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Raccolta di poesie di Socrate Toselli
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

... che ritorna immoto

 

il ricordo del fuoco

non è fuoco

 

anzi acuisce il gelo

che rimane

e che ritorna

immoto 

*

che almeno la morte

 

la fragilità

scavata in ogni vita

assume sembianze 

totalizzanti

 

la cavità del fondo

è tanto ampia

che è la paura

e non il coraggio 

ad indurci a resistere

 

che almeno la morte

di ogni poesia

ci sia risparmiata

*

il sole di primavera

 

il sole di primavera

quand'è opaco

afflige il cuore

d'una delusione

pari al tradimento

 

ed io mi sorprendo

vilmente

a dissociarmi

a scansarmi di lato

 

è un'esercizio di libertà

per quanto apatico

animato dal dovere morale

di non cadere nell'errore

di chi l'errore non lo riconosce

anche a rischio

di rimanere soli

 

spesso è proprio all'onestà intellettuale

che fa seguito la solitudine impaurita

di chi tristemente si rifugia in sè

consapevole di una vita

a volte mai vissuta

solo subita

ma così fraterna

da sentirne come fosse ora

tutta la disperazione della fine

 

e labile

tra l'amore e la viltà

si fa il confine

*

Altrove

 

 

ho deciso di amarti

 

ed è una scelta definitiva

 

 

irrevocabile

 

 

 

ne avverto tutto il peso

 

ed il sollievo

 

 

 

maestosa è l'impresa 

 

che mi sono dato

 

e non m'è possibile

 

compierla da solo

 

 

 

ma se anche al mio amore

 

non si aggiungesse il tuo

 

non mi sarebbe consentito

 

di fermarmi

 

 

 

continuerei a vagare

 

nella solitaria ricerca

 

di ciò che s'è perduto

 

 

 

troverei altri lidi

 

dove risposare

 

 

 

consapevole

 

che l'amore

 

è altrove

 

 

 

*

Ritrovarsi solo

 

certi momenti

sono sfuggiti

irrimediabilmente

 

tanti altri

sono da passare

e è da impedire

che si perdano anch'essi

impunemente

per una colpa

ch'è solamente mia

 

figlia dell'esitante tentennare

di chi è turbato

dall'amore

 

quasi ne ha paura

 

di chi non riesce

che a ritrovarsi solo

 

*

Il canto nazionale - ultimo

 

La rivoluzione...

In questo istante

nemmeno la rivoluzione

mi sembra necessaria.

Il sole primaverile che

m'illumina il balcone

richiama alla mia mente

il tempo dell'infanzia.

Ora mi è chiara la forza originaria.

L'origine non si trova nel passato,

l'origine è inizio permanente 

e la fine soltanto mutamento.

Rivedo i miei amici,

tornano presenti i loro visi di bambini.

Quei pomeriggi assolati

li conservo gelosamente in cuore

e quando giungerà la fine,

nell'istante dell'ultimo saluto,

il mio più intenso addio

sarà per gli amici di allora,

ormai già perduti,

che sorridendo

agiteranno le mani

e mi chiederanno di giocare ancora. 

*

Il canto nazionale - XIII

 

Senza bellezza, del resto,

non c'è amore e senza amore

non c'è rivoluzione.

Avevo 12, forse 13 anni, 

quando guardai "Come te nessuno mai",

il primo film, credo, di Muccino.

La videocassetta di una mia amica

ce la passammo in tanti

cercando in quel film

non ricordo che cosa,

forse un po' di tutto

e un po' di tutto trovammo.

C'era la politica e c'era la lotta.

C'erano i fascisti e i comunisti

e i fascisti erano brutti

e i comunisti erano belli

ma sarebbe stato da ingenui

aspettarsi il contrario.

C'erano i genitori ed i figli.

E c'era l'amicizia, e c'era l'amore.

Soprattutto l'amore.

Sì, perché alla fine Muccini

se ne frega della politica.

Quando la polizia sgombera la scuola

lui se la svigna in compagnia

di una bella ragazza e ci fa l'amore.

E lì tutti noi, fascisti e comunisti,

eravamo con Muccino,

spiritualmente al suo fianco

ad ansimare tra le gambe

della bella ragazza.

