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Raccolta di poesie di Maria Teresa Schiavino
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Poesia di paesaggio

Descrivere la calma stupefatta

Degli altipiani senza umani,

I mari verdi, le onde

Lunghe dei pascoli

 

Il silenzio

Dei vulcani addormentati,

degli organi di pietra

- Muto per sempre il canto

Della loro canzone di lava -

 

incrostati di conchiglie

Nere, risplendenti

Sotto la luce gialla

Di un astro rovente.

 

Nuota lenta una vacca

Nella corrente silvestre,

Le corna imprigionate

Da una frasca di ontano

 

Vulcani di Auvergne, luglio 2002

*

Attesa

La nostalgia di te non cade

con il cadere del vento -il maestrale 

tende le vele e increspa

la superficie liscia del Tirreno, fa cadere

gli aghi dai pini, ma solo 

fino a una cert'ora, poi si perde

lungo le strade del mare. 

Tu sei così lontano.

Potrei, nell'attesa, dimenticarmi del mondo, 

potrei, per esempio, contare

uno per uno gli aghi 

di questa pineta, 

e dirti, al tuo ritorno, che ho calcolato

novecentomilanovecentonovantanove

piccole pigne, sette milioni

quattrocentomiladuecentottantasette

aghi perduti nella sabbia, fermandomi ogni tanto a riposare

sotto il nostro pino baobab,

alla cui ombra affido 

le ottocentoventicinquemila ore e 54 minuti

della nostra lontananza, 

e forse ventisettemilaseicentododici gusci vuoti di cicale,

e tercentomilacentoventicinque

rondini marine.

Non mi avventuro a contare

i granelli di sabbia. 

ma avrei ancora forse tempo per capire

il tempo infinitesimo

che il germoglio ha impiegato a diventare

lo scrigno ligneo di saporosi semi

- anche le pigne devono avere un numero perfetto, 

e questo sarà oggetto di altri calcoli, molto scrupolosi, 

tanto da riempire l'attesa, nel tempo

così lento a passare nell'assenza

della tua voce che chiama

per trascinarmi al mare....

Calcoli fantasiosi, come quando

abbiamo scoperto insieme

l'algebrica perfezione

della tabellina del nove.

Agosto 2006

 

 

 

*

giorni feriali

 

Amo la vita dei giorni feriali

L’odore del caffè

all’alba,

l’autobus delle otto,

la porta socchiusa sul giorno

E il chiasso degli studenti.

Amo la mia postazione,

il lavoro che mi aspetta,

i libri sugli scaffali

e le pause di sicurezza.

Amo gli utenti difficili

I colleghi sorridenti

E la polvere di intonaco

Sui vecchi documenti.

Amo gli impegni extra.

E la stanchezza pomeridiana,

le lunghe telefonate,

i carrelli cigolanti

e la strada di casa.

Amo il sonno pesante

e la giostra che riprende,

Perché è solo nei giorni feriali

Che si giustifica l’assenza 

*

Alba pratalia

Mi incantò la pagina bianca.

Fu tanto tempo fa.

Fu un mattino.

Riluceva bianca

Come una campagna all’alba.

Bagnata di  luce gentile

E dalla rugiada.

E mi spinse ad attraversarla

Un lungo giorno a venire,

pigro, d’estate (profumo di erba

appena tagliata).

 

Seminarla di parole

E lasciarmele alle spalle (alba

pratalia araba).

 

Camminava una donna sul foglio

Portando un cesto in bilico sul capo.

Era pieno di segni e parole

E sulla pagina li ha sparpagliati.

 

Mi incantò la strada deserta

all’alba appena nata.

 Il mattino veniva dal fondo,

con la sua spiga d’oro  levata.

 

Sulla pagina ora avanza

Un esercito di parole.

Nere, sottili, compatte

ombre in un mezzogiorno di sole. 

*

Confusione

Che strano. I giorni vorticano

catturati in un turbine,

con chiasso suburbano.

La strade sono interrotte

o, cambiate di rotta

- scoppi di clackson, brusche frenate! - 

non sanno dove andare.

