Id: 1879 Data: 28/10/2012 09:16:30
*
Portami lungo viali vuoti...
Portami lungo viali vuoti,
parlami di qualche sciocchezza,
pronuncia vagamente un nome.
I lampioni piangono l'estate.
Due lampioni piangono l'estate.
Cespugli di sorbo. Una panchina umida.
Amore mio, resta con me fino all'alba,
poi lasciami.
Rimasto come un'ombra offuscata,
vagherò qui ancora un po', ricorderò tutto,
la luce accecante, il buio infernale,
io stesso fra cinque minuti sparirò.
(http://www.gironi.it/poesia/rizyi.php)
Id: 1874 Data: 27/10/2012 08:13:50
*
Ti scrivo da vicino
Ti scrivo da vicino, come se la mano
ti fosse oggetto breve affiorato,
come se dalla strada ti arrivasse
la piccola certezza per l’acquisto
dei minuti seguenti. Da vicino
come il sole, come la cicala.
Come un silenzio pieno
che ti venisse agli occhi di mattina
e amarti fosse l’abito
scelto al cominciar del giorno.
(dal web, traduzione di Carlo Anaclerio)
Id: 1873 Data: 26/10/2012 14:59:12
*
Gli amici di Eraclito/The Friends of Heraclitus
Gli amici di Eraclito
Il tuo amico è morto, quello con cui
giravi per le strade
a tutte le ore, parlando di filosofia.
Perciò, oggi sei andato solo,
fermandoti spesso per scambiarti di posto
con il tuo compagno immaginario,
e ribattere a te stesso
sul tema delle apparenze:
il mondo che vediamo nella testa
e il mondo che vediamo ogni giorno,
così difficili da distinguere
quando dolore e sofferenza ci piegano.
Voi due spesso vi siete fatti trascinare
tanto da trovarvi in quartieri strani
persi tra gente ostile,
costretti a chiedere indicazioni
proprio sul ciglio di una suprema rivelazione,
a ripetere la domanda
a una vecchia o a un bambino
che potrebbero essere entrambi sordi e muti.
Qual era quel frammento di Eraclito
che stavi cercando di ricordare
quando sei inciampato nel gatto del macellaio?
Nel frattempo, tu stesso ti eri perso
fra la scarpa nera nuova di qualcuno
abbandonata sul marciapiedi
e il terrore improvviso e l'ilarità
alla vista di una ragazza
abbigliata per una notte di ballo
che sfreccia sui pattini.
*
The Friends of Heraclitus
Your friend has died, with whom
You roamed the streets,
At all hours, talking philosophy.
So, today you went alone,
Stopping often to change places
With your imaginary companion,
And argue back against yourself
On the subject of appearances:
The world we see in our heads
And the world we see daily,
So difficult to tell apart
When grief and sorrow bow us over.
You two often got so carried away
You found yourselves in strange neighborhoods
Lost among unfriendly folk,
Having to ask for directions
While on the verge of a supreme insight,
Repeating your question
To an old woman or a child
Both of whom may have been deaf and dumb.
What was that fragment of Heraclitus
You were trying to remember
As you stepped on the butcher’s cat?
Meantime, you yourself were lost
Between someone’s new black shoe
Left on the sidewalk
And the sudden terror and exhilaration
At the sight of a girl
Dressed up for a night of dancing
Speeding by on roller skates.
http://www.gironi.it/poesia/simic.php
Id: 1871 Data: 25/10/2012 15:26:15
*
Il mai più
Il termine ridotto
all’incredibile, con
tutti i suoi
sospesi, rimorsi
e sottintesi. Un
punto fermo al
resto che si muove,
pensato e ripetuto
pronunciato
come dato impossibile:
"Mai più".
Per ciò
che si poteva
e che non fu.
(tratta da "Le cose del mondo", http://www.italian-poetry.org/Ruffilli.htm)
Id: 1868 Data: 22/10/2012 19:24:33
*
Risveglio
Questa mattina uscendo dal sonno
ho visto entrare dai vetri della finestra una luce fredda
simile all’incedere di una compagna risentita e severa.
Qualcuno allora mi spieghi perché la mia finestra,
nei risvegli di luce calda, è Gerusalemme e la sua Moschea
Gerusalemme e la sua Porta, Gerusalemme e il Getsemani.
Sembra non ci sia spazio né aria per i miei risvegli:
o nel freddo fondente dell’alba, così vicino al dolore,
o nel calore del sacro che non tocca la verità dei miei
pensieri.
Luce e voce della vita passano senza mai collidere.
(http://poesia.blog.rainews24.it/2011/02/14/daniela-attanasio-il-ritorno-allisola/)
Id: 1867 Data: 21/10/2012 22:03:02
*
Cingo i miei fianchi
Cingo i miei fianchi
per essere una tela che si allarghi nell’ora dell’ira
e che si ritiri quando mi acquieto.
Chiesi al fuoco che divampa dentro di me:
quale uomo può sopportarmi
quale donna trovarmi amica
quale bambino che il mio stupore non possa uccidere
quale padre dare alla luce una simile a me
o quale nome contenere il mio aspetto
e quale verbo domarmi.
O fuoco
cosa ti spegne?
Una goccia sgorga da me
oppure una fiamma che dentro mi brucia?
(http://www.scrittidafrica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=156&Itemid=62)
Id: 1866 Data: 20/10/2012 09:49:28
*
Un sogno che abita il sogno
Sogno un uomo che ha raccolto i suoi resti in un bacio
un uomo che mi invade l’anima
che mi indossa come un vestito di seta.
Che vive nell’esilio
e quando mi dissolvo
mi trattiene nel borgo dell’anima
senza abluzioni e senza sepoltura.
(http://www.scrittidafrica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=156&Itemid=62)
Id: 1865 Data: 19/10/2012 09:45:47
*
Angelo
Mi stupisco di non essere morta oggi
nonostante questa mattina abbia deciso di stringere la mano
a tutti coloro che hanno gettato terra nel mio bicchiere
a tutti coloro che hanno liberato cavallette
per mangiarsi il mio polso fratturato,
quindi
non è stato l’angelo della morte a sollevare il velo all’alba.
E’ stato l’angelo della poesia.
(http://www.scrittidafrica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=156&Itemid=62)
Id: 1864 Data: 19/10/2012 08:53:39
*
Vita galleggiante/Floating life
Floating Life
What I live for today or tomorrow
Sweet life, sweet ways, no problem
Seeing meeting smiling faces
Avoiding things that brings problem
Not a coward but wish for the best
Go with the floating current
At times against the current.
My life is floating free to nowhere
Don’t like looking for obstacles
Stretching my hands to reach only
What I can get and feel strongly
Watch, or come with me floating
I don’t want to be drown down
My life is a floating one.
***
Vita galleggiante
Che cosa vivrò per l’oggi o il domani
Una vita dolce, un dolce cammino, senza problemi.
Vedere, incontrare volti sorridenti
Evitare cose che portano problemi
Non una vigliacca ma augurandomi il meglio
andare insieme alla corrente galleggiando
e a volte andare contro corrente.
La mia vita sta galleggiando liberamente nel nulla
Non mi piace cercare gli ostacoli
Stendo le mie mani per raggiungere soltanto
ciò che posso ottenere e toccarlo forte
Guarda, o vieni con me che galleggio
Non voglio annegare
La mia vita è un galleggiare.
(http://www.associazionerut.it/festa%20dei%20popoli/Roli%20Hope%20Odeka.htm)
Id: 1863 Data: 18/10/2012 15:12:39
*
In una stessa terra
Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell’ombra della sera
per la sera che di colpo crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta a una ringhiera
per l’attesa marina – senza grido – infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare più sola nell’enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi, mia la luce deserta
- da brughiera -
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso e la parola bosco
trema più fragile del bosco, senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.
(vedi http://www.gironi.it/poesia/anedda.php)
Id: 1858 Data: 16/10/2012 15:00:52
*
Maria, Passione
Io non avevo alle spalle l’aria
ma il tuo essere alato che diceva
sono il tuo servo, sali
sulla mia vita fino al paradiso.
Io volevo passare senza dolore. Io volevo
diventare il passato come quella inservibile oscurità sul lago
artificiale. Il tuo nome innalzava una colonna fatta
dai rintocchi del cuore come colpi di maglio nel lago solare. Il chiaro
che facevamo era verdemente conforme
ai gorghi
dei biancospini
– candelabri
che alla prima accensione del vento
stordivano come se rimanesse solo il fresco
del pulito in terra mentre il mondo si levava con il suo catrame
secondo l’immane
comando della creazione. Così Maria ha inventato l’angelo
e gli ha consegnato la sua vita
e al posto della vita di Maria
in lui echeggia un terreo paradiso.
(tratta da "Tre poesie", Poesia di Strada, XII Edizione, Wizarts Editore, in http://www.absolutepoetry.org/Maria-Grazia-Calandrone-Tre-poesie)
Id: 1857 Data: 14/10/2012 15:08:07
*
Un solitario amore
Abbiamo nel cuore un solitario
amore, nostra vita infinita,
e negli occhi il cielo per nostro vario
cammino. Le spiagge i cieli, la riva
su cui sassi e rovi e il solitario
equisèto, e colli erbosi grassi
rioni, città dispiegate come
belle bandiere, e nude prigioni.
Questa è la nostra vita. Questi nostri
volti vagabondi come musi
di cani ci somigliano. Il vento
il sole le corolle rosse e blu,
i sogni mai sognati i nostri sogni.
Questa è la nostra vita e nulla più.
(dal web)
Id: 1855 Data: 12/10/2012 09:40:32
*
Forse/Amo gli spazi infiniti
Forse
Forse in me rivive la schiava assira
con sull'esile spalla l'anfora rossa bruciata dal sole.
Forse la dolce fanciulla dal petto colore di miele
che nei verzieri di Lesbo, sola,
cantava canzoni d'amore.
Ogni terra ha l'impronta dei miei sandali,
ovunque nei millenni vissi,
ansiosa d'ombre e di luci sulla carne,
di riflessi di foglie nei miei occhi,
foglie calde, dorate come pelle viva.
***
Amo gli spazi infiniti
Mi piacciono i monti nudi,
ove un fiore,
se cresce, squallido alimenta lo squallido silenzio.
Mi piacciono i mari deserti,
i cieli vuoti,
gli spazi infiniti...
Amo le grandi tempeste
e l'uomo che s'affatica,
solo, dinnanzi al diluvio,
a costruire un'arca
bruna come una bara.
(tratte da "Il tempo muore con noi", 1952 - 1954 - inizio 1955, in http://www.literary.it/autori/dati/lenisa_maria_grazia/txt/il_tempo_muore_con_noi.html)
Id: 1851 Data: 10/10/2012 16:00:53
*
In altro luogo
Tu qui, vicino al salice di radici oltreumane,
hai tempo finalmente d’assegnarmi la parte.
Mi lascerò legare col più tenue dei rami,
anche il più malleabile: ecco caviglie e mani.
Reciteremo insieme, ma col più grande distacco,
la violenza che passa dal pubblico al privato
(il tuo folle timore che un padrone del mondo
ci cucia gli orefizi d’ogni piacere e lasci
il fuoco sulle spalle, il muro per fermarci).
Quanti sono passati intorno a questo salice,
tanti grossi nasi, pieni sacchi spermatici,
tanti con dita sudice, banconote schioccanti.
Se solo avessi un seme (mi puoi accontentare?),
io vorrei partorire il guscio di una nave,
ma senza marinai; essere finalmente quasi
ragazza-madre. Così passare i secoli delle vite
inventate, in altro modo amando ed altro generare.
(da L’ILARITA’ DI APOLLO ed. BASTOGI 1983, vedi http://poetarumsilva.wordpress.com/2010/03/19/l%E2%80%99impronta-della-disobbedienza-%E2%80%93-uno-sguardo-sulla-poesia-di-maria-grazia-lenisa-a-cura-di-maria-rosaria-lasio/)
Id: 1850 Data: 09/10/2012 07:36:57
*
Sponsali
In piedi in giardino come nel nuovo mondo,
entrambi in burqa bianco
con zanzariera sugli occhi. Non sai chi
faccia la parte di maschio.
Non è che uno ondeggi i fianchi, l’altro
ti sferri un pugno. Sono entrambi baritoni,
parte di un coro.
(tratta da L’ombelico d’oro, 2003, vedi http://rebstein.wordpress.com/2009/05/01/qui-si-declina-il-nome-della-rosa-ricordo-di-maria-grazia-lenisa/)
Id: 1849 Data: 08/10/2012 17:07:11
*
La mia poesia non sarà
La mia poesia non sarà
un giuoco leggero
fatto con parole delicate
e malate
(sole chiazze di marzo
su foglie rabbrividenti
di platani di un verde troppo chiaro).
La mia poesia lancerà la sua forza
a perdersi nell'infinito
(giuochi di un atleta bello
nel vespero lungo d'estate).
(http://www.culturaesvago.com/sandro-penna/)
Id: 1848 Data: 06/10/2012 21:46:59
*
Non diremo parole mortali
Non diremo parole mortali, suoni
bagnati di saliva masticata,
nel dipanarsi dei denti e della lingua.
Colate tra le labbra, le parole
sono le ombre confuse, agitate
del verticale silenzio che si espande.
(vedi http://www.culturaesvago.com/jos%C3%A9-saramago/)
Id: 1847 Data: 05/10/2012 19:31:06
*
Le voci
Sento le voci del richiamo
Appena appena nel caos del buio
Embrioniche come feti nel guscio
Umidi modulati stanchi
Voci, echi, rimbombanze
Sulle mie corde tenui
Sale, meconio, catrame
Tin! Adesso ti mordo, dolore
Non chiamarmi più per nome
Sono di altri.
Sei vita andata, paese, come cani randagi
Alieni colori spenti
Piaghe spellate
Ronzii di mosche erranti.
Taci adesso sussurro gelato
Ibrido di sensi sospesi e ridotti
Inalveata sono, già in altri mondi
Come venti lontani che trasudano quel morbido sottile strato di sabbia rossa.
Terra utero nel cuore stellato
Spoglia campana di chiesa,
Sei orma ormai
delle nostre vite sterrate
delle nostre calosce sporche.
(http://digilander.libero.it/vocidalsilenzio/serdakowskilevoci.htm)
Id: 1846 Data: 05/10/2012 09:16:52
*
diario di un’analfabeta
Io non so scrivere bene ma ho bisogno di leggere
la polpa del mondo
e di sentire il corpo delle lingue
nelle creature quando cantano. Come
i polmoni eseguono le punteggiature
vivendo il ritmo.
Io non so firmare
imprimo la mia impronta digitale
nella creta profonda. Un attimo dopo
il vento mi cancella
e diffonde la mia spirale.
(tratta da "Almanacco dello specchio", 2010-2011 Mondandori)
Id: 1844 Data: 04/10/2012 16:23:53
*
Dev’esserci
Dev'esserci un colore da scoprire,
un recondito accordo di parole,
dev'esserci una chiave per aprire
nel muro smisurato questa porta.
Dev'esserci un'isola più a sud,
una corda più tesa e più vibrante,
un altro mare che nuota in altro blu,
un'altra intonazione più cantante.
Poesia tardiva che non riesci
a dire la metà di quel che sai:
non taci, quanto puoi, e non sconfessi
questo corpo casuale e inadeguato.
(traduzione di Fernanda Toriello, in http://www.culturaesvago.com/jos%C3%A9-saramago/)
Id: 1839 Data: 01/10/2012 13:24:09
*
Fratellanza
Chi di noi due inganno se fratello
ti chiamo in questi versi?
Non son sorelle le foglie che da terra
guardano l’altre sui rami.
Meglio accettare questa solitudine,
viver rabbiosamente come un cane
che azzanna la museruola.
(dal web)
Id: 1838 Data: 29/09/2012 22:43:34
*
Estasi
Nei tuoi pensieri tutto il giorno, tu nei miei.
Gli uccelli cantano al riparo di un albero.
Al di sopra la preghiera della pioggia, un blu sterminato,
non il paradiso, che non va da nessuna parte, senza fine.
Perché mai le nostre vite si allontanano
da noi stessi, mentre rimaniamo intrappolate nel tempo,
in fila verso la morte? Sembra che nulla possa mutare
lo schema dei nostri giorni, alterare la rima
data da lutto in assonanza con diletto.
Poi sopraggiunge l’amore come un volo lesto di uccelli
dalla terra al paradiso dopo la pioggia. Un tuo bacio,
rievocato, sfila, come fossero perle, questa catena di parole.
Cieli immensi ci ricongiungono, unendo qui a lì.
Desiderio e passione nell’aria che pensa.
(dal web)
Id: 1834 Data: 28/09/2012 08:58:19
*
Nel mio paese
Leggeri ormai sono i sogni,
da tutti amato
con essi io sto nel mio paese,
mi sento goloso di zucchero;
al di là della piazza e della salvia rossa
si ripara la pioggia
si sciolgono i rumori
ed il ridevole cordoglio
per cui temesti con tanta fantasia
questo errore del giorno
e il suo nero d'innocuo serpente
Del mio ritorno scintillano i vetri
ed i pomi di casa mia,
le colline sono per prime
al traguardo madido dei cieli,
tutta l'acqua d'oro è nel secchio
tutta la sabbia nel cortile
e fanno rime con le colline
Di porta in porta si grida all'amore
nella dolce devastazione
e il sole limpido sta chino
su un'altra pagina del vento.
(tratta da "Dietro il paesaggio", in http://www.gironi.it/poesia/zanzotto.php)
Id: 1833 Data: 27/09/2012 20:31:44
*
Siamo poca roba
Sèm poca roba, Diu, sèm squasi nient
da "Liber" (1988)
Sèm poca roba, Diu, sèm squasi nient,
forsi memoria sèm, un buff de l’aria,
umbría di òmm che passa, i noster gent,
forsi ‘l record d’una quaj vita spersa,
un tron che de luntan el ghe reciàma,
la furma che sarà d’un’altra gent…
Ma cume fèm pietâ, quanta cicoria,
e quanta vita se porta el vent!
Andèm sensa savè, cantand i gloria,
e a nüm de quèl che serum resta nient.
***
Siamo poca roba, Dio, siamo quasi niente
da "Liber" (1988)
Siamo poca roba, Dio, siamo quasi niente,
forse memoria siamo, un soffio d'aria,
ombra degli uomini che passano, i nostri parenti,
forse il ricordo d'una qualche vita perduta,
un tuono che da lontano ci richiama,
la forma che sarà di altra progenie...
Ma come facciamo pietà, quanto dolore,
e quanta vita se la porta il vento!
Andiamo senza sapere, cantando gli inni,
e a noi di ciò che eravamo non è rimasto niente.
(http://www.gironi.it/poesia/loi.php)
Id: 1831 Data: 26/09/2012 16:25:08
*
Mi piacerebbe di me dimenticarmi
Me piasaríss de mí desmentegâss
da "Lünn" (1982)
Me piasaríss de mí desmentegâss,
e camenà, e respirà per tí,
vèss cume i fjö che quand je branca el sû
se làssen sumenà due el vör lü,
e mai truâss, e pü capí de mí,
ma vèss giuius de l’aria che me tira
due che la vita la se pensa vîv.
***
Mi piacerebbe di me dimenticarmi
da "Lünn" (1982)
Mi piacerebbe di me dimenticarmi,
e camminare, e respirare per te,
essere come i ragazzi che quando li prende il sole
si lasciano seminare dove lui vuole,
e mai ritrovarsi, e non più capire di me stesso,
ma essere gioioso dell'aria che mi attira
là dove la vita si pensa vivere.
http://www.gironi.it/poesia/loi.php
Id: 1827 Data: 25/09/2012 09:39:16
*
Ah se almeno potessi
Ah se almeno potessi,
suscitare l'amore
come pendio sicuro al mio destino!
E adagiare il respiro
fitto dentro le foglie
e ritogliere il senso alla natura!
O se solo potessi
corpo astrale del nostro viver solo
pur rimanendo pietra, inizio, sponda
tangibile agli dei
e violare i più chiusi paradisi
solo con la sostanza dell'affetto.
(da "La terra santa", in http://www.aldamerini.it/Poesie/Poesie-di-Alda-Merini/ah-se-almeno-potessi.html)
Id: 1826 Data: 23/09/2012 19:31:59
*
da Kamen - Pietra -
Una indicibile tristezza
ha spalancato gli occhi,
un vaso di fiori s'è svegliato
ed ha versato il suo cristallo.
Tutta la stanza è impregnata
di languore-dolce rimedio!
Un così piccolo regno
ha risucchiato tanti sogni.
Un po' di vino rosso,
un po' di maggio radioso
e la bianchezza delle piccole dita fine
che spezza il friabile biscotto
(da Kamen - Pietra, a cura di Fiamma Giuliani, in http://www.filidaquilone.it/num006giuliani.html)
Id: 1825 Data: 22/09/2012 08:29:51
*
Notte insonne ed Omero
Notte insonne, ed Omero. Vele tese sul mare,
ho letto, delle navi, la lista per metà,
questa fila di gru, lunga frotta che appare,
che uscita un dì dall'Ellade, sull'onde se ne va.
Cuneo di gru che salpa verso terre straniere,
spuma che su regali teste, bianca, cadrà,
dove andate? Se a Troia non doveste vedere
Elena, o achei guerrieri, che vale la città?
E Omero, e il mare, tutto dall'amor vien mosso.
A chi darò più ascolto? Ed ecco, Omero tace
ed ora un mare nero rumoreggia commosso,
e sul cuscino, stridulo, mi si rovescia, e giace.
(da "La grande poesia europea", traduzione di Claudio Angelini, Terre Sommerse edizioni, 2011)
Id: 1824 Data: 21/09/2012 07:32:42
*
Notte dell’amore insonne
Notte alta, noi due e la luna piena,
tu ridevi, mentr'io proruppi in pianto.
Il tuo sdegno era un dio, soffrivo tanto
in attimi, e colombe alla catena.
Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,
per fondi spazi andava il tuo rimpianto.
Un gruppo d'agonie per me che affranto
stavo al tuo petto debole d'arena.
L'aurora sopra il letto ci riunì
con le bocche sul freddo getto poste
d'un sangue senza limiti diffuso.
E il sole entrò per le socchiuse imposte
e il corallo vitale il ramo aprì
sul cuore mio, già nel sudario chiuso.
(da "I sonetti dell'amore oscuro" ne "La grande poesia europea", traduzione di Claudio Angelini, edizione Terre Sommerse, 2011)
Id: 1823 Data: 19/09/2012 16:07:22
*
da L’Italia sepolta sotto la neve
(Parte quarta, Le trenta miserie d'Italia)
XII
La miseria della misera Italia numero
dodici
la testa in fiamme la sterpaglia
della festa dei pensieri paglia che
avvampa brucia fra braci di fumo.
Si consumano notizie mescolate al ricordo
di vecchie età
l'armamentario sul carro della vita
in corsa
è spazio di fresca primavera.
Altrove polvere sollevata dall'auto nella
strada di campagna
odora di mele mentre il merlo s'allontana
stride forte a filo dell'erba lungo il mare
siepi siepi siepi di oleandri abbandonati e
pini scavezzati dai venti secolari
camminano a terra.
Può la morte ordire il suo acuminato
massacro
ridurre in cenere il delfino
il vascello in fuoco
la sovrastante nuvola in ciclone e
travolgere la vita?
Il fervore trascinato in gorgo
l'esistente in un attimo è scomparso
giovinezza è il ricordo poi sull'occhio
chiuso
del cielo interminabile di tetti
e alla fine dimenticare la tomba
dei vecchi eroi?
Quante primavere gli uomini fuggitivi
abbandonano alle giovani ali che
arrivano portate dal garbino?
Si può considerare l'opportunità
di non rassegnarsi
bruciare il carro del vincitore
anche le nostre bandiere.
Per favore.
(http://www.pensieriparole.it/poesie/autori/r/roberto-roversi/pag1)
Id: 1818 Data: 16/09/2012 08:11:05
*
Rulla tamburo
Rulla tamburo e porta la tua voce
alle foglie degli alberi più alti
per ricordare:
davvero l’uomo adesso può cambiare
e può correre con i piedi scalzi nudi
come sui carboni dell’inferno
nelle città, sulle strade e lungo il mare
dove un tempo si annidavano le fiere
del pregiudizio
e rendevano la vita un eterno
stracciare di bandiere.
