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Raccolta di poesie di Salvatore Pizzo
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Ci manca qualcosa se ci fai caso
sempre, quando pur ponendosi in posa
si sorride umbratili che si mima
cane alla parete a caccia di lepre.
Per interstizi fugge dita agili,
suggestione inarrivabile, ordunque
tra intercapedini inafferrabile;
si che, stanche, sul muro si fan cigno
d'ombre cinesi fantasie di mani.
Facci caso allora, di certi stili,
alle bizze: architetture slanciate
sferzate dalle correnti, efficienti
sembrano celare intenti assassini
nel costringer l'incauto a torcer collo,
sedotto dall'idea di fuga, sguardo
verso l'alto da mantenere in linea
ai profili zigrinati dei terrazzi
di grattacieli zavorrati al cielo.
Se dovessi farci caso dal basso
da sotto i balconi di fiori e verde
decollanti, nota bene che manca
sempre qualcosa, fosse anche il frullare
d'ali, nello slargo tra le piante desio;
che poi, quando si va a veder la foto
l'antenna lampeggiante persa in cima
lungi dal far da candela su torta
s'arcigna realtà maligna, infissa aspra
volontà, pungente mucosa azzurra
nell'incistarsi gravità, ignava è essa
nel tempio del culto del nontempo atro.
In ciò, se ci fai caso, si fa dramma
non riuscire a dire cosa ci manchi.
06/05/2017
*** 01/03/2018 rivista e fotografata
*
… è che mai L’ho capito cosa possa
o non possa significare il tempo;
non so “avanzarne”cosa voglia dire.
Più facile è che ne perda da ozioso
peggio che sangue da una vena aperta.
Spesso mi ci accomodo frustro e lasso
e imperterrito a dissanguarmi resto.
Poi, dopo nulla facere apatico,
già che la pigrizia mi ha roso carni,
mi dispero, mi specchio ebbro e capisco:
di tempo ogni cosa ha il suo. Così sono
pure io, essendo ancora nel mio di tempo,
fiore fatuo che ritarda a sfiorire.
*
Di oro ce ne viene tanto dal cielo
e più lo si cerca tra terra e mare
delirio più si spande fiume agli occhi.
Ascoltami come scricchiolan croste
sono molliche rafferme le anime
sotto i piedi. A quel che vedi, sul piano
di quel tavolo scrostato, fende aria
grido dismesso: povertà in via è donna,
accasciata a sognarci un conforto
ci sta. Seppur nuda verità in legno
insonne che consoli con passione,
non dà concretezza altra, che d'un velo
cedevole come tenebre all'alba.
* Per un 8 marzo di 365 giorni all'anno, AUGURI!
*
*
...una volta che mi sei sotto pelle
lì ti effondi adrenalinica e sgusci
nervosa, diffusa, filamentosa...
Sensore sottotraccia vibri bassa
captando asperità e temperie vaste
d'interni. Così metallica tranci
arterie e vene confuse coi nervi,
che ti sento pietosa a mente fredda:
infissa, affondi nella carne, sonda
cauterizzi già che operi suture
sì che si trascenda a volo l'umano.
*
A sprazzi l'azzurro è finestra
in cielo attraverso ci guardo:
va e vieni è di sogni tra grigi.
Per aria gli intrecci d'arazzi
preziosi di ricami e perle
di ragnatela hanno la trama.
Si che invischiato mi ci sento
come insetto in volo distratto
a cuore che altri disegni abbia.
*
La sua voce mi insegue inesausta ode
echeggia per viali ampi e tronchi scheggia;
a sera, sai, ombra che s'acquieti pare
prima d'azzannare perfida il cuore.
È un intrico di note l'inverno, sai?
con torsioni invisibili di accordi
*
Mi rimanda dentro ad un guscio
tutto questo buio nella stanza:
compassato ci sto in silenzio
quasi chiededomi se, ancora
ci sarà qualcosa di vuoto
da riempire oltre le persiane.
Quando, attraverso le fessure
in sonno tornerò nel mondo.
*
Ricorre cordoglio notturno, greve
flautare cinereo, cellule in aria
di morte sospesa. Gelido e spesso
sul tavolaccio è il cubo: argenteo luce
fulcro asettico e tragico di leva.
Opaco l'universo ci si pesa
a sbilanci d'amalgama ristretto
come i "sommersi" in cuccetta di lager
subendo la metrica di baracca:
che alluda alla combustione dei corpi
poi che il fuoco li dilata in fumo acre?
Mesto s'apprende rammarico all'osso
ch'è a tappeto il russare stanco: verso
costante, s'allarga d'orrore a bocca
fino ai pidocchi tra coperte e nasi
in collottola imbucandosi sozzo.
Storia che, come granchio, corre a mare:
che indietreggi, pare, eppure s'avanza
ai gabbiani sfuggendo tra gli scogli.
*
Molti sono i sapori non più tali
perchè adesso al palato alieni, come
gli odori un tempo di casa all’olfatto
… e che non hanno più da essere, insinua
gracchiando corvo. Ch’io già non rammenti
nemmeno quello del tuo corpo, insiste:
sapore che ho perso oltre ogni limite
lo dà. Ignaro che, pur se infinito
ci provai a delimitarlo con baci.
Eh si che tanto prezioso mi è ognora
l’odore del tuo sesso sulle dita:
da lì giunge ancora ingenuo alle nari.
E non dica che è perché si cincischia
nel tramonto, in cui null’altro si aspetta
che astro si abbassi per prenderci a bordo
(arca di un giorno dalle molte vite
solitarie a filo di mezze lune)
che in bocca non abbia più il gusto di te.
E’ che ora ci siamo solo io e la marea
che riva più non bagna con saliva
di un piacere che si è perso nel tempo.
Mi è più facile il punger di ginepri
argomento di un isolotto in Grecia,
acquattato non lontano da Creta:
più cappellette erano che abitanti.
Le vidi punteggiar fianchi scoscesi
in giù, fino quasi a picco sul mare
volte al vanire di odori e sapori
con monotonia acida salsedine
e versificare alto di gabbiani…
*
E' nebbia a velarne profili
è luce a modellarli stilo
si che è oltre la rete, ove tutto
s'apprende, il dire di cipressi:
scuro di fronde giunge, come
ombre che freman tra le tombe,
scrivendo in un cielo ch'è cera
di membra che nutron radici.
*
Ti chiamassi"erba", già che irta mi fissi
irridente ad ogni affondo di vanga,
gramigna avrei a dirti: infesti dal fosso
reticolare di radici fitto.
Soffochi il pure minimo sussulto
di un timido improbabile raccolto,
groviglio greve di steli accentati
dal vento ed ingialliti dalla brina.
*
*
Su per l'arco ci si sta in un baleno,
di risalirlo ben attenti si badi:
mano a mano che dal petto se ne esce
aria, come d'un sibilo a sciogliersi vago,
si colga d'un lampo il volo cieco,
prima che cessi il botto da scoperchio,
se la pignatta di gnomo alla base
si vuol vedere. Dicono ci tenga
tanto oro dentro: sì che, quando avido
la scopre ed un raggio di sole dentro
ci cade, l'arco se ne indori vanesio
reiterandosi nella mente imperio
in scia al rito di luce del solstizio
d'inverno, a che sia nuovo e aureo l'inizio.
*Con i miei migliori auguri a tutti per delle festività serene almeno.
*
a poco dall'abisso
che insiste al gusto amaro.
Flemma:
se ciliegia non è un passo
un passo non può dirsi volo.
Dilemma:
come volare oltre l' abisso
se si ha appena un passo?
Occorrono ali per volare.
Flemma:
pure un cuore che non tema l'abisso.
*11/09/2013 rivista
*
*
... e quella stella che ci sta a fare qua
ti chiedi che le mani sono fredde
in quel crogiolo in cui ci stai ristretto.
E tu che la guardi strano, non è che
le vorresti in te brillante e calda, sì
da farne lume in queste tue sere buie?
L'amore è una fantasia che pulsa a ore
senza costrinzione alcuna ammanetta
a una nota rarefatta e siderea:
t' avventa e azzarda per l'etere spoglia
come fosse d'autunno accordo in tinta
per una sinfonia composta arborea.
*
Che fare per non sentirlo più cruccio?
Ne parlo, ne scrivo, poi ne straparlo
indi con occhio curioso lo seguo
a che impatti a senso sul foglio in nero.
Sulla scala delle note, mio cruccio
attento l'accompagno con orecchio
nell'intento di coglierlo che stecchi
strabordando alfine dal rigo d'altri
si da schiantarsi al muro e, non più cruccio,
determinando tregua nel mio animo
... m'illudo, già che sono nudo in terra
e alla stregua d'un verme mi ci struscio.
*
erano paesaggio vivace i bimbi
dagli scivoli agli altri giochi lesti
s'avvolgevano in risa e strilli acuti.
E lui, nero e alto, in piedi dritto e fisso
dinanzi ci stava, guardando assente
oltre l'orizzonte: forse un riflesso
d'infanzia derubata di parola
infisso l'attestava a terra e muto.
*
...siamo fatti col tempo e nel tempo: in esso
ci si aggrega e in esso ci si disgrega.
Dalla consapevolezza di quanto
trascorso, come da un bicchiere inverso,
ne discende che siamo stati vivi;
da quella del presente che ancor siamo;
da quella incerta dei giorni a venire
è l'esserci, sebbene non più uguali
saremo. E non è merce la speranza:
è nel nostro dna la memoria vera
quella che provvede a far sì che nulla
vada perduto. E che tutto si proietti
in sequenze, evolvendosi col tempo
diramazioni in linee sotterranee,
superficiali affioranti all'occaso.
*
Incastonata tra il sogno e la veglia
messa lì, gemma nel frutto ci stavi
incarnata stretta, come rubino
da melograno che golosi si apra.
Ora, che sgranati hai gli occhi di stelle
eterea passione brilli purpurea,
alle labbra succosa mi sei in gola
deliziosa al palato ch'è notte alta.
ricordi che avevo sul palmo della mano un dente
spezzatosi nel masticare arilli di melagrana
poi gettato a sera nell'Egeo, all'addio
dalla nave al porto di Hiraklion?
'Stasera mi manca molto quel dente
lo ricerco con la lingua che tasta
smarrendosi per la gengiva vuota.
Mi manca al punto da averne
immagine nitida: io che lo tengo tra dita
fluorescente frammento lunare
soppesandolo, prima di gettarlo a Nettuno.
Era buio pesto, sul porto di Creta
c'era la pioggia sui tetti e sull'acqua
di rubini granati ammollanti di piacere
A bocca aperta li accoglievo succhiandoli
capezzoli. Ma a bocca chiusa dormii la notte
sul ponte. Accanto a te che, di melograni
avevi il profumo sulla pelle(ipocrita la pelle)
e del succo il sapore tra le gambe:
Al gran ballo indossando livrea
oltre i veli vado nel sogno
in trasparenza. D' arpicorda
il cuore, agili note ne trae
il vento: strimpella con dita
sottili, come cime all'aria
cascanti dall'albero maestro
vil chioma avventata di pioggia.
*
Il vuoto nello spazio è il vuoto espanso
nelle stanze ampie: ci galleggi grave
in assenza di gravità. Ne senti
vive palpitare le ombre, ne vedi
nel tremolio di quadri alle pareti
in dissolvenza, affetti affaccendati
nelle incombenze compresi dal giorno.
Autore per un istante sei pittore
instancabile, immaginando come
e quando ci sarà riempito il nulla
di camere dai lampadari muffi.
Echeggiare nuovi passi ci ascolti
non più i miei, i tuoi, i nostri: anonimi loro
per questi luoghi ancora in divenire
che qualcosa di noi l'avranno sempre:
le finestre san sussurrare a orecchio
di chi, in certi giorni che ci si affacci
e respiri, il vissuto sottotraccia
sui davanzali impresso con gomiti.
*
mi consola, quando mi sento perso
sapermi al momento seduto e fermo
al tavolo, scrivendo a garganella.
Ma solo per poco ciò mi conforta:
poi che mi vedo commosso che è notte.
Oddio, realizzo: ma ci siamo mossi!
La Terra sta andando d'intorno al Sole
e noi con essa che su se stessa ala.
Si che la Luna non ci confonda oltre
ci si contorce per non averla storta.
A pensarci meglio, ci proverei sai
ad immaginarmi che, come tutti
gravitando pianeti intorno al Sole
così anch'io stia ammoinando, Orfeo incorporeo
adesso che per me scocca ora astrale
a farmi già svanito: ci penso, sai?
Nemmeno nel sonno riesco ad esserlo
sicuro di stare fermo a letto: a me
svaporano insonni comete intorno.
*
Vero che non si è cercatori d’ oro
lì, dove di oro ce n’è solo in versi.
Si è solo esseri che setaccian fango.
E questa non è di certo fortuna
che affiori facile: ci vuole sorte
a che pagliuzza fantastica brilli,
gemendo accorata tra sassi, in fondo
al vaglio. Oltre ogni possibile coltre
è questa febbre ch’ è gentildonna,
benigna custode da mane a sera,
in barlumi a coprire con tegole
(luminose fette di mele argentate
sbucciate a regola a furor di luna
stese coperture dolci passite)
pietose sul nostro vivere amaro
chè, sotto, a seccare ci stanno sogni.
*
Ideale sarebbe averci uno sguardo
atto ad'ampliare orizzonte asfittico
di eventi che ci comprimano fatui.
E, a misura inzuppandoci acquerelli,
ci aggiunga amanti al quadro in itinere,
a conforto dell' essere prossimi
di specie che saprà farsi d'energia:
potenza del profumo delle viole
dai petali stuzzicati da brezza
leggiadra coscienza d'essere luce.
*
Una folata di vento, alle volte,
può salvare la vita; può rapirla
come in estate una foglia per sbaglio;
può costringerci in noi abbrutiti al gelo
sferzandoci veritiera la faccia;
insistente può bussarci alla porta
per rubarci lacrima seccandola;
può infonderci coraggio a fil di rasoio
in nodo scorsoio serrandoci gola.
*
ampio sgocciola lampi di rigetto,
musicando la tragedia ogni giorno
degli attori recitanti a soggetto
sul campo, dallo sfondo e senza slancio
altro, che quello della costanza acquea:
azzardo tra più variegate lingue
dello spettro che batte in testa ossesso.
Sì che caldi scorrono litri d'acqua
giù per lo scarico sfuggendo Storia
come sangue da ferite del mondo
nelle ore indolenti assumendo forme
di catarsi atta a lenire tormenti
ustioni da vampa che mai s'estingue
... se me lo chiedi, non potrei che dirti
ch'emorragia di testa non distingue
che altra nel cuore non ce n'è di fiaba
non tanto per aver perso maschera
ma per averla trovata commedia,
recita in gocce che avvita panica
pur se nel vizio di un copione esangue.
*
*
Giusto qualche attimo fa
era il tuono brontolio forte
insistito come minaccia di sfratto
e le nuvole si accalcavano grigie
nel vento che ne sollevava pure le gonne
ma solo qualche attimo fa.
Dopo, al tuono, s'è aggiunta la pioggia
al deliquio alcoolico il turpiloquio;
alla tristezza, un cielo in frantumi
spiovente spezzoni d'azzurri taglienti
a conficcarsi nelle pozzanghere
a cordoglio d'anima ferita.
Corteo si era involato fulminio
tra scrosci e raffiche a scoppio di risa
di foglie che erano smeraldi: appena ieri
la dolcezza dell'essere cirri
sull'altalena rapiti da un su e giù
alla gioia, mai l'avresti detto tempesta
*
Misericordia s'invochi accorati:
sì materna ci rapisca cenere
poi ialinica ci diluisca tra l'erba
a filtrarci nel regno delle talpe.
Già che potere ha di assumere forma
di ciò che l'accoglie, ci animi saggia;
già che cambia forma di ciò che è o non è
imbevendolo, da noi esca zampillo
assumendosi onere d'alleviar sete
come pure di decomporre i corpi:
al disgregarne sostanze, dei morti
ce ne faccia nuovi incarnati affetti.
Femminea ed eterea, volesse in fine
d'universo, partorirne ancor stelle
sulla battigia all'infinito lattea
ne saremmo lucenti di essa in stille:
è anima liquida del mondo: d'acqua
siamo fatti, dall'acqua siamo usciti
e in essa si fa ritorno a specchiarsi.
*
Sulla panchina ci si piglia
incipiente estate di chiappe
all'aria rutilanti chiare
sfacciate nel mostrarsi vere
nelle notti d'ombre severe.
Ch'è sempre sulla panchina, uste
di sole a fine estate nere
ma tanto accorate le sere
tiepide ancor, seppur più fruste,
il dovere dirsi addio acciglia.
*
E'a non averci orecchie ed occhi
sentenza alla miseria nera
pronunciata bestemmia piana
nei pensieri così asfittica
compressa pena nella testa.
Della morte anima più arida
già che finta sei da un pezzo
e ad aspettare stai sul molo
dimmi cosa scruti lontano
faccia dilagante di piaghe.
E'immediato leggerci tedio
ostico afferrarci senso altro
in quel tuo sguardo fisso e vuoto
oggi ch'è volubile il clima:
ora conforta, ora sentenzia.
E senza sconti è la condanna:
risuona inaudita sotto archi
scorticati di patii antichi
da una fede all'altra cecità
peccaminoso sentimento.
*
Quante costole mi chiedo ha la Terra
questo grande polmone ch'è paziente:
inspira luce, riflettendo azzurro
di bimbo inconscio che graviti serio.
E siamo noi tanti piccoli corpi
sericità minuscole: microbi
dall'ego maiuscolo e senz'altro fine
che truci infettargli, operosi, i bronchi
All'apparenza, per quanto le conti
e riconti, sufficienti non paiono
a contenerci escrementi e veleni
prodotti di un agire strafottente.
Spurga catarro il pianeta ch'è nero
sempre più dalle ciminiere muco
cola ardente da nari d'altiforni
minimo starnuto a bruciarci vivi.
*
cos'è? Si chiedesse a Rimbaud, direbbe
lui: botta di sole che cambia vita
da poeta alto a mercante di armi e schiavi.
Io che di poesia intendo solo arsura
la so lunga su scottatura e affine:
gli arrossamenti dolorosi a gambe
il gonfiarsi delle papule a schiena
il vaneggio d'insolazione a mente;
di derma in strati elevarsi annerito
bicolore a farti la faccia pesta...
si che avrei potuto scriverci poema.
L'avrei vergato su altre foglie morte
dalla cute involantesi ombre a notte:
lucciole rabbuiate dell'esistenza
per ogni dove a incutere rispetto
pure alla folle congrega dei grilli
nel compiacersi su e giù per la pancia
di enigmatiche montuosità, dure
da ignorare, scendendo a bagnomaria
sudati del primo albore di luglio.
Sì perchè certe cose si può solo
dirle in solitaria, assente la luna
che possa delare eventuali viltà
nel giorno bruciante infimo di sale
... ma io non sono Rimbaud: sono più basso
e nemmeno ebbro, soltanto più cotto.
*
Nulla di più dispettoso e irrispettoso
oltre che perditempo e ritardatario
del dio della poesia: un giorno ti svegli
e te lo vedi che ti sembra stia a tenerti
palpebre aperte, lasciandoti credere
che ti stia baciando pupilla, opaca
ancora del sogno, con l'ispirazione.
Repentino, indi assente si rende e celia
asserendo dal cielo che, di lui,
non c'è di che fidarsi a dargli un dito
già che ti prende braccio e stanza
con destrezza annullandoti estro.
Chè, la vera poesia, sostiene perfido
sia quella di quando non ci si è più
e resta tazza deposta sul porfido
a distanza ancora fumante d'orzo.
*
Siamo, siamo, strabilianti lo siamo:
decisa che la partita è per censo
e che intenso è il pathos, si resta a lato
nell'inferno degli umiliati stretti.
seri ci chiniamo a guardarci i piedi:
instabili e sconosciuti i piedi. Stanchi
ci portano da una stanza all'altra
regioni d'un tratto sconosciute.
E sempre ci bruciano di loro
,per farci sentire che ci sono,
che ci siamo ancora per un viaggio
per una passeggiata lungo la riva
di quel fiume che ci scorre sangue:
Goccia a goccia che ci sfila in vena
miraggio tra un universo e l'altro
per rivangar terre esaurite di frutti
assediati da qualche parassita di troppo
... Con qualche affetto di meno.
*
Della vanità è la fiera
l'ostinarsi nella recita
invano aprendo un frigo
fuori uso da sempre.
E'vacuità del gesto
tu che lucidi la stufa
che casa più non scalda;
tu che cucina sgrassi
che pietanza più non cuoce;
ch'è lucida follia lo sai
pulire la lavatrice
pur se guasta da due vite
le nostre. E nemmeno lo ricordi
l'ultimo lavaggio fatto.
Ma lo ripeto:non c'è nulla
per cui farmi sentire.
Ci si trovasse qualcosa
oltre la mera sopravvivenza
in queste nostre teste di legno
scolpito, sai che canzone
ne verrebbe percuotendole:
logica legnosa la loro
al pari di quella di una stella
che collassi ostinata e silente
pulsante di tronchi percossi
con monotonia da spazio profondo.
Della vanità è la fiera
l'ostinarsi nella recita
invano aprendo un frigo
fuori uso da sempre.
E'vacuità del gesto
tu che lucidi la stufa
che casa più non scalda;
tu che cucina sgrassi
che pietanza più non cuoce;
ch'è lucida follia lo sai
pulire la lavatrice
pur se guasta da due vite
le nostre. E nemmeno lo ricordi
l'ultimo lavaggio fatto.
Ma lo ripeto:non c'è nulla
per cui farmi sentire.
Ci si trovasse qualcosa
oltre la mera sopravvivenza
in queste nostre teste di legno
scolpito, sai che canzone
ne verrebbe percuotendole:
logica legnosa la loro
al pari di quella di una stella
che collassi ostinata e silente
pulsante di tronchi percossi
con monotonia da spazio profondo.
Della vanità è la fiera
l'ostinarsi nella recita
invano aprendo un frigo
fuori uso da sempre.
E'vacuità del gesto
tu che lucidi la stufa
che casa più non scalda;
tu che cucina sgrassi
che pietanza più non cuoce;
ch'è lucida follia lo sai
pulire la lavatrice
pur se guasta da due vite
le nostre. E nemmeno lo ricordi
l'ultimo lavaggio fatto.
Ma lo ripeto:non c'è nulla
per cui farmi sentire.
Ci si trovasse qualcosa
oltre la mera sopravvivenza
in queste nostre teste di legno
scolpito, sai che canzone
ne verrebbe percuotendole:
logica legnosa la loro
al pari di quella di una stella
che collassi ostinata e silente
pulsante di tronchi percossi
con monotonia da spazio profondo.
Della vanità è la fiera
l'ostinarsi nella recita
invano aprendo un frigo
fuori uso da sempre.
E'vacuità del gesto
tu che lucidi la stufa
che casa più non scalda;
tu che cucina sgrassi
che pietanza più non cuoce;
ch'è lucida follia lo sai
pulire la lavatrice
pur se guasta da due vite
le nostre. E nemmeno lo ricordi
l'ultimo lavaggio fatto.
Ma lo ripeto:non c'è nulla
per cui farmi sentire.
Ci si trovasse qualcosa
oltre la mera sopravvivenza
in queste nostre teste di legno
scolpito, sai che canzone
ne verrebbe percuotendole:
logica legnosa la loro
al pari di quella di una stella
che collassi ostinata e silente
pulsante di tronchi percossi
con monotonia da spazio profondo.
*
"Pace, pace", gridando, "Gesù!"
Manco ci avessi fatto guerra
per una vita intera contro:
afflitto corpo a corpo, infine
"pace, pace", gridando, "Gesù!"
Ribelle ti ascoltavi così
senza mai darti prigioniero
con rabbia, come dio fosse odio
dei tormenti inflitti con ira
a intender resa senza indugio
... e tu che stavi ormai sconfitto
"pace, pace", gridando, "Gesù!"
Ma quale divinità accorda
nel baleno, quanto negato
sorda, nell'arco di una vita?
*
Certi luoghi hanno il potere di denudarci:
ispirano, spogliando degli abiti mentali,
lasciandoci nudi a scriverne. Presi d'incanto
da febbre, ci si attarda a descriverne parti
tratteggiando quarti per mente spoglia
a farne geografie anatomiche di pensiero
sì da apporci attributi provocanti
alle zone erogene che san di fantasie.
E chi, per ventura, si ritrovasse a leggerne tratti
per tracciati erti dalla sparsa simbologia
ci farebbe felici se finisse, empatico,
immantinente anch'esso sulla soglia
ignudo, disquisendo di nuovi continenti.
*
La flessuosità ha l'ardire esile di un tronco
che non t'immagini: bianco di betulla fronzuta
che danzi perlacea nel blu, elegante di livrea
presa in prestito alle nubi di passo.
Brezza l'accompagna a che impazzi
avvolto d'elitre frenetiche di libellule
pazze: ha naturalità, ha vita,
è compenetrazione
tra i vari esseri viventi un complesso
in comunione di respiro;
introspezione pur sotto le zolle erbose,
radici di pensiero che ci sprofondano,
diramandosi ad assorbire nutrimento.
Tutti, nessuno escluso, ci si nutre l'uno dell'altro,
perchè è dall'assimilarsi che si sprigiona energia
Vitalità d'un masticar di truccioli sputando cellulosa
a fluire chiome serpentine su carta:
onnivori esseri dalla codificata grafia,
emozione nervosamente espressa ramificata.
*
che stava lì lì per sfuggirti vita
e a stento l'hai trattenuta con sforzo
sì che ti è costato molto, coi denti
mordendola, a farla rientrare in petto
con colpetto di tosse a dir ch'è nulla.
Corre in me un dubbio che mi alletta pianto
mi scorre domanda nel sangue freddo
d'un colpetto si tosse a dir ch'è nulla
si che hai ripreso dondolii di gamba
col piede incastrato tra rete e sponda.
Ma ho visto e sentito: il tumulto in culla
la tentata evasione. Incurante eri.
Ed io che pensavo solo a svanire:
la morte mette le ali ai piedi dei vivi.
Ora che è come niente fosse stato
ormai che mi sei soltanto negli occhi
col piede incastrato tra rete e sponda
me lo chiedo che non ci stai più a letto
come tu sia riuscito a convincermi
a liberartelo il piede sì freddo.
Si finisce con la morte nel cuore
perchè non si vorrebbe morire mai
pur se di essa se ne sente puzza
ed il compattarsi degli arti ghiacci
e tu sentivi essere agli sfilacci.
E'perchè magari si è vista smorfia
contrarsi in faccia, increduli al dolore
che era lì per sfuggire. E non par vero
senza sconcerto esista dipartita
così di altro si preferisce dire
Non parli chi non sa cosa riflette
in sè guardi l'acqua specchio tremulo:
quando si è fratelli di stessa pelle
curiosi si scrutano i nei a vicenda
chiedendo all'altro di non avere paura.
*
Sento come se la ricreazione stia per finire.
E, nemmeno essendo così vecchio
sia di già arrivata l'ora di rientrare in lui.
Lo sento che quasi mi pare di averci
al mattino nel lavarmi la faccia, le sue braccia
in quel movimento che getta l'acqua sul viso
: così: a palmi di mano congiunti ad incavo.
E pure lo stesso sibilo pronunciato di sterno
dagli anni, scoccati a freccia, di tra ciglia rade
sul grande bersaglio riflesso allo specchio.
Ma non si creda che, come dovuto, rientri
a fine ricreazione nella sua testa
piuttosto mi sento assorbito nei suoi lombi
prigioniero rassegnato in un corpo non mio.
Se i corpi possono anche dirsi parenti lungi da scherno
si che un DNA non rinneghi l'altro, la mente no:
estranea deambula nello sconcerto, foranea
accennando ripulse generazionali e non solo.
Del resto, come riconoscersi parenti
se alieni si è a mente come figli mai nati?
Quando poi, finita ricreazione, si fa luce:
la risposta alla domanda sta in quelle grinze di pelle
a guisa di cicatrici, sullo scroto paterno.
Consapevolezza corrugata d'aver vissuto risuona
tra sconosciuti che, solo alla fine, si son conosciuti.
Si che, supino, stringendo convulso un pugno di terra
con la campanella che mi sta risucchiando
per come insiste, tra gli steli campanula
dal vento scossa e riscossa, sento l'umido
ed il freddo che, un giorno, mi avrà ristretto in lui
come un sogno che l'abbia accompagnato in vita
già morto, perchè in definitiva abortito.
