiro
mentre la vita continua a correre senza di noi.
*
Ora cammino su di un filo spezzato
più a memoria che in equilibrio
le parole divelte dal pensiero
_come foglie d’autunno_
pendono dal labbro
vanno a morire
sugli umidi sentieri
e sulle panchine vuote
lavate dalla pioggia
o cosparse di polvere
quando il tempo è secco.
*
Una pioggia d’oro nella sfera di vetro
nasconde e svela il paesaggio
flash si susseguono allo sguardo
luce ed ombre
(noi sobbalzati da un ritmo serrato)
balenii d’un esistere allegro
oltre le illusioni o i miraggi
e più su del monotono vivere,
nel suo scorrere lento.
*
Vorrei anch’io parlare ad una capra e in quel belato
far giungere il lamento d’un dolore che più non racconto
tanto è antico e tanto ha infastidito l’altrui orecchio
o parlerei forse ad un cane zoppicante che meglio saprebbe dire
come ci si sente dietro l’uscio in un’attesa vana e al freddo
anche quando l’atmosfera fuori è ardente.
Dicono dell’uccellino in gabbia, specie se non accompagnato,
che per amore non canta bensì per rabbia,
io tra quattro mura sconto il monotono canto che nell’aria
delle tortore si diffonde. Ecco giusto un verso che ha il vizio
d’essere un lamento e che troppo spesso mi dà noia.
Questo tubare senza tregua che rievoca la pena del viverti distante.
*
(Addii)
Sorgono soli e tramontano in questo giorno interminabile
che scaccia nuvole e rivela tetti ed alture in lontananza
che sente affanni e s’interroga su chi accusar dei sospiri
Muoiono lune in questo tempo di rumori assiepati
e discordi pensieri di naufraghe speranze e miraggi
mentre nell’aria si diffondono note d’archi e di fiati
Ha vie opposte la solitudine fughe ed esili
vele strappate e binari morti ha falsi giacigli
soste e riprese ha finzioni che interpretano stati di quiete
Ha troppe notti il giorno senza intervalli
soli che muoiono al sorgere giù per le valli
tempo che rotola e lascia il peso delle memorie.
*
Non torno più a guardare il mare ondoso
nuvole in fuga su scogli flagellati
e scrosci d’impeto che giungono fino a riva.
Bramo il silenzio e sulla sua coltre
il fitto cinguettio tra i rami
il vento quando spettina le chiome
col suo passo leggero dentro i vicoli.
Il silenzio e il mare...
quando è un fluire di lucciole
mentre annotta.
*
Ti consegnano la chiave e cambiano la serratura
quando sei già sul punto di sciogliere l’enigma.
D’improvviso tutto muta in un sepolcrale silenzio.
Agonizzante e sudato accogli la luce del giorno
o la sveglia d’un’ora qualsiasi che urla.
E' solo un breve passaggio e sei
di nuovo perpendicolare al suolo,
a decidere il passo o la sosta.
*
Del tuo viso,
dello sguardo immoto
so il traghettare dei pensieri
il virare
i gorghi
il limaccioso fondo
l'apnea.
Il riaffiorare in superficie
il carezzar le sponde.
*
Ora il pensiero gela
nell’eco di lacrime silenti
nodi al petto a tenere stretti
gli istanti più recenti e già distanti.
Il pensiero riascolta quella voce
che divenne muta prima che le stelle
diventassero ceri nello spasmo della notte.
- un 13 di luglio -
*
T’appropinqui alla soglia
dell’invisibile
in ogni limite l’apogeo
dal cielo tocchi il fondo
i suoi abissi incolmabili le sue gravidanze
il mutar delle attese.
Un sorriso trafigge la ragnatela
l’umana impotenza in ogni desiderare
si gode il podio
ognuno ha il proprio calice
e addosso solo la nuda verità.
*
D’un tronco so l’incavo e il dosso
di come credendo dritta l’ansa si cade
o di come si affonda deficiente in equilibrio
di come a stento s’attraversa un dorso grezzo
ipotizzandolo spianato
so di asperità ed increspature
di sobbalzi passi singultanti
virgole in volo bruschi approdi.
Ho l’indice di chi caduto giace
e il nome di chi risale ardito
l'esempio d’un differente andare
dal vivere uguale in una stagione lenta
d’un tronco so l’incespicare tra i nodi
il zigzagare scostante le lunghe file
fino ai rami il trascinarsi come per inerzia
il gonfiarsi ed il ritirarsi tra le crepe.
*
Non piovono solo foglie
pure rami esili fili spinosi
nel nodo che divarica spazi
e mulinelli di terra e sabbia
Imbrattato il passo sulle orme antiche
in alto un cielo volubile
nuvole copulanti
nuvole spesse su nuvole rade
Muto quel rintocco
manchi di un tono in più
mentre ti preannuncia
tra sfumature ed assenze.
La signora misteriosa
da lassù scruta
oscura in volto
questa terra inquieta.
*
Non sa del mio dolore
mentre mi scolpisce
ed io conto ad una ad una
le mie giunture.
Qualche lacrima ristagna
nell' incavo dell'occhio
nonostante questo mio sguardo fisso
di burattino.
