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Raccolta di saggi di Giovanni Avogadri
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

- Letteratura

L’Usignolo della Chiesa Cattolica

"L’Usignolo della Chiesa Cattolica" di P.P. Pasolini e il fascino del "Puer Aeternus"

L’"Usignolo della Chiesa Cattolica " e’ sicuramente la meno frequentata delle raccolte poetiche di P.P. Pasolini.
Un critico molto attento e poco sensibile alle mode passegere, qual è P. V.Mengaldo, presentando alcune composizioni tratte dalla sovracitata raccolta in una recente Antologia poetica del Novecento Italiano, la giudica da una parte come tematicamente complementare alla "Meglio Gioventu’"- seppur ad essa decisamente inferiore - dall’altra la ritiene incapace di fungere da cerniera con la "poesia civile" de "Le ceneri di Gramsci".
Di certo non piace al Mengaldo il tono di "cattolicesimo cerimoniale e mortuario, sensuale ed ossessionante"; la -"vernice anticheggiante per lo più falso antico di stampo fine ottocento"- in cui -"l’intreccio di autenticità e manierismo è quasi insolubile (...) La voluttà di confessare, la messa a nudo del proprio senso di colpa si mediano costantemente nel gusto formale del pastiche, anche dinanzi agli esiti migliori il lettore ha un senso di disagio, come di fronte ad una doppia esibizione -".(1)
Se è vero che non possiamo non essere d’accordo con questi giudizi di Mengaldo, tutti ampiamente riscontrabili nel testo, è però altrettanto vero che dobbiamo prendere più sul serio la precisa volontà di "scandalizzare" che attraversa tutti i componimenti: non solo questione di "gusto", quindi, ma una precisa volontà espressiva che trova nel finale di "CROCEFISSIONE" la sua immagine più emblematica:

Noi staremo offerti sulla croce
(...)
per testimoniare lo scandalo .

Questo non può non evocare quanto tutta l’opera di Pasolini si fondi sulla antitesi, sulla contraddizione, al punto che Franco Fortini osserva come la sua -" più frequente forma di linguaggio sia quella sottospecie dell’oximoron che l’antica retorica chiamava "sineciosi ". (2)
Ebbene, di sineciosi l’Usignolo ma sovrabbonda, e ne vedremo in seguito alcuni esempi tratti dalla sezione "Il pianto della rosa", nella quale si fa più consapevole il senso della colpa, e come esso venga impugnato dal poeta quasi come arma di purezza e autenticità, in modo "cinico e innocente" [L’illecito].
Da parte loro, Asor Rosa e Giorgio Barberi Squarotti hanno dedicato all’Usignolo analisi attente e appassionate e vi hanno riscontrato, seppur in modo aurorale, quello che ritengono il nucleo pulsante di tutta la poetica pasoliniana: il grido, il tentativo di esprimere in piena icasticità il -" dilaceramento della coscienza, la lotta di peccato e di rimorso, di autorità e passione, di sentimento e ragione che sono temi fondamentali di tutta l’esperienza pasoliniana.(3)
Non quindi un’opera "da dimenticare" - come l’assenza di ristampe farebbe presagire - , ma un sorta di "overture" dove ascoltare un Pasolini già pronto ad eseguire i suoi temi cruciali.




"- Nelle grandi svolte della storia della cultura, e sopratutto negli istanti in cui la crisi del sentimento religioso si fa sintomo e annuncio del finire d’un ciclo, affiora dalle profondità della psiche l’immagine del fanciullo primordiale, dell’orfano. Ad essa sembra che l’animo umano affidi ciecamente le sue speranze, ed essa è sempre arbitra di metamorfosi.-" (F.Jesi,"Letteratura e mito,Einaudi1968,p.13)


Attraversando le pagine dell’ "Usignolo della Chiesa Cattolica", può capitare di entrare in contatto con diversi nuclei tematici, che si rincorrono in un via vai continuo, emergendo dalla materia poetica asistematicamente ma incessantemennte; a noi è parso che quasi tutti possono essere ricondotti alla costellazione archetipica del "Puer Aeternus", così come James Hillmann l’ha narrata nei suoi scritti sull’argomento.(4)