L'autostrada del sole

è ferma per lavori

da troppo tempo in corso.

I  treni si avvicendano verso nessun luogo

obbedendo alla sola

legge del movimento

(che tutti ci governa

da quando, svariati milioni di secoli trascorsi,

è esplosa la materia).

Le sale di stazione

non cambiano di odore.

Ingenuo chi ha creduto

che, scrivendo dei versi

sul verso della mano che lavora alla ruota,

non tradirebbe il tempo 

adolescenti istanze.

La mano che ci compra è quella che ci vende

La mano che ci compra è quella che ci vende

al peggior  offerente.

 

*

il raggiante avvenire

 

I giorni che attendono di essere raggiunti

Nel tempo intatto del raggiante avvenire,

come l’orizzonte di vaste pianure marine

ad ogni passo si spostano di un passo più innanzi.

E avviene invece che il tempo della vita trascorra

(da ad-venire e trans-currere)

Senza percepirne l’avvenenza

Di ogni particella temporale.

E avviene tutto a un tratto che

Ecco la vita è avvenuta ma l’avvenire affatto

La vita è quasi tutta avvenuta resta appena

Uno scorcio di strada e poi svolta obbligata,

la vita quasi tutta avvenuta resta appesa

nel ripostiglio di spazzole e ramazze

prigioniera di stracci per la polvere

o nei sacchetti delle scope elettriche.

Lode dunque a colui (colei) che non attende

- l’occhio inteso al radioso avvenire –

E, nella tensione del suo filo

(funambolo sul suo tempo sospeso),

È attento a tutti i punti della linea,

come se ognuno fosse a sé il suo atteso. 

*

Le parole la lenza

 

 

Le parole la lenza

con cui volevo pescarti

dal profondo del mare

non servono: 

tracciano soltanto segni lievi

ombre inconsistenti, 

e tutto quel che eri sfugge al senso

(non all'assenza, che ancora è qui intera).

 

Mi resta il gambo secco di un geranio.

 

*

Paesaggio marino

Il luogo è silenzioso.

Un lembo di sabbia tra le rocce aguzze

e il mare risplendente.

Sparita la chiassosa

brigata dei bagnanti, siamo soli,

il sole sulla pelle ha la dolcezza 

di mani, è il sole

di una stagione fuori calendario.

 

L’isola emerge dalle acque del mare

-  un sesso di donna prominente

folto boschetto di pini bassi e mirto

intorno a una radura

di terra rossa che le onde lambiscono

(spalancato

sotto il sole

in attesa)

 

E io racconto

di un’isola lontana nel Pacifico

che forse non esiste, dove i maschi

sposano la terra e le danno

in pegno il proprio seme

per una nuova fioritura.

Parlo. Tra frase e frase c’è il silenzio

assordante del tempo, il frinire

di cicale morenti, la risacca,

un vento tra le rocce.

 

Di tutti gli esseri viventi

non vediamo che pesci nuovi nati, trasparenti

come acqua, un colibrì, una

libellula. Mi sfiora il braccio una farfalla,

scompare tra gli arbusti.

 

L’isola sporge dalle acque del mare

- totem,  divinità  -

contro l’azzurro immobile, in attesa.

 

Il vento strappa musiche

alle foglie dell’agave.

*

In una chiesa rupestre di Matera. Contrappunto a F. Innella

Qui il tempo gioca

tra pietre rosicchiate. Fuori

il mondo è pura luce, riverbero accecante

a guardia dell'entrata.

 

Un'eco qui gli uccelli, i gridi

dei bambini nei giochi, il rombo

del fiume dalla profonda crepa.

 

Affolla l'aria un fiato sotterraneo,

l'aspro odore

di salnitro e di muffa di perdute preghiere. 

*

Agosto

Non è un buon mese per scrivere, 

agosto, 

con i suoi venti caldi che spingono sogni

lungo strade di polvere bianca

rubata alle dune, 

sotto candide nuvole vuote

di pioggia nel cielo di smalto. 