*
La carpa è nel torpore del suo stagno
che ci vede brillare il suo universo:
da riva a riva, placida e torbida
la noti a dar di coda a pelo d'acqua
nell'arrossir di ninfee smosse appena.
Ma tu che è da qua che cominci algido
chiudendo gli occhi, ad avere visione
di veste limpida di madre prima:
dei soli urlanti inconsci di tra i nembi
cosa riuscirai a insegnarmi da lassù?
*
Ruffo di capo infine ci si posa
nel recinto restando bolso e goffo
gobbo con occhio rivolto alle righe
neretto su rosa sporco del foglio
giornale di un dì rarefatto e fulvo
scuro oltre la vetrina a specchio. Opaco
diletto dagli strani effetti, a darci
lo sguardo: orgoglio ricaccia nel petto
nero di piume a fumo, gerla gli anni
piste sono le rughe in fronte fonde.
E lui che, fatto, si dilunga piano
nari dilatate inseguendone ombre
sul ripiano del tavolo a capofitto
pure aspirandone rumore di passi
a notte che, intanto, s'accoscia goffa
come fosse anch'essa di pongo
impasto che dà forma ad incubi di strada.
*
A verità dovrei ammetterlo sul serio
che solo questo m'appiglia cinico:
la crudeltà non è che un lampo
la scommessa riposta nello stampo
a che illuminarsi una mente possa
elettricamente brillando come lampa.
Ma il cervello non necessita, son sicuro
d'essere illuminato: micragna in neuroni
piuttosto, latitando nello sforzo di pensarsi
brancola di bestemmie in grani di rosario
incespicandoci orrido e guercio.
E' per trovarci un equilibrio che si abbarbica al sè
: tra chiari e scuri
come in un rosaio asperso
dove fiori, foglie e spine
acute s'alternano
cerimoniosamente conformiste
nel concedersi sprazzi di sole
a turno
in ciò assistiti dalla brezza
sussurrante dannazione tra i rami agiti
... perfezione
è che non esiste
una rosa uguale ad un'altra.
*
Siamo eterni e non ne cogliamo nesso
fragili ed impudenti eleviamo torri
sempre più virtuali fabbriche vuote
espressioni algide di algoritmi ardui
sommessi al dominio della tecnica
come ad ogni istante non si fosse altro.
E non captiamo che la nostra morte
non è: solo ci si evolve ossa dismesse
il tutto per restarci in uno sguardo
nel labirinto di un sorriso in salvo
che ben ci si sta nelle borse agli occhi
come non si tornasse più alle stelle.
In eterno rimaniamo noi sempre
frammentati per faglie di memoria
diluiti per lacrima sulle guance
ad ogni nascita impiccati a nuovo
sedimentati in versi di animali
come non fosse mai esistito un Darwin:
come ancora non fossimo allunati
come a girarci attorno fosse il sole
come fossimo sovrani di cosa
...
...
come non fossimo mai stati vivi
*
Mi manca il richiamo in queste notti:
s'allungano stinte fintanto che è l'alba
perversa e silente, come fosse troppo presto
a che si faccia sentire pure il merlo
in giardino saltellando con fruscio.
Trovo fosse un bene che la notte
fosse la notte. Ed avesse un richiamo
sebbene non ancora estiva.
Trovo che sia un bene che la notte
torni presto ad essere la notte
poeticamente viva e fracassona.
Trovo che sia lungo, estenuante
questo intervallo con passaggio di ovini
che si fanno contare scheletrici
pur di non dare il conforto del sonno.
Vorrei che si capisse una volta per tutte
che è tutto in questo non sfiorarsi di ombre
che sprizzano schiume di solitudini
fermentando nel contenitore in cui, il tempo
si fa monorotaia per manie e fissità
in deliquio privo d'interruttore
... vorrei
vorrei tanto che così fosse
*
Melodia soave nella notte sale
onda, note da un gemere di fronde
come d'amanti i sospiri scosse arie.
Quando sicuri di non essere visti
sapere d'essere sentiti a mente
eccita, di rugiada fregiando erbe.
Fluttua piacere in incanto alla fonda
fuoco che sta rapita orda tra gambe
al venire nude al tocco di ronda.
*
In costanza di segnali, come da una stella
ghignante cadaverica dagli anni luce,
percepita non sazia è la pandemia
... ancora al presente ridonda piatta
sirene d'ambulanze dirompenti
silenzio che socialmente distanzia
*
Ci ho scavato solco
con passo di fiele
su quella via brulla
che a te porta
intinta di miele.
Solco è tra noi fondo
sotto luna tonda
d'ululati bianca
ricolma di paura
fin dentro i crateri.
Tra un passaggio e l'altro
tra te e me ora è abisso:
non c'era altro modo
se non darmi assente
per esserti accanto.
Sintassi ha l'assenza
grafica sottile
quasi invisibile
pochi la vedono
altri la sentono.
*
Osservo accortezza nelle rondini
che vanno e che vengono, la dolcezza
rimuovendone, poi che inebria curva
glicemica. Difficile, sfreccianti,
convincerle a non stare tali e quali:
conservando mestizia delle cose
non sanno che farsene del proprio ego.
Specchio bugiardo prova a esserne il poeta
astraendosi a fare se stesso guitto
in parti esternamente estranee, mimo
dissociato e acrobata flessibile:
spazialità accomunando a qualcosa
che gli appartenga certo, ma per questo
non suo oro. (possedere non è essere)
Così nessun rispetto per se stessi
(autolesionista da sempre il mare
frange e rifrange al medesimo altare)
figuriamoci per altri: a dir poco
solo un"crocifisso"usto da donargli
(fede ch'è supporto ma non conforto)
per incendiargli il fiato con passione
misteriosa d'un cordolo di miccia
innesco ingiurioso all'ultima carica.
... d'un rantolo
il mistero sta nell'irreversibilità
di una pronuncia dal diaframma
a spegnere il cervello.
*
Persino facile annusarla tersa
che ancora rinversava umore freddo
a febbraio, pur figurandone inizio
nell'aria già crocchiante fragranze di gemme
per me nel sangue come su ramo.
Ora pensi che io stia invecchiando?
A stretto giro vedo banali prati in fiore
e luce solita all'orizzonte fino a tardi.
Però i profumi latitano: del tutto
sguscianti, non si lasciano afferrare.
Alle nari non mi arriva altro odore
che quello di legno tinto di fresco:
è pungente ed ossessivo, un furore
di cadaveri scomposti nelle bare!
Altro odore non ha primavera, ti dico
perchè bisestile forse lesina olezzi
sì che non s'avverte, a naso, di fate
sbocciarne sorrisi: felpati i passi
come ladra s'avanza sulle punte
furtiva stagione inodore e trista.
*
Soltanto naviga fuscello in cielo
ruvido foglio da disegno vola
color carta di zucchero ha le vele
il vento le gonfia e sospinge in quota
buffe a giocare con baffi di nubi.
Di temperie mesta vira vascello
alto s'impenna che s'incontra sole
a bordo ha disegni che sono graffi
graffi sono i segni del lutto appreso
per facciate vistose rughe estese.
*
solo ignorata, non negletta:
fuor d'ogni logica
la senti che non ti difetta;
nell'aria preziosa
così come te d'ametista
s'impone radiosa
sul collo niveo, mia diletta:
poesia non di rime
che si bacino intenso amore
poesia non di fretta
che già s'acconci permalosa;
sol poesia aspra affetta
passione che digrigna lime:
sulle labbra sale
un bel sorso poi di tequila.
*
Vorrei tanto dirti che va a momenti
che solo di momenti trattasi: vedi
tutto intorno sfiorire. Ma tu pensa
convinciti che ci stai a bordo
sul treno che sferraglia oltre di grigi
su binari di rami screziati di rame
con alle spalle l'inverno bianco di giglio.
Per conoscere, bisogna anche
in certo modo toccare: la terra
ci trasmette attraverso le mani
la sua saggezza. Ecco perchè
camminare sulle mani, è un punto
a favore: si va via in punta di dita
quasi accarezzando la vita
... ma che passerà lo sapevi, lo sanno
si sa, ma non si ammette: non si muore
se dicendolo si sorride, magari.
E, in primavera, ci saranno i fiori
di nuovo a suggerirti vivi sgargianti
quel che non riesco a dirti ora.
*
Magmatico il baciarci, quando venimmo; l'abbracciarci carni, quando cademmo: proietti disegnando arcate brucianti. Infine fumanti a terra esplosi ci fecero inerti, ruvidi corpi carbonizzati.
Noi pur svanendo poi, dalla memoria uscendo fumo, perchè decomposti a calde membra di fuoco, fummo cavo nella pietra. Fino a quando
dal futuro, non ci cadde seta: biancore liquido d'un desiderio in fiotti nelle viscere fluendo gesso pronto turgido
a richiamarci. Presto fummo forme dalla custodia gelida uscenti ancor calde di sentimento, commuovendo folle ed anche il sole: emozionalità di noi, anime rinvenute statue, da archeologi strabiliati... |
*
... e l'aria serena gravida senti
in brillii gelidi tinnare brusii
diamanti a cascata sul cranio. A vespro
tremito scuote e ti si spande vasto
alla schiena brivido: vibra di ventre
tocco di campana che rammenti alto
dell'inverno i riti elusivi di ombre
vanescenze che più non hanno nome.
Brezza c'è pure: arriccia loro a specchio
pozza in cui s'approccian riflessi tenui
sbirciando barlume che in strada porti
lontano dalle acacie tristi e spoglie.
*
Animo mite, che dirti dell'oggi
già che a me, ninfa languida, ti appoggi?
Di cielo terso sarebbe mia indole
come dicessi delle bianche isole;
di Satana la coda, dura sferza
potrei dirti solo fino alla terza
fila di rose all'inchino costrette
al corteo di streghe facendo alette.
Forte sento quanto mi bruci linea
Sfilando fortuna accesa sul palmo
calda inibendomi il sonno fulminea:
infiora il ramo del lago d'un salmo
ignea saltella sul filo apollinea
come d'un remo che sfugga lo scalmo.
*
Un giorno, ti svegli in un modo tale
che i calzini li metti spaiati ai piedi
incurante che, diversi i colori
siano fuor di finestra, in altro senso
ad impregnare gli incroci di odori
correndo spavaldi dietro ai passanti.
Te lo chiedi come mai rimangan gualci
evitando d'esser stirati in strada.
Tutta colpa del giorno insano, pensi
della sveglia che trilla a lato avversa
di palpebra che reproba non si alza
e sei già in ritardo di anni sul letto.
tra paralleli e meridiani perso
in conflitto, spalmato sulle vigne
all'orizzonte, con tralci inesplosi
viticci, nodosi inverni irrisolti.
*
*
Ti dice di te qualcosa di strano
che vorresti capire. Così pressi
l'auricolare contro l'orecchio
con forza che quasi duole
più forte a sentire più chiaro.
Sai che ti sta parlando di te
un aspetto di te che ti sfugge
che ancora non conosci.
C'è aria ch'è la stessa
la canzone di sempre
che a noia non ti viene.
Non che tu non abbia capito:
è che non sai se sei vecchia
e, se lo sei, quanto vale
di te il corpo che senti non vecchio
già che son tutti vecchi
intorno a te. E tu, stupita
te lo chiedi che ci stai a fare
lì, sul confine, da dove ogni giorno
qualcuno in silenzio va oltre
e nemmeno un saluto ti lascia.
*
Stranisce l'agitarsi di querce, del giallo
sfogliate dagli scrosci a diluvio: secche
ch'è pure il vento a spezzarne i rami
stecchi
... ripreso stizzoso a lanciarli con sprezzo
sberciando pozzanghere ai piedi
come scodelle ricolme malriposte: forti
le folate a briglia sciolta, scalciando furie
squassano mosaici di piante
intrigando con ciance d'infusa tempesta.
*
Discanto, ch'è lingua, lecca la luce al muro danzante raggio su rigo in calce;
ch'è nota, risuona, accordata nell'aria gesto nobile dalla larga eco polifonica falce;
ch'è profumo, dal calicanto, inebria nell'inverno per travi e tarli un tono sopra pur sopra la pulce;
ch'è tela, variopinta, d'intensa laude vola strusciando sguardi lignei dai cori incisi a furori d'incensi.
Sì che penetra nell'anima discanto e si fa già nuovo anno: speranza nelle menti. Infinita armonia instilla lampeggiando possibili scenari
testi li vedi d'un futuro anteriore fuori tempo: piano pianissimo che vada, era già ieri
... sarà stato solo oggi che s'è alzato di tono il domani ch'è già anteriore nel canto.
|
*
Freme oltre gli alberi la nebbia teme dalla ribalta sciami ronzanti luminaria.
Lì ci rimane dubbiosa alta fumosa sopra il greto fissa tra sassi d'arenaria.
Rimuginii pensosi trebbia ansiosa, in gran segreto di nuova magica plenaria
sommessa intrecciante per tetti involute in balletti dall'aria per niente bonaria. |
*
Per 'stasera e per quest'anno, che possa bastare credo: di parole inutili ne ho strappate abbastanza, con pazienza e metodo, in minuscoli pezzetti; sì che, un bel bicchiere, ho riempito all'orlo di straccetti inchiostrati fitti e male. Ed anche se non son volate risa serie non le ho bevute. Non per sfizio neanche per scherzo ci ho brindato: vero le ho solo riciclate. Poi nuove, oltre tornano, magari buone, si dice.
*** Un felice 2020 a tutti voi amici, poeti e lettori, non solo scritti ma anche sentiti. Un augurio affinchè possiate strappare, all'avarizia del tempo, sempre più momenti felici. Di cuore .............W............ |
*
Giorno e notte, sulla Terra, l'ira è un moto
che affatica: al momento dato per lo scoppio
notte e giorno, finiscono per l'equivalersi
nello snervare. Alle volte, quando l'una
sembra trionfi sull'altro, in certi periodi
all'anno, che ci stai distratto alla finestra
e ti mangi le unghia, finisce che implori
lo spazio profondo. E come ha da esser buio
già che nel giorno ci affoghi d'ira o di noia
per quanto è breve ma intenso e lento
oppure a scatto e carpiato come un tuffo
ed ancora più teso ti fa in viso.
Sì che la notte abbia la meglio, speri:
non esiste ira, la pace è abisso
che non rimpalla altra luce
che quella di radiazioni fuggevoli
rilascianti sprazzi flebili. Sai che non tedia
il buio:
ci si sta infungati tra pareti di muffe
saprofiti d'ariose romanze al muschio;
funghi rifuggenti la solarità del giorno
chè ci scaverebbe fossa
in eterno e furibondo chiarore diurno.
E senza ombre, senza scuri
cosa saremmo mai
senza quell'oscurità quieta
regno dei crimini non detti?
Così: è nel muro del frettoloso giorno
ben lontano dall'equinozio
in pieno solstizio d'inverno
che ci farei un bel buco
a farne scaturire raggio
di sole nero che ne divori alba.
*
Assorta, ci passeggi nel mio cuore metafora d' assolato languore ... ...
poesia che sa del tuo profumo dell'incanto del tuo dire della magia del tuo tocco del magnetismo dei tuoi occhi.
Ipnosi poetica sei, estasi naturale in te, l'unirsi di sillabe in connubbio sensuale, accesa carnalità sublime d'un testo:
... un bacio è solo un verso, semplice ed immediato non posso non scriverlo appassionate labbra.
Potrà sembrar banale un bacio come verso, ma non certo lo sarà letale come gesto... |
*
Imparare a scrivere di buon passo dovrei, chè, se aspetto d'essere fermo magari seduto comodo a mensa pronto di penna, bianca tu mi resti pagina che mi sgomenti, tacendo d'essenza echi col dileguarsi lesta dell'idea in capo: emozione di strada come sbocciata dal grembo di gemma fosse precoce e intirizzita, terrea pur se tardiva e di colore priva. Sì che, impressione, più non la diresti già che stringerla bavero non riesci. Tu lo senti che labile mi sei alea: rischio mortale nel guardarti fermo femminilità da descrivere ardua. Perchè ci si ridesta vuoti, quando allo specchio ti si riscopre donna furtiva amante fuggente per la via con appresso, d'un istante, la memoria. |
*
Perdersi per imparare a prendersi
parola mi insiste e tracima in gola
quando assolato mi disperdo fruscìo
avventato. Intorno fiamma spaesata
viaggio: mi richiama all'ordine alito
di te che, tanto contrastato, accende
sofferenza di braci mai morenti.
Sì che, cancellare del tuo passaggio
le tracce, sia come errare, rotondo
dimenticatoio di patrie. A memoria
come fo, mi rassegno fitto in mente
a dirti d'essere tornato, penso
guardandoti che s'addormono le braccia
se persiste in testa un percorso vago
se non si è più in grado di ricostruire
quell'intrico mentale ch'è tornare?
Ecco un problema serio per le foglie
a primavera: si tenere e perse
verdi come un libro per le mani
partono per smarrirsi tra le righe
scolorite d'inchiostro e spazientite
che, sicure, s'apprenda ingiallendosi
coniugando allo stesso tempo l'arte
di prendersi per poi tornare vive
a perdersi. Perseverano loro
ch'è tutto un vibrare oblivio ostinato.
Poi che devono ammettere e smettere
presto, stormendo, s'infervorano alte.
Perchè sempre più confusa ombra
viaggio ora solo per strisce di panna
in cielo: la mano è nervosa, sbaglia
frequenza; prova più sicura non ho
per dirti che sono tornato e stanco
sussurro a pelle, tu così leziosa
... che credo sia servito a poco
perdersi per riprendersi in loco
ti dico inerte alfine: appena basta
sorriderti, sopravvivendo viso
nel gelo condensa incollata al vetro.
*
Epico il baciarci quando verremo
un poema sarà quando ci riverseremo
in versi recitando un carme a teatro
sulla scena noi attori nella parte
sbilanciati, emozionalmente tesi
ma appassionati.
Chiedesti del tremore delle mani
che ero intento a seguirti, attento alunno
scrivendo sul quaderno del tuo corpo
quanto tu mi dettavi con mugolii.
Screanzato io che, come non mai, con schizzi
ti scarabocchiai sul costato frasi
intriganti oscene di desiderio
d'averti argomento per una tesi:
manzoniana, aperta sulla cattedra
alla pagina perversa offrendoti
di scontare, monaca di Monza, il fio
dei peccati. Ma tu, con" Dei delitti
e delle pene", ti opponevi nuda
per l' eccitazione rossa di seta. Nulla
di male, solo di una tesi, dissi
che l'ascelle esploravo, avrei voluto
come soggetto averti partecipe:
a dimostrare quanto letterariamente si brilli
romantici e tragici, quando si abbia a cadere
ebbri, dopo aver spinto fogli e fogli, in prosa
a sbuffi in foglie, profumate tra noi e nelle
vene infiorate ipotesi, da esaltare post mortem
una volta sceneggiati.
*
*
Tra sfarzi di luci e sbalzi di stormi migrante fortuito è il colore: anch' esso ballerino, danza per aria spoglia avvizzito sfuma di foglia in foglia sfrigolio andando a sfarinarsi in terra. Cromaticamente deformi i passi come crampi che contraggano nervi pittando polpacci con acuti spasmi . |
*
Se ti è impossibile perdonare oltre il mio silenzio d'accigliato vecchio che s'allarghino sfavillii a cascata magmatici di sovrumana pietà.
Ma ciò dovesse esserti impossibile allora, come mi hai spremuto, pensa: brezza d'anima urlante grezza, estratta dal marmo passione, mito ispirante.
Riducendomi in frammenti spigoli imprigionanti, così ti sei reso merito: a memoria, giustizia in sogno sillabando, mi hai vissuto e lisciato;
sibili di vento auscultando in petto; di tra le vesti, con scalpello, sferza hai mutato in carezza, scroscio in raggio; sentite emozioni in incavi ad arte
selvaggia, sì che mi hai scolpito integro ingrigito senza pari di beltà in mano le tavole delle leggi. Scultore, ordunque non colpirmi ancora!
Paradosso dell'artista in tumulto: nei comandamenti scritti col sangue è che il non esserci dovrebbe esserlo più sconvolgente dell'esserci. Quando
scalfenti di lingua ferrea, tra i denti alterne, ci schizzano frasi appese restando, perchè mai giungono a verbo da lapidi quindi svaporii mai incisi.
Allora hanno da essere dirimenti, pensa le parole che abbiano a caderci di bocca marmo da plasmare. Lo sai, però mi chiedi ugualmente di farti eco alla tua coscienza
... è che tu, così intento nel creare con scienza hai fatto sì che altro rumore o urlo di gola mi uscisse, se non dal ferro a filo di vene voce inibente nell'inseguire candore. |
*
Esiste il buio perchè esiste il reato esistiamo in chiaro perchè c'è legge. Siamo in pena perchè, per un senso alto l'etica ci sparge per tanti versi.
Si che mai ti dissi di quella volta in verità, nemmeno adesso ne avrei ragione a farmi reo confesso agli occhi ammettendo qualcosa che mi rode.
E' colpa, sai, che non ritengo tale ma va così in certi giorni balordi che ti ci senti in dovere di aprirti e fustigarti serio a più non posso.
Dunque ora ti dico di quella volta: ero giovane e libera la strada; a tarda ora lui sembrò freccia, prima poi un sasso sotto la ruota. Con altri
era che si inseguiva: stagione sua ma anche mia. Ci rimase sull'asfalto lui, metafora di metastasi oggi. Fu strale il gatto nero attraversando
sotto il giogo di un'estrazione a sorte mi pose, come autore di misfatto. Devi sapere, anima mia, che la vita stessa all'occasione sa farti criminale
dalla pena inconfessabile: capita a tempo, di coincidere punto a punto diventandoci l'uno sull'altro grumo inscindibile e di logica privo. |
*
Indefinita sul quadrante è l'ora all'orizzonte affaccia luna smilza falce affila distanze in linee scisse chè, l'allontanarsi solo, è aria certa: così discreti nello sfuggire note infissi amori a cuori aperti e nudi.
nenia sommessa al chinarsi di steli prima di sfocare passi nel bosco |
*
Ci sono stato messo al mondo, credetemi e quando vedo un altro farci festa al posto mio vorrei non restarci oltre non mi interessa esserci e condivider cosa.
Starci al mondo affatica di più ancor se si è in dubbio se frutto d'uno sbaglio: succede averci frutti che non si vorrebbero che fan torcer budella quando ne mangi abbaglio.
Così, quando vedo altri sempre al posto mio, assiso prima che possa farlo io, mi piglia il non esister sì che fuggirei lesto verso il mare profondo come granchio a ritroso.
Ma ci sono e qui resto pur sempre fuori posto ringhiante e sospettoso irrituale e molesto pronto a pagarne il costo sulla linea scontroso.
Sappiate che la veste non ci tengo sia rossa nè che il vento reciti de profundis pietoso che non verrò a far parte della vostra confusa d'ossa accrocchiata d'estri.
Sappiate che son ricco d'ogni palmo di nulla d'ogni striscia di niente che vi intesterò tutto anche queste nuvole adesso in cielo grasse e pure il girasole
dalla radice in aria lì dove siete adesso lì dove non sentite lì dove non vedete. Vado via e senza un cenno di croce, perchè, a spalla ho già a galla una croce. |
*
... no, non separarti dalle mie ali. restami avvinta come sognassimo vortici e fossimo frutto di un sogno: amanti strattonati dalle correnti in quota plananti speranzosi di quiete nel sonno profondo delle vette ... alle volte me lo chiedo, sai, se siamo noi stessi un sogno d'altri Qualcuno che apra gli occhi quando noi li chiudiamo, realizzando ciò che noi non realizziamo; riflettendo una luce che noi non percepiamo. Se non quando, infastiditi spalanchiamo le palpebre stupendoci per una natura che non conoscevamo, ovvero quella di chi ci ha sognati poi facendo sì che divenissimo realtà che ci abbia di loro tutti gli amori e di noi i ritorni forse avvenuti di loro gli addii senza rimpianti di noi le lacrime inconsolabili di loro la secchezza straniante per noi assassina in grani di sabbia in loro uggia di brillanti che imperla la guancia ... Al risveglio che mi resti tra le ali orizzonte mi sei che ti abbraccio. |
*
Vero è che al supermercato fa freddonel corridoio dei surgelati stando.Sono freddi in gastronomia anche i piattipronti: indigesti, li senti con ditaraggelate rapprese ai vassoi, freddicome i sorrisi alle casse. Lo sosembrerà bizzarro: sì di fragilesalute, amarlo pure se letalequesto freddo, brivido impersonaleche ti si arrampica su per la schiena;fa sì che, suggerendo brina, arrivialito condensato alle tue labbra.Alla cassa tu che digiti perlelumìe dai codici a barre di merci.Tra te e me, uno scontrino salta in lungocorrendo parallelo nastro biancofin sulla mia mano incoerente estrema:il conto ha saldato col cuore vivotingendoti di rosso sangue le unghiagià sapendo che non esiste resto.L'amore spicciolo non si concedepiù di tanto: latitando nicchiarincantucciato, acconciandosi serioalla bisogna, per quanto ci riescamiope, nel mantenere distanzamai a sufficienza giusta, con la vitavissuta amore col sole negli occhi. |
*
Tanto ilare e giovane la si nota
e poi lo scatto dritto a testa bassa
contro parete: un casco le hanno messo
in testa, sì che l'impatto è di piuma
ed è tutto da rifare. D'andare ha
e lei ci va: una smorfia, poi di corsa
sgangherata fino allo schianto. Forse
che con livide risa a fior di labbra
e la botta di fronte, anche il dolore
si spenga lì a mente, in materia grigia.
Allora galileiana ci riprova
che s'è persa a monte; e a saperla di chi
la colpa per non averci più un figlio
di qua dal muro con sè, come pure
un marito. Convinta più non chiede
se oltre il muro ci stanno loro, così
compatti al cozzo che rintuzza bolla
dura di silenzi. Solo ci va, aspra
contro tramezzo, rimbalzando molla.
*
Di giraffe mi dicevi ad Amsterdam e dei tanti hare Krishna in Vondelpark sorridenti e di vesti non certo dark per strada così eleganti, in Piazza Dam;
di anche non dare retta ad elefanti nè di fare banda con corvi matti dalle piume in fiamme avvampanti a scatti pur se rosa sono tutti lestofanti.
Ma dell'essere o non essere a tema secondo il tuo dire e senza ignominia sorridendo amaro pel tuo anatema
Foca saggia mi reciti litania: cosa si vuole che sia per stilema l'essere o non essere, se non ironia? |
*
.. .impennandoti, imb.izzarrita furia per assurdo fiammeggiante di sguardi, mi accusasti di esserti biecamente nell'anima entrato, per iscrivermi magister al tuo registro segreto degli istinti, quello in cui ammanettata sei schiava. Ma io che "Venere in pelliccia" leggevo compreso: percuotendoti glutei, ingiurioso sadico, sul collo linguistica insufflavo a denti stretti serio suggerendo arie da dressage estetica asserivo del bondage. Perfezione di nodi, in ardui modi raffigurandoli in seta frusciante raffinati nel proporre motivi sulla pelle tanto eccitanti, come nella psiche così rasserenanti da ricomporre con mano i capelli all'indietro tirandoli briglie oro: trovavi eccitante che ti frustassi che ti strizzassi, del seno inebriante fieri di vento, i rizzi capezzoli. Percepir piacere dal vizio umilia: più umiliati fa dissennato orgasmo d'un tanto di sesso per verso alterno. Così a furore di mente scalciasti che ci abbracciavamo; sì che, zoccoli su barriera incespicando, cademmo all'ultima siepe ostacolo, in aria sospese lasciando fluttuare voglie di un "noi", emozionalmente finito oltre, dalla morbosità disarcionato. |
*
Dicono che il permafrost bruci
a nord, raccontando di come
fiamme alte come palazzi
divorino foreste a nord
e ceneri come da vulcano
disegnino di nuvole svolazzi.
Dicono di come, fumando
si sciolgano catene di ghiaccio
dalle constrinzioni liberando i morti
dopo millenni all'addiaccio
dormienti nel permafrost
ora desti siano spietati.
E che tornino questi, di nero
investiti, per uccidere i vivi
da nord a sud e da sud
verso nord: impazzite le correnti
giù fino all'Amazzonia cattivi
perseguendo dell'odio il mood.