*
D’improvviso
il nero torna chiaro
l’opaco un velo
i colori netti,
confini e non grovigli
come se una mano
avesse avuto occhi
ed intelletto
ripristinando l’ordine
prima disfatto.
Uno stato provvisorio
che però mi giova.
Le case sono case
gli alberi alberi
e la strada
solo l’ultima fatica
prima della sera.
*
Solo un trillo empie l'aria
più tardi, roco
un tubare di tortore.
M'assedia.
Di cornacchie, improvviso
uno stuolo sul capo.
Lo schiamazzo interrompe
dei passi la quiete.
*
Erano i sentieri di polvere e sabbia
di terra battuta e sassi
le pause fugaci di un tempo
sottratto alla dritta via
e allo stare attenti al percorso
dove si guardava solo avanti
perdendo il panorama ai lati della strada.
*
E poi ti scrivono dal nord e tu a sud hai l’afa sulla pelle
il fuoco acceso il pranzo d’obbligo i tuoi affanni
che non vuoi elencare perché sai che così è la vita
e poi ti pensano in altri lidi che sei padrona del tempo
che non hai figli non hai camicie da stirare non hai doveri
non hai valigie da disfare case da pulire file per le spese
e poi sorridono e vorrebbero tu sorridessi
fanno progetti e vorrebbero ti entusiasmassi
gioiscono e vorrebbero tu varcassi la soglia
della tua tristezza una seconda pelle
a cui hai fatto il vezzo ordinando ai tuoi occhi
di non commuoversi perché sarebbe inutile
come dire alle stelle di non cadere in mare
quando vogliono rimanere in cielo.
*
I tuoi occhi sono il mare bruno
quando accoglie la notte e la luce pare assente
sono due sponde nude dopo l'onda
sono le labbra mute che disegnano il vuoto.
I tuoi occhi sono giardini fioriti
sono zefiri che profumano di zagare
ed abbracciano il vuoto quando é pieno
di quel che occhio estraneo non vede.
I tuoi occhi sono i monti all'imbrunire
un profilo fragile quasi assente
quando un velo appanna l'orizzonte.
I tuoi occhi sono lumi.
I tuoi occhi sono fari
quando la tempesta strappa vele al mare.
I tuoi occhi sono arcobaleni
quando il maremoto in me si placa
per un gesto non gradito
un tuo spontaneo errare senza meta
un pensiero che si posa dove non dovrebbe stare.
I tuoi occhi sono eterni, l'infinito dove naufragare.
*
I sogni non hanno nido
spiccano il volo quando il momento è più propizio
planano come a fermare l’aria quando è truce
s’imbattono in cupe chiome o irti rami
trafiggono le nubi affiorano in un lembo di sereno
sono silenziosi quando cantano
e fanno rumore quando tentano di sopprimerli.
I sogni sono viaggiatori senza bagagli.
*
Non è per l’erta
il passo troppo svelto
l’afa.
E’ questo pensiero
che oggi ha abbracciato mille cose
che ha dato vita a timori e speranze
che ha intrapreso un cammino
lo ha sospeso è tornato indietro
ha cambiato programma
è questo pensiero che era lì
poi qui che correva inciampando
e tornava rimuginando,
più di un nodo
più di un affanno
più di un’ansia…
il timore che il tempo
passava invano
e che del giorno una volta trascorso
non sarebbe rimasto più nulla.
*
Entrasti in chiesa
forse un istante dopo
forse ore
per camminare
sul mio stesso suolo.
Altra prova d’amor
non reclama l’anima
né attende.
*
Forse la gioia è passata per la croce
qui l’origine non muta crea
e i colori sembrano smentire
il candore che cancella il buio
qui risiede l’amore ci son le prove
solo i poeti credono che l’amore
dimori nel cuore. E’ per la rima.
Ma qui è il passo ed il cammino
l’esplorazione le tracce il premio
il velo rubato alle farfalle le vele in mare
le sfumature delle perle.
Forse il silenzio è passato per la voce
qui le stanze sono vere
e i pavimenti non sono di vetro
i fari sono gli occhi che hai avuto di fronte
quando hai incontrato l'anima gemella.
*
Sei dove domandi d’essere
i tuoi spazi sono dappertutto
i tuoi passi invisibili
i tuoi piedi inesistenti.
Senza proferir parola parli
senza vedere vedi
senza toccare tocchi
non sei vicino né lontano.
*
Lasciai un dì andare una barchetta
gambe gracili sotto un vestito di carta
e l’osservai sparire all’orizzonte.
I piedi nudi oggi nel solletico dell’onda
nel fluttuo affiora una bottiglia e approda a riva
la sua anima un mistero stinto in un rotolino.
Attendo sempre il giorno al suo tramontare
il chiasso scema e la luna tonda stampata in cielo
il passo mi rischiara. Adagio il mio pensiero muove
plana dove l’aria è un velo sopra il mare e dove
la tua visione è amore, promessa che s’avvera.
*
Io amo il sax te l’avrò detto mille volte
ma non ho alternativa alle tue corde
se non questo silenzio sovrumano
che mi confonde alle tante ombre
danzo sui muri al pizzicare e vibro
come sul fiore una farfalla
un motivetto riesumo dal tempo
mentre penso a te amore mio lontano
e vorrei dirti dormi che nel cuore
ogni nota è gioia ed è dolore
e vorrei dirti approda che non è tempo
di cavalcare il mare, dove una vela
accoglie promesse già mature.