E chi cazzo se ne frega della rivoluzione!

 

*

Il canto nazionale - XII

 

Nel 2012 ci sono stati

60 suicidi nelle carceri.

Che aspettate? Fate l'indulto!

Anzi no, l'amnistia!

Anzi nemmeno, costruite più carceri!

Che idea avete dello Stato,

della legalità, della giustizia?

Che concezione della vita umana?

In nome dell'amore per la vita,

io mi farei anarchico,

inciterei le folle alla rivolta,

sputerei in faccia ad ogni burocrate

che, chino sulle carte,

ha da tempo dimenticato i volti.

Tutto questo farei

per amore della vita

se alla vita tutto questo servisse.

Ma la vanità dei miei sforzi

mi appare così chiara

che quasi cedo alla disperazione.

Voi non avete mai l'impressione

di rattoppare crepe

di un palazzo ormai fradicio

e destinato al crollo?

Questo pensiero mi è

sempre più frequente.

E non faccio nulla, non agisco.

Mi limito vilmente a dissociarmi

e ad evitare di guardare il Grande Fratello

dove sbraita la Marcuzzi

con le labbra unte di rossetto.

Quello che della televisione non mi piace

sono proprio le labbra

impregnate di rossetto.

Della televisione

mi sarebbe piaciuto Corrado

con quell'aria da modesto impiegato

che diligentemente svolge il suo lavoro.

Molto meno Mike Bongiorno,

forse per quel suo "Allegria!",

dato che a me, in genere,

l'allegria mette tristezza.

Quel suo accento mi è

sempre risultato estraneo,

come le labbra imbrattate della Marcuzzi,

che senza rossetto è bellissima.

Sembra così difficile capire

che la bellezza è essenziale,

non ha bisogno di accessori

se non per esserne svilita.

La bellezza...

E' quando contemplo il mio paese

che vengo travolto dall'idea

della bellezza immortale.

Il mutamento distruggerà tutto,

eccetto la bellezza... così scrisse Pound.

E quando parlo di bellezza

mi viene da pensare all'Italia.

All'Italia e a Claudia Cardinale.

 

*

Il canto nazionale - XI

 

E' per la troppa fantasia, dicevo,

che ci dividiamo su ogni cosa.

La sera del 9 febbraio 2009

moriva Eluana Englaro, per tutti, 

e noi tutti ci dividevamo

sulla vita e sulla morte.

Certo, dividersi per questo

è senz'altro più lodevole

che farlo per i concorrenti

dell'Isola dei famosi.

Ma noi non ci siamo divisi

per la vita e la morte,

noi abbiamo usato la vita e la morte

per le nostre divisioni.

E' questo che è abietto:

servirsi addirittura della vita e la morte 

e trarne alimento per nutrire

la nostra bieca partigianeria.

E' questo che è abietto

ed è questo che abbiamo fatto.

Mi fanno rabbia, in particolare,

le divisioni fittizie,

meramente formali.

Mi fa rabbia vedere divise

persone che dovrebbero stare

dalla stessa parte.

Mario Placanica e Carlo Giuliani

stanno dalla stessa parte.

Il primo non è un assassino

e il secondo non è un terrorista,

checchè ne dicano 

rivoluzionari fasulli

e altrettanto fasulli legalitari.

Li divide soltanto la morte, 

destinata a riunire ogni cosa.

Io odio la morte,

odio i funerali, 

le corone di fiori

e al cimitero mi reco di rado.

Ma celebro la morte

affinchè la vita si schiuda.

Anche per questo, forse,

lo scrittore che amo di più è

Yukio Mishima, morto suicida.

*

Il canto nazionale - X

 

Era il '94 quando Baggio

tirò un rigore che manco Gattuso.

Era il '94 quando Berlusconi

scese in campo.

Di Berlusconi una cosa non capisco:

sembra che ora che non è

Capo del Governo,

nemmeno organizzi più festini:

che, perso il potere,

sia divenuto impotente?

Il mio è un dubbio, non una critica.

Io non critico Berlusconi

per le sue donne,

semmai lo invidio

esattamente come tutti i moralisti

che si stracciano le vesti

non potendo strappare

quelle di Nicole Minetti.

