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Raccolta di poesie di Fabio Lupis
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

L’amore dei gatti e delle lucertole

Ubriachi eravamo, nel ritorno imminente

Cesare Pavese

I.Se la poesia fosse
Uno stridere di guance
Terra secca sugli occhi,bacio
         Di umida atmosfera
E se i tuoi occhi fossero
La prima luce della notte
                    La stella
Bagliore di nuvole stese su oceani
Se la poesia fosse un ramo
       Un cencio
Basho che piange sul naso della Luna
Allora le mie dita parrebbero ali
E non soffrirei più

 

Ma io non so più scrivere
Osservo in crisalidi di vento
Osservo le tue gambe formose e il tuo seno
Osservo i tuoi fianchi come nude montagne
Come un gatto sul terrazzo
Vede il gabbiano nell'amplesso in volo
Come le iridi taglienti
Della lucertola

 

Io vedo,
Io piango
E non c'é nulla più di questo:
Concretezza

 

 

II. Le spire immobili di questa vita

Nulla,

  Nulla è mio

Solo una timida tristezza

Solo le brulle coperte la notte

 

Conosco la rabbia, conosco la paura

Il tuo sorriso mi ha insegnato

Tremori diversi

Ma ancora preme il futuro

Possibile

Perché ho paura di gridare troppo forte

Che il suono erompa e dia alle fiamme ogni cosa

Tutto ciò che è vivente

E tutto ciò che è vero

 

III

L’amore dei gatti e delle lucertole

 L’amore fragile che sventra ogni parola

Ho dato vita a ricordi di schiuma

   Per darvi forma e ritrovarci il tuo volto

Ché mi mancavano le forze per toccarti

                        parlarti

Ché mi mancava l’ingenua energia

Dei primi amanti

Ché mi mancavi tu

 

Ed una volta ti dissi:

“sei sempre stata la luce nel buio”

Dopo che a Nizza ti ho guardata come uomo

-Tu che eri donna-

Senza baciarti o accennare a stringerti

   lasciando i dubbi alle carezze dell’acqua

Amo quando mi parli

   E copri il silenzio della mia mente

Amo il solco del tuo corpo nudo

            Sulle mie membra che bramano il confronto

Noi,

    fusa di gatto

pelli di lucertole

Inadatti alla vita fino quasi ad amarla

  Ti porterò nella mia poesia

                           Come mi porti nelle labbra quando siamo avvinti

Tu,  appassionata e bella

            Che mi hai toccato fino a dove esplode

La scheggia ardente delle mie viscere

*

Dell’ odio,dell’amore, del tempo

 I

 

Vorrei scrivere una bella poesia

Senza urli

Senza rabbia odio livore

 Una poesia di calde parole

   Levigata e smossa

Profonda ed acuta, ripulita da ogni

Ascesso tossico delle mie frustrazioni…

Una poesia precisa e limpida

Dio,

come lo vorrei.

 

Eppure no, sono ancora bloccato qui

Né avanti né indietro

incatenato dalle mie tracce

quelle che ho lasciato cercando il guado

per partire

quelle che ho lasciato nel sangue

ferendomi

ancora fermo e pesante

enorme masso incagliato fra le mie radici

ed ogni volta le dita che tremano

 soltanto al pensare di scrivere

 

Amo la luce del sole

Quando mi tocca la fronte

   Mi ricorda che una volta respiravo anche io

Mi ricorda le belle poesie

      Prima che tutto incancrenisse

La paura della vita

 

II

 

Ho pianto ancora stasera

   Nessun singhiozzo però

 

Ho pianto in parte attraverso

La notte

  Nel lume rosso ed opaco

Dell’ultima sigaretta

  In parte nel gioco

Di un incessante interrogarmi 

E in parte in te

 

Ah, la mia condanna:

per quanti solchi tracci

 per quanta terra dilani

ogni sentiero amore mio

           finisce nei tuoi occhi.

 

III

 

Mille braccia mi contendono

   Lanciano sassi sulle mie difese

Lacerano

       Vincono la mia dignità

 

In tutto questo costruirsi

Trovare la strada

 

 Nulla mi spaventa di più

Che soffermarmi

 

 

*

Cammino in circolo sfumando gli angoli

 

Cammino in circolo sfumando gli angoli

A malapena preparato alla vita

E così “amabile”, “affabile”

Duttile e buono come un pezzo d’argilla

Reso dagli anni domata scintilla

e a timidezza inadatto

a trarre il solco dei miei limiti

 

        Eppure so che dovrei riflettere

Ogni secondo, camminando

Destra, sinistra, est e ovest

Prepararmi

Senza contare gli eventi

Per nominarli esperienze e racconti

Fisso come un palo

Con tutto il resto che mi accade attorno

E testimoni le mani sudate

E i mucchi di polvere

*

Quae Temporalia Sunt...