Particolarmente significativi ci sono parsi i seguenti nuclei tematici:

a) Soggetti e oggetti della parola poetica sono quasi esclusivamente immagini di Puer,adolescenti e ragazzi.
b) La figura ricorrente di Cristo Dio-Puer,come dice Hillmann in "Senex et Puer",
c) Il rapporto necessario tra il Puer e la morte;
d) il "sanguinare" del Puer;
e) il rapporto tra il Puer e la Madre;
f) il rapporto tra Senex e Puer e la ricerca del Padre.

Proviamo ora a tracciare la fenomenologia di questi importanti nodi seguendo lo svolgersi delle sezioni della raccolta poetica.

LE ALBE, inizio della prima sezione, si direbbe disegnato a mò di sfondo di questa eretica "Memoria di Cristo" [Jesus dulcis memoria], la quale si staglierebbe in tal modo su uno sfondo mitico, caratterizzato dalla continuità immobile dei padri nei figli:

[Corpo di tuo padre, labbra di tuo padre , che morte risuona nel tuo canto, che vita nel tuo quieto non esistere?]

Segue la sezione PASSIONE, dove la figura di Cristo ricorre in un supplizio estenuato, che non si conclude mai -evangelicamente- col: -"in manus tuas Domine"....
Qui lo spasimo appare dilatato all’infinito ed il Cristo è pura e terrifica icona della contrapposizione tra cielo e terra, un Cristo che non ritrova la pace nella comunione col Padre, un Cristo di cui il dato espressivamente più forte è la sovrabbondanza delle rappresentazioni della sola corporeità, in modo tale che suoni, odori e colori tratteggiano il livido della morte.
Ma sentiamo a questo punto Hillmann a proposito del tema del "sanguinare":

-"Il sanguinare di Gesù è la trasfigurazione su un piano teologico di un fondamentale motivo puer (...) Come l’eroe (cioè il puer) non può mettere fine alla sua mania di massacro (Achille infierì per dodici giorni sul cadavere di Ettore), così l’eroe al rovescio non può arrestare il proprio sangue. Non ha lacci emostatici, anche perchè il suo sanguinare è così bello. Perchè arrestare un tale sangue? Un sangue che contiene fiori latenti? I miti ci narrano più volte che dai puer uccisi sbocciano splendidi fiori. Tramite le sue ferite il puer è trasfigurato in gloria."(5)

Perciò, in Pasolini/ Cristo eretico/ Puer , possiamo trovare una trasfigurazione poetica del soggetto che si espone come "sanguinante" per affermare la propria posizione nel mondo e così fare della croce/contraddizione un pulpito o una cattedra.

Senza dimenticare quello straordinario

[Cristo ... corpo di giovinetta]

che così improvvisamente all’inizio evoca senza mezzi termini il tema mitico (ed eretico) del Cristo/Puer/Androgino.

IN MEMORIAM, dopo tali tinte forti e fortissime, l’autore decide per una forma più
" familiare" dell’immagine puer, quella del fratello partigiano morto, cifra di idealità tradita e vulnerabilità: un’immagine fermata dalla morte nel tempo del ricordo.

L’USIGNOLO è composto pure di prose poetiche e dialoghetti, che di nuovo insistono sul legame necessario tra il puer e la morte [II,VII].

Fanno però qui la loro comparsa anche due figure femminili: anzitutto la Sera, che nel dolce dialogo col Giovane assume ora le sembianze del richiamo delle feste e delle osterie, ora della dolcezza sensuale della Notte, ora dei canti di chiesa, in una descrizione dei luoghi che ritroveremo ricorrenti, tipicizzati ne "il sogno di una cosa", a dipingere un vero e proprio "epos friulano", così decisivo nel mondo dell’autore.

