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Raccolta di poesie di Vlad
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

serapione

Il teatrante liberò serapione
e gli diede venti monete d’argento.
Un filo, questo orizzonte senza peso
Le stelle in canottiera finiscono per alzare la tenda

senza melograni. Ogni nascita un lutto,
insegna una vecchia maniera.
Chissà da quale chiesa fu dilaniato
Quel santo che fecero santo.

muri di buio e di pianto
- è vero- disse l’angelo:
Dietro il tempo non c’è più una freccia

ma solo il suo arco. e gente in piazza ad urlare
villano villano. qualche bestemmia e una croce sepolta
al contrario. tagliate la testa a quella donna,

soldato. un soffio di carbonio seguì il varo
del clima sui roseti, grumi di marionette
batterono il tacco e danzarono, vibrando.

alla fine le membra furono sepolte dallo sterco
dei figli del tuo reverendo. a cavallo- dicesti-

all'assalto! e i denti all’ansia tua di scoprire
che insieme all'anima non trasmigrano
anche i segreti. E allora acqua per i popoli

Infiniti e tanto siamo tutti fratelli
E tanto lo siamo, non vedete
queste arcate nel profondo dei vostri occhi
che scrutano al contrario?

la stella parentale, medusa del cielo,
fissò nel sangue i suoi depositi

ardenti. pulci minerali saltellano
Inseguendo scrigni di latta,
in cui versarsi

e pulirsi. A volte il tuo corpo muta
senza volerlo. per arrivare a raggiungere qualcosa.

il fine di tutti è il fango.

*

amai

amai fiori e luci,

e suoni

e la natura e colori tutti.

 

cinta di rose e gelsomini,

 

e vallate di gigli,

nei mie seni,

stringevo pettirossi

 

e i suoi nidi,

e camelie e biancospini.

 

amavo il fuoco

del falò a cielo aperto

la luce all'ombra

del mio volto

 

e splendevano, i miei segreti,

 

come maschere d'avorio.

amai amare e il mare amai,

e tanto, e mai

 

che non riuscii ad amarlo:

quando con funi di sabbia

mi lanciai,

 

rimanendo sospesa

 

per giorni e giorni

aspettando l'abbraccio

delle sue mani

 

venni sì presa,

 

ma annegai

*

amo te e i tuoi soldi

prima tirata.

 

Come va?

Dammene ancora, amore.

 

Seconda tirata.

 

Stai bene cara?

Sto bene caro.

sul letto, noi due.

 

Abbiamo sonno e fame.

patatine fritte, le vuoi?

musica ora.

 

apri una bottiglia,

mi piace il roast beef.

 

terza tirata

 

___perchè non guardi l'ultimo sole

là fuori, adesso?____

 

(future sound of london

ever green, my lady

are u sound of sleep)

 

quarta tirata.

 

ancora di più(cosa vuoi?amarmi?

il domani non sa)e vederti/sento io/

ascoltami ora/ prima di chiudere gli occhi/ ancora

una volta, e per sempre:

io non ti ho voluta mai.

 

Tra poco, mia cara,

tra poco una lama fredda reclamerà

il rosso del tuo cuore

 

Sul letto, ancora siamo.

pieni di roba fino al midollo,

noi due.

 

Ecco, si comincia.

Ah ah ah ah ah!

 

Buonanotte cara(amo te e i tuoi soldi)

Buonanotte caro(amo te e i tuoi soldi)

 

(Vita, vita, lasciati cadere)

Sei sveglio?

(fingo di dormire)

Mi senti?

 

si alza, quella puttana.

Mette una striscia sopra il comodino.

Pronta per essere inalata.

 

Poi silenzio.

 

ascolto bene il suo sonno,

prima di scendere dal letto.

Vado subito in cucina,

 

torno senza fare rumore.

E poi uno sguardo sul comodino.

 

Quinta tirata.

 

afferro ben bene il coltello

che sembra scivolare nel sudore

delle mani.

 

E solo un attimo, poi

no! No!

 

Non è possibile, no!

mi ritrovo a terra.

 

 

neanche il tempo di sapermi morto.

 

 

 

 

( ...)

- eccole, sono queste, signora:

prodotto uno. Lieve stordimento, nausea: 6 ore

prodotto due. Stordimento, rallentamento: 1 giorno

prodotto tre.Breve paralisi (fino a 1 ora), dolore: 2 giorni

prodotto 4.Paralisi (1 - 8 ore): 3 giorni

prodotto 5. Morte istantanea: un minuto

 

-uhm. Prendo il cinque.

-Le costerà il triplo, signora.

-Va bene.

-Guardi che basta una semplice tirata!

-È quello che voglio. 

*

sposa

sono tua.

oh, sì, mio caro.

mi vuoi?

sono qui

abbracciami.

 

stendi il tuo corpo,

bene.

mai vidi,

cosa più bella

di questa colonna.

 

amore,

dove vai?

 

sciorinarci

favole,

beoti,

impreparati,

uomini.

 

Sulla

tua testa

calva,

amore mio,

Si specchia

Bene

la tua ombra.

 

idiota.

 

 

 

E tu che leggi,

cosa vuoi?

 

 

Cibo solo

Continuerai

ad essere,

 

uomo.

 

 

 

una volta

che sarai arrivato qui,

 

 

riposa.

 

 

 

Tum tum tum

 

Un groupement

de groums,

 

Un uomo

marocchino-

caffè, grazie

Lungo lungo lungo ahi!

- è un leone-

(tabors, piano, eccomi)

oh battaglione!

 

Dice l'americano:

Un uomo tunisino

è una donna,

n'est pas?

 

braaaaaaaaaaaaaaaam

 

e jumbo Wilson

E Denvers,

l'uomo vero vero vero.

 

NERO NERO NERO

 

Ma il generale clark,

maledetto che sia,

-i mattoni e la calce e i buoi-

 

nelle nebelwefer-

siamo accalcati qui!

 

stiamo evaporando,

generale,

i tedeschi!

Oh battaglione!

 

72 b-17 demolirono

l'intera abbazia.

E dissero

- quelli che videro-

che era grandioso.

 

Tum tum tum

 

senti francesco?

mi senti?

che ci facevi

 

nell'abbazia?

tum tum tum

 

mi senti?

 

...

 

tum tum tum

 

i tamburi suonano ancora

vittoria.

 

maledetti

tutti.

per cosa vivo

io

ora,

 

sposa?

 

 

 

 

 

*

visita al cimitero

Sfoglio il volume delle croci

 

e capitoli e capitoli

di sole date,

 

riunite

 

come in un registro

per segnare

 

quando arriva

 

colui che parte.

 

Sola ,

 

come sempre

Così sarai là dentro.

 

L’unico posto in cui sei entrata

Senza chiedere permesso.

 

Chi c’è ora,

accanto a te

 

sorella?

 

E quello lì di fronte

Con i baffi

 

– lo vedi?-

 

Pare che ti osservi.

O forse sta lì ad invidiare

 

il profumo di fiori freschi;

 

ché i suoi sono desolati

e secchi,

 

piegati ormai come lune

quando gli ululati sono soltanto

 

il rincorrersi dei venti.

 

e mentre ora ti fisso

sulla sponda lastricata,

 

quello che mi chiedo è solo:

ma mi senti?

 

E all’improvviso ascolto una voce,

Come sussurrata a denti stretti

 

Che mi dice:

sì, fratello, ma, con tutto il bene,

 

smetti di leggere ungaretti.

*

chi è che mi disse che strauss suona da dio?

Eravamo lì

 

io e la mia compagna

- intenta a sorseggiare

sul boccale della nostalgia-

 

seduti davanti ad un tavolo

vicino all'ingresso

 

"staremo insieme ancora per molto!"

- disse lei. "ma certo!"- urlai -

alzando la mia birra.

 

Ma eravamo lì

tra le tende rosse del tramonto

e bevemmo.

bevemmo molto

(parlammo poco)

 

"prendi una vodka?" domandai.

E guardai gli altri danzare

Mentre la copiosa sala

 

abbracciava  le note

di un valzer tradizionale.

 

" ma questo è strauss!"

dissi voltandole lo sguardo

ma ella non parlò,

 

ché si mise a fissare

-assuefatta-

il culo di una signora.

 

 

'Sei andata!' pensai,

mentre tirai un' altra sorsata.

 

D’un tratto mi  prese la mano

 una donna  (cazzo, che fica)

e mi invitò a ballare.

 

-chi sei?-sussurrai.