La notte

ancora altri sogni, sospesi

a lanterne di stelle cadenti

proprio come stanotte, e lanterne

cinesi sospinte

dal loro stesso calore, che le fa più leggere. 

Scrivere è duro - non come

alzare la zappa e spaccare una zolla -

sotto il sole spietato.

Ma farsi leggeri e, portati dal vento, afferrare 

le cime dei pioppi per gioco, aggrapparsi a un'antenna

perché il vento ci sventoli come 

bandiere di festa

o come gli amanti che volano sopra al paese dormiente,

è cosa da farci un pensiero. 

Vacanza 

della mente creatura, del cuore

che batte al ritmo di estati passate,

quando nessun orizzonte era chiuso, e sempre qualcosa chiamava

da un po' più lontano, e si andava, fidando

nella bellezza del mondo in attesa.

*

Un momento di dubbio in Perceval

 

 

E’ così lontano il tempo in cui partii.

Mia madre è rimasta nell’aia

Della casa vuota.

Gli animali del cortile

Insieme a lei hanno perduto la voce.

 

Mi aveva tenuto nascosto

Per paura della Morte,

ma i cavalieri sono passati,

ed è cambiata la mia sorte.

 

 

I bei cavalieri dalle lucenti armature.

Cavalcavano e il mondo rifioriva.

 

Dove sono finiti?

Sabbia nella sabbia, materia grezza di stelle,

ruggine senza luce.

.

Io sono vecchio, curvo

In questo deserto bianco.

Ancora cerco il mio graal,

ma spero di non trovarlo.

 

Per quello ero partito

dalla casa del padre e della madre,

seguendo i cavalieri

nell’ incredibile viaggio.

 

Il mondo cambia in fretta,

tutto, intorno, è mutato.

Nessuno più mi aspetta,

La pietra d'angolo è crollata.

 

Perciò quello che cerco non lo voglio incontrare,

allontano la pena di non ritrovare

le vecchie strade bianche cancellate dal tempo,

strade che ridisegno in  notti senza sonno, 

case abitate solo dalla memoria. 

*

Stazioni per Virginia

 

 

Stazioni per Virginia

 

 

At Angel Station un vento

 selvaggiamente soffia, 

trascina gli Angeli e gli autobus rossi

verso il cielo grigio fumo…

 

 

Fiumi di tempo scorrono

nel mio quaderno segreto

come  nei  Virginia’s lost gardens

(l’erba si è fatta più gialla, più antica, come i profumi dei fiori

e le voci degli uccelli)

 

Fiumi e fiumi di macchine

Concerti di rumori....

Chissà se tali rumori influenzeranno

La lingua degli uccelli?

 

 

Il pellegrinaggio degli abitanti

fantastici dei tuoi romanzi

Non ha fine.

 

Io sono qui

 

guardando con i miei occhi i tuoi luoghi

ascoltando voci

Seguendo brezze ….

 L’aria è piena di odori 

confusi con l’odore della pioggia

 

 

All’angolo di Bloomsbury’s

Rachel

nel suo vestito più bello

distribuisce volantini

con storie d’amore mai scritte.

 

Provare l’ebbrezza degli angeli nel volo

                                                                andare sempre più in alto, dove si vede

La bruma incendiata dal sole…

 

Tu eri così sola.

 

(Missis Dalloway sale nel cielo col

vestito gonfio di vento, un ombrello aperto nella mano destra, l’altra alzata

a reggersi il cappellino…)

 

Chi reggerà il peso delle voci

che affollano il tuo silenzio?

 

 

Come quelle di un angelo improvvido

le tue ali si sono rotte in volo.

 

(La città non si acquieta)

 

Nel rombare del fiume

Si nasconde il segreto.

 

Tre pietre.

Nelle tasche di una giacca grigia.

Nel mattino di un giorno grigio.

In quale fiume ti sei nascosta?

L’acqua ti separa da te stessa.

 

A Time Square, stamattina

ogni orologio segna la propria ora, come è giusto,

ed una giovane donna, invisibile, disegna

una spirale di sabbia nel vento.