Ma la Notte, la Natura, Il Friuli, sono qui segni e richiami che possiamo dire materni.

Nel dialogo VIII pare ribaltarsi, infatti, l’immagine d’una poesia precedente,dedicata alla madre nella casa di Bologna,il 10 marzo del 1939:

[E tu sei nata,
mamma per essere una lodoletta]

Con un tono da idillio infantile, ora è " l’usignolo" Pier Paolo, ferito, a posare il capo sul seno della Fanciulla.
Inutile forse aggiungere qualcosa a ciò che si è detto a proposito del rapporto tra Pasolini e la madre, se non che già qui fa il suo ingresso -seppur in modo aurorale- l’immagine delle madre non solo come "tema", ma in quanto naturale scaturigine dell’atteggiamento poetico e religioso di Pasolini nei confronti della vita e della poesia: non dobbiamo dimenticare che è stata proprio Susanna Colussi-Pasolini a mostrare al piccolo Pier Paolo di 7 anni come si compone materialmente una poesia:

- "Qualche giorno dopo scrissi i miei primi versi, dove si parlava di rosignolo e di verzura"-.(6)


Ma ancora avanti, in "ANNUNCIAZIONE", i figli chiedono che

[Sia fanciulla sempre la vita
nella severa tua vita fanciulla]

e una madre-fanciulla non può che costellare una situazione mitica in cui

[pei figli vergini
io sarò vergine]

con toni pacificati e rasserenati che non troveremo più in tutta la raccolta.

Già subito dopo, nelle LITANIE, troviamo espresso lo stesso rapporto, stavolta consapevole della sua peccaminosità "santa".
Divagando e improvvisando sulla forma liturgica, un pò come le "saetas" che i fedeli di Siviglia lanciano verso le immagini sacre durante le processioni della Settimana Santa, fa il suo ingresso l’ossimoro, la sineciosi a cui facevamo riferimento all’inizio:

[pace paurosa]..

[gesto santo del mio peccato]...

[corpo caldo e innocente]...

[crudo amore]...

[casto cuore ...cuore che vuole peccare]

Il senso di colpa, affermato e sentito come estraneo, si manifesta alfine apertamente con un temuto e trepido svelamento:







[Madre!Quel lume è tanto puro
che la tua coscia
pare di neve],

[Seni d’avorio
nidi di gigli
non vi ha violato mano di padre]

Ma è successivamente, in MEMORIE, che troviamo la più limpida dichiarazione d’amore per la madre:

[Torno alle giornate
più remote del nostro
amore, una marea
di muta gratitudine
e disperati baci.
Tutta la mia infanzia
è sulle tue ginocchia
spaventata di perderti
e perdutamente
felice di averti]

La purezza del sentimento sta tutta nella primaria connessione tra amore per la madre e amore per la vita "allo stato puro", archetipica connessione troppo insistita per passare inosservata:

[quanto amavo una
vita troppo bella per me...];

[tu sola davi la solitudine
a chi, nella tua ombra,
provava per il mondo
un troppo grande amore];

[e un troppo grande amore
nel cuore, per il mondo].

L’insistita "ingenuità" espressiva ci ripete che l’amore per il mondo è "troppo", un eccesso che costella e pone immediatamente il suo opposto, l’incapacità di entrare davvero nella vita....Ma perché questo? Quale struttura di coscienza giustifica tale esperienza esistenziale?

Sentiamo ancora Hillmann :
-"Il Puer Aeternus è quella struttura di coscienza e modello di comportamento che a) rifiuta e combatte il Senex- il tempo, il lavoro, l’ordine, i limiti, l’apprendere, la storia, la continuità , il sopravvivere ed il resistere."-(7)

Se ascoltiamo bene Il Fanciullo Eterno, lo Splendido Adolescente, e anche l’Angelo Necessario, e quant’altro le epifanie di questo spirito disincarnato ci vogliono dire, molto spesso, quasi sempre, essi ci diranno la loro incapacità di vivere.