Gli stessi moralisti che si scandalizzano

per la pensione a Cicciolina

come se al benessere dell'umanità

non avesse contribuito

più lei di Rutelli.

Questi moralisti che, tra l'altro,

tendono ad essere anticlericali

poiché la Chiesa, loro dicono,

farebbe la morale.

E così essi, maldestri inquisitori, 

accusano la Chiesa di inquisire.

Ma la Chiesa è buona,

fa la predica e poi assolve;

la Chiesa assolve gli altri

come se stessa, generosamente.

*

Il canto nazionale - IX

 

Era il '48 quando spararono

a Togliatti e i comunisti

scesero in piazza

pronti alla rivoluzione. 

Poi Bartali vinse il Giro di Francia

e i comunisti preferirono far festa

poiché di fare la rivoluzione

non avevano tutta questa voglia. 

Non è cosa per noi la rivoluzione,

mica siamo francesi.

In Francia sì che hanno fatto

la rivoluzione,

la Rivoluzione Francese.

Sarà per questo che si pensano

tanto bravi, che ci guardano

dall'alto in basso, i francesi.

Sarà per questo che

hanno rosicato così tanto

quanfdo Bartali vinse il Tour del '48.

Anche noi, comunque,

ne abbiamo di difetti:

il peggiore di tutti è

la fantasia, l'immaginazione,

per cui non ci limitiamo

ad osservare la realtà

ma la inventiamo, la creiamo

e la facciamo nostra, 

la facciamo vera.

Questo ci divide,

la fantasia.

Nel '94 in America

si giocavano i Mondiali.

Io ero bambino 

e non guardavo le partite,

solamente esultavo 

quando i grandi esultavano

e l'Italia vinceva,

vinceva tutte le sere.

Poi guardai la finale

e in finale perdemmo

ed io vivo ancora col dubbio

che la colpa sia stata mia,

non di Baresi.

L'indomani mattina

un mio amico mi disse:

"no, mica abbiamo perso!

Per me siamo noi i campioni del mondo".

Ok, va bene.

Anche per me

siamo sempre noi

i campioni del mondo.

 

*

Il canto nazionale - VIII

 

Vedo bandiere rosse

sventolare a difesa dell'art. 18 

e sono, nonostante tutto,

solidale con chi sventola

quelle bandiere che io

sventolerei a fatica

perché troppo diverse

dalla bandiera nazionale, 

da quella bandiera che

issai alla mia finestra

in occasione degli Europei 2000

e lasciai lì per qualche settimana

dopo la sconfitta in finale

con la Francia e tutti a dirmi:

"togli la bandiera! Abbiamo perso!".

Embè, pensavo io,

che c'è di male ad essere sconfitti?

Nel 2006, però, vincemmo.

Sempre con la Francia, 

ma stavolta erano i Mondiali.

Vincemmo i Mondiali in Germania

sconfiggendo la Francia e la Germania.

Un po' come quando il Milan

vinse la Coppa dei Campioni

(io la chiamo sempre così)

battendo prima l'Inter e poi la Juventus.

Di quella finale del 2003

l'immagine che più mi colpisce

è ancora quella di Roque Junior che

s'infortuna ed essendo terminate

le sostituzioni

si piazza largo a destra a zoppicare

e zoppicando diventa

Campione d'Europa.

Vincere zoppicando è straordinario

in uno sport dove l'attenzione

è tutta per chi vince,

non anche per chi zoppica

e, pur zoppicando, corre.

Per questo amo il ciclismo, 

perché nel ciclismo

anche a chi zoppica

battono le mani.

Ricordo ancora il momento

in cui m'innamorai del calcio.

Era il '99 e un tiro di Maurizio Ganz,

deviato da non ricordo chi,

si insaccava lentamente

nella porta della Sampdoria

permettendo al Milan di vincere 3 a 2

e di avviarsi a conquistare lo scudetto.

Il ciclismo, invece, l'amai più tardi,

nel 2004, quando Cunego

scattò sul Furcia,

rubando la maglia rosa a Popovich

ma soprattutto a Gibo Simoni,

maglia rosa che porterà fino a Milano.

Nessun altro campionato ha vinto Ganz,

nessun altro Giro ha vinto Cunego,

ma quel gol e quello scatto

restano immortali

come è immortale ogni amore

ed ogni sventolio di bandiere.