Ma oggi se l’inverno viene
la primavera non è più lontana.
http://absolutepoetry.org/UNA-CANZONE-E-UNA-POESIA-DI
Id: 1817 Data: 15/09/2012 21:02:30
*
E’ solo un vizio
Fliaci travestiti da poeti
burocrati arroganti,
pedanti imbonitori
siete voi i vessilliferi:
portatori di insegne sbiadite.
L'esser poeti non è un vanto.
E' solo un vizio di natura.
Un peso che s'ingroppa
con paura.
(tratto da "Diario postumo", a cura di Annalisa Cima, Arnoldo Mondadori editore, 1996)
Id: 1816 Data: 15/09/2012 08:39:30
*
Nella penisola salentina
L'amore era una lettera trovata
nel tronco di un olivo; l'amicizia
il capello spaccato in due, soffiato
nel vento; e la morte
il dente che si serba per il giorno
del Giudizio.
Qui c'erano accademie
e monaci sapientissimi
e città gloriose
di sporcizia e abbandono!
Nel mattino senz'uomini allattano i figli
le donne sulle porte o lungamente
si pettinano.
E che neri capelli, che capelli
che non finiscono mai,
fra quelle bianche case con le file
di zucche gialle sulle cornici!
Su un mucchio di immondizie un gatto feroce
rosicchiava una lisca madreperlacea
guardando avvicinarsi il forestiero
con due occhi terribili.
(tratta da "Dopo la luna" in "Poesie" 1939-1970, Congedo editore, introduzione di Oreste Macrì, Galatina 1980)
Id: 1815 Data: 14/09/2012 08:16:53
*
5 poesie di Caterina Camporesi
*
si coagula in gola la parola
ormeggiata nella neve
chiaroveggenze gocciolano semenze
su frastuono di tuoni streganti
acque lustrali rischiarano anfratti
su fondo nero di pozzi riaperti
*
in cunicoli dove il vero si coagula
si stratificano inquiete sequenze
la luce dello spirito perfora palpebre
staziona in dilatate pupille
angoli d’anima si schiudono
al duplicarsi di luminanti perle
*
precipitano risposte a domande
insolute
in bocce imbastite si ritirano
sovvertono semenze di senso
snodando liturgici canti
in ondate di limbo
*
tempo sospeso
acquattato tra pieghe di pianto
nel vermiglio del travaglio
un parto ancora
per un porto ai sé nascenti
avidi di oceani aperti
(e)venti ascensionali
*
s’azzannano l’un l’atro come sparvieri
nel pantheon delle sentenze
ignoranti dell’io del dio
duellando sui diritti di vita morte
scalpitano sui bordi del vulcano
bocche vomitanti fuoco e cenere
tra negare per dire dire per negare
gonfio di vento s’affloscia il buon senso
(tratte da "Dove il vero si coagula" in http://www.filidaquilone.it/num025degregorio.html)
Id: 1813 Data: 12/09/2012 20:22:46
*
Apollo e Dafne
A Ernesto Volkening
Mi sono abituato ad amare le sorprese.
Il filo di uno sguardo che stabilisce un ponte silenzioso
in mezzo al chiasso della gente.
Così la vita si lascia dietro il rancore indifeso
e il suo abbandono doloroso
mentre ci consegna umorismo e affetto come pegni.
Eppure, come mantenere quella gioia e farla sussistere,
se sei fedele soltanto alle parole
e il carattere volubile non riesce a concludere
i doveri assunti?
Nessuna responsabilità, tranne il canto.
Ogni responsabilità, perché canto.
Chiedo lo stesso rigore che rifiuto
ma è anche certo
che l’eccesso di miracoli diventa facile
e alla fine solo ci concede una festa frastornante.
Tu sei oggi il mistero senza rive
e la metamorfosi che ti trascina
nel turbinio dei fatti.
Ma come dirlo
se ho sporcato il mio pensiero con deboli desideri
e la fretta mi ha tolto l’intenso fulgore dell’ovvio?
Se sono stato sbadato e fallace
per recuperare con inganni
ciò che la frivolezza aveva degradato?
Volevo parlare soltanto del balsamo che allevia la paura
e del terrore che singhiozza come un animale inerme
alle tre di notte. È così fragile tutto quello che abbiamo
e sono così complesse le corde che ci reggono
che devo controllare aspetto e peso in ogni linea.
Soltanto in questo modo riuscirò a preservare l’innocenza.
La routine quando diventa meccanica ti nobilita.
Per questo volevo portare qui la tua mano
che segna sulla guancia la sua pietà intelligente.
È per causa sua che la coercizione si dilegua
e il tempo riprende a scorrere.
Scrivere è pregare in modo diverso.
Le uniche notizie che valgono la pena le trovi nelle poesie.
Tutti i poeti sono santi e andranno in paradiso.
(da Todos los poetas son santos e irán a cielo, Tutti i poeti sono santi e andranno in paradiso, 1983, in http://www.filidaquilone.it/num019canfield2.html, a cura di Martha Canfield)
Id: 1812 Data: 11/09/2012 20:05:39
*
Solo te
Solo te
Il cielo si porta nel cinto di nuvole
La luna ricurva.
Sotto la forma di falce
Io voglio riposarti in mano.
Sempre devo fare come vuole la tempesta,
Sono un mare senza riva.
Ma poiché tu cerchi le mie conchiglie,
Mi si illumina il cuore.
Stregato
Giace sul mio fondo.
Forse il mio cuore è il mondo,
Batte -
E cerca ancora te -
Come ti devo invocare?
***
Nur dich
Der Himmel trägt im Wolkengürtel
Den gebogenen Mond.
Unter dem Sichelbild
Will ich in deiner Hand ruhn.
Immer muß ich wie der Sturm will,
Bin ein Meer ohne Strand.
Aber seit du meine Muscheln suchst,
Leuchtet mein Herz.
Das liegt auf meinem Grund
Verzaubert.
Vielleicht ist mein Herz die Welt,
Pocht -
Und sucht nur noch dich -
Wie soll ich dich rufen?
(http://www.gironi.it/poesia/schuler.php)
Id: 1811 Data: 10/09/2012 22:28:08
*
Quellombra, mia immagine
Quell'ombra, mia immagine, che va e viene, cercando di
vivere, e chiacchiera, mercanteggia,
Quanto spesso mi trovo immobile a contemplarla dove
erra,
Quanto spesso mi chiedo in dubbio se sia proprio me;
Ma quando, tra i miei amatori, quando intono questi miei
canti,
Oh, non dubito più che sia veramente me.
(tratta da "Foglie d'erba", a cura di Enzo Giachino, Einaudi 1973)
Id: 1810 Data: 09/09/2012 09:13:06
*
se ti rivivi, cosa ti correggi?
se ti rivivi, cosa ti correggi?
ebbene niente: sono riboccante di torturanti
rimorsi,
o donna mia: sono un'orripilante enciclopedia di cazzate incoglionate, di
semicriminali
supergaffes: e furono, i miei anni, un inimitabile campionario di irrimediabili
refusi
esistenziali:
ebbene, non ritoccherei una virgola sola, un puro punto solo: avrei
terrore
dell'effetto domino: ti modifichi un gesto, una parola: ti rifai, tanto per fare,
il nodo
alla cravatta: ma che dico? ti tagli via, da una narice, un giorno, un pelo
appena in più,
non altro: e ti giuochi un destino - il destino: et tout se tient: e, poni caso
e poni
mente, poi: tu mi sparisci, allora fuori dalla rivita che io vivrei, concedendomi
il bis:
ebbene:
quello che ho avuto, così, me lo tengo: pur di tenerti, io mi ritengo,
identico.
(dal web)
Id: 1808 Data: 08/09/2012 09:06:29
*
Parla l’abbandono
Quanto profonda scorre la vena dell’abbandono?
Ci sono giorni in cui vaga con il cappotto sul pigiama.
L’infelicità è scandalosa.
È così colpevole che non può avere commerci con il corpo.
Lo guarda con distacco. Si avvolge nel cappotto
e dorme come un feto. Il freddo è benvenuto.
Il corpo è solo un tetto.
Non esistono nomi, né desiderio, né sesso.
“Come lumache” bisbiglia.
Il bavero di pelo copre occhi e orecchie.
Addormentandosi la sua testa fende l’aria
naviga in sogno lungo i cornicioni di pietra.
(tratta da "Dal balcone del corpo", Milano, Mondadori, http://rebstein.wordpress.com/2007/08/27/se-ho-scritto-e-per-pensiero-poesie-di-antonella-anedda/)
Id: 1806 Data: 07/09/2012 15:01:22
*
Al bar delle mutande
Al bar delle mutande ci incontrammo,
non era un richiamo, ma uno sbaglio.
Tu eri sui gradini della chiesa di Alessano,
io al bar, con le mutande, a Montesardo.
Contrattempi riequilibrati su altri gradini
a raccontarsi del passato ieri,
di come l’estate abbia sfoggiato il suo teorema
senza i cadaveri degli anni prima.
Poeta delle immagini, dicevi.
Ma l’immagine più efficace
me l’hai passata tu,
quella della volta che tuo padre
portò in macchina, dalla Basilicata a Lecce,
una sposa morta,
seduta dietro coi parenti,
per il viaggio di nozze diretto
al paese della giovane signora,
passando pure egregiamente
un controllo della stradale.
Gli anni sessanta dei nostri genitori trentenni
e di noi più o meno nati.
Disquisimmo sui dualismi ai quali sei allergico,
concubino delle variabili,
e di come sia meglio fare che parlare.
Mi alzai deciso e ti portai in quella chiesa
ripulita troppo, ma dignitosa,
a deliziarci della musica
di quel Girolamo Melcarne,
genius loci, e di quel seicento
secolo dannoso da noi apprezzato
per i prodigi.
I santi, ai lati nelle nicchie,
di statura piccola ma onesta,
guardavano in una direzione inesistente,
quella del soprattutto e dell’ovunque,
mistici.
La madonna con il colpo della strega,
dietro l’altare centrale,
rapiva la mia attenzione
per la fisiognomica paesana
che la eresse a santa contadina
in qualche lontana era volgare.
Una mano usciva da una nicchia,
vista di lato, era per te,
sostenitore del frammento obliquo.
Un’apparizione momentanea
quindi un abbraccio
per il viaggio di ritorno,
una vacanza applaudita
con la mano mancina, la tua
e macchiata di rosso magenta,
la mia,
tela di incontri difesi.
(tratta da zen zero, http://taccuinoblu.wordpress.com/2012/09/05/zen-zero/)
Id: 1805 Data: 06/09/2012 14:45:55
*
una poesia di Mario Benedetti
Che cos'è la solitudine
Che cos'è la solitudine.
Ho portato con me delle vecchie cose per guardare gli alberi:
un inverno, le poche foglie sui rami, una panchina vuota.
Ho freddo, ma come se non fossi io.
Ho portato un libro, mi dico di essermi pensato in un libro
come un uomo con un libro, ingenuamente.
Pareva un giorno lontano oggi, pensoso.
Mi pareva che tutti avessero visto il parco nei quadri,
il Natale nei racconti,
le stampe su questo parco come un suo spessore.
Che cos’è la solitudine.
La donna ha disteso la coperta sul pavimento per non sporcare,
si è distesa prendendo le forbici per colpirsi nel petto,
un martello perché non ne aveva la forza, un’oscenità grande.
L’ho letto su un foglio di giornale.
Scusatemi tutti.
(da Umana gloria, Mondadori, 2004)
Id: 1804 Data: 05/09/2012 16:28:22
*
Non restituire al mittente
La buona notizia è che sono
deperibile
mentre la lumaca striscia sotto
la foglia,
mentre la dama nel caffè
ride una falsa risata,
mentre la Francia brucia
un crepuscolo di porpora.
sono deperibile
e questo è il bello,
mentre il cavallo scalcia
un asse della stalla,
mentre ci affrettiamo verso
il paradiso,
io sono piuttosto deperibile.
metti le scarpe sotto
il letto
allineate.
mentre ulula il cane
l'ultima rana sbuffa
e salta.
(http://www.gironi.it/poesia/bukowski.php)
Id: 1803 Data: 04/09/2012 21:40:32
*
Anchio una volta dovetti nascere
Anch'io una volta dovetti nascere.
E così camminando, io avanti, tu dietro
a volte ci approssimiamo,
ma non è che questione d'attesa,
non è che fragile concordia.
Mi somministri il tuo vuoto, io così lo chiamo,
E quando sale, quindi scende in me, a poco a poco,
come se nulla potesse incontro al mio tenerti
aggrappato alla bionda cavalcata delle luci,
io penso che questo è l'ultimo fiato
che ricevi in dono dal primo giorno
e il migliore della tua alta felicità.
(tratto da "Almanacco dello specchio, 2010-2011, a cura di Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi, Mondandori 2011)
Id: 1800 Data: 03/09/2012 15:56:08
*
Qui le più fragili mie foglie
Qui le più fragili mie foglie, eppure quelle che dureranno più a lungo,
Qui velo e celo i miei pensieri che non mi piace rivelare,
Eppure essi mi rivelano più d'ogni altra mia poesia.
(tratta da "Foglie d'erba", a cura di Enzo Giachino, Einaudi 1980)
Id: 1798 Data: 02/09/2012 09:46:13
*
Io canto lindividuo
Io canto l'individuo, la singola persona,
Al tempo stesso canto la Democrazia, la massa.
L'organismo, da capo a piedi, canto,
La semplice fisionomia, il cervello da soli non sono degni
della Musa: la Forma integrale ne è ben più degna,
e la Femmina canto parimenti che il Maschio.
Canto la vita immensa in passione, pulsazioni e forza,
Lieto, per le più libere azioni che sotto leggi divine si attuano,
Canto l'Uomo Moderno.
(tratta da "Foglie d'erba", a cura di Enzo Giachino, Einaudi 1980)
Id: 1795 Data: 31/08/2012 16:21:45
*
miracolo
ho appena finito di ascoltare questa
sinfonia che Mozart scodellò
in una sola giornata
era così ferocemente, così sconsideratamente piena di
gaudio da durare
per sempre,
qualsiasi cosa questo per sempre
significhi
Mozart ci è andato
talmente
vicino.
(tratta da "tutto il giorno alle corse dei cavalli e tutta la notte alla macchina da scrivere", traduzione di Tiziano Scarpa, Edizioni minimum fax, 1998)
Id: 1794 Data: 31/08/2012 12:34:08
*
Esperimento
Ha mescolato acido di inchiostro con il sale
del mare e ferite dell'anima.
Ha mescolato
ha scritto su un deserto calloso
e carta clemente
ali e desideri
e ha cercato di volare.
(tratta da "Non ho peccato abbastanza", a cura di Valentina Colombo, Mondadori 2007)
Id: 1793 Data: 30/08/2012 09:42:23
*
Donna dacqua
L'acqua non è scivolata verso di noi
ardendo con la violenza della sete.
Perché l'acqua segue le mie tracce
dimentica dei suoi canali
e delle pianure alluvionali?
Perché non poggio il mio viso
sull'orlo dell'acqua
per sapere
come ha potuto nasconderci il suo colore,
come le abbiamo fatto perdere l'odore?
Perché non divento il segreto dell'acqua?
Perché non divento femmina per il suo maschio,
e lo aspetto nella caraffa
fino al sopraggiungere dell'estate?
(tratta da "Non ho peccato abbastanza", a cura di Valentina Colombo, Mondadori 2007)
Id: 1784 Data: 27/08/2012 08:37:49
*
Oceanografia
Giro le spalle al mare che conosco,
al mio essere umano me ne torno,
e quanto c'è nel mare lo sorprendo
nella pochezza mia di cui son conscio.
Di naufragi ne so più del mare,
dagli abissi che sondo torno esangue,
e perché da me nulla lo separi,
vive annegato un corpo nel mio sangue.
***
Volto as costas ao mar que jà entendo,
a minha humanidade me egresso,
e quanto hà no mareu surpreendo
na pequenez que sou e reconheço.
De naufràgios sei mas que sabe o mar,
dos abismos que sondo, volto exangue,
e para que de mim nada o separe,
anda um corpo afogado no meu sangue.
(dal web)
Id: 1783 Data: 25/08/2012 23:15:25
*
Solo tu, solo tu
1
Nuda sotto il sibilo del sole
solo tu ti rinchiudi
nel deserto della stanza vuota
ti asciughi e ti interroghi
come un impiccato che oscilla senza risposta
attraverso un vuoto, dietro in vuoto, dietro un vuoto.
2
Anima, solo tu muori
solo tu vivi nella tua tomba.
La morte ha rivelato al mondo
che non offre allegria a chi pensa.
(tratta da "Non ho peccato abbastanza", a cura di Valentina Colombo, Mondadori 2007)
Id: 1780 Data: 23/08/2012 08:29:05
*
Hai perso la saggezza
Raccolgo i capelli all'indietro
tanto da sembrare una bambina che un tempo hai amato,
per anni,
mi sciacquo la bocca con la birra dei miei amici
prima di tornare a casa,
come se non dovessi rispettare Dio in tua presenza.
Non c'è nulla che meriti il tuo perdono quindi,
tu sei buono, ma hai perso la saggezza
quando mi hai fatto credere che il mondo è simile ad un istituto femminile
e che devo annullare i miei desideri
per continuare a essere la prima della classe.
(tratta da "Non ho peccato abbastanza", a cura di Valentina Colombo, Mondadori 2007)
Id: 1778 Data: 22/08/2012 09:14:48
*
Los cantos del Hombre/I canti dell’uomo
Los cantos del Hombre
DICE DON ERNESTO: i
siempre habrá un hombre tal
que mientras se destruye su casa
piense en el Universo
y siempre habrá una mujer tal
que mientras se destruye el Universo
se preocupe por su casa
Para mí la casa no es ya
esa lamentable posesión
donde un hombre y una mujer
se aíslan a cultivar sus miserias
Es un espacio que acoge los ecos del mundo
Un lugar ordenado con un instinto tan asombroso
que algo da a la naturaleza
El Hombre, el ser, levanta espacios
de una armonía que la naturaleza desconoce
pero que ella inspira
La paz de los grandes vegetales
Habrá colmado de silencio y misterio
el aire de los sueños
Desde allá empujará al hombre a lo sagrado
A levantar arcos de piedra tan profundas
como las constelaciones
A trazar círculos como los del agua
A buscar la arquitectura del fuego
y de sus altas sombras, donse penden campanas doradas
¿Cómo descuidar entonces la Casa?
Desde ella se contemplan los relámpagos
la lluvia que remueve todo más allá de la memoria
Hasta ella llega una dicha de estrellas fugaces
que rasgan con su luz el follaje
donde cada hoja es un pájaro
y cada estrella la punta de un día
cuya luz no habremos de contemplar
¿Y el Cosmos? Un orden de vértigo donde caen sin fin
el vuelo de la esperanza
la nobleza de una naturaleza dormida -que es sueño-
el silencio de los desiertos -gota a gota-
el espejismo del mar, el viaje oscuro
de la luz -un acorde majestuoso- y los gritos
y los cantos del hombre que va en la gavia
y todo lo ve
¿Y la Casa? Es castillo y cripta, torre y caverna
milagro y humildad, orden y espera
y la voz de las cosas que no están
Casa y Cosmos son locura
***
I canti dell'uomo
DICE DON ERNESTO:
ci sarà sempre un uomo
che mentre viene distrutta la sua casa
pensa all'Universo
e ci sarà sempre una donna
che mentre viene distrutto l'Universo
si preoccupa per la sua casa
Per me la casa non è più
quel meschino possesso
dove un uomo e una donna
si isolano per coltivare le proprie miserie
È uno spazio che accoglie gli echi del mondo
Un luogo ordinato con un istinto così sorprendente
che dona qualcosa alla natura
L'Uomo, l'essere, crea spazi
di un'armonia che la stessa natura ignora
ma che è lei a ispirare
La pace delle grandi vegetazioni
avrà colmato di silenzio e mistero
l'aria dei sogni
Da là spingerà l'uomo verso il sacro
per costruire archi di pietra così profondi
come le costellazioni
a tracciare circoli d'acqua
a cercare l'architettura del fuoco
e delle sue alte ombre, da dove pendono campane dorate
Come si può trascurare la Casa allora?
Da lei contempliamo i lampi
la pioggia che rimuove il tutto più in là della memoria
Fino a lei arriva una felicità di stelle cadenti
che strappano con la sua luce il fogliame
dove ogni foglia è un uccello
e ogni stella la punta di un giorno
la cui luce non ci sarà dato di vedere
E il Cosmo? Un ordine di vertigine dove cade senza fine
il volo della speranza
la nobiltà di una natura addormentata - che è sogno -
il silenzio dei deserti - goccia a goccia -
il miraggio del mare, il viaggio oscuro
della luce - un accordo maestoso - e le urla
e i canti dell'uomo che in alto nella gabbia della nave
tutto vede
E la Casa? È castello e cripta, torre e caverna
miracolo e umiltà, ordine e attesa
e la voce delle cose che non ci sono
Casa e Cosmo sono follia
(Traduzione di Camila Hofman)
(http://www.filidaquilone.it/num009hofman.html)
Id: 1776 Data: 17/08/2012 22:13:55
*
alcune poesie di Alejandra Pizarnik
Yo canto.
No es invocación.
Sólo nombres que regresan.
*
Io canto.
Non è invocazione.
Soltanto nomi che ritornano.
*
El silencio es luz
el canto sabio de la desdicha
emana tiempo primitivo
buscaba la piedra no el pan
un himno inocente no las maldiciones
el conocimiento de mis nombres
para olvidarlos y olvidarme
pero no busqué es el exilio
ni tampoco me dije mentiras
no adoré el sol
pero no esperé esta luz negra
al filo del mediodía
*
Il silenzio è luce
il canto sapiente dell’infelicità
emana un tempo primitivo:
io cercavo la pietra e non il pane
un inno innocente e non le maledizioni,
la conoscenza dei miei nomi
per dimenticarli e dimenticarmi;
però quello che non cercai è l’esilio
e neppure mi raccontai bugie
non adorai il sole
ma non mi aspettavo questa luce nera
al filo del mezzogiorno
*
Como dedos rodando premeditamente
Como dedos de muerto pulsando la sola cuerda de un arpa
Como alas pesadas cuando sueño que duermo con los ojos abiertos
Como el sol que se ensombrece en mi mirada
Como la oscuridad desunida en toda la noche de mi vida
Como los perros en mi sombra
*
Come dita girando con premeditazione
Come dita di morto toccando la sola corda di un’arpa
Come ali pesanti quando sogno che dormo ad occhi aperti
Come il sole che si oscura nel mio sguardo
Come l’oscurità disunita in tutta la notte della mia vita
Come i cani nella mia ombra.
*
aguardadora insomne
tiembla sobre la página blanca
arroja sal a los ojos del asesino
y es un mundo blanco y sin ti
*
colei che aspetta insonne
trema sulla pagina bianca
lancia sale agli occhi dell’assassino
ed è un mondo bianco e senza te
*
NOCTURNO DE CHOPIN POR
PIANISTA DE CUATRO AÑOS
Su música me lleva
a un acantillado con un pájaro
que juega a oírse cantar.
Su música me alumbra en la lluvia
por donde vamos yo y una jaula vacía.
NOTTURNO DI CHOPIN PER
UN PIANISTA DI QUATTRO ANNI
La sua musica mi porta
ad una scogliera con un uccello
che gioca a sentirsi cantare.
La sua musica mi illumina nella pioggia
per dove andiamo io ed una gabbia vuota.
*
LAMENTO
la imagen del amor
abisma términos impíos
no llorarás por la eternidad
sino por un niño que llora
entre negras rocas
el coro de los ahogados
tempestuosa certeza de melancolía
yo sólo miro a nuestro rey invariable
a nuestro ardoroso inmutable
un niño cesa de respirar
una barca se hunde
yo miro el cielo
yo escucho el silencio callado
*
LAMENTO
l’immagine dell’amore
rende come abisso termini empi;
non piangerai per l’eternità
se non per un bimbo che piange
tra nere rocce
- il coro degli affogati -
tempestosa certezza di malinconia;
io soltanto guardo il nostro re invariabile
come nostro ardente immutabile
ed un bimbo smette di respirare,
ed una nave affonda
io guardo il cielo
io ascolto il silenzio taciuto
*
los ojos
hablan lo justo
ojos que se abren
arrojan lo sobrante
ojos
no palabras
ojos
no promesas
trabajo con mis ojos
en construir
en reparar
en reconstruir
algo parecido a una mirada humana
a un poema de hombre
a un canto lejano del bosque
*
gli occhi
dicono la verità
occhi che si aprono
tirano via il superfluo:
occhi
non parole
occhi
non promesse;
lavoro con i miei occhi
costruendo
riparando
ricostruendo
qualcosa di simile ad uno sguardo umano
ad una poesia d’uomo
ad un canto lontano del bosco
(traduzione di Alessandro Prusso, http://www.filidaquilone.it/num011prusso.html)
Id: 1775 Data: 17/08/2012 09:27:56
*
tre poesie di Cristina Campo
Ora tu passi lontano, lungo le croci del labirinto,
lungo le notti piovose che io m’accendo
nel buio delle pupille,
tu, senza più fanciulla che disperda le voci…
Strade che l’innocenza vuole ignorare e brucia
di offrire, chiusa e nuda, senza palpebre o labbra!