Il rapporto tra affermazione del proprio peccato e senso di colpa con il conseguente "non credo", sono ormai alle porte; IL PIANTO DELLA ROSA ne segna la definitiva presa di coscienza e l’espressione poetica col SERMONE DEL DIAVOLO:

[Fanciullo,sei un mostro
quale coscienza,
quale arte nell’inganno];


L’ILLECITO:

[ormai tu m’hai capito,
e, non coerente,
mio cinico innocente
gusti il frutto proibito];

e,ancora,in SOLITUDINE:

[Arrosisci? Mi scacci?
pensati tredicenne
in treno, con le mani
strette sul grembo tenero.
pensati sotto il fiotto
della doccia, a Bologna
col costume disciolto
ebbro di vergogna];

oppure SUPPLICA:

[ben dolcemente sfiori
le note della carne
e quel fioco concerto
mi devasta il cuore].

Adesso l’autocoscienza de L’ANGELO IMPURO,

[Eccomi dunque
in piena eccelsa confidenza
con la mia presenza,
angelo impuro ch’amo];

assieme alla passione di BESTEMMIA

[Sì,sono animato
dalla felicità
di sentire l’ardore
che fa di me un Nato]

possono produrre in PAOLO E BARUCH, nel NON CREDO, in LINGUA e TRAGIQUES, quelli che mi sono parsi gli esiti poetici più alti :
e cioè la consapevolezza poetico esistenziale di LINGUA; la solida, icastica dichiarazione costituita da CROCEFISSIONE; i gorghi di passione, angoscia e consapevolezza che ci sgomentano ne LE PRIMULE, l’EX VITA, LA BALLATA DEL DELIRIO; l’effusione turbata ed estatica, al limite del dicibile, di CARNE E CIELO.
Ma forse qui conviene fermasi analiticamente.

In LINGUA Pasolini confessa la sua

[fanciullesca speranza
senza ironia]

nella "Forma preesistente",che assume ora i tratti della poesia "codificata"

[O endecasillabo d’avorio],

ora quelli della tradizione come "orribile statua":

[feci ingresso nel museo vigilato
degli adulti],

per cui adesso immagina che solo senza questa forma odiata-amata, forma che appartiene al mondo del Senex ["minaccia d’alabastro"] si possano rivivere

[gli slanci per mia madre
le soggezioni per il mio grembo]

Perchè così, poi
[Ritroverò stupori senza ombra
per l’orologio, il topo, la fionda
i compagni la chiesa la piazzetta].

Non c’è forse altro luogo più di questo, dove la voce del Puer dichiari la propria estraneità al mondo del Senex, al "museo degli adulti" opposto alla piazzetta, la fionda, i compagni, in una immagine invero un pò abusata. Ma Pasolini sa egregiamente trascendersi e rendere poeticamente l’ipostasi di complessi che sente vivere nella sua vita in una chiusa magistrale:

[No, non ho madre, non ho sesso,
ho ucciso il padre col silenzio,
amo la mia pazzia di acqua e assenzio,
amo il mio giallo viso di ragazzo,
le innocenze che fingo e l’isterismo
che celo nell’eresia o lo scisma
del mio gergo, amo la mia colpa
che quando entrai nel museo degli adulti
era la piega dei calzoni, gli urti
del cuore timido: e tu rifiuti
ciò per cui ti amo, non mi muti].

E’ a partire da questa consapevolezza poetico-esistenziale che mi pare possibile cogliere, nella sezione L’ITALIA, il tentativo di vedere la realtà a partire da una prospettiva diversa da quella dei Padri: sono infatti tutti giovani, ragazzi, bambini quelli che possiamo trovare nelle strade e nelle città attraversandone i diversi capitoli, un mondo di Figli adolescenti guardato in carrellate davvero cinematografiche, con quegli squarci che ritroveremo in "Ragazzi di vita", "Accattone", "Il sogno di una cosa", "Mamma Roma" e sta forse proprio qui l’inizio di quel "populismo descrittivo", realistico solo falsamente perchè animato dal tentativo di scappare dal "Mondo dei Padri".