 

*

Il canto nazionale - VII

 

A Palermo, intanto, 

vanno indagando sulla trattativa.

Lo Stato, si dice, ha trattato

con la mafia per fermare le stragi.

E' probabile che lo Stato

abbia più volte trattato

e non sempre per fermarle, le stragi.

Eppure riuscì, in un'occasione,

ad essere rigido, addirittura inflessibile, 

condannando a morte Aldo Moro;

dimostrando una fermezza

giusta, sì, ma sospetta

poiché unica nella storia

della Repubblica Italiana.

Mai come nel covo BR

Aldo Moro è stato

tanto attaccato alla vita

e in nome di questo

supremo attaccamento alla vita

anche la viltà va perdonata.

A guardare il corpo di Aldo Moro

accovacciato nel bagagliaio della Renault

si prende coscienza

di quanto la vita,

quando giunge il tempo della morte,

sia impotente.

Si prende coscienza 

proprio della morte,

della morte in atto ed in potenza, 

della morte sua e di ognuno.

Così come accade a guardare

le immagini atroci di Piazzale Loreto.

Ai benpensanti basteranno

questi ultimi due versi

per pensare male.

Non faccio apologia

ma qualora lo volessi

dovrei essere libero di farla.

Reprimere l'apologia

non è libertà.

Faccio fatica a trovare

nella storia d'Italia

un'immagine più vergognosa

di quella di Piazzale Loreto.

Mussolini e Claretta,

appesi a testa in giù,

mi suscitano un autentico

sentimento d'amore.

E se questa la considerate apologia,

onorata sarà la mia penna

della vostra condanna. 

 

 

*

Il canto nazionale - VI

 

Un uomo che tenne alta

la dignità dell'uomo.

La citazione è di Sciascia 

e si riferisce all'eretico

Diego La Matina il quale

di fronte a prigionia,

torture e morte,

"non mutò aspetto,

nè mosse collo,

nè piegò sua costa".

Leonardo Sciascia vedeva

quello che agli altri,

a tutti, sfuggiva.

Quando parlò dei

"professionisti dell'antimafia",

tutti quelli che non capivano

video nelle sue parole

un attacco ai giudici

impegnati nella lotta

alla criminalità organizzata. 

Ma Sciascia sapeva,

Sciascia aveva capito

quanto fosse dilettante, 

lo Stato, in tale lotta.

Sciascia sapeva,

Sciascia aveva capito

quanto solitaria fosse la battaglia

e che, da soli,

Falcone e Borsellino

sarebbero morti.

Borsellino e Falcone, nostri eroi.

Anzi no, solo uomini

che tennero alta

la dignità degli uomini.

*

Il canto nazionale - V

 

"Adesso ti faccio vedere

come muore un italiano".

Con queste parole

Fabrizio Quattrocchi

s'è congedato dalla vita.

Definito mercenario, ossia reo

di lavorare in cambio di denaro,

esattamente come gli autori

di una simile definizione.

Nell'epoca della totale mercificazione,

avanti, alzi la mano chi è convinto

di non esser mercenario!

Si alzi in piedi chi,

di fronte a tale accusa,

possa dirsi innocente!

Suvvia, siate seri:

guardatevi dentro

e se qualcuno ha alzato la mano

che l'abbassi, se qualcuno

s'è messo in piedi

che torni a sedersi.

Fabrizio Quattrocchi

dinanzi alla morte

non ha tremato

e per questp è un eroe.

Anzi no, solo un uomo

"che tenne alta la dignità dell'uomo".

 

 

 

*

Il canto nazionale - IV

 

"Prima di ogni altra cosa,

Signor Presidente,

io mi considero un italiano

che difende un'italiana".

Così disse l'avvocato Giannini

di fronte alla Corte chiamata

a giudicare Maria Pasquinelli,

accusata d'omicidio e rea confessa

di avere ammazzato per amore.

Chiamata a giudicare

quell'atto violento ed eroico,

di una violenza

attenuata dall'amore,

di un eroismo dall'amore

fatto ancor più grande.

Chiamata a giudicare

quell'atto al cui cospetto

si ergono come baluardi insormontabili

i miei fragili dubbi,

i dubbi di chi non avrebbe,

per amore della vita,

innanzitutto propria, mai sparato;

di chi non avrebbe, per viltà,

premuto mai il grilletto.