"se te lo dico

non vorrai più abbracciarmi.

come potremmo poi danzare?"

 

La musica terminò

e ci abbracciavamo ancora

- ma chi sei?-

 

le chiesi di nuovo.

ma ella mi chiuse la bocca

E dopo

 

solo dopo che mi baciò

mi disse-"ascolta!

sei qui già da qualche ora

ed ancora non lo sai?"

 

 

Mi avvicinai al tavolo

distesa come manichino

trovai la mia signora

-allora? - le chiesi –

 

La Vita mi guardò e disse:

no. prendimi un whisky & soda. 

*

in attesa di gutter

1.

lo studio normativo dell'utilità, attraverso
il marginalismo, l'ordinalismo
e la teoria delle preferenze rivelate,
è stato attentamente analizzato
da Gagnier - mi disse lui -


mentre guardavo le tette di claudia.


(è importante, quando sei concentrato
su un qualcosa che potrebbe dare all'occhio,
che tu abbia qualcuno che ti intrattenga,
che giustifichi cioè la tua posizione in quel
preciso posto, dove la prospettiva
visiva è perfetta.)


insomma,
mi dicevi di questo gagnier?


2.

ad un certo punto capì
che non c'era nessun
senso in nulla, e non c'era
nessun senso anche
nello scoprire che non c'era
nessun senso in nulla.


allora cercarono di mandare
qualcuno per aiutarlo. chiamarono
gli psicologi, gli psichiatri,
gli operatori sociali, i preti,
le associazioni di volontariato,
gli orfani di guerra, le vedove.


ciascuno provava a fargli capire
che si sbagliava.


finirono tutti con l'impiccarsi

3.

no, albert non aveva proprio
nessuna considerazione
per la vita umana. non capiva
l'attaccamento alla vita,
la pretesa di occuparsi di.


di gestirsi. di organizzarsi.
di essere.
ecco, di essere.


lui non credeva all'essere.


altrimenti come avrebbe fatto
a lanciare karter dal quarto piano
solo per capire che tipo di suono
producesse sul selciato?


4.

e rideva sempre.
aveva le gote rosse
e si faceva vedere in giro
solo in compagnia di sua moglie.


quella volta che la moglie non venne,
non c'era neanche nessuno in giro.


davanti alla camera di lei
girolamo aveva il trentasette.


5.

è indubbio che il miglior modo
di garantire un futuro ad una società
sia quello di mettere al mondo dei figli.


la famiglia è alla base della società.
klara ci aveva provato più volte.


il primo aveva la diaspasia,
il secondo la peritonite, il terzo
aveva una forte probabilità
di diventare finocchio.


cambiò partner. e ricominciò.
il primo aveva il morbo di admiller,
il secondo avrebbe avuto delle gengive
corrosive e infine il terzo,
questa volta sano.

 

OH CIELO

- fece il suo ginecologo-
- con grossolana enfasi-
- se ne accorse lui stesso -
finalmente un feto normale,
signora hitler!


6.

ma quanto ci mette?
ssst. silenzio.
gli piace concentrarsi.
sta cagando.

*

nei miei occhi è solo dipinta la tua voce

E chiuderò gli occhi.

essere felice solo con lui accanto,

con te mai.

 

- Scolati un altro bicchiere-

 

Il tuo amore sta già vomitando,

vedi? Sei solo una attesa

in più che dura.

Infinita: maledetta.

 

-per lo scrupolo di ricordarli tutti

non ne ricordo più nessuno

di tutti i nomi miei-

 

Che importa: guardo meglio

La vita che non mi vede, la abbraccio,

mi stendo ubriaco

 

sui mattini appena nati,

e mi ci addormento

- l’incubo sorveglia austero-

 

e che morendo

recupereremo la solidità

 

del primo momento

questo non so. Pericoloso,

però:così scrisse ogni madre

 

sul proprio grembo;

che muoia pure di fame

il sogno mio,

 

mi sentirò meglio.

 

non regalarmi più niente, no,

vita, non voglio più nulla.

 

Me ne starò sulla gradinata

Di questo nuovo giorno

e ti guarderò per l'ultima volta

 

già putrescente il mio corpo,

ed andare adesso per dove,

per cosa? Scrivi, firma lì

 

in quel cielo che si sbronza,

a sera, è quello il tuo destino,

è quella la tua ora.

 

- L’ ombra già cammina da sola-

 

l’ululato dimesso

di un lupo che afferrò il corpo

 

di un marito appassionato

sfila ora in un ricordo lontano.

-alla finestra tu ora mi dici: ascolta,

 

quale fosti tu?-

-è passato troppo tempo da allora.

non lo ricordo più.-

 

e ogni cosa è buona

quando non conosce risveglio:

quindi già sai

 

che odio ogni mattino.

e che vivo di sola attesa

che il prossimo giorno sia l'ultimo.

 

o il primo.

 

 

*

non dice mai che va via colui che non torna

Salimmo lentamente

per non perderci nulla

di quello che guardavamo.

 

Non fu molto tempo fa

quando ci adagiammo

sul dorso della luna,

 

io e te

 

fragili.

 

il tempo è strano.

 

Ma mai come noi.

non ti dissi neanche addio.

 

Ed ora sono qui,

ad incatenare i ricordi

mentre cerco di mandarli via.

 

Sono feroci le compagnie

- più delle altre-

quelle di chi rimane solo.

 

(e no, non c’è pace

in questo vuoto di parole,

-che mi riempie

in un silenzio che mai tace-)

 

e aspettarmi cosa,

vivrai fedelmente,

amore.

 

È giusto così.

Che trovare la libertà

non è bello come cercarla.

 

(ah- le ali!- le strappassero

tutte- e per sempre)

 

intanto le prime luci del giorno

hanno ferito anche questa notte

 

-tagliandole la mano

che mi teneva con sé-

 

ora sento solo un gran chiasso

mentre vago in questa città

 

deserta.

 

Sporco e ferito, tutti mi guardano

- è piena di luce, la mia ombra-

 

Il mio urlo lacrima silenzi,

a fiotti – spargendoli ad ogni passo

 

vocale-

 

non avvicinarti, è inutile che.

Allora vieni. – dicevi?-

Non mi interessa, vai.

 

Allontano per sempre

la spada che fredda mi colpì

- donna-

al torace.

 

Ma fui io,

non tu.

A straziarmi.

 

Come il telamonio

L’ajace.

 

(chiudo la porta,

aspetto l'aria secca

della sera)

 

libero figlio dei venti,

io

E

Vagavo

Senza

Volere

Raggiungere

Nulla.

 

- e non disegnavano mai orizzonti

i fiori del mio prato-

 

Era questo il mio itinerario.

(indisponente, sì.

ragazzo.)

 

per terra,

chino,

aspettavo

che l'ombra oltrepassasse

la cinta

 

disteso sulla tela

un gabbiano

che qualcuno ha fotografato

chissà perché

 

guarda ora giù.

Di volare qua e là

È ormai troppo stanco.

 

Ma sapessi farlo

non lo farei mai

- amarti-

 

(una voce che sanguina,

continua a parlarmi di te)

 

amore mio,

unico e grande:

Dolore e miseria,

è questo ora lo stato mio,

 

intanto.  e mentre guarire non potrei mai,

per finirmi basterà una tua carezza.

 

Soltanto.

*

il mio corpo è vergine da sempre

e stranamente ora ti guarda

una parte di me che mai ha conosciuto

le redini di ritorno.

 

ma lo sguardo deve essere basso.

che i cieli, è da molto tempo che non sono più lassù.

 

smettila di far rumore, allora.

occupati di altri lidi.

 

cucimi nel mio giaciglio

da cui mi allontanò

un dio da prendere a schiaffi.

devo ardere di dispiacere

 

dipingere di viola

la mia mano.

e come si può non essere?

ci sono precedenti illustri,

se nessuno più la conosce come littoria.

 

agito la gioia come acqua frizzante.

nei conti del male ci sono segnali positivi.

 

e mi vedo da fuori indifferentemente.

un me-oggetto.

 

ecco allora: il mio essere si manifesta

come un medium in trance.

 

il piano irriflessivo è un difetto.

la ricerca di un annullamento,

i cani si diano da fare.

 

setaccino.

 

- bestia creativa dele mie fantasie più turpi-

 

ma tutti gli addii io ho compiuto.

 

la mia anima non è mai stata contaminata.

e il mio corpo è vergine da sempre.

non ha conosciuto orgasmi.