*
si dà un concerto nella sala grandea cielo aperto si sgola alto il coro.Assolo sei tu, fitta che risalilungo scaglie d'ossa e su per i nervi.Grilli e cicale accompagnano solertil'acuto vibrante mestizia.A tappeto sonoro, le foglie a tempocrocchiando, ci stanno passo passo:del tempo trascorso riassumono sentimento.Ti si dice che sei giovane.Ma, a sessantatre anni compiuticome si fa ad esserlo ancoraquando già con l'ali pure cabrandosessantatre volte s'è sfiorato il tappeto?Sulla roccaUn lampione tra tanti s'allunacome allora ci provi a spegnerloa sassate nel corso della notte:per viali portatore luminoso d'intentiche ancora li vedo talicol buio che già si è spentosessantatre volte. |
*
Andando d'intorno con lieve passo
da radici a stagno delle derive
e vedersi nei tanti cerchi di un sasso
dileguantisi onde incontro alle rive.
E' un po' come andasse, su ognuno di essi
della propria vita un giorno a traguardo.
Di quando i propri assilli dismessi
di una vita, non resta che uno sguardo
acceso stupore, incredulo assenso
nel cuore di chi, compunto nel petto
lo vedrà accomiatarsi, plauso intenso
concentrico diramarsi d'affetto.
*
... eppure è tutto così normale: i merli
intorno con passeracci e corvidi
saltellanti per ogni dove intenti
ch'è tempo di paglie per i nidi
e i bambini sulla giostra istoriata
di musichette tra risa assolate
che gira, che gira, che gira... dolci
le ragazze discinte a strappar baci
al sole eburnee col verde negli occhi
tanto che pare opzione assurda angoscia
l'insistere in video di strega bionda
come anche il brivido per la schiena
al percuotere aria a martello di voce
sua pneumatica che, intonaci antichi
sbriciola certezza in calcinacci acri
al gusto che ci fa della sua fobia:
invasioni paventando di massa
fantasiose di sbarchi sponsorizzati
profetizza l'Italia agli islamici
e gli Italiani infelici su Marte.
A destra guardandola, orrida smorfia
pasionaria, pro domo sua far d'ansia
lucrosa industria, stuprando verità
di cielo appare donna misera assai.
*
*
La danza dei secoli è spettacolo di boschi, di piante abbarbicate ai colli; all'apparenza immobile, ogni giorno si offre godimento alla vista, draghi vaporosi sfilacciando in cielo, fiammanti vespri a che, il cuore, ne senta ritmo ed il cervello a crederci si ingegni ch'è miracolo.
Ma il turbinare d'ambizioni duole come e più che sempre accecando: teso vortice dallo strider di lama, oltre esilità di rami denudante, a vuoto va d'intese in aria ferma denti digrignando vanesia. Agita dal boscaiolo, ceppi gli acconsente nell' affannarsi a potare, a tagliare infliggendo moncherini pure al ciliegio. Chè poi meglio ricrescono, si dice, fioritura aspettando e ronzii d'api
...a meno che non sia furia scriteriata di bufera a scritturarne a tappeto gli alberi per la messa in scena di una tragedia. Letale arrangiandoci melodia coi tronchi scossi e divelti: già che, sgrossandoli, infine ululando rincorre a diffonderci deserto dilavato per monti dalle rotte di vento sibilanti d'oracolo.
|
*
vorrei cullarmi come su creste
crogiolandomi nel tuo dire ondoso
d'adrenalina lungo la schiena
disquisendo con me del piacere
e tra le tue gambe d'amore
visione del caos universale
tra i peli arruffati
goccianti sfiziosi
umori profumati di te
fiore dai petali di stelle:
*
pur tra mille clamori d'inarresa fortezza sospesa su faraglioni in te fammi entrare: dalle tue spiagge cantano persino conchiglie vaghe;
pur col tuffo nel secco di scirocco di gabbiano che trafori con schiocco superficie di raso mare. Anima corallina lasciati penetrare
anelito di bellezza nell’aria a che possa cibarmene smodato: fino dalle viscere vulcaniche canto aleggia ch'è della madreperla.
Libero e impavido, non tralasciando squame magmatiche di preda vinta lucente a morte nel becco, emergendo urlo lussurioso in cielo fondente
radioso, poserò la spoglia intinta negli ultimi guizzi di sole a spruzzo su scogli di zigomi prospicienti mondi alla deriva, carezza mi sarà
salsedine, brezza dolce commiato d'alghe immaginifiche: lampo umano sii all’imbrunire, a che orgasmi libertà morta estate naufragante d'ignavia.
|
*
Vorresti che in me ti portassi dentro sempre con me, pieno di te come otre d'acqua buona, attraversando la landa folta di diatribe d'erbe spinose sulle sabbie mobili. Noi confessi rei d'amarci senza costrutto: così vorresti dai miei occhi affacciarti specchio riflettendomi dardo sibilante; o come quella brezza frusciante alta all'orecchio anima dolente terra; ch’ è da terra che nasciamo solidi ma è dai sogni che svaporiamo eterei affluendo alla volta celeste, chiome come fluenti emozioni, agite nubi.
|
*
Così ricca di mistero, questa ch'è di vita cenno
fa che sia poesia: frema vibrando pel diaframma
emozioni. Modulandone respiro per strofe
ne decori stanze con frastagli e finzioni
interpunzioni ad estro d'aperta malinconia.
Sì che, il cantarla, possa levarla forte
della realtà scongiurandone il già scritto
d'essa, come d'impassibile pergamena
ai posteri letta e descritta di noi priva
pure del ricordo di una mai doma frenesia.
*
Tardo l'affondo non perchè lenta
la bracciata. E' che, spesso, le cose
un ritardo richiedono: soffuse
tanto sono fonde, più che nel cuore
l'abisso. A seconda, ci vuole il tempo
giusto, per allacciarci zavorra ai piedi
per arrivarci a stringerle nitide
ove uniche s'attardano sommerse:
si da non essere meno oniriche
di quelle vere immaginate a notte
e che, verosimili, ci restano
cicatrici arse sul corpo che affonda.
*
Or che feroci m'han spolpato l'ossa
avrò anche diritto d'andare dritta
ove stella fissa l'orbita infossa
ingoiando svelta la minima fitta.
Giovane, crudo m'han strappato il cuore
con dardi di fuoco anima trafitta
ebbi stuprato sesso con livore
a mente linea anoressica scritta.
Prova di quanto la vita è tumore
codardi mi scavarono la fossa
della vita rubandomi colore.
Or che degrado quieta in terra smossa
m'accorgo che vivere fu rumore
assordante di me cellula scossa.
*
Lo so che mi vedi e folle mi studi
zitto. Ma è che faccio finta di nulla:
con quell'occhio vitreo mi vai ben oltre
il muro bianco. Del soffitto dico io
lo sbrego, luminoso, tra sagome
falsanti agonia del giorno. Tu dimmi:
Ti vedi? Standotene con socchiusa
mente in quella cannuccia che ti stilla
trasparente goccia in vena... mi senti?
Puoi sentirmi? Oppure sei troppo intento
a raccogliere forze per uscirtene
dalla testa? E chissà cosa ci vedrai
mai, fuor di quella tua testa che premi
febbrile contro la sponda del letto
... a pensarci bene: ne ero sicuro
che ci saresti stato: era da tanto
che non ti ci vedevo. Ho immaginato
così, che ti ci saresti impegnato
allo spasimo, per esserci ancora
lì, con lei e nonostante lei, più che mai
sfuggente, figlia velata di nero
per startene sul ballatoio seduto
fumando e berciando di contro il mondo:
dirimpettaio irrispettoso ringhiante
rissoso meglio che te. Come un tempo
quando più che scarnificato d'ironia
provetto nei tempi ed algido nei temi
nuotavi nel cortile tra una birra e l'altra.
*
Fummo nubi, poi fummo gocce al tuono e ci baciavamo quando piovemmo e ci abbracciavamo, quando scorremmo veli d'acqua fluendo in fili di seta viluppo orgiastico d'accorrenti onde nel greto impetuose, tra sassi con noi rotolati.
Rosea s'accese l'alba in petto scosso dal desiderio riarso pur nel sorso da un capezzolo dall'areola sole illuminante radioso dal seno.
Fosti luna, fui sole, fummo eterei ...che m' illuse quando cedetti vinto dentro albeggiandomi, quando scivolai lungo e disteso di vene mai arrese all'astro, in bagliori colando a notte lucori dai lumi emozionalmente irraggiati
...
Alea ascese l'alba sui nostri visi labbra scosse prive del gusto a fonte rimasti pallidi i baci notturni brucianti le carezze presto spente:
Fummo di sole e luna tra nuvole per la volta inseguendoci per gioco dietro ruga all'orizzonte svanendo nell'abbraccio in mare, tenui barlumi reminiscenze allegoriche in cieli purpurei, veli residuali di noi tramontati. |
*
E' l'unico di cui si abbia notizia questo mondo. L'unico che si possa calpestarne opulenza e felci, affermi dovizia. Il solo di cui travisarne certi della redenzione, nequizia d'alluvione sanguinosa in siccità o scossa di terremoto in guerra aspra come frutto di orgogliosa eredità da una generazione all'altra astrusa. E pure di tenersi sempre pronti al prossimo terremoto a cambiarsi casacca: ma tu fammelo sapere dall'angolo di piazza a braccio teso pure con aria dimessa e confusa se domani ci sarà ancora Europa. Oppure se, i muri nuovi, acclamato filo spinato, urlo dalle piccole patrie, populista furbizia bieca... l'avranno fatta trista: barricati in casa orchi, afasici e psicotici armati tutti, chiusi i porti e sbocchi già tutti prigionieri a cielo aperto. |
*
E'solo andar per farfalle mi dissigiulivo che le correvo appresso ma solo con gli occhi, chè con le mani, non sapevo cosa farci o come l'avrei presa. Lei di certo mi aveva preso e come: un tremore alle ginocchia m'impediva di lasciare la presa; la sentivo che mi scorreva veloce nel sangue pulsandomi alle tempie. Poi, che la spogliavo, mi accorsi d'esser già nudo. |
*
Può un sonetto averci d'agro un etto liquido di lucciole, alto e contorto d'anima di jazz, se del clarinetto il trillo si fa agrodolce a conforto.
Sì che, sussurrar di spazzole, raschiar nel feeling della melodia sottesi suoni nella mente: il lasciarsi andar sinuosi, nell'ancheggiare compresi.
Chè densa ed espansa ne salga voce di Lady Day*, stella in cielo, canto mestizia appesa a strani frutti: atroce
nella notte vecchia grattugia pianto secco, con l'assolo di sax feroce che s'aggomitola stormir d'elianto.
*Billie Holiday, cantante jazz tra le più grandi. |
*
Non è darsi schiava a risolver pena, offrendosi a svalutarsi con tanta forza; poi che, convinti, ci si vanta di tenercelo lercio e prono il beccaio domo in quell'alcova ch'è la mente.
Sola tinna carillon alle orecchie.
Culla di sogni perversi fuggenti tra parentesi rincorsi, senz'altro esito che un coma: stato d'animo sospeso, diversamente impiccato ad un chiodo sul giaciglio in testa.
Sola canticchia una ninna di vecchie.
Ci si potrebbe intuire un dolore altro e di qualche perla d'orgasmo il cambio: subìto uno scambio per qualche dose, spenta andando in solitario, oltre d'ogni pensiero svuotata e svenduta.
Sola sussurra d'una gerla in spalla.
Lasciando di sè orma drogata, prima di tornarsene zitta oltre cortina, un trafiletto arduo solo in ultima di cronaca: pure stuprato in scena, ormai d'innocente fuori pagina.
Sola dice che non ha più dolore. |
*
Una guerra è una guerra: come vaso
di Pandora che, appena scoperchiato
ci vomiti addosso tutto l'orrore
che ci alberga compresso furore
retorica d'onore e merda, così
il conflitto n'esce urlante dai cuori
razionalizzato urto nelle menti
menzogna. Ed hai voglia a trovarci chiare
responsabilità: torti o ragioni, tutto
finisce in un vortice di sangue
accecante ognuno, giusti o non giusti.
Ma non per questo dobbiamo stancarci
di trovarci le parti: dei liberi
che ci hanno trovato la morte
pugnando per le altrui libertà a teatro
e degli ingiusti che ci hanno portato
in recita, fuori fogna, fascismo.
*
Salti di delfini sul raso bronzeo son schizzi d'argentee arrasate sbrizze su foglio mare. Ondulante allungarsi della scia del legno, rilascia spuma ribollente ardore in smeraldi; corteo son le meduse tremule di segno al seguito con contegno nel nuoto
agile e urticante, come l' imperio del turgore d'un desiderio, al tatto donante l'alito enfiante vele vanesie: appassiona, con gemiti strimpellando sartìe, ordendo intrecci di coralli anelanti a giocar di liquido piacere refrigerio colar di spruzzi in viso
... d'orgasmo color cobalto è brezza che avventa e sormonta, frange, sgusciando poi d'incontro alla prora: lingua avida su scoglio rovente, ch'è piena la luna vista mai così gravida, lucente rossa sorgente generosa, come da fornace celeste estratta brace d'antico desio pulsante bramosia.
woodenship 10/02/2012 ***riletta |
*
Bimbi ci sorridono dalla riva castelli costruiscono con sabbia ocra incubi seppellendoci ch'è l'alba. Un fortunale aspro ne avranno a sera che la nebbia più non si fa chiacchiera e ragione saranno le gambe a che almeno un po' ci si fermi sul filo d'una sigaretta. Già che si sappia: il fumo, a guisa d'orco, si dirada paura, vorticando come noi avorio d'anime, ronzanti storie nell'arnia sull'aria d'una sarabanda. Oltre ogni dir salendo, con l'assunto che, appesi all'orlo, non si può più stare: andare si deve. L'abisso ci attende prima; la corrente ascensionale poi, impulso dagli astri, slanciandoci verso l'alto che mai avremmo immaginato più folle energia, volando senz'ali e senza razzi. |
*
... e quante volte hai anche tu ucciso giunti al tramonto appena prima di sparire lasciando delusi dolenti, trafitti sulla sabbia tonante di risacca? Sì che, quasi, non si vorrebbe più sorgessi in cielo tu, "sol dell'avvenire" che tanto illudi promettendo nuovi giorni cinico e beffardo! |
*
Rasente io, flottante svuotata spoglia morsa sul collo, indosso voglia estrema d'oblio, derivante nel rutilare di gorghi pel greto sassoso dal gorgoglìo fluente
d'un livido incubo funereo. In esso è cinereo il vagabondare insonne; come pure della corrente la furia cerulea ingiuria, esondante liquame.
M'appartiene anche l'intrico venoso sovrastato e sommerso: infiltrato d'inquinamenti ambientali, torbido nell'esangue paesaggio umorale
mesto di pire a ridosso incombenti schizzanti calde faville a paradosso d'aghi ghiacciati e schegge, da Zefiro nell'occhi soffiate accecanti minuzie
tra bacche occhieggianti inquiete nell'ombra scosse da brezza screpolante ispida come baci da bocche scarnite che apposti su labbra, annuncino tregua. |
*
...a che ti baciassi furono, quando ombre ci allungammo sottili braccia incrociandoci sottotraccia oscuri di nodi, gli influssi che, dal tramonto sguscianti di soppiatto, stranianti scaturirono misteriosi nell'impatto di luci, tingendo con sorrisi ambrati i volti di noi, dal desiderio alterati.
Sì che pronto t'accarezzassi, furono lascivi gli stessi influssi arcani: estro dal piglio a carboncino, labbra a labbra nere di sfrigolii. Ansante di ronzii ape fosti nel volo, ape che sfiorò cespuglio odoroso di rosso fiore suggendone nettare, aspra regina.
Consenziente magia fu vibrar d'ali a che ti baciassi, quando mi sfiorasti. E ci abbracciassimo, quando cademmo in fiotti dalla bacchetta magica fluendo sortilegi, persistenti nel luogo e nel tempo, pur scomposte aleggianti immagini vive di noi incantati. |
*
Tutta lustrini, l'amava anche Marley lucida e cromata, potente Harley ruggente nelle corde di serio rasta che, dal palco, a guerra urlava basta.
Sull'ali di "No woman no cry" ascolti cascata di note per campi incolti fino a Montego Bay seguendo il sole sulla spiaggia infinita e senza prole:
Polsi d'acciaio dal Reggae sunsplash lance brucianti in cielo e ovunque vampe accese e flottanti in folgoranti flash.
E quanta ganja arsa su per le rampe abbastanza da sballarci pure il trash patinato di sorridenti stampe!
|
*
... e non saper più che dirne dei tanti
esseri per versi ritratti: a vita
tornano spontanei, confusi tratti
come gramigna infestanti, groviglio
sul foglio rivendicante l'orgoglio.
Dalla penna poi delineate genti
tripudio rauco di umanità: basso
tono di chi, indugiando in dissolvenza
passo fantasma dei senza passato
rassegnato segna, un fuori pagina
dai margini rigidi a capo chino:
sfilata lenta, spiritica, cicche
studiando in posacenere bisunti
ch'è l'ora di chiusura a fioca luce
pur nel non saper che dirsi in faccia
a faccia, tra cartoni che s'è tanti.
*
Come tutti coloro che, sul verde puntato abbiano la loro fortuna, dei cani schivando le fresche merde, semafori si sta a mollo di luna:
gialli selvaggi ballando da schiavi connessi in rete e rossi di dolori, d'altro algoritmo a soluzione ignavi tanto sfatti d'eccitati tremori.
Sì che tu dici frizzi di decibel la notte: ardendo rotoli di note alte dall'ultimo concerto di Axel.
Visto gracchiante, rude in redingote ribaldo dialogar con Slash, in pixel di piacere arrossandoti le gote.
***Modestissimo omaggio ai Guns N' Roses, se mai mi potrà esser perdonato... |
*
Adesso vuote...non avrei mai immaginato cosa e agli incroci ridondanze vocianti ghermenti rimanescenze grezze malinconiche Note: sono ispido vociare di fondo ... datemi un po' di silenzio in croce ve ne prego due note di piano a requiem: sgranantisi pipistrelli dei giga ratti come topi delle icone di scarafaggi tra le crepe spiaccicate macchie alle pareti |
*
Di cristallo i fiocchi, vuoti
li guardi cadere
fragili, l'uno sull'altro
cumulo di spettri
nel clangore interiore
di una cristalleria in frantumi.
*
E' quando, rasenti, l'ultimi raggi
sfumando dal grigio al bronzeo, che vanno
vele in superficie, tolti ancoraggi
a principiare ricce onde dell'anno.
E che dai monti dell'anima, lattea
a contorno s'affila l'aura: vello
di capro indossa a ruvido mantello
di Fauno Luperco, rituale livrea.
Vagando insonne ingrassata di sugna
cinerea illanguidente nell'orbite
d'astro lucidante la terra a spugna:
triste abissale paesaggio inospite
fa vivo di fuochi. E a ridosso impugna
fiammelle guizze e sementi incognite.
*
nulla è niente.
***24/01/2014 woodenship(rivista)
*
Getto i tuoi versi sul letto per gioco
spogliandoli a scomporli e ricomporli
tra le lenzuola di bianco che san
di lavanda:
brillano perle
brillano stelle
brillano del fulgore diamantino
d'un mattino assolato.
Narrando d'incantate frequenze
dicono di te scintillio di squame
rugginose di sirena inguainanti
fianchi sinuosi
... tempia sul tuo petto sognante la mia:
non c'è fondale che non conosca buio
come del tuo cuore ne ho un pulsare
d'essere fantastico in itinere.
*
sopprimibili resti umani sono
solubili in poca acqua: quella giusta
e misera d'un rigagnolo di fogna:
e qui è la sufficienza a che si diano
trasformandosi letteralmente in vittime.
Eccoveli: anime compresse al suolo
finzione d'innocenza fine, in pochi attimi
sgonfiandosi come palloni
sibilare ricordi.
Forse colpevoli o solo di non-vita
puniti e smunti
che di male anch'essi ne fanno e subiscono:
carnefici al punto dimessi
da rimettersi in mano ai generali: paciosi
costoro, ravananti l'impasto d'essi fragili
fortunosità remote desposte a riva
in scalpiccio brulicante scomposto
dalla battigia muovendolo a battaglia
da vallo Adriano, a vallo Atlantico
a Kursk!
A Kursk: obliata l'arancia sanguinella
cruenta, tumultuante, rossa nel trascendere
fraterni cadaveri, motili perchè galleggianti
della stessa sostanza messa a purgatorio
d'essi umili della certezza privati e fragili
d'essi arroganti seppure dai corpi deboli
le menti succubi ottenebrate tumide:
sottomesse alla famiglia
alla patria
ad un credo e ad un sè
e dal sè dirette imbattibili alla morte
pur nel credo: per essi nulla più
che una tappa, una pezza, già che non sanno
perplessi, oltre che risibili nel gran darsi a marcire
vaganti
opponenti determinati, sibilando urlo che frusta
verso al vento chè meta non hanno
per forza maggiore:" vili coloro che già vinti
valgono meno che foglie
perchè cedono liquidi vili
svolazzanti a spiovente
sì da affermare fedeltà
alla miracolosità dell'accidente
... nuvole di essi son futili
ignobili ceneri, per spocchia diamanti
chimicamente carbonio "
*
Campane risuonano a distesa festa
metalliche raffigurando disegni per l'aere
metafore vibranti di note a matita
squillante rito di nature poetiche
presto da voli d'uccelli scompigliato
e dal silenzio serale ricomposto
tombale, restituendo natura assorta.
Non più intronanti le blasfeme odi bronzee
s'afferma, taciturna, quella fede malefica
ridisegnante il mondo ogni notte
con la lentezza che si sofferma sul tratto
incline alla sopravvivenza;
giusto come silenti varani nel fango
che sul fiuto confidino orridi
tutto il loro bene per una carcassa
da strisciare di lingua e di coda
con impellente fame atavica.
*
Oscenamente spinte avanti, nude
le gambe bianche, secche più che
rami, d'un brivido arcuate, a reggere
il nulla di quanto ti faccia spirito
l'aria stranita: oggi hai solo camminato
lo scherno d'altri sul gobbo e lo sterno
mostrando, con quel gusto raro
dell'uccidersi un po' alla volta, sapore
dissennato, per papille non avvezze.
Sì che non è bello sapere di avercela
che ti strani ondeggiando piumino
testa che ti si curva di ghiandole gonfie
al collo: non di una corda o una pallottola
ma segno d'un pizzico di veleno, follia
disciolta linfa in gocce, come di collirio
donanti scintillante nitore a sollievo
per il non visto, però sentito nel delirio
del giorno per giorno, vicino al tropico
degli allucinati amori. Eppre ce l' avrai
sempre lì le stille: in punta di lingua
brillanti, come in una vetrina che in faccia
ci spiaccichi il Natale, spiazzando che
più non è
... meglio che non ti si arrivi a fronte
sfiorandotela
non la bacia fortuna: soltanto ci corra soffio
lungo le rughe, corrusche di nervi
avanti sospinte inconsciamente brusche
anch'esse follie all'anno inscenanti.
***Uno scoppiettante Capodanno per un felicissimo anno a venire: buon 2019. E che in esso possano trovare realizzazione i vostri sogni.
.........................W..................
*
I lucidi riflessi e gli oscuri passi
alle vetrine in movimenti sparsi
dalle barbe finte ghiacce
alle renne perplesse e smunte
dinoccolati sanno di noia.
Attimi d'incanti prima, poi lesti
che ci sfuggono di tra le dita
in sfere luminose: è allentando i fili
di luminarie, redini vibranti, che si va
oltre i confini volanti tra buio e buio
e che avvengono, ovattati nella barbarie
abbandoni alle radici d'alberi
dei destini scartati doni.
Vuoti a perdere nelle intemperie
d'un Babbo in slitta distratto
al quale mai ho scritto e mai scriverò.
***Auguri e di cuore per delle festività che possano esservi fonte di gioia e serenità, oltre che di sana distrazione.
........W......
*
... sanno di fiori ordinari di prato
le screziate increspature
infurianti fino a sciogliersi
lacunoso segno di naturali rigori
sputati in spezzoni consunti. Questi
si frantumano in cenere
ch'è quel che resta dei corpi: il sangue
svaporato, ha lasciato i tessuti
... un po' come averci polvere al posto
del sangue: la si bandisce, la si spolvera
via.
Ed essa è lì, caparbia, che solidifica
veleno nelle venature di marmorei
propositi, incrinandone lastre.
*
... ci scottiamo quando veniamo colti
pelle a pelle, quando cadiamo bragia
evaporando goccia a goccia in aria
surreali stille sospese tra banchi;
plateali nel gingillarci balocchi;
esibizionisti, quando planiamo
dalla membrana in fiotti tracimando
algebra impossibile di noi eccitati
... intanto che, sotto, immagino a gioco
che strusciandole t'accavalli cosce
a sprizzarne incendiarie scintille alte
suscitandomi esiziale domanda
se tu l'abbia messo oggi a pizzico su
rosella perizoma. Mi chiedo incauto
che non c'è lavagna più a muro, dici
da dove con gesso grande e turgido
potrei risolverti equazione amore
a più incognite, rappresentandoci
suscettibili di più soluzioni
ammesse dalla passione e promosse:
sì che arditi in funzione venendo
incogniti ci si baci liceali
irrazionali nell'abbraccio, quando
dalla matrice svolazzando in fiotti
fuori con i nostri corpi insceniamo
copie ideali di noi: timidamente
avvinte eccitate, emozionalmente
nella lussuria riviste e stampate.
*
E' il bisogno a scioglierti luce agli occhi
e la lingua: senza tema che, stantie
s'allarghino braccia, nel non avercela
sconsolati una moneta, o increduli
non a te si voglia darla, rarefatta
che senza casa ti dici, a colletta
sul filo spericolata del vizio
non querula, certa che possa farsi
casa una moneta. Sebbene gridi
la ragione: non bastano sorriso
forza e costanza, sollecitandola
ad ogni incontro. Sicura che non c'è
soluzione: è necessità che aguzza
e su pagliuzza non sottilizzi oltre.
*
Gli Spartani?
anch'essi decomposti:
come son venuti, sono andati
tacendo
... ma tu parla, su: cos'hai da scrivere
ancora?
Dillo adesso o mai più: lo sai
che la guardia scorre infame
lancetta
sul quadrante delle ore infette.
Non resta molto e i fiori languono
secchi: l'attesa linfa più vita
non dona
... e non si è più in mare aperto:
in mare le tempeste confondono in viso
gli spruzzi dalle onde con le lacrime
dagli occhi;
l'agitarsi degli elementi in cuore
con quel morder di bufera in aria
si che s'intenda
quanto di umano c'è nella forma
esplosiva di un tuono
... ma non si è più in mare aperto.
Sulla mappa degli occhi
è che i tuoni dovrebbero farsi genio
evolversi di lampi; illuminazioni
a tormento
vita oltre la morte
... e dire che pur l'ilota
dovrebbe più non esserci
invece d'accorrere servile
a cucir bocca.
*
Così lenti sono da non saper
viver nemmeno come porci
però furbi quel tanto da studiar
come sorci il rosicar di cacio
: nullatenenti d'intelletto
da Circe fatti suini sonnolenti
assordanti nel grufolare: poi
d'Ulisse compagni resi sordi al canto
delle sirene come si conviene
ad ignoranti forzato del remo
predestinati all'irrilevanza
e dell'evanescenza il fremito
gemito di dolore e ribellione
alla sconnessione: umana dissolvenza
su e giù per la spina dorsale
teatrale proscenio per brividi di scena
:
l'equivalenza d'un battito di ciglia
di certo poco amabile ragion d'esserci
nel riversar fanghiglia in twitter
di molto più lerci d'ingenui porci.
*
E ci bevevamo quando venimmo
sorsate dissennate da cascate
cadenti scrosci per noi discenti
in fiotti, nel cervello fluendo visione:
orgiastica reminiscenza, riversi
a terra poemi alluvionati di noi
allucinati:
è virtuale la cattedra alla quale
rizzarmi per darti conto a lezione
dritto negli occhi fissandoti io foglia
addentellata imperlata di sudore
nel mattino che appena riesco a starti
su spalla: in amore vellutata tu
docente di me allievo
che ti stava baciando, quando fu lo strappo
dalle cime frondose, a farci lievitare
in vortici dai rami, incespicando
rumoroso cantico per le vie fruscianti
brulichio ventoso pel costato asfaltato
d'abrasivi sussurri, nostri i corpi
trascinati.
