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Raccolta di poesie di Elisabetta Sancino
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

La formula del fiore

 

  

Oggi un tappeto d’astri e cicuta

ha sorpreso i nostri piedi ciechi

da dove vengono tutti questi fiori

a ridosso della Statale

nessuno l’avrebbe detto, dopo

le gru e le febbri, nessuno ha pensato

al meccanismo che regola i brandelli di prato

sfuggiti a questo vuoto procedere

per ipermercati e superstrade

così vive l’uomo addomesticato

così i vivi cadono nel sonno

e i morti insorgono.

*

Adolescenti

 

 

La visione conficcata nell’incavo della terra

quando i ragazzi cadono dentro il verde

ramificato di giugno e tutto il sapere

che ancora non sanno di possedere

li anima facendoli arrivare alle stelle

 

*

Dopo il temporale

Dopo il temporale

 

C’è un mattino che sembra sera 
un odore che viene dalle strade
le robinie cadute, quell’odore
non riesci a capire dove ti trovi
se appeso a un ramo o dentro a una pozza
profonda come i nostri silenzi.
Ieri sera il cielo ha fatto sfracelli
dal cavalcavia volavano travi,
i negozi divelti, le ossa scagliate in aria
come stelle impetuose, fantasmagoriche
rifrazioni dal buio dove i morti
si alleano ai tuberi, alle cervici dei fiori
mentre noi li crediamo immobili. 

 

*

Il mattino è buio

 

 

Il mattino è buio e ferale

stralunati i giacinti

nel crudo di un gelo inaspettato

ossa ricongiunte al sinistro delle case

non sappiamo più che fare

di questo tempo che esonda

dal ventre infetto della metropoli

saltiamo su un tram deserto

oltre a noi

solo la forza

rupestre del vento

che incide il silenzio

*

Il pensiero di te

 

Il pensiero di te

scaturisce in lenti cerchi

d’erba e di margherite

che ancora non sono

ma che l’occhio precorre

e la lingua assapora

come un frutto aperto

come una nube impigliata

nei rami dei tassi

stai appeso ai miei capelli

prometti pioggia che stana le chiocciole

porta a compimento il grano

e tutto quello di cui voglio scrivere.

 .

*

Interno senza nebbia

INTERNO SENZA NEBBIA

La gente ride  nei centri commerciali

dove l’inverno non arriva mai

la gente affranta sotto il peso del nulla

dalla pompa di benzina lungo la Statale

un’emorragia di corpi addestrati a spingere

mi ci rivedo talvolta, e nella palla

sfuggita di mano alla bambina maldestra

e nella madre incerta tra i carrelli

e la nebbia.

*

Crepa

 

C’è una crepa millenaria nella mia testa

dove s’insinuano indisturbati

brattee fiorite e treni in corsa

e il sambuco attecchisce sempre

i neon bruciano come stelle.

Fossi una cosa compatta e solida

non avvertirei quella vertigine

-la mente che ha concepito i fiori

è la stessa che contempla dall’alto i crimini

e la futile operosità dei vivi.

Il pomeriggio della tigre
“I granati”, Terra d’ulivi edizioni, Lecce, 2018

*

Viaggio in treno

 

Scrivo il tuo nome col tè bollente

col buio pesto di pieno inverno

con la spalla trafitta, con la condensa

bituminosa del treno in corsa.

Dovunque mi giri

panini lasciati a metà

residui di fantasmi

risucchiati dalla corrente

oltre i finestrini

discariche e nebbie

ma il tuo nome

lo porto aggrappato ai capelli

come fosse una luminaria

un reticolo di brina

è croco di neve che abbaglia

è bruciore illegale di piracanta

nei grami giorni della merla.