 

il desiderio, distrutto,

si è sottoposto all'exenteresi.

 

ogni legame si scioglie con un noi.

un cespuglio risuona di istinti nascosti.

 

quando la fronte sanguina di ricordi passati

tutto si chiude, come una grata,

 

una porta, un sipario, una bara.

ed a saperlo, lo sapesti bene anche tu.

 

che sei morta prima ancora di essere mai stata.

 

*

piove fuori, intanto

e di sera ha mai provato 
a berti il tuorlo del cielo? 
quello che ti preme in testa 
lo perdi a pochi conati dal cesso 
 
etcetera. etcetera. 
 
la bocca di una donna 
nel vicolo di una taverna, 
jassie rasenta i muri della città vecchia, 
l'apostolo del Signore 
che si inebria con la grappa 
 
grida al vento la sua memoria. 
- pensavo la conoscesse ancora - 
 
di carni uscite 
dalle macchine a vapore, 
di mamme default, 
del fumo all'anice verde, 
 
di spruzzi di polvere di acero campestre, 
mani della sera 
che riavvolgono la luna dal letto. 
jassie, la mammella 
 
più grossa l'aveva sul collo 
e tra i denti solo la tracotanza 
degli angeli. la sua spinta 
 
a non difendersi dall'assalto 
di insetti che girano operosi nel bagno
fanno l’alta marea.
 
potrei inebriarmi di cieli stranieri, 
cogliere un gin da un'alba dispersa nel volo 
 
tra la terra e me la distanza è solo un sogno 
che mi regala la vista dei labari in parata 
(la bussola regola bene gli imbecilli) 
e affamarsi di soli così vecchi 
 
- ad oriente è perduto colui che salpa - 
 
ma la mezzanotte già scuce le vesti 
di stelle che imparammo a descrivere 
a singhiozzi. andarono con l'oro 
 
tra i denti, e tornarono con il nero 
sulla bocca. potrei imbarcarmi 
 
un giorno. solo per il gusto di imbarcarmi 
èèèèè (e poi un sordo rimbombo)
che tante volte lo feci 
stando solo a braccia conserte. 
 
potrei fissare a lungo un oggetto 
fino a non farlo esistere più, 
fino a che quello non diventi parte 
di me, come se l'occhio stranamente 
avesse un suo occhio. 
 
o potrei fischiettare mentre tutti 
 
sono intenti a lavorare il ferro. 
e l'altro ti guarda, come a voler dire 
che cazzo fa quello che fischietta 
invece di lavorare il ferro. eppure
stando in ascolto,
 
ditelo a sam se iconoclasticamente 
il pesce non rappresenta la migliore figura 
dell'impiccato. ma (mentre arrivo ad un passo da te, 
 
mi accorgo che il tuo respiro è già accelerato) 
quanti pistoni sei riuscito a forgiare ora, sam? 
EH SAM? se in quel momento non parli di roospppveelt 
sei spacciato. intanto fuori piove 
 
ed una signora ha problemi con un ubriaco.
 

*

viavaidiavi (note)

 
PARTO- 



(poiché io non cerco di vivere affatto,) 

(finché potrò) 

(cercherò di starmene ancora un po') 

(qua dentro.) 

ecco. ti pareva. 



- TORNO- 

sì, morte, lo so. 

sei già gravida di me. 

dimmi: quanto ancora 
dovrò aspettare 
per vederti, sudata, 
partorire? 


[pensieri alla madonna
a volontà]



e non temo gli avvoltoi. 
ma la loro lentezza.

 
 
 
 
...........
 
 
 
 
 
 

Sa sa sa prova 

0. dire sempre sì. 
1. del bene che mai conobbi. 
2. Tu, di amare, cosa ne sai? 
3. Volò via. Ma mai tanto lontano. 
4. Un millefoglio, datemi un millefoglio. 
5. Non sanno quello che vogliono, è inutile che. 



6. pur vedi cieli pieni di stelle, ah avessi una fionda! 
7. La principessa vede i cigni dorati sul laghetto viola. 
8. il pioppo sorprende un ramo scolorito e l'abbandona. 
9. Vivere con una donna meno donna di me. 



10. Mestizia, mia letizia! 
11. Accadde ora. 
12. Il vento invano bussa ai vetri rosa. 
13. Nessuno ha conosciuto Kirata-n-te-rerei 
14. E Clorinda fu dimenticata, quando tancredi ancora lo ricordano. 
14 bis. E lo ricordano pure come un dio. 
15. È così che va il mondo. 
16. Del male che da voi conobbi. 

sei splendida, davvero< puttana> 

17. Tu, di amare, cosa ne sai? 
18. Domani vado a morire, fortuna. 
19. non voglio più vedere. 
20. avanti, banchieri, è l'ora è l'ora! 
21. la principessa fissa ancora il laghetto viola. 
22. è facile farsi di coca. 
23. mentre tu ancora a dire sì. 

sissignora, certo. sì.

*

giorni archiviati

nevicò piano. vedi 
-disse il vecchio- 
capita a tutti di assecondare i voleri 

del tempo. ed ora sono i tuoi occhi 
ad annunciare l'alba, 
quando già la luce si lava sul tuo viso; 

pastelli rosa, flauti di gelso 
che sciolgono i nodi del mio corpo, 
gli uccelli turchesi sono già in volo 

a rivangare un sospiro d'acqua salata, 

a scolpire uno scoglio. 

fino a che il il tuo nome non morì 
tra le mie labbra. 
non finirà in un canto sommesso, 

il grido dell'ascia portato dal vento. 
sono solo le voci 
ad abitare la nostra casa. 

io che mi trovai in un eterno trascorrere 
asfittico. il viale corroso dai gerani. 
verde, è la bocca che mi costrinse a mangiare 

e infine bere. ti ricordi le stagioni. 
quanta roba mettemmo nelle valigie del mese 
(interrogativo) 


il tempo è da troppo tempo 

a braccia conserte. il rimorso 
respira male il suo respiro 
mentre il tuo amore continua a disegnare 

arcobaleni sulla terra, prima di sdraiarsi 
sul letto di avena. e piene di sangue le tue natiche. 
profumo di sale. ultima ferita. 

i sogni esibiscono il vetro rigato. 
guardo distendersi l'orsa, nel dorso della sera. 

lì dove l'ombra non prova più pena.

*

fratelli gnam gnam

Io 
Sono 
Grasso. 
Tanto. 
SIC 
sì sì 
ehi,lo so! 
Ahhhhhhhh 
Che mangiata! 
Butto tutto qui!!! 
Me stò ad allargà??? 
Ah! che bella pancia!!! 
Che me portate de bello? 
Un altro dolce? Perché no? 
Gnam gnam.sto per scoppiare. 
Complimenti signora, tutto buono 
La pepata de cozze le linguine pure 
Sì, quelle allo scoglio e quelle altre, 
Con i funghi… Mi sono rimaste qui!!! 
Pure i bucatini, non male, veramente 
E le patate arrosto e la grigliata mista 
E l’insalatina leggera leggera leggera 
La torta di mele? Sì,Molto buona!!! 
Il tirami su? è una vera delizia . 
Dio, non riesco più ad alzarmi! 
Non ce la faccio davvero più! 
E mi fa male proprio qui!!!! 
Sarà per caso il fegato? 
Dio,Sto scoppiando! 
E povere le gambe! 
Domani farò dieta. 
Giuro, la faccio. 
Arrivederci! 
Ohisssssssa 
Aaahhhhhh 
Che male! 
Ohi ohi 
Sì sì sì 
Farò la 
Dieta!!! 
Forse 
Beh.. 
Dieta? 
Bah! 
Dieta? 
Boh! 
Poi ci penserò 












io 
sono 
magro. 
già. 
sì. 
se 
magna 
tutto 
quello 
lassù. 
sono 
senza 
petto 
senza 
ossa. 
male 
questa 
pancia. 
pure 
la cinta. 
questo, invece, non è male per niente. 
gambe: 
nulle. 
vedi? 
vai 
giù 
non 
ho 
che 
due 
ss 
tt 
ee 
cc 
cc 
hh 
ee 
tt 
tt 
ee 

basta.

*

guardami ancora

Dimmi. Morire ogni tanto

per capire dove siamo. invece

no,  la strada si infrange sulla curva

del vediamo. sai,  le molecole di ariel

 hanno un suono  così strano.