*
Primavera
di fragole acerbe
ciliegie succose
di erba tagliata ai cigli
odore di pioggia
su zolle riarse
e rami spogliati
dal vento improvviso.
Rosa lo sciame
nell’aria di petali
all’alba un trillo festoso
e balconi di luce
nostalgia di gerani
screziati.
Rintocco di ore
campanile che taglia
le nuvole rade
caldo il profumo
alle nari
del pane sfornato
sale la verde collina
capriccio di rose e di spine
ai cancelli
nuova vita che sboccia.
*
E’ lunga la via e poco sicura la meta
per via del tempo così indefinito e così breve
quando guardi l’orizzonte e non ti domandi più nulla.
Una mano ti ferma e tu arresti il respiro
un pensiero ti invita al silenzio
e tu taci la tempesta che ti scuote,
non è ferma l’aria ma il vento è dalla tua parte
e vai noncurante di chi ti dice fermati e taci e ascolta.
La tua voce non è la tua voce è l’eco di tanti traguardi falliti
di voli interrotti di ali bruciate di attese tradite
è il grido soffocato dentro notti fioche quando la luna
è uno spicchio immaturo smarrito distratto
e non c’è più uno stolto ad indicarla col dito,
così lontana dall’essere piena e dall’essere nuova
così vuota del suo gravido corpo sospeso nel vuoto.
*
Poli dove non voglio stare
anomalie del vivere
aspettative che cadono
come foglie dai rami
sintesi di quel morbo.
Un tarlo che mi corrode.
Fossi di legno non sanguinerei
né avrei lacrime per panorami tramontati.
Oltre le mie paure non so andare...
di perdere il tuo cuore,
la mia dimora
dove ho radici ben salde, ora.
*
Sorge dal mare ridente il sole.
Si libra Aurora, nel cielo
tenebroso per l'ora
e fosco di nubi,
tra le mani recando di rose
una ghirlanda, solleva di fiori
piccoli serti, a inframmentare
del velo notturno la cupa oscurità,
prima dell’alba nuova e tenue di colori.
Fosforo dinanzi il cammino rischiara
la torcia nella mano egli conduce
al seguito il carro trainato
da cavalli, agili e ardenti,
quattro animali, diversi nel manto
per nuances di colori
a significar della luce
il grado ad ogn’istante differente,
prima dell’apparir del sole.
Apollo d’aureola incorniciato
alla guida del carro d’oro
l’aria scuote, in un balzo leggero
e nel suo drappo avvolto.
Si scompone la luce calda
nei colori luminosi dei veli
a riparar giovani corpi di fanciulle,
le ore, danzanti intorno al sole
in un trionfo di luce.
E il drappeggio di nubi appare,
una scena leggera che cala
sul blu della notte.
Poesia pubblicata il 23/04/2015
sul sito "Scrivere" - ispirata al dipinto di Guido Reni-
*
Le tue labbra erano ciliegie
e quel dettaglio che sfuggiva
quando il risveglio
lasciava solo strascichi del sogno
nei giorni di magra
e il desiderio forte
mi torceva le viscere.
Noi ad opposti poli
ed io a domandarmi
se il tuo cielo fosse anche il mio
mentre le tue labbra insanguinavano l’aria
quando il vento s’alzava
ed io chiudevo gli occhi
per un istante in più del tuo sapore.
Orfana del ramo pendevo da te
così maturo nei miei pensieri.
*
Punti minuscoli si legano tra loro
ha il colore del mare l’infinito
e quel lucore abbaglia forse più dei lumi
che le notti accendono quando gli animi
ben disposti a sognare cedono all’oblio.
Effervescenza lievita schiumando,
nel profondo v’è un abisso oscuro
cripta di suoni e di tesori, distante
dalla vita che esplode in superficie.
Trasparenza che rapisce la luce
e si veste di bianco e l’azzurro sovrasta
va poi diradando in gocciole e scie
che tremano alla brezza.
*
Dirò che mi fai soffrire? Mai!
Chè della sofferenza c’è chi gode
chi dal suo evolversi trae giovamento.
Hai mai visto qualcuno gioire
per i tuoi successi?
Hai mai sentito qualche altro
dolersi per le tue sventure?
Forse sì
con parole menzognere e moine
con sorrisi compiacenti… davanti
ma alle spalle quante trappole
quanti inganni e tranelli.
Dirò che mi fai soffrire? No!
Chè dalla sofferenza risalgo,
traggo insegnamento e semmai
affino l’arte di sopravviverti.
*
Volevo fare il pilota
non mangiavo
mi procuravo il cibo
solo per continuare a volare
volevo un posto tranquillo
per le mie acrobazie
volevo andare lontano.
Espulso incompreso
mi sono fermato
dove pensavo
fosse la mia meta ultima.
Chiang mi ha insegnato
a volare con il pensiero
mi ha spiegato che oltre
c’è solo l’Amore.
*
Del brutto anatroccolo serbo il timore
quando il ventre materno m’era nido e scudo
stemperato ora è l’originario grigio
un argenteo riflesso alla luce che cala.