Ed oggi che potenze prive di divisa

silenziosamente tiranneggiano

e strappano la terra a uomini dimessi

la cui inconsapevolezza può forse,

almeno in parte, giustificarne la viltà,

che cosa potrà invocare a sua discolpa

colui che invece appare consapevole? 

 

*

Il canto nazionale - III

 

Quando mi trovo a contemplare

il Crocifisso di Bassiano,

scolpito da Fra Vincenzo Pietrosanti,

dinanzi al legno che pare carne

mi rammarico della carne

uguale a legno.

Al cospetto di quei rivoli di sangue

penso al mio paese messo in croce.

Chi ti pregherebbe, mio Signore,

se il ferro non ti fosse entrato

nella carne?

Nessun altare avresti avuto, senza croce.

Chissà che non sia destinata al martirio

anche questa Italia

e nel martirio a risplendere di luce,

di quella luce a cui non è concesso

di stare separata dalla morte.

 

*

Il canto nazionale - II

 

L'Italia è davvero cattolica

e noi autenticamente cristiani

anche nell'accettare la croce, 

nell'aderire senza sussulti

al destino finale.

Ma se quello di Cristo fu eroismo,

la nostra è rassegnazione

e Pasolini aveva torto:

la rassegnazione ha molto

da invidiare all'eroismo.

Pasolini, uno come lui,

così estraneo al mondo,

non poteva nel mondo

non morire ammazzato.

Uno il cui amore

non fu mai compreso

così come non si comprende

che è del tutto normale,

per gli amori infiniti,

di finire in tragedia.

*

Il canto nazionale - I

 

"Sta arrivando di tutto!",

grida la giornalista 

con voce gaudente.

Quel tutto sono le monetine

che piovono spietate su Craxi.

Ci siamo autoassolti

tutto sommato a buon prezzo,

con pochi spiccioli appena.

In questo l'Italia è davvero cattolica

e noi autenticamente cristiani,

nel fare nostra la misericordia di Cristo,

così poco cristiani però

nell'applicarla solamente a noi stessi,

riservando al prossimo, invece,

una rigidità inaudita,

fin troppo simile all'odio

della più bassa plebaglia.

Fu condannato dai giudici, è vero,

ma io non credo nell'umana giustizia

e quando il colpevole è uno

e gli innocenti son tanti,

quando il colpevole è solo

e gli innocenti son tutti,

io sto col colpevole

ed il mio corpo e la mia penna

li immolo a fargli da scudo

contro idiozie e monetine.

 

 

*

Istantaneo riflesso

 

E' schiarita 

nell'istantaneo riflesso

con cui una goccia d'acqua

rende testimonianza al sole

la vanità di tutte

le parole.

*

Dove andate?

 

Nel tempo in cui viviamo

dio apparve agli Uomini

volendo porre Loro una domanda,

non certo per metterLi alla prova

ma perché mosso

da autentica curiosità.

 

Dunque, dio disse:

Creature mie, ascoltate!

Voi che ormai sapete

quant'è distante il cielo,

Voi che ormai sapete

quant'è profondo il mare,

Vi prego (proprio così:

Rivolse Loro una preghiera!),

Vi prego, rispondete

a questa mia questione,

naturalmente solo

se volete (si rimise alla 

Loro volontà! Lo giuro!).

Non lo domando certo

per poterVi giudicare,

ci tengo lo sappiate...

Solo mi chiedevo:

ecco... dove andate? 

*

Orizzonte marino

 

Il mare ed il cielo

si allontanano e,

allontanandosi,

tra loro si avvicinano

fino a congiungersi in una linea

che, unendoli,

al tempo stesso li separa,

facendo in modo che diventino,

pur restando due,

una cosa sola.

*

Principio

 

Principio

sta per 

inizio

non per 

fine.

*

La casa del silenzio

 

Nessun'altra casa

era altrettanto rumorosa.

La vita che vi si svolgeva

manifestava con baccano

il suo decorso. Era come

se non potessero vivere

senza far sentire che vivevano.

Così ogni loro gesto era chiassoso,

anche quando silenziosamente

avrebbe potuto trovare svolgimento.