 

-  La ascolto morire mentre lei

chissà dove è, se mi sente,

se mi guarda mentre 

la attento con un lobo  -

 

Io non posso mai guardare negli occhi

uno sguardo che non abbia in mano

qualcosa. una pistola un bicchiere

che schizza nella testa e siamo

tutti bravi e forti. Domani si ricomincia

 

come non fosse successo come

se non ci avessimo mai pensato

Ma tu lo sai, la tua paura tira

 

fendenti alla notte. Non abbiamo

fatto la guerra e non conosciamo

la pena del distacco. Solo quella

del vivere per forza.Solo quella

 

del   vigliacco.  Il tuo sogno

ha un nome e l’ho visto passare

sulla tua voce. ti salutava, 

sai  io sono stanco e non so dirti

 

se oltre la tomba ci sarà  la prova.

ma guardami ancora,  guardami appena.

 

Guardami appesa.

*

il falco

le feste erano sempre importanti.

quella del patrono aveva i colori

dell'autunno. l'odore dolciastro

si spandeva leggero per tutto il corso

(ancora sento il profumo del mosto)

 

e le cerimonie a cena.

curve marcate, lei. una spaccatura

nel suo abito da sera, dove si posavano

gli occhi di tutti

 

non quelli miei.

 

è l'olfatto che riesce a perforare

la profondità e a stimolare i sensi.

è arrivata, dicevano.

ma già prima di vederla capivi che c'era.

 

i tordi non sanno di essere tordi.

 

fu così che quando scesi in picchiata

li vidi seguirmi veloci.

se solo avessero potuto vedere un loro ritratto

 

adesso non lo conserverebbe ancora intatto, l'asfalto.

*

ricordo

Ogni respiro è nuovo, so ora,

mentre si spiegano i nevai,

lasciando la torbida brina

gelata, secca, posarsi sulla

fiamma, aperta e caliente

come anima di dea, basca,

ubriaca di sangria,

che solleva l’amaranto telo

nel nuovo giorno di s. sebastian.

 

ma coperta come palma tra la nebbia,

Nella contrada boreale vivo,

sognando lidi di fiori di cannella

io donna di nebraska rossa e fiera,

bevo la rugiada della sera. Ma so.

Ora io so, che mi sperdo,

nell'ombra del giorno,

tienimi pronta, terra,

la coperta dal vischio profumato.

 

dell’acqua dell’oceano io sono

ballerina polinesiana, che cuce torrenti

di acqua, e poi arresa, allo scoglio brunito di approdi,

fumo tabacco da lontano.

 

ma Nelle montagne dell’Oregon io vivo,

oltre il passo delle sierre cordovane,

che avvistano il velluto di spiagge dell’havana.

Come azzurro pennello, e pieghe

Di un tempo lontano

 

Quest' altra io sono,

sono vecchia, come l’autunno che alimentò

troppo tardi il legno di cedro rosso

e ginepro, e terra,

nel sentiero porpora, passo celere

in vena,ma sono anche la madreperla,

 

pura e casta come spuma rosata

dell’aspirata alba. Le coppe della vedova allegra

trattenute in gola di un ricordo del passato,

(che lo scheletro conserva intatto)

losanga di pennelli,sono io ora, e piango.

 

piango.

 

 

e vincendo del tempo i duri rigori

 

 

 

il grigio manto, mi avvolge ,

il sogno, il segno...

un ricordo...

 

ricorderai.

*

solitudine

rimane lì non so quanto,

poi come nave che si sforza

a vincere l'oceano viene avanti,

 

e supera la porta. entra adagio

come memoria di un tempo lontano,

sull'argilla del piano caldo e secco,

 

la sua mano

 

indica in alto e sorride appena

e poi dice: "ogni giorno torno

con la sete impregnata di sete,

 

e più bevo e più voglio bere,

diversamente un poco,

stringono ancora più forte

 

e fredde, le mie catene.

Ma l’ebbrezza che mi accompagna,

sorridente, è puttana,

 

chè tutta la sera lieta,

mi abbraccia ma mai mi avvisa

delle tenebre dell’alba."

 

 

e mentre avanzo

con la pena d'un sorriso

che mi impedisce il pianto,

 

chiedo se vuole vodka,

 

whisky, cognac o altro.

ma prende solo un bicchiere

freddo come neve, un riflesso

 

come arco di luce lo disseta,

e basta- voglio quello in alto

-e lungo il corridoio si dilegua.

 

a guardarlo uscire giaccio:

e mentre il suo volto

è ora l’ insegna del mio sguardo

 

a seguirlo mi decido e corro.

superato l’angolo lo vedo:

sono a due passi quando mi avvicino,

 

ed in un unico grido

arranco. dove vai, chiedo ora

nel buio della notte,

 

per questa via zigzagando?

 

Lui cade a terra

mi guarda e dice:

ti prego, siediti qui.

 

siediti qui accanto.

*

Eppure Michela

 

 

Neri come i cancelli delle volte

 

i tuoi occhi si erano persi per strada,

 

perché  il mare twitta luce soprattutto

 

 

 

di notte, e nella sua corsa il rompersi

 

del  vento .Di certo, non sono  acque del porto

 

a contenere la voce del tuo volto.

 

 

 

Ma hanno criniere d’argento  

 

solo i pensieri che non puoi annullare

 

neanche quando sei in ufficio

 

e parli con michela.

 

 

 

No, dico, michela.

 

Hai presente michela?

 

 

 

Colei che dà secchiate bollenti alle tue

 

tiepide voglie. Eppure niente. Le mani

 

a formare un anello  nel dito del cielo

 

 

 

 portano uno stendardo  viola

 

 che piove dentro la testa come fosse un velo

 

 a scoprire il palmo.

 

 

 

Il pregio di usare il duraglit

 

al sole di quel giorno,

 

 è nel  ripubblicare  gli spigoli del cielo

 

 

dove si infortunò  il nostro  tramonto.

 

Vomita un vicolo sulla destra  del sogno

 

Non tutti i miei silenzi stanno

 

nei miei occhi, alcuni stanno nel quadrante

 

 

 

dei tuoi sensi. Eppure Michela

 

amava sotterrare le cose

 

con matite spente. Il ragno

 

 

 

nei suoi occhi chiudeva

 

le curve, e adesso

 

non può vedere  le violenti note

 

 

 

che strofinano sulla lingua

 

del tuo verso.

 

 

 

La passione di vaniglia

 

Nella mente del tuo sorriso,

 

la tengo come guida

 

 

 

Del mio universo.

 

-         la via enjoy-

 

All of your home power,

 

 io e te ci incontrammo da morti,

ma in perfetto orario 

 

 

Sento di appendere la lingua

 

Ad ogni suono del tuo sguardo.

 

Valeva il rischio?

 

 

 

Io mi feci la signora adams

 

Senza pensarci un secondo.

 

 

 

I soldi sono un anestetico

 

 

 

Hai mai sentito la voce di un uomo

 

Dall’altro lato della stanza?

 

 

 

Gli occhi.

 

 

 

Sono gli occhi

 

Le consonanti forti che  mancano

 

 

 

Alle labbra.

 

 

 

Ora raccomando le divertenti

 

pratiche del tempo

 

-         Una botta e via-

 

 

 

Lo senti quando sei a posto, quando

 

Tutti i tuoi muscoli sono spenti.

 

La vita è breve, dicono tutti,

 

  

 

eppure molti dicono altro.

 

 Mettersi in viaggio,

 

per morire ora,

 

 

 

 

 

e ancora nessuno che sappia

 

 

 

 

 

  quando.

 

 

 

 

 

 

 

*

anni

  

 

 

dieci.

Imparammo ad essere ladri.

Impariamo ad essere ipocriti.

Impareremo  ad essere uomini.

 

 

Venti.

E il vento si frantuma

graffiando  cieli,

Con le unghie degli occhi.

 

Il sole ti fiorisce dentro.

 

Trenta

Un colpo di tosse

Del vento, tanto volemmo dire

 

Che non  dicemmo

 

 

quaranta

La mente  starnutisce pensieri .

E nel letto della parola,

Si infila sotto le coperte.

 

Sono carcerati nei suoi occhi

Tutti i verbi di uno sguardo.

 

 

 

Cinquanta.

 

Se  non è ben chiuso

Il battente dei rimpianti,

 

c’ è un giovane che viaggia

a ritroso. con i suoi capelli bianchi.

 

Sessanta.

 

Si asciugano  i colori sul viso,

e  primavere d’autunno

 

nelle stanze di un sorriso.

 

Settanta

Toglierci  dalla bocca  anche l’inchiostro,

decidete ora voi quando.