Poiché dove tu passi è Samarcanda,
e sciolgono i silenzi, tappeti di respiri,
consumano i grani dell’ansia -
e attento: fra pietra e pietra corre un filo di sangue,
là dove giunge il tuo piede.
*
Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere,
inaudito il mio nome, la mia grazia richiusa;
ch’io mi distenda sul quadrante dei giorni,
riconduca la vita a mezzanotte.
E la mia valle rosata dagli uliveti
e la città intricata dei miei amori
siano richiuse come breve palmo,
il mio palmo segnato da tutte le mie morti.
O Medio Oriente disteso dalla sua voce,
voglio destarmi sulla via di Damasco -
né mai lo sguardo aver levato a un cielo
altro dal suo, da tanta gioia in croce.
*
Devota come ramo
curvato da molte nevi
allegra come falò
per colline d’oblio,
su acutissime làmine
in bianca maglia d’ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d’addio…
(tratte la Passo d'oblio in "La tigre assenza", M. Pieracci Harwell cur., Adelphi, 1991, vedi sito http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/12/27/cristina-campo/)
Id: 1774 Data: 16/08/2012 08:44:37
*
Congedo dal santuario terrestre
VI
Vedo lei, affacciata
dalla finitudine sua
sul bianco raccolto
scivolamento
in un gonfiore di germoglio
e di pianto finito
nello schianto del mare. Vedo una viola
di latte
che cola
tra spalancate braccia
d’acqua dolce. Poi vedo il mare muoversi come un telo di altare
io vedo l’ostensione
della sua bellezza
sotto alte infreddate costellazioni. Le ginestre
dopo: all’angolo estremo dell’occhio, poco prima del niente.
Il mare è dove la strettoia del fiume diventa beatitudine
è la pianura senza gravità
dove il carico
si disfa. Riconosciamo il mare
dall’odore infantile che gli prende la terra
vicina
alla punta pulita dei piedi
esposta per prima
nelle calze
e da una irragionevole felicità negli omeri, che stanno
per affidarsi al nuoto, per allungarsi
come radici, congedarsi.
(tratta da "Atto di vita nascente", LietoColle, Collana Il Graal, 2010)
Id: 1773 Data: 14/08/2012 14:10:52
*
Heimfahrt/Ritorno a casa
Heimfahrt
das ist jetzt alles lesbar; halb
dunkel draussen sprechen tauben aus
dem holz. stationen
bahnstationen, nachbarstaaten: ich
bin müde auf dem hocker. eben-
erdig werden birken
buchen vorgetragen. etwas
fehlt, dem ich jetzt winke. alle zeit
von gott, das wollte seneca. ich wollte
ein akkordeon & einen hund, ich sah
dinge, die vom tisch
……….herunter stürzten, in
denen ich enthalten war
***
Ritorno a casa
ora è tutto leggibile; in semioscurità
fuori dal legno parlano
colombe. stazioni
stazioni ferroviarie, nazioni limitrofe: sono
stanco sullo sgabello. a pian
terreno si offrono
betulle, faggi. saluto
qualcosa che manca. tutto il tempo
di dio, questo voleva seneca. io volevo
una fisarmonica e un cane, vedevo
cose, che precipitavano
……….dal tavolo, nelle quali
ero contenuto io
(traduzione di F. Italiano, vedi http://www.germanistica.net/2011/12/05/nuovi-poeti-di-berlino-3-lutz-seiler/)
Id: 1772 Data: 14/08/2012 09:17:57
*
Teich/Stagno
Teich
sagt er: das leid ist ein teich.
sag ich: ja, das leid ist ein teich.
weil das leid von fischen durchschossen
in einer mulde liegt und faulig riecht.
sagt er: und die schuld ist ein teich.
sag ich: ja, die schuld auch teich.
weil die schuld in einer senke schwappt
und mir bei hochgerecktem arm bereits
zur aufgedehnten achselhöhle reicht.
sagt er: die lüge ist ein teich.
sag ich: ja die lüge ebenso teich.
weil man im sommer des nachts
am ufer der lüge picknicken kann
und immer dort etwas vergißt.
***
Stagno
lui dice: il dolore è uno stagno.
io dico: sì, il dolore è uno stagno.
perché il dolore crivellato dai pesci
giace in una conca e odora di marcio.
lui dice: e la colpa è uno stagno.
io dico: sì, la colpa anche lei stagno.
perché in un incavo la colpa sciaborda
e malgrado il braccio proteso
mi arriva già all’ascella ritorta.
lui dice: la menzogna è uno stagno.
io dico: sì, la menzogna stagno pure lei.
perché in estate, di notte
sulle sponde della menzogna si può fare un picnic
e qualcosa laggiù sempre si scorda.
(tratta da "Ricostruzioni. Nuovi poeti di Berlino", a cura di Theresia Prammer, Milano, Libri Scheiwiller, 2011).
http://www.germanistica.net/2011/12/28/nuovi-poeti-di-berlino-7-monika-rinck/
Id: 1771 Data: 13/08/2012 10:59:18
*
Magro conforto
Crisippo dice che solo le anime dei saggi
aleggiano fino al rogo finale del mondo.
Finché tutto sprofonda si conservano, loro sole.
Ah quale solitudine dev’essere per chi ha in serbo
il tempo segreto che poi però mette fine a tutto.
Di solito il tempo induce alla fretta, tronca la vita
quando è sul più bello. Ma chi non fa altro
che filosofare l’intero giorno corre il pericolo
di non venire mai meno.
Ogni nuova generazione
lo rimette in circolo, impresso su monete,
intessuto in teli da vela, medaglione sulle travi
delle biblioteche, inciso nei cervelli rimuginanti
di profilo il volto barbuto con la fronte pensante.
Non esser mai dimenticato è la loro maledizione.
come l’ombra che s’incolla alle cose
ad ogni crepuscolo, l’accompagna il loro pensiero,
irredento, da loro non più separabile.
Almeno questo a noi rimane risparmiato.
*
L’editore Einaudi ha mandato in libreria una raccolta di poesie col titolo "Strofe per dopodomani-e altre poesie" a cura di Anna Maria Carpi, da cui abbiamo tratto questi versi.
Dalla quarta di copertina:
“Durs Grunbein è nato nel 1962 a Dresda, allora DDR. Attualmente vive a Berlino. E’ autore di numerosi volumi di poesia e saggi. Da Einaudi ha pubblicato la raccolta di poesie "A metà partita" (1999), il diario narrativo "Il primo anno" (2004) e il poema "Della neve" ovvero "Cartesio in Germania" (2005).
(http://www.rable.it/?tag=poesia-contemporanea-tedesca)
Id: 1770 Data: 12/08/2012 12:25:19
*
Lebensraum/Spazio vitale
Lebensraum
Der Vorhang fällt, die Kerze engt das Zimmer.
Was uns die Welt war, schließt sich dunkel zu.
Fern wacht der Bleitod unterm Sternenflimmer.
Das Doppellid des Fensters schneidet Ruh.
Du wirst zum Raum, in dem ich mich entfalte
Sobald der Tagesstaub mich nicht mehr frißt.
Sowie ich dich in kurzen Armen halte
Begreife ich, wie tief der Graben ist
Der dich von mir trennt, außer Sekunden
Da zwischen uns der Funken springt;
Bitter die Erleuchtung und so spät gefunden
Daß Leben nur im Schrei gelingt.
Du bist die Zelle, der ich mich verdichte
Zu einem Kern den weichen Erdenkloß.
Du bist die Nuß, der Weltriß, den ich dichte.
Einzig deine Enge macht mich groß.
***
Spazio vitale
Cala il sipario, la candela restringe la stanza.
Si serra nel buio ciò che per noi era il mondo.
Veglia lontana nel brulichio di stelle la morte di piombo.
La palpebra doppia della finestra incide la calma.
Divieni lo spazio dove mi schiudo
Finché la polvere del giorno non mi divora.
Mentre ti tengo tra corte braccia
Comprendo quanto profondo il solco
Che ti divide da me, oltre i secondi
In cui si accende tra noi la scintilla;
Crudele il bagliore e capito in ritardo
Che solo nel grido riesce la vita.
Sei la cella dentro la quale mi addenso
Un nucleo nel morbido pugno di terra.
Sei il nocciolo, la crepa del mondo che
Metto in versi. Solo la tua stretta mi fa grande.
*tratta da Vorhimmel (Anticamera del cielo), Liebesgedichte, Gollenstein 2003, a cura di Davide Racca
(http://www.germanistica.net/2011/10/20/11-poesie-di-richard-pietrass/)
Id: 1769 Data: 11/08/2012 09:01:33
*
Die Gewichte/I pesi
Die Gewichte
Die Muttermilch und das Vatererbe.
Mein Hunger nach Leben und das Wissen zu sterben.
Der Gang zum Weib, der Hang zum Wort.
Der Keim der Reinheit und wie er langsam verdorrt.
Das Strohfeuer und der glimmende Docht.
Aufruhr, der auf Gesetze pocht.
Die heillose Fahne im bleiernen Rauch.
Galle, verschluckt im Schlemmerbauch.
Die Statuten des exemplarischen Falls.
Mein niemals vollgekriegter Hals.
Der säuernde Rahm, der flüchtige Ruhm.
Die Grube und die Gnade postum.
***
I pesi
Il latte materno e la paterna eredità.
La mia sete di vita e sapere di morire.
L’andare alla donna, l’inclinazione alla parola.
La gemma di purezza e come lentamente dissecca.
Il fuoco di paglia e il lucignolo ardente.
Rivolta, che batte sulle leggi.
L’atroce bandiera nel fumo di piombo.
Bile, inghiottita nel ventre dell’ingordo.
Gli statuti del caso esemplare.
La mia gola, mai paga.
La crema inacidita, la fama fugace.
La fossa e la grazia, postuma.
tratta da "Schattenwirtschaft" (Economia di ombre), Faber&Faber, Leipzig 2002
(http://www.germanistica.net/2011/10/20/11-poesie-di-richard-pietrass/)
Id: 1768 Data: 10/08/2012 10:45:10
*
Cortile berlinese/Estraneo
Quattro mura ben serrate
Come sempre
Calano i giorni e le notti
In questa camera soffocante
Di speranze ingannevoli.
E oggi come ieri
La gente orienta il lavoro
A seconda del mutare
Della poca luce.
Nessuna barriera cede
Per dare vista su un
Orizzonte. Gli sguardi
Rimbalzano contro grigie pareti
E tornano
Riflessi indietro. Nel cerchio
Spigoloso
Errano gli occhi e scivolano
Infine su in alto
Verso l’azzurra pezza
Di cielo.
***
Estraneo
Ti amavo. Mai ho usato questa parola.
Muto mi sono scavato in te una fossa
Per dare asilo alla mia brama
Un luogo di devozione alla mia festa.
Quanto ti ho spinto lungo la terra del tuo corpo.
I tuoi capelli erano redini per me.
Dura la frusta mi intrecciavi
Nell’abile officina delle tue mani.
Ci divorava la gioia. Ruppe la lastra,
Non treccia né criniera ci aiutarono.
Troppo sottile lo strato di ghiaccio, sottili le ciocche.
Ci ingoiò la melma. La palude degli scopi.
(http://lapoesiadelcuorecommunity.blogspot.it/2012/06/cortile-berlinese-una-poesia-di-richard.html)
(http://www.germanistica.net/2011/10/20/11-poesie-di-richard-pietrass/, traduzione di Davide Racca)
Id: 1766 Data: 09/08/2012 09:12:39
*
Quisiera esta tarde no odiar/Vorrei non odiare...
Quisiera esta tarde no odiar
Quisiera esta tarde no odiar,
no llevar en mi frente la nube sombría.
Quisiera tener esta tarde unos ojos más claros
para posarlos srenos en la lejanía.
Debe de ser tan hermoso decir:
"Creo en las cosas que existen y en otras
que acaso no existan,
en todas la cosas que pueden salvarme,
aunque ignore su nombre;
conozco la fruta dorada que da la alegría."
Quisiera esta tarde no odiar,
sentirme ligero, ser río que canta, ser viento
que mueve la espiga.
Miro al Poniente. Atardecen los largos caminos
que van a la noche,
que dan su cansancio a la noche, que van
a la noche a soñar en su negra mentira.
***
Vorrei non odiare questa sera
Vorrei non odiare questa sera,
non portare sulla mia fronte la nube oscura.
Questa sera vorrei avere occhi più chiari
per posarli sereni nella lontananza.
Dev'essere bellissimo poter dire:
"Credo nelle cose che esistono e in altre
che probabilmente non esistono,
in tutte le cose che possono salvarmi,
anche ignorando il loro nome;
conosco la frutta dorata che dona l'allegria."
Vorrei non odiare questa sera,
sentirmi leggero, essere fiume che canta,
essere vento che muove la spiga.
Guardo a ponente. S'abbuiano i lunghi percorsi
che vanno nella notte,
che donano la loro stanchezza alla notte, che entrano
nella notte a sognare nella sua grande menzogna.
(traduzione Alessio Brandolini, da Alégria, 1947)
http://www.filidaquilone.it/num004brandolini2.html
Id: 1763 Data: 02/08/2012 10:57:07
*
Sull’album di fotografie di una signorina
Sull'album di fotografie di una signorina
Alla fine mi hai concesso l'album, che,
Appena aperto, mi ha scombinato.
Tutte le tue età
In lucido o in opaco su erti fogli neri!
Troppa pasticceria, e troppa sostanza:
Immagini così nutrienti da ingozzarmi.
Strabico mi avvento su una posa dopo l'altra:
Con le treccine e un gatto restio stretto in braccio;
O adorna tu di pelliccia, il giorno del diploma;
O con la mano a rialzare una rosa pendula
Dal graticcio fiorito; o con il cappello da uomo
(Un po' inquietante, questa, per molti versi).
Da ogni lato tu attenti al mio controllo,
E anche con quegli sgradevoli tizi
Che s'aggirano disinvolti fra i tuoi anni verdi:
Nell'insieme, direi, non certo alla tua altezza.
Ma la fotografia! Fedele e deludente
Quanto nessuna delle arti, che registra come insipidi
I giorni insipidi, come finti i sorrisi a comando,
E non censura presenze incongrue tipo un bucato steso
O la pubblicità di una marca di colori,
Che svela la riluttanza del gatto e ogni piega
Di un doppio mento, oh quanta grazia
Con l'istantanea riversa sul tuo viso!
Mi convince perentoria che qui c'è
Una ragazza vera in un posto vero
Empiricamente reale in tutti i sensi.
O è soltanto il passato? Quei fiori, quel cancello,
Quei parchi brumosi, quelle auto ci straziano
Solo perché non ci sono più; e tu
Mi stringi il cuore con la tua aria datata.
Sì, certo; dopotutto però noi non piangiamo solo
Per quello che è ormai escluso, ma perché l'esclusione
Ci fa liberi di piangere. Sappiamo che ciò che fu
Non verrà a chiederci di giustificare
La nostra pena, per quanto urlata sopra
II gran vuoto fra l'occhio e il foglio dell'album. Resto così
A rimpiangere (sicuramente senza effetto)
Te in equilibrio sulla bicicletta contro una staccionata,
A chiedermi se ti accorgeresti del furto
Di questa di te che fai il bagno; a condensare,
Insomma, un passato che nessuno ora può dividere con te,
Di chiunque sarà il tuo futuro; fermo e impassibile
Ti tiene come un cielo dove tu stai,
Invariabilmente bella, più piccola e più chiara
Man mano che passano gli anni.
***
Lines on a young lady's photograph album
At last you yielded up the album, which,
Once open, sent me distracted. All your ages
Matt and glossy on the thick black pages!
Too much confectionery, too rich:
I choke on such nutritious images.
My swivel eye hungers from pose to pose —
In pigtails, clutching a reluctant cat;
Or furred yourself, a sweet girl-graduate;
Or lifting a heavy-headed rose
Beneath a trellis, or in a trilby hat
(Faintly disturbing, that, in several ways) —
From every side you strike at my control,
Not least through these disquieting chaps who loll
At ease about your earlier days:
Not quite your class, I'd say, dear, on the whole.
But o, photography! as no art is,
Faithful and disappointing! that records
Dull clays as dull, and hold-it smiles as frauds,
And will not censor blemishes
Like washing-lines, and Hall's-Distemper boards,
But shows the cat as disinclined, and shades
A chin as doubled when it is, what grace
Your candour thus confers upon her face!
How overwhelmingly persuades
That this is a real girl in a real place,
In every sense empirically true!
Or is it just the past? Those flowers, that gâte,
These misty parks and motors, lacerate
Simply by being over; you
Contract my heart by looking out of date.
Yes, true; but in the end, surely, we cry
Not only at exclusion, but because
It leaves us free to cry. We know what was
Won't call on us to justify
Our grief, however hard we yowl across
Thè gap from eye to page. So I am left
To mourn (without a chance of consequence)
You, balanced on a bike against a fence;
To wonder if you'd spot the theft
Of this one of you bathing; to condense,
In short, a past that no one now can share,
No matter whose your future; calm and dry,
It holds you like a heaven, and you lie
Unvariably lovely there,
Smaller and clearer as the years go by.
(trad. di Vanna Gentili, http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/366-Philip-Larkin,-due-poesie.html)
Id: 1762 Data: 01/08/2012 08:52:27
*
Aubade
Lavoro tutto il giorno, a sera sono brillo.
Alle quattro sto sveglio nel buio muto, fisso.
Gli orli delle tende via via schiariranno.
Frattanto vedo quello che in realtà c’è sempre:
la morte infaticabile, d’un giorno intero più vicina,
che rende ogni pensiero impossibile tranne
come dove e quando dovrò morire io stesso.
Arido interrogarsi: eppure la paura
di morire, d’essere già morto,
lampeggia nuovamente, avvince e terrorizza.
La mente sbianca all’abbaglio. Ma non di rimorso
– il bene non fatto, l’amore non dato, il tempo
strappato e non usato – né disgraziatamente
perché una sola vita può spendersi tutta a riscattare
i suoi inizi sbagliati, e non riuscirci mai;
ma per il vuoto totale ed eterno,
la sicura estinzione alla quale andiamo incontro,
dove saremo persi per sempre. Non essere qui,
né in nessun altro luogo,
e presto. Nulla di più terribile, nulla di più vero.
Ecco un modo speciale di prendersi quella paura
che nessun trucco scaccia. Provò la religione,
quel logoro e vasto broccato musicale
creato a farci credere che non morremo mai,
tutte quelle sciocchezze del tipo Nessun essere pensante
può temere una cosa che non sente, senza accorgersi
che è questo a spaventarci: niente vista, niente suono,
niente tatto o sapore, né odore, niente con cui pensare,
niente da amare e niente a cui legarsi,
l’anestesia dalla quale nessuno si risveglia.
Così rimane ai margini della visione,
una piccola fioca presenza, un freddo immobile
che frena i nostri impulsi fino all’indecisione.
Tante cose potrebbero non accadere mai:
questa accadrà, e il capirlo deflagra furioso
in bruciante paura se ci coglie senza niente
da bere o compagnia. Il coraggio non serve:
vale a non spaventare altri. L’essere forte
non risparmia la tomba a nessuno.
La morte non cambia se frigni o se l’affronti.
Lentamente la luce cresce, la stanza prende forma.
Certo come un armadio sta quello che sappiamo,
che abbiamo sempre saputo, che non si può sfuggire,
ma nemmeno accettare. Una parte dovrà cedere.
Frattanto i telefoni vegliano, pronti a squillare
in uffici ancora chiusi, e l’intero indifferente
intricato mondo in affitto comincia a svegliarsi.
Il cielo è bianco come calce, senza sole.
Il lavoro va fatto.
Postini come dottori vanno di casa in casa.
(Traduzione di Francesco Dalessandro, da Collected Poems, Faber and Faber, 1988)
(http://poesiesenzapari.blogspot.it/2011/02/philip-larkin.html)
Id: 1761 Data: 31/07/2012 08:19:54
*
Me Imperturbe/Io imperturbabile
Me Imperturbe
Me imperturbe, standing at ease in Nature,
Master of all or mistress of all, aplomb in the midst of
irrational things,
Imbued as they, passive, receptive, silent as they,
Finding my occupation, poverty, notoriety, foibles,
crimes, less important than I thought,
Me toward the Mexican sea, or in the Mannahatta or
the Tennessee, or far north or inland,
A river man, or a man of the woods or af any farm-life
of these States or of the coast, or the lakes or
Kanada,
Me wherever my life is lived, O to be self-balanced for
contingencies,
To confront night, storms, hunger, ridicule, accidents,
rebuffs, as the trees and animals.
*
Io imperturbabile
Io, imperturbabile, sto bene nella Natura,
padrone di tutto o signora di tutto, sicuro di me nel mezzo
delle cose irrazionali,
permeato come esse, passivo, ricettivo, silenzioso come
esse,
scopro che la mia occupazione, la povertà, la fama, i
punti deboli, i delitti, sono meno importanti di
quanto pensassi,
io, verso il mare del Messico, o a Mannahattan, o nel
Tennesse, o nell’estremo nord, o nell’interno,
un rivierasco, o un abitante dei boschi, o un fattore in
uno di questi stati, o della costa, o dei laghi, o del Canada,
dovunque io trascorra la mia vita, oh essere equilibrato
in ogni circostanza,
affrontare la notte, le tempeste, la fame, il ridicolo, gli
accidenti, i rifiuti, come fanno le piante e gli
animali.
(da ‘Il Canto di me stesso’, vedi sito http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2009/04/17/walt-whitman/)
Id: 1760 Data: 30/07/2012 14:32:34
*
Immortale Afrodite
Immortale Afrodite dal trono mirabilmente adorno
figlia di Zeus, che ordisci inganni, io ti prego
non stringere il mio cuore in una rete di oppressione,
di angoscia.
Ma qui vieni, se già altra volta
udendo la mia voce da lontano
mi desti ascolto e lasciando la casa del padre
accorresti,
dopo aver aggiogato il carro d'oro; belli ti conducevano
i passeri veloci sulla terra nera
in un fitto battere d'ali, dal cielo,
attravero l'etere;
presto giunsero; tu, o beata,
sorridendo nel tuo viso immortale,
mi chiedevi cosa di nuovo io soffrissi
e perché di nuovo ti invocassi
e cosa di nuovo così intensamente desiderassi
nel mio cuore impazzito; chi questa volta persuaderò
... ad amarti? Chi Saffo
ti fa torto?
Se ora ti sfugge, presto ti cercherà,
se non accetta i tuoi doni, lei stessa te ne offrirà,
se non ti ama, presto ti amerà,
anche se non volesse.
Vieni a me anche ora, liberami da quest'ansia
crudele,
quanto il mio cuore desidera si compia, esaudisci,
sii mia alleata.
(tratta da "Poesie", a cura di Ilaria Dagnini, Newton Compton editore, 2008)
Id: 1758 Data: 28/07/2012 08:29:00
*
Il nome dei gatti
Il nome dei gatti
E’ una faccenda difficile mettere il nome ai gatti;
niente che abbia a che vedere, infatti,
con i soliti giochi di fine settimana.
Potete anche pensare a prima vista,
che io sia matto come un cappellaio,
eppure, a conti fatti,
vi assicuro che un gatto deve avere in lista,
TRE NOMI DIFFERENTI. Prima di tutto quello che in
famiglia
potrà essere usato quotidianamente,
un nome come Pietro, Augusto, o come
Alonzo, Clemente;
come Vittorio o Gionata, oppure Giorgio o Giacomo
Vaniglia -
tutti nomi sensati per ogni esigenza corrente.