 

Ho pianto come un salice, e le mie lacrime

Si sono perse  nell’acqua del Serpentine.

 e poi

abbiamo riso a dirotto, con un bambino

folletto, incontrato per caso

nella piazza del Tempo.

 

Ci sarà un luogo

Per tutte le parole?

forse, Virginia, tu hai scelto

il fiume, perché l’acqua

risuona come il mormorio

di  voci amate e lontane

dietro porte sbarrate

Che non potevi aprire.  

Come il brusio i sussurri

i gridi le risate

di sconosciuti passanti

lungo Oxford Upper Street.

 

 

Forse anche tu ti sei chiesta

il perché di tante parole  - il destino

dei fiumi di parole sgorgate dalle labbra

e dalle dita – un destino troppo breve a confronto

della capacità di trasformazione della materia, della minima permanenza

della materia in uno stesso stato.*

 

Che ne sarà delle parole –  condividono

Lo stato di materia solo perché parole, o solo

Per ciò che le rende visibili – la carta, un po’ d’inchiostro…

diventeranno un giorno

che cosa?

 

Regent’s. Un altro fiumiciattolo

Nel silenzio dell’erba.

Un’anatra detta legge

Alla comunità della sua specie.

 

Nostalgia sottile di nulla

In questa giornata che minaccia pioggia             (qui è tutto ciò che amo)

aironi cinerini

e nessun desiderio di casa.

 

Perdersi nella pioggia.

Parole, lacrime, pioggia.

Fiumi inseguono fiumi che inseguono fiumi

di acque, di suoni, di cose.

Gorgoglii, chiacchiericci, fragori.

ruscelli, passanti, motori

Mormorii e sussurri e gridi

E sgorgare di acque e parole 

e suoni traboccanti dal mondo

come latte che bolle

(il profumo del pane tostato, al mattino,

sotto il cielo grigio fumo…)

 

 

 Mildenhall road, la sera.

E’ silente ed asciutta.

Niente più acqua nei rigagnoli

ai lati delle strade, e neppure

sulla cupola di pietra della chiesa di St Mary.

Siedo sul muretto di cinta

Accanto a un cespuglio di rose.

 

Il sole ed il vento hanno tutto asciugato.

Lacrime, pioggia, brina.

E sulle rose serali aleggia un profumo

che è l’essenza di tutte

le rose del tempo, di tutte le rose di cui

abbiamo sentito il profumo,

Virginia ed io, ognuna

Accanto a cespugli diversi.

E Virginia anche lei respira

questo stesso profumo e sorride.

 

Londra, Luglio 2005



* infatti qualcosa nel movimento continuo delle stelle esplode un mattino gli uomini nel loro continuo errare ne ripropongono il moto perenne la distruzione del cosmo per un nuovo più potente caos ed allora scrivere delle parole – creare mondi – e d’un tratto tutto è lacerato non più silenzioso,  morto e le parole inutile cenere dei giorni si posano su macerie inerti

Ma Virginia non vede tutto questo,  ha raccolto tre pietre tanto tempo fa sotto un cielo smokey orange e si è stesa nelle fresche pieghe del fiume è lì che ne ascolta la voce

À jamais

*

Bad Hochmoos

1.

E' profondo inverno questa notte

a Bad Hochmoos

Dalla notte, scarne voci di grilli ed occhi 

semiciechi

il cielo  scende a coprire la terra, tutto disappare

pure domani sarà di nuovo estate,

più verde il campo, più lucente

la lama dell'abete

ma stanotte, come sollevarsi

appena più in alto dell'erba?

 

 

2.

Dimenticherò forse l'uomo con la falce lunga,

che tagliava l'erba dinanzi ai miei piedi,

ai margini del pascolo?

O i corvi, nitidamente neri in campo verde,

i corvi che gracchiavano il loro grido

verso il bosco

proprio dinanzi a me?

 

 

3.