è giusto che abbondi di  silenzio

 

ogni  parola del pianto.

 

(Stop)

 

***

*

il curvo del quartiere

 

Sui divani  freddi del ricordo, mi riguardo

la pellicola del “non dimentichiamo  cimai”

 

-  primo refuso  del nostro rapporto-

Ma mi sono perso l’ultimo tempo.

 

Cosa sarà successo.   D’accordo

non c’è un dividendo nell’obbligazione

di una parola non c’è guadagno

 

 ; siamo qui solo per riempire  le pagine

 

 muoverci dar ragione

al tempo per combattere

la quantistica dello spazio,

 

darci uno  slancio per l’illusione di contenere

qualcosa . Lo capisci da come  si muove

la gente dal portamento  eretto.

 

Recita  un avviso:  chi conosce la ragione

farebbe bene  a non portarsela mai  

 

a letto.  Ma per quelli

che vogliono imparare  qualcosa 

basta il curvo del quartiere,  

uno sguardo – provaci –

suona  come un contrabbasso

 

- ed una corda esce  controvento,

l’ho visto, sai,

mentre solfeggiavi il suo  lamento.

 

 Il  vero  pensiero

 

abita nello scantinato del  concetto,

 non si ferma  alla porta, e soprattutto

 

 

 

 

non ha l’ansia della parola.

La gente guarda in superficie

 E senti che scava.

 

quando cade  acqua dalle  radici, è solo lì,  

che apro l’ombrello.

 

Ora di nuovo l‘ortica del tuo desiderio ha grattato

Il naso della mia notte, e mi sento un groviglio

di giornali e stracci. Mi dicono che allora

 

posso credere ad un dio.   Wird gemacht.

 

Credo al dio sìssì ci credo, padre nostro

 che sei nei ciechi

Ma non trovo  le consonanti del verbo

che cuce le zolle  del nostro galoppare eterno.  

 

Saranno  quelle di arare,

a far distendere  la fatica degli occhi,

ad alleggerire la fuga del vento?

 

se  le palpebre applaudono all’ora   di cena

camminerò piano per raggiungere il palco

dove la  notte prova i costumi del cielo.

 

Le  orecchie hanno sete di parole

Che poi deglutiscono  In fretta.

Ma gli occhi ancora urinano

 

quelle di  un tempo. non cede  mai,

 l’ultimo bottone del tuo sorriso

che ancora  preme  forte

 

sul petto delle mie meraviglie.

 dolore è  donna

- se neanche finisci di pronunciarla

e  già ti mordi due volte la lingua –

 

e l’uomo, ovunque coglierà le occasioni

per masticare suono

nel guscio di uno spazio

 

vuoto.

E allora niente.

 

Lascia pure perdere l’ultimo tempo.

Siamo soltanto strumenti per delle suole,

e i pensieri sono solo lacrime di luce

 

che singhiozzano

                     nello spazio delle parole.

 

*

un

un'apostrofo è donna

che riuscì a spiccare il volo.

Errore che non ripete.

 

Cadere per un uomo.

*

tutti hanno un qualche male

Le carni del tuo sguardo

sono di sconto

per la cena tardi,

 

sono lì

a strozzarmi gli occhi

che cedono

 

all’ultima guardia.

 

La forma della  stanza

si stropiccia

con gli sbadigli del giorno,

 

la tua terrazza,

i tuoi volami qui,

volami là. volami

 

sulle note

di un mandalà

che si perde nela bocca

 

di questo vento

che troppe volte

 

ha tirato il fiato.

 

 

 Si  accontenta

di affamare i pensieri,

se nel  pugno chiuso delle ciglia

 

c’è l’ala sinistra del fondo,

 

eppure sai.

ogni perdita

è un’immagine corta.

 

Saliranno,

tra le fiamme

della pioggia,

 

solo i ricordi

che scorsero 

l’intimità del sangue.

 

E si rannicchieranno

i ricordi di noi,

sul letto del tuo profondo.

 

Ma  lo spazio infinito

che hai dentro

È un  cielo che si vendica

 

a metà,

 

e scorda  presto la sua fame.

 

In cima alla strada

di questo tuo giorno

Ho visto un ragno  che aveva

 

un sole ferito  in bocca.

sono le fatiche delle memorie

a  fare il bisogno  degli inganni.

 

Ora,  i  respiri di una voce

grattano   una promessa

e non vince mai

 

nessuno.  Ma tranquilla.

Ci sarà un assassino dei nostri sorrisi,

l’ho visto in  una  natica di luce

 

nel buio dei nostri giorni.  e sai.

tutti hanno un qualche male

non c’è nessuno

 

che non ha davvero niente.

anche a casa si chiude presto la sera,

si sbircia la notte da una finestra,

 

e cala dolce il silenzio,

le stoviglie di marta regalano

gli acuti allo chopin bagnato

di pioggia, che dolce

 

 accompagna le iniziali

dei tuoi sospiri 

e la forma perfetta gentile

 

di tutto quanto

la notte ha nascosto

nella tasca di dietro.

 

So di vivere nei luoghi

che catturano

sogni tanto crudeli,

 

un tempo,

 

 

 

da renderli territori

per api gentili,

 

adesso;  queste impronte

dei tuoi occhi cercavo,

 

che lasciano traccia

 

 

 

di un qualcuno che è già

passato,

 

della sua morte,

 

della sua scomparsa, di cieli

 maestri di luce

 

perché insegnano ombre.

 

Ma la tua  parola

è  solo un pezzo di paura

rotto nel bicchiere

 

che porti tra le labbra.

 

Chi la disfa, chi la dipinge sui  muri,

chi la asfalta sulle labbra

di quel  domani

 

che va in giro

con i silenzi al guinzaglio

e vede il sole sputare  il sangue

 

contro il vetro;

 il disegno ha la penna

di un respiro, una morte di secoli,

 

una folta chioma di fiamma.

 

 

 

Vai, e portali  via con te 

i tuoi occhi,

luoghi  in cui troppi ladri

 

l’hanno fatta franca.

l’errore che ti cammina

attraverso con le scarpe

 

si  consuma nell’equilibrio

degli spazi di  memoria  

che riflettono,

 

sul  soffitto dei miei sbagli.

 

 

 

 Vai, e non farti correre addosso.

scintillano ritagli di luce

sul figlio del rasoio

 

 

 

e il vento è solo l'urlo del volo.

 

 

 

 

*

l’anima

 

 

un intero roveto

portato in una giornata  nera.

le lettere che escono

 

dal broncio della sera,

sputano gli ossi del giorno

 in cui ci incontrammo.

 

si respira un inedito fuor-di-me,

sono tendini della mia mente

che mi spingono in alto.

 

Io sono il bandito dei tuoi desideri,

della tua morte venuta in compagnia

con un angelo scarlatto. Ascolto

 

ma non prego Giovanni. La fessura

da cui ricevi luce, la chiami sguardo?

Era mattina, era morte. Ogni cosa

 

si spogliava dolcemente. Lasciando

solo corpi nudi. E la semplicità

 

di chiamare vita tutto ciò

che è avanti e non sopra

 

 le tue  ciglia.

 

Maestra dimentichi un fiore

caduto dalle mani aperte

di un padre nostro.

 

I migliori pensieri

scontano sempre una pena

ai  castighi dell’alba

 

la luce non ama che la superficie

 

delle cose. Il sole eiacula

alla mezzanotte del tramonto

E dolce è il sapore del niente.

 

Entro i limiti segnati dal tempo

ritrovo  tuo volto. Mi sono sdraiato

a ricordare le passeggiate del silenzio

 

sui nostri occhi. Troppi uomini

la lavagna  dei miei orgasmi ha ideato.

Ma  questo è quel che sento.

 

Non sono le tue mani

a rendermi preda.

 

è il deserto.

 

 

 

a farmi spavento.

 

 

 

 

*

l’ora non passa mai

avanzo una pretesa, febbraio.

il tuo tempo è forse più alto,

ma è con te, l'ironia dell'ombra che arriva,

ed in mano tiene una ghigliottina.

 

ogni creatura che nasce penso a dove verrà

seppellita, penso alla sua risata

ventenne, alla sua pelle annerita.

 

L’ora non passa mai senza riderti in faccia,

quel tuo tormento di contrastare ogni strazio

fosse solo un’impresa.

 

 È nel sonno che muore l’infanzia.