*
L'insalata atterrata a piene mani
contro il grugno strusciata e, appena sotto
gli zigomi, impastata sulle guance
a lavarcisi la faccia: allo stato
animalesca nei modi anomala
dipinge paesaggio umano col corpo
mimando smorfie del colore delle
polpette biascicate, ristraziate
poi con patate ristampandole fritte
a sostegno di pieghe di labbra
tristi e sottili lembi di ferita
come chi, ricco da schifo, è fatto assai
al punto che non ci avrei mai creduto
non l'avessi vista sballarsi co i miei
di occhi, il cibo azzannando ingorda cagna
persino ingurgitando tovagliolo
di carta, tranne poi sputarlo pasta
per poi riprenderlo carne. Ingioiellata
lei, senza pensiero altro che la propria
di disperazione: quella che abbassa
grigia le ciglia d'eroina tirata
a naso; le palpebre appesantendone
a piombo d'ironia lama affilata
galante a ghigliottina d'egotico
torpore di cigno morente grido
dolore quantico decapitato
bulimico.
*
... che ci si voglia dire
o che ci si possa fare
ne è un pulsare indipendente:
qualcuno vuol farsi novità
incendio che illumini le menti
a giorno. E come ci possa riuscire
ti chiedi, così odioso lui
nel seminare rancore conscio
pure di raggiungere lo scopo.
ma taci perplesso ascoltandone
sicumera nella narrazione
dall'abside pulsare pandemica
sull'ara un tempo pagana
ritualizzandola con piume di corvide
tra incensi e fumi di ceri
predicando d'invasioni e congiure.
Lui così brutto dentro che
a guardarsi in giro, se ne scoprono
segni appestanti su tutti i volti
intorno clamanti: gracchiare
che mi svela del momento folle
del perchè non c'è risposta al male
quando banale ci accoglie esiziale
follia prendendoci febbre.
*
E' con insonnia e senz'ali
o temporali, che nelle gronde
giù s'affonda in grappoli la stagione
come pigiata, frusciando succo aspro
frutto che al battito spremuto in gola
si corrompe, come pure la nostra verità
ogni anno manifesta e vizza
d'un pezzetto in polvere finito
capovolgendosi: pietosa bugia
si respira, d'illusione lievitando
leggera come nota d'arpa che sappia
della terra dissodata l'assenza di requie.
*
... e ci baciavamo quando venimmo
e ci abbracciavamo, quando cademmo
in fiotti nella membrana fluendo urlo:
reminiscenza atavica di ludi
a terra scudi emozionali di noi
frammentati.
Ma questo ardente amarci in aula spoglia
non ha che noi d'arredo: vivi camei
appoggiati al muro che ci si fruga
frenetici avidi di quel piacere. Pure
estraendone dalle tasche l'un l'altro
piene mani spalmandone sui corpi
e fin sul soffitto dilungandoci
di concerto folli e consapevoli
che ci si baciava quando venimmo
e ci abbracciavamo, quando cademmo
in fiotti nella membrana, orgiastica
fluendo reminiscenza in cieli ardesia
a terra veli emozionali di noi
bagnati.
*
Di verde intenso screziato di giallo
è girasole pregiato, questo tuo
frammento dallo spazio autunno
caduto sulla Terra. S'apre seme
luminoso all'anima poetica
dandole rifugio. chè ci sono grigi
d'ombra assassina
ad azzannarle calcagni
avanti spingendola
Cerbero che mura
latrando, le smorfie di dolore
per gli affanni silenziando.
E' così che si arriva alla sera
che i morsi sembrano
affondare peggio nella carne
enigmatici come certi rimorsi
... ma di cosa mai doversi pentire:
forse delle rughe o degli acciacchi
degli schiocchi cattivi delle dita
intorpidite perchè artrosiche?
*
Capita che la luna vesta a giorno
del sole indossando su pelle di seta
fantasie di bianche e di nere stille
spioventi conturbanti infiorescenze.
Poi restandosene in cielo, come fosse
in spiaggia, seduta sulla sdraio
sorridente di creme solari
che mai l'ho vista così flessuosa
luminosa ammiccare da dietro occhiali di nubi
rubandoti gli occhi.
*
... è quel fibrillar di nero
mefitico d'acque acide
in pancia e di pancia
a risucchiarci e spolparci
Umanità
pavidi e pasciuti
si viene frollati
incarogniti
convinti ch'è vincente
lo sbotto. Poi che si è
restituiti in strofinacci
filtranti gas esilarante
dagli spifferi alle viscere
verdi di vomito con
assopita coscienza
*
Così piccolo a significare agosto
di stracci uno scricciolo in nero
all'angolo rannicchiato senza
la sua età.
E che ci ha già un bel coraggio lui
nel chiederti come stai tu
mentre lui pare più di là
che di qua.
Eppure la voce
a filo lo tradisce: flebile e seria
sottile ch'è quasi infantile
per quanto confidenziale ed ossuto
...ti sorprende al punto che ti domandi
come faccia ad esserci ancora lì
in strada, piagato e sdentato
col suo mezzo litro immancabile
pessimo vino.
E ti sorride franco
a conforto ch'è tutto chiuso
tranne il suo cuore; ch'è cattivo
il vino, ma nobile l'uomo
pur se ti muore non visto a fianco.
*
Se mi sogni, allora saprai che sogno
mi sei e che s'incontrano i sogni nostri
in un punto erogeno nello spazio
di asimmetrie sintomatiche segno.
Se mi assaggi, saprai che il gusto di me
sa di te stessa: in sogno te lo rubo
tra le tue cosce inoltrandomi quatto
ed allargandoti la vulva piano
con colpetti di lingua sapienti, poi
rigirando attorno al tuo clitoride
lappandolo manco fosse un gelato
... Se mi assaggi, quando risalgo saprai
che m'impossesso delle tue labbra nel
baciarti con bocca ampia, inventandomi
di penetrarle lingua irrispettosa
a ricordarti il sapore unico: noi.
04/09/2018 woodenship
*
... Ma il mozzo intendeva"Labalera" forse:
isola famosa per le sue onde alte e tanghere
nell'andare a riva e per i venti
salseri nel far ballare vascelli svelati...
El capitano la mirò nello spampinare di sole
tra le viti dai tralci ondosi di spume ad ovest
vedendola brumosa dai tratti.
Per la vita, in parte donna, la colse
grappolo succoso e rosato, generosa nella
stagione entrante d'incanti sottotraccia
dicendole:
"Bentornata scherzo di nuvole, moza*
che al cuore doni palpiti;
bentornata sirena che l'anima
sai scuotere, vibrando cosmo marino;
i frutti sono versi flottanti accorati marosi
narranti del tuo sfrecciare per oceani
lontani.
Mi è mancata la tua carezza di coda
per giocare allo schiaffo del marinaio
pel tuo canto ubriaco..." Oltretutto loco**
el capitan si pose a riverir la sera
apprestantesi a far di foschie miraggi
si che non si dica che, d'autunno, non si abbia
ad incontrare sirena per mare: abbacinante
di seni e coseni, natante per la tangente
curve intersecantisi da urlo
per vecchio lupo di mare.
Così el capitan diede di scappellotto
al mozzo"Tu eres demasiado jovene
para tomar tequila!"***
Sospirando manco fosse alla fonda
ancor giovanotto in porto di ronda.
*ragazza
**pazzo
***sei troppo giovane per bere tequila
*
Arbusto mi sento
che tu, fulminea
ispirazione, incendi
perversa
Aromatici
i rametti arroventati
in fumo
accartoccio crepitando
faville
*
Mi arrendo al trillare acceso dei grilli
tra cespugli smagriti dalla sete;
nel divampare d'un segnale orrido
mi arrendo; all'opalescenza che zitta
s'è spenta la brezza, mi arrendo: fatua
non frusta più, con schiaffi rimestando
l'averno. Sedendo nel buio criptico
dubbioso degli scricchiolii mi arrendo
alla terra rendendo la sua pace
pur scomposta d'ossa e fragili nervi
di cigolii arsa, fino nei sommessi
giunti rugginosi, a notte di brusii
lamentosi. Alle macerie del caso
non mi arrendo: connessione imperfetta
di storie convergenti nel baratro
facente che esista sequenzialità
degli errori, colpevoli più o meno
comunque atti propedeutici al dramma.
*
Ah, a saperti leggere che mi stai
di spalle sul letto sfatto, con tutto
ciò che delle parole dette resta!
Perchè qualcosa sempre ne rimane
di quelle anche sedimentate, spese
in delirio o mute in gola... ch'è vero
che dell'immaginario possibile
sono configurazione; lo sono
pure quelle parole che ci stanno
segretate nella mente gelosa;
vere al punto da renderlo esigenza
straordinaria, poterle recitare
con chiara voce nel vento di sguardi
nei vortici degli ascolti, affacciati
alla finestra, svuotati di seme
oniricamente spersi nel sonno
sopravviventi, ammanettati ai letti
amanti nel soffio dell'alba alanti
stanchi, aerei immaginifici relitti
d'arcobaleniche civiltà estinte.
*
... mi viene da pensarlo, mia cara, che
alle volte questo smaniare in versi
piuttosto non sia che impulso all'arte
velleità di svuotare abissalità
con un recipiente dai fori d'un vaglio:
la sabbia, le alghe, quei muscoli vivi
frammenti di coralli, di conchiglie
... quelle poche brulicanti pagliuzze
che ci restano baluginii a fondo
ecco mi dico: queste forse sono
poesia. In esse fibrillare ci sento
il"noi", appagante il "sè" furente d'ogni
alba trascorsa, con tutt'altri azzurri
fumosi occhi tra spalanchi di nubi.
*
1
Demiurghi arriveranno da altri mondi
pietosi manipolatori astrusi
scintillanti ed enormi le astronavi.
Con esse giungeranno in volo a viso
per salvarci, afferrandoci sull'orlo
del tavolo in cucina, dove la
memoria, al solito, ci precipita
a picco sfracellandoci. Fraterni
ci renderanno i nostri debiti, sì
da poterli rendere noialtri ai nostri
debitori.
2
Intanto che noi si parla
del più e del meno, ebefreniche sono
pause da visioni, le tue: svapori
Anima ritrovata tra pentola
e tegame, tra bollire ascetico
e discente nel borbottio di sugo.
Ormai spazi sguarniti d'assenze
questi, così d'ombre e punti: a distanza
dalla chiazza di sole, sempiterno
luogo di incontri scontri familiari
nondetti d'amori, di odi ed affetti.
3
Nel mentre che parliamo del più e meno
inconsulto il tuo gesto: repentino
con presa curiosa prendi da terra
resti di semi, polvere e formiche
depositandone indicibilità
sul tavolo con dita meccaniche
tra te e me: come ci fosse in essere
ancora tutto ciò in cui hai creduto
potersi desiderare un tempo;
tutto in quello ch'è ora schifo, risulta
dalla gabbia al muro del canarino;
un tutto che s'è spento schizofrenia
d'ambizioni monche del più e del meno
tra me e te condividenti sussulti.
4
Rigirando per cocci, è perplesso il mio
guardarci dentro i tuoi di squarci vivi
tentando di operarci suture. E tu
che sembri cercarci ostinato ancora.
Ma cosa ci avrai mai visto per terra
in quello schifo ch'è dirsi vita tra
te e me, quella vita che pure hai avuto
lasciandotela poi sfuggire di tra
le dita?
5
Bizzarro il passato quando
impazzendo ti attrae formicolando
spaesamenti. Tra croste, spurghi e scarti
banalizzando: che ormai ci viviamo
del più e meno, requie invocando dalle
fitte lancinanti, a che i nostri volti
siano assunti distesi sul ripiano
sudicio tra noi di briciole, alieni
riverberi in immagini.
6
E'qui, prima
il loro profilarsi "visisonor"*
dallo spazio sempre più nitidi nei
nostri morti, infine trasfiguranti
nei nostri profili: fratelli tu ed io
con ialiniche e pressanti sembianze
connotanti somiglianze a dirci che
nulla mai muore, in noi tutto ritorna.
*visisonor=sorta di supervisore galattico, delegato dal gran consiglio stellare alla gestione del pianeta Terra e dei suoi abitanti: almeno, così mi fu raccontato in epoca non sospetta da persona cara.
*
Si dice che così si muoia, si dice
tacendo, usignolo intorno al rosaio che
ci si gira ch'è spoglio rimando, laio
d'ampia cognizione del tempo che fu
colata d'incandescente sipario.
Frangia serica, da pietra a pietra, la
veglia funebre dei guerrieri saggi: quelli
che non temono insonnia; quelli che han
voce ma non dicono; si dice che
così uomini si muoia, si dice: gnomi
schiavi nel regno del tragico, a teatro
la scena calcano sullo sperone
del colle galleggiante nella nebbia.
Per esserci si ha da saltare alto
gli abissi sfidando con balzi certi
di cervo che distanzino la fine
e col balenio ingannino la morte
per uno scampolo di tempo ancora:
il singulto del gigante dai piedi
d'argilla e andatura lenta. Si dice
che muoia, si dice sussurrando, mesta
eco sincera risalente rupe
indietro raschiando cespugli a goccia
di linfa calda dai fiori di pelle
essenze determinanti il sublime.
29/11/2012 woodenship
***rivista
*
Federico s'è perso ch'era notte
al bar s'è perso che scodinzolava
annusando sotto i tavoli pista.
Appresso alla fragranza di cagnetta
s'è perso, seguendone batuffoli
sbuffi allettanti di nuvole a cielo
a cielo aperto: smarrimenti animaleschi.
E'stato come se avesse inspirato
nel giorno un arcobaleno di botto
con tutte le goccioline dal sole
accese calando, soffiandole poi
nell'ancia notturna a farla vibrare
con policromia di suoni a cascata
dall'anima fin lì sul marciapiede
lasciandosene portare nel cavo
al centro della sezione del tronco
d'un morto albero tagliato da poco
e da qui ancora rinascere a vita
uggiolante essenza, alla brezza talea.
*
Di sicuro un errore, forse
un artista deluso, chissà
o un bicchiere di troppo
pennellato in gola
a
soggetto recitato;
però
un'ala di farfalla
pur se perfetta
perchè variopinta a talco
non sarà mai ruvida tela
vela di vento rigonfia seria
solo motrice
potrà essere viaggio
d'un vascello fantasma
in volo errante
nella mente un quadro
fluttuante nube
*
Stai urlando così forte
da spaccare i timpani alla notte
perchè senti l'alone impossessarsi del tuo dolore
penetrando, come odore, nelle nari del mondo
depositandoci nel suo polmone il degrado
anomalia d'un chiacchiericcio rancoroso.
Di fuggire ti direi ci avessi l'ali
ma troppo è il torpore: ci si è
restiamoci.
Nostro è il fazzoletto di cielo
ci si sta piegati in due
la fronte a toccare le scarpe
nella stanza delle spazzole fruscianti
è di Chet la tromba tra le stelle
di raso su raso l'annotazione.
*
E'come se mi si rubasse il tempo
a fior di labbra, di sfuggenti battute
in certi momenti, quando la stanca
graffia, abulica ruota dentata
striando il palato. Allora sento
un vuoto nel petto: abissalità
che non vorrei mai dire estasi
immaginosa denuncia.
E'come se il vento, specioso
brigante mi sfilasse di tra i denti
il pur singolo fonema
il tuo nome scandente
flusso vitale; e io, sebbene sveglio
nel giorno mi ritrovassi intorno chi
dicendomi che sono morto
solo perchè non più in grado
di modulare sillaba, del silenzio
mi mostrasse la valenza
dell'assenza insegnandomi qualità
e importanza, nell'abbrivio
di verità lacera dileguantesi
indolore.
23/06/2018 woodenship
*
... piantala che mi solletichi il cuore
e se mi tocchi sinuosa in questo modo
finirai per farmi piangere dalle risa!
... a parte gli scherzi: non smettere
che mi piace quando mi sfiori
come a voler scoprire chi io sia
e me lo dici pure, magari correndomi
con le dita lungo la schiena
intanto che mi sospiri all'orecchio
che muori dalla voglia di fare l'amore
...
già, ma con chi fai l'amore? Capisco
che non ti basti far conoscenza per lingua
col mio glande, giocandoci a misurarne
l'ampiezza
...
scivolando per l'asta a farla vibrare
delizia. E quando ti ci siedi sopra
cavalcandola, possa risultarti aliena
e scevra, al punto
da sfuggirti il motivo per cui
io perda quel ritegno che mi impedisce
in genere, di darti della puttana
della cagna in calore
mentre delicato cerco di cavarti sospiri.
Capisco che la mia di lingua rigirando
sul tuo clitoride non ti dica molto di chi io sia
se non qualche sospiro di goduria.
Ma nemmeno le mani che ti strizzano
mammelle come mungessero quelle
di una vacca
ricolme di latte.
E neanche gli odori
di sperma, ciprigno o sudori, credo
possano
servire poi a molto
per dirti di me.
Come per i sapori: anche ti leccassi
all'infinito
le labbra gentili e calde di cioccolato
penetrandole carnose
a cercarci la ciliegia che tu ci hai nascosto
in vagina
gelosa che ben so
non so se sarebbe sufficiente
a non farmi sembrare uno sconosciuto,
magari pure timido
nell'ombra livido d'insidia
...compiaciuto
ti confesso che ci ho aggiunto
della panna:
potrebbe spiegarti più cose
di me
che solo con un goccio di rum
sfregato appena e leccato
sul collo
... ed ora...
sappi che, qualsiasi cosa possa dirti
di me, non sarà mai più vera
di quanto già scritto voglioso di te
in una sera noiosa di suo ...
22/06/2018 woodenship
*
*
Non esistono distanze insuperabili
quando ad incontrarsi preme desiderio
il piacere d'una carezza data
e ricevuta.
Non esistono distanze
quando ideale è compenetrarsi con tale
sensualità da farsi carnalità
infine spiritualità:
una spinta di reni ed eccoci affiorare
nell'etere, rigirandoci tra vapori
e nubi, cercandoci bocche
e sfiorandoci sessi:
nuda la pelle sa
dei baci l'ardore, dei sensi il languore.
Così nei tuoi occhi mi abbandono
cullandomi: sogno sei
...
ma se mi chiedi chi io sia:
parole, ti risponderò.
Se le sentirai
mi dirai che sono poesia.
*
Anche tra cocci
d'un presagio se ne
leggono tracce:
frammenti di vetro
d'un boccale
d'un tanto addietro
ed un sacco a pelo
quello vecchio
ch'è mai di meno
sul pavimento
lastricato dal disagio
a tormento
e del rimpianto
per l'ultimo calice
non scolato
perchè in trance
infranto
a che lo si dicesse
mai più.
Randagio laser l'occhio
rosso e venefico da cyborg
presagio
vaga lotteria di bersaglio
in bersaglio
vincita assegnando morte
per contagio ch'è broglio
dell'umore facente scempio
e dei corpi supporti
pure tra i passanti
e più sotto
nelle stazioni tra i viaggiatori
nel ventre dei sottoscala
e nei corridoi
in metropolitana
... Adagio
a freno il panico:
è lento il veleno
e sarà antidoto il viaggio
se mai si torna.
21/11/2011 woodenship
***riletta
*
... più in là
nel gran recinto delle facce
ci stanno bestie: furenti rognose
latranti biliose come non mai
alla catena aspettando che ci si butti
clandestino osso, per uggiolare a festa
strattonando per darci di morso.
Tu fidati:
lo so che non ci metteresti un cent
però le cose cambiano, anche i leoni
da tastiera pure ruggenti
un poco alla volta cambiano
giusto per non sentirsi fermi di fauci
al punto che, dire
morto, parrebbe eufemismo.
A molti
piacerebbe che fosse così
solo che tale non è
credimi
intanto che il fiume scruti
fluente
in ogni piega
senza che alcun cadavere passi.
Sappi che
guardare
è anche sciogliersi
nel tempo.
*
impossibile scrivere qualcosa
certi giorni. E oggi così và: c'è sole
non fa caldo, ma rimorde al cuore
dirsene felici, sorridendo del viavai
dei passeracci, saltellanti palmo
a palmo per briciola; dei colori
strabordanti dai fiori occhieggianti
sui volti distesi a prato e di verde accesi;
dei corpi dalle morbidezze candide
adagiate armonie ostentate
esibenti ombra bronzea pur vaga
illanguidente sospiro di pelle
... c'è come un sibilo nell'aria tersa
forse uno scompenso all'udito
acufene d'un ego, implosa melodia
in scarabocchi erbosi fratta;
oppure sibilo dalla lama d'una falce
perchè agita a vuoto, minacciosa
più che vento freddo dall'est: raggelante
se l'ascolti, stelo lasciato a maggese
***riletta
17/04/2014 woodenship
*
perchè mai dovremmo elogiarla
forse che non se ne sia avvinti
in una lucente pellicola di nonverità
sin dal venire alla luce?
La follia
la ricordo come un gran dolore:
il mondo tutto ti si precipita addosso
comprimendoti a soffocarti
... e tu l'uccidi non sentendoti in colpa
ilmondo
*
E'quel ch'è cielo
limpido o tenebroso di grandine
disfarsi d'ali in argentei voli.
Così l'annuso trepido
campo di fiori occhiuti
stellanti
etereo desio d'immenso
di sfilacci celesti
con aspersi lampi
di livore pronto sommmersi.
*
Cosa mai non ho fatto
per non somigliarti più
di tanto nel sopore
dell'arrocco livido.
Inevitabile che
ad invecchiare pensassi
in vino prima che orco
passandoti strappassi
con artigli brandello
di fegato sputando:
mai somigliarti, a costo
di masticarmi soma.
Ho così provveduto
a che tu rimanessi
sulla poltrona fermo
lì a studiarmi, frattanto
che si tatuasse fronte
mia vistosa di rughe;
perchè a passare non è
il tempo persistente
ma il passo nel farsi più
a tempo. E a tua immagine
non volevo sognarti
sì da non somigliarti
strascicando di piedi.
*
Come ci si disabitua alla strada
al freddo brivido della folata
in faccia, una volta girato angolo
e già di maggio, pensai, non più al chiuso
dell'abitacolo, focaccia in mano
unta, seguendo traccia lungo il viale
aperto dei tigli. Che è qua che capisci
dei numeri alchimia: dalla quantità
e dalla lunghezza dei passi dati
calcolo di quanto il raggio, nel tempo
si riduca, della circonferenza
abituale limitando visuale.
Sintomo regressivo, più simile
pensai, allo stato vegetativo alto
fermandomi all'ostacolo tuonante
d'un oracolo comiziante arboreo
improvvisato ma non imprevisto.
Non è che lo stessi cercando: solo
divagando a mente andavo, lo sguardo
libero a vento, quando andò salendo
di tono la voce dell'oratore
unico pruno frondoso, tra i molti
tigli schierati. Diverso lui, forse
perciò a disagio, tanto che la voglia
mi venne di capire cosa avesse
a lagnarsi il tizio, piglio deciso
di viaggiatore certo della meta
ma pur sempre albero. E di andare dove
può decidere un albero, per quanto
offeso? Pensai: ed io, una volta in terra
anch'io piantato, ove scegliere potrà
mai d'involarsi anima, che immortale
mi si dice, sebbene anch'essa offesa?
*
macchia come plenilunia notte velata d'organza
che lattea si riversi in spiaggia
come che qualcuno l'avesse scagliata macchia
a stagliarsi sulla rena sensuale ancheggiando
per poi darci la caccia bianca sulla battigia nuda
che d'onda carezza non ne dilava freschezza
così libera corre scostumata dai fiorellini rosa in mano
così come che qualcuno stesse impiastricciandole i seni
sversandoci liquore posticcio appresso al bacio appiccicaticcio
membra immacolate macchiando con libidine
così sembra correndo macchia sorridente
impregnando l'aria con profumo di sesso e frutto di mare
tanto forte il desiderio di macchia che onda non intacca
perlacea veloce sfugge macchia di luce per le ascelle tra scogli
addosso avventandosi sudaticcia al collo
arrossata in volto fino alle labbra accese
di macchia lattiginosa in cielo sorella
e sulla pelle d'orgasmo il gusto alla bava
seme disperso macchia di speme
del pene d'ombra macchia di piacere
amor mio macchia rovente garbuglio
goderti quaggiù bene in vista e senza spocchia
in postura plastica bianchiccia
collosa macchia interrogativa
gomma nella mente mai ti potrà cancellare
vita e morte nel tuo candore convergono
macchia
*
Perfetti e putrefatti come da banchetto
per volpi: candidandosi
c'è chi promette il mare;
chi i monti canditi:
chi il cielo e le nuvole
di zucchero filato;
chi le stelle a braccetto.
Tra tutti c'è il deserto
sabbia che scorre dune
nei gangli granelli
non più che poche effrazioni
al sistema democratico
allo stesso tempo populistico
a concerto.
Disadorno
semplicismo: in mano
ad alcuni lascia pepite;
in quelle dei più
solo di che non morire
di rischio in rischio
sul contorno.
*
Sempre sull'orlo
saltando lesto
di cengia in cengia
distaccantesi
frana: equilibrio
immaturo
mi hai sempre considerato
vittima di voragine
vorace
nello spalancarsi
famelica nell'ingoiarmi
al pur minimo
passo falso
tra un salto e l'altro
casualità.
Però in fondo
io ci sono già: puntami
dritta lanterna
e mi sentirai
zampillo
se di me avrai sete
vedendomi
in fondo
limpido.
*
Di bivacchi tirati controvento
s'infervora ai lati la via
ch'è periferia ovvia e fonda
d'un nero controsenso
fra i trittici controversi
tutti occhi neri e bianchi
sfumanti di falò
dai rutti stentorei
icastici
a notte
nere anche le siepi
di fumo da pneumatici.
Ardendo
dì acre impregnano
pur sesso ratto
per gli anfratti di cantico
dall'epicità ancestrale
per verso rito misterico.
Ossessi da smorfie
si fa mercato
schiavitù della carne
per le mani all'oggi
pedaggi come ieri
in fieri ancor domani.
*
Di risponderne in solido non s'avrebbe ragione
ognuno ha la cognizione del proprio dissesto
non fosse per quella richiesta solita
(chi mai ci vede sempre richiede appena ci vede)
intrinseca nel dire che si ha una bella cera
sorta di intimazione a confermare
di come si stia bene in salute.
Quando invece le scollature a noi ci appaiono evidenti
distacchi di elementi dai lineamenti del soma
sintomo di decomposizioni e sfarinamenti
ricomposte alla meglio e con giudizio:
è saltato e va bene così/ ci si dice
che ancora ci si riconosce allo specchio.
Sebbene l'ennesimo tassello cadendo si sia diluito
con l'acqua infognandosi nello scarico
sempre più illeggibile lasciando l'intarsio del viso.
Per altri che non siano i nostri occhi
altri che non notano e non sanno dei tratti mancanti
molti e d'un fiato talvolta
e poco dicono della conservazione del tutto.
Ad essi in solido ci si ripete mostrando menomazioni
ch'è ad ogni risciacquo
che viene meno almeno una tessera
al solo contatto del getto dal rubinetto:
seconda fitta
subito dopo quella del risveglio
ignobile perdita, irrimediabile
sconfitta.
*
... che importa seguirle vanto
sono esse avvenenti
nuvole civettuole
tanto
negli occhi si specchiano
poi che vanno
*riletta
14/08/2012 woodenship
*
Abbacinante si riversa luce
bianca di neve riflessa nel treno
in corsa, tra i sedili stagliandosi
irreale rivela candore
agghiacciante: disturba lasciva
come la morte nel suo bacio
migliore.
In silenzio così odiosa riluce
ogni tremito acquietando:
accorsa è a soffocare impietosa
col bacio, ogni tremito
prosciugando goccia a goccia
in fronte sudore stillato
terrore.
*
E' da lì che sempre dal sogno
ricomincia, nel labirinto
confuso di sensi
una volta chiusi gli occhi
affidandosi all'apriscatole
per incider l'osso.
Scoperchiato il cranio
nel rigirare all'infinito
a partire dai corpi callosi:
"vieni, seguimi per i reticoli
che al centro degli assoni
ci sono ancora io..."
Sognando
androgina dormiente: la visione
vorrebbe dell'uscita inguainata
di mielina
ancor crede sia utile scoprirla
meditando.