Ma se pensate che abbiano un suono più ameno,
nomi più fantasiosi si possono consigliare:
qualcuno pertinente ai gentiluomini,
altri più adatti invece alle signore:
nomi come Platone o Admeto, Elettra o
Filodemo -
tutti nomi sensati a scopo familiare.
Ma io vi dico che un gatto ha bisogno di un nome
che sia particolare, e peculiare, più dignitoso;
come potrebbe, altrimenti, mantenere la coda
perpendicolare,
mettere in mostra i baffi o sentirsi orgoglioso?
Nomi di questo genere posso fornirvene un quorum,
nomi come Mustràppola, Tisquàss o Ciprincolta,
nome Babalurina o Mostradorum,
nomi che vanno bene soltanto a un gatto per volta.
Comunque gira e rigira manca ancora un nome:
quello che non potete nemmeno indovinare,
né la ricerca umana è in grado di scovare;
ma IL GATTO LO CONOSCE, anche se mai lo confessa.
Quando vedete un gatto in profonda meditazione,
la ragione, credetemi, è sempre la stessa:
ha la mente perduta in rapimento ed in contemplazione
del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
del suo ineffabile effabile
effineffabile
profondo e inscrutabile unico Nome.
(traduzione di Roberto Sanesi)
—
The Naming of Cats
The Naming of Cats is a difficult matter,
It isn’t just one of your holiday games;
You may think at first I’m as mad as a hatter
When I tell you, a cat must have THREE DIFFERENT NAMES.
First of all, there’s the name that the family use daily,
Such as Peter, Augustus, Alonzo or James,
Such as Victor or Jonathan, George or Bill Bailey -
All of them sensible everyday names.
There are fancier names if you think they sound sweeter,
Some for the gentlemen, some for the dames:
Such as Plato, Admetus, Electra, Demeter -
But all of them sensible everyday names.
But I tell you, a cat needs a name that’s particular,
A name that’s peculiar, and more dignified,
Else how can he keep his tail perpendicular,
Or spread out his whiskers, or cherish his pride?
Of names of this kind, I can give you a quorum,
Such as Munkustrap, Quaxo, or Coricopat,
Such as Bombalurina, or else Jellylorum -
Names that never belong to more than one cat.
But above and beyond there’s still one name left over,
And that is the name that you never will guess;
The name that no human research can discover -
But THE CAT HIMSELF KNOWS, and will never confess.
When you notice a cat in profound meditation,
The reason, I tell you, is always the same:
His mind is engaged in a rapt contemplation
Of the thought, of the thought, of the thought of his name:
His ineffable effable
Effanineffable
Deep and inscrutable singular Name.
(tratta da “Old Possum’s Book of Practical Cats”)
(vedi http://poesia.blog.rainews24.it/2012/03/17/t-s-eliot-il-nome-dei-gatti-the-naming-of-cats/)
Id: 1755 Data: 19/07/2012 12:49:03
*
Quando io temo che potrei cessare
Quando io temo che potrei cessare
d'essere prima che la penna mia
abbia colto le spighe pullulanti
nel mio cervello, prima che alte pile
di libri in segni chiudano le messi
pienamente mature, come ricchi
granai, quando contemplo sopra il volto
stellato della notte ampi simboli
nebulosi di favola sublime,
e penso che potrei non aver vita
bastante per tracciare le loro ombre
con la magica mano della sorte;
e quando sento, bella creatura
di un'ora, ch'io mai più potrò mirarti,
né più mi sarà dato assaporare
l'incantata potenza dell'amore
che s'abbandona: allora sopra il lido
del vasto mondo sto solingo e penso
fin quando amore e fama al nulla affonda.
(da "Poesie", a cura di Mario Roffi, Einaudi, 1983)
Id: 1754 Data: 18/07/2012 14:17:42
*
una poesia di John Keats
XIV.
Se grevi rime debbono inceppare
il nostro inglese, e simile ad Andromeda
incatenare il soave sonetto
malgrado la dolente leggiadria,
cerchiamo, se si deve esser costretti,
sandali più compiuti ed intrecciati
pel nudo piede della Poesia:
la lira esaminiamo, la tensione
vagliando di ogni corda, se si può
guadagnare qualcosa con l'orecchio
industrioso e attento, misurando
suoni e sillabe, avari più di Mida
del suo oro; delle foglie morte
dei lauri diffidiamo; se la Musa
non si può lasciar libera, essa venga
con le proprie ghirlande incatenata.
(tratta da "Poesie", a cura di Mario Roffi, Einudi, 1983)
Id: 1753 Data: 18/07/2012 08:21:48
*
St. Louis Blues
Odio vedere il sole tramontare la sera
Perché il mio amore ha lasciato questa città
Se domani dovessi sentirmi come mi sento oggi
Faccio fagotto e me ne vado di qui
Una donna di St. Louis, con tutti i suoi anelli di diamanti
Si porta in giro quest'uomo legato ai lacci del suo grembiule
Se non fosse stato per il trucco e i capelli posticci
Quell'uomo che amo non sarebbe andato da nessuna parte
Ho i blues di St. Louis, non potrei essere più triste di così
Quell'uomo ha il cuore come uno scoglio piantato in mare
Altrimenti non se ne sarebbe andato così lontano da me
(testo tratto da "Blues!" di Mariano de Simone, Arcana, Roma, aprile 2012)
Id: 1752 Data: 16/07/2012 19:43:36
*
Neanche se
Questo passante è una sorpresa come la brezza, il vento,
il fulmine
a questo sapiente, ignoto, feroce che entra furtivo,
imperturbabile, isolato, trasformista, miscredente,
occulto, viaggiatore, oscuro, commovente, timoroso, distratto,
non chiederò un amore, non chiederò né un'illusione
né un omicidio
neanche se conoscessi la vittima.
(tratta da "Non ho peccato abbastanza", Mondadori 2007)
Id: 1751 Data: 16/07/2012 11:52:45
*
tre poesie di Abele Longo
Anguria
Oggi il mare odorava di anguria.
Galleggiandomi barchetta a fette
alla deriva, mi son svuotato
dei semi e riempito di altra frutta.
***
Bella
Il botanico felice vedeva
la sposa come una bella bulbosa
e ne declamava le qualità:
discreta versatile raffinata
di grande generosità si adatta
all'ambiente con sole poche cure.
***
Il bruco e la mela
Il bruco disse alla mela vorrei
prenderti intorno al torsolo assopirmi
satollo nelle tue succose dune.
La mela rossa dall'alto sorrise
lieta di non marcire senza prima
aver provato l'ebbrezza del morso,
godere bacata di quel tormento
che buca convergendosi sul dorso,
e se il prezzo per restare sull'albero
tale era, mai si sarebbe sbrucata
dei vantaggi che portava quel naufrago:
la brezza che s'incunea nei canali,
quel vivere appesi a degli ideali.
(tratte da "Reversibilità", edizioni Accademia di Terra d'Otranto - Neobar - aprile 2012)
Id: 1750 Data: 15/07/2012 09:33:21
*
Bimbo nero da Canti dell’innocenza
Bimbo nero
Mamma mi fece nel selvaggio sud,
ed io son nero, però bianca ho l'anima;
il bimbo inglese è bianco come un angelo,
mentr'io son nero, orfano di luce.
La mamma mi educava sotto un albero,
prima che il giorno riscaldasse troppo;
e prendendomi in grembo mi baciava,
additava l'oriente e poi diceva:
"Guarda il sole che sorge: là sta Dio,
e largisce il suo lume e il suo calore;
dà a fiori e piante, ad animali e uomini
conforto all'alba, e gioia a mezzogiorno.
Siam messi qui per poco, onde imparare
a sostenere i raggi dell'amore;
e i nostri corpi neri e i volti adusti
non son che nube e come bosco d'ombra.
Quando sapremo sopportare il caldo
la nube svanirà, l'udremo dire:
'Lasciate il bosco, voi, mio amore e cura,
gioite, agnelli, alla mia tenda d'oro',".
Questo diceva mamma, e mi baciava;
e questo dico adesso al bimbo inglese.
Liberi entrambi dalle nostre nuvole,
gioiosi agnelli alla divina tenda,
lo guarderò dal caldo perché possa
star sui ginocchi al padre nostro, in gioia;
e gli carezzerò i capelli chiari,
e sarò come lui, che mi amerà.
***
The Little Black Boy
My mother bore me in the southern wild,
And I am black, but O! my soul is white;
White as an angel is the English child,
But I am black, as if bereav'd of light.
My mother taught me underneath a tree,
And sitting down before the heat of day,
She took me on her lap and kissed me,
And pointing to the east, began to say:
"Look on the rising sun: there God does live,
And gives his light, and gives his heat away;
And flowers and trees and beasts and men recieve
Comfort in morning, joy in the noonday.
And we are put on earth a little space,
That we may leam to bear the beams of love;
And these black bodies and this sunburnt face
Is but a cloud, and like a shady grove.
For when our souls have learn'd the heat to bear,
The cloud will vanish; we shall hear his voice,
Saying: 'Come out from the grove, my love & care,
And round my golden tent like lambs rejoice'.".
Thus did my mother say, and kissed me;
And thus I say to little English boy.
When I from black and he from white cloud free,
And round the tent of God like lambs we joy,
l'Il shade him from the heat, till he can bear
To lean in joy upon our father's knee;
And then l'll stand and stroke his silver hair,
And be like him, and he will then love me.
(http://www.poesie.reportonline.it/Poesie-di-William-Blake/poesia-di-william-blake-il-bimbo-nero.html)
Id: 1749 Data: 14/07/2012 08:26:44
*
quattro poesie di Augusto Maria Ficele
Ironia da quattro soldi
Questi scaffali
sia di modeste e notevoli librerie,
dedicati interamente o quasi
ai vampiri alle pratiche zen
alle dieci mosse per diventare miliardario
alla vita extraterrestre ultraterrena
ai segreti della cucina mediterranea
sono coloratissimi.
Ed è, fortunatamente, subito sera.
***
Tutto qui
Mi accusarono di
avere avuto un rapporto incestuoso con mia sorella
io che pensavo fosse innocua fratellanza.
Mi consigliarono spassionati "metti i piedi per terra"
io che avevo un conto aperto con le farfalle.
Il giornalaio mi dava sempre il quotidiano da sgualcire
ma lessi da qualche parte che bruciare i fogli
fosse anomalo esoterismo.
Che m'importa della catena alimentare e della collisione dei pianeti;
i più facoltosi hanno prenotato un viaggio turistico sulla luna
ché tra qualche anno sarà agibile.
Omero,
mostriciattolo apocrifo,
dovrà scomodarsi per trovare un altro esilio
***
Mare
(Appare la prua ferro da stiro che dritta squarcia i flussi senza
interruzione.
Le boe, posizionate come bottoni, le onde
diventano pieghe di una camicia blu,
che prende il nome di Mare).
***
Al di qua
Il plenilunio. La carta carbone
per andare oltre ogni cosa,
- Fa un freddo gelido - e non c'è anima viva.
Le assi in legno
sostengono coraggiose i palazzi storici
e un cartellone indica sulla destra: Studio Medico.
Causa effetto
e se l'Iran sta preparando e nuove armi
decido per dispetto d'innamorarmi.
(tratte da "Poesie dai novantanove anni in su", aprile 2012, stampato in proprio)
Augusto Maria Ficele nasce il 17 aprile 1992 a Terlizzi, in provincia di Bari.
SopravVive a Molfetta.
Conseguito il diploma di liceo Classico,
iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia.
Per sua fortuna raccoglie ciliegie nei primi di giugno
e ha lavorato in un call center per i restanti mesi.
Appassionato di cinismo e di ciclismo, di musica e di cinema,
Ama arricciarsi i baffi con vanità.
(nota biografica, pag. 59)
Id: 1748 Data: 13/07/2012 08:41:30
*
Frammento: pensieri vanno e vengono in solitudine
I miei pensieri sorgono e spariscono
in solitudine. Il verso che li avrebbe presi, si
scioglie lontano, come luce di luna nel cielo
del giorno che si dispiega. Come
erano belli, e come saldi si ergevano
macchiettando di sé il cielo stellato
pari a intessuta madreperla!
***
My thoughts arise and fade in solitude,
The verse that would invest them melts away
Like moonlight in the heaven of spreading day:
How beautiful they were, how firm they stood,
Flecking the starry sky like woven pearl!
(tratta da "Poesie", a cura di Giuseppe Conte, Rizzoli, 2001)
Id: 1746 Data: 12/07/2012 09:14:57
*
Filosofia dell’amore
I
Le fonti si confondono col fiume
i fiumi con l'Oceano
i venti del Cielo sempre
in dolci moti si uniscono
niente al mondo è celibe
e tutto per divina
legge in una forza
si incontra e si confonde.
Perché non io con te?
II
Vedi che le montagne baciano l'alto
del Cielo, e che le onde una per una
si abbracciano. Nessun fiore-sorella
vivrebbe più ritroso
verso il fratello-fiore.
E il chiarore del sole abbraccia la terra
e i raggi della luna baciano il mare.
Per che cosa tutto questo lavoro tenero
se tu non vuoi baciarmi?
(da "Poesie", a cura di Giuseppe Conte, Rizzoli, 2001)
Id: 1745 Data: 11/07/2012 09:00:39
*
Versi
I
Quel tempo è morto per sempre, bambina!
Annegato, assiderato, morto
per sempre. Guardiamo al passato
fissiamo sbigottiti
gli spettri pallidi e gementi delle
speranze che tu e io abbiamo sottratte
alla morte sul fiume scuro della vita.
II
La corrente che guardavamo ora è passata
non possono tornare le sue onde
eppure noi resistiamo
in una terra solitaria
come tombe a segnare la memoria
delle speranza e dei timori, che
svaniscono e volan via nella luce
dell'indistinto mattino della vita.
*Poesia pubblicata in "Posthumos Poems", scritta nel 1817.
(tratta da "Poesie", a cura di Giuseppe Conte, Rizzoli, 2001, pag. 143)
Id: 1743 Data: 10/07/2012 09:59:40
*
Contributo/Il vento e io
Contributo
Africa, Africa, Africa,
terra grande, verde e sole,
in lunghe file di navi
schiavi neri mandò.
Che tragica fu la bussola
che guidò la nostra rotta.
Che amari furono i datteri
che incontrò la nostra bocca.
Le fruste han sempre ferito
la nostra schiena di ebano
ma con le agili mani
suoniamo maraca e bongo.
I loro barbari suoni
turbano i bianchi, di oggi,
il sangue caldo si sparge
della razza di colore,
perché l'anima, africana
che incatenata arrivò,
in questa terra d'America
portò cannella e candela.
***
Il vento e io
Come potrei avere
la voce e il vento
vento che sferza la luce,
luce del tempo.
Ricordo l'angoscia mortale,
vento ferito.
Porti la spina dei miei amori,
vento lascivo.
Ora cresce il fiore indistinto
del vento amico.
Oggi sotto un cielo di nubi,
domani, dove sarò?
E non saper perché cammino,
per qual cammino vai.
Il vento io l'ho perduto,
chi sa se ritornerà.
Dove lei? Dove? Dove la sua voce?
Dove la mia luna?
Dove la mia ombra?
Dove la luna senz'anima e io.
(traduzione di Sara Piazza, vedi http://www.filidaquilone.it/num003piazza.html)
Id: 1742 Data: 09/07/2012 15:23:21
*
Acqua/Agua
Quei due lontani, quei due separati vanno verso l'acqua guidati dalla loro sete.
Questa è acqua scompigliata.
Le sue molecole specchio portano il peso dei corpi allontanati,
l'occhio caldo del filo che tronca,
acqua spezzata nella sua costituzione.
Acqua rotta, mozzata.
Acqua che finge il piacere liquido che non ha.
Acqua ipocrita.
Acqua esplosiva, trattenuta dalla pura parvenza.
Acqua dove si abbeverano il nero cane insensibile e loro due, i disgiunti.
Acqua che brucerebbe andando di traverso nelle gole di altri innocenti.
Acqua stagnante che scorre, che si sposta come un blocco di furia, è Notte, inghiotte luce, è acqua divorante,
ha tanta fame come può avere un quattordicenne.
Vuole mangiare unicamente il vuoto.
È furia da coltello.
Acqua maledetta, dannata,
ispida truffa.
Lui, dove si trova?
La tempesta cade ai suoi piedi per cullarlo.
Lei, la seconda di quei due, è resa fertile dal riso idiota della iena,
sopra il suo tavolo si librano gli uccelli da preda, vogliono essere i suoi consorti.
I due si dispongono a bere.
L'acqua cui ricorrono è muraglia.
In essa le navi vanno a picco,
sopra di essa l'uragano si accanisce,
il gabbiano è cibo,
l'usignolo esca,
il frumento polvere di vaniglia che soffoca,
l'onda è la pietra della fionda.
Quest'acqua è cecità.
Riscalda la bocca che agogna il bacio.
Quest'acqua beve, si sazia con la separazione,
mastica lo spazio senza abbraccio,
deglutisce la pelle senza pelle, si abbuffa con la distanza tra quei due.
È acqua bevitrice ed è lì per confondere la rottura, la lontananza.
Se i gatti si abbeverassero alla sua fonte, canterebbero e chioccerebbero con la luce dell'alba.
Se fossero cammelli, azzarderebbero le proprie forme nella selva.
Se fossero castori, si adagerebbero sulle poltrone.
Se fossero uccelli, pianterebbero il becco nel lago, il collo, il corpo, le zampe, comincerebbero a battere le pinne come i pesci.
Boccheggerebbero simulando vita nel cammino verso la morte.
Se Huitzilopochtli la bevesse, con il suo casco da colibrì in testa e ai suoi piedi la xiuhcoatl, serpente di fuoco,
anziché guidarci da Aztlán verso Tenochtitlan, si pianterebbe nel primo stagno per boccheggiare pure lui, agitando le sue braccia, inoperose ali.
Quell'acqua è inganno, è il disordine, è la fine dell'istinto,
essa è la ghigliottina dell'amore,
dinamite sui ponti e sulle strade,
verso di lei li conduce la loro sete da disgiunti.
La donna che qui scrive, muta la sua sete in parole, lascia la bocca secca.
Ed è anche come l'uccello-pesce, che agonizza a modo suo.
Non può bere nient'altro, la separazione è il deserto.
Il suo corpo suona prima che esca il sole,
è un puro lamento,
tuonare di lingue metalliche dei fili delle spade dell'assenza,
duna che si muove cercando di seppellire e travisare le radici, incapace di toccare ancora terra.
Duna di cattiva memoria, duna volata via, senza ritorno.
Il suo corpo è puro viaggio, è biglietto di andata,
l'hanno cacciato dalla sala d'attesa perché faceva suonare la sua qualità di disgiunto.
Non apriva la bocca.
Ogni suo poro ripeteva il suono del dolore, era il latrato che non esce dal muso, e lei era già fetida come un corpo che inizia a decomporsi, impaziente, senza attendere la tomba.
Tornando all'acqua dove la sete porta i due disgiunti,
quell'acqua disseta nel bruciare.
Avanza come la fiamma sulle foglie secche, cancellando le orme della preda.
Non è chiara né pulita come il liquido riparatore.
È ciò che nacque dal nido dello stagno,
è l'acqua che si lanciò a volare dopo un paio di quinquenni nell'isolamento.
Acqua senza memoria della grotta né delle viscere della terra.
Senza ricordi del vento né del sole.
Ignorata dalla purezza.
Acqua che irrigata sulla terra brucia l'erba,
fa sputare al roseto petunie marce
e al pino pinoli deformi, avvelenati e acquosi come polpa di guanabana.
Tutto quello che sui lenzuoli avevano quei due quando erano gemma di letto
in fiore, quando il loro silenzio nell'amplesso balbettava,
quando si stringevano come anime perseguitate dal demonio
cercando rifugio nella lingua e nella bocca dell'altro,
quando non potevano interrompersi malgrado i loro corpi indolenziti chiedessero una pausa,
bagnati di gemiti e sudore,
quando lei viveva la gioia di essere posseduta,
tutto quanto sarà spazzato via dall'acqua candeggina,
l'acqua acido,
l'acqua temibile della separazione,
l'acqua che è come il mantello del rito che vuole cancellare il potere dei corpi,
come un sacchetto di plastica in testa,
la corda al collo,
il pugnale nella bocca che aspetta il bacio.
L'acqua che beve il cane che non conosce la propria condizione,
e si comporta come un docile mobile, dimentico delle proprie zampe e del proprio abbaio,
poiché apre e chiude il muso solo per mangiare e sbadigliare.
Il cane addomesticato fino all'esasperazione, che se smettesse di bere correrebbe nella sua sete dietro agli scoiattoli e dietro al sedere di altri cani.
Non piscerebbe più come una signorina, bensì come cagnaccio sui tronchi degli alberi e contro le pareti.
Eppure beve.
Loro due,
morti di sete, separati,
nel mandare giù un sorso possono cancellare la luce che avevano dipinto reclinati su tre cuscini
e anche la città inventata per puro piacere.
La sete che li ha benedetti stando insieme, li condanna a distruggere ciò che avevano illuminato quando solerti, leali,
applicarono il giorno alla notte e anche la notte al letto,
ed era lui quello che partoriva per tutti e due i viali, i parchi e i palazzi,
le case, i grattacieli, il treno sotterraneo e il ricordo di quella dura città di immigranti,
lui era la madre gitana che tirava fuori tesori dalle sue gonne
dove Quetzalcóatl e il Dio invisibile conversano con Maometto e Buddha, senza scontri,
mentre andavano attraverso gli abbracci verso la collera, verso la disperazione, verso il lamento come unica parola e verso la lingua muta in cui esprimevano quanto volevano dirsi con tenerezza, in lingue di paesi nemici, nella loro guerra privata.
L'acqua li farà cancellare, attraversando la loro gola,
dimenticare,
uccidere.
Sarà quella dello stagno dove si butteranno i figli.
Prima avevano sconfitto l'orologio:
ora saranno schiavi della lancetta dei secondi e della ruga.
Prima avevano riconosciuto la legge:
ora saranno comandati dal falso padrone del costume.
Prima hanno svegliato i dormienti e loro stessi sono stati il mistero del colore che si vede, allegri come un'arancia, unite le due metà, belli:
ora saranno suicidi e assassini dalle mani pulite per via dell'arte di bere dal liquido al quale sono condannati dalla separazione, troncati.
Sono stati corpi, montoni, leoni itifallici i due coricati:
ora saranno nuvola, occultamento, schermo, i due in piedi, i due lontani.
Hanno giocato a dadi con gli dei di diverse latitudini:
ora vedranno il grilletto premuto dal dito del bambino irresponsabile.
Che li prendano due colpi:
nel cadere nel sonno, i loro corpi aperti
che si vanno svuotando ridaranno all'acqua la purezza naturale.
Che li prendano due colpi:
le loro spoglie sapranno inserirsi nel lavoro misterioso dei semi
e saranno memoria nel fogliame e nei frutteti.
Prima che mandino giù il sorso di acqua,
che li prendano due colpi.
Perché non percorrano il rosario della ripetizione
che li farebbe diventare la pannocchia generata dall'abete,
o la petunia che avvizzita sputa lo stelo del roseto,
o il leone castrato ai piedi della poltrona,
o il latrato che nessun grugno ha emesso,
lei sarebbe il corpo senza diritto all'amplesso,
lui sarebbe l'amplesso senza la porta dell'amore,
che li prendano due colpi.
(Il poemetto Agua è stato pubblicato nel 2000. Traduzione dallo spagnolo di Martha Canfield. Vedi: http://www.filidaquilone.it/num010canfield.html)
Id: 1741 Data: 08/07/2012 09:15:26
*
Credo
Credo in Pablo Picasso, onnipotente
creatore del cielo e della terra.
Credo in Charlie Chaplin.
Figlio delle viole e dei topi,
che è stato crocifisso, morto e sepolto
per il tempo, ma che ogni giorno risuscita
nei cuori degli uomini.
Credo nell’amore e nell’arte,
come vie verso il godimento della vita perdurabile.
Credo nei grilli,
che popolano la notte di magici cristalli.
Credo nell’arrotatore,
che vive fabbricando stelle con la sua ruota meravigliosa.
Credo nella qualità aerea dell’uomo,
configurato nel ricordo
di Isadora Duncan,
abbattersi come una purissima colomba ferita sotto il cielo del
mediterraneo.