 

Se scrivevano declamavano

quello che scrivevano

e se leggevano facevano altrettanto,

addirittura sfogliando le pagine con forza,

fin quasi a strapparle,

pur di affermare con fragore

la loro presenza,

la loro partecipazione alla vita

che ormai consisteva, quasi del tutto,

nell'esprimere vitalità.

 

Così fortemente presi

da tale occupazione 

(testimoniare caoticamente

la loro esistenza),

e da tale occupazione

per nulla spossati

(mai stanchi si sentivano

ma sempre pù rinvigoriti),

arrivarono a pensare all'immortalità

come obiettivo della loro lotta.

Addirittura all'immortalità.

Pensarono che vivendo

tumultuosamente e

nel tumulto manifestando

la propria vita, si potesse

sconfiggere la morte,

e se ne convinsero.

 

Con maggiore forza, allora,

ripresero a far chiasso,

confondendo il chiasso con la vita.

Sfidarono la morte col frastuono,

col fracasso pretesero di vincerla.

E per secoli continuarono,

nella loro baraonda,

ad uccidere il silenzio 

che, tuttavia, mai morì.

 

Lentamente i rumori,

pur restando forti,

meno intensi si fecero.

Gli abitanti della casa

non smettevano mai

quel loro putiferio,

ma iniziarono a dubitare

della possibilità della vittoria,

fino a rendersi conto

dell'ineluttabile sconfitta.

 

Non smisero però di far rumore.

Dopo una vita trascorsa nel

frastuono, inaudita appariva la quiete.

E nella loro disperata gazzarra

finirono per morire, uno a uno,

fino a che, morti tutti,

ogni suono ebbe fine.

 

Vuota rimase la casa rumorosa.

Ed il silenzio ne restò padrone. 

 

 

*

Ma nel mare

 

L'amore non è

congiuntura di emozioni.

 

Sbaglia chi pensa

che l'amore sia

un ponte tra

due isole lontane.

Non nel ponte è l'amore, 

ma nel mare,

nell'infinito mare, 

in cui la lontananza

non esiste.

*

La forma dell’amore

 

La forma dell'amore

ho l'impressione

che sia racchiusa

in quella camicetta

tesa ad arginare

la preponderanza

della carne

ch'è più vicina al cuore.

*

La terza via

 

Nebuloso s'è fatto

il prosieguo del cammino.

 

I sentieri sembrano

diventare più tortuosi

tanto che tanta

è la voglia di sedersi

poiché la strada 

non la sento mia.

 

Ma ecco spuntare, forse,

la terza via.

*

Il tuo nome

 

Le quattro sillabe

che compongono

il tuo nome

compongono

pure quello

di tante persone

che rispondono

al tuo stesso nome.

 

Ma io penso che 

non sia lo stesso

e che il tuo nome

sia soltanto tuo.

*

La mia attesa

 

In me l'amore

ha sempre cagionato

turbamento.

Ora non più.

Nella certezza

che a te

sia destinato

dolce e serena

s'è fatta

la mia attesa.

*

L’avvicendamento

 

L'avvicendamento 

tra vecchio e nuovo

dura un momento

nel quale nulla trovo

se non il trascorrere

del tempo

che investe tutto

ma niente

di quello che trattengo.

*

Nel congedo

 

Lascia qualcosa

chi parte 

e a qualcos'altro

va incontro.

 

Chi resta

qualcosa perde,

qualcosa

che se ne va

con chi parte,

e per avere

che altro?

 

Capite perché

nel congedo

quasi tutta

a chi resta

la tristezza

rimane?

*

Sul monte della Santissima Trinità

 

Pochi altri luoghi

li amo come questo.

Inesprimibile m'è 

la sua bellezza

pur essendo,

in definitiva,

tutta terrena.

 

Eppure,

al cospetto della

bellezza del mondo

mi diviente intimo

un profondo

senso di alterità

rispetto ad esso.

 

Sento, immerso

nella mondanità,

un sentimento

di estraneità

rispetto al mondo.

 

E se questo è strano

ancor più strano è che

proprio quando più intenso

si fa tale sentimento

e quasi giungo

ad accarezzar l'eterno,

il mondo mi sovviene,

più che mai, fraterno.