Sull’ombra cupa il candore d’un ventaglio
che s’apre s’impenna come onda del mare,
fletto appena lo sguardo... pendo
solo per amore del collo flessuoso.
*
Spesso l’inquietudine amara
ha fermato i miei passi
ha bruciato le parole sulle labbra
come stoppie in mezzo al campo
mi ha restituito pensieri monchi.
E le ali sono rimaste lì,
come un sogno precluso alle mie notti.
Ho guardato il vuoto
come si guarda un foglio vergine
senza segni o immagini e percorsi
e poi come si guarda un foglio nero
senza luci né ombre né colori
ed ho atteso senza sapere cosa
avrebbe spazzato via la mia inquietudine
ed ho atteso che il giorno al suo declino
mi promettesse la luna in un profilo vago
e che la notte le raccontasse storie
per trattenerla in cielo.
Alla luna ho domandato
se sono più gli amanti che i poeti
a farfugliare parole incomprensibili
a prendersi per mano come bambini
a confidar segreti o a sognare.
*
Ed era lì al limite ed io al largo
la meta agognata e misteriosa
ed era ferma selvaggia ed inesplorata
ed io paziente nell’immenso mare
ed era approdo alla terraferma
ed io lo sguardo avanti
l’ombra distante
ed era tutto nel mio orizzonte
io planante, i miei pensieri altrove.
*
C’è bonaccia nei miei pensieri
mi fiancheggia un mare fermo
mentre scruto il vuoto
colmo di te dei tuoi passi
delle tue mani delle tue assenze.
Il tempo passa. Passa e non muta
tesse una tela che io disfo
a sua insaputa.
L’attesa, una mezza condanna
che amo e che bramo… eterna.
*
Piovve manna da te
ed io saziai
ogni mia interminabile
fame passata
straripò il torrente
e nell’impeto della corsa
fino al mare
portò via con sé pelle
e cellule e sangue
e nel respiro crescente
calmò la furia
della sua passione.
Fu buio d’intorno
in oscure cavità
celai lo scrigno
dei miei tesori
penetrasti di luce
le mie tenebre
e crebbe il fermento
nella terra.
Ritrovai l’attimo d’eterno
nella tempesta
di fiamme e brividi
aggrappata allo scoglio
e ai tuoi vestiti
là dove il cielo
sconfinò nel mare
là dove la parola
abortì il silenzio.
*
Correre come volare.
Tra cielo e terra
un mare mosso d’erba.
Si sfrangia la criniera
nel respiro del vento,
un vortice di pensieri
improvviso s’acquieta.
Sono momenti dell’essere
lontano dal frastuono del mondo.
*
acrostico
Giusto te aspettavo al varco
Immaturo ti presenti dopo maggio
Ultimo mese che t’ha preceduto
Giro per le strade solitarie e il vento
Non promette alcun cambiamento
Oso una veste leggera ma è inverno
Nonostante la cattività pensavo
Ormai a passeggiate nel bosco
Non lontano dal paese o a viaggi in mare
Tu sei in combutta col virus
Irremovibile insisti col tuo monito
Resto dentro e scrivo poesie e sogno
Instancabile l’ispirazione mi sorregge ancora
Come quando fuori imperversava la bufera
Ostacolando ogni mio progetto
Non avevo che i miei pensieri
Ora gli uccelli trillano alla mia finestra
Sono in festa anch’io per metà tempo
Coloro la mensa l’attesa le pareti ma poi
Oscura è la mia notte senza luna e senza te.
*
Dov’è la luce e dove l’ombra poco importa
ma che un raggio non bruci fragili corolle
sì che importa. Il vento, assente, non agita
ali di carta così le mie vesti cucite addosso
nulla dicono della mia fragilità.
Rosso ed oro…
cosi vicini alla terra e così distanti!
*
Di che pelle sei quando sorridi
e il sole bacia i fiori sopra il muretto
di che pelle piangi quando il cielo
è un abisso al contrario dove
vorresti lanciare un sasso ma non puoi
di che pelle sogni quando dormi
poche ore e le altre pensi
a chi non mangia a chi muore
ai bordi della strada
a chi è solo con un calice che trema
tra le mani bianche o nere
o gialle o arancione…
*
Il pensiero di un istante, sferico disegno
a catturare icone di mondi immensi.
La cupola del cielo cade come fosse sabbia,
era all’origine l’occhio azzurro d’un bambino
ora una lama che taglia sottile la collina
e sotto il mare maschera un fondo
dove s’inabissa un sasso.
Colpa del filtro se una biglia prende colori
e luce ed interpreta il suono tornando ad eco
e rotola in uno sfondo che varia mentre l’anima
entra in silenzio nel nero della notte.
*
E’ uno dei momenti rari in cui non bramo
un vivere diverso da questa continua corsa
in salita. Nuova linfa m’attraversa e di speme
s’illumina la via dove il passo muove leggero
sempre più addestrato alla fatica.
Ma ho il cuore gonfio di pena per non trovarti
sulla porta ad aspettarmi come nel recente sogno
dopo anni di magra, mentre il palmo d’una mano
posa sui miei occhi leggera una carezza
ed il pensiero, così imprendibile, è una scia di luce fino a te.
*
Il tempo scalfisce ad ogni passo
la mente di chi resta.