 

 Consumato di rabbie

               sempre vergini

Di un’arroganza monca, assemblata

Dalle appendici delle mie energie

Non ho piacere  in questo mondo

       se non nel pianto

E in una stanca cantilena

Senza riguardo

    Senza fine:

 

Se la Poesia mi penetrasse

        ‘sti occhi stanchi

Un’ignoranza vasta

Di uno sguardo perpetuo

*

Pigro

Pigro pigro

  Pigro

Legato al letto da spire

Di sbadigli

A ogni risveglio dilaniato

per traversi sguardi

Per una pelle che nessuno

riconosce

 

Ed ogni lacrima che solca la guancia

Ricalca le stesse parole:

“Non sono pigro madre

Non sono pigro padre

Non sono pigro

   Sono stanco”

*

Verità

"Nella Ragione si schiantò una trave

e io rovinavo, rovinavo -

e a ogni tuffo urtavo contro un Mondo

e finii per conoscere, allora"

[Emily Dickinson] 

 

La verità è silenziosa

scortese

         violenta

Entra nel cuore e scuote ogni cosa

e della vita non lascia

che un brandello di carne

 

Scuote ogni cosa, come un vortice

poco le importa della legge

del giusto, del buono

della pietà che l'uomo sciocco

ostenta

 

Quando essa irrompe non ascolta il buon senso

e le parole misurate dei maestri

essa c'è

e in un tumulto senza suoni

riporta a galla ciò che è muto

 

perché il silenzio divenga conflitto

ed il conflitto infine

calma

 

*

Sulla mente, sul cuscino

Non servire a nulla
come la brezza quando colpisce
i grattacieli
Come l'uccello quando posa
sopra il filo

 

Il tempo mio non passa mai
e sono certo che non sia
qualcosa di prezioso
Guarire? Risanarsi?
Nemmeno fra un milione di anni

 

Il cielo grigio la sera
Un'altra maschera di felicità

*

A dire il vero

In questa stanza a forma di buio

la mente torbida di affanni

lago di muschio

 

Non c'è più strada

Né speranza

A dire il vero

Solo la bocca va da sola

grigia di un quieto sussurro:

 

Non voglio niente

niente

Voglio morire

       morire

*

Preghiera Debole

Auguro un anno felice e sereno a chiunque passi di qui. Grazie anche solo per aver dato una rapida, distratta letta.

 

Non c'è nessun luogo dove cercare la mente;
È come le impronte degli uccelli nel cielo.

[Zenrin Kushu]

 

Vedo il mondo agglomerato

Di tristezza

cupo  brutale

spesso e intoccabile come pugni

di sabbia

 

Corpo del Buddha

Proteggimi dagli uomini retti

E dalla loro indignazione

Proteggimi dai figli

Delle cause luminose

Proteggimi dai santi

E dagli asceti dal cuore rattrappito

 

Perché io sono soltanto un uomo

Conosco solo

Il grido attonito delle mie interiora

E la realtà mi violenta, mi schiaccia

Come rovesci di grandine

Contro un ramo appassito.

*

Argento

Mi sento solo
così solo
che dalle strade fiumi in piena
tagliente schiuma d'argento
e i visi altrui montagne aspre
che m'impediscono il cammino

*

Membrana

Non ho più veli, membrane

Da squarciare

 

Forse le cose sono belle

E basta

*

Geometrie

Non mi combattere d'iridi

svuotate

Ti ho amato fin dalla prima pelle

fin dal motivo che disegna

sul viso tuo quello sguardo inaccogliente

 

Sono commosso e come immobile per te

di geometrie senza disordine

*

Testimonianza

I.

Di questa mia battaglia

Non ho mai capito il perché

“Sono un Poeta”

Mi dissi

La mia natura è grandiosa

E delicata

Il cuore mio è come un muro di crepe

Che pure un soffio di vento può scuotere

L’anima mia è come una lente

Vasta e rotonda

Che tutto quanto deforma e riflette

E sarà sempre così, mi dicevo

Tutto quanto,

ogni cosa

affascinante e incomprensibile

meravigliosa e grottesca

“Sono un Poeta”

Mi dicevo

Senza capire nulle delle mie parole

Provando invano a dare un senso

A questo senso di cruda guerra

La mia battaglia divenne un massacro

La mia ricerca mutilazione

Finché il bisogno di sentire il mio sangue

Esplose

E mi trovai sventrato a terra

                    Sconfitto.

Senza nemmeno una parola

Per spiegare.

 

II.

Eppure è vero,

Sono un Poeta.

Ogni mio istinto risponde

A questa causa

Non ho bisogno di capire,

di integrarmi

di accumulare competenze e numeri

per dimostrare il mio valore sociale

Io sono un Poeta

E  il mio dovere è la testimonianza

La mia natura è delicata

Per camminare fra le trame del  tempo

Le mie paure sono vaste ed ardenti

Per prevedere i biechi orrori dei miei simili

la grandezza delle loro opere

Ogni cosa in me s’infiamma

Alla ricerca della battaglia

Ed assieme si ritira

Desiderosa di pace e riposo

Perché è così che agisce l’uomo:

lotta e riposa

ed è di ciò che devo scrivere

 

Io sono un poeta

Il mio corpo rifugge ogni catena

Il mio spirito

  Gli stretti limiti del sangue

Non ho né crediti, né lascito

Perché  i miei versi sono il mio lascito

Le mie impressioni i miei crediti

Non ho bisogno di una patria, di una casa

Di un lignaggio

Perché le mie parole sono il mio lignaggio.