E' questa la valle primordiale

il vento  porta odori delicati                        

ed un ruscello canta

 

il mondo di tutta luce che lei cercava

 

lei ha subìto l'offesa più dura,

l'ingiuria del silenzio

pure è a lei che parla questo ruscello

è lei che tuffa i piedi dentro l'acqua gelata

con un grido da uccello

 

non io

 

tutto  è già lontano

un mondo racchiuso in una bolla di vetro

capovolgerla per aver l'effetto neve

 

 

4.

Meglio l'odore stantio di vecchie case

mai prima abitate, la polvere

rappresa a grappoli lungo i corrimani,

 

meglio la città rumorosa e sfuggente

dove nei vicoli stretti disperdere i fantasmi.

*

Non sono nata lì

Non sono nata lì

io sono di un altro posto

dove c'è mare e odore di olio e di porti 

dove le brezze si gonfiano di sabbia e di salmastro

 

non sono nata lì

ma la neve e la brina ogni inverno mi chiudono

stretta nel loro abbraccio di alabastro

 

Io non sono nata lì

tra le erbe crepitanti nell'estate furiosa

pure ancora  mi bruciano i graffi dei pruneti   

e all'impazzata canta dentro me una cicala

nel desolato mezzogiorno 

 

Non io sono nata lì

ma una donna che mi somigliava

a cui io somigliavo

suoi sono i ricordi, la tristezza, il rimpianto

suo l'amore che pesa come una cesta zeppa

 

la cerco in ogni luogo per darle quel che è suo,

ma non la trovo.

*

Ballata avvelenata - Scherzo

Geldra mi uccide, e niuno viene meco

A rigettar gli umori neri al varo

Bieco che fu, di nostra ordalia impreco

E il tempo e il loco, eppur mi resti caro.

 

Né tu sarai più là, ov’io mi reco

Terre di vampa et luci ed aspre faci

Pur s’io ritenga ancor di forza spieco

Puete sortir purpuree nuove braci.

 

Ove sarò, tra genti strane et apre

Tra suoni di novelle lingue astruse

Ad obliar mea speme e mei desastri

Nel vorticar di fabule confuse

 

Tu non sarai, et il disio si spande

Invano supra Zefiro che spira

Ver l’Oriente encloso di suoi blandi

Cirri, a sparger d’esso seme ignari amanti.

 

E sia così. Avverossi che tiene

Auspicio allato di mia ombra abbranco

Di stregone che un dì di biondo crine

Divinò, nelle ligne della manca

Mia mano essere iscritto un rio destino:

 

sempre avvenir colà dove sprangata

siavi una porta, e fuori io resti ascritta

unquemai io non paghi il mio riscatto

al mago, et il ne porga a me rescritto.

 

Tutttavia se d’orgoglio fui figliata

Il dì dois de lo mes lo più vegliardo

Per un matre e un patre apparentati

D’un amor che si tenne ognor gagliardo

 

Io affermo innanzi tutto lo creato

Non esservi ancor mago che qui impugni

Sua arti nigra a mio furor irato

Di ognora dover pigliar commiato.

 

Che se lui versi ancor di sua gramigna

Ne lo mio campo appena seminato

Quivi agirò, come lo mio antenato

Agì contro lo mesmo fato arcigno

 

Lo gesto di rescrivere mia sorte

A novo in su le ligne de la mano

Cassando il mago e tutte le sue sorti

E d’un solo butto  tutti li suoi torti

 

Né di te mi farò plus sangre acrore

Di quanto siasi al dì d’oggi maligno,

 che lo silenzio intra li amanti è d’oro

quando risuoni chioccia la parola

 

Cosicché a core lieggio mi diparto

Dopo lo spiego quivi del mio duolo

Verso i liti più provvidi di Astarte

Ov’altra ancor favella mi consoli

 

E ti sia caro ancor lo mio memento

Ti sia compagno il dire che non dissi,

e quando ristorata sia la mente

di tutte carte vane che un dì scrissi

 

Novello tempo rinnovelli i ditti,

Astro schiarisca i cieli ov’io ripari

unde ritorni a me, che ancor lo fissi,

Più che l’amore, l’estro de’ mie Lari

 

Estro e non astri. Astragali alle ortiche

Et il volere più che il lacrimare.