 

In Il pomeriggio della tigre
“I granati”, Terra d’ulivi edizioni, Lecce, 2018
 

 

 

  

*

In corsa

Il mondo non fermerà la sua corsa

non per te, né per la donna

coi lividi in faccia

non ti attaccherà l’ossigeno

la flebo, la voglia di rischiare

non ci sarà il mondo a fine anno

il bilancio lo farai nel tuo letto

a due passi dalla tangenziale

continuerai a cucinare i tuoi pasti

e le tue paure

a scovare foglie smisurate

sotto cumuli di lattine

i treni andranno sempre a Sud

il mare sarà sempre lontanissimo

i tuoi anni sempre più brevi

come gli spazi fra le vertebre

ma continuerai a riparare credenze

a riempire valigie

a stipare luce nelle fioriere

e cos’altro potresti fare

con queste due sole mani

mentre il mondo corre

e tu stai lì ferma

a scrivere

*

La piramide di Herzog

                                               

Oggi torno a Milano

anche se la piramide di Herzog

ha inghiottito la tua ringhiera

e quei pomeriggi iniziali

in cui ancora non sapevo di essere

e tu mi preparavi un tè forte

dal nome impronunciabile

avevi tre tazze sbeccate

di porcellana finissima

ma noi eravamo in due

poi c’era la notte

che faceva il resto

riempiva ogni cosa di nonsenso

compiuto di senso assoluto

 

 

 

 

*

Neve rossa

NEVE ROSSA

Il cielo è una cascata bianchissima

a cui abbeverarsi camminando

lungo gli argini assiderati

nell’attesa febbrile di una neve

che sarà scarsa e inutile.

Io ho una scorta di candele,

dolci provviste per la notte

accoccolata nell’incavo dei fossi

dove la primavera rotolerà pervinche

e ondate di primule, spennellando

i talloni scrostati dalle gelate.

Dici che il carminio perdura

sulle mie rime palpebrali

e sul mio zigomo sinistro:

è questo in fondo che di me ami da sempre

nel propagarsi dell’inverno intonso

-stanotte dovresti reggere questa fiamma

dovresti aspettare la neve

e pensarla rossa e durevole

come i versi che ti porgo

*

Una ragazza che scrive poesie (in un bar del centro)

 

Una ragazza che scrive poesie

La fiuti a distanza

La riconosci dal tintinnio degli anelli

Grandi cerchi di sole agli orecchi

È mancina

Anche se usa la mano destra

Perché ha sempre qualcosa di insolito,

un diverso modo di  posizionarsi sul mondo

farsi un sorriso

fraseggiare l’autunno in sanscrito

pescare tesori nell’ora di punta

pensare al suono del tramonto.

Lei si prende il tempo che vuole

donare alle cose mute

(il tavolo di formica

la bottiglietta di plastica

il tovagliolo appallottolato da ore)

senza essere  Cézanne, le riconduce

a quella geometria arcana e semplice,

dà loro quella cadenza di luce

che le sottrae eternamente alla polvere.

 

*

Genesi

 

Certe volte si fa così

Scardinando le certezze più solide

Spaccando in quattro parti il melograno

Torcendo il collo del cigno.

Non è necessario farsi il segno della croce

Impallidire di colpo

Temere di aver passato il segno

Se si vuole riplasmare il creato

Pasando attraverso il terzo occhio

Bisogna che tutto passi davvero attraverso

Si contamini e si fratturi

Si scinda in mille frammenti

La mano che li ricompone avrà sei dita

E non baderà al rosso del sangue

Che sarà viola

Una mano molto ferma

Con tutte le sue incertezze

Una visione nitida alla guida

Una mente libera

Che non teme di  potersi perdere.

Anche se l’anima è per sua natura indefinibile

la mia sa esattamente quale forma prendere.

*

Nuda, con un libro in mano

NUDA CON UN LIBRO IN MANO

Eccomi

sto bussando alla tua porta

nuda

con un libro in mano

è imbarazzante, lo so,

è osceno

il libro, intendo,

con quella copertina di raso

le pagine svolazzanti

qualcuna già caduta a terra

lo dirò all’editore

non importa.