Credo nelle monete di cioccolato
che tesoreggio sotto il cuscino dell’infanzia.
Credo nella favola di Orfeo.
Credo nel sortilegio della musica
io che nelle ore della angoscia vidi
allo scongiuro della pavana di Faurè,
uscire liberata e radiante
la dolce Euridice dell’inferno della mia anima.
Credo in Rainer Maria Rilke
eroe della lotta dell’uomo per la bellezza,
che sacrificò la sua vita
nell’atto di tagliare una rosa per la sua donna.
Credo nelle rose che nascono dal cadavere adolescente di Ofelia.
Credo nel pianto silenzioso di Achille
di fronte al mare.
Credo in una nave svelta e distantissima
che è partita un secolo fa verso l’incontro con l’aurora.
Il suo Capitano Lord Byron,
alle cinture le spade degli arcangeli
alle sue tempia
lo splendore delle stelle.
Credo nel cane di Ulisse
e nel gatto ridente
di Alice nel paese delle maraviglie.
Nel pappagallo di Robinson Crusoe.
Nei topolini che trainarono
il carro di Cenerentola.
In Beralfiro, il cavallo di Rolando
e nelle api che lavorano
la loro arnia dentro il cuore di Martin Tinajero.
Credo nell’amicizia
come la invenzione più bella degli uomini.
Credo nei poteri creatori del popolo.
E credo in me
già che so che c’è qualcuno
che mi ama.
(http://guide.supereva.it/letteratura_sudamericana/interventi/2004/10/179171.shtml)
Id: 1740 Data: 07/07/2012 09:22:13
*
una poesia di Alfonso Chase
Sono di nuovo nel mio principio.
Ci sono pesci strani che all’improvviso saltano
come uccelli insanguinati
e ci beccano il pensiero.
C’è congiunzione di amanti
guardiani di acidi segreti
e fresche umidità e percezioni di muschio
che avanzano oscuramente.
Corpi nei quali ci conficchiamo
come giavellotti
e siamo uno e tutti allo stesso tempo
nel momento della vertigine
o in quello dell’abbandono.
(da Arbol del tiempo/Albero del tempo, a cura di Alessio Brandolini, http://www.filidaquilone.it/num022brandolini.html)
Id: 1739 Data: 06/07/2012 09:30:22
*
Narcisi/Daffodills
Vagabondavo solo come una nuvola
Che alta fluttua su valli e colline,
Quando a un tratto vidi una folla,
Una schiera di dorati narcisi
Lungo il lago e sotto gli alberi
Una miriade ne danzava nella brezza.
Fitti come le stelle che brillano
E sfavillano sulla Via Lattea,
Così si stendevano in una linea infinita
Lungo le rive di una baia.
Una miriade ne colse il mio sguardo
I fiori si lanciarono in una danza gioiosa
Lì presso danzavano le onde scintillanti,
Superate in letizia dai narcisi;
Un poeta non poteva che esser lieto
In così ridente compagnia.
Mirando e rimirando, pensai poco
Al bene che la vista mi recava:
Spesso quando me ne sto disteso,
Senza pensieri, o pensieroso,
Essi balenano al mio occhio interiore
Che rende la solitudine beata,
E allora il mio cuore si riempie di piacere,
E danzo con i narcisi.
(http://balbruno.altervista.org/index-798.html)
Id: 1738 Data: 05/07/2012 16:22:38
*
un sonetto di Arthur Rimbaud
A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu; voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bobinent autour des puanteurs cruelles,
Golfes d'ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d'ombelles;
I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles
Dans la colère ou les ivresses pénitentes;
U, cycles, vibrements divins des mers virides,
Paix des pâtis semés d'animaux, paix des rides
Que l'alchimie imprime aux grands fronts studieux;
O, suprême Clairion plein des strideurs étranges,
Silences traversés des Mondes et des Anges;
- O l'Oméga, rayon violet de Ses Yeux!
***
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre origini segrete:
A, nero corsetto villoso delle mosche lucenti
Che ronzano intorno a fetori crudeli,
Golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
Lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di umbelle*;
I, porpore, sangue sputato, riso di belle labbra
Nella collera o nelle ebbrezza penitenti;
U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi,
Pace dei pascoli seminati di animali, pace delle rughe
Che l'alchimia scava nelle ampie fronti studiose.
O, Tuba suprema piena di stridori strani,
Silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli:
- O l'Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi
*Le umbelle (o ombrelle) sono le infiorescenze racemose in cui tutti i fiori hanno peduncolo di lunghezza più o meno uguale: sono tipiche delle piante appartenenti alla famiglia delle Apiaceae (dette anche Ombrellifere o Umbelliferae).
(dal web)
Id: 1737 Data: 04/07/2012 22:43:36
*
Arte poetica
Guardare il fiume fatto di tempo e di acqua
E ricordare che il tempo è un altro fiume.
Sapere che noi ci perdiamo come il fiume
E che i volti passano come l'acqua.
Sentire che la veglia è un altro sogno
Che sogna di non sognare e che la morte
Che la nostra carne teme è questa morte
Di ogni notte, che si chiama sogno.
Vedere nel giorno e nell'anno un simbolo
Dei giorni dell'uomo e dei suoi anni.
Convertire l'oltraggio degli anni
In una musica, una voce e un simbolo.
Vedere nella morte il sogno, nel tramonto
Un triste oro, tale è la poesia
Che è immortale e povera. La poesia
Torna come l'alba e il tramonto.
Talora nel crepuscolo un volto
Ci guarda dal fondo di uno specchio:
L'arte deve essere come questo specchio
Che ci rivela il nostro proprio volto.
Narrano che Ulisse, sazio di prodigi,
Pianse d'amore scorgendo la sua Itaca
Verde e umile. L'arte è questa Itaca
Di verde eternità, non di prodigi.
Ed è pure come il fiume senza fine
Che scorre e rimane, cristallo di uno stesso
Eraclito incostante, che è lo stesso
Ed è altro, come il fiume senza fine.
***
Mirar el río hecho de tiempo y agua
y recordar que el tiempo es otro río,
saber que nos perdemos como el río
y que los rostros pasan como el agua.
Sentir que la vigilia es otro sueño
que sueña no soñar y que la muerte
que teme nuestra carne es esa muerte
de cada noche, que se llama sueño.
Ver en el día o en el año un símbolo
de los días del hombre y de sus años,
convertir el ultraje de los años
en una música, un rumor y un símbolo,
ver en la muerte el sueño, en el ocaso
un triste oro, tal es la poesía
que es inmortal y pobre. La poesía
vuelve como la aurora y el ocaso.
A veces en las tardes una cara
nos mira desde el fondo de un espejo;
el arte debe ser como ese espejo
que nos revela nuestra propia cara.
Cuentan que Ulises, harto de prodigios,
lloró de amor al divisar su Itaca
verde y humilde. El arte es esa Itaca
de verde eternidad, no de prodigios.
También es como el río interminable
que pasa y queda y es cristal de un mismo
Heráclito inconstante, que es el mismo
y es otro, como el río interminable.
(dal web)
Id: 1736 Data: 03/07/2012 21:12:15
*
The garden of love/Il giardino dell’Amore
I went to the Garden of Love,
And saw what I never had seen:
A Chapel was built in the midst,
Where I used to play on the green.
And the gates of this Chapel were shut,
And "Thou shalt not" writ over the door;
So I turn'd to the Garden of Love
That so many sweet flowers bore;
And I saw it was filled with graves,
And tomb-stones where flowers should be,
And Priests in black gowns were walking their round,
And binding with briars my joys & desires.
***
Sono andato al Giardino dell'Amore,
E ho visto ciò che non avevo mai visto:
Una Cappella era costruita nel centro,
Nel luogo in cui io ero solito giocare sull'erba (verde).
E i cancelli di questa Cappella erano chiusi,
E "Tu non devi" era scritto sull'ingresso;
Così sono tornato al Giardino dell'Amore
Che è fecondo di così tanti e dolci fiori;
E ho visto che era pieno di tombe,
E pietre sepolcrali dove avrebbero dovuto esserci fiori,
E Preti in vesti nere vi giravano attorno,
E incatenavano con rovi le mie gioie e i miei desideri.
(http://www.whoopy.it/poesie/william_b.asp)
Id: 1735 Data: 02/07/2012 12:42:19
*
due poesie di Natalia Bondarenko
Diciamolo,
non ti sono apparsa nei tuoi sogni
per non rovinarli,
né mi sono sforzata di indovinare
la tua strada per incontrarti,
come non ho scelto la folla
del centro affaccendato
dove sapevo di essere
per entrambi,
diciamolo,
troppo ingombrante,
ma ho scelto la via, per così dire –
ho, scelto la via di mezzo:
un vicolo cieco,
per non sbagliare di nuovo percorso;
diciamolo –
per trovare più facilmente
parcheggio;
o, diciamolo -
in quel istante
non avevo niente altro da fare
che trovarmi con te
sullo stesso lato del marciapiede.
***
Ecco com’ero da piccola
quando non volevo osservare
il vetro della porta del nostro soggiorno dall’angolo del castigo
[già allora sapevo di non avere colpe o,
averne soltanto una – di essere troppo piccola].
Nessuno mi voleva ascoltare. Nemmeno la ragione delle ragioni
che mi fece scagliare contro quel vetro
[come è capace scagliarsi un passerotto,
sprovveduto e senza voce,
contro una grande lastra di ghiaccio appena formatasi
sul fiume in una mattina di novembre].
Ecco perché, da grande, taciturna e sottomessa, ti spavento
con quella vecchia cicatrice sulla fronte, quando mi stai sopra
e cerchi di domarmi inutilmente.
(tratte da “Confidenze confidenziali”, http://wordsocialforum.wordpress.com/2012/07/02/natalia-bondarenko-e-il-suo-antilirismo/ )
Id: 1734 Data: 02/07/2012 09:05:44
*
dieci poesie di Rodolfo Alonso
CONFABULAR
Es la llanura el hijo perfecto
los que abrimos la mañana con los dientes
viviendo hasta aquí arriba
el vino de mano en mano
el poema de mano en mano
la sangre de mano en mano
sí es verdad
habría que decirlo a todo el mundo.
(de Salud o nada, 1954)
CONFABULARE
È la pianura il figlio perfetto
noi che apriamo il mattino con i denti
vivendo fin quassù
il vino di mano in mano
la poesia di mano in mano
il sangue di mano in mano
sì è vero
bisognerebbe dirlo a tutto il mondo.
***
LA VOZ TOMADA
Cuando se quiebre la lengua del amor, nos quedará todavía esta palabra
ronca.
Cuando no pueda decir, volverá todavía a mi garganta el eco de tu cuerpo.
(de El músico en la máquina, 1958)
LA VOCE PRESA
Quando si romperà la lingua dell'amore, ci rimarrà ancora questa roca
parola.
Quando non potrò parlare, tornerà ancora nella mia gola l'eco del tuo corpo.
***
DÉJÀ VU
Una mujer se desnuda en mi memoria
mientras afuera resplandece la ciudad
o llueve y hace frío
Una mujer lava su pelo negro con el agua de mi infancia
una distancia va formándose
Su piel es lenta y fresca como la mañana que acaricia
su voz se hace lejana
Una mujer me alcanza
el primer seno descubierto
el primer seno acariciado
Mientras adentro resplandece la memoria
(de Hago el amor, 1969)
DÉJÀ VU
Una donna si spoglia nella mia memoria
mentre fuori risplende la città
o piove e fa freddo
Una donna lava i suoi capelli neri con l'acqua della mia infanzia
una distanza va formandosi
La sua pelle è lenta e fresca come il mattino che accarezza
la sua voce si fa lontana
Una donna mi raggiunge
il primo seno scoperto
il primo seno accarezzato
Mentre dentro risplende la memoria
***
FLORA Y FAUNA
Dos gatas sufren por amor
de un espléndido modo.
Y la Naturaleza no descansa.
El paraíso es un sueño animal.
(de Señora Vida, 1979)
FLORA E FAUNA
Due gatte soffrono per amore
in uno splendido modo.
E la Natura non riposa.
Il paradiso è un sogno animale.
***
COMO DOS ASTROS
Como dos astros errantes
que se han unido por su errar
nuestros errores nos acercan
nuestros errores nos separan
Como dos astros errantes
que se deslizan por amor
nuestras miradas nos atraen
nuestras miradas nos rechazan
Como dos astros errantes
que se separan para ver
la sed el hambre el sol la furia
nuestros caminos encontrados
En lo profundo de los cielos
en el silencio de la luz
como dos astros errantes
morimos renacemos.
(de Señora Vida, 1979)
COME DUE ASTRI
Come due astri erranti
che si sono uniti nel loro errare
i nostri errori ci avvicinano
i nostri errori ci allontanano
Come due astri erranti
che guizzano per amore
i nostri sguardi ci attraggono
i nostri sguardi ci respingono
Come due astri erranti
che si separano per vedere
la sete la fame il sole la furia
i nostri sentieri incontrati
Nel profondo dei cieli
nel silenzio della luce
come due astri erranti
moriamo risorgiamo
***
LA CANCIÓN DE LAS HOJAS
Voz del añoso mundo
con que el viento se enciende.
¿Qué me dices, si dices,
para mí, para todos?
Vida que se desvive
por vivir, vida viva,
maravilla sedienta
coronada de ecos.
Cada murmullo late
atento a cada hoja,
silencio suspendido
por una boca eterna.
El cielo se susurra
canciones de festejo,
música a solas, sol,
aire, luz, agua, hierba.
Son que ilumina hondo,
incesante milagro:
yo que me siento oír,
la voz que hace memoria.
El árbol en la tierra,
la canción bajo el sol,
las hojas en el cielo,
el viento entre las hojas.
Colmada de frescura,
mi sangre reconoce
ese freír alado:
no hay más que un universo.
(de Sol o ombra, 1981)
LA CANZONE DELLE FOGLIE
Voce dell'antico mondo
con la quale il vento s'accende.
Che mi dici, se dici,
a me, a tutti?
Vita che si affanna
per vivere, vita viva,
meraviglia assetata
coronata di echi.
Ogni mormorio batte
attento ad ogni foglia,
silenzio sospeso
da una bocca eterna.
Il cielo si sussurra
canzoni di festa,
musica solitaria, sole,
aria, luce, acqua, erba.
Sole che illumina profondo,
incessante miracolo:
io che mi sento ascoltare,
la voce che ricorda.
L'albero nella terra,
la canzone sotto il sole,
le foglie nel cielo,
il vento tra le foglie.
Colmo di frescura,
il mio sangue riconosce
questo friggere alato:
non c'è che un universo.
***
PACHAMAMA
Toco la tierra pongo
mi corazón mi mano
sobre la tierra negra
gris roja fértil
reseca zumbadora
marrón de viva carne
color del elemento
material sol sonido
vibraciones caricia
Piso la tierra toco
lo que tengo soy sé
tierra por descubrir
tierra que nutre
madre tierra hasta el fin
tierra que entierra
Sobre la tierra desde
la tierra un paso
una mirada una canción
que celebre el encuentro
de un hombre con su hembra
(de Sol o sombra, 1981)
PACHAMAMA
Tocco la terra metto
il mio cuore la mia mano
sopra la terra nera
grigia rossa fertile
fievole ronzío
marrone di viva carne
colore dell'elemento
materia sole suono
vibrazioni carezza
Calpesto la terra tocco
quel che ho sono so
terra da scoprire
terra che nutre
madre terra fino alla fine
terra che sotterra
Sopra la terra dalla
terra un passo
uno sguardo una canzone
che celebri l'incontro
di un uomo con la sua femmina
***
OLOR A LLUVIA
El aire trae de pronto recuerdos del olvido
con sabor a horizonte, hierba húmeda y ausencia.
Color difuso y neto, casi como sin dueño,
máscara o habitante, límpidamente orgánico,
cargadamente etéreo. Espíritus, espíritu;
huellas de una memoria que gira en su vacío
repleto: fuegos, cuerpos, dioses, rastros, palabras.
(de Sol o sombra, 1981)
ODORE DI PIOGGIA
L'aria porta d'improvviso ricordi dall'oblio
dal sapore d'orizzonte, erba umida e assenza.
Colore diffuso e netto, quasi come senza padrone,
maschera o abitante, limpidamente organico,
fortemente etereo. Spiriti, spirito;
orme di una memoria che gira nel suo vuoto
saturo: fuochi, corpi, dei, tracce, parole.
***
A LA SOMBRA DE MALTHUS
Sabios anuncian,
con discreta emoción
y sopesando datos,
de manera siniestra,
irreprochables,
que en el Tercer Milenio
más hombres tendrán sed.
(De hacerlo, no serán,
como se ve,
lo suficientemente
originales:
todos los siglos
consiguieron tener
sed de justicia,
libertad y belleza).
Ahora, por fin, parece
-miserable milagro,
cruel consumación,
irrisorio destino
final- , que los humanos
tendrán por suerte
matar muriendo
(cazando lluvias,
en oasis blindados,
cercando ríos,
encerrando el mar)
por una simple, serena,
saludable y letal
sed clarísima de agua.
(de El arte de callar, 2003)
ALL'OMBRA DI MALTHUS
Dei saggi annunciano,
con discreta emozione
e soppesando dati,
in modo sinistro,
irreprensibili,
che nel Terzo Millennio
sempre più uomini avranno sete.
(Al farlo, non saranno,
come si vede,
sufficientemente
originali:
tutti i secoli
ebbero la loro
sete di giustizia,
libertà e bellezza).
Adesso, finalmente, sembra proprio
- miserabile miracolo,
spreco crudele,
irrisorio destino
finale - , che gli umani
avranno la fortuna
di uccidere morendo
(a caccia di piogge,
in oasi blindate,
recintando fiumi,
rinchiudendo il mare)
per una semplice, serena,
salutare e letale
cristallina sete d'acqua.
***
EL PESO DE TU PASO
¿Pasas sin darte peso
cuando pasas, belleza,
inquieta certidumbre,
la joven nuca erguida
avanzando en la sombra,
levemente indecisa,
tendido hacia el futuro
el filo de ese cuello
inefable y letal?
¿O pisas, al hacerlo,
temible adolescente,
el peso de tu paso,
el paso de tu cuerpo
gloriosamente incierto
entre niña y muchacha?
¿El tiempo te contiene
o es tiempo lo que luces,
resplandor que se sabe
preso en su resplandor,
madurez inminente
livianamente espléndida
que firme se presagia,
dorado atardecer
todavía en su mañana?
¿Te ves tú como vemos,
o al verte cambiarías?
Arriesgada inocencia,
¿lo que de luz te colma
escondes o te esconde?
¿Sólo al verte no verte
te veremos, belleza?
¿En otros? ¿En nosotros?
¿No es la belleza verte
saber que no te sabes
mediodía inmortal?
¿Y anidas, sin embargo,
tu huevo de serpiente?
¿No temas, todavía,
no es nostalgia o deseo
percibir tu milagro
de presente huidizo,
de futura memoria.
Somos lo que sabemos
ver, lo que nos hace ver,
siendo somos lo sido,
seremos lo que sé,
lo que sé ser: ser sed.
(de El arte de callar, 2003)
IL PESO DEL TUO PASSO
Passi senza darti peso
quando passi, bellezza,
inquieta certezza,
la giovane nuca diritta
avanzando nell'ombra,
lievemente indecisa,
teso verso il futuro
il filo di questo collo
ineffabile e letale?
O calpesti, al farlo,
temibile adoloescente,
il peso del tuo passo,
il peso del tuo corpo
gloriosamente incerto
tra bambina e ragazza?
Il tempo ti contiene
o è tempo quel che ostenti,
splendore di sapersi
prigioniero nel suo splendore,
maturità imminente
delicatamente splendida
che ferma si fa presentire,
dorato imbrunire
ancora nel suo mattino?
Ti vedi tu come vediamo,
o al vederti cambieresti?
Arrischiata innocenza,
quel che di luce ti colma
nascondi o ti nasconde?
Solo al vederti non vederti
ti vedremo, bellezza?
In altri? In noi?
Non è la bellezza vederti
sapere di non saperti
mezzogiorno immortale?
E comunque, covi
il tuo uovo di serpente?
Non temere, ancora,
non è nostalgia o desiderio
percepire il tuo miracolo
di presente sfuggente,
di futura memoria.
Siamo quel che sappiamo
vedere, quel che si fa vedere,
essendo siamo ciò che è stato,
saremo quel che so,
quel che so di essere: essere sete.
Traduzioni di Sara Pagnini (http://www.filidaquilone.it/num005pagnini.html)
Id: 1733 Data: 01/07/2012 10:08:07
*
tre poesie di Tatjana Preg Kobe
da "Ki boš spremenil podobo sveta"
(Che cambierai l'immagine del mondo)
BOG VOJNE
nič
skozi nič
skozi neskončni nič
je večni bog novih vojn
dosegel sonce s hripavim krikom
in utrujeno poljubljal razbeljeni pesek
dokler ni moral izginiti v molčanje
tistega drhtečega čakanja konca
v boju z ognjem in mečem
in izgorel v pepel
v donkihotski
pepel
IL DIO DELLA GUERRA
il niente
attraverso il niente
attraverso l'immenso niente
l'eterno dio di nuove guerre
raggiunse il sole con un grido roco
baciando stanco la rovente sabbia
finché non fu costretto a sparire nel silenzio
di questa raccapricciante attesa della fine
in lotta con il fuoco e la spada
per consumarsi in cenere
in cenere
donchisciottesca
***
SAMOUNIČENJE
sami v spletu nedopovedljivega
sami s prividom krvi na vsakem obrazu
sami pod težo zelene groze
groze z zelenimi očmi lasmi zobmi
z zelenimi kremplji v naših prsih
sami pred zelenim streljanjem
in tisto zeleno zeleno krvjo
trdni in stvarni kot jeklo
gorimo v breztelesnost
: nad agonijo prestreljenih klavcev
smo sami
preživeli samouničenje uničevalcev
AUTODISTRUZIONE
soli nella trama dell’indicibile
soli con la visione del sangue su ogni volto
soli sotto il peso del verde orrore
dell’orrore dagli occhi capelli denti verdi
dai verdi artigli nei nostri petti
soli davanti alla verde sparatoria
e a questo sangue verde verde
duri e concreti come l’acciaio
bruciamo nell’incorporeità
: sull’agonia dei carnefici colpiti a morte
noi soli siamo
sopravvissuti all’autodistruzione dei distruttori
***
ŽIVELI BOMO VEČNO
hoteli so nam ukloniti duha da bi bili majhni
hoteli so nas tolči da bi se zlomili
hoteli so nam raniti srce da bi se zjokali
hoteli so nas bičati da bi se izdali
in ubiti so nas hoteli da bi molčali
pa se nismo uklonili
pa se nismo zlomili
pa se nismo zjokali
pa se nismo izdali
in ne bomo molčali
hoteli so preveč: nas ne bodo pohodili
ne izničili in ne umorili: živeli bomo večno
VIVREMO IN ETERNO
volevano piegare il nostro spirito per renderci piccoli
volevano tempestarci di botte per spezzarci
volevano ferire il nostro cuore per farci piangere
volevano frustarci perché ci tradissimo
e volevano ucciderci per indurci a tacere
ma non ci siamo piegati
ma non ci siamo spezzati
ma non abbiamo pianto
ma non ci siamo traditi
e non taceremo
volevano troppo: non riusciranno a calpestarci
né ad annientarci e ad ammazzarci: vivremo in eterno
(a cura di di Jolka Milič, http://www.filidaquilone.it/num020milic.html)
Id: 1732 Data: 30/06/2012 14:46:13
*
Tango
Conosci ogni centimetro di quel quadrato.
Lo misuri e lo consumi. Lo sfiori, ci disegni, ti resiste.
Anch'esso ti consuma, e ti sostiene.
Dal pavimento al cuore.
Mentire non puoi sul quadrato della pista.
Là libertà e coraggio, fuori il passo più costoso e lungo.
Ballo col rischio dell'anticipo,
Si sfalda l'equilibrio, nell'impaccio ricompone.
"Tienimi"
"Non cadrai, Seguimi, dovo sono io".
Ma tu su quel quadrato più non sei.
Varcato il confine ti spavento. Così intuisco.
A forsa di intuizioni può scivolar via una vita intera.
Che dolce condanna farsele bastare!
Ci si sprofonda in interstizi poco vigili godendo nel silenzio di un film muto.
Come le stelle che tremano, tu implodi e abbandoni la regia.
Adesso guido io.