Chi non è più esiste in assenza
di gesti parole moti del cuore.
Immutabile eterno
danza in un vortice di foglie
o nel volo s’innalza in acrobazie
tra bianche scie ed incroci
d’aquiloni o gabbiani.
I tanti luoghi scrivono di scenari
apparentemente diversi.
Chi non è più vive
ogni partenza senza l’affanno
nel cuore sapendo d’essere
ovunque noi siamo.
Vivi ed eruditi d’un sapere
che lievita inutile
finchè placheremo l’arsura
apprendendo un nuovo alfabeto.
*
Vorrei promesse vere per te,
d’un passo allegro mentre la radio suona
e tu l’occhio fino, le mani operose
artefice di sempre nuove magie
ma odo un cigolio, uno stridere improvviso
ed uno sbadiglio confuso nel lamento
per questa vita che si sta riprendendo tutto
e l’affanno del tuo respiro ad una minima fatica.
Un altro anno ancora a ricordare insieme
i tempi passati di mietiture e floridi raccolti
mentre lo so, avverti il mio pensiero baciare
il candore della tua chioma nel riflesso pallido del sole.
A mia madre nel giorno del suo compleanno.
*
Come in una bisaccia tengo strette le mie cose
poche stavolta, ho rinchiuso i miei pensieri
barattando col caso un cervello vuoto per un po’ di quiete
non avverto che il peso del corpo ma cessa
se i piedi all’improvviso si fermano.
Un albero secolare un muro la strada sterrata
una panchina l’orologio in piazza, oltre... la chiesa.
Ma non in questo ordine…
Da tempo non mi volto indietro
ora i miei occhi ascoltano solo i tuoi silenzi
e agognano un sorriso dopo ogni bufera.
*
Perché torno sui miei passi non so
e in quella casa dalle persiane rotte
dove il tetto stride sopra il capo
e il pavimento vacilla sotto il piede.
Il vento muove il mare sugli scogli
e il mare lascia perle nella sabbia
io vado incontro al mare
e incontro al vento
e sbatto sugli scogli mentre cerco
la luce del sole quando è giorno
e delle stelle il brillio quando le ombre
affollano le vie i muri e i miei pensieri.
E poche perle rinvengo sulla riva,
parole ritraggono fedeli immagini reali
o fantasie di tempi ormai passati
puliti veri mentre ora il fango è ovunque
e affonda il passo anche dove il verde
illude e ondeggia come un mare nella brezza
e reca la tacita promessa del frutto
che (necessariamente) segue al fiore.
*
Non lenisce la solitudine un canto alla radio,
più simile ad un gracidare di rane che nel vento
si leva, in una stagione senza promesse.
La cantilena di giorni che pesano anche da fermi
e mille espedienti per rimanere svegli la sera
quando le palpebre sbattono come imposte.
Accade anche a me di cancellare il mondo
per interminabili istanti e migrare lontano.
Guardami ancora prima del buio
mentre scivolo come una stella nel mare!
Rimani, nell’onda che mi avvolge voluttuosa.
Ha il sapore di te e del tuo abbraccio
le rare volte che sogno ed intorno regna la quiete.
*
Doveva finire un venerdì
la tua tribolazione, di maggio,
l’aria fredda d’una finestra
spalancata a spegnerti il respiro?
Non amo i fiori dai colori allegri
quasi a smentire un funesto giorno.
La memoria è piena di fiori rossi e gialli
e di foglie a stormi e di stagioni tristi.
Esonda come un fiume in piena
ed io travolta dall’impeto mi dimeno.
Non so nuotare. Altro guaio, altro affanno.
Giungerò al sospirato giorno?
Del ringraziamento, dico …
per essere ancora viva,
così sarcastica e spesso isterica,
e lamentarmi della casualità?
Dovevo nascere anche quell’anno a maggio,
dopo l’infausto interminabile venerdì?
Odio i fiori. Anche le rose rosse,
tre, appassite, il cimelio d’un altro viaggio,
per altro borgo, da me distante.
*
Abbondanza di parole e fiori reca il giorno
immagini allegre quasi il sunto d’un pensiero
istanti in cui la vita cessa il ritmo
e la dura lotta per una pausa
ma anche il gioco annienta
mentre promette divertimento e quiete
mi nutro ma non mi sfamo
il cielo sta barattando nuvole
con pochi raggi, alieno un viaggio
dove tra cime verdi e rami
si levano gorgheggi.
Sei come in una nicchia, in fondo,
oltre le siepi sì da apparir distante
ma in questa assenza sei il trillo
che mi desta e muta l’ore sul finire
e ad ogni attesa che non ha nome
imprime nuovo sigillo.
Un bacio in volo o il segno d’una mano
che scava un foglio abbozzando carezze.
*
Spesso per non parlare di qualità evidenti
si cerca negli altri il minimo difetto.
Ma un viso sì perfetto al nostro sguardo
cessa d’essere bello per un neo?
Forse per tale dettaglio è unico e particolare
e aumenta in noi ammirazione e stima.
Mi viene giusto in mente la superbia,
un lato messo in evidenza
da chi incline alla critica generalizzata
mal sopportava un “giudizio” assai cortese
espresso in modo schietto al suo riguardo.