Vengo avanti

hai gli occhi fissi sul mio libro

non leggi bene i caratteri

è un libro scritto a mano

ci sono pezzi di visceri

incastrati in più punti

l’inchiostro è sbavato

forse perché un po’ ho pianto

È un libro imperfetto e sgraziato,

si sfalda appena lo tocchi

odora di terra, e di muschi

non ti insegna assolutamente nulla

sicuramente non a montare una credenza

aprire un blog in rete

fare la conserva

non ha un codice a barre

non sarà mai in vendita

è solo un groviglio di verità inconfessabili

come l’anima.

(poesia finalista al Premio Letterario "Il giardino di Babuk", ed. 2016)

 

 

 

 

 

 

 

*

English Lesson

 

Queste parole che si muovono

nel perimetro oppressivo dell’aula

come alberi trapiantati nella notte.

Altri parchi, altre foreste boreali

contaminati da tentativi d’infrazione

contro un silenzio di cava.

Muovendomi a scatti

come quel folle che strapazza gerani

cerco la parte durevole di voi

in attesa nei libri accatastati

uso le pagine vuote dei dizionari

i vostri pensieri irregolari

per liberare la stella.

Voglio solo portare qui dentro

nel cerchio sconsacrato dei giorni

il vento occidentale, la simmetria della tigre

le parole della fame, l’etica non intermittente della luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Silenzio

SILENZIO

 

C'è chi è nato con la camicia,

io sono rimasta nuda,

scabra come uno scoglio d'Irlanda,

scheletro d'uccello spolpato dal vento,

sporgenza nell'occhio,

spina che buca il fianco.

Sto attraversando questa vita

senza possedere nulla,

generando figli, nutrendo uomini,

levigando parole,

ferocemente scorticata dall'amore,

sempre scoperta e famelica,

madre fino al midollo,

eppure libera

di vagabondare sulla terra

in compagnia di me stessa.

Assorbo tutte le tonalità del cielo,

sono notte, giorno, alba, tramonto

ma non somiglio a nessun elemento

né giungerò mai a compimento

perché lo so che non mi appartengo

e il mio destino è tornare silenzio.

(dalla mia raccolta poetica "Frammenti Viola" ed. 96, Rue de la Fontaine)

 

 

*

Fuori stagione

Novembre si spoglia nudo
dai rami alle sponde
la gente si nasconde
sotto ai giacconi di marca
spinge per trovare posto
mi rovescia addosso la rabbia
il caffè amaro, una pioggia
che m’insudicia le mani
sbava l’inchiostro sui fogli.
Non che io occupi molto spazio
ma le parole
per fortuna seguono altre regole
come l’erba matta e le ortiche
crescono anche fuori stagione
fanno sempre come gli pare

*

Odio


Che il mondo urli la sua rabbia
mentre me ne sto a gambe incrociate
a leggere tranquillamente quel che mi piace
in questa silenziosa notte di giugno
interrotta solo dal gracidio delle rane.
Dovrei sputare un bel po’ di veleno
provare almeno una punta di rancore
ma vedo solo il grano verde che sale
lungo l’argine del canale.
E in quanto all’odio bruciante
come un globo rovente tra le costole
l’unico incendio che per ora qui dilaga
sono infinite schiere di lucciole

*

Le mie parole, adesso

Non dopo
-tra un giorno
un mese
o tra vent’anni-
non dentro a un letto
in mezzo al deserto
o tra le tue braccia
ma qui, adesso,
su un gradino incrostato di fango
sotto una pioggia battente
mentre il mondo si liquefa
io sto scrivendo
con una biro che non ha più inchiostro
su un foglio inzuppato di acqua
parole scrivo, e si cancellano
come una qualunque cosa inutile
solo che loro sì, loro a me servono
sono il combustibile
che muove ogni ingranaggio,
della mia anima l’osso
lucente e ultimo.