In CROCIFISSIONE, come una sorta di definitiva epifania, ritorna il tema della Passione, del Cristo sanguinante immagine del poeta-puer; una specie di TEOREMA ante litteram, una dichiarazione di posizione esistenziale. Qui c’è già tutto il Pasolini "luterano-paolino", eretico portatore delle evangelica "necessità dello scandalo": il Cristo muore infatti "Sotto gli occhi di tutti", e le connotazioni insistono sulla visione: "Esibire", "guarda", "gli fanno luce". Occorre insomma "essere esposti" giacchè

[la chiarezza del cuore è degna
di ogni schermo di ogni peccato
di ogni più nuda passione];

ma è la chiusa che stupisce per la capacità di sintetizzare le sembianze del Cristo-poeta-puer: lo stare esposti alla gogna, l’offerta del proprio corpo come "oggetto sacrificale", il sanguinare:

[scoprendo all’ironia le stille
del sangue dal petto ai ginocchi].




E’ evidente come qui l’intreccio di "intelletto e passione" e la "testimonianza dello scandalo" contribuiscano ad evocare non solo la poetica di tutto Pasolini, ma finanche una sorta di profezia esistenziale sulla vita e sulla morte del poeta (Baruch è profeta!).
Non ci rimane che osservare quanto l’archetipo del puer si sia impossessato del Nostro, qui sopratutto nella sua autodistruttività, nonchè nell’innocente e sfacciato bisogno di esporsi.

Come dice Hillmann, il sanguinare è connesso ad una:
-"immagine di vulnerabilità in generale: la pelle è troppo sottile per la vita reale, la sensibilità a ogni strumento appuntito d’attacco, l’assenza di difese della verità giovanilmente ingenua ed aperta"-(8).

E di nuovo l’incapacità ad entrare nel tempo, la consapevolezza che l’archetipo della giovanile purezza è estraneo alla temporalità del senex, è ben espressa nella chiusa de LE PRIMULE: quel "non invecchio" dice che

[dentro il mio cuore c’è un resto eterno
di fanciullezza(...)
Cibo delle primule e del mio cuore,
fa ogni cielo diverso, ogni alito
d’aria il primo, ogni battito d’ali
annuncio di creazione]

Veramente qui trova eco la situazione epocale dell’uomo moderno,descritta così da F.Jesi:
-" L’uomo moderno al quale è rivolto -ma si potrebbe anche dire: dal quale è nato- l’insegnamento della psicoanalisi, denuncia, riconoscendo così nel proprio volto più segreto i tratti del fanciullo, un’intima percezione della fine di un ciclo, e si ritrova nella condizione dell’orfano primordiale, abbandonato dinanzi all’alba del mondo."-(9)

A questo punto è necessario sviluppare almeno un pò l’ultimo aspetto, preannunciato, dell’archetipo del puer, che quasi in forma di "non-detto" possiamo intravedere da alcuni scorci dei versi dell’Usignolo: e cioè il fatto che la "Costellazione Puer" si definisce sopratutto nel rapporto col Padre.
In questo senso ci può essere d’aiuto Enzo Siciliano, che nel suo "Vita di Pasolini" ha brillantemente messo in evidenza una fulminea epifania del rapporto di Pasolini con l’immagine del padre. Anche qui si arriva mediante un episodio che ha tutto il sapore di una rivelazione improvvisa, densissima di rimandi simbolici ed esistenziali: l’episodio del cinema con Rita Hayworth che canta "Amado mio" sullo schermo, dall’omonimo romanzo incompiuto... Era quello "Il più bel film visto da Desiderio":