*
Sono passate le nubi sopra il capo
erano scure e di pioggia erano gonfie.
Tu non le hai viste?
Eri a me daccanto
tra uno spiraglio di luce e quel velo
così opaco e alquanto misterioso.
Carovane sospinte dal libeccio
a bordo draghi e fantasmi
e strani personaggi
che spesso io mi figuro quando
il tormento ha un peso
che mi sfianca nella fuga
e reca affanno al mio respiro.
Sono passate le nubi e la pioggia
è scesa copiosa su di me soltanto
sottile e persistente mentre ho atteso
dopo il baluginio un arcobaleno.
Inutilmente ho atteso ed ho trovato
la luna sfatta in cielo
e il tempo insonne
e la notte avara
di sogni e di speranze.
*
Era terra di aiuole, ai piedi
di tempestose cime,
e di papaveri rossi tra le spighe
prima che tutt’intorno
crescessero rovi e cardi ed ortica
e la mucillagine attecchisse
ai muri tra le crepe.
Era terra di sogno e di speranze
il nido di nuove partenze
e dove il cuore faceva ritorno,
era uno schizzo a matita
ora un foglio sbiadito.
*
Cessato il ritmo delle cose intorno
che detta azioni e priorità
il tempo poi s’arresta d’improvviso
e l’ore han più minuti e lente
vanno al declino, ad una ad una.
S’accompagna a tale sensazione
una quiescenza che non è riposo
ma innesca l’iter di pensieri dolorosi
e tristi eventi, di fatti che han lasciato
in noi profondi solchi, ricordi
che si pensavano sepolti
ma son riemersi forti.
E ci si accorge che il ruminare
il bolo è fatica che strema.
Ed il ritmo di cose nuove,
che all’inizio paventa, è minor stento
ed allontana silenzi che fan rumore.
*
Nubi all’alba minacciose
e boati in lontananza, innocui.
Non mi sorprende tale esordio
padre, era previsto. Ma il lievitare
nel cuore della pena mi annichilisce.
Dovrei sapere ormai che la terra
non ti da affanno ed il tuo viso
dentro la cornice mi rasserena
quando il pensiero cede
e gli occhi hanno di te più urgenza.
Perché so che non è solo dal cielo
che mi guardi. Non udirei quella voce
domandarmi: perché piangi?
Son qui nella stanza accanto
e so della tua croce.
16/08/1920
11/05/1984
*
E poi ti chiederanno se mi conosci
e tu sapendo di mentire dirai di no.
Del mio tempo infinito dirai
che è passato in un istante
mentre io ancora parlo prego divago
sogno creo cancello e lascio segni di me
e mi consegno ad una nuova alba.
Ti chiederanno quante stagioni ho vissuto
in questa vita che è un nido dove covano
gioie e dolori e dove il pianto,
se per le spine o per le rose,
non fa più differenza.
E tu sapendo di mentire dirai
che non mi hai visto piangere mai.
- Allegoria di un tradimento -
*
Sono andati via scontenti
a torto o a ragione
per capriccio o in preda alla rabbia
portando il conto delle pecche altrui
minimizzando i propri errori
ed ora tornano a capo basso
stessi vizi, visi nascosti tra le bende
nomi uguali o diversi.
In petto una nuova medaglia,
il rumore dei tacchi
sul tappeto rosso, interminabile...
convinti di dividere il trono
con chi eccelle in stupidità ed arroganza.
Ma quale mente sana
piantando fiori nel fango
può sbalordirsi se muoiono?
*
Questo coro di mosche improvviso
ora distrae i miei pensieri
sul filo di latte del fico.
Intenti traditi soste impreviste
e la curiosità di guardare indietro
oltre l'angolo, dove l’attesa si deforma
scivolando dal suo riparo.
Guardo l’aria come fosse sul punto di svuotarsi
dopo l’avverarsi delle cose inutili
per le quali non mi dibatto tra tristezza e noia.
Nell’indecisione riscrivo viaggi sull’altalena.
Sei nel punto più alto
quando mi sospingo sulla punta dei piedi
volando tra squarci d'azzurro.
*
La pioggia sottile al rintocco
dei passi e della campana
ha sempre un che di mestizia
Tu nella nuda terra …
sei un brivido nei nostri pensieri
ad ogni passaggio del vento
tra i foschi cipressi
la nostra pena è sentire
la tua sofferenza
tra i ceri ed il marmo.
Ma è la pena dei vivi.
E i morti hanno altre missioni.
Sbagliavamo a cercarti di giorno
a poca distanza da casa,
con accanimento.
Stranamente,
la quiete giungeva la sera
mentre tu ci guardavi
in un tripudio di stelle.
E sorridevi...
a mio padre
*
Scorri l’indice di fretta
mentre immagini volano
appropriate ardite strane
consuete.
Interpreta il lettore
questo disordine incorniciato,
all’apparenza nuovo?
Disarmonie di parole suoni,
falsi arcobaleni.
Volti noti estranei nostri
violano ogni regola
di chi dietro le quinte tace.
E le promesse sempre lontane
come il sole all’orizzonte
mentre tramonta l’ultimo sogno.