Ma la bulimia dell'emozione genera solo virtuali appartenenze
e intermittenti intimità.
Così si resta appesi
come cotone a sventolare
che si secca e si scolora.
Amici non siamo
amanti neppure.
Complicità ci tiene
per attimi rubati.
Sulle orbite tangenti
nel vuoto di un affetto.
(tratta da "Le stesse parole", LietoColle, 2012)
Id: 1728 Data: 29/06/2012 12:58:05
*
tre poesie di Igor Barreto da El llano ciego, 2006
UNGARETTI
(a Mafer)
Oí hablar a Ungaretti
de su Alejandría
cerrar los ojos azules y decir
que otros lugares de Oriente
podrán tener las mil y una noches
pero, Alejandría tiene un desierto.
Nosotros, también tenemos:
la amnesia y el desierto del presente.
UNGARETTI
(a Mafer)
Ascoltai parlare Ungaretti
della sua Alessandria
chiudere gli occhi azzurri e dire
che altri luoghi d’Oriente
potranno avere le mille e una notte
ma che Alessandria ha un deserto.
Noi anche, abbiamo:
l’amnesia e il deserto del presente.
*
PARAÍSO PERDIDO
Milton ha dicho
en El paraíso perdido:
«La tierra tan pequeña,
comparada con el cielo,
y faltándole la luz»:
Entonces, una tierra
en esencia oscura.
Pobres y engañados Trópicos
que creen que la luz les pertenece.
La palmera de penacho brillante
perdió su orgullo
y está enferma:
es sólo
una reliquia
de la sombra.
PARADISO PERDUTO
Milton ha scritto
nel Paradiso perduto:
«La terra così piccola,
paragonata al cielo,
e senza luce»:
Per questo, una terra
fondamentalmente oscura.
Poveri e ingannati Tropici
convinti che la luce gli appartenga.
La palma dal brillante pennacchio
ha perduto il suo orgoglio
ed è ammalata:
dell’ombra
è soltanto
una reliquia.
*
ENSAYO
René Guénon
dice que el lenguaje rimado
de los pájaros
es «lengua angélica».
Por mi parte, sé que los gallos
cantan una frase musical
bien compuesta
cuyos cuatro acentos
son un llamado
y un mensaje
para alguien
que está ausente.
*
SAGGIO
René Guénon
dice che il linguaggio rimato
degli uccelli
è «lingua angelica».
Da parte mia, so che i galli
cantano una frase musicale
ben composta
i cui quattro accenti
sono una chiamata
e un messaggio
per qualcuno
che è assente.
(http://www.filidaquilone.it/num016brandolini3.html, da "El llano ciego, 2006", a cura di Alessio Brandolini)
Id: 1725 Data: 28/06/2012 08:43:40
*
tre poesie di Jorge Arbeleche
Tatuaggio
Come se il vento soffiasse controfreccia
- pur non sapendo la giusta direzione -
come se il vento fosse strappato
come se nell'aria volassero su linee parallele
- e contrarie -
le radici i rami le rocce i ricordi
un cavallo leggero come un pesce
un uccello appesantito dal petrolio
come se nulla obbedisse a niente e a nessuno
e tutto fosse non più che un vortice un uragano
che all'improvviso inciampi arrampichi divori,
così
il dolore
come un tatuaggio
livella
trascina
il sangue esiliato.
(Un altro mare albeggia verso oriente
dietro le parole).
***
La parola
L'ultima espressione dell'amore
è l'oblio.
Il fine della parola
è il silenzio.
***
Equazione
Ti sento in me
come nel volo
l'aria
come nel fuoco
il volo
come nella roccia
il fuoco
come nel mare
la roccia
ti sento in me
come l'ape quando indora
col suo ronzio
la siesta dell'estate
come nella palpitante polpa del pomodoro
il rosso
come se nella carezza scoprissi
la tua pelle
dalla parte interna
ti sento in me
nella perfetta equazione
del pino con la sera
quando sale la musica nascosta
dall'antica radice fino al ramo spalancato
(a cura di Alessio Brandolini e Martha Canfield, "40 poesie", LietoColle, 2009)
Id: 1722 Data: 27/06/2012 08:16:45
*
Lettera immaginaria
CARTA IMAGINARIA
(De Ulises a Nausica)
Vivo en un reino milenario. El cielo
pasa sobre las torres como un agua
llena de cantos. Puedo ver la luna
que rodea a los pájaros, la piedra
donde alguien escribió que todo es vano,
que el hilo de las túnicas se pierde
y no retorna nunca. Tamarindos
había que en sus hojas anunciaban
un dolor y una música a las reinas
que venían del agua más profunda.
Y había la mañana, el mediodía,
los jardines de piedra, el cactus negro.
Tengo aún en mis manos una rama
plateada por la muerte, y una historia
que habla de los que fueron. Las murallas
de la ciudad recuerdan todavía
una nave que estuvo en otra orilla
anclada por el peso de mis viajes
entre sombras, lotófagos, demonios.
Si supieras, Nausica, cómo ha sido
mi vida desde entonces: nada grata
para quien vio la flor de los granados
y la esparció en su lecho y su memoria,
mientras cantaba el ciego al que ofrecieron
una silla de cedro y una fábula.
Tú me guiaste a la ciudad, desnudo,
sólo cubierto por el mar de arena
y por hojas de luz de su hondo prado
para contar mi gloria, mi infortunio.
Te seguí, como dios que me creía,
soñando con mi isla venturosa
donde había dejado tres colores
y un patio y una vid y a mis amigos.
Pero la Reina no esperó mi nave,
la soñó bajo el agua deseada,
y soñó mi esqueleto deslumbrado
por nácares y peces y penumbras
donde cae la tarde y la madera
no es sino puente de un jardín en sombra.
En mi sueño me vi, Rey abatido
por la espada que guardo aún oculta
para el Rey extranjero. Soñé enconces
que moriría lejos de mi patria,
que no volvería a ver en los espejos
las calles de mi Ítaca y el vuelo
que prepara mi arco en esa dicha
perfecta de las olas y las piedras.
Vivo en un reino milenario, es cierto,
sólo un mar de jazmines me rodea.
Salgo a los bosques cuando el cielo teje
la medianoche, solo y en silencio
con mi vida: el destino no me deja
lanzar mi flecha, como yo quisiera,
al corazón del jabalí y la luna:
nunca doy en el blanco, y sólo puedo
pensar en ti, Nausica. Los feacios
jamás supieron ver en el relato
de Demódoco, el ciego, que tuvieran
en su sala de sándalo al más pobre
y más desencantado navegante.
Yo no escuché la historia de mis viajes,
pues veía en tus ojos otra historia,
y esa noche soñé con un vestido
que adoraban tus manos, y una espada.
De lo demás, Nausica, no quisiera
acordarme: la nave hecha pedazos,
los marineros muertos y un fantasma
vagando entre los pinos de la isla.
Los pinos de la isla eran tan bellos,
y ya no tengo cerca ni su sombra.
Ítaca fue un jardín, y hoy sólo escucho
cantar a las serpientes; ramas duras,
endrinos y no almendros, y la piedra
donde alguien escribió que todo es vano.
(da Carta imaginaria, 1998)
***
LETTERA IMMAGINARIA
(Da Ulisse a Nausica)
Vivo in un regno millenario. Il cielo
passa sopra le torri come un'acqua
piena di canti. Posso vedere la luna
che avvolge gli uccelli, la pietra
dove qualcuno ha scritto che tutto è vano,
che il filo della tunica svanisce
per non trovarsi più. Tamarindi
c'erano che dalle foglie annunziavano
dolore e musica per le regine
che venivano dall'acqua più profonda.
E c'era la mattina, il mezzogiorno,
i giardini di pietra, il cacto nero.
Conservo ancora in mano un ramo
argentato dalla morte, e una storia
che parla di coloro che furono. Le mura
della città evocano ancora
una nave che a un'altra sponda
fu ancorata dal peso dei miei viaggi
tra ombre, lotofagi, e demoni.
Se tu sapessi, Nausica, come è stata
la mia vita da allora: non grata
per chi ha visto i fiori del melograno
sparsi sul proprio letto e nel ricordo,
mentre il cieco cantava e gli offrivano
una sedia di cedro e una favola.
Tu mi portasti nella città, nudo,
soltanto coperto dal mare di sabbia
e da foglie di luce del folto del bosco
per dire la mia gloria, la mia pena.
Io ti seguii credendomi un dio, quindi
sognando la mia isola felice
dove avevo lasciato tre colori
e un patio e una vigna e i miei amici.
Ma la regina non attese la mia nave,
la sognò in fondo alle agognate acque,
e sognò il mio scheletro abbagliato
da mezze luci e pesci e madreperla
dove la sera arriva a un tratto e il legno
non è altro che ponte di un giardino in ombre.
Nel suo sogno mi vidi, re abbattuto
dalla spada che tengo ancora occulta
per il re foraneo. Ho sognato allora
che sarei morto lontano dalla patria,
che non avrei rivisto negli specchi
le strade della mia Itaca né il volo
che propizia il mio arco nella gioia
perfetta dei marosi e delle pietre.
Vivo in un regno millenario, è vero,
un mare di gelsomini mi circonda,
entro nei boschi quando il cielo forma
la mezzanotte, solo e silenzioso
con la mia vita; il destino non mi lascia
lanciare la mia freccia, come vorrei,
dritta al cuore del cinghiale e della luna:
non colpisco il bersaglio e solo posso
pensare a te, Nausica. I feaci
non seppero vedere nel racconto
di Demodoco, il cieco, che avevano
nel salone di sandalo il più povero
e il più disincantato dei navigatori.
Io non ascoltai la storia dei miei viaggi,
perché nei tuoi occhi vedevo un'altra storia,
e quella notte sognai di un abito
che le tue mani adoravano, e di una spada.
Il resto, Nausica, non vorrei
ricordarlo: la nave fatta a pezzi,
i marinai morti e un fantasma
che vagava nel pineto dell'isola.
Dei pini che erano così belli
non mi rimane ormai nemmeno l'ombra.
Itaca era un giardino, ma oggi sento solo
il canto dei serpenti; rami duri,
prugnoli anziché mandorli e la pietra
dove qualcuno scrisse tutto è vano.
(http://www.filidaquilone.it/num003canfield3.html)
Id: 1721 Data: 26/06/2012 14:47:56
*
tre poesie di Alexis Díaz Pimienta
Il poeta frustrato
A volte vorrei essere un poeta sociale,
di quelli che scrivono versi duri come pane raffermo,
versi osceni,
grassi,
asfissianti.
A volte vorrei essere Juan Gelman,
mettere la parola "fuoco" in una strofa,
scrivere un verso lungo come il sibilo d'una pallottola.
Ma sono in un giardino
che ti aspetto,
tu arrivi all'improvviso,
con la tua gonna cortissima,
e il vento apre tutte le prigioni.
*
Tutto
Se un uomo a cinquant'anni
s'innamora di una adolescente,
la sua passione conferma la teoria di Einstein,
la filosofia di Kant, l'angoscia di Schopenhauer,
il teatro di Shakespeare, le scarpe di Chaplin,
e l'innocuità dei tramonti.
Se una ragazza in piena adolescenza
s'innamora di un uomo di cinquant'anni,
la sua passione conferma la teoria di Einstein,
la filosofia di Kant, l'angoscia di Schopenhauer,
il teatro di Shakespeare, le scarpe di Chaplin
e l'innocuità delle aurore.
Se si baciano e camminano sottobraccio per L'Avana,
lo avevano previsto Einstein, Kant,
Schopenhauer, Shakespeare, Chaplin;
se si spogliano in una stanza d'albergo e sono felici,
avevano ragione quanti hanno pianto nei crepuscoli.
Se, infine, si amano, tutte le altre coppie esistenti
(coniugi legali e metallici, amanti hotelomani,
fidanzati casti o impudichi, semplici innamorati,
pretendenti d'ogni tempo e luogo)
sono state e sono una semplice coincidenza,
letteralmente, s-e-m-p-l-i-c-e c-o-i-n-c-i-d-e-n-z-a.
*
Le lettere smarrite
Per favore, non recuperate le lettere smarrite.
Lasciate la busta accanto al tronco dell'albero,
sotto un'anonima pietra, o a rotolare nei parchi.
Ci sono lettere che si scrivono perché non arrivino,
perché dall'altro lato della voce diffidino di tutto,
perché esista una seconda lettera, esplicita e inutile.
Ciò accade con l'assenso di tutti,
con soprassalti premeditati e complicità.
Sono mesi, anni, di matematica innocenza.
In quelle lettere si confessava tutto,
si annunciavano pericoli che poi la pioggia ha ammorbidito;
in quelle lettere c'erano poscritti che premonivano
sul fatto che sarebbero andate smarrite.
La loro vera destinazione era il silenzio,
le erbacce al bordo dei letti,
le ragnatele sui davanzali,
le nuvole sul volto.
Definitivamente,
dall'altro lato della voce non l'aspettavano.
Lasciatela accanto all'albero,
sotto un'anonima pietra,
a rotolare nella memoria del felice mittente.
(http://www.iclab.it/manera/pimienta.html)
Id: 1720 Data: 25/06/2012 20:57:24
*
tre poesie di Lucía Muñoz
Parabola
Una città non è poi così grande
se il cuore la può contenere.
In fin dei conti
non è debole il mio petto
se ospita
città e amici.
Non è poca cosa
il mio umile cuore.
*
Un pochino d'acqua
Nel cavo della tua mano
giaccio,
dolcemente accoccolata
fuggendo dal vento della notte,
da tutti i rumori del mondo,
che mi fanno male,
per essere sempre
questo pochino d'acqua nella tua mano,
e spegnere eternamente la tua sete.
*
Anche il gatto è un bisogno
Anche il gatto
è un bisogno di compagnia
antico come l'uomo,
un desiderio di rompere il silenzio
mentre pulisci il pesce
o versi
latte fresco sulla tavola,
ma tiene più compagnia il suo sguardo
quanto ti ferisce la notte piovigginosa,
tutti gli altri dormono,
e tu hai fatto una chiamata urgente
per dire che non verrai.
(http://www.iclab.it/manera/munoz.html, dalla raccota Únicos Paraísos, Unión, L'Avana 1996)
Id: 1719 Data: 25/06/2012 20:09:44
*
Poema Relativo
Vieni, o
Tanto amata
Vicino alla mia casa
C'è un ruscello (anche calmo).
Non ci sono uccellini che pena!
Ma le palme fanno,
Quando il vento passa,
Un suono che a volte sembra
Un batti batti d'ali.
Immagina, tanto amata,
Se il vento non soffia,
Possono arrivare le farfalle
Alla ricerca delle mie brocche
Dove ci sono fiori curvi,
Tanto curvi che sembra che ascoltino.
Tutti gli uomini hanno le loro credenze,
O tanto amata:
- quelli che pregano per l'amore del prossimo
e quelli che pregano per la sua morte
Ma tutto è piccolo
E leggero nel mondo, o amata.
Se il clamore dei disgraziati
E' ogni volta più intenso!
Vieni, o tanto amata
Vicino alla mia casa
C'è un ruscello anche tranquillo.
E i tuoi passi possono andare calmi
Per i cammini:
- qui non c'è l'ansia
di attraversare l'asfalto
Vieni, o tanto amata,
Perché come ti dissi
Se non ci sono uccellini nel mio parco,
Può essere, che se il vento
Non soffia forte
vengano le farfalle.
Tutto è relativo
E incerto nel mondo.
Anche le tue sopracciglia
Sembrano delle ali aperte.
***
Vem, ó
bem-amada
Junto à minha casa
Tem um regato (até quieto o regato).
Não tem pássaros que pena!
Mas os coqueiros fazem,
Quando o vento passa,
Um barulho que às vezes parece
Bate-bate de asas.
Supõe, ó bem-amada,
Se o vento não sopra,
Podem vir borboletas
À procura das minhas jarras
Onde há flores debruçadas,
Tão debruçadas que parecem escutar.
Todos os homens têm seus crentes,
Ó bem-amada:
- os que pregam o amor ao próximo
e os que pregam a morte dele.
Mas tudo é pequeno
E ligeiro no mundo, ó amada.
Só o clamor dos desgraçados
É cada vez mais imenso!
Vem, ó bem-amada.
Junto à minha casa
Tem um regato até manso.
E os teus passos podem ir devagar
Pelos caminhos:
- aqui não há a inquietação
de se atravessar o asfaalto
Vem, ó bem-amada,
Porque como te disse
Se não há pásssaros no meu parque,
Pode ser, se o vento
Não soprar forte
Que venham borboletas.
Tudo é relativo
E incerto no mundo.
Também tuas sobrancelhas
Parecem asas abertas.
(http://gianzinho-culturabrasil.blogspot.it/2012/06/poema-relativo-jorge-de-lima.html)
Id: 1718 Data: 25/06/2012 10:58:30
*
Canzone dell’Amore imprevisto
Canção do Amor imprevisto
Eu sou um homem fechado.
O mundo me tornou egoísta e mau.
E minha poesia é um vicio triste,
Desesperado e solitário
Que eu faço tudo por abafar.
Mas tu apareceste com tua boca fresca de madrugada,
Com teu passo leve,
Com esses teus cabelos…
E o homem taciturno ficou imóvel, sem compreender
nada, numa alegria atônita…
A súbita alegria de um espantalho inútil
Aonde viessem pousar os passarinhos!
***
Canzone dell’Amore imprevisto
Io sono un uomo chiuso.
Il mondo mi ha reso egoista e cattivo.
E la mia poesia è un vizio triste,
Disperato e solitario
Che io faccio il possibile per soffocare.
Ma tu sei apparsa con la tua bocca fresca dell’alba,
Con il tuo passo leggero,
Come questi tuoi capelli…
E l’uomo taciturno è rimasto immobile, senza capire
niente, in una allegria attonita…
L’allegria immediata di uno spaventapasseri inutile
Dove venissero a posarsi gli uccellini!
(http://brasilcotidiano.wordpress.com/2012/05/08/canzone-dellamore-imprevisto-mario-quintana/)
Id: 1717 Data: 25/06/2012 08:39:37
*
Danza
Quando ero albero, c’è una parte di me che avverte
con tale tenerezza l’umidità acerba delle cortecce
e il legno autunnale infradicirsi sotto il musco
da sentirsi fatta di verde. Così è nata la metamorfosi in pietra,
e quella delle ragazze in rami
e le incantevoli storie. Tutta la fratellanza chimica ci chiama,
le cose con le cose, e non solo la vita
ma la morte, secondo il procedimento
delle contorsioni dei lombrichi, e dei maleodoranti
microrganismi; e la donna
con l’uomo, e non soltanto
per le labbra aperte dell’estro
ma per le fresche membra degli alberi e noi,
che si avvolgono insieme, ci chiamano all’ombra
e si fanno palpare nei frutti, mangiare
come i felini le carni, in tutto un rimescolio
di male e di bene.
Anche in un minimo rivo
ingombro d’erbe – e i pesci
tra le gambe, in un trasalimento, come l’amore
per tutte le femmine; e credo che spiriti della scienza
giochino tra noi,
con gli ottaedri, grattati dal terriccio – e forse
mischiati in noi, ci bacino: è troppo felice la carne
ha fremiti da superni,
e tutti i vibratili epiteli, e l’epidermide
che il sudore cosparge nei giochi – e le urla e i gemiti
tra gli spasimi del nostro dolore
si ridanno alle profondità. Agl’inferi, che nel buio conservano
germinazioni azzurre e verdi, a prismi,
a cubi, in amorose
compenetrazioni rosa
nell’ordine dei cristalli. E senza più niente ormai,
già quasi ischeletriti allunghiamo le braccia, le mani, fuori
dai lenzuoli, con lo sguardo sino a raggiungere
lontananze felici d’alberi, dietro le tende, e giovani volti,
allegri, attorno; e oltre le apparizioni e le riapparizioni
del sole, spersi atomi
senza più nome, ancora in primavera chiamiamo e amiamo.
(http://paginecheamo.wordpress.com/category/pier-luigi-bacchini/)
(* se qualcuno potesse confrontare con l'originale, gliene sarei grata, non sono certa di un paio di versi e non sono riuscita a trovare fonti più attendibili)
Id: 1715 Data: 23/06/2012 22:34:20
*
Quello che so
La contemplazione delle torri e delle querce
mi ha fatto amare il vento -
strisce cupe e lucentezze
Dànno ancora frastuono le campane
con il batacchio elettrico sbattuto da un vento a tasti,
ma il rintocco del tram
certe volte lo sovrasta.
Dalle dimensioni verdi dei tronchi delle roveri -
benché prigioni nel folto dei recinti,
fuoriescono rami così intrecciati e torti,
così ammuffiti, e vòlti a Nord e col sapore di piogge,
e vòlti agli altri punti cardinali
da sembrare fierezza e dolore insieme.
Invece vengono ordinati a palchi
secondo la memoria numerica degli acidi.-
Sono ventosi
questi mesi, chiamati luglio e agosto, e anche settembre.
Al passaggio d'agosto le nubi basse,
nelle loro circolazioni imprevedibili
o secondo i modelli statistici,
sembravano staccarsi dal fogliame;
però le pagine degli alberi
fanno narrazioni favolose, fingono persino Dio
e le cose dell'anima. Come le campane
quando tace il traffico. Ma i differenti suoni dipendono
dalla rosa dei vènti - e la scienza
è il puntello dell'anima, e il corpo
ne è partecipe. Dove vanno le ipotesi sul cielo
confuse dalla birra? o quando i granuli anemòfili d'aprile
ci respirano eccitazioni tra le labbra? Avviene anche
tra i querceti delle cattedrali.
Poi esiste la presenza di Dio
quando ascolta la nostra preghiera.
(tratta da http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/187-Pier-Luigi-Bacchini-Quello-che-so.html)
Id: 1714 Data: 23/06/2012 16:04:46
*
loro e noi
Stavano tutti fuori sulla veranda a chiacchierare:
Hemingway, Faulkner, T.S. Eliot,
Ezra Pound, Hamsun, Wally Stevens,
E.E. Cummings e qualcun altro.
"senti", disse mia madre, "puoi
dirgli di starsi zitti?"
"no", dissi io.
"stanno dicendo solo fesserie", disse mio
padre, "dovrebbero trovarsi un lavoro".
"ce l'hanno un lavoro", dissi io.
"un accidenti", disse mio padre.
"esattamente", dissi io.
a quel punto Faulkner entrò
dentro barcollando.
trovò il whisky nella
credenza e se lo portò fuori.
"una persona tremenda",
disse mia madre.
poi si alzò e sbirciò fuori in veranda.
"c'è una donna con loro",
disse lei, "solo che sembra un uomo".
"è Gertrude", dissi io.
"c'è un altro tizio che sta facendo vedere i muscoli",
disse lei, "dice di poterli battere a tre a tre".
"è Ernie", dissi io.
"e lui", mio padre mi indicò,
"vuole essere come loro!"
"è vero?", chiese mia madre.
"non come loro", dissi io, "ma uno di loro".
"trovati uno stramaledetto lavoro", disse mio padre.
"statti zitto", dissi io. "che?"
"ho detto, 'statti zitto', sto ascoltando queste persone".
mio padre guardò sua moglie:
"questo non è figlio mio!"
"spero di no", dissi io.
Faulkner entrò di nuovo nella stanza barcollando.
"dov'è il telefono?", chiese.
"a che diavolo ti serve?", chiese mio padre.
"Ernie si è appena fatto saltare le cervella", disse lui.
"lo vedi cosa succede alla gente così?", urlò mio padre.
mi alzai lentamente
e aiutai Bill a trovare il telefono.
(dal web)
Id: 1711 Data: 21/06/2012 22:12:57
*
da Non c’è nessuno a cena
Non c'è nessuno a cena/Nikogar ni k večerji
(Nova revija, Ljubljana 2008)
Incornicio un autoritratto con la bocca aperta,
ispeziono la partenza delle bandiere, mi chiedo
da dove provengono le disgrazie, le voci,
i casi e i mal di testa.
Raggelato penso alla porta aperta,
agli amici e alle terracotte micenee,
agli impegni della settimana prossima,
di notte contemplo le parole e le sillabe
come gli scultori i monumenti dall'interno.
Le parole per se stesse sono delle bellissime unità,
quando sono in stormi sono circondate
dall'incertezza, sono protette troppo
o troppo poco dal dubbio.