06/10/2011 woodenship
*rivista
*
Per Giuseppe all'esame di carta alta
un compitino roseo di prospettive
lui, d'istinto, senza troppe pretese
o svolazzi: la vita di vegetali a mazzi
nell'animo cardi pungenti
espressi a capo di una
o più righe poi omesse
perchè sempre le stesse spighe
povere di chicche.
Poi un mattino
eccolo Giuseppe tra le biche e privo
d'un destino, nemmeno lustro di attese
solo corvazzi neri razzi volanti
corpacci controvento
d'abitudine a caccia
di nidi.
Giuseppe che ci vede maturità
nella corsa di nubi in cielo
bighe avventate furiose
succubi d'aurighe seriose e grigie
tanto da venirci voglia di rubare un raggio
in più al sole, per scriverci un fiore:
un papavero saggio
un inciso dal paradiso
nel dì rossore
narciso nell'indaco
tra l'erba smeralda sul poggio
a chiusa d'un brano di norma curvato
al peggio.
*
Obnubila a confondere la vista
fine accento di fisarmonica
all'orecchio di ballerina pronto
archiviato. Inizia tentacolare
della coscia il movimento
nuda
milonga, lascivo e crescente abbraccio
nell'ebrezza intreccio: godersi
che già ci si è al ballo e che le bolle
scoppiano di piacere in sospiri;
godersi, erotizzante panoramica
visualizzazione d'ombelico senza
età al mondo.
Il solista sa mantenere la nota
e senza contrarietà è la sua smorfia:
è certo del suo strumento e lo strizza
l'accarezza che la luna è blu e piena;
milonga sulla tastiera brilla
sbolle e ribolle/ fraseggio di gambe
saettanti giravolte tra frammenti
di nuvole, di mano in mano sfere
ondulanti estatiche sfericità di sguardi
dagli intenti sottaciuti, accennati solo
nelle pose tanghere, codificate
a sbrodolarsi come gelati.
Tra uno scrosciare e l'altro di suole
nevrotiche, le scintille
dal pavimento di fontana a schizzo
fuoco di getto e spruzzo di rosso
dritto bruciante diretto al cuore:
... sabba
la strega danza un tango
straniante il vento
compagna avventa
a foglia.
26 ottobre 2015 woodenship
*riletta
*
Come da copione i rami sono spogli
lasciando ogni cosa per quel che è:
scheletri in attesa di veste nuova
pelle vistosa.
Tutto quel che era da accadere
è accaduto o quasi, quel nulla
che ancora può succedere, è di là
da venire. Noi, sulla soglia di casa
diciamo ch'è il buio
a farci sparire oltre
la porta non appena
richiusa alle spalle;
diciamo ch'è la notte
a fagocitarci alla vista
adombrandoci figure
alla stregua di miraggi;
diciamo che ci siamo adagiati
sedotti dai fiori di gelo intorno
per poi volare in sonno
ammaliante la quiescenza;
diciamo che c'eravamo sbagliati
entrambi tra gli sbreghi, ombre
abbagliate nel richiudersi alle spalle
la porta ch'è inverno
come da copione.
*
Lassa sta' la luna pelagia lassa
ch'è alta troppo e le nubi plagia
sfilaccia, orla, arrasa ch'è disgrazia
lassa sta';
l'elegia alla sera lassa sta'
che l'ombra dal colle plana veloce
a valle: silente divora con bocca vorace
la gramigna;
lassa sta' brezza e fragranza
lassa sta' che, col naso all'aria, forti
si fanno assai timo, salvia e rosmarino;
lassa sta'
la salsedine che sono vecchia
già strada c'avvolge e stravolge lassa sta'
inebriante malìa tortuosa di curve
lassa sta' che ad ogni svolta è una stretta
talvolta una casa
un muretto a secco
un prato alle volte
più spesso uno strapiombo...
ma lassa sta' che non è storia
che per me ginestra è scelta obbligata
starmene qua abbarbicata ripida
che più giù c'è il mare in piano.
Lassa sta' c'a tè randagio non si chiede
radice, ma solo frenata in verticale
o tuffo come stella cadente:
lassa sta' che a me ginestra poco appiglio
mi resta.
15/06/ 2015 woodenship
*
Accorata di sentimenti brezza
sentitamente afflitta tra i rami
e dagli spifferi agli infissi
commenta, danzando e ghiacciando
come solo da un meditare solingo
che, del divenire, indaghi senso
nel dissentire del tempo: la solitudine
è dell'uomo, come anche l'interrogarsi
sul senso di questo ritrovarcisi
stantii genuflessi
dal sè distanti.
*
... verità è
vivido fascio di luce viscida
animatrice d'ogni sorta di pagliacci
vesce laide più che abili giocolieri
verità è
di rinnegare prima che il gallo canti
tre volte gettando il sasso
quattro volte guardando in basso l'inferno
verità è
inafferrabilità di un sentimento
tradimento d'una pugnalata
di un momento l'indifferibilità del gesto
verità è
mani sui comandi rilassate
occhi fissi oltre lo schianto
alito ancora presente alla decisione
verità è
che in fondo al tunnel ci sia la luce
che all'ombra succeda la luce
che la luce si dissolva nell'oblio
verità è
di prima che il gelo ghiacci la zolla
rotto il cilindro delle tortore bianche
il volo di farfalle cineree
29/03/2015 woodenship
*
di trame
visive lo sfilacciarsi, nel friggere
sonoro sotto un capannello
di stelle sul limitare del decorso
abituale e solitario: di qua è
che ci si sta aggrovigliati di stenti.
Di là ci sta il non esserci.
Tra qua e là solo una membrana
a frapporsi sottile di domande, quasi
impalpabili
stupefacendo che ci vengano
a tavola
pranzando; stupide, a ben vedere
anche quando, stupiti, a ispirarcele
è un cespuglio in gran spolvero:
gialle, purpuree, ocra, screziate...
le sue foglie lisergiche, ipnotiche
che sembrano far festa
in gara cadendo
invidia suscitano in chi si ruga
ingrigisce e degrada di qua
nel segno del perchè di tanta
lussuriosità di veste variopinta
assunta a poco dal disseccarsi
delle vene atterrando
di là.
E su per le cime spoglie
volando alto si chiede
cosa ci stiano a fare spurghi
pur dai nodi legnosi di livree
arboree, resinosi di grigi merletti
resi servili, perciò infelici tra qua
e là
*
... ma all'inferno!
Sbottai
nel profluvio che mi chiedevi
dove fossi stato
... veloce
la lancia
scorreva, intanto
il pescatore
squarciando il pescato
al vento gettava le viscere
e la gara tra rondini marine
gabbiani ed albatrros
esplodeva selvaggia
di picchiate e cabrate
feroce sopravvivenza all'inferno
a mezz'aria, a pelo d'acqua
con l'avanzare dell'urlo
dal ventre al cervello, mulinando
vortici
così da arrivarti orgasmo
ruotavo frenetico di fianchi
sì da venire a te
sì che tu mi vedessi come zucchero
di canna
disciogliermi nel caffè dei tuoi occhi
... dove fossi stato stavi chiedendomi
che dagli abissi risalivo
d'umori intriso
ricordo
19/09/2011 woodenship
*rivista
*
Ci ho già vissuto abbastanza a lato
di questo paesaggio sordido, tronfio
cittadino d'un senso di brunezza.
All'ancoraggio sempre a lato sono
stata nel parcheggio, aspettando l'ora
che me lo si sottraesse alla vista. Le ruspe
dovrebbero devastarlo, i connotati
mutandone. Dal volto decomposto
dai vermi divorato, ne ho presagio
come d'altre vie il diramarsi, oltre
i muri d'abbattere in polvere;
delle rovine da cospargere di sale
dandomi il sentore: città vetrina infame
d'umano derelitto sfavillio di schiuma
quella d'una bottiglia di birra
contro un braccio polverizzata:
my vida de perrita rubia
calleyera*.
*La mia vita di cagnetta bionda di strada
*
(3)
...rubo un sospiro al tuo seno
caldo ed invitante palpitare/ ci annego
il mio piacere
in fiotti di luce dalla ribalta/ che stai riversa
sulle mie gambe
che t'insegno i giusti modi/ a suon
di sculacciate t'imparo.
Eccitatata ti sento dal brivido dell'inganno
le mani nascondi dietro la schiena
ti stai offrendo per essere giocata
e sei così bagnata... generosa.
Un rivolo ha preso a scorrere/ pronto mi fletto
provo a far diga con le dita/ risalendo l'interno delle cosce
mi stai donando l'inchiostro./ Sceneggiatura di noi
roteando
scrivo tra le tue labbra:
pur se immoto/ madre d'ogni odio l'amore mare
distesa tranquilla lambisce e tormenta.
Ammiro il candore
della tua pelle/ la perfezione delle curve:
imperfetto è il nostro amarci;
non dovremmo mai ricorrere al dolore
... è che sei così morbida e aperta
un fulgore che mi consuma
sfacciato tremore./ Delatrici cadono stelle
per ogni dove
baluginii rubati alle pietre/ schegge
sotto i nostri corpi madidi
da meteoriti sfiorati.
A guardare la Terra
lontana ed azzurra/ per nulla ci manca:
ci troveremo lo stesso un finale
sipario che cali sereno.
*
(2)
Ladra ammanettata nel cratere
ho i baffi arricciati/ a manubrio: si, faccio il gendarme
ti hanno denunciata che rubi il senno
ed ora ho i baffi finti a lambirti la gola
solleticandola per quanto s'abbandona.
Mi incanti Amour Lunaire
che ti sto perquisendo/ dalle ascelle alle scapole
con metodo le vertebre conto/ le costole sfioro
dallo sterno al ventre cerco il carattere
il tratto eclatante
... Ti dimeni negando ogni addebito
già sai della punizione/ stringi i denti
digrignando un rifiuto
ti guardo in faccia/ non più tenera e rilassata
troppo liscia comunque la guancia/ un graffio
sarebbe appropriato
sul cerone compatto del volto/ giusto sotto
la lacrima accennata
segno d'un tonfo/ amplificato spasmo
i tuoi occhi ora furenti
21 gennaio 2015 woodenship
*
(1)
bruci di ginepro in gola
aromatica mi esplodi nella mente
mi ti afflosci dinanzi/ tra un braccio e l'altro
pronto a sostenerti ti abbraccio/ consumata attrice
ti strusci
come da canovaccio/ mimica dei corpi nudi
crudi di gesti sulla scena: sei di scena
Amour Lunaire
lo sono anch'io e brillo/ privo di senno
/ falso e leggero
come solo un personaggio in commedia:
non esiste se non in ciò che declama
non è sincero se non nei sentimenti che suscita
Palcoscenico la luna
mari di roccia e polvere/ tu triste
Amour Lunaire
con alle calcagna l'onda amniotica
io folle alla ricerca della ragione
e nessun motivo per incontrarsi/ così ci ritroviamo
allunati
che si leva con orgoglio alta/ ridotta a straccio
sipario strappato
la Terra
21/ 01/ 2015 woodenship
*
Ti aspetterò fino a che il vento sarà
a sgretolarmi roccia.
Ti aspetterò fino a che sarò
fine polvere sollevata
in volo nube.
E tu, vedendomi all'orizzonte
antracitico frinire, in crescendo
sprigionerai il tuo canto di fronde
silvestri note
d'innamorata delle pulsanti
polveri che mai riposano
sempre in attesa di scintilla
che astri le faccia
esplosione d'amore.
Negli occhi insonni della notte
certo
ti aspetterò: tu, in petto
battimi
prima d'avvilupparmi in_tinta
d'aurora.
*
Incandescenza di lampada, è finto
il fuoco: fisso tra cunei di fiamme artificiali
tentacoli cartacei ventilati
nel caminetto dalla consistenza di cartapesta.
Iriflessi sul viso sono pura finzione
quell'emozione sul tuo viso un'esagerazione:
il truccatore è accorso e le tue guance ritocca attento;
il tecnico ci sta provvedendo alle luci
... ma perchè fosse vera, quanto pagherei!
Ti confesserei i segreti del mappamondo
quell'ardere di soli nel giorno astrale
il profondersi d'azzurri tra cielo e mare
l'ardere di magma pure negli abissi più stranianti.
Domanda il vento in certi momenti
struscia e comanda in punta di lingua
imponendosi tagliente di raffiche
svolazzi impossibili da dimenticare;
fruscii da vene aperte rispondono:
chi è fatto di sole
di brezza respira
nell'ombra sempre risplende
... nelle tue pupille amami
odiami con misura senza finzioni
rigando di piacere l'orizzonte sul proscenio
seppure buio saprò farmi d'aurora
al canto del gallo che si leva sipario.
*
Del mio spazio vitale3 biascichi sì da
non strozzartene in gola: tu abbronzata
di blu, dilatata per quattro
...(quattro?)
Qua, prospiciente il tavolo, sul muro
c'è la presa, indichi radiosa in viso:
per ricaricarti il telefonino vecchio
altro modo non c'è, neanche a ficcarci
due dita su per il naso.
Non per questo si è sposi, assicuri suadente
a volo inibito ed orizzonte oscurato
per me, nel panico, sospinto ad allontanarti
invasora armata d'hamburger: è mio
questo posto, tu mi rubi l'aria ed io
ti annuso ostile, sezionandoti con sguardi
le mascelle masticanti fishburger.
Tu che mostri unghia viola, affilate
a contendere offese; e che non vai
ma resti col tuo chickenburger, già che
ci si disputa punto: se un luogo è solo
un luogo, dunque di tutti; oppure
di chi lo vive pure mero possesso
confini slabrandone ideali, fino
ed oltre il Sinai, terra promessa
in bocche altrui riciclata; terra
e sangue, impasto sofferto; terra
deglutita speranza, come la tua:
sprofondata che il tè rigiravi quieta
viaggiando, vero Eddy occhi
d'Africa?
Non si può possederla, non ci è dato:
soltanto morirci si può, lasciandola
alla fine infetta eredità. Partire è un po'
morire, dicono da che s'è taciuta l'upupa.
A darci retta non vale tarlo
che rosichi ramo: io e te ci stiamo
a cavalcioni; tu sbocconcelli cheesburger
... E se acconsentissi a promessa un fiore
vorresti che ti facessi un ritratto, no
non un dipinto o un ritratto, bensì
un romanzo della tua vita: da Massaua
a Londra, passando per lo Stivale...
io, scrittore sotto dettatura, io, d'un verso
claustrofobico prigioniero!
*
... e poi la deriva
ipnotica
morbida, rassicurante
spettegolante follìa:
galleggiando frammenti oleosi
frettolosi si va
tra la folla uggiosa
in galleria gocciante
d'assilli ed assillati
allo struscio smaniosi.
Smunti
nella chiazza stinta
furtivi noi
in posa scomposta
con alle spalle un duomo
impavesato aleatorio;
così anche in diapositiva
liquidi e sguscianti
risultiamo
inconsciamente
non necessitanti di tempo:
già ne bruciano
rintocchi vani di campana
dall'infruttuoso frangere
che tantomeno rimotiva
in sequenza i marmi corrodendo
con iattura inquinante
melodia opaca dagl'inferi
sorgiva.
woodenship 02/ 04/ 2015
***rivista
*
Siedo che già l'ora mi guarda
svuotandomi mesta
e svogliandomi:
la verità?
E'che non sai cosa
scrivere, mi dice
a compasso dall'orologio
compassionevole.
Non c'è dubbio
annoto: se sono seduto
però qualcosa riuscirò
a scriverla di ragionevole.
Ma non è certo, dunque la scruto
come se l'avanzare delle lancette
possa trascinarci, loro malgrado
fiume d'inchiostro in ghirlande
fin sul foglio gualcito
affinchè finzione si faccia con festoni
e che in ghingheri sia cespuglio di sbuffi
dal bosco a chiazze e marcire di ghiande
rosse le bacche all'odore della festa
solstizio d'inverno...
Cosa vergarci d'altro
a farci figura empatica
sulla pagina intrisa
ma ancor non scritta
non saprei.
Potrei accennarci passo di danza
al suono di nacchere un flamenco
per brughiere zingareggiando
tra le pozzanghere popolose di pupazzi
di creta e paglia:
che ci hanno le antenne
pazzi, questi spiano: sensibili
emettono schizzi di fango
paranoica curiosità
...Oppure basterebbe annotarci di una burla
anche e solo l'eco di una risata calda
saturante ogni angolo di vuota
stanza gelida d'anima
al dì di festa
potrei.
Però è scontato che restino solo impronte
sulla carta: le mie, presto vanificate
nel tritacarte;
perchè vanno così le cose
talvolta.
*
Ist das zu mensh?
/ Se questo è un uomo
cosa da nulla (ha da essere)
/ sache zu nichts...
Come filo spinato ammatassato
vibra il mantra dell'oggi
profilandosi costante
tra comignoli andando a defilarsi
fumo:
ci sono conti da comporre
bilanci da quadrare/ senza onore
la banalità di una
contabilità spietata
da ricondurre
sfiorando le regole
straripanti d'aculei
nel cielo d'azzurri fumosi.
Del male, la memoria
ridondando in volute fin sul muro
anche se solo per un giorno
nell'anno
scolpisce l'intonaco in crepe
quello del vicolo cieco(di solito in ombra);
si vorrebbe fosse sempre viva/ saldata al presente
memoria di un giorno/ di ogni giorno:
mi ci sono trovato assorto/ davanti
e dentro, con nelle nari
fumo nero dolciastro
di carni bruciate/ nauseante
organolettica da non rimuovere
mi sono detto
che resti a monito
/ nicht ein nichts
nulla è niente.
***A Primo Levi(rivista)
woodenship, ven, 24/ 01/ 2014
*
Ditemi di fermarmi, di sedermi
che tanto è una serata buttata via
tra un sinistro ed un peccato di gola
spento contro il parabrezza di un auto
l'effetto ne è una ragnatela di fili
che sono crepe intessute su vetro
con al centro il colpo di testa, addome
del ragno che s'è divorato il cervello
il mio cervello a screziarne le trame.
Alle volte s'è come le mosche e non
si sentono le ossa: se ce le si aprissero
le si scoprirebbero prive del midollo
e di senso.
Allora ditemi di sedermi
all'angolo, dove l'urto mi ha scagliato
insetto stordito e divelto di zampe
chissà che una ragione ce la trovi
a tutto ciò.
*
Forse è tutta colpa del fumo hashish
quando maligno s'attorciglia filo
in gola attorno all'albero, offrendone
il pomo; o forse della morte esplicitata:
invito a tacitare testimoni e prove;
sta di fatto che noi ci si arrangia
sulla via del delitto perfetto
gli assassinati gettando nei pozzi.
Poi girandoci in tondo, le mascelle
arrotando, con i denti a sghimbescio
da squali che ci addentino le ore
cotte al sangue sulla brace dei piedi
stanchi: rotando greve, mondo
dalle ascelle stillanti alcool, tutti
lascia gravi, sdraiati giù per terra
nel piscio livido di cera d'una candela
volitiva fiammella votiva
espiatoria a un tempo ipocrita
d'ogni crimine.
*
Ad un certo punto
neanche te lo si dice più
che non hai più bisogno
di nulla: sei tu
a sentirlo.
Non potendo attraversarti
chè tuttavia non è il momento
tutto ti passa oltre
ignorandoti nell'aggirarti
oppure scavalcandoti lieve
come nel gioco della cavallina
senza sfiorarti però.
Ed è qui che ti spiaggi
delfino
i guizzi nell'acqua tralasciando
al bimbo che di testa
se ne esce
affiorando
stupito: qualcosa ha fermo
in gola, forse una lisca
o una squama argentea
residuo d'un tempo
che fu.
*
Nell'alba radiosa di gelo
con occhi sfuggenti cielo di giada
flagellante di prima luce: ecco
come mi rimorde
a terra e senza sole ancora
se non quello di una lanterna;
ecco da dove è il mio travaglio
a partire da dietro il tronco
nel rimorso rappreso alla nuca
che reclina il capo con il suo peso.
Volano incubo d'erba grigia
volatili diamanti di stella
bucanti la mano
spezzanti il sasso: due le metà
partorienti l'ombra strisciante
a recriminare discosta
... ecco da dove
dal fluido essere insonne
rimorde eco di danza: passi
risibili tra specchi ostinati
opacizzanti restii
d'ogni solarità
l'avvento.
woodenship 01/03/2012
***riletta
*
A ribadirlo sono
qui
nell'eco d'un tonfo
sono irriverente
nell'anima
il tuffarsi di un'onda
qui
scuotendola cieca
con dita liquide protese
sono
frugandoti fino
nei recessi più riposti
qui desiderio
delle mani sul petto
ad auscultarne i palpiti aurei
sono
sotto di te
che mi stai penetrando
che ti posseggo, possedendoci qui
ricchezza di_vento un verso
qui
che spettino, arriccio, sfrangio
convergendo a vespro
sono nel tuo cielo
sul tuo letto
tra i fiori alti brezzati
senziente tormento
in sillabe sudario ondulante
fantasma sono
qui fruscio sensuale
ingiallendo suadente
sono amante
qui
irriverente
*
Alito c'è ch'è condensa su vetro
segni ci si additano come d'acquosa
formula alchemica, a che lieviti entità
dal lessico oscuro, ovattante
l'impellenza d'un conforto.
E' alito ch'è fremito frangente
fin giù per la dorsale atlantica
eruttante vulcanica magma e batteri
alimento goloso per gamberetti
zelanti, dal vivere azzardato
su faglia abissale. E' alito sfuggente
aggrovigliarsi di correnti aeree
cavernose nel vibrare in orchestra
di vertebre antiche e zufolii da tibie
aliene dissepolte, esibentesi
nella sonata del tempio sul monte
eroso. Alito è per noi moto ardito
che gemito solve in petto avvampando
tale a fornace atomica ventre espirante
mai estinta pulsione vitale:
anelito d'accesso remoto spira
ad ambito ignoto.
***Con i miei migliori auguri per un 2018 dal vasto respiro e di felici realizzazioni.
*
Agonia in segni di croce brevi
da questuanti accenni ripetuti fulminei
data l'ora tarda al cancello
alle falde del cielo: distesa crociata
d'ombre, chiusa tra rose in ferro battuto
d'espansi cirri per l'inferno celeste.
Oltre va la bramosia di pace
così disegna la mano sul corpo
la croce: da una spalla all'altra
alla fronte, al petto adesso
alle labbra poi; bacio insistito
della bocca che sa di miseria
ed elemosina annerente e screpolante;
bacio iperbolico ch'è masticare di santi
negazione e dannazione in terra.
Parabolica trasmissione di fede ingenua
messaggio criptico per l'etere:
ammissione di fede nulla, fin dai giacigli
quando raggelati ci si rannicchia
cuori tempestati fuori d'aghi di ghiaccio
ora
e nell'ora della nostra morte
quotidiana.
29/04/2013 woodenship
***rivista
*
E' aggirando l'oleandro sfuggendo squittii
disperati, che s'incappa nel Mazzini
accigliato: nel lezzo di piscio
ammorbante sul sentiero di granito
che a nulla l'ha preservato dall'oblio.
Scolpiti a contorno stanno i nomi di coloro
che appresso alle sue idee ci hanno
rimesso le penne, restandoci stampati
sul marmo tra cespuglio e lampione:
tutta qua la repubblica ad essi concessa.
Si dovesse provare il pur minimo
rimpianto, vedendo la statua in tanto
degrado, sempre sfuggendo l'adescante
squittio di puttana, esile stretta nel velo
miserrima, è da ricordarsi ch'è per accidia
se non ci si ritrova morti in gloria repubblicana.
Come Platone, ognuno dovrebbe cercarsi
la propria di repubblica. Anche se la notte
non è più notte e, nel mondo delle idee
il fuoco insiste virtuale: con toni cavernosi
recita tuttavia incubi in spregio al libero
pensiero.
*
Febbre d'oscura vergogna senso:
non saper mai da dove divenire
se non da un'accozzaglia di relitti
legname che più non fascia barcaccia.
Malanimo s'impone allo spillar di grani
dall'arenile degli anni improvvisi:
il vento, come dardi, li scaglia bizzoso
... da un piover di roventi proietti
di quelli che il viso fan purpureo
improvvisa pure la mia di fiammella.
Da un pertugio allo specchio
in strada me la vedo in fronte che brilla
tempo:
è rossa e risalta sul giallo della febbre
nel giallo dell'attesa s'affievolisce
e coll'argento di luna fa socchiudere gli occhi
con bagliori resi itterici sfibrati.
Fiammella che a stemperarsi va
diventando mare d'abbagli la sera, all'ora
quando a lambire giunge murmure
d'ombre rinate
e noi con esse, avventate
rinascendo
ombre traforanti drammi sui muri
d'insistiti falsi movimenti
... anch'essi si fanno dementi la sera
prima che mano rigiri clessidra.
*
Non si può, certo
che non si può darsene
sempre le stesse cose:
sgusci di qua e di là
che poi scopri si che dici
ma sempre le stesse cose
nell'identico modo
alle medesime persone
che no, non si può
nel dato giorno di gennaio
averci la memoria arrangiata
per date, più non attecchisce.
Nemmeno a pedate ci si crede più
che renda giustizia.
Rimarrà che le stavo osservando
quando ho sbroccato
e non lo meritavano: in cielo
vittime, spiragliavano umbratili
funambole su filo verde fiele
a disdoro dei vivi, residue nel pallore
che col fumo involve in parole
poi solo nuvole color caramello...
Che non se ne abbiano a male
s'è tragica ironia: loro di ieri
alibi dei carnefici dell'oggi
pur fregiantisi di segni divine patrie
usi a trar profitto dalla memoria
al pari di coloro che reclamano martiri
scorniciandoli a renderli affini
ideologicamente fruibili
... Non se ne abbiano a male le vittime
così van le cose al mondo.
*
Oltre il precipizio è l'indistinto
nè l'eco da lì giunge
riflessa a squarciarne sipario
caligine sul limitare del bosco:
senza pregiudizio, alla base
degli abeti spogli, degli ancor
vivi si depongano le spoglie
ivi impregnandole di resine
ed essenze
profumanti le visioni ovattate
di fantasie dorate/ desiderio
di pronta aurora: fino all'ultima ora
ed in silenzio, fino all'intenerirsi
degli astri, raggelati pigolii.
Non appena l'aria si fa algida
immobile in petto, s'attenda
all'avvio, alle nevi sospese dando
lo strappo con corde tese di fumo.
In equilibrio precario
rimanga l'angelo
e penda dannato
sul trapezio dondolando
solstizio d'inverno
vivida luce breve che ridia voce.
***17/12/2011 woodenship
*
Sul mento la barba, a darci retta
sventola di qua e di là, bandiera
di cui andar fieri tra le teste intorno
tutte sorrette da sorriso a pilastro
appoggiato disgusto al tetto, nel vederselo
sfilare prepotente sotto il naso che si è
in fila alla cassa, così basso e tozzo
lui, come solo una tinozza rollante
che del maglio tema il cozzo. Dunque
meglio far finta di niente: lui lo sa
che manco lo si vede, se non ha almeno
rubato qualcosa, ci conta. Ancor più
chè riccia la barba inanellantesi
rossiccia fin sul petto, cadente grappolo
di peli da faccia di melone, così
incede miracolo nell'apparire irrilevante
e restarci, dedicandosi alle bottiglie:
quella dal genio sfrattato; quella
che non s'è ancora scolato; oppure
l'altra dal messaggio mai giunto
perchè non c'è spiaggia nei paraggi.
Annottante
barcolla come lui
soltanto il filo d'aqua dalla fontana
tuffandosi nella notte
a picco.
*
Giochi vita
sorriso di vento
vendi tristezza recisa
appesa/ gardenia all'occhiello
tiro speranzoso ad occhio
cosa saresti mai se non un fiore?
A masticarne lo stelo asprigno
a mordicchiarne i petali di miele
alla bocca sei delizia e mestizia.
Lascia che le spine rimangano lì
c'erano già prima
e volevo vincerti
prima che ti si ravvisasse/ sensuale arresa
falsa perdente
bagnata e tremante maga ancella
stellata la mantella/ scossa di voglia
il mio delirio ti culla:
chi sei mai?
Sei nell'esistente
sei nell'incubo
sei nel gioco
sei nella terra fino al collo
sei sotto un tetto di nubi
sei solo sogno e non hai più iridi.