*
Muove il vento ancora le nubi
Avanzando furioso per le vie
Genuflette giunchi e spettina
Grigie chiome di donne anziane
Indaffarate ad affrettar il passo
Ostacolato da raffiche più forti
Ma è primavera nell’aria e s’avverte
E sul coro consueto del mattino
S’eleva il grido acuto delle rondini
E stridono i pensieri sulla cessata quiete
Mi rammento il tempo infantile quando
Immersa nel verde coglievo margherite
O inseguivo le farfalle su odorose aiuole
Poi fu la stagione dei premi e delle ammende
Risvegli dopo crudi rigori e letarghi
Escogitati per limitare i danni d’una vita
Disposta più a prendere che a dare
Immancabile a maggio ritornava
La voglia di viaggi e nuove mete
E la vita in una nuova fioritura
Tutt’intorno a me e dentro il cuore
Torna ancora e al tempo che avanza
Oppone un fiore recato dal giardino.
Poesia pubblicata su "Scrivere" il 04-05-2018
col titolo di "Maggio"
*
Quando il mattino è un trillo
e il sole un gioco tra le nubi
e il caldo infante di pochi giorni
già si distrae in innumerevoli capricci
ed io tenendoti per mano,
vorrei dirti le parole che
da me non odi quando a sera
spesso anche l’aria è veleno,
con la sua quiete impudente
come fosse ignara della nostra pena
mentre il sonno gareggia con l’attesa
e la notte reca altri timori,
quando il mattino è vero,
la tristezza scava segni sul viso.
La lentezza mi assale in quel vago
peregrinare per solitari sentieri
ed il pensiero solo t’accoglie
come fosse un nido tiepido e gaio.
Ed il pensiero mi redime dal peso
di parole ingiuste inadatte insensate,
quelle che ascolti in silenzio
quando la notte
ci cade addosso... esausta.
*
Annoiati e stanchi
poniamo freno ad una corsa inutile.
Ci sovvien alla memoria
il tempo spensierato dell’incoscienza
quando ogni conquista ci allietava.
Abbiamo accresciuto il ritmo
fino al desiderio del letargo.
La vita un disegno su un foglio
cancellato più volte ora ci opprime
come un groviglio di scarabocchi,
la vista persa in quell’inganno.
E i compleanni così attesi
quasi fossero miracoli di sogni
sostenibili, spesso son chiodi
fissati al muro a ricordarci
pericoli e fallimenti.
L’oblio una meta concessa a pochi
fluttuanti tra terra e cielo
ignari del vento sottile e dell’orlo del buio.
*
Mesi che corrono lenti monotoni spenti
distinti dal nome diverso le stesse ombre
la fatica di convogliare il pensiero
verso itinerari di verde e di luce
mesi rimuginanti parole progetti lontani
confusi dentro una stagione ibernata
l’oppressione di un nemico che vaga
non visto letale che dove s’annida
prolifera ed è innaturale pensare
di starsene quieti in attesa perenne
mesi frenati di eventi sospesi
di speranze or più fioche or più accese
che torni lo stato chiamato normale.
Sarà estate o forse d’autunno
o ancor più lontano
quando avremo compreso
che l’anomalo è il corso ordinario.
*
E penso al mare
al suo irrequieto viaggio
a come s’erge sugli scogli
e giunge a riva,
la solitaria riva
dove la luna splende
indisturbata
in questa differente primavera.
E penso al mare
al mare immenso
qui confinata
tra le pareti stinte
protesa alla finestra
ad annusare l’aria,
l’orecchio ripagato
da un suono più canoro
dopo il grugare delle tortore.
E penso al mare
al suo silenzio cupo
quando il vento muore,
l’anima mia fremente
il corpo lasso
nella notte di sogni
brevi un lampo.
*
Qui il clima è freddo
sebbene si sudi
ad ogni passo che avanza
qui si vive emulando chi
di vizi ha opulenza
qui le parole sono
sbuffi di vaporiera
ed i pensieri treni deragliati,
i sogni praterie bruciate.
Qui alla vita stanno cambiando il nome.
*
Un grido di rondini ha zittito l’aria
gremita di più sommessi suoni
e dopo il tiepido sole del mattino
il tempo è presto mutato.
Sul silenzio si levano le note
ora d’un violoncello
migrano a sera i miei pensieri
verso l’oblio e la mitezza del tuo sguardo.
*
Come distingueremo vita e morte
se uguale sofferenza strazia l’anima.
Mai ti spauriva il pensiero del distacco
dalla materia. La tua anima sempre leggera
come brezza al morir del giorno,
quando narravi di visioni
e della quiete profonda
del tuo mondo pulito.
Verrà l’autunno un dì, di foglie
allegre e della rimembranza
di tutte le gioie vissute
e in cui diremo alla luna,
noi savi ricchi di spirito
e senza più affanno,
“E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l'etate
del mio dolore”.
In memoria di B.G. scomparso la notte scorsa.
I versi in grassetto sono tratti dalla poesia "Alla Luna" di Giacomo Leopardi.
*
Vorrei avere parole nuove
ma a nulla varrebbe fissare il vuoto
ascoltando il silenzio
altrove e in tempi andati scavo
per vedere affiorare tra le mani
emozioni più vive lontane
ora la quiete fa male più del rombo
dei motori per la strada
più dello schiamazzo selvaggio
dei ragazzini quando fanno a gara
a chi grida più forte.