*

ritratto del mattino

Che il focolare della notte

sia forma di scissione

l’addio del giorno

è sospeso nell’indice della fiamma

 

che puoi consolare  solo sciogliendo

la tua voce  nel mio sguardo.

 

Provo a scappare, sfregato sulle rotaie

di un treno che non ha mai pensato

di urlare il viaggio, ma le vertebre del cielo

 

conoscono chirurgie della mente

che sanno calcolare ogni tuo pensiero

 

al  secondo. Del tran e tran perverso

 

io, ritratto del mattino, creo

maschere del momento,

e pettino l’aria di frammenti

di sosta io, sto in qualcosa

che concepisca un fondo,

perché i morti amano le luci basse.

 

Io sono una voce che non si ascolta.

Sono il silenzio che procede in eco

ogni sua conquista. Sono il freddo

adoperarsi di una miseria

che si fa luce in bocca.

 

Di una ruggine dei tuoi pensieri,

che fece d’oro ogni mia parola,

sono una cosa consumata

che aspetta di salire sotto terra.

 

La libertà è solo ciò che resta.

*

veglia, amore mio

La casa si apre al giorno tuo

affabile miseria si trova lì

tra spiccioli di esistenza

e tu a dire sì, come quando come sempre

 

e ti rifugi nel grembo mio

nel bagliore di cristalli

la finestra chiude che fuori

i graffi di tenebre raggiungono il giorno

 

e quattro parole dentro al calice

il tempo mio il tempo tuo

vado, l'orologio mio s'è fermato

viviamo l'attimo come sempre come quando

 

brucia la sella al nostro cavallo rosa

che scalcia le caviglie del sogno

una macchia sul vestito che importa

mi dispiace ma lo cambio, sai, è quello bianco

 

e le stelle tolgono gli occhi al cielo

bagliori di seta d'un letto disfatto

si posano sull'acqua stantia d'un fosso

 

veglia, veglia pure, amore mio, veglia

che sotto lo sguardo ebete della luna

le mani nasconderanno il volto di domani

e tu ancora oggi a dirmi sempre, a dirmi quando

 

vai, togliti il vestito del giorno

e bussiamo alla sera

forse adesso ci accoglierà

 

il tramonto pieno d'aurora.

 

*

il cielo troppo vicino

(P.I)

 

 

è in questo silenzio che io ti dico.

 

 

 

 

 

 

 

I

 

 

Con il sole in tasca

Insieme a qualche pennello.

Vagavo scalzo per cieli neri

D’agosto.

e sete di sete.

 

Le tende della sera si aprivano  

Solo per illuminare il tuo volto.

 

 

 

II

 

- In primo luogo, tu.

Le tue mani, il tuo collo.

che fece crack in quella stanza buia,

in un recente ricordo.-

 

e sete di sangue.

 

- una musica-

 

in una cassetta di mele

i piedi di una danza.

 

Vorrei spingere oltre il cielo questo sole

E soffocarlo e spegnerlo, maledetto,

 

violento.

 

 

(mentre mi accorgo di giorni ormai morti

che non ebbero mai vita;

tortura: farli vivere adesso. )

 

(Mantenne la promessa, Thot

È lui che ha concesso ai morti

Milioni di anni di vita.)

io.

 

Bastardo.

 

III

 

Augia è morta.

Morta!

Ah, voci d’intorno!

Musica, siori!

 

andiamo.

Eravamo quattro bambocci a raccogliere

Sprazzi di cielo dopo mezzogiorno.

 

Foglie, squame, a ronzare come api

e lingua amica allungata

come tappeto spiegato dai capitelli istoriati,

 

alle stelle, ai soli ed i suoi raggi.

E tutti i me sono saliti lassù.

La testa! Prendete la testa!

 

Eracle, non si combatte solo con la spada.

- imbecille-

 

 

IV

 

- Finzione è la vita, non sai?-

amica mia,

frantumi, solo frantumi.

Di quelle mani di cristallo

Che indicavano un percorso

Non rimane che un palmo

Su cui soffiare per far crescere il vento

- e la fiamma-

maledetta

 

-acqua, ci vuole acqua. -

oh.

I3accano. 5t amo 50L0 andando in tilt

12AG10N1A|v|O

 

salire sull’elicona costò

enorme fatica? ma Lassù hai placato la tua

sete di eternità alla fonte di peGaso

(L’UBRIACO ISTILLA Piùù SOBRIETà)> , nevvero?>

 

sarò con te per sempre

- mai-

e mi lancerò.

la mia rincorsa è un tempo frenato.

 

E della rimozione di un senti:mento

- “in quanto processo privilegiato di tutti gli effetti di un segreto"

bevemmo le lacrime di Zeno.

- tutte-

 

mait source,

un gatto gigante messo di guardia alle fonti.

 

ebbene sì.

 

prepara tutto, amica mia.

voleremo lontano

voleremo via, voleremo in alto.

 

da tutto e tutti.

- ma non vedi il cielo troppo vicino?

Finirà che ci cadrà addosso.-

 

 

Spero non si faccia troppo male.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

driiiiiiiiiiiiiiiiiin driiiiiiiiiiiiiiiiiiiin

 

 

 

*

s. francisco

È come nebbia che si dirada
dalle Narici delle sei e trenta
Quei singhiozzi di luce

che respirano ombre.
E spengono cristalli dai tuoi occhi
Le stagioni che approdano nel porto.

Il sole di gomma regala l’arancio
A magazzini di vetrai.

E tu mi chiedi , dove è che vai.

Restano gli angeli appesi ai muri
E insegne intermittenti
sulle quali i barboni appesero

le ultime vocali del giorno;
il cielo tramonta sull’altalena del gate
che tinge il mare di rosso.

lascia che ti dica dove è che torno.

*

su consiglio di blaise

Autore: abe no yasuna

il sole declina il sonno
mentre uomini in pattini sui binari rossi,
varcarono la linea del 23.

qualcosa ci toccò rapidamente
nel frangersi di una porta a vetri
-ecco sua maestà-

La lingua sentenziò neologismi
Che le labbra non ebbero a resistere.
sì che la merce nera si divulgò ovunque,

era caccia grossa.
e sincopi di steli.

Morbide presenze sui prati,
i fiori che il dio accatastò
nei letti, in fondo a uno sguardo

mezzo assonnato. La spiga si impiglia
ad un caffè,
bevuto da bocche che sospirano promesse

prima di tuffarsi tra la gei e la bi
-inimitabili sigilli.-

mentre la sfera continua a girare

(dicono)



da sé.

*

rain

è sempre violento il gusto,
il piacere di - non so cosa, da
dove parte poi, lasciami stare-

uomo, ho mani screpolate
nel far girare la giostra.
odore di viole e nespole.

ah! i giostrai che rendono
meraviglioso e nuovo
ogni volta il tempo

spacciatore e ladro. e vola,
joanna vola sulle carni
dilaniate inghiottite

nel torbido riflusso
delle miserie umane.
la città è colma stanotte

come birilli che bramano al vano vuoto,
guardate e tacete nell'ultimo momento
che mai tanta luce conobbe

il giorno. come sono tristi gli occhi

tra le gambe. e i tuoi piedi freddi
in una mera foschia lasciano accenni
amando nella carne i suoi segni.

e vola joanna vola, tra corolle
lontane e viole. quando la luce prova
a consumarsi nel suo specchio.

 

 

*

a dividerci furono le catene

non noi, non noi.

 

Fu la paura che rideva,

per quanto era tanta.

 

sentivamo ancora

l'urlo delle molotov

 

togliemmo il pigiama a quella notte.

Poi le lavammo la faccia.

 

fu allora che ti guardai,

seduto

vicino ai nostri compagni,

 

mentre versavi da bere.

 

Bourbon e rum

Tirarono fuori nuovi pensieri,

 

E poi sopra i tavoli,

tutti assieme con barbara ann.

 

nessuno sentì le sirene.

 

dove sarai ora ?

ti vedo: avrai una famiglia,

una moglie che penserà a te.

 

sai,

io invece resisto poco,

basta un bicchiere soltanto

 

per cadere tra le braccia

di chi neanche conosco.

Ecco:

 

anche domani aprirò gli occhi

Per intuire dove mi trovo.

è così che ormai faccio da sempre.

 

Ci fossi riuscita mai.

 

*

la nostra parrocchia

al piano di sopra, sopra sopra,

c'era la cella campanaria,

la cui incasellatura sosteneva 4

-quattro- campane dal suono

ben intonato ed armonioso.

 

fu lì che lo facemmo a sangue.