Bulbi oculari accesi
spiando
flottar di cubi rapita
che sempre dicono ch'è sei
rotolano
ma chi sei non fermano
... Il pugno stringe un sasso
poi due/ poi cinque ne agita
dadi per un tiro solo: la vita
tappeto verde la pelle
un bluff chi sei.
07/12/2012 woodenship
*
... eran solo sbuffi di vento
ai denti sfuggenti di pioggia...
Uno schiarirsi di gola
tossicchiando nudo imbarazzo
scroscio appena velato da nivee
venature ampie e pulsanti: trame marine
sospese nel nontempo ceruleo
di bastimenti salpanti eterei
... a perderci nello spazio d'un sogno
anime notturne noi.
*
Da qualche parte
risplendono discrete
pallide rose
*
Gelida e distaccata icona in cielo
così malmostosa non ti ho mai vista
eppure non ti ho mai giurato eterno amore
mai: non ho che me stesso ti dissi
a pallina ferma sul rosso e pari
che mi stavi addosso umbratile
palpito di brezza, alle nari profumo
di muschio bianco a sera
che chiamarla sera assurge a immaginario
distopico con quel vorticare di luci
prima afflosciantesi sudario, poi
sprigionantesi stroboscopici aculei
dolorosi agli occhi questuanti oblio.
Te lo dissi che di senno non mi era
ancora uscito un verso: ogni scheggia
folle s'inerpicava per l'erta del colle
ignoto, senza venirmene nulla
indietro, a parte una flebile
appena percettibile eco.
Ora che i versi
sono tanti, un labirinto indecifrabile
che non mi ci raccapezzo più, sempre
non ho altro che me stesso, balbettante
piombo di tra i denti, una poesia
sul ponte tra morte e morte, da scrivere
dalla finestra in alto e mirando in basso
bene nel mucchio: a che non ci sia
nessuno che insegua le mie ceneri
dicendo di loro che non sanno di piombo
anch'esse letali, negando altro motivo
se non l'assurdo ai tuoi occhi
distanti.
*
... è proprio sotto quella tondeggiante buccia
smozzicata e mannara che te li senti
lì: appiccicati alla corteccia, neri
che manco un forcipe riuscirebbe a districarli
dal cervello abortendoli, tanto sono ostici.
Sgorbi, cuneiformi, si ostinano per nulla astratti
bizzarria cerebrale di grafia contorta
ululati dai tratti indecifrabili
a volerli leggere, che ci hanno accenti sguaiati:
versi di lupi nel profondo di valli ascosi
di certo mi abitano metastasi raggrumate
poesia di fantasmi che si fan forza
inebriando d'intenti col brillare di pennacchi
lucenti appena sopra un tetto di roccia
nella mente dissociata
sbriciolata d'artigli licantropi:
18/09/2016 woodenship
*
Sentiero inviso
frusto il fogliame rado
inverno stinge
13/12/2015 woodenship
*
raggio di sole alla nebbia
sfuggito: d'alterati segnali
focolaio, magnetico
vibra sanguigni rubini
in risonanza
... poi che si fa vespro
in ruggini sparse
di viticci cerebrali
dissolvenza
25/11/2013 woodenship
***rivista
*
Ci vengono già plasmati i giorni
inchiavardati per immaginicementati con l'incuria
ingiuria del già visto:
banalità d'una cicca
bruciata come fosse ritualità
la magia dello starsene barricati
ad un naso dalla follia
a raso
in posa fumosa.
*
urlo che non mi sento
... neanche nell'attimo della discesa a picco
nell'intervallo tra un flutto e l'altro d'attesa
dell'abisso che non restituisce voce
quando s'acconcia il cuore
come al vento vela tesa
schioccante dello schiaffo di raffica
che contro lo scafo traffica bufera
percuotendolo con l'onda ad aprirci falle
disalberando e spazzandone i ponti
... così tu mi sei che non mi senti
così affondo
urlo
e non mi sento
29/05/2016 woodenship
*
Tra margherite e roselline bianche
svaporante d'essenze è l'altare
ligneo a mollo di lacrime perniciose
e già destinato alla fonda del rito.
In sonno ci si sta ai piedi
immemori celebrati sognatori
enigmatici all'apparenza sereni
subito dopo il varo con il mare
in fronte.
Leggera increspatura il sorriso
alle labbra: di goderselo giocosi
sembra suggerire di questo giorno
raggiante di roghi nell'indaco
in cielo, per ogni dove radiosi
ravvivanti persino le rughe
sui muri della vecchia casa
scrostati perchè mondati di sangue
e sudore.
*
Libeccio sferza
sfuma creste di spuma
sdrucite anime
*
Ne era convinto che non vedere
non significasse non sentire.
Così, tra i molti non so
s'ingegnava di sentirmi
stella alle sue spalle
sulla testa elettrizzata vegliante
sommesso sciorinare di brezza al cuore
melodia di una nenia al verde
a che mi percepisse non vanescente
carezza
nella sera
sfumare di passione
fino a notte fonda: lui errante rosso
ad un semaforo affisso meditabondo
ed io stella
buona e bella amante.
*
…lui di rimando: io con i fiori
di campo sul campo ci faccio
l’amore, rotolandomi per il prato
fino al mattino, assaporandone i silenzi
per nulla altezzosi, ricchi di profumi
e morbidezze sconosciute alle rose…
*
hai voglia ad incantare la fiera
con quel fare di pura ciarla
provandoci con ruffianeria
a spogliarla
lasciandola visibile ed urlante
muta di vesti sul piedistallo
additata
ch'è fatica vana direbbe qualcuno
avveduto che tra uomo e bestia
si discerne appena lo scarto
compresso fraseggio di ciglia
in una manciata d'istanti in tutto
feroci d'inauduta violenza gratuita
prima che l'uno umano inabissi l'altra
disumana nella stanza insonorizzata
priva di finestre tra un polmone e l'altro
nel mediastino mettendola a tacere
ch'è consuetudine conformarsi
quando irraggia a giorno ragione
dai neuroni superstiti a mente
e non c'è ruggito che non si voglia
dalla quiete proverbiale d'un cimitero
silenziato
*
Bellezza chiama bellezza
vorrei tanto dirti studiandoti
per gli occhi entrandoti nell'anima
così da ritrovarci quelle morbidezze
che di te mi dicono nei sogni
parole tatuate nell'inconscio simboliche...
Si può essere gelosi delle mere parole
delle nuvole che ci cingono le spalle
quando ci arrampichiamo in cielo
cercando di spremerne un verso
che una lacrima o un sorriso estorca
al viso che tanto si vorrebbe intriso di noi?
Ecco, allora: se tu sei poesia e poesia di te
sento, allora non avrò bisogno di chiamarti
per nome, perchè nei miei versi eri, sei e sarai
ossessione seducente e passionale
amore in poche parole
di cui non esser gelosi ma solo parte in causa
poesia...
*
Di soppiatto
di sopra i tetti
discreta m'accompagni
resinando il cielo sereno
d'aroma d'abete spandendo effluvio
già che lucida all'iride ti stampi
tracimando con angolatura sghemba
... Anche tu
ancorchè strabuzzando l'occhio
discendi viluppo d'intenti e patemi
umilianti doglianze
sulla guancia sfuggendo anelito sferico
ansito di disincanto.
Rotolando sul labbro screpolato
sai farti ostica
tensione dell'accentuazione
asterisco brillante.
Infine di nuovo in cielo
preda che rifulge siderea
sopravvivi libera
districata perla
alle valve ribelle
... Eri l'ultima
non ne rimangono altre
*
Bisogna saperci prendere il buono
dalle cose, lo so: molte volte l'hai detto.
Magari che si stava sulla soletta, pronta
armata in ferro per la gettata. Ricordo
del mio orrore per il vuoto tra le assi
sotto di noi seduti su quel vuoto. Anche
la paura prendeva sostanza, appesantendo
il fiato ed ammollando le ginocchia.
Ecco perchè la testa si rifiutava di pensare:
uno sternuto e sarei finito a volare. Cosa
non buona diceva una vocina dal fondo:
non si vuol più sapere dei rami spinosi
d'arance o del profumo delle zagare?
Così ci si rimaneva lì, su quelle assi
inchiodate ad armare un solaio
che ci permettesse di ripartire
magari al riparo d'un tetto o fuori
sul balcone, pronti a decollare.
Ma sai che angoscia ti dà il fatto
che davvero non riesci più a tornarci
al punto di partenza? Ogni volta parti
vai con la certezza che ce la farai.
Allora giri e rigiri tra sagome metalliche.
Una volta stanco pensi a ciò che ti aspetta
lì, in quel medesimo punto in cui
l'hai lasciato. Credi di poterci arrivare.
Ne sei sicuro. E non hai capito che
tutto con te si muove: quando vai
ogni cosa ti segue come ombra
standoti appresso.
*
... ad atterrarci sulle tue labbra, anche
per scommessa, come gabbiano rapace
rubarti bacio nel risucchio di sabbia
d'onda di risacca. Sconnessa bramosia
bocca a bocca respirarti sacerdotessa
d'amore celebrante orgasmo:
roteando
i fianchi, di volta in volta, d'un mezzo
tono più a fondo, concorrerei soffice
di piume a strapparti gemiti tra gli schiocchi
d'alghe sui fondali bassi nel ventre
scossi da tremiti di voglie
... così, l'uno dentro l'altra
calarti
all'orizzonte come fossi sole
nel mare
vibrando di raggi guizzanti, lascerei
che imbruniscano con i seni pure
i sospiri: disegnate sagome di noi
aggrovigliantisi in abbracci sazi di luna
occhieggianti perle sulla rena annerita
che senti desiderio
cogente
ad ammararci sulle tue labbra, anche
per scommessa, ritrovandomi in te
laguna che mi schiaffi in volto i tuoi
flutti
*
C'è un passero nell'ingranaggio-favola
che s'inceppa e poi riparte: persino
ne rammento il piumaggio marroncino
con screzi di giallo.
Ordinario
anonimo ma caldo, come i pampini
costumi d'arlecchini, festanti foglie
in autunno: altra favola che muore
e rinasce
con pure una briciola sul davanzale
quello dei gerani discreti
nel giorno del mosto d'uve pigiate
zampettando
cinguettii in un giorno di sole.
Lettore
malinconico amante di odori
il profumo è di pomodori messi a bollire
a salsa, nel pentolone sul fuoco allegro
scoppiettante di ceppi.
Su tutto è
Doppiorum:
con zampette storte, ch'è ostinazione
dire ch'è passato,
passeraccio che con noi divide croste
cinguettante ch'è l'ora sempre
ch'è giorno di scuola svegliandoci
querulo
passato che non passa
meccanismo che s'inceppa
però poi riparte.
29/08/2014
***riveduta
*
Tra leccio e faggio
vellutato carminio
sfoggio d'acero
10/10/2014 woodenship
*
Qualcosa sembra sfuggirti non meno
non alle labbra e nemmeno agli occhiali
forse quello sfarfallio sul reggiseno
sfacciato di segno
O, magari, ciò che esso a fatica contiene
e con ali imbarazzate raddrizzi di stoffa
intorno ai seni sfuggenti:
reggiseno di parole dette e sorrise
non meno.
*
Promesse al sole sbiadite
sfumano vele
fantasma all'orizzonte...
Promesse al tempo rimesse
e dal vento compromesse
le labbra screpolano di sale
Promesse che solo la notte
sa del loro essere
negli occhi stelle riflesse
*
Melanconica
d'affogliata fragranza
evanescenza
*
Luna
luna bella
dove mi porti tu
colombella?
La cenere nell'urna
scaldando, al mese
risorgi; del bilancio
ignorando i saldi
nel mondo degenere
torni piena su moncherino
a stazionarci.
Eppure sai ch'è di poco conto
l'albero dei morti: morenti
stillano sudore estremo
dal vivere, su per la schiena
alla nuca: fluviale clamore
di voci fino alla vastità
delle tempie, depauperata
intelligenza
... Che prenderci dalle parole
cosa vuoi che ci prenda?
Le chiacchiere scorrono in gola
fanno male e sanno di fiele
come una birra di poco prezzo
o una pizza di poco prezzo
che, se ogni cosa ha un prezzo
ben poca ha da esere quello
umano. Un'altra cosa alla buona
forse l'ultima, me l'hai
insegnata: è per la testa
che ci se ne vien fuori
... Ora che t'allontani algida
luna
luna bella
dove vai tu
colombella: perchè
tanto strepito, rantolo
soffocato
dal fondo dell'abbraccio
già che brilli infine appena fuori
dal cranio?
*
Piena si specchia
dallo stagno la beve
rana narcisa
23/08/2015 woodenship
*
Albina la stagione da griot*: troppa
la calura e da troppo non beve, come
solo un'albina dall'Uganda fuggente
rabdomando prostrata, ch'è da lungo
tempo che si va solo a tratti, boccheggiando
goccia a goccia mendicando, che non
s'intende se non ragione astratta ormai
al peregrinare. Nata precoce e già piena
di crepe è nella sua stagione: avida leviga
arida velata di sabbia atavica, bella di giornate
d'alabastri e creta essicata; donna
tra donne dai capelli crespi di spighe
bruciate, escissi vaneggi dal vento recitati
ch'è luglio e non dovrebbe cader foglia
ma queste s'ammonticchiano lo stesso
fradice. Domani ch'è agosto, il merlo
suonerà la sveglia: secco sarà ancora il verso
un ciack per la diva di sabbia fluente
di miti. Forse così deciderà di defilarsi
da depositaria: rapida ed ispida recitando
in sequenza breve commiato alle stirpi
in campo lungo svanendo prima
dei titoli di coda. A meno che, oltre ogni
intelletto, quando le foglie cadranno
questa volta storia di stagione
non ce la si ritrovi rammaricati noi:
come incantesimo asciutta nel narrare
col piglio sicuro della leggenda nel canto
che da lontano viene magia.
E non più in grado noi di stare lì
e contarle nell'aria novembrina
le storie morte: anche noi rabdomando
per letti di fiume e laghi essicati
di fiabe d'acqua.
*Griot: cantastorie nella tradizione dell'Africa centro occidentale
*
Oggi le nuvole hanno digerito anche il sole
spero che almeno domani ne restituiscano qualche raggio
un po' di tepore ci vorrebbe che dica della stagione
il capriccio
... così non fosse andrò a caccia delle nuvole
stesse
so anche nutrirmi di nuvole io
vivere le nuvole è come vivere d'aria
vivere d'aria è vivere d'amore
e ci ho fame come pure sete
in mancanza del sole che sciolga nubi nella coppa
mescendone vaporosi viluppi...
Sì
sono io: mi dicono colui che scrive senza dire niente
solo perchè nel buio risultano oscuri
nel dì sostengono che sono troppo chiari
biancore su pagina bianca
del resto non uso inchiostro simpatico nè succo di limone
E'tutto lì
vapori grafici che conquistano il cuore riempiendo la pancia
freddi stilisticamente che si fanno luminaria
gelidi candelabri arborei/ fisse le gemme
bitorzoli per braccia legnose
non ancora esplose in fioriture
Lontana ancora è la primavera
a dominare sono coltri di foschia
divoratrici di remoti fasci di luce solare
sono a dirmi del tuo dormire di questi giorni
Natura che attendi nervosa al risveglio
che non sei morta è palese: dormi soltanto
che nemmeno io morirò anche: dormirò pure io
ne sono sicuro: ridestandomi come te mi rivestirò a festa
... altrettanto facile deve essere
come per te ogni anno rinascere
è solo che a me sfuggono le guide
confusamente luminose nel giorno
intrinsecamente oscure nella notte
17/ 02/ 2015 woodenship
*
Ignoranza crassa e lassa
punge zanzara
ronza fanfara
rimbrottando bassa bassa
in cerca di sangue
trova cultura pingue
tenzone intellettuale
incrocio di sapere letale.
Muro d'assonnata statura
il pubblico trasuda plasma d'altura
poetico gaudio assodato
dal potere sentirsi assoldato.
Povera la zanza Fanfulla
a languire resta rossa satolla
tra chiacchiere d'asporto
spiaccicata di riporto.
23/07/2013 woodenship
***Tanto per provare a sorridere ronzando...
*
Con te sto che vorrei scrivere di noi
in contesto vacanziero/ mi sarebbe
piaciuto: scrivendone come solo sa il vento
quando sfrangia le nubi
con grafia nervosa e fine
dando loro forma animata, persino
con l'impertinenza d'un sussurro all'orecchio
brezza che sa rendere manifesto l'umore.
Così ci provo lo stesso: semplicemente
inchiostrando un foglio malinconico
ch'esplodente trema di te, pur lontana
comunque assente; al boato
spostando un'emozione/ mobile
orpello di costruzione sovraccarica
d'un amore. Alla parete, invece
rimane poco esposto
e lacero, manifesto invito: flutti
sovrastanti con spruzzi le torri
dagli esotici lapislazzuli color pastello
nello sbiadito blu cobalto del mare
come pure il tetto di palme intrecciate
della capanna senza pareti
...che agosto non è alla fine
e con te sto che vorrei scrivere di noi
nel composto furore
che non ha fine.
26/08/2014 woodenship
*
inebriati e convinti dalle sirene:
ricchezza facile per tutti
ma per tutti non è mai facile
per pochi sì
mai per tutti
ricchezza non per l'oggi
domani forse la ricchezza
in paradiso la ricchezza di sicuro
basta averci la fede nella ricchezza
pur nella povertà di speranze
...però, speranza, può fare rima con
ricchezza?
*
... ma è che lor signori dei mercati
il mercato si sono rubati
lo spirito
si sono rubati
del mercato e a buon mercato
l'hanno sottratto che si era distratti
avvitati a pulegge e ponteggi
con bielle e pistoni a stantuffare
battendo in testa il più delle volte
convinti della bontà del sistema
complici attivi e golosi
infimamente
stupidi in panciolle
a godersi il massacro
degli altri: che tanto
non ci riguarda
*
Pancia e polmoni
urlo d'insieme
afasico
*
... non si consumasse si sarebbe più poveri
e poveri fa brutti sporchi e cattivi:
"ricchi fa belli"
direbbe l'Odisseo del Volturno all'Iro di turno
prime d'infilzarlo con dardo di rimessa
*
... funesta che rimorda sotto traccia
a tratti remota impercettibile
e che poi riviva improvvisa
inaspettata sete di sangue
rigurgito sbotta vapori
sfuggente follia purpurea
sul campo svuotati
lascia perdenti:
che all'infinito non ci si incroci
restando paralleli?
*
... tanti i fantasmi d'intorno
consistenti di nebbia
ad essi di tanto in tanto
un baluginio sfugge
sull'acqua concorrendo:
gioca di riflessi
sul mare reso rancido
glauco miraggio
*
... ed è al confine che ci s'incrocia
fantasmatica imprenditorialità al semaforo
giusto a lavarci il parabrezza per un euro
(ad andar bene alla volta che ci si sta).
Piovono stelle anche di giorno:
all'incrocio ci sta il vigile
per indirizzarle su Marte
ma noi alla zattera
già diretti al confine, sappiamo
che è lì che ci si incrocia
sul confine
*
...i predoni in suv sfrecciano
vecchia la strada, nuovo il totem
a rotelle, da riasfaltare
come sandali bucati:
Perseidi sono granelli d'universo
a contatto con l'atmosfera
s'incendiano pulviscolo
stelle cadendo
...i desideri espressi inseguono
paralleli
*
Tra cielo e cielo ci sta la cornice
limitare pesante d'intagli di nuvole
A cascata infiorescenze ne scrosciano fuori
esseri annacquate essenze
dalle molecole a tratti mutanti: d'acqua
Creature alate volubili
migranti e confuse alle correnti
verso un dove che non è terra
woodenship 08/04/2013
***rivisitata
*
...Come ad una festa
io ci andavo incontro
Chè ognuno si diverte
come può e crede meglio:
per me era infuocata
esaltante movida
quel tramonto.
*
Ci ripensi ch'è forse poca cosa
che non varrebbe nemmeno la pena
starci su un momento di più
giusto il lampo d'una spia
rossa non già di pericolo, ti dici
bensì di vergogna per lo spreco:
tempo sottrattto al sonno delizia
l'inezia d'un sogno
del noceto dalle piante brumose
folte le fronde fumose di frutti
ovali nequizie esiziali da percuotere
malli da spezzare brunite corazze
una volta frante liberanti blatte
non gheriglio, a frotte nere ed infestanti
incubo disperso ritornante broglio.
Frantumio senza costrutto, ci ripensi
pullulescente da guscio marcio
ti convinci.
*
Ondeggianti
pare che la risacca li culli pure
ed invece è perchè sei vivo
spettatore
osservi la morte intorno:
molto bella la marina oggi
quasi come la morte
allo stesso tempo è oscena e forte
te lo dice il sole a decoro.
Per un solo istante il frangersi dell'onda
azzittisce la piccolezza e l'ipocrisia.
Respiri, non è un singulto
se te lo si chiede
respiri anche per chi non può più.
*
Ascolta come risuonano
violino/ puntura lancinante
d'archetto e corde/ le fusa feline
Così amavi esserci virgola d'uno zero
leggiadra giocavi che eri accento
strapuntino puntuale
Colombina trascinavi le ali
per riquadri in iscacco argentino
passione virtuale in fregi di fuoco
Era il sole la posta in gioco
l'armonia dei suoi raggi l'azzardo
l'infingimento tra i vapori
muoveva viaggi fin nella stratosfera
Nudi i sentimenti tra due punti
retta sopra un tappeto di paglia
mi sei rimasta apostrofo che tronca
sbuffo d'un genitivo sassone alieno
09/09/2014 woodenship
*
Come darne colore dell'aria tersa
imbrunescente tra costole di gru
bascullanti su palazzi dalle luci
moltiplicantesi nell'accendersi contagio?
Tanto si carica di tonalità
da opacizzare anche i sensi
con quella stanchezza di testa
ottundente a sottintendere il perdersi
nel correrle sempre appresso
magari mescolandone sfumature
col gracchiare oscuro di corvidi
chè, alla notte, essa resta legata
pur con ali di latta annerita
faccia inchiodata alle radici
indecifrabile tinta da discernere
... Così, se doveste vedermi intento
alla fermata del bus ch'è 'l vespro
seduto che scrivo: non tediatemi
con cosa o chi mai arriva
sto solo cercando di mescere terre
dandoci un volto e linguaggio
ad un colore primo sfuggente.
*
Sol che sia nota
accorda luce in volto
aurora intona
*
Esalati dalle nari paura e odio
nel fango si resta afflosciati
deprivati del sangue d'un botto.
Verità oscena manifesta si diventa
cavata dalle orbite oscure cavità
realtà esplosa da occhi fuggiaschi
ramazzati per le strade
nei campi ammucchiati
autobomba dopo autobomba
rappresaglia dopo rappresaglia
in scomposta guisa impietriti
pedine d'asimmetriche strategie.
Negative l'una dell'altra
in fotocopie sbiadite dimenticate
a loro volta dimentiche del sermone
della sura, del dollaro, dello struscio
sul corso, dei profili sul web
di testa martiri arruolati
allucinate e perse
ancorchè la chiamassero
"Guerra infinita"
la verità
e le vittime civili
effetti collaterali
... Ma il bello è che alla fine si perde
il motivo si perde: amici o nemici
ci si perde, restando lì
ognuno nel proprio angolo
sepolti e basta.
08/07/2017 woodenship
*
Ance vibranti
partitura per steli
musicalità
*
Lasciami essere in vino
gli occhi che ti fanno l'amore
le labbra a suggello dell'imbarazzo
le dita che ti slacciano il reggiseno
la barba che ti arrossa la pelle...
Lasciami essere schizzi solari
liquorosa verve annotante
un dipinto: di te le guance
diafane discinte di nubi
di te Venere, Puttana divina sorgente
virginea dal mare inguainata d'umori
marini di noi diluiti amanti
in veritas.
*
Toni d'arancio
ribes, mora, lampone
nuvole a vespro
*
... e chissà cosa mai ci dice lo specchio
al mattino, quando lo si interroga
con occhi che non ammettono bugie.
Se poi, durante l'arco della giornata
è un'atteggiarsi, un incapricciarsi
di una giovinezza che fu
ingannando lo specchio, noi stessi
e pure gli sguardi invidiosi di chi non sa
che, a suo tempo, si ritroverà anch'esso
a vivere giocando d'illusionismi e trucchi
se non proprio da baro
magari meditando di fuggirsene...
Come i grani di sabbia
di una clessidra dal vetro infranto:
fuggirsene senza tempo per le spiagge
di un mondo fuori da ogni tempo.
*
Raggi anarchici
free jazz improvvisano
lisergicromie
*
Siete nel verso d'un gabbiano
che dalla costa voli fino a me;
nelle foglie d'ulivo mi siete
che la corrente blanda
a pelo d'acqua culla
incantandomi con l'essermi voi
terra promessa: ci penserete
mi penserete alata, fremente
donandomi tremiti sulla coffa
che mi danzate intorno riflesso
d'un sole auspicato lucore
... Come si fa che vorrei darti del"tu"
ed invece mi ritrovo a darti del "voi"?
Sprofondato nell'abisso, romantico
distacco, costretto ad impormelo
mi vedo quel "tu"non sentito
ch'è notte di plenilunio e sapere vorrei
cosa vorrebbe sentirsi dire da me
che già truccioli di plancton
carboni sfavillanti sull'oceano
sdrucciolante lumescenza non le dicano
fino a lei volando, luna in cielo rossa
rugata di nubi narcisa.
Forse, anche tu querula, vorresti
estorcermi quelle due parole due
messe in croce e portate in spalla
per mille vite: via crucis sempiterno
pur di non pronunciarle
se non nel segreto d'una lacrima
per quanto arrotato a dura ammissione
di una resa inammissibile per bocca
che sappia d'acqua salata
dell'annegare d'ogni giorno
... Ma tu non sei la luna, vero?
Anzi d'un gabbiano mi sei nel verso
che dalla costa voli fino a me:
nelle foglie d'ulivo mi sei
l'argento novello librante sul mare
a pelle incanto d'essermi tu
terra promessa. Ci penserai
mi penserai con ali sfarfallante
clamore intorno, riflesso
d'un faro agognato nitore.
*
Via del glicine
da un pezzo che non passo
orme sfumate
*
Di circostanza i sorrisi
smorfie di visi sprecate
formalità/ criticità dell'oggi
estivo: passi pesanti d'afa
vestiti appiccicati francobolli
filatelia succinta
sudata stampa del sè carnale.
Oltre non c'è nulla di cui parlare
di cosa pensare.
E così lontani si è
dal render l'anima alla Terra
... con alle spalle il buio
del cono d'ombra
e senza contare i passi
il disco lanciando allumato
di salti, di giravolte eclissanti
dalle prese d'atto: d'istinto un dì.
All'oggi
chissà se non riusciranno a risaltare
mera circostanza
ancora.
*
Grisaille ostenta
nuvola di conchiglie
barbagli affoglia
*
... d'un attimo
istillandone sul foglio
vaga la grafia allucinata
che sappia di visione
il profumo inebriante
assorbito prima che
appassito
dolce d'uva passa
quasi come fosse
amore
*
Mani di fumo
sfuggenti le carezze
alita brezza
*
Ne hai brividi perchè
ti sfidi ad averne
immagine. E, come
i bambini, ci giochi
con la paura: ti vedi
che più non ci sei.
Ma quando veramente
non ci sarai più
quando davvero
le palpebre saranno
calate sipario e per
sempre, allora non ci
sarà più specchio
a rifletterti. Nemmeno
gli occhi allumati
di lacrime ancor vivi
avranno per te riflessi.
Ridotto in cenere, opaco
nel vento ti allontanerai
consunta passione.
Ecco perchè non proverai
brividi nè dispiaceri
tantomeno dolore o gioia;
di tutto ciò avrai lasciato
perle ai viventi. Ogni cosa
rimandando fuori dal tuo
ambito rinsecchito
a tal punto ristretto
da esser più simile
al seno di molecola spersa
vagabonda.