Dietro attende assidua la fedeltà dell'odio, dato
che sul crocefisso d'angolo cadono le giovani luci,
taluni pensano che ci siano troppi santi.
Non dimentichiamo – gli alberi mangiano
solo la terra e l'aria.
*
È faticoso avere il corpo
sempre con me,
specialmente quando la fuga si accumula
e la tristezza si addensa, allora strani
simboli velano il cielo
e mi smarrisco in me stesso,
perciò disegno la pioggia,
moltiplico le acquerugiole infantili
affinché il giorno non soffochi.
(a cura di di Jolka Milič, http://www.filidaquilone.it/num024milic.html)
Id: 1709 Data: 20/06/2012 08:40:22
*
Una poesia formale
Nella vecchia dimora
dove mio nonno ha composto le sue poesie formali
vivo come una concubina nel mio regno,
il mio abito bagnato,
e sul mio capo depongo una corona.
Nella vecchia dimora
dove la caraffa è rovesciata
l'acqua gocciola via
mescolandosi alle preghiere.
Nella vecchia dimora
dove si è levato il mio primo vagito,
distendo il terreno della discendenza
su cui possiamo dormire,
un'anima accatastata sull'altra.
Nella vecchai dimora
dove mia nonna fu posta sul trono da sposa
cerco il suo scialle
e lo depongo sulle mie spalle affinché lo possano baciare.
Nella vecchia dimora
attraverso antiche notti
e porto cibo ai dervisci.
Nella vecchai dimora
offro i miei tizzoni in dote
agli amanti che danzano nella pioggia.
Nella vecchia dimora
l'amore ci indossa come un mantello
e il cortile raddoppia
la sua dimensione.
L'uomo del corpo
d'inverno
quando indosso molti indumenti
infrango la mia prima incarcerazione
e vivo
nei piaceri
della nudità.
Guardo con occhi diversi
attraverso tutti gli specchi di fango.
Signora del mio palazzo, lo
ricopro di seta
e smeraldi.
Levo in cieo
il suo invisibile uccello
poi sprofondo
nell'abbraccio dell'abisso.
(tratta da "Non ho peccato abbastanza", a cura di Valentina Colombo, Mondadori, 2007)
Id: 1705 Data: 17/06/2012 11:30:23
*
Nessuno mi attende
Il mondo è in pericolo
e nessuno mi attende.
Per questo non uscirò né alle nove
né alle dodici
ho carte da sistemare
e decisioni da prendere.
Ciononostante mi vesto
e dico tra me e me
che l'errore assoluto e la distrazione
si prendono gioco del male impossibile
e ne respirano la fragranza.
(tratta da "Non ho peccato abbastanza", a cura di Valentina Colombo, Mondadori 2007)
Id: 1704 Data: 16/06/2012 08:56:16
*
Un avanzo di civiltà industriale
L'acqua bassa vicina alla riva
dove galleggiano
legni marci uniti ad angoli strani
da chiodi rugginosi
e dove si rovesciano i rifiuti
d'un astioso rigagnolo di fabbrica;
l'acqua dove la schiuma
gorgoglia in cerchi grigi
o si allunga fra lisce cicatrici
di luridi colori senza nome;
dove la nafta opprime la salsedine;
dove non penetra ondata
che sappia poi tornare al largo;
dove nulla scompare e nulla viene redento -
quest'acqua, a un tratto, ti trovi nell'anima
quando il male t'afferra
e per il tuo contagio sembra impura
anche la fiamma del sole
* tratta da
Le poesie (Le Lettere, 1999, a cura di M. Del Serra)
Id: 1703 Data: 15/06/2012 08:43:03
*
Lecce
Biancamente dorato
è il cielo dove
sui cornicioni corrono
angeli dalle dolci mammelle,
guerrieri saraceni e asini dotti
con le ricche gorgiere.
Un frenetico gioco
dell'anima che ha paura
del tempo,
moltiplica figure,
si difende
da un cielo troppo chiaro.
Un'aria d'oro
mite e senza fretta
s'intrattiene in quel regno
d'ingranaggi inservibili fra cui
il seme della noia
schiude i suoi fiori arcignamente arguti
e come per scommessa
un carnevale di pietra
simula in mille guise l'infinito.
(da "Dopo la luna, 1952-55, http://www.poiein.it/poe900/bodini.htm)
Id: 1700 Data: 13/06/2012 06:52:55
*
Due poesie di Vittorio Bodini
Tu non conosci il Sud, le case di calce
da cui uscivamo al sole come numeri
dalla faccia d'un dado.
*
Quando tornai al mio paese nel Sud,
dove ogni cosa, ogni attimo del passato
somiglia a quei terribili polsi dei morti
che ogni volta rispuntano dalle zolle
e stancano le pale eternamente implacati,
compresi allora perché ti dovevo perdere:
qui s'era fatto il mio volto, lontano da te,
e il tuo, in altri paesi a cui non posso pensare.
Quando tornai al mio paese nel Sud
Io mi sentivo morire.
(da Foglie di tabacco (1945-47), http://www.club.it/autori/grandi/vittorio.bodini/poesie.html)
Id: 1698 Data: 12/06/2012 19:21:08
*
Le mani
Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell'arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.
(da "Frontiera", http://www.gironi.it/poesia/sereni.php)
Id: 1697 Data: 12/06/2012 16:39:12
*
Ricordo
Ricordo una chiesa antica,
romita,
nell'ora in cui l'aria s'arancia
e si scheggia ogni voce
sotto l'arcata del cielo.
Eri stanca,
e ci sedemmo sopra un gradino
come due mendicanti.
Invece il sangue ferveva
di meraviglia, a vedere
ogni uccello mutarsi in stella
nel cielo.
(tratta da "L'opera in versi", I Meridiani Mondandori, Milano, 1998)
Id: 1696 Data: 11/06/2012 08:36:34
*
Ogni uomo al suo lavoro/ Every man to his work
Nei luoghi deserti
noi costruiremo con nuovi mattoni.
Ci sono mani e macchinari,
e creta per un nuovo mattone
e cemento per una nuova malta.
Dove i mattoni sono crollati
noi costruiremo con nuove pietre.
Dove le travi sono spezzate
noi costruiremo con nuovo legname.
Dove la parola non è pronunciata
noi costruiremo con nuovo linguaggio.
C'è un lavoro comune,
e c'è una fede per tutti,
e un compito per ognuno.
Ogni uomo al suo lavoro.
***
In the vacant places
We will build with new bricks
There are hands and machines
And clay for new brick
And lime for new mortar
Where the bricks are fallen
We will build with new stone
Where the beams are rotten
We will build with new timbers
Where the word is unspoken
We will build with new speech
There is work together
A Church for all
And a job for each
Every man to his work.
(tratta da"Choruses from The Rock, http://www.raccontiepoesie.org/Indici/Frame_Indice_Autori.htm)
Id: 1693 Data: 10/06/2012 07:40:00
*
A volte mi fingo innamorata
A volte mi fingo innamorata:
come si infiamma la vanità
delle mie vittime! Un rossore celato
il portamento nobile, tanti ringraziamenti
un'evasione onesta: "Ti sono grata
ma non posso e poi cosa ci trovi
in me?" Niente infatti
che non sia un collo un po' sciupato,
una certa curva delle labbra o una saliva
per un attimo dimenticata agli angoli della bocca
e poi subito ritirata.
(tratta da "Poesie" (1974-1992), Torino, Einaudi, 1992)
Id: 1689 Data: 08/06/2012 14:49:24
*
Primi Incontri
Primi incontri
Ogni istante dei nostri incontri
lo festeggiavamo come un’epifania,
soli a questo mondo. Tu eri
più ardita e lieve di un’ala di uccello,
scendevi come una vertigine
saltando gli scalini, e mi conducevi
oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti
al di là dello specchio.
Quando giunse la notte mi fu fatta
la grazia, le porte dell’iconostasi
furono aperte, e nell’oscurità in cui luceva
e lenta si chinava la nudità
nel destarmi: "Tu sia benedetta",
dissi, conscio di quanto irriverente fosse
la mia benedizione: tu dormivi,
e il lillà si tendeva dal tavolo
a sfiorarti con l’azzurro della galassia le palpebre,
e sfiorate dall’azzurro le palpebre
stavano quiete, e la mano era calda.
Nel cristallo pulsavano i fiumi,
fumigavano i monti, rilucevano i mari,
mentre assopita sul trono
tenevi in mano la sfera di cristallo,
e "Dio mio! " tu eri mia.
Ti destasti e cangiasti
il vocabolario quotidiano degli umani,
e i discorsi s’empirono veramente
di senso, e la parola tua svelò
il proprio nuovo significato: zar.
Alla luce tutto si trasfigurò, perfino
gli oggetti più semplici - il catino, la brocca - quando,
come a guardia, stava tra noi
l’acqua ghiacciata, a strati.
Fummo condotti chissà dove.
Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi,
città sorte per incantesimo,
la menta si stendeva da sé sotto i piedi,
e gli uccelli c’erano compagni di strada,
e i pesci risalivano il fiume,
e il cielo si schiudeva al nostro sguardo...
Quando il destino ci seguiva passo a passo,
come un pazzo con il rasoio in mano.
(Pervye svidanija, in A. A. Tarkovskij, Poesie scelte , Milano 1989)
First meetings
We celebrated every moment
Of our meetings as epiphanies,
Just we two in all the world.
Bolder, lighter than a bird's wing,
You hurtled like vertigo
Down the stairs, leading
Through moist lilac to your realm
Beyond the mirror.
When night fell, grace was given me,
The sanctuary gates were opened,
Shining in the darkness
Nakedness bowed slowly;
Waking up, I said:
'God bless you!', knowing it
To be daring: you slept,
The lilac leaned towards you from the table
To touch your eyelids with its universal blue,
Those eyelids brushed with blue
Were peaceful, and your hand was warm.
And in the crystal I saw pulsing rivers,
Smoke-wreathed hills, and glimmering seas;
Holding in your palm that crystal sphere,
You slumbered on the throne,
And - God be praised! - you belonged to me.
Awaking, you transformed
The humdrum dictionary of humans
Till speech was full and running over
With resounding strength, and the word you
Revealed its new meaning: it meant king.
Everything in the world was different,
Even the simplest things - the jug, the basin -
When stratified and solid water
Stood between us, like a guard.
We were led to who knows where.
Before us opened up, in mirage,
Towns constructed out of wonder,
Mint leaves spread themselves beneath our feet,
Birds came on the journey with us,
Fish leapt in greeting from the river,
And the sky unfurled above...
While behind us all the time went fate,
A madman brandishing a razor.
(http://www.gironi.it/poesia/tarkovskij.php)
Id: 1687 Data: 07/06/2012 19:22:18
*
Non ho camminato nei tuoi sogni...
Non ho camminato nei tuoi sogni,
né mi sono mostrato in mezzo alla folla,
non sono apparso nel cortile
dove pioveva o meglio cominciava
a piovere (questo verso
lo cancello e non lo sostituirò),
era allettante credere, come uno stupido,
che ti avrei incontrato presto,
eri tu che mi apparivi in sogno
(e mi prendeva una dolce tenerezza),
mi sistemavi i capelli sulle tempie.
Quell'autunno perfino le poesie
in parte mi riuscivano bene
(però mancava sempre un verso o una rima
per essere felice).
(vedi sito http://www.gironi.it/poesia/rizyi.php)
Id: 1686 Data: 06/06/2012 20:00:43
*
Non sospendi un terremoto, non fermi
Non sospendi un terremoto, non fermi
la deriva dei continenti; e uguale
successo avrà chi soffre il capitale
e per avversare i suoi non eterni
nè imperscrutabili disegni sale
fiducioso su navicelle inermi
contro le sue corazzate, o in interni
sabotaggi s'avventura. Eh! a che vale,
colombelle mie? Tanto durerà
quanto deve, non un giorno di meno,
a nostro cupo scorno - ma nemmeno
uno di più. La festa si farà
senza di noi, poveri untori senza
pestilenza, solchi senza semenza.
(da "Altri Sonetti", http://www.gironi.it/poesia/raboni.php)
Id: 1684 Data: 05/06/2012 07:27:52
*
Per sempre più avvolgermi
Il gioco mi è noto,
non più m'inganni, Amore.
Quando, credendoti inosservato
appena ti sorprendo nel giardino
Tu
ancora più ti celi e fingi
indifferenza
e invece non fai che "ordire"
per sempre più avvolgermi
nella rete.
(da "Canti ultimi", Garzanti 1992, pag. 118)
Id: 1681 Data: 03/06/2012 19:49:22
*
Contro-parata
Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese “Perché”
lui gli rispose “Questo è niente
e adesso è ora che io vada”
e l’innocente lo seguì,
senza le armi lo seguì
sulla sua cattiva strada.
(da "La cattiva strada")
Id: 1680 Data: 02/06/2012 09:30:03
*
da Esagono - III -
Tu sempre più muto:
silenzio che più si addensa
più esplode:
e ti parlo, ti parlo
e mi pento
e balbetto
e sussurro sillabe
a me stesso ignote:
ma so che odi e ascolti
e ti muovi
a pietà:
allora
anch'io mi acquieto
e faccio silenzio.
(da Canti ultimi, Garzanti 1992, pag. 22)
Id: 1679 Data: 02/06/2012 06:46:21
*
Incontro in assai minore
Ti rivedo, per caso,
dopo circa vent'anni
(allora fosti l'incrinarsi primo della vita,
il dolore, il timido amare, la paura, il rifiuto)...
La faccia è la stessa,
stessa la piega della bocca.
Un po' più grassa, più invecchiata, ma altro no...
Riconoscibile, dopo tanto tempo,
con una occhiata.
Non è un incontro da film e nemmeno da romanzo
(non sono Frédéric Moreau)
né da post su Facebook,
ma qualcosa di molto più modesto,
e volgarmente banale:
questo mio incontrarti fra
il pollo arrosto e la carne di vitello
alla Coop, nella ressa, la vigilia di Natale.
(dal web)
Id: 1678 Data: 01/06/2012 08:12:20
*
Nella parte settentrionale del mondo
Nella parte settentrionale del mondo ho trovato un rifugio
nella parte ventosa, dove gli uccelli, volando giù
dalle rocce, si riflettono nei pesci e scendono a dar di becco
fra i gridi su una superficie di screziati specchi.
Qui non trovi te stesso, anche chiuso a doppia mandata.
In casa non c'è un cane e freddo nero è in branda.
La finestra al mattino ha una tenda di cenci di nuvole.
Poca terra, e non si vedono uomini.
In queste ampiezze signora è l'acqua. Nessuno il dito
punta nello spazio e "via di qui" strilla.
L'orizzonte si rivolta come un cappotto,
aiutandosi con queste ondate mobili.
E non riesci a distinguerti dai pantaloni tolti, dalla maglia
appesa - evidentemente, i tuoi sensi sono corti
o la lampada ti oscura-. Tocchi il loro gancio
per dire, ritirando la mano: "sei risorto".
(da "Ninnananna da Cape Cod", vedi http://www.gironi.it/poesia/brodskij.php)
Id: 1675 Data: 31/05/2012 08:26:55
*
due poesie di Umberto Bellintani
Dolce chiude l'ora di sera
Forse non esiste Dio. Forse
solo il rapporto
fra noi esiste e gli alberi
annosi o appena d'anni
uno e le erbe
e i coccodrilli e il buon tepore
della sera. Non v'è
che poi la morte ed altro ancora
innanzi ad essa da soffrire. Ma poi tutto
per lei si placa; e in noi s'alterna
timore d'essa e quieta attesa
del suo riposo:
così
oggi è da porre questo giorno fra non quelli
di sofferenza e sgomento: dolce chiude
l'ora di sera col risorgere di una
ampia stellata. Dunque
forse soltanto un dolcissimo rapporto
fra noi e il tutto fa ponte e il tempo passa
lento e veloce.
***
Poiché veramente sono fratello
Poiché veramente sono fratello
del topo nella bocca della gatta
che svelta se ne corre via
e sopportare non posso il ragazzo
scemo che inchioda al tronco
dell’acero la lucertola
ecco che uccido il ragazzo
con il cuore e gli tronco le mani,
poi rendo la testa della gatta
in poltiglia con colpi di pietra
ed è davvero perché sono fratello del fossato
della latta arrugginita e dei ciottoli
della strada e di ogni essere che vive o non vive
ecco che amo e odio follemente il mondo.
(http://www.gironi.it/poesia/bellintani.php)
Id: 1674 Data: 30/05/2012 16:05:04
*
Il 16 maggio 1973
Una delle tante date
Che non mi dicono più nulla.
Dove sono andata quel giorno,
che cosa ho fatto - non lo so.
Se lì vicino fosse stato commesso un delitto
- non avrei un alibi.
Il sole sfolgorò e si spense
Senza che ci facessi caso.
La terra ruotò
E non ne presi nota.
Mi sarebbe più lieve pensare
Di essere morta per poco,
piuttosto che ammettere di non ricordare nulla
benché sia vissuta senza interruzioni.
Non ero un fantasma, dopotutto,
respiravo, mangiavo,
si sentiva
il rumore dei miei passi,
e le impronte delle mie dita
dovevano restare sulle maniglie.
Lo specchio rifletteva la mia immagine.
Indossavo qualcosa d'un qualche colore.
Certamente più d'uno mi vide,
Forse quel giorno
Trovai una cosa andata perduta.
Forse ne persi una trovata poi.
Ero colma di emozioni e impressioni.
Adesso tutto questo è come
Tanti puntini tra parentesi.
Dove mi ero rintanata,
dove mi ero cacciata -
niente male come scherzetto
perdermi di vista così.
Scuoto la mia memoria -
Forse tra i suoi rami qualcosa
Addormentato da anni
Si leverà con un frullo.
(da "La fine e l'inizio", http://www.gironi.it/poesia/szymborska.php)
Id: 1672 Data: 28/05/2012 22:49:39
*
Quartine cinesi del periodo delle dinastie
Tre poesie legate a imitazione degli antichi
1.
(He Xun)
Casa mia è posta ai piedi di monti verdi.
Mi piace salire sopra quei monti verdi;
Ma sui monti verdi non ci posso salire:
Come ci salgo mi viene la malinconia.
2.
(Fan Yun)
Dentro lo scrigno ho uno specchio lucente.
Mi piace far riflettere la luce in quello specchio lucente;
Ma nello specchio lucente non posso far riflettere nulla:
Come faccio riflettere provo il crepacuore.
3.
(Liu Xiaochuo)
Da giovane ho conosciuto la musica delle corde del qin di avorio.
Amo sentire il suono delle corde del qin di avorio;
Ma le corde del qin di avorio non le posso sentire:
Come le sento mi si bagnano i cordoni del berretto. (a cura di Antonio di Biasio, http://www.filidaquilone.it/num003debiasio.html)
*La quartina breve della poesia cinese, genere che è durato due millenni, è una composizione di quattro versi di cinque sillabe ciascuno, dove ogni sillaba è un ideogramma, cioè un'idea (una parola, insomma). Ha delle regole molto precise, con l'alternanza di accenti (la lingua cinese ha gli accenti divisi in quattro "toni") tra un verso e l'altro, con la presenza di rime, con la contrapposizione di concetti (per esempio se un verso parla del "fuori", l'altro verso deve parlare del "dentro"; se un verso parla di "andare", l'altro verso deve parlare di "venire", e così via). Con un sapiente gioco anche nella scelta visiva degli ideogrammi (è questo il motivo per il quale la poesia cinese piace anche ai giapponesi che vedono solo l'ideogramma, ne condividono il significato, ma ne perdono la pronuncia e la stessa lunghezza sillabica).
Fan Yun (451-503)
Di nome faceva Yanlong, era originario di Wuyin, un villaggio nel sud (a nord dell'attuale distretto di Qinyang, provincia di Henan). In qualità di funzionario della dinastia Qi del sud giunse a ricoprire la carica di prefetto di Guangzhou. Quando (502) subentrò la dinastia Liang del sud, divenne presidente del Ministero della funzione pubblica.
Xe Xun (?-518)
Di nome faceva Zhongyan, era originario di Tonghaitan (a ovest dell'attuale distretto di Tancheng, provincia di Shandong). A otto anni già sapeva scrivere poesie. All'età di vent'anni circa ottenne il titolo di xiucai ("valente scrittore"). Era di umili origini. Fece carriera nell'epoca di regno denominata Tianjian (502-519) dell'imperatore Wudi della dinastia Liang del sud
Liu Xiaochuo (481-539)
Di nome faceva Ran, di soprannome Ashi, era originario di Gucheng (l'attuale Xuzhou, provincia di Jiangsu). Ebbe importanti cariche pubbliche.
Id: 1669 Data: 27/05/2012 09:36:25
*
Gli araldi neri/Los heraldos negros
Gli araldi neri
Ci sono colpi nella vita, così forti… io non so!
Colpi come l’odio di Dio; come se di fronte ad essi,
la risacca di tutto il sofferto
ristagnasse nell’anima… Io non so!
Sono pochi; però sono… Aprono solchi scuri
nel volto più fiero e nel lombo più forte.
Saranno forse i puledri di barbari Attila;
o gli araldi neri che ci invia la Morte.
Son le cadute profonde dei Cristi dell’anima,
di qualche fede da adorare che il Destino bestemmia.
Questi colpi sanguinosi sono i crepitii
di qualche pane che sulla porta del forno ci si brucia.
E l’uomo… Povero… povero! Gira lo sguardo, come
quando una pacca sulla spalle ci chiama;
Gira gli occhi pazzi, e tutto il vissuto
ristagna, come una pozzanghera di colpa, nello sguardo.
Ci sono colpi nella vita, così forti… Io non so!
(traduzione: Federico Guerrini)
***
Los heraldos negros
Hay golpes en la vida, tan fuertes … ¡Yo no sé!
Golpes como del odio de Dios; como si ante ellos,
la resaca de todo lo sufrido
se empozara en el alma… Yo no sé!
Son pocos; pero son… Abren zanjas obscuras
en el rostro más fiero y en el lomo más fuerte.
Serán talvez los potros de bárbaros atilas;
o los heraldos negros que nos manda la Muerte.
Son las caídas hondas de los Cristos del alma,
de alguna fe adorable que el Destino blasfema.
Esos golpes sangrientos son las crepitaciones
de algún pan que en la puerta del horno se nos quema.
Y el hombre… Pobre… pobre! Vuelve los ojos, como
cuando por sobre el hombro nos llama una palmada;
vuelve los ojos locos, y todo lo vivido
se empoza, como charco de culpa, en la mirada.
(http://guide.supereva.it/letteratura_sudamericana/interventi/2005/01/191991.shtml)
Id: 1668 Data: 26/05/2012 07:39:08
*
Non restituire al mittente
La buona notizia è che sono
deperibile,
mentre la lumaca striscia sotto
la foglia,
mentre la dama nel caffè
ride una falsa risata,
mentre la Francia brucia
un crepuscolo di porpora.
sono deperibile
e questo è il bello,
mentre il cavallo scalcia
un asse della stalla,
mentre ci affrettiamo verso
il paradiso,
io sono piuttosto deperibile.
metti le scarpe sotto
il letto
allineate.
mentre ulula il cane
l'ultima rana sbuffa
e salta.
(http://www.gironi.it/poesia/bukowski.php)
Id: 1667 Data: 24/05/2012 22:38:28
*
La danzatrice
Mamma,
dicono che eri una danzatrice
dicono che lunghe bellissime
gambe trasportavano il tuo corpo
aggraziato
dicono che eri una danzatrice
Mamma,
dicono che cantavi struggenti
melodie
dicono che chiudevi gli occhi
tutte le volte che l'atmosfera del
canto
era giusta e alzavi il volto al cielo
dicono che eri un'affascinante danzatrice
Mamma,
dicono che eri sempre così gentile
parlano di un salice piangente
che ondeggiava sulle acque chiare
agli inizi di primavera quando
parlano di te
dicono che eri un'intensa viaggiatrice
Mamma,
dicono che ballavi bene ai
matrimoni
dicono che sorridevi e chiudevi gli occhi
le tue braccia si stendevano
appena
e i tuoi piedi muovevno la sabbia
tshi tshi tshitshitshitha, tshitshi
tshitshitshitshitshitha
dio, come vorrei averti ammirata
dicono che era un piacere
guardarti
Mamma,
dicono che anch'io sono una
danzatrice
ma non so...
non so cosa sia ballare ai
matrimoni
matrimoni non ce ne sono più
ci sono molti, molti funerali
dove cantiamo e balliamo
correndo veloci con la bara
di una futura sposa o un futuro
sposo
strani sorrisi hanno sostituito le
lacrime
i nostri occhi sono pieni di
vendetta, Mamma
Cara, cara Mamma
dicono che ballo bene ai funerali.