 

- chissà se qualcuno si accorse

che qualche rintocco era irregolare-

 

 

poi le processioni. erano cortei

variopinti; devoti e lunghissimi.

io avevo gli occhi fissi sulla tua

scollatura. tu lo sapevi, sì. e ricambiavi

il mio sguardo.- ma me ne accorsi solo

perché facevi finta di non farlo-

 

 

soprattutto, la messa.

ah, che ricordi al Kyrieleison quando

le tue labbra, d'un rosa pallido,

fremevano dalla voglia di arrendersi.

ed io che ti dissi no, no, cazzo. non vedi

che ci sono altri che stanno pregando?

 

non lo avremmo fatto mai,

se non fosse apparsa la Madonna a dirci

"tranquilli, non vi disturberanno".

*

Von K.

uno spicchio di buio,

e nulla più.

 

nulla ancora.

 

spegnere la propria esuberanza

dentro la larva di un bruco

come cenere sparsa

di pezzi di carne viola,

 

l'isola dei diavoli cresce a distanza

 

e si eleva, come il profumo dell'infanzia.

le acque torrenziali non specchiano

 

che luci, lì dove tessono acute canne

di canapa rosa. regina:

 

lì dentro il manto ti avvolge

di arancio come fosse un gridare

 

di fiamme. oggi questa memoria

di noi sta in un millimetro quadrato,

e sono stanco di tenere l'evoluzione

 

in agguato. la notte ha appigli di luce

che l' occhio ha appena versato.

 

se dalle tue lacrime precipitano stelle

come vetri che ancora fanno male, a correre senza

distanza, si rischia di inciampare.

 

ma dove io passo non cresce parola più muta

di questa: il tuo abbraccio

 

che più di ogni altra si lascia

 

ad ascoltare. eppure tutto è finito.

bisogna ben guardarsi

 

dal vedere un essere tiranno

in quel rantolo di buio.

 

la pietà non conosce che morte, signora.

e siamo colmi di solitudine, la migliore compagna

 

 

non fosse divisa tra tutti.

*

fossi nata uomo

Fossi nato uomo

vedrei roncola e vanga

per dissodare la terra,

vivrei l'aria felice 

della buonanotte

senza masticare grida. 

Di persiane spalancate

 

per ossidare il vento,

vivrei come un risveglio

che non riesce a svegliarsi

mai. E fiori a tavola

a strisce rosa e verdi

 

come potrei chiedere

di spremere acqua

se non dagli occhi tuoi?

Così rivivrei, fossi uomo,

 spolvererei le nuvole

per regalarti l'azzurro

 che non hai. non rimarrei 

 

sospeso nel tempo

a toccarmi lì

dove non mi toccasti

mai. Se fossi uomo,

mangerei la legge

della storia per dirti

cosa può cambiare tra noi

 

a generare figli e nipoti

farei cadere gli occhi

negli abissi 

perché non possano perdersi

 

e recuperare quelli tuoi.

 

*

allora mai

in gola,

una pelle nuova di sudore.

 

chissà che non trovi pace

questo dissacrato gesto

 

tra tiepide lenzuola.

ed è ancora niente,

 

se anche nell'alzarmi, la chiave si gira

al contrario. la pioggia rianima

le radici, ma il fango è prima ancora dei vestiti.

 

e tra querce infreddolite riconoscevo i tuoi sorrisi

come corde smorzate. è bene guardare i salici

che vedono solo nella terra, il cielo.

 

mentre si frantuma il mio specchio.

per non vederti completa.

 

il domani non agita le mani all'indietro

a dipingere il giorno come carta da parati.

 

delusa. che il dire piombi come oltre il fiume

l'argine di roccia. mentre occhi di sale sognano

notti pallide come luci. ora che il mattino

ritrova la vena verticale del tramonto

 

allora mai.

saremo braccia piene di gelo.

 

se gli abiti che porta la morte

 

per te, sola,

indossai.

*

disertori d’ortega

e ci parlò di dio,
delle sue leggende.
ma non siamo riusciti ancora
a chiudere la bocca al sacrestano?
- sacro st'ano-

andammo via, e mangiammo
veloci la nostra cena.


nelle bottiglie polacche. nei frammenti
di sosta, il mio respiro si muove come quel 464,
- è l'ora della resa- è così vecchio?
non sapeva, joseph- un passante-
il perché della nostra scelta: il vento.


la foschia, la brina, i capelli
sparsi di lei. sono anni che vivo
in questa strada, fredda come l'alba
che un cielo ha trattenuto in gola.

e le tue labbra, asia, infuocate
dal mio sesso che continui a guardare,
cosa sarà per noi il domani, si chiedono
quelli che continuano a passarci accanto,
e ridiamo che non sappiamo quel che sarà

per noi l'adesso. mostra il grembo di lato
la luna, mentre una rondine sembra essersi
stampata sul tuo petto. e sento dietro di noi i gradini
stupirsi ancora del tanto silenzio. giorni andati

mai visti, mai salutati.


perché enumerarti i paesi stranieri?


io non ho mai calpestato invano.
posso dire di aver visto cieli
che prima confondevo con i mari.
è all'orizzonte che vedi l'aurora

tirar via le lenzuola, distesa,
sulla paglia degli astri, mentre
ancora continua a raschiare la sua gola.
guardami ora, guardami adesso

ora che la luce, fioca, ha mostrato
il mio specchio. e c'è una morsa
che non mi blocca ma m'assale,
nel bianco vermiglio- sai che noia mortale?


non avevamo da sempre cercato
di immergerci nella fiamma più alta?

gli opuscoli li compreremo più avanti,
andiamo a visitare la cella dell'ade.
i suoi spazi, il suo altare.

io non ho mai pianto. ho succhiato
le ossa di tutti i vigneti, e sputato
l'avena dai miei occhi rossi

con cui guardo ancora, per fondere
il vetro della mia pena. voglio sentirlo

entrarmi dentro il suo fiato. e ci sarà
un giorno, forse, in cui più non sento
il rimbombo dei miei passi.< come un tonfo
che riecheggia al matrimonio in una chiesa.>


solleticatori d'arpa! le mie dita
conoscono altra musica, altro tema.
non potrei mai vestirla di bianco,
quali sono i miei pascoli, quale l'arena?
i memorandum, i disertori d'ortega?


voglio vederlo sgorgare di sangue
quel giorno. voglio il sudore,
l'ardore di un'impresa. d'inverno
la quercia stende bene i suoi rami.

io, che dipinsi di nero il mio mondo,
fino a che non finii i pennelli.
poi andai a sparare a flegonte,
un colpo solo, alla testa,

e vidi gli altri stalloni , ubriachi
d'ambrosia venirmi a sbarrare la strada
di fronte.ma le mie scarpe come marca
hanno il cielo, che avrebbero mai potuto fare,

se non disperarsi e sgroppare
e poi brucare nei pascoli del vento?

ed ora sono qui,
con joseph e qualche smargiasso
di strada. di fuori piove, ma fa nulla,
ché spero ancora di vedere la madonna

venirmi incontro con la sua sottana
color brace. pelle scura, capezzoli rosa,
la sintesi unificativa- unitiva ai lati della
fica- che solo può portarmi lontano,

e allora soltanto ti chiederei, asia,
di concederti a me come sposa. e poi

di nuovo via, lontano, di buona lena,
continueremo a parlare di dio,
e a ricordarci che il vero amore
mai la conoscerà, un'ultima cena.

*

fin lassù

Non succede niente, no.

il mondo ha il fisico asciutto,

muore solo  con gli occhi persi tra le stelle.

 

il mio desiderio è vederti là in mezzo,

ferita in mezzo alla punteggiatura .

una virgola sa comprendere  il tutto di una parola

 

ci-e-lo- e ciascuno cerca la  fine

nella congiunzione di una promessa.

È l’azzurro in cui  gli occhi postulano la memoria,

io bene dico, ma  tutto attaccato,  il peso della pioggia.

nell’aldiquà nessuno serra le mani, nessuno ricorda,

non c’è apostolo della terra per la terra, non vedi

 

Che abbracciava  uno qualunque per avvicinare te

Che sei apparecchio per scaricare luce di chi non torna’?

 

 la morte scende su noi. E con noi divora sempre

 

i cd che tua sorella portò a noi con un gesto

di solidarietà, di fratellanza e – soprattutto –

di indifferenza,

ora possiamo ascoltarli in silenzio.

 

Chissà che non cada fin lassù,

l’inutilità di ogni  verbo. 