Che sia la sorte giammai più inimica

E maraviglia ognora mio compare.

*

Confine del tempo

Confine del tempo, parola imprecisata

glossa

ad oscurare l'apparenza, nota

a margine, indecisa, appena modulata

musica della strada

suono acuto martello che perfora

il netto disporsi dei giorni a calendario,

muta lingua che sfiora

e scuote in brividi il corpo addormentato

 

vertigine, parola impronunciata

*

Estate

Le parole le frasi  

In fuga nella testa

spinte dal maestrale

uno sforzo  fermarle

 

innaturalità della scrittura

quando il corpo è sospeso in una culla d’aria

 

Le cime dei pini, di un verde

appena un po’ più chiaro si inchinano al vento

 

e le rondini di mare confondono

nei miei pensieri  gridi con  parole

 

Perché dovrei fermarle

 

La malattia e la cura

La malattia è la cura

 

Per guarire non c’è che da restare

Un istante, ascoltare

Il dolore che batte più profondo

Del sangue al passaggio nelle valvole

 

Ascoltarlo e ascoltarlo, fino a che

Il corpo si addormenti, stanco, cullato

dal  tempo  primordiale, e al risveglio

si ritrovi guarito, più leggero

sotto il lenzuolo fresco del mattino

 

Essere sola.

Nelle ore che scorrono cercare la pienezza.

 

I bambini, qui accanto,

giocano alla settimana,  i loro gridi

si confondono con quelli delle rondini

 

stamane nelle rocce d’argilla abbiamo scavato conchiglie di secoli

e la loro bellezza rifulge nell’azzurro.

 

 

Adesso costruiscono una città di sabbia.

Mi mostrano la casa che mi hanno destinato.

 

Praialonga, giugno 2003

*

barthesiana

Il lettore del testo

si prenda il suo piacere.

Si Si Si Si

   sintonizzando i sensi

si lasci scivolare

 

nell’abbraccio lascivo

 di Vocali  frementi

che sssssibilando in frasi

si sciolgono

si sfanno

 

liquide liquide liquide

si scontri con le glosse

che duramente occludono

il passaggio occlusive

 

lanci il proprio parlare

oltre la lallazione

attinga  alle labiali

sorsi di beatitudine

bocche brividi  baci

 

non sia sordo ai sonori

richiami di sirene,

non si accordi tremando

all’albero maestro:

si disseti, si bagni

delle parole pregne

delle parole infanti

che rinascono in canti

 

giù fino alla scissura

 primaria  in cui polare

una poiesi appare.

 

*

barchette

 

Sono qui, di fronte all'acqua azzurra e tu

oltre.

I ponti, i ponti crollano,

 

 barchette vanno e non tornano,

e mi duole

che si siano bagnate tutte le parole.

*

Piccola voce

Se n'è andata, la piccola voce

che tintinnava tra i cristalli

della stanza buona

 

rimbalzando di specchio in specchio

se n'è andata, la voce lucente,

 

e nella stanza vuota

un'eco appena è rimasta,

un esile raggio di sbieco

in cui la polvere danza.

 

(piccola voce, non mi abbandonare:

in questo luogo solo tu sei viva

e tintinni e rimbalzi, e riempi di echi

le vuote stanze dentro cui mi aggiro)

*

Notte

Notte

azzurra trafittura di stelle

elemento siderale dal corpo passa 

all'aria

non c'è distanza interpazio né horror vacui

un solo blocco con al centro il cuore

 

lo stesso battito le fa palpitare

sulla superficie notturna umana

 

*

Trascorrerà così

Tutto trascorrerà così,

senza sapere di avere

imparato davvero qualcosa che valga.

 

Indifferente ci fornisce il tempo

                                                brevi istanti di gioia, lampi

 

a cui affidiamo la speranza

che non sia tutto che ancora

qualcosa ci aspetti che sazi

il desiderio insaziabile.

 

Il mio calendario      

irrimediabilmente in ritardo.