(traduzione di Maria Luisa Vezzali, "Il segreto delle fragole", Poetico diario 2012, LietoColle)
Id: 1666 Data: 23/05/2012 15:22:15
*
Non lontano dall’albero
La mela non cade mai lontano dal suo albero. L'albero
resta al capezzale della mela. L'uno ingiallisce l'altra si fa bruna.
L'uno perde foglie umide. Che si distendono sopra la mela dell'albero.
Un vento freddo le sovverte.
Giunge l'inverno finisce l'autunno
l'albero è smagrito
marcia la mela.
Fa poco verrà. Verrà farà male.
(da "Lo stesso mare", Feltrinelli 2002, pag. 210)
Id: 1663 Data: 21/05/2012 18:19:21
*
Pioggia
Piove e tu dici è come se le nuvole
piangessero. Poi ti copri la bocca ed affretti
il passo. Come se quelle squallide nuvole piangessero?
Impossibile. Ma allora: da dove questa rabbia,
questa disperazione che ci condurrà tutti al diavolo?
La Natura nasconde alcuni dei suoi processi
nel Mistero, il suo fratellastro. Così questa sera
che consideri simile a una sera da fine del mondo
più presto di quel che credi ti sembrerà soltanto
una sera triste, una sera di solitudine smarrita
nella memoria: lo specchio della Natura. Oppure
la dimenticherai. Né la pioggia, né il pianto, né importano
i tuoi passi che risuonano durante il percorso sulla scogliera.
Ora puoi piangere e lasciare che la tua immagine si disperda
nei parabrezza delle auto ferme lungo
il Paseo Marítmo. Ma non puoi perderti.
(vedi http://www.gironi.it/poesia/bolano.php)
Id: 1662 Data: 21/05/2012 18:09:55
*
Due poesie da Alterni presagi
COCCINELLA
La bellezza non ha meriti,
non la si può scegliere
c’è e basta,
se e come crede lei.
E’ la meta più ambita,
la creatura più desiderata.
Tutti vorrebbero averla
ma è privilegio di pochi.
Però ha i suoi limiti,
è impietosa
effimera
ingiusta.
Spesso non è dove si vede.
Bisogna saperla scovare
scoprirla sotto un’evidenza
che non appare.
Forse era in quella coccinella rovesciata
che tentava di ritrovare l’esatto orientamento.
***
VERTIGINE
Difficile disporre le cose
nel pallottoliere dei miei pensieri.
Un cortile dove ruzzolano in asfissia,
pallottoline colorate o madrepore in formazione?
Distillati da un filtro poroso
- anche i micron si disperano –
girano in un mandrino mal calettato.
Bello essere computista della vita.
Graffiare senza ferire all’osso.
Predare dalle estremità al centro
sul filo equilibrista di parole inutili.
E se la vertigine smette
precipitare è la destinazione.
Serrare l’interruttore
per orientarsi al buio.
Riaccendo, e non c’è niente da vedere.
(vedi http://viadellebelledonne.wordpress.com/2012/05/17/alterni-presagi-di-monica-martinelli/)
Id: 1659 Data: 19/05/2012 08:13:08
*
Dieci poesie di Rodolfo Alonso
CONFABULAR
Es la llanura el hijo perfecto
los que abrimos la mañana con los dientes
viviendo hasta aquí arriba
el vino de mano en mano
el poema de mano en mano
la sangre de mano en mano
sí es verdad
habría que decirlo a todo el mundo.
(de Salud o nada, 1954)
CONFABULARE
È la pianura il figlio perfetto
noi che apriamo il mattino con i denti
vivendo fin quassù
il vino di mano in mano
la poesia di mano in mano
il sangue di mano in mano
sì è vero
bisognerebbe dirlo a tutto il mondo.
***
LA VOZ TOMADA
Cuando se quiebre la lengua del amor, nos quedará todavía esta palabra
ronca.
Cuando no pueda decir, volverá todavía a mi garganta el eco de tu cuerpo.
(de El músico en la máquina, 1958)
LA VOCE PRESA
Quando si romperà la lingua dell'amore, ci rimarrà ancora questa roca
parola.
Quando non potrò parlare, tornerà ancora nella mia gola l'eco del tuo corpo.
***
DÉJÀ VU
Una mujer se desnuda en mi memoria
mientras afuera resplandece la ciudad
o llueve y hace frío
Una mujer lava su pelo negro con el agua de mi infancia
una distancia va formándose
Su piel es lenta y fresca como la mañana que acaricia
su voz se hace lejana
Una mujer me alcanza
el primer seno descubierto
el primer seno acariciado
Mientras adentro resplandece la memoria
(de Hago el amor, 1969)
DÉJÀ VU
Una donna si spoglia nella mia memoria
mentre fuori risplende la città
o piove e fa freddo
Una donna lava i suoi capelli neri con l'acqua della mia infanzia
una distanza va formandosi
La sua pelle è lenta e fresca come il mattino che accarezza
la sua voce si fa lontana
Una donna mi raggiunge
il primo seno scoperto
il primo seno accarezzato
Mentre dentro risplende la memoria
***
FLORA Y FAUNA
Dos gatas sufren por amor
de un espléndido modo.
Y la Naturaleza no descansa.
El paraíso es un sueño animal.
(de Señora Vida, 1979)
FLORA E FAUNA
Due gatte soffrono per amore
in uno splendido modo.
E la Natura non riposa.
Il paradiso è un sogno animale.
***
COMO DOS ASTROS
Como dos astros errantes
que se han unido por su errar
nuestros errores nos acercan
nuestros errores nos separan
Como dos astros errantes
que se deslizan por amor
nuestras miradas nos atraen
nuestras miradas nos rechazan
Como dos astros errantes
que se separan para ver
la sed el hambre el sol la furia
nuestros caminos encontrados
En lo profundo de los cielos
en el silencio de la luz
como dos astros errantes
morimos renacemos.
(de Señora Vida, 1979)
COME DUE ASTRI
Come due astri erranti
che si sono uniti nel loro errare
i nostri errori ci avvicinano
i nostri errori ci allontanano
Come due astri erranti
che guizzano per amore
i nostri sguardi ci attraggono
i nostri sguardi ci respingono
Come due astri erranti
che si separano per vedere
la sete la fame il sole la furia
i nostri sentieri incontrati
Nel profondo dei cieli
nel silenzio della luce
come due astri erranti
moriamo risorgiamo
***
LA CANCIÓN DE LAS HOJAS
Voz del añoso mundo
con que el viento se enciende.
¿Qué me dices, si dices,
para mí, para todos?
Vida que se desvive
por vivir, vida viva,
maravilla sedienta
coronada de ecos.
Cada murmullo late
atento a cada hoja,
silencio suspendido
por una boca eterna.
El cielo se susurra
canciones de festejo,
música a solas, sol,
aire, luz, agua, hierba.
Son que ilumina hondo,
incesante milagro:
yo que me siento oír,
la voz que hace memoria.
El árbol en la tierra,
la canción bajo el sol,
las hojas en el cielo,
el viento entre las hojas.
Colmada de frescura,
mi sangre reconoce
ese freír alado:
no hay más que un universo.
(de Sol o ombra, 1981)
LA CANZONE DELLE FOGLIE
Voce dell'antico mondo
con la quale il vento s'accende.
Che mi dici, se dici,
a me, a tutti?
Vita che si affanna
per vivere, vita viva,
meraviglia assetata
coronata di echi.
Ogni mormorio batte
attento ad ogni foglia,
silenzio sospeso
da una bocca eterna.
Il cielo si sussurra
canzoni di festa,
musica solitaria, sole,
aria, luce, acqua, erba.
Sole che illumina profondo,
incessante miracolo:
io che mi sento ascoltare,
la voce che ricorda.
L'albero nella terra,
la canzone sotto il sole,
le foglie nel cielo,
il vento tra le foglie.
Colmo di frescura,
il mio sangue riconosce
questo friggere alato:
non c'è che un universo.
***
PACHAMAMA
Toco la tierra pongo
mi corazón mi mano
sobre la tierra negra
gris roja fértil
reseca zumbadora
marrón de viva carne
color del elemento
material sol sonido
vibraciones caricia
Piso la tierra toco
lo que tengo soy sé
tierra por descubrir
tierra que nutre
madre tierra hasta el fin
tierra que entierra
Sobre la tierra desde
la tierra un paso
una mirada una canción
que celebre el encuentro
de un hombre con su hembra
(de Sol o sombra, 1981)
PACHAMAMA
Tocco la terra metto
il mio cuore la mia mano
sopra la terra nera
grigia rossa fertile
fievole ronzío
marrone di viva carne
colore dell'elemento
materia sole suono
vibrazioni carezza
Calpesto la terra tocco
quel che ho sono so
terra da scoprire
terra che nutre
madre terra fino alla fine
terra che sotterra
Sopra la terra dalla
terra un passo
uno sguardo una canzone
che celebri l'incontro
di un uomo con la sua femmina
***
OLOR A LLUVIA
El aire trae de pronto recuerdos del olvido
con sabor a horizonte, hierba húmeda y ausencia.
Color difuso y neto, casi como sin dueño,
máscara o habitante, límpidamente orgánico,
cargadamente etéreo. Espíritus, espíritu;
huellas de una memoria que gira en su vacío
repleto: fuegos, cuerpos, dioses, rastros, palabras.
(de Sol o sombra, 1981)
ODORE DI PIOGGIA
L'aria porta d'improvviso ricordi dall'oblio
dal sapore d'orizzonte, erba umida e assenza.
Colore diffuso e netto, quasi come senza padrone,
maschera o abitante, limpidamente organico,
fortemente etereo. Spiriti, spirito;
orme di una memoria che gira nel suo vuoto
saturo: fuochi, corpi, dei, tracce, parole.
***
A LA SOMBRA DE MALTHUS
Sabios anuncian,
con discreta emoción
y sopesando datos,
de manera siniestra,
irreprochables,
que en el Tercer Milenio
más hombres tendrán sed.
(De hacerlo, no serán,
como se ve,
lo suficientemente
originales:
todos los siglos
consiguieron tener
sed de justicia,
libertad y belleza).
Ahora, por fin, parece
-miserable milagro,
cruel consumación,
irrisorio destino
final- , que los humanos
tendrán por suerte
matar muriendo
(cazando lluvias,
en oasis blindados,
cercando ríos,
encerrando el mar)
por una simple, serena,
saludable y letal
sed clarísima de agua.
(de El arte de callar, 2003)
ALL'OMBRA DI MALTHUS
Dei saggi annunciano,
con discreta emozione
e soppesando dati,
in modo sinistro,
irreprensibili,
che nel Terzo Millennio
sempre più uomini avranno sete.
(Al farlo, non saranno,
come si vede,
sufficientemente
originali:
tutti i secoli
ebbero la loro
sete di giustizia,
libertà e bellezza).
Adesso, finalmente, sembra proprio
- miserabile miracolo,
spreco crudele,
irrisorio destino
finale - , che gli umani
avranno la fortuna
di uccidere morendo
(a caccia di piogge,
in oasi blindate,
recintando fiumi,
rinchiudendo il mare)
per una semplice, serena,
salutare e letale
cristallina sete d'acqua.
***
EL PESO DE TU PASO
¿Pasas sin darte peso
cuando pasas, belleza,
inquieta certidumbre,
la joven nuca erguida
avanzando en la sombra,
levemente indecisa,
tendido hacia el futuro
el filo de ese cuello
inefable y letal?
¿O pisas, al hacerlo,
temible adolescente,
el peso de tu paso,
el paso de tu cuerpo
gloriosamente incierto
entre niña y muchacha?
¿El tiempo te contiene
o es tiempo lo que luces,
resplandor que se sabe
preso en su resplandor,
madurez inminente
livianamente espléndida
que firme se presagia,
dorado atardecer
todavía en su mañana?
¿Te ves tú como vemos,
o al verte cambiarías?
Arriesgada inocencia,
¿lo que de luz te colma
escondes o te esconde?
¿Sólo al verte no verte
te veremos, belleza?
¿En otros? ¿En nosotros?
¿No es la belleza verte
saber que no te sabes
mediodía inmortal?
¿Y anidas, sin embargo,
tu huevo de serpiente?
¿No temas, todavía,
no es nostalgia o deseo
percibir tu milagro
de presente huidizo,
de futura memoria.
Somos lo que sabemos
ver, lo que nos hace ver,
siendo somos lo sido,
seremos lo que sé,
lo que sé ser: ser sed.
(de El arte de callar, 2003)
IL PESO DEL TUO PASSO
Passi senza darti peso
quando passi, bellezza,
inquieta certezza,
la giovane nuca diritta
avanzando nell'ombra,
lievemente indecisa,
teso verso il futuro
il filo di questo collo
ineffabile e letale?
O calpesti, al farlo,
temibile adolescente,
il peso del tuo passo,
il peso del tuo corpo
gloriosamente incerto
tra bambina e ragazza?
Il tempo ti contiene
o è tempo quel che ostenti,
splendore di sapersi
prigioniero nel suo splendore,
maturità imminente
delicatamente splendida
che ferma si fa presentire,
dorato imbrunire
ancora nel suo mattino?
Ti vedi tu come vediamo,
o al vederti cambieresti?
Arrischiata innocenza,
quel che di luce ti colma
nascondi o ti nasconde?
Solo al vederti non vederti
ti vedremo, bellezza?
In altri? In noi?
Non è la bellezza vederti
sapere di non saperti
mezzogiorno immortale?
E comunque, covi
il tuo uovo di serpente?
Non temere, ancora,
non è nostalgia o desiderio
percepire il tuo miracolo
di presente sfuggente,
di futura memoria.
Siamo quel che sappiamo
vedere, quel che si fa vedere,
essendo siamo ciò che è stato,
saremo quel che so,
quel che so di essere: essere sete.
Traduzioni di Sara Pagnini
(vedi http://www.filidaquilone.it/num005pagnini.html)
Id: 1657 Data: 17/05/2012 14:56:27
*
Dino Campana revisa su biografia en el psiquiatric
DINO CAMPANA REVISA SU BIOGRAFÍA
EN EL PSIQUIÁTRICO DE CASTEL PULCI
Servía para la química, para la química pura.
Pero preferí ser un vagabundo.
Vi el amor de mi madre en las tempestades del planeta.
Vi ojos sin cuerpo, ojos ingrávidos orbitando alrededor de mi lecho.
Decían que no estaba bien de la cabeza.
Tomé trenes y barcos, recorrí la tierra de los justos
en la hora más temprana y con la gente más humilde:
gitanos y feriantes.
Me despertaba temprano o no dormía. En la hora
en que la niebla aún no ha despejado
y los fantasmas guardianes del sueño avisan inútilmente.
Oí los avisos y las alertas pero no supe descifrarlos.
No iban dirigidos a mí sino a los que dormían,
pero no supe descifrarlos.
Palabras ininteligibles, gruñidos, gritos de dolor, lenguas
extranjeras oí adonde quiera que fuese.
Ejercí los oficios más bajos.
Recorrí la Argentina y toda Europa en la hora en que todos
duermen y los fantasmas guardianes del sueño aparecen.
Pero guardaban el sueño de los otros y no supe
descifrar sus mensajes urgentes.
Fragmentos tal vez sí, y por eso visité los manicomios
y las cárceles. Fragmentos,
sílabas quemantes.
No creí en la posteridad, aunque a veces
creí en la Quimera.
Servía para la química, para la química pura.
DINO CAMPANA CONTROLLA L’AUTOBIOGRAFIA
NEL MANICOMIO DI CASTEL PULCI
Ero buono per la chimica, per la chimica pura.
Ma preferii fare il vagabondo.
Vidi l’amore di mia madre nelle bufere del pianeta.
Vidi occhi senza corpo, occhi sospesi orbitando sul mio letto.
Dicevano che non stavo bene di testa.
Presi treni e barche, percorsi la terra dei giusti
di buon mattino e con la gente più umile:
gitani e mercanti.
Mi svegliavo presto o non dormivo. Nell’ora
in cui la nebbia non era ancora svanita
e i fantasmi a guardia del sonno comunicano inutilmente.
Sentivo gli avvisi e gli allarmi ma non ho saputo decifrarli.
Non erano diretti a me bensì a quelli che dormivano,
però non ho saputo decifrarli.
Parole inintelligibili, grugniti, gridi di dolore, lingue
straniere sentivo ovunque andassi.
Esercitai i mestieri più umili.
Percorsi l’Argentina e tutta l’Europa nell’ora in cui tutti
dormono e appaiono i fantasmi a guardia del sonno.
Ma proteggevano il sonno degli altri e non ho saputo
decifrare i loro urgenti messaggi.
Frammenti, forse sì, e per questo visitai i manicomi
e le prigioni. Frammenti,
sillabe brucianti.
Non credevo alla posterità, benché talvolta
credevo alla Chimera.
Ero buono per la chimica, per la chimica pura.
(a cura di Alessio Brandolini, vedi http://www.filidaquilone.it/num020brandolini2.html)
Id: 1656 Data: 16/05/2012 20:49:29
*
Io sono verticale/I Am Vertical
Io sono verticale
Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un'aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia.
Stasera, all'infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo più perfetto -
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
I Am Vertical
But I would rather be horizontal.
I am not a tree with my root in the soil
Sucking up minerals and motherly love
So that each March I may gleam into leaf,
Nor am I the beauty of a garden bed
Attracting my share of Ahs and spectacularly painted,
Unknowing I must soon unpetal.
Compared with me, a tree is immortal
And a flower-head not tall, but more startling,
And I want the one's longevity and the other's daring.
Tonight, in the infinitesimallight of the stars,
The trees and the flowers have been strewing their cool odors.
I walk among them, but none of them are noticing.
Sometimes I think that when I am sleeping
I must most perfectly resemble them--
Thoughts gone dim.
It is more natural to me, lying down.
Then the sky and I are in open conversation,
And I shall be useful when I lie down finally:
Then the trees may touch me for once, and the flowers have time for me.
(vedi http://www.gironi.it/poesia/plath.php)
Id: 1648 Data: 13/05/2012 20:57:14
*
This room/Questa stanza
This Room
The room I entered was a dream of this room.
Surely all those feet on the sofa were mine.
The oval portrait
of a dog was me at an early age.
Something shimmers, something is hushed up.
We had macaroni for lunch every day
except Sunday, when a small quail was induced
to be served to us. Why do I tell you these things?
You are not even here.
Questa stanza
La stanza in cui entrai era il sogno di questa stanza.
Certo tutti quei piedi sul sofà erano miei.
Il ritratto ovale
di un cane ero io in piú tenera età.
Qualcosa riluce, qualcosa viene azzittito.
A pranzo mangiavamo pastasciutta tutti i giorni
tranne la domenica, quando una quaglia veniva indotta
a esserci servita. Perché ti dico questo?
Nemmeno sei qui.
(tratta da Your Name Here [Qui il vostro nome], 2000, a cura di Luca Sossella, 2008, vedi http://www.nazioneindiana.com/2008/09/09/un-mondo-che-non-puo-essere-migliore-unantologia-poetica/)
Id: 1646 Data: 12/05/2012 09:33:23
*
Non di questo presente ora bisogna
Non di questo presente ora bisogna
vivere - ma in esso sì: non c'è modo,
pare, d'averne un altro, non c'è chiodo
che scacci questo chiodo. Né a chi sogna
va meglio, che le più volte si infogna
a figuararlo, e fa più groppi al nodo
se cerca di disfarlo (sta nel todo
che si crede nel nada, sempre) o agogna,
ma con che lama? troncarlo. La mente
infortunata non ha altra fortuna,
dunque, che nel pensiero? Certo a niente
più la mia si consola che se in una
deposizione o un offertorio gente
dispersa solennemente s'aduna.
(tratta da "Altri Sonetti", vedi sito http://www.gironi.it/poesia/raboni.php)
Id: 1641 Data: 11/05/2012 08:46:42
*
Tre poesie di Umberto Fiori
Diciotto e ventisette
Le macchine che si muovono
a scatti lungo il viale, poi restano
ferme in fila al semaforo,
non sono vuote.
Ogni volante, una testa. Come due uova
rimaste nel cestello di cartone
il taxista e il cliente
guardano avanti.
È troppo nuova per te, questa scena?
Perché tremi? Cos’è, non l’hai mai visto
il suo broncio di pietra
venirti incontro? Non sei ancora pronto
a queste facce, a queste ruote?
Ancora ti sconvolgi, di fronte
all’autotreno che non si ribalta,
alle minacce che non arrivano, al cuore
strappato vivo
dal petto di nessuno
e stretto in mano, e sollevato in alto?
***
Museo
Guarda come riposa,
come regna il coltello
nella vetrina
senza la mano del soldato.
Come rimane uguale, la statua.
Dalla fronte bombata, dalle ombre
di questa guancia di legno,
senti com’è lontano
il modello.
Come vorrei anch’io
spegnermi nella luce
della cosa che resta,
essere stato.
***
Scivolo
Spazio giochi, ai giardini. Una signora
issa in cima allo scivolo una palla
di carta di giornale, le dà un bacio:
«Pronti… partenza… via!». Un’altra tiene
per mano un abat-jour, gli sistema
le frange di ciniglia. «Mia figlia,
vedesse che ballerina…
Ha già vinto due premi».
«Pensi che il mio – tre anni – sa già scrivere…».
Le ascolta una ragazza, lì in coda
col suo bambino. Gli stringe forte la mano,
e spera che nessuno
si accorga che è vero, e vivo.
[Umberto Fiori, La bella vista, Marcos y Marcos, Milano 2002, vedi sito http://www.leparoleelecose.it/?p=2629]
Id: 1634 Data: 10/05/2012 08:21:34
*
Libellula sottile
Libellula sottile,
così rapida che l’occhio non può
chiuderti in gabbia -
contagiosa gemma di virtuosismo -
rendi palese la mentalità.
I tuoi gioielli di mobilità
rivelano
e velano
una coda di pavone.
(tratta dal volume: Marianne Moore, Le poesie, Adelphi)
Id: 1632 Data: 09/05/2012 15:13:15
*
La poesia
Neanche a me piace: vi sono cose più importanti di tutte
queste inezie.
A leggerla, però, con totale disprezzo, vi si scopre,
dopo tutto, uno spazio per l’autentico.
Mani capaci di afferrare, occhi
che sanno dilatarsi, capelli che possono drizzarsi
all’occorrenza, queste cose sono importanti
non già perché si possa sovrapporvi un’interpretazione
altisonante, ma perché
sono utili. Quando diventano così elaborate da divenire
inintellegibili,
di tutti noi si può dire la stessa cosa,
che noi non ammiriamo
quello che non potremo mai comprendere: la nottola
appesa a testa in giù o in cerca di qualche cosa da
mangiare, elefanti al lavoro, un cavallo selvaggio che si rotola, un lupo
instancabile in agguato
sotto un albero, il critico impassibile che arriccia la pelle
come un cavallo che sente una pulce, il tifoso di base-
ball, L’esperto di statistica -
e non è giusto
fare preclusioni contro “documenti d’affari
e libri di scuola”*; sono tutti fenomeni importanti. Ma c’è da
fare
una distizione: se vengono gonfiati da mezzi poeti,
il risultato non è poesia;
né mai potremo avere poesia
e i poeti tra noi non diventano
“letteralisti dell’immaginazione”** - superiori
all’insolenza e alla volgarità, disposti a sottoporre
a ispezione “giardini immaginari con rospi veri dentro”.
Frattanto, se pretendi da una parte
la materia grezza della poesia
allo stato più grezzo che ci sia,
dall’altra parte ciò che è genuino,
allora ti interessi alla poesia.
(1921)
*Dal diario di Tolstoj: “Dove sia il confine tra prosa e poesia, non riuscirò mai a apirlo: La questione è posta nei manuali di stilistica, ma la risposta supera le mie capacità. La poesia è verso; la prosa non è verso. Ovvero, tutto è poesia, ad eccezione dei documenti d’affari e dei libri di scuola”.
** “Letteralità dell’immaginazione”. W. B. Yeats, Ideas of Good and Evil, A. H. Bullen, 1903, p. 182: “La limitazione delle sue vedute derivava dalla stessa intensità della sua visione: egli era un realista