Ho sete e nulla che plachi l’arsura
ho fame e cibo indigesto nel piatto
ho parole che intorbidiscono il mio pensiero.
*
Talvolta la verità di un fatto è inconfutabile
benchè ostinatamente ricusata
e non servono ipotesi né analisi
o spostare i tasselli nel mosaico.
Non v’è speranza di mutar la sorte,
nessuna secondaria via
e non v’è scampo.
Sicchè altre sembianze assume,
dopo l’ultimo esperimento escogitato,
la resa, quando in preda allo sconforto
non più si oppone resistenza
e della quotidiana lotta della mente
in bilico tra poli d’opposti segni,
non v’è traccia se non in quel setaccio
che oscillando riporta i grani in superficie.
*
Domanda di vivere il pensiero,
discorde dal corpo traviato
da un dolore che non vuol
testimoni né più brama la luce
ma vorrebbe porre fine al supplizio.
Non stringono un lembo le mani,
del lenzuolo, una piuma che pesa una trave…
Promette la notte un inganno meno crudele.
Menzogna! É una pena che non s’acquieta,
col solo morire del giorno.
*
Abbiamo vissuto il miglior tempo
sapendo che poi non avremmo potuto
chiedere la luna.
Pur fra diversità di opinioni attese esacerbanti,
abbandoni pensati come le burrasche
che giungono improvvise, taciti compromessi
e quello che non è mai accaduto è stato il più bel sogno.
Ora non abbiamo che istanti piogge di petali
e sentieri di foglie e brezze dalla nostra parte
a sospingere i nostri passi nella stessa direzione
e un bacio ad ogni congiuntura.
Abbiamo vissuto il miglior tempo,
quello fantasticato sul gioco delle ombre
quello conquistato nell’irrequietezza
quello non ereditato
mai scritto sui muri
mai in volo su striscioni colorati
mai dimenticato.
*
Interminabile il tempo
quando il dolore
annienta il corpo
e la mente affossa.
Vuoto orizzonte dinanzi
come pure scavando
affannata col desio
di rianimare istanti felici
nello scrigno colmo solo
di antiche amare memorie.
Un giorno ancora, espiato,
talvolta vissuto come fosse l’ultimo
Un lume consunto che uno spicchio
appena rischiara di tutto l’oscuro.
Chi ti pose in castigo, rammenti,
riprendendosi il dono?
*
Vola l’asino e l’elefante nasce da un uovo,
la proboscide scava nella sabbia
e rinviene tesori. E’ vero, qualcuno grida
e chi mette in dubbio una simile verità
è condannato al rogo.
Così è se vi pare, bla bla bla
sul rimescolio di parole,
cancellando per riscrivere
le stesse futili canzoni.
Qualcuno dice io no
ma indossa la museruola,
le orecchie penzoloni,
guaisce inascoltato.
Spesso gli inetti chiamano popoli in raccolta
allineati e coperti in un solo grido.
L’imbecille di turno, la corona di carta sul capo,
circondato dal fumo dell’incenso.
*
Tu sei balsamo sulle ferite dell’anima
distilli parole in un calice e scaldi il cuore
col nostro elisir tra desideri e sospiri
negli occhi non vani miraggi
ma ostacoli vinti
per sempre nuovi traguardi.
Tu sei la forza che innalza ali
troppe volte spezzate
il vento che insiste e scansa
quel velo di noia e la tristezza
accendendo il sorriso dove il buio
non lascia presagire spiragli.
Tu sei il rimpianto di cose mai avute
nostalgia di un rito conosciuto
a memoria e non celebrato
tu segui caparbio i tuoi itinerari
dove io mi penso assente ed imperfetta.
Tu spiani ogni via perché anche la croce
si trasformi in delizia e non scrivi
poesie d’amore perché non direbbero
il bene profondo che hai nel cuore
e che il pensiero non svela
anche quando il fuoco dilaga
di un’immensa passione.
*
E’ questo il tempo di un bacio
di labbra che farfugliano sillabe
e benedicono intime emozioni
è questo il tempo di una carezza
pensata mutata affidata alla notte
di mani come ali e pennelli e lingue di fuoco
è questo il tempo di allontanare paure
procrastinare abbracci
costruire speranze
il tempo indefinito
barattato tra un si ed un no
in bilico tra un’ipotesi
ed un sogno
il tempo ostinato
fatto per noi
per il nostro domani
chiaro da sempre.
*
Ali bianche ha la mia notte
perché un gabbiano
è il sogno di un bambino
che non ha mai visto un treno
ed il suo fischio gli assomiglia
anche se il bambino sa che il cielo
non è il grigio rumore delle rotaie.
Ali bianche ha l’alba che non ha visto
salpare barchette di carta sull’acqua
o su tele incompiute quando le speranze
avevano un nome diverso.
Ali bianche ha il tempo quando è luce
e si rallegra dell’assenza delle ombre
o di aver vinto la tempestosa notte
Ali bianche il sudario che accoglie
l’anima mia flagellata dal male.
*
Passi che s’affrettano fino alla soglia
dentro ancora l’odore di fritto
e l’aroma del caffè
mi distraggo fissando i quadri
alla parete e pensando già