 

III. Sono un Poeta

Nessuno può usarmi

Se non il canto dei fiumi e del vento

Se non lo sguardo di chi è solo ed oppresso

Di chi è schiacciato dalla morsa del mondo

E della concretezza

Di chi è vessato da un potere

Da un governo

Da una morale

Dal suo lavoro

Dalla sua famiglia

Per chi è frustato dagli “sbrigati”

Dai “Forza”

Dagli “Svegliati”

Per chi rifugge ogni forma di addomesticamento

Per chi ha bisogno di canzoni

Nuove, sempre

 

“Andate, mie canzoni, dai solitari e dagli insoddisfatti,
Andate anche da chi ha i nervi a pezzi, dagli schiavi delle convenzioni,
Portate loro il mio disprezzo per i loro oppressori.
Andate come un’onda d’acqua fresca,
portate loro il mio disprezzo per gli oppressori.”

 

Per chi cerca, e non si è mai accontentato

Per chi è privato dell’aria

Dalle pretese meschine di chi gli è attorno

Per chi è debole

E non si adegua ad essere forte

Per chi è indifeso

Ed ha intenzione di restare tale

Sì, eccomi

Sono un Poeta

Non ho bisogno di diplomi e di curricula

Non ho bisogno di adattarmi

I versi dei poemi sono il mio lignaggio

Siano loro a decidere il mio posto.

*

Siguiriya (impressione)

Ascoltando un'antica siguiriya cantata dal Maestro Manolo Caracol
(https://www.youtube.com/watch?v=vlkgMRpopCI)
 
A volo d’aquila le ciglia socchiuse
dal capo inerme piegato contemplo
crisalide scomposta
 
Percosse le corde tremano
         sulle punte di fiamma
delle dita
Aggredite, violate
                 sulle punte
fino a ruggire
stuzzicata la fiamma vibra
di molecole instabili
 
           y por Puerta de Tierra
            Yo no quiero pasar
 
Eppure Pensavo
in qualche modo
Di essere finalmente arrivato
Eppure ancora
queste corde
Questa fiamma
marchio greve ed indelebile
 
Della mia anima inquieta

*

Le parole nascondono

Un gioco nervoso
migliaia di volte
 
Discutiamo all'ombra dei salici
e non c'è nulla che ci sfiori il pensiero
 
Limpido d'ebano è il mare
tessuto nudo e scarno:
 
sembra dipingere i miei istinti

*

Scaviamo

Scaviamo  negli altri ogni giorno

Poesie

Come succhiando dai polmoni della terra

Come bambini nelle culle mute

Mentre fuggiamo in divoranti passi

La leggerezza

 

 E un passo ingenuo al futuro lacerante

guardare fuori il vapore

riempire il vuoto trasparente del vetro

Ed è così che sfioro il buio

indefinito spettatore

 

 Come lo sforzo all'ultimo canto

la distensione all' ultimo

respiro

 

*

Resoconti di un fremito

I.

Oggi, la gioia
i tramonti sembrano
più luminosi
i sapori
più intensi di ieri
ogni pensiero sembra incarnarsi
nel suo stesso sussurro

Eppure ancora
perché i tramonti
perché i sapori?
Perchè Io?
Parlare? Come se servisse
con queste dita tozze
e rattrappite
con questo corpo incerto
insufficiente
stanco ma ancora
assettato di battaglie
queste ossa inferme
ferite di speranza
questo tremore, questa
tensione
questo pensiero rotto d'idee
come una noce troppo grande
per il guscio...

II.

Non so più esprimere niente
nemmeno la mia stessa
banalità

Ho fame. Ho voglia di aprire la finestra
allungare il collo e con gli occhi strabuzzati
respirare
dritto, impuntato

davanti all'orizzonte

Ho fame.
Ma non so più descrivere
la forma dei cibi
la consistenza della carne
la morbidezza di un dolce caldo.
Ho fame, ma ho perso il senso
della fame

Le coordinate per collocarla nel corpo
nel tempo
nella mia bocca semiaperta che chiede
nutrimento

Ho fame, come molti, come tutti
Allora perché nessun'altro
ha tanta fame quanto me?

III.

Hai lo sguardo triste
triste
di migliaia di anni
mentre le case sfumano
i palazzi
nella condensa

Vorrei gridare
sul serio gridare
urlare di rabbia e spezzare
il muro spinato che mi circonda
vorrei tremare per smuovere
il vuoto immobile di questa vita
Ma come fare, come?
Il mio sguardo è troppo,
                           troppo triste.

IV.

"Che il verso sia come una chiave
che apre mille porte"
[Vicente Huidboro]
Così forte così 
            sensibile
Cuore, cuore, cuore
Un cuore triste di lucida bile
 
Queste mie occhiaie profonde.