 

*

Fragili ringhiere


Avvinghiato
a fragili ringhiere
mi contorco
ed il mio strazio sta
nel non mollar
la presa.

*

La tua pelle


E' priva, la tua pelle,
di dolcezza.
Le tue forme, pur belle,
godono dell'immobilità
di ciò che è morto.
In assenza d'ogni tenerezza,
vilmente si sottraggono
al ricordo.

*

All’albero che sta per essere abbattuto


Adesso che
s'approssima la fine
mi ritrovo
nella tristezza
dell'ultimo saluto.
Penso al tempo in cui
tu fosti vivo,
alla tua immobilità
ch'era intensa presenza,
al tuo muto silenzio
ch'era ascolto emotivo.
Ora che cadi
di tutto resto senza.
Ma nell'aria,
delle tue foglie priva,
aleggia ancora
l'intesa primitiva,
al mondo oscura.

*

Il mare questa sera


Estremamente calmo
è il mare questa sera.
Eloquente, il silenzio delle onde
racconta come di un'assenza
che soprattutto quand'è sera
aleggia e è disvelata al cuore.
E in quell'assenza è il mare.

*

Falcone e Borsellino


Nel '92 avevo solo sei anni.
Le bombe di Capaci
e Via d'Amelio nemmeno
sfiorarono l'ingenuità
della mia infanzia.

Più volte poi ho rivisto
le immagini delle auto sventrate
del terriccio che prende
il posto dell'asfalto
delle case ammaccate
fino quasi a percepire il botto
e il sussulto della terra.

Non voglio vedere
l'attacco alle Istituzioni
la guerra allo Stato. 
Io me ne frego delle 
Istituzioni e dello Stato.
Non voglio vedere
la bestialità della mafia
l'istinto omicida della 
criminalità organizzata 
perché me ne frego
della mafia e della
criminalità organizzata.
Me ne frego del terzo livello
e della contiguità
dei servizi deviati
e della trattativa.
Me ne frego dei
"professionisti dell'antimafia".

Io piango la morte di 
Paolo e Giovanni.
E di Francesca di Vincenzo
di Antonio di Vito.
Di Emanuela di Claudio
di Walter Eddie.
Di Agostino e di Rocco.

Io piango la nuda pelle
rivestita da toghe e divise
che non guardo nemmeno.
Me ne frego dei tricolori
che avvolgono le bare
me ne frego pure delle bare
solo dei corpi ho bisogno.
Ho bisogno delle ossa
e della carne.

Ho bisogno ora
in questo momento
di un paterno rimprovero
di Paolo Borsellino
di un abbraccio fraterno 
di Vito Schifani
di un affettuoso bacio
di Emanuela Loi.
Di questo ho bisogno 
ed è per questo che piango.

Io piango e celebro la morte.
Affinché la vita si schiuda. 

*

Alberi


Immobili osservate
l'inesorabile ed identico
trascorrere del tempo
che pare non vi tocchi.

Sembra che nulla, 
fuorché una mano d'uomo,
possa abbattevi.

*

Il passato


Ciò che è passato
nell'oblio
o nella memoria
ancora vaga.

Non vedete 
in ogni scalinata
i passi di chi percorse
quei gradini?

Non vedete che 
ancora li percorre
nella speranza
d'essere veduto?

*

Scorre...


Scorre lungo strade cittadine.

Vita impersonale, anonima,
quasi inanimata, nella sua eternità
così limitata, tanto minima
nella sua vastità.

Scorre come un fiume
che dalla cima scende a valle.

E che dire di un fiume che scorre?
Di che stupirsi?
Che dire di questo continuo
trapasso senza morte?

*

La naturale impurità

La luce di febbraio dirada
la naturale impurità
che nella chiarità del cielo
è schiarita, è compita;
eternamente patita,
è innocente presenza.

Eppure, viva, chiede perdono.
Poiché non v'è innocenza 
che non sia lasciva.

*

In questo vuoto giorno...

In questo vuoto giorno
mi rattrista
il vitale attaccamento
a ciò che non è vita
ma della vita fuggevole contorno.

Nelle profondità della coscienza
mi è schiarita
la vanità del tutto e sento
perseverare
l'inutilità dell'esistenza.