-"Davanti a Gilda qualcosa di stupendamente comune invase tutti gli spettatori. La musica di Amado mio devastava. Così che le grida oscene che si incrociavano per la platea, gli "attento che ti si spaccano i bottoni", i "Quante te ne fai stasera?", parevano fondersi in un ritmo dove il tempo pareva finalmente placarsi, consentire una proroga senza fine felice. Anche quando Iasìs, abbracciato da Desiderio, gli posò il capo su una spalla, e in quell’atmosfera da orgia consumata al di là del tempo, prima della morte, il petto di Desiderio parve finalmente sciogliersi, fu una commozione a un livello dove le lacrime si gelavano. Rita Hayworth con il suo immenso corpo, il suo sorriso e il suo seno di sorella e di prostituta -equivoca e angelica- stupida e misteriosa con quel suo sguardo di miope, freddo e tenero fino al languore- cantava dal profondo della sua America Latina da dopoguerra, da romanzo-fiume, con una inespressività divinamente carezzevole...
C’è R.Hayworth sullo schermo, col suo "grande corpo", epifania della inconoscibile Natura, punto terminale di una tensione fisica riconoscibilissima ("Attento che ti si spaccano i bottoni") ,la donna "contadina" col suo languore suggerisce, riscatta, india. Sembra essere lei, nell’attimo in cui si sfila il guanto "con delicata libidine e furiosa pazienza" a spingere Iasìs al suo "Stasera": -e quell’attimo fu un "urlo di gioia, un dolce cataclisma".
Clinicamente si può parlare credo di un arresto della libido alla fase adolescente. Ma la proiezione paterna, in essa, vibra insidiosa. Desiderio stringe col braccio gli omeri del suo ragazzo: questi gli posa il capo sulla spalla -il rapporto è inequivoco. Lo scrittore è qui certamente scisso: è l’uno e l’altro; è il padre e il fanciullo -uniti da un’urgenza appassionata che si compie davanti all’epifania irresistibile della femminilità (...) A questo punto un’ipotesi. L’incompiutezza del racconto sta altrove che in esso: sta in ciò che la vita vi ha racchiuso come simbolo: -l’incompiuto rapporto con l’immagine del padre che Pasolini ospitava dentro di sè (...) In quell’ incompiutezza narrativa -una incompiutezza più supposta che reale, ripeto- Pasolini nascose, per uno di quegli imprevedibili rinvii, cocenti e immediati, della vita nell’arte, il senso della propria ossessione: farsi padre al proprio ragazzo, perchè questi rispecchiasse in lui, rendendogli l’abbraccio, tutte le sue nostalgie inappagate di figlio.-" (10)

Lacerti di questo che può forse dirsi lo "sfondo oscuro"su cui Pasolini dipinse la sua vicenda umana e poetica, sono già presenti nell’Usignolo: impliciti nella PASSIONE nella figura di Cristo, "Dio -Puer", arrivano ad esprimersi nella CROCEFISSIONE, dove chiedendosi il poeta qual sia l’insegnamento del Cristo inchiodato, egli pare volerci suggestionare con uno

[sporgersi ingenui sull’abisso];

non potrebbe tutto ciò richiamare dalle profondità simboliche evocate dal Cristo in croce proprio l’icona del rapporto col Padre?
La costellazione archetipica del puer è stata invece troppo spesso -secondo Hillmann- associata a quella della Grande Madre:

-" Tanto il Figlio che soccombe quanto l’eroe che prevale traggono la loro definizione attraverso la relazione con la Magna Mater; il Puer invece la trae dalla polarità Senex-Puer (...) La dominante giovanile della coscienza nel suo sorgere e che governa lo stile della personalità dell’ io può essere determinata dal Puer (e dal Senex) oppure dal figlio e dall’eroe."-(12)

Se dunque il rapporto tra Pasolini e la madre è "scandalosamente" esposto in tutto l’Usignolo, forse il rapporto con lo "spirituale", il "paterno", è il Grande Rimosso della vita e della poesia del Nostro. Per rintracciarlo ci si può affidare a frammenti, come la strordinaria fine di MEMORIE, nel quale adesso l’intuizione di Siciliano ci illumina quel