 

Sperperare il tempo

o tenerlo da conto

questo  non so, perché scegliere un modo

od un altro,                                              

 

se pur tutto ci sarà infine sottratto,      

                                                       l'aprile, l'amore, il sognare

sospesi al filo dell'alba, il sentimento

nostro fiero di essere

infiniti ed umani.

         

*

Amore per la vita

Non so se della vita mi innamori

la sua brevità che lampeggia

nella piega nascosta delle cose:

non so se è il lampo che scompone

il quieto fluire dei giorni

a penetrarmi nel cuore,

o se il chiaro, ordinato pensiero, la limpida

pozza

al centro del tumulto.

 

*

Quindici haiku

 

Un picchio scrive

sul tronco dell'ontano

il suo racconto

 

 

 

Stuoli di cavalieri

nei campi della storia

abbandonati

 

 

 

 

Nuvole grevi

si impigliano nell'olmo.

Un merlo piange

 

 

 

Un gatto ronfa

la pioggia riga i vetri

caldo il cuore

 

 

 

Come un vessillo

porto alto il mio amore

alla battaglia

 

 

 

Giorni di mare

tempesta furibonda

geme lo scafo

 

 

 

Rabbrividisce

la foglia prematura

sola al ramo

 

 

 

Sempre ti porto

come un pendaglio d'oro

appeso al collo

 

 

Di mille amici

rumoreggiava un tempo

la mia casa

 

 

  

Alba d'autunno

racconti della pioggia

haiku di allodole

 

 

 

 

Cumuli ostili

coprono la montagna

la pioggia è fiume

 

 

 

 

Fiori di campo

in un vaso di coccio

antiche estati

 

 

Primo novembre

Luna sotto la terra

accanto il fiume

 

 

Alla finestra

la guardo avvicinarsi

dolce e scura

 

 

Verrà l'estate

con le vesti sue gialle

noi diversi

*

Il dolore

Fatuo dolore ci umilia

per questa nostra vita

già da lungo consunta,

non un vero dolore

che infranga i mille specchi

dove langue l'immagine smarrita.

Vivremo immani giorni

senza sentirne il peso. Innumerevoli

stelle cadranno,

perché possano solerti innamorati

esprimere gli eterni desideri.

Scorrerà a lungo il fiume, e pesciolini argentei

guizzeranno alle lenze

di assidui pescatori.

 

E' negato all'orecchio

lo stridere ferroso

dell'universo ingranaggio. 

 

*

Parole

Un tempo con te non mi urgeva

cercare e cercare parole

per ricucire le maglie

da cui si disperde l'amore.

 

Un tempo avevamo altre parole.

 

Ce n'erano alcune calde come fuochi,

e passavamo ore a lasciarci scaldare:

altre ve n'erano, di buone

   come   il pane

che al nostro amore toglievano la fame.

 

Ora non c'è più molto da dire.

Alla palude delle parole siamo arrivati.

Macerano in silenzio, velenose e sottili,

e nel loro miasma lentamente moriamo.

*

La sera

Quando avremo la sera

tutta dentro la coppa,

la leveremo a brindare

alla nostra vita nuda,

ai balenanti fantasmi 

che ci hanno posseduto,

a tutte le porte aperte

sul cielo senza più sera:

poi berremo d'un fiato

e spezzeremo il bicchiere.

*

Primavera#Poesiapoeti

In questi

giorni di marzo, che la vita

sembra improvvisamente farsi nuova, 

misteriosa agli sguardi e alle parole

 - come non avere mai prima bevuto 

a occhi chiusi il calore del mattino, come non avere mai prima toccato

lungo le oscure vie dei rami

il rapido avanzare di una gemma,

mai prima di adesso

eppure quante volte, prima... - 

In questi

giorni febbrili si fa incerto

il confine fra vita e desiderio,

si aprono nuove

crepe nei muri, vecchie piaghe. 

E come la luce dilata l'orizzonte,

lo mostra vasto e chiaro, 

a nessun vento opponiamo resistenza, 

ogni nave ci mostra nuovi porti.