27/05/2017 woodenship
*
di soppiaTTo
di sopra i TeTTi
discreTa m'accompagni
resinando il cielo sereno
d'aroma d'abeTe spandendo effluvio
già all'iride lucida Ti sTampi
Tracimando con angolaTura sghemba
... anche Tu
ancorchè strabuzzando l'occhio
discendi viluppo d'inTenti e paTemi
umilianTi doglianze
sulla guancia sfuggendo aneliTo sferico
ansito di disincanTo
roTolando sul labbro screpolaTo
sai farTi osTica
Tensione dell'accenTuazione
asTerisco brillanTe
infine di nuovo in cielo
preda che rifulge siderea di sale
sopravvivi libera
disTricata perla
alle valve ribelle
...eri l'ulTima
non ne rimagono alTre
17/03/2015 woodenship
*
Apice ne è una pietra
cuore lavico levigato da stenti
del cumulo che ostruisce la linea
frana di ogni veridico sbocco:
non è come schiacciare bottiglie
plastica da riciclo, rimuoverla.
Occorre tatto per farlo, ripartendo
con i prossimi fiocchi a favore
che c'è da ricordarlo sempre
che questa non è che una pausa
un battito cardiaco arreso
sistole epifanico frame.
Poi si ricomincia
complice lussuria d'uno sguardo
supplice che sa dell'anice di bacio
fresco, aromatico, estorcente un sorriso
sbalzante
da un sedile all'altro
in treno, ch'è giorno cupo
smottante sassi
sui binari.
20/05/2017 woodenship
*
Fluttuano braci
mantici i polmoni
cenere l'alba
*
D'appena sopra lo spigolo
degli scuri, lo zigomo
sfiorando, ingiuria
filtra raggio/ sputo
di sole. Stordisce
che pure decapitati
dello spunto, ci si stia
storti nella tana: mille
e mille volte svuotata
di crucci e radici
come vassoio dalle
cibarie; ma da Helios
sempre rimpiazzate
con vermi e lo sgarbo
d'un mancato colpo
di grazia. Marchiati
lasciando, per ogni
dove feriti: negletti
visionari prede d'ombre
ridotti a talpe
sfioriti stretti all'angolo
ch'è con i forti il sole.
Ingiusto con i deboli
per contrafforti balugina
accecandone verità.
13/05/2017 woodenship
*
Giochi di lingue
lambiscono vivaci
vibrano steli
*
Ci manca sempre qualcosa se ci fai caso
quando pur ponendosi in posa ombre
si sorride umbratili che si mima un cane
in caccia d'una lepre fuggitiva
per interstizi ed intercapedini
irrangiungibile perciò inafferrabile
infine disegnantesi sul muro cigno
d'ombre cinesi fantasia.
Facci caso allora alla bizzarria di certi stili
architettonicamente slanciati
sferzati dalle correnti, nell'equilibrio efficienti
sembrano celare intenti assassini
nel costringere a torcere il collo
all'incauto che provasse, sedotto dall'idea
di sfuggire con lo sguardo verso l'alto
seguendo profili zigrinati da balconi
di grattacieli zavorrati in cielo.
Dovessi farci caso dal basso dei cespugli
da sotto le terrazze decollanti di sempreverdi
nota bene che ci manca sempre qualcosa
fosse pure uno scatto d'ali nello slargo tra nubi;
che poi, quando si va a vedere la foto:
l'antenne lampeggianti in cima
lungi dall'apparire candeline su torta
s'arcignano selve d'aghi infissi maligni
volontà pungenti le mucose d'orizzonte arrossate
dal vespro nell'incistarsi d'ignava gravità
di una realtà fattasi tempio del culto del nontempo.
In essa, se ci fai caso, si fa dramma
non riuscire a dire cosa ci manchi.
06/05/2017 woodenship
*
Perle vermiglie
pegni contro faville
pelle su pelle
*
... per questo sto a perder tempo
e le strappo minuzioso
che poi i pezzetti li metto tutti lì
nel bicchiere di carta del caffè.
No, non per berle
solo per confonderle col buio
all'oscurità restituendole
che sono sue queste storie
pazze, annotate seguendo pagliuzze
di zucchero filato in piazza
su questa piazza in cui è vietata la sosta
... allora che ci stanno a fare
tutte queste auto ferme?
Non si dovrebbe.
Arrampicate per ogni dove stanno
tirate a lucido, nuove di pacca
costose: un mondo di vernici
brillanti fuorilegge, inciampi
per i passanti... oggi, del resto
non corro e non volo
non faccio che incespicare
in ogni pagina, stracciandola:
va così selvaggiamente
in certi giorni
29/04/2017woodenship
*
Fiore di bragia
scoppiettare del rovo
rossi i petali
*
"C'era una volta..." in genere così
si comincia all'orecchio del bimbo
snocciolando favola a che cali palpebra
il sonno conciliando col fantastico.
"C'era una volta..." ti sto narrando
bimba al ruolo ribelle: favola tra le
fiabe la più bella del reame degli
scacchi liquidi viventi.
Già sapevo di te e ti aspettavo regina
pronto ad accoglierti tra gli stracci
di luce, magia del"C'era una volta..."
per dirti ch'è disdicevole lo stallo
da sotto le coltri, con il naso alla pagina
a giocarci l'amore, amanti
gli schemi seguendo dal gran libro
delle favole. Descritta in esso
è facile la minaccia del libeccio:
innalza un cavallone riccio
sulla cresta schiaffandoci il naufrago
illudendolo che sia questo lo stallo
eterno"C'era una volta..."ma sai anche tu
ch'è momentaneo, vero?
Ti dico: sai? Duole che ci sia solo
bianco e nero nel sentirselo dire
e buchi sulle suole di un pedone
sulla scacchiera di corallo.
Ove era inciso il tuo nome ho letto
di te, regina dalle braccia di sabbia
cingenti marea. E che la mia bambina
saresti stata: donna e bambina, curiosità
espungente fascinosa, follia
che il vento non disperde
troppo intento coi marosi nel disimpegnarli
per gioco muovendoli incontro alle torri
delle nuvole, sibilando all'arrocco per darti scacco
mia regina. Tu che giochi con i lacci, le spalline
lasciando cadere, abbacinandomi
nudità. Io pedone che vorrebbe
assimilarsi all'oscuro richiamo
facentesi vento: chiama
e richiama per onde che appaiono
quasi d'una campana eco bronzea
riportandone ch'è l'ora
di scorrere all'orizzonte liberi
e senza rimandi o comandi. Bensì il nuovo.
Di quel mai udito di cui è sì forte il bisogno
come per l'affamato il pane, per l'assetato l'acqua
... Certo avresti preferito di Biancaneve la
fiaba. Ma sono io il principe
Azzurro della Bella addormentata
nel bosco atro dei sogni: orsù
dovrai ridestarti al mio bacio.
Il pubblico bambino se lo aspetta
fai finta di dormire felice
sul tuo letto guarnita di rose nella teca
adesso.
Poi ci sarà tempo
a partire dagli sbreghi sui jeans
a che s'allarghi lo sconforto sul viso
sorriso mesto tagliuzzato di noi
che riallacci le spalline. Rivestita
non rinunciando all'abbraccio
ristagno lasci di te sul palato. Sai
di melograno rosso rubino generoso
del succo di"C'era una volta..."
dal gran libro delle favole
dei tristi addii
amorali.
*
Capelli d'ombra
frenetici danzano
fuoco divampa
*
T'ascolto fiaba
narra discosta
d'ombre la fiorescenza
essenza rara
T'ascolto fiaba
apri al segreto
fiore notturno sole
aere apollineo
T'ascolto fiaba
effondi sogno
irraggiando tepore
racconta amore
T'ascolto fiaba
prece marmorea
arte atavico grido
predichi arsura
T'ascolto fiaba
provochi sete
d'oralità remota
infliggi fede
T'ascolto fiaba
già che t'innalzi
polline vai nel mondo
fa che sia poesia
T'ascolto fiaba
*
Tra fiori ascosa
approdo profumato
veste di seta
*
la senti che ti prende
formicolio in corpo la senti
che ti rende inverno 'stasera
la senti che ti lecca prima
poi secca di tremiti d'averno
che ti si infilza nelle ossa
svuotandole del midollo
la senti
che non c'è scampo capisci
dal carosello
delle foglie intorno
morte
portami su
implori raggelato
con te
lassù
08/04/2017 woodenship
*
Di ninfa canto
ipnotica melodia
opalescenza
*
Fuori bolla la coppola sul cranio
incollata per un nulla ai capelli crespi
che basterebbe meno d'una scoppola
a vederla volare trottola vorticante
subdola... Ma che c'entra Capo Verde?
Di quelle isole immagino spiagge nere.
Vulcaniche, onde ne stringono al collo le coste
di morna strangolandole con saudade
E'qui ch'è nata Iris: indolenza nel passo
sulla sabbia scura luna luccicante ebano.
Iris che affonda il coltello nella pancia
nuda e cruda del pensionato; che volesse lui
stuprarla, lei lo ha sostenuto; Iris che rigira
gli spaghetti in padella, nel salto
rovesciandoli per terra, che così i vermi
ci si ingrassano. Poi avrà anche pianto.
Di certo rideva, intanto che bruciava la cipolla.
Pure che bevesse lo dicevano. Io so solo
che questa è la prima sera: l'autunno
nelle orecchie ronza trapanando
con strazi e balbuzie fino al cervello.
Senza requie gli acuti assillanti risucchiano
che ci pensi a Capo Verde, al sole, al ritmo lento
del vivere e ad Iris che galleggia vittima
improvvida assassina inebetita
che persino la morte rallenta
dietro le sbarre.
*
Tralci di vite
aggrovigliate membra
fatua la riva
*
Il massimo era andarsene per muschio
in giro per boschi e colline quelle mattine
in cui il cielo era il cielo
ed il sole il sole: rispetto alla Terra, ognuno
si tracciava il suo confine netto;
noi ci giocavamo spensierati.
... E di strade e persone era solcato mondo:
arancia incisa con piedi dalle orme taglienti
sbuccianti paesaggi determinanti differenze
conferenze, raggi e diametri fuor d'ogni apparenza.
Il coraggio era sposo dell'incoscienza
entrambi convolavano per potere esistere
ancora: un sussulto nel rigirarsi di pianeti
... che se ne vede il rosso tuttora accecante
di quella ruggine da muschio
persino dai polsi della notte
schizzarne sangue
sugli occhi.
03/01/2017 woodenship
*
Scia di lucciole
oscurità s'accende
a velo scorre
*
Temperato contegno
ha quest'inverno
dallo sterno privo
del gelo abituale
e dalle costole di
marcite non più
salde sbarre
di cassa toracica.
Nel polmone di campo
le sementi perplesse
germogli hanno nei
bronchi, già pronte
alla messe, sono
cognizione avvolgente:
che già subissi, onda
d'intemerata fantasia
rimuginando, palmo
a palmo traspirando
moltitudine verde
senz'altro confine
che siepi, grovigli
di nuvole incolte
promesse.
11/03/2017 woodenship
*
Frusciar di giunchi
trasfigura la quiete
nota che sfuma
*
Scarti discerni dai toni scarni
lai di frati incappucciati nei
sai, incatenati nella cripta custodia
da secoli d'un torto, al femminino
furto di grazia. D'ossa svuotate
nei chiostri risuona cauto dai teschi
asterischi bruni minaccianti il visibile
nell'impossibile d'una domanda:
"Ce l'avresti mai visto, Nostro Signore
di questo rigoglìo di fede
simile degrado?"
... Ossessiva demanda all'eco
che nell'edicole affonda stupore
ricercandone traccia
dell'orrore: orgoglio che fu
inquisendo
04/03/2017 woodenship
*
Fu bocca che si spalancò al rutto
il big bang: sconfinamento fuori dai denti
d'una poesia/ porta aprentesi logaritmica
dalla metrica caotica materia oscura
strofe di passaggio da inerte a vitale
stanza poetica/ sfintere dilatantesi
flatulenza/ Lirica astrale dalle viscere
uscente dalla quiete di nebulosa
non più satolla ma desta alla necessità
del salto: dall'oscuro
connettendoci vita a stillare
conoscenza; per poi diluirci intelligenza
al fine di instillare consapevolezza
che si è umani perchè si ha estro
energia per la riproduzione estetica
dimensione etica fantastica informa
universi conformandoli in versi.
25/02/2017 woodenship
*
Ansa selvaggia
notte fonda disseta
trepidi sorsi
*
Quando poi, fuori, così caldo è il sole
ci si può anche credere che perduri l'estate
fulgore mattutino d'orgoglio pulviscolare
che c'è un bel tepore in sala d'attesa
tra sedie e numeri a contarcela
alla volta rifacendo gli stucchi in lattosio.
Ma non appena chiamati
allo sportello a render conto
no che non si può più ignorarlo
che poggi giallognola una fogliolina
sul nero della borsa guarnizione
linguina più fredda che l'aria affilata
finitaci chissà come tra le dita
rigirata meraviglia tra i presenti
figlia d'un ciclo che non lascia scampo:
smunta di clorofilla esangue
vanescendo silenzia.
18/02/2017 woodenship
*
Stupito sguardo
prua scivola silente
fender di bruma
*
Danza immobile si fa dalle stelle
con sferze di cera la pelle arrossando:
brucianti d'amore strusciano
spasmodiche lambendo in sospiri
strianti, travestimenti e fiammelle
sangue d'accesso in valzer di corpi
sospensioni tremule nel vento solare
... e senza più peso
eppure vanno lontano
allontanantisi
lo stesso danzando
20/10/2011 woodenship
*
E' un pretesto la poesia, mi dico
e te lo dico: una volta tanto vorrei fosse chiaro
così da poterla mettere da parte
con espedienti ed artifici
in modo da riuscire sincero del tutto.
Sarà che a bruciarmi sono i palmi delle mani
con i polpastrelli che li sento cerini accesi;
sarà che le piante dei piedi brucino anch'esse
come da passaggio su carboni ardenti;
sarà l'ipocrisia che passeggia sfrontata
a braccetto col cinismo compiacente; sarà
la goliardia del cazzeggio: sfarzo
d'un selfie prima dello schianto
... Ma io mi sento un po' lucertola
assuefatta al silenzio sul muro
di sale il profilo esitante sul filo
tra luce ed ombra
da dimenticare
11/07/2016
*
Cosa mi instilla in cuore paura
scollinando ultimo raggio di sole
che ci sto sulla scaletta poggiata al fienile
preda di umori svaporanti?
I richiami vicini lo dicono
delle bestie rientrate
delle fatiche spese
del sudore raffreddatosi sotto le ascelle
e intorno al collo, fin giù per la schiena
le membra afflosciando.
Ma essi non dicono del buio
perchè debba inquietare peggio
che nella lotta, il fuoco, tra formiche rosse
e scorpione: scadenza imposta;
non dicono se, a sottoporre a tale prova
siano mani fanciulle incuranti
intente all'innocenza d'un passatempo.
Perchè mi piacerebbe saperlo, scrivo
perchè mi sento spesso di morire.
Allora cerco di sgattaiolare fino al tetto
nello scadermi di fronte e di terga
d'ultimi baluginii che ci sto già sulla scaletta
rapito dalle svisate di pipistrelli
badando bene di disorientare la morte.
Perchè dicono di lei che senta la puzza
di chi ha paura.
E chi ha paura, per lei, è già morto.
Dunque mi sforzo di raccontare un lemma
punta di un iceberg linguistico
infestonato di luci, allontanantesi lemme
lemme, incastonato di boria
algido come si conviene, così candido
quasi un pupazzo di neve
terribile nei sogni nel cozzare di parti
sommerse e mai espresse, se non capovolte
di senso: urticanti prese di coscienza
negli urti
... e mi pare d'aver detto tutto
anche del pur minimo desiderio
del suo squassare il petto con colpi di tosse
in quel vuoto opprimente
alienante come uno strisciare di coda
in gola
paura.
28/01/2017 woodenship
*
... ricordo dei tuffi il fragore
gli spruzzi/ il timore nei tuoi occhi
che più a galla non tornassimo vivi
se non privi del sentimento
30/ 11/ 2013 woodenship
*
"Ma all'inferno!" Sbottai.
Nel profluvio, che mi chiedevi
dove fossi stato: veloce
la lancia scorreva. Il pescatore
squarciava le prede, al vento
gettando le viscere. E la gara
tra rondini marine, gabbiani
ed albatros, esplodeva selvaggia
di picchiate e cabrate: feroce
sopravvivenza all'inferno.
A mezz'aria, a pelo d'acqua
con l'avanzare dell'urlo
dal ventre al cervello
così da dilungarti orgasmo
ruotavo costante di fianchi
così da arrivare a te
lento rimbombo dagli scogli
così che tu mi vedessi
come zucchero di canna
diluirmi nel caffè dei tuoi occhi
... Dove fossi stato
stavi chiedendomi
che dagli abissi risalivo
tra le tue gambe
umore d'agave.
19/09/2011 woodenship
*
Con noncuranza e lubrica scienza
gettata su quel divano smossa e studiata
quello in similpelle bianca
s'addolciva delle mollezze di forme
del fluire morbido di ore natura morta:
modella mai vista se non in sogno.
Lei attrice di fiabe d'amore e sesso
di ciò che si muove non visto
e lacrime trasparenti di luna.
Lui cercava di fissarla su tela
nella mente insistendo nel farla propria
con mano scorrendone nudità
con pennello abbozzando profilo
psiche sfuggente dai colori e sfondo d'inverno
espressioni dileguantisi fumo dai camini
sentimenti retrattili in spine sui rami
... Alla fine sospese di frullare
guardando lei messa a nudo nivea
poi il ritratto
poi lo specchio
restando con braccio in aria, pensoso
come merlo sul manto perplesso e nero
dove stesse
non capendo ancora.
*
... Bisognerà chiederlo a quelli di Gaza
o ad Aleppo, tra le mille opposte fazioni
magari anche nel Kurdistan siriano
nel Congo, in Etiopia, in Somalia...
E perchè no nelle Filippine o in Nigeria?
Nelle favelas forse è già primavera a Rio o San Paolo.
Ma ci sono primavere che sono già autunno
ed autunno ch'è festa colorata chimera
per Haiti dilavata o Kunduz assediata:
chi resiste all'autunno eritreo
solo l'inverno lo deciderà
coronando le salme con fiocchi di segale
cornuta sfarinatura di bombe per i resistenti
impolverati dall'autunno impallinati
dimenticati anche dal nuovo anno
a Ramallah.
***Spero che i tanti botti non vi abbiano spaventati. Tuttavia sono certo di averne dimenticati molti altri. In ogni caso credo che siano già sufficienti per festeggiare l'arrivo del nuovo anno con la consapevolezza che il mondo è sempre in guerra, nonostante la falsa certezza di molti, di poter vivere in pace quando tutto intorno è uno strepitare di armi e di lamenti, di fuggitivi, di morti e di feriti...
Per quanto mi riguarda vi abbraccio tutti augurandovi il meglio per l'anno a venire, affinchè possano vedersi realizzati i sogni di tutti e la pace per ognuno......
*
Dove lo fai se non hai dove farlo
certe volte che te le senti dolere
e ci stai male se non lo fai, animale
colare livido sperma come la cera
calda dalle sfoglie di pelle. Nesso
lacera, che per un coito non si abbia luogo altro
nè rogo su cui immolarsi, se non in piazza
ai piedi dell'edicola non paghi di sesso
percepiti amanti
tra aiuola e ferro concependo
strato su strato ruotando i fianchi
scatola l'amore racchiude le spinte
scatola di cartone anonimo:
vela ansima, silenzia gemiti
il palpitare delle giugulari celando alla vista.
Scarabocchi i corpi ingarbugliati agli occhi
che li smembrano dipanando il buio dai ventri.
Convinti d'aver visto
e magari non è stato.
Ora che la miseria non s'è spenta
che la voglia s'è appassita
che il borbottio di pancia lo dice dando peso
all'allontanarsi nella notte
percepiti per come s'è stati concepiti:
figlio cadente foglio
creatura di cartone.
22/12/2016 woodenship
***L'ho scritta che non era ancora Natale, anzi si era d'estate. Ma, non appena finito e deposta la penna, mi sono chiesto se non poteva rappresentare un Natale diverso. Un Natale sul quale potere riflettere da un'angolatura differente dal solito.
In ogni caso, è da questo luogo"altro" che voglio ringraziarvi tutti, miei carissimi amici. E, ringraziandovi, farvi i miei più sentiti e sinceri auguri per le festività a venire, affinchè possano esservi ricolme d'affetto e serenità
Un carissimo saluto scoppiettante di stima.
...................W...........
*
Festa di solstizio
il dì è più breve
qua si ricomincia:
come la caccia
abolire addobbi
balenii di luminarie
vetrine fugaci
spari
giorni crudeli...
11/12/2013 woodenship
*
... a sera, nessuna manca
e gioisco una volta di più che vengano
onde a salutarmi risaccando bianche di spume
con svolazzi di gabbiani
echeggianti delle sirene il canto
(mai l'avessi chiamate a riva
anch'esse: m'illudono ancora
sebbene langua spiaggiato)
... e ci sono proprio tutte: onde
che mi impaurivano perchè sconosciute
a me che non sapevo nuotare;
quelle dell'oceano che sfidai
non appena fattomi più esperto;
quelle che mi lappavano con sabbia
e ghiaie incestuose, viscide di risucchi
lambenti con alghe voluttuose, fautrici
delle derive di relitti di passioni esotiche
psichedelia d'impatto straniante: adesso
che tutto mi scorre incontro moto
ondulatorio ch'è l'ora
di dormire
16/10/2016 woodenship
*
... qua pigre si sciolgono le ossa
sbiancando come calici di giglio
ma tu vai oltre il vuoto
oltre ogni possibile vuoto
se hai fretta
io oramai un tavolo non ce l'avrò più
almeno fino a domani sera
non potrò colorarti come vorrei
allora lasciamelo dire: notevoli le chiappe
di vergine callipigia adagiate sulla sedia
come le cosce tornite accavallate sode
che fan pensare che non siano d'un viso
ch'è così di bimba quel viso
testolina dai capelli raccolti in coda di cavallo
qualcosa vorrei dirtela perchè mi piaci
pure se suonerebbe banale
già che ti stanno sulle guancia
le mie dita sfiorandoti quanto sei bella
chè sei giovane ci vorrebbe essere immortali
o forse solo indistruttibili e così sfidare lo spazio
una volta fuori dall'atmosfera e viaggianti nel tempo
si potrebbe sognare di Marte
ma come resistere ai suoi vanti
se la più soffice delle brezze terrestri già mi atterra?
Dovrei possedere la tua costanza
nell'apporre un prezzo ad ogni cosa
anche a questo viaggio su Marte
del costo di una carezza mi dici
a giro per i canali
passando per l'interno delle tue gambe
fino alla frattura composta
epicentro fremente d'orgasmi tellurici
di te marziana dai piccoli seni puntuti
tuo è l'odore delle polveri rosse
dei mari consunti tra purpuree costole
dolce mi è galleggiarci in quel punto
erogeno tra cielo e mare ramato
ive s'immerge talvolta anche il sole
rilasciando ultimo scampolo di bagliore
fuggevole miagolio dal balenio ingannevole
di felino schizzante su pattini d'argento
incontro alle lune marziane
seguilo se vuoi che t'appartiene
senza fermarti oltre la china vai dritto
del gatto di stelle seguendo la coda
ondeggia invitante
ma tu non incurvare già le spalle
non cedere già all'affanno
che tanto non lo raggiungi
e che per morire c'è tempo
non fermarti allora se hai fretta
11/11/2016 woodenship
*
Roteano in aria
fantastiche planano
note di vento
*
Tosto insceno la notte ed imposto la voce:
"Di certo non tu
che ti dici riccio..."
Affumicato canticchio che rigiro castagne
annuncuando un cambio:"Braci
per il tuo corpo appetibile
polpa da sfarinare sul palato.
L'anima già la bevo dagli occhi
incandescente brusta fumante crosta."
Perciò ti chiedo
chi resista al pungere dei tuoi aculei
nel ventre molle dell'Ippocampo.
Non lasciare che sia il primo gelo
a dirmelo, tra colpi di tosse, traspirando
vapori dalla bocca, pur io ansante
faccia al cielo, rinsecchita buccia
tarlata di vermi lunari
tosto che s'inscena la notte: onde radianti
nell'universo quantico, si è e non si è
allo stesso tempo e in ogni luogo;
non il destino
e nemmeno la fede o il caos ci guidano
bensì l'apparire-scomparire nostro
prima e dopo le curve spazio-temporali
che più non ci si vede ma ci si sente
presenza: respiro cosmico delle galassie.
Così insceno la notte con braci
impostando la voce:"Di certo
non tu, disillusa, che ti dici riccio
all'abbraccio resterai chiusa:
carne universale ti aprirai
fragranza"
... Intanto rigiro castagne
sogno non-sogno
intrecciantisi membra
scoppiettanti ceppi stellanti.
27/11/2016 woodenship
*
Della coscienza si noti
quando in silenzio s'acquatta:
sul viso è come si disegnasse gioco d'ombre
di foglie d'acanto incrinate da crepe
deturpanti gote cerulee, non in gran salute.
Esse sono opera di un demone
le ha dipinte in gran segreto
sulla tela che dovremmo guardare
di tanto in tanto: gente distratta
rollata di qua e di là
... Fosse anche al rantolo
prima di assolverci umanamente.
17/02/2011 woodenship
*
... ha posato cappello la notte
sui marmi ha deposto velo di brina
opali di luna sulle ciglia dei colli
impatta all'occhio filo di fumo
errabondo
... c'è qualcuno nel bosco
il bagliore è d'un bivacco...
folletti novembrini
riluttanti al letargo
frammentano faville di storie
08/11/2015 woodenship
*
Già che t'argenti ricciolo di spuma, dimmi:
ti ho mai parlato degli sbuffi di fumo
delle boccate aspirate senza fretta
dalla sigaretta poi rese pensose al cielo
e del mio volarci appresso?
Così lontano vanno a spinta di polmoni
modellati in cerchi dalle labbra.
Una volta espulsi, ectoplasmi li dico:
estromesse entità dal fuoco di me
d'inseguirle mi vanto pur se irreali
profonde di viluppi intangibili
avvincono lo sguardo con sofismi incerti
riflessioni concentriche impaginate
di notturno le amo.
Perchè mi piacerebbe tanto te ne parlo
a che tu provassi a sfogliarle aneliti d'ansimi
composizioni dai miei quaderni d'amore.
Perciò ti prego: spogliale
un sospiro dopo l'altro
le volute scorrendone strato a strato.
Sarà allettante come intrecciare serti d'alloro
con folate di desiderio che infiorino foglie
nei diari arborei incollando pagine fumose
dissolutezze tra cipressi e querce
... Non te ne parlassi
tra una boccata e l'altra
che ti ho tra le braccia rannicchiata
tra querce e cipressi verrebbe meno
dell'abbandono
l'irrinunciabile fascino.
06/11/2016 woodenship
*
Cerco sempre di essere retto
di rispondere acuto e mai piatto
così da riflettere convesso nel concavo
luce di lenti non deformanti:
convergere è il vero problema
a divergere c'è sempre tempo
il tempo di un valzer
volteggiare di polveri reclamate dagli angoli
di cratere in cratere ballerine
le rimugino nell'aria viaggiatrici
ceneri nembi di magma
piccole cose di me ceneri sparse.
Ci sono angoli ed angoli di terra
alcuni trincerati e spinati
minati/ altri in pace tra loculi e muri
assolati o all'ombra angoli di cimitero
pretese resurrezioni permangono in essi
adiacenze di casse toraciche in vasi
inconsce spoglie comunicanti immaginario
terra sul palato e sotto terra i piedi
affondati all'umido o al secco
nel fegato le ragioni dell'angolatura
direttrice per conosciuta via
a stretto giro rigiro vizioso
sarà per questo che non vado più al cimitero
Ci sono spigoli di marmi ed angoli ottusi di terra
al cimitero promettono silenzi di pancia
acquietarsi di affanni licenziosi
ma io non vado più al cimitero
27/11/2014 woodenship
*
... schiocchi dalle vele strattonate brusche
dal vento sibilante tra gomene e sartie:
beccheggi e scricchiolii dal ponte
potrebbero dirti molto di me;
che anche potrei abitare un libro
come pure un audiodramma...
e fosse tua la scelta in che punto aprirlo
o in quale momento ascoltarlo...