[Mi innamoro dei corpi
che hanno la mia carne di figlio]

Fin dove Pasolini amava nei giovani la sua carne di figlio in quanto figlio della madre, e fin dove in quanto figlio del padre?
Si può rispondere a ciò seguendo l’apparire dei due aspetti del puer nel cammino poetico ed esistenziale del poeta: e se l’esordio dell’Usignolo richiama esplicitamente il rapporto Puer-Magna Mater ed ombreggia quello Senex-Puer, è nelle ultime opere teatrali che riappare l’ombra del Padre, come in Pilade:

[In nessun modo si ama meglio che nel sogno:
ameremo così i nostri indimenticabili padri
sognandoli. E ci racconteremo i sogni...](13)

Ancora, per bocca d’Oreste

[Andrò a pregare sulla tomba del mio povero padre.
non l’ho dimenticato, egli è ora nei miei sogni, e nei miei sogni mi parla con parole di grazia...]

Che cosa avrebbe mai detto il padre con tali "parole di grazia?", quale rapporto avrebbe voluto avere Pasolini col padre?

Come avviene anche in AFFABULAZIONE, secondo Siciliano -" Ciò che Pasolini chiedeva a suo padre è di essere quel GRANDE ALBERO SENZA OMBRA: un padre senza carisma, ricco di un carisma più grande, quello che è attribuito solitamente alla Divinità. Un padre il cui sesso non appartiene, un padre che non feconda materialmente, ma feconda nello spirito."-(14)

Presa di coscienza, sia pur letteraria della Grande Rimozione del suo destino di Figlio?

L’Usignolo si conclude con una sezione che sembra messa lì per segnare, più che mai contradditoriamente, l’incipit finto-decadente dell’immagine fine ottocento del titolo, stavolta con il finto razionalismo de LA SCOPERTA DI MARX, anticipato e chiosato da una citazione di Gor’kij così esplicitamente autoironica da spingerci a riportarla:

-"Io so che gli intellettuali nella gioventù sentono realmente l’inclinazione fisica verso il popolo e credono che questo sia amore. Ma questo non è amore: è meccanica inclinazione verso la massa"-

[con esso mi imprigiono
nello stupendo dono
ch’è ormai solo ragione
(…)

Ma c’è nell’esistenza
qualcos’altro che amore
per il proprio destino.
E’ un calcolo senza
Miracolo che accora
O sospetto che incrina.
La nostra storia! Morsa
Di puro amore, forza
Razionale e divina]

Ebbene, anche la conclusione è segnata nell’intimo dall’ossimoro, dalla sineciosi, che possiamo infine davvero considerare stimmate di tutta una vita, scelta di coerenza estrema, eccessiva, della vita e della poesia al proprio "mito"; una coerenza che se non sempre offre esiti poetici pienamente appaganti, tuttavia non smette di esercitare il suo fascino, quello appunto del Puer Aeternus.





(1) P.V.Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, Mondadori 1978,pg.782
(2) F.Fortini, Saggi italiani, Bari, Di Donato 1974, p.122
(3) G.Barberi Squarotti, Poesia e narrativa del 2o Novecento, Milano Mursia 1971,p.140/148
(4) James Hillmann:
-Senex e Puer,Marsilio Padova,1978
-Saggi su Puer,R.Cortina ed.Milano 1988
(5) J.Hillmann, Saggi su Puer, R.Cortina Milano 1988
(6) Al lettore nuovo, prefazione di P.P.Pasolini a Poesie, Milano Garzanti 1970, p.6
(7) J.Hillmann, ibidem, p.13
(8) " , " , p.34
(9) F.Jesi, Letteratura e Mito, Einaudi, Torino, 1968, p.12 (10) E.Siciliano, Vita di Pasolini, Milano, BUR 1981, ppgg.151, 152, 153.
(11) J.Hillmann, ibidem, p.113.
(12) P.P.Pasolini, Affabulazione e Pilade, Milano, Garzanti,1977, p.124