*

edizione straordinaria

diretta a reti unificate globali.


------------------------
ed è per questo
che dobbiamo farlo,
per tutta l'umanità
- giacché la miglior
umanità è l'annientamento
della stessa.
vi è stato recapitato tutto.
voi non lo sapete, ma non vi serve
più nulla. fra cinque
minuti precisi saremo tutti
salvi, noi e i nostri figli.

****

pensate, non ci sarà più nessun dio.

*****

sarebbe uscita l'ennesima citroen

******

scomparirà la memoria.
per sempre.
essere vissuti non sarà più servito a niente.
nessuno saprà chi era dante, petrarca
e michelangelo e leibniz.
e piazza san pietro, e la cultura.

******

signori: la cultura non serve davvero ad un cazzo.

******
e il bene e il male,
e le poltrone, e i lavoratori precari,
e che non si arriva a fine mese.
-mentre quello ha lo ioth. -

e il comunismo e il capitalismo,
e gli uomini che trombano e lavorano,
e ridono. e ridono, queste teste di cazzo.
- gli esseri più intelligenti della terra
ridono, trombano e lavorano. -
e francesca e nazario,
e la famiglia - ah, la famiglia-


-ah, la famiglia -

*****
e lo spread e i monti da scalare

e quelli da scalciare, quelli da scialare, 

e non si arriva a fine mese

 

e abbiamo vissuto al di sopra delle 

nostre possibilità, e delle bugie rese 

favole, e del contratto degli italiani.

 

e del lavoro, che nobilità l'uomo.

quella cosa che rende schiavo per sempre l'uomo,

lo nobilita anche, e siamo tutti emozionati,

e ridiamo, piangiamo, siamo

soltanto ciò che facciamo, e lo chiamiamo

pure massimo diritto. 


e il manierismo e marx e
nessun filmato su you tube

****

e l'energia, e i rifiuti, e il pil.
(piliatevelo lì)
e l'effetto serra e i pacifisti,
e i dico e i pacs, e i finocchi
e gli etero. e siamo tutti uguali,
senza nessuna discriminazione.

e le donne che sgambettano,
e la crema per il viso, e la chirurgia estetica.
e auguri marzia, auguri a te
luciano.
nessuno che tira calci al pallone
nessuno che tira sassi per strada
nessuno che tira.

**********

e niente figli a scuola,
e i problemi della pubertà, dell'adolescenza,
della maturità, dei giovani.
i ggggggggiovani.
non facciamo nulla per i giovani.
i giovani vanno compresi.
e i disoccupati? e i diversamente abili (?!)?
e le puttane? e gli anziani?

gli anziani. ma come non si vergognano
a non essersi fatti saltare le cervella prima.
*******

sì, sì, sì.
sì.


(ditelo insieme a me)

SI SI SI
SI.

(ritmato)

SI-clap-SI-clap -SI
Clap clap clap



(sorridete)


click







BOOOOOOOOOOOOOOOOOOM









































































-uuh uuh uh!
-uh?
-uh uh uh.

*

Senza pensare

e senza pensare, marta, avrò la mia pena.
un'altra ombra sulla retina di quell'occhio

che bevve tutte le stelle quella sera,

così, per svago. mi rimase all'orecchio il tuo pensiero 


con la voce da soprano.
così dovetti costruire questo mare
fatto di spirali di acqua sporca tracannata
in fretta dalla mia nuca,
per non restare sordo invano.

qualcuno dovrà ricominciare a scuoterli come dei dadi,
i miei quadri. ma siamo figli di quel cristo.

e sappiamo perdonare.
Il pensiero non ha mai i pettorali d’achille,
marta. ha muscoli stanchi e disegna gabbiani
che girano i fogli del cielo al contrario,

ha guizzi di gatti e lingua imbevuta di caffè d'oriente.
ha il fiato lungo di una giovinetta, e lo strappo breve
del corsaro, ha la falla aperta da uno scafo
prima del rintoppo di un'onda che passerà di lì

per caso. i secondi sono sempre arrivati prima
dei primi, troppo intenti a pensare. il guardiano
della notte farà rapporto al suo capo
perché una finta alba è uscita dalla bocca
di un palazzo, troppo flebile, lei, troppo rosa
da disegnare i contorni del peccato.

la pelle accesa a quegli stendardi
si colora di arancio , e il fuoco grida
al vento il suo amore. brucia e arde
il mondo, insieme ai tuoi giorni

che come coriandoli li perdo per mano.
sono solo ricorrenze a marcire nei giorni di festa,
sono solo il richiamo per angeli ruffiani.

(e i gesti degli uomini sono così limitati
nel loro insistere. avvolgono gabbie
e gabbie di resistenza.
lo stupore è disegnato nel gesto delle loro
mani. si lim...)


"Porsenna", lui urlò, con il vino che gli riusciva a fiotti.
Non ho voci turchine per calmare il suo ardore.
Fu uno straccio imbevuto di parole, a farlo gridare.

Operosi nel buio dei tuoi occhi tagliati
a cucchiai. Quanta pena dovrò affontare, adesso.
nel grembo del tuo volto che sorride,

marta. senza pensare?

*

un colpo solo

ha ancora nella testa gli ululati di bartàk.
e quante scudisciate, mai una parola.
è da troppo tempo, che parla solo con bartak.


andando di corsa,
sembra che tutto ti corra addosso.
di quella sera ricordo solo la pioggia,
e la mano tendenziosa del suicida.


è la pioggia che strappa le parole dal vento.
come fissare negli angoli di carta
la polvere d'inchiostro. ed è pane per le notti,
la strada che porta a serrare le labbra.


-se la morte di nessuno
da nessuno viene annunciata.-
vivesti, l'occhio morde il silenzio
per renderlo cieco. mai sapranno,
quanto valse questo gesto.


bang.

*

Baciami in bocca, vita

I

e ancora a vederti come cagna,

distesa sul fumido sterco

del giorno prima, sdraiata,

mentre zampilli sangue

dalle vene delle tue zampe

braccia che tendi a noi, ruffiana.

e far finta di niente,

e portarti a festa

regalarti un vestito,

una cravatta.

 

e l'assonnato giorno

pigro come un impiegato,

si aggiusta il viso ed esce

spettinato.

poi di nuovo mordi

Come l’aria

di un gelido febbraio

Di montagna

 

 

II

Buongiorno, vita,

mentre vaghi come spettro

sull’ansia nostra, che è noia

quando non aspetta

il freddo della spada.

 

ma non cambia nulla,

i fiori si aprono ancora

tra rovi scoscesi, roseti

e sterpi.

E merda.

 

III

“brindate, brindate!"

vita, ancora vai consumata,

spenta, a mostrarti puttana.

giorni stesi come

stracci ad inumidire il vento.

i passi tuoi girano

lasciando orme di fango

a imputridire mesi

fermi come stagni,

riluttanti

a veder giungere

il domani

come cascata.

 

Mentre con il brando insanguinato

Ti volgi impetuosa, sbraitando,

alziamo i calici.

“Brindiamo, brindiamo!”

 

IV

 

Perdio! Mettersi davanti all’altare

Stringendo coppe di champagne,

miele cosparso sopra

e sotto ogni nuovo anno!

Dalle tue mammelle

Succhio solo il sangue

La mano che li teneva

per mano li spinse

verso la luce della notte

Che dal cielo esce lieve

Come da un candelabro.

 

Baciami in bocca, vita,

e strappati quegli stracci di dosso,

in chiesa giaceremo

lì dove raccoglierò la penombra

lasciata su quella strada

piena di insegne luminose,

che parlano di saldi

della befana.

E quei corpi sono solo pensieri

Rimasti come pezzi di un vaso

Che ora noi copriamo di fiori

Invano.

L’acqua per alimentarli non basta.

 

 

V

 

io no, io non ti seguo

come un docile meneghino

e ti rido in faccia,

meretrice, vigliacca.

 

Il mio prossimo anno non c’è

che è andato a farsi soldato

 

(la tua spada è grossa e pesante,

e riesce a colpire chiunque.

Mi basta stancare le tue braccia)

perso tra sgombri e lucci

ed alghe che avvolgono

schiere di coralli rosa

tra spruzzi di poltiglia

sguazzo.

 

VI

 

tienimi al tuo petto, notte,

come fossi un tuo figlio.

ah, la freschezza dei mattini

quando si parte,

quanto a me è lontana!

svegliami in silenzio,

giorno,

come una sorpresa,

come una nave

che la terra

avvista inaspettata.