... sarebbe come se, dalle pagine
rampini ne schizzassero fuori
e le parole scritte
corsare, venissero all'abbordaggio
sarebbe come se, l'ascolto di esse
favorisse l'incontrarci personaggi
di favola tra i meandri dell'udito:
converresti, allora, che mai lettura
mai udita avventura, ben scandita
dizione tra rollii e spruzzi
potrebbe sortire effetti di carezze
di brezza più ipnoticamente suadenti...
tua la scelta
30/10/2016 woodenship
*
... bisognerebbe dirlo
non solo delle barricate,
ma anche dei barbecue. Esibiti
in video belli fumanti e friggenti
di carni stuzzicanti: in faccia
che si fa festa e rivolta
che anche questa è spocchia fiera
in faccia a chi da tempo non ne odorava
di così buone, umane
e miserabili.
*
prima che in fondo
fremiti d'aria si è
che non si muore mai
almeno fino ad un istante prima
che ci si fermi in fondo ai pensieri
(sussurro di tenerezza sfumata)
ma sempre vivi nel gesto
a carpire segreti
nei sorrisi
planando su labbra di sabbia
in cima alle emozioni
sul vetro della finestra sul mare
condensa si è di vapore sostanza
mai estranei di natura
giacchè alla natura non si è estranei:
... ali sfuggite di gola siamo
sul vetro della finestra dei giorni
mai estranei alla vita dovremmo sentirci
poichè non si è estranei alla vita
condensa d'alito consistenza
in cima alle emozioni
almeno fino ad un rantolo prima
di restare in fondo ai pensieri:
... così tu che plani sulle mie labbra
nel sorriso
a carpirmi soffio vibrando crisalide
sempre viva nel gesto mi sei
tu
fino ad un attimo prima
quando ti ho fermata
prima che mi restassi in fondo ai pensieri
che così non si muore mai
neppure in sogno
fremito
mai a spegnersi
in fondo
04/07/2016 woodenship
*
Svolazza leggero, anima di carta
giocando a prendersi con un bicchiere
ruzzolante plastica scalciata; pare
il tovagliolo un gabbiano nel gran mare
piazza realmente virtuale procellosa
col bicchiere bramoso di berselo d'un fiato.
Fredda l'aria s'arresta tra i denti
a catturare gemiti fantasma, stretti
circoscritti allo scenario di rapporti
inscenati, ispirati e stampati
ascritti da una raffica agli schermi
mugolanti faville vaghe
chè nel giro d'orizzonte si socializza
pazzia. Viralità d'un fantasma
gli occhi buca, infilzando spiedini
di neuroni alle orecchie: "Vorresti/
Vuoi/ Stai girando un video?
/ Bravo/ Bene/ Fallo che mi si faccia
un sarcofago virtuale: malevola l'orazione
l'erezione/ l'interpunzione/
che ci si stracci di pelle spogliati
quelò tanto da morirne: senza circonvenzione
d'incapace: l'ordalia sugli accendini
accesi dei social: che si fa come al concerto:
euforica star: rabbia a dilatarti il sesso: eccita:
: Sì: porca per me: per te: per gli altri: per tutti:
... Per sempre?... Comunica che ci sono ora:
poi non più: una volta bevuta".
Strania che un fazzolettino bianco di carta
si rincorra con un bicchiere di plastica
nella solitudine della piazza girando
in tondo realmente solitari. Il bicchiere
stride trasparente, strusciando rumoroso
la gioia stupida per il gioco feroce.
Il foglietto prende il volo elegante
annichilente la filata
il bicchiere lasciando in bonaccia
inchiodato ad un fermoiimagine.
9/10/2016 woodenship
*
Oggi c'erano stracci di sole
aleggianti veli laceri di nebbia.
Ma era strano l'umore
come di chi vede l'anno già sfumare
eppure era solo il giorno
a digradare verso sera...
Ora ch'è fonda
quasi notte
qualcosa carezza e sfugge.
*
... ti addento, sai
che sai di mela
i tuoi glutei sanno di mela
già che ti atteggi prona
flessa al piacere fruttante
il succo dall'esserti sciolta
me ne viene per le dita
che ti lecco che ci si aggroviglia
e mi lecchi colla al collo
come francobollo appiccicandomi al petto
perchè mi vorresti con te anche domani
domani... (anch'io ti vorrei sempre)
senz'altro per le mani
spogliato di lingua e di bocca
tra i tuoi seni imbustato
non imbucato ma tra le tue mani
pendente come un peccato
di quell'inclinazione perversa
che ci faccia rollare raggianti
dall'ansimare mimetizzati
irreprensibile delirio
che ti morda che sai di mela
che la tua pelle sappia di mela
peccaminosa
25/09/2016 woodenship
*
D'acqua piovana i ristagni
slarghi di cielo
per rigiri viziosi in terra
mani affondate nelle tasche
formicolii agli arti
punture di ricci alle dita
che ci si gira attorno
il cuore stretto in pugno
oggi
ch'è autunno da un pezzo
e ancora gremiti di foglie i rami
28/10/2013
*
trovarla, seppure enfia vescia
una ragione purchessia
nello stagno le rane l'aspettano
interrogandosi dell'oca tronfia
del rutilare di virgole d'inciso
memento e patema nel pantano
chè, ora, vi si vorrebbe accedere al non-detto
con quel che gelosamente vi si intrattiene
di curva in parabola ascendente
ovvero significato fuor di misura
a motivo che s'impenni bizzarro non-detto
... è come farsi rapire dal mutismo
in barba all'autistico rimbrotto dell'airone
sfuggendo il significato reale di tanto saettare di sguardi
ma i batraci sanno che in tutto questo non c'è amore
solo tesoro di dinieghi, di non domande
i rospi non hanno obbligo di risposta
null'altro che smuovere frasche
con libellule a schizzare proclami
su e giù per terreno fradicio
La verità ultima è che ci siamo solo io e te, anima mia
nel canneto, foss'anche nella melma
che per nulla si lascia rovistare
noi, con egual costanza del saltafosso
elegante nel rivoltare sassi
e rapido nel far suo il verme
noi, così inclini a debordare
21/05/2012 woodenship
*
... ch'è finita l'estate
fredde lo asplicano le stelle
in condensa alle labbra sfuggita
talvolta bianca e preziosa
cade a foglia percezione di pelle
sfumata di spezie essenza
rilucente presenza in stilla di resina
sei tu incontenibile fiorescenza su raso
scaturente non più prigioniera dell'ambra
ora viva e palpitante
tu che dall'ambra fuoriesci scompenso
tu che di tenebra mi assali
(di tra il fogliame) che miri la gola
più accendi visioni
canini alla gola più arroventi l'orgasmo
graffio alla tela stellata
universo basso addensato nell'urlo
grido scrosciante di vetri
bottiglia in frantumi la fine
23/10/2014 woodenship
*
... più fluido lo scorrere da mente a mano
da lì al quaderno: nero su bianco, lo sento
come ti arrivassi volando sguardo marino
atterrandoti onda d'ebrezza
pronto a fondermi al tuo tocco di seta
in gara con i fiori ad appagarti sgargiante:
al vento che domanda
fruscii rispondono
ovattati dalla notte calda
forse che evochi flutti dorati d'aurora
il prossimo ammutolirsi delle ombre?
Naturale ed eccitante attrarti freschezza
cercandoti in ogni riverbero.
E'più che un desiderio ritrovarti Eos
carezza dalla più fievole delle luci
d'un tuo sorriso di rugiada
chè c'è verde per ogni dove
come pozza marcia è di verde il mondo
colando dalla pupilla
fino in fondo al cervello
lì dove è ancor più rovente
e più decomposto il verde stagnante
... calura d'un giorno in più a venire
mi aspetto
aspettandoti refrigerio.
04/09/2016 woodenship
*
Pagliuzze dorate
ramate di pampini
sminuzzi d'azzurro
di tra le verzure alte
confusi sfilacci di risulta
dai campi mietuti
pulviscolo bisunto alone
occhio non più limpido del sole
ora reso polveroso d'afa
velo
impalpabile
di settembre
25/09/2013 woodenship
*
... chè ci pare asservita sempre più spesso
tanto ch'è la Terra stessa
a dovercelo ricordare d'essere viva
quando con tremiti e boati
abbracciando con macerie
pone al vaglio anime in sonno
per noi senza risveglio
26/08/2016 woodenship
*
Andremo
dove avremo da andare
ora appannati
ora lustri
in grande spolvero di brillanti
... come pioggia sull'asfalto
prima punteggia
poi lucida
infine evapora
16/11/ 2015 woodenship
*
Rara non tanto
una notte così avara
che nemmeno dona pegno
d'un sogno la promessa
Solo nei movimenti d'un gatto
centellina emozioni
di soppiatto col vento
che va e che viene
03/ 08/ 2015 woodenship
*
(Innata la violenza)
...dei miasmi dei corpi soluti
all'aguzzino poco importa:
"tra le mangrovie restino i fantasmi
sul confine tra terra e mare"sembra dire
tra uno sforar di bisturi ed un tocco d'eletrodo.
Accanto a sè ha la vittima
l'aguzzino la tortura con sapienza
(quasi amore si direbbe)
alle volte, il polso tastando, esamina l'occhio
e se sta per mancare sosta
col moribondo tirando il fiato.
Poi riprende.
Macabra la costanza nei secoli:
sadico e meschino
si direbbe amore che divori con odio.
Orde vedono la luce dei roghi feroci divampare
dopo aver ferito e stuprato
per poi perire a loro volta.
Ma l'aguzzino dell'incubo
che sulle nevi rosse scia glaciale
alla fine se ne torna dalla sposa quieta
e, dopo un bacio al figlio della notte
a tal punto si disperde nella vastità del nulla
che par che dorma il sonno atavico del giusto
25/08/2010 woodenship
*
Scrosci da un raccontare incantato*
Siedi ch'è tardi/stanche le gambe
che l'aria gela. Ad un po' di calore pensi
che ti sovviene l'inferno: il diavolo ne sbuca serio,
Parlando piano e costante, di Creso e di Mida ti dice
dice di Colei che scroscia, dice che piove
ch'è logica fragile volerla imbrigliata:
quando di Colei è tempo
che nel greto si enfi fiumana
assassina furente
libera di tracimare esondi... Facendosi madre
al diluvio corrispondendole saetta
che già squarci il sudario nel buio/ atterrendo
sul petto umano acquattandosi, Ella impudica/ illividendo
chè della vittima è ultimo il rantolo/ illuminando
rilasciando fiele dai seni di torba/ lampi da tregenda
al suo cospetto risalti il pallore/ nell'orrore svelando
l'inganno: già che gli angeli sono mortali
/ sono deperibili gli angeli.../
E vecchio il diavolo, di Erodoto indossa il chitone
ti si avvicina tutto vestito di bianco
che la notte è fresca ti dice
Della testa di Ciro il grande affogata nel sangue sussurra
dice dell'artigiano imbalsamatore di Luxor
dell'anima ti dice
dice degli angeli che presto s'appannano
poi che degradando restano ossa
segnando della vita il confine:
a tanto dalla culla ancora lì
saranno; alla struscia del vento
assoli di fischi e brusii
canzone nel vuoto tra costole
pettinatura d'erbe e fiori di campo.
Della dipartita tutto il cordoglio
della solitudine non allevia l'orgiastica
vicenda umana: è l'enigma/ falso enigma l'anima
riproposto sempre nuovo/ opera del mercante di Tuscia
che pare sentirlo estenuante/ etrusco vagabondo solitario
incessante prorompere dal rigore/ esule per le steppe di Scitia
irrevocabile di morte/ artista di atomi e molecole in angeli.
Se un'anima in corpo c'è/ plagio ha da essere l'anima
dove possa o in che riparo irrompa/ già nel riverbero risalta
o se mai dalla carcassa se ne sia/ spettro dell'astro che fu
distaccata, convolando inconscia/ stella riducibile
sull'onda cullata via dalla melodia/ luccichio labile
Oltre Aldebaran e più lontano/ arrivata in vena è Colei ch'è d'Acqua
oltre l'ultima galassia/ che già muta geografia astrale
in comunione arcana di energie/ con dita di ghiaccio fruga
celesti e misteriose motrici astrali/ annacqua sino al midollo...
Rimuovendo: dice del sogno/ dice del mito/ dice della ragione
sul confine tra sogno e follia t'inganna che pensi
che credi che ti stia parlando
ma è solo senescenza
malattia che fa latrare alla notte
arringando le ombre
*Dedicata ad Erodoto
24/08/2010 woodenship
*
Si apre funerea la palude, gorgoglio smorto
filtrando tra le foglie morte, guida
consapevolezza che non stagna
l'esistenza: filo contorto
inebria e illude, però mai immobile
pur non compresa nel senso mai langue
ne sa colei ch'è d'Acqua
e della favella possiede il canto
delle conchiglie all'orecchio il muggire dei marosi
lo sgorgare di fonte nelle gole tra monti
la sferza fischiante dai bacini travolti dalla pena...
E'così che possiamo dire di averlo fatto nostro
il suo linguaggio di passione piena
come anche la paura che ci venga tolto.
Noi che temiamo di ammollarci nell'angoscia muta
ch'è condanna all'afasia: che, esplicare
soltanto adesso si possa, e mai più
e che rimanga indicibile, infine
l'atavico rimbombo per geni
vibrare del messaggio dallo sprofondo dei tempi
che la parola sia possibile e sufficiente
a noi viventi per condurci oltre le stelle
complessa materia onirica fino ed oltre
del chiarore il tormento e delle stesse il collasso.
23/08/2010 woodenship
*
D'acqua in sangue e lacrime
... scorrendo frenetica nelle vene
Acqua
intride, pervade, invade
sangue
dando impulso alla genesi
per discendenza infame: sangue
torbido di passionali diluvi
sfascia, esondando nell'animo
recondito da dietro ogni volto
capillare e fondante d'un soma
della struttura dell'architrave
genetica dalle linee sinuose
in anse fluviali rilasciando pensiero
divelto annegato in effluvi
di sangue succo d'agave. Appreso ai rami
inebriante
ai tronchi
alle rocce appresso
tra gli umori nel bosco folto
rappresa traccia del desio dissolto
muschio vellutato residuo di contatto
vestigia
d'un essere dalle origini sconnesse
ardito, nel riproporsi cangiante
evolvendosi espressione di progresso
e sentimento liquido
umano: la lacrima
23/ 08/ 2010 woodenship
*
Da allora Colei è sovrana: piove
scroscia, spreme, spiove
frangendo creste in nuovi deliri
brulichii depositantisi a battigia.
Sovrana e maestra d'ascia ne fa cantiere:
avvia/ brutale tronca/ addrizza/ pialla
alliscia... spettro, infine sovrintende
il battello varando di coralli:
veliero andante, la polena dilavando con procelle
il molo dei mondi di cristallo strisciando di morte
prima del mare fondo tra Scilla e Cariddi
ove l'enigma persiste: l'orrore
come si cattura di Colei, forse
con la grigia grafite nell'anima
il colore del sangue addensando?
Come resisterle
quando scrosciando piscia spore
da una matura vescia
strappando vermi alle salme
sfatte?...
Ci manca l'equilibrio sul ponte
da tempo immemore
tanto che, umida, ci fa lacrimare
tempesta.
23/ 08/ 2010 woodenship
*
Della quiete, passo a passo
la narcosi si rese evidente: delle polveri sospese
la noia e l'impellenza che scrollasse dalla stasi
nelle molecole instillando il moto verso una stella
forma volta a crear sostanza.
Chissà quante volte di quell'equilibrio precario
e quante volte la matematica della casualità
l'aveva rotto
nelle nebulose provocando la favilla
sprigionando il fuoco della fissione:
nevrosi ed amori nacquero
assieme ad esse la gelosia.
Al fuoco alla terra ed all'aria
l'acqua s'aggiunse.
All'inizio come pioggia che pigola
poi in vapore sfrigola.
Infine come Colei che d'acqua si fece
e negli abissi generò la vita
... favilla anch'essa.
23/08/2010 woodenship
*
Setate le ore canicolari
tediose scorrono esatte
irreali saette indolenti
che neppure ghiribizzi d'esteta
anagrammando l'estate faceti
ne movimentano attese nell'aria.
19/06/2014 woodenship
*
Un discorso mai iniziato
per questo mai finito
a maggior ragione anelito reciso
rimasto solo un neo
un'efelide introduttiva
... realtà puntillista
il tuo viso già scarno
un punto e nulla più.
18/11/2011 woodenship
*
Il bacio che rimorde sa di gesso
spiove di rosso sulle labbra
sterzando nel buio. E' mistero
di chi sia: il Potere ha tanti volti
ma solo una maschera, rigida, ossessiva.
E'folle e non solo apparenza;
la freccia di luce che sprigiona dagli occhi
abbagliando, ammalia effimera
mentre, avviluppando di corde, assassina
il coltello d'osso rituale affondando alla schiena
così da fare della vittima un arlecchino
colori melma di fosso
con indosso il vecchio costume
dalle nuove macchie di sangue
petrolio e fango
all'occasione pronto suicida
11/03/2011 woodenship
*
Sensuale risuonare ritmico/ i tuoi passi intorno al sole
corsa tra i rami fitti col fiato grosso del pesco in festa
l'albero tuo cuore atomico gemello astrale
all'unisono vibrava con gemme e boccioli allo sguardo
Studioso io del tuo essere unica
forma di vita nello spazio
ora svanita
come un canto dell'estate alle prime foglie cadenti
Ma so che ancora esso splende
so che il tuo sorriso tuttavia illumina:
è rimasto caldo, seppure lontano
invisibile per tutto l'inverno
stagione lunga d'assenza
delimitante vuoto ch'è ancor tale.
Pallore che si dilata freddo
è il tuo pesco a negarmi ora
la vita: lo sbocciare di tra le stoffe
della tua pelle ai baci di vento
sfrangiarsi di vampe
dal raggiare di corona solare
30/04/2012 woodenship
*
prima che in fondo
fremiti d'aria si è
che non si muore mai
almeno fino ad un istante prima
che ci si fermi in fondo ai pensieri
(sussurro di tenerezza sfumata)
ma sempre vivi nel gesto
a carpire segreti
nei sorrisi
planando su labbra di sabbia
in cima alle emozioni
sul vetro della finestra sul mare
condensa si è di vapore sostanza
mai estranei di natura
giacchè alla natura non si è estranei
ali sfuggite di gola siamo
sul vetro della finestra sui giorni
mai estranei alla vita dovremmo sentirci
poichè non si è estranei alla vita
condensa d'alito consistenza
in cima alle emozioni
almeno fino ad un rantolo prima
di restare in fondo ai pensieri
... così tu che plani ala sulle mie labbra
nel sorriso
a carpirmi soffio vibrando crisalide
sempre viva nel gesto mi sei
tu
fino ad un attimo prima
quando ti ho fermata
prima che mi restassi in fondo ai pensieri
che così non si muore mai
neppure in sogno
fremito
mai a spegnersi
in fondo
03/07/2016 woodenship
*
Alla mensa imbandita di bianco
su porcellane scheggiate è la cena
nella radura delle bacche turchesi
d'ombre di pioppi è il cerchio
magici di plenilunio i raggi.
Serve il genio silvestre:
son libagioni vivide
riversate in calici d'avorio
ribollono con stille di rugiada
e vapori d'insonnia febrile.
E'appena l'ora del desinare
che sibila il bricco con aroma
che nulla è sacro se non la cena
la nostra, amore che sbocci
al fiorir d'aconito
allo svaporar del genio
amore che rivivi d'orgoglio
tra una portata e l'altra
il venir meno delle ore di ghiaccio.
18/06/2012 woodenship
*
Grandine di ghiaia scivola sotto i passi
declama dell'estate nuvole di tabacco profumate
scaturite dalle sagome prigioniere della penombra
sulle panchine sull'orlo dell'ignoto assise.
E'il crocchiare per i passi incerti di sconosciuti
ad arroventare i rossi bracieri
di sigarette interminabili
accelerando gli sbuffi delle attese
fumose d'ansia nell'aria inquieta:
è quel calcare la scena di passanti
promesse bianche di polvere
sfrigolanti di sassolini che s'allontanano
svanendo senza un gesto o una parola
a render molesto tra i vialetti
persino il gracidio e tra l'erba il frinire
Tutto sembra fermarsi
nel parco antico al calpestìo
persino l'annusare affamato
dei ratti giovani dai saltelli agili
pare arrestarsi al chiocciare in versi
della Divina e misera
assordante della solitudine
Commedia tragica.
18/07/2014 woodenship
*
Il senno in tanta afa
è succo d'anguria che cola
dal mento alla gola fin sulle pere dei seni
semi da suggere i capezzoli
rosse le guance più che le nuvole
pure scarlatte dell'ultimo sole
laggiù
23/06/2014 woodenship
*
Brillante e liquorosa
incastonata nel giro d'orizzonte
scintilla di stelle nel nero corallo
all'anulare l'ammiro preziosa
sulle tue labbra assaggiandola
notturna passione
Melodia mi è
dalla polifonia delle scosse
ghermite cime sfuggenti
Policromiche astratte
scriteriate ne volano foglie
sproloquiando avventate:
c'è Orlando sulla luna
'stanotte lo vedi
innamorato
14/07/2014 woodenship
*
Di rimbalzo
da spigolo a spigolo/ di testa geloso
alla follia
gradino dopo gradino/ di testa nell'ascesa...
L'innocenza dei tuoi occhi imploranti
vorrei espellere dal mio cuore: donna
dispersa sul talamo ti sospetto
avvinta tra le vesti non mie/ ossesso
in preda a false certezze soffoco ogni singulto
guardando il pubblico che s'attende
che amanti si muoia per tempo
dai diamanti dei sentimenti incantati e traditi
dall'amianto delle certezze avvelenati
... Rantolo tra un bus e l'altro
un convoglio ed una pedalata
sferragliare
giù per la torre centrale:
piazza post moderna l'arrivo
Forse è troppo chiederti comprensione
ipocrita spettatore maniacale
tu che silente mi sei d'intorno/ avaro d'applausi
vetrificato passante
t'apprende ratto riflesso sanguigno:
nel ridotto all'ammutolito orchestrale
spaziosi i prismi musicali a strumento
dalle note sovrapposte a moduli abitativi
per linee arrampicantisi slanciati
addobbi bilanciati in cielo
che la brezza l'abbraccia prore
solcare d'architettura spaziale
Sogno
arenato dallo strangolamento dell'innocente
Otello
alla base/ in dissolvenza
ne studio le luci di scena
pensiero piramidale sofisma
nell'ampiezza d'uno sguardo
vorrei contenerci il mondo:
l'appartiene l'apoteosi omicida...
Non mi resta che fare tre passi
e così attore presentarmi sul ciglio
sottostando a giudizio
20/11/2014 woodenship
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Gialla di paglia sulla neve
testa che affiora tra le cannucce
sfilacciate e monche di granoturco
capelli intirizziti sul manto
saccheggiati e beccati dai corvi
teppaglia, frastaglia il corpo tra solchi
rimasugli di spaventapasseri:
il colletto sdrucito di giacca frustra
lontano a penzolare dall'acacia;
il cappellaccio poco più in là
a cavallo del cespuglio del vischio;
diversa ha preso il volo la camicia
fluttuando serica e frusciante
lacera. Arte povera stilizzata
è ciò che ha svelato del tronco
filiforme introverso e stento.
Fa buffo dire che fa inverno
odore di legna bruciata
della neve ghoacciata il sapore
un pupazzo di fiocchi con al collo un cencio
chiacchiericcio con occhi turchesi
delle nebbie il ratto del rivo alla vista.
E che non si dica degli sprazzi
dell'avvicendarsi degli spasmi di luce
delle identità curiose che sfidano il silenzio
con contese a sbalzi tra merli e fringuelli:
grame la temperie per nari di carote
smozzicate e pendule al raggio impietoso.
E'buffo che tu non sia con me
accanto al vecchi faggio ci sono sempre
la strada ci passa vicina ora asfaltata.
Tra sbarre d'ombra serro il bavero
dolorosi e a fasci m'inquisiscono i fari
che ne è di te sembrano chiedere
dei festoni, della slitta, dei cenoni...
Poi passano oltre, senza più nulla farsene
delle risposte tralasciate sull'asfalto
e tra i campi nel chiarore di neve.
20/ 12/ 2012 woodenship
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Non sempre c'è un motivo a che si scenda nell'ade
quando accade repentino
capita talvolta che a rifulgere sia l'anello d'Anubi:
di rosso vespertino all'orizzonte si tinge il cielo
tra linea continua di nubi incombenti
e il monte sottostante cremagliera
è il sole pietra dai raggi sanguigna
concorrente a dar vita ad abbraccio di luce
a guisa di circolare squarcio vivo
Allora è che si scende sebbene ancor fanciulli
mentre il convoglio s'allontana silente
E se scodinzolando s'avvicina una guida
accogliendo benevola
è perchè soli non rimangano a scrutare
l'inferno immeritato oscuro
bimbe vaganti nel vuoto incolpevoli
Doveva arrivare la fine ineluttabile
ma l'anticipo rimane sempre indigesto
mostruoso come un terremoto
come un'onda anomala
o un assassino malato pedofilo
e schivo pur se pater familias
17/11/2011 woodenship
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Arrivare al cuore
sanguigno
pulsante
e non capirci nulla di tanta ostinazione:
un cane dallo sguardo maligno
rognoso e degenere
fauci d'assassino in itinere
una notte s'affaccia in camera dalla soglia
rimirando la donna
Vergine Rossa la mia donna
quella che non m'appartiene nè figlia mi è
ma tuttavia nel mio sangue è presente
dose massiccia d'alcaloide allucinogeno
Fisso rimase al cospetto della stanza spoglia
d'allora dandosi a mutare con febbre
ogni tremolare di ciglia o parola
con pazienza e costanza
si da rimodellare socialità e fibre
correndo con brivido d'occhio per tessuti
la linfa avvelenando a che non ci si ristorasse
... E pagine su pagine non bastano più
a dir della Vergine che le gambe più non la reggono
che più non è la visione ispecchiantesi di vitalità
nella pozza cristallina di ghiaccio vanitoso
A fronte di simile strazio
stillante perle dal languore torbido
il male seguita ad aggrumarsi incolore
e neppure da uno stuolo di suore l'embrione
d'una pietà riscuote una ragione rimandandola
in più al trauma di una luna sbranata
cangiante e sulla magione sfumante
al Conte del Castagno
nel digradare della bruna menzione
dell'infierire insano nella notte
della bestia dall'incessante accanirsi
pur con quieto furore
20/01/2011 woodenship
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D'aromi speziati nell'aria frizza
flette e volteggia Salomè
aggraziata dai polsi ingioiellati
si flette e volteggia Salomè
nell'aria frizza d'aromi speziati
prima vera danza intorno al pozzo
da torcia a torcia e di ventre ruotando
al vento sventolando i veli/ da filo a filo
speziata d'aromi l'aria frizza
tra cuscini al vento sventolando i veli
Promessa turpe il primo d'amore
all'occhio agito con tinnar di monili
lieve dai boccioli scolpiti vola
Infantile la noncuranza del secondo a cadere
intanto che con il mondo ruota bacino
Cupio dissolvi il terzo in sguardi di vino
da torcia a torcia veli di fumo squarcia
Incestuoso il quarto già scopre più pelle
volteggia Salomè con le fiamme del braciere
Seduce il quinto vibrante d'abbozzi di seni
scambio d'un bacio per una testa
Color pastello rosso il sesto alimenta bramosie in volto
da torcia a torcia/ di calice in calice
Il settimo lo fa paonazzo il patrigno
sdegnoso l'urlo d'insanabile fanatismo ch'è morte
dal pozzo un fremito/ dal braciere scintille
inflessibile e visionario lo sguardo/ eppure non spento
del Battista vien deposta sul vassoio la testa
tenerezza oscena/ rigore estremo
trofeo sul piatto guarnito dell'argento d'ulivo
novello trapuntato su velo di nero sudario
Ottavo ed ultimo a calare ch'è notte vecchia
subìta aria che frizza d'aromi speziati/ guizza lama
che ancor lampeggia rossa affilata/ prima vera danza
passi accennati su lago di sangue
02/06/2014 woodenship
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...che si cominci dalla fine
mai è un buon inizio
ma come dimenticare quel vestito
fiori di ciliegio in campo azzurro scollato?
Azzurra pure la spallina cadente
di nuvole la noncuranza del gesto
sapeva di fragole l'indolenza sensuale
parlando di Fiorile
calamita per petali di mandorlo
carezzevole pioggia vellutata
febbrile allora che si dicesse
tutto d'intorno ch'era aprile
che già la fine fosse nell'aria
catturata dalle labbra
resa con un soffio
bacio di mandorla amara
23/04/2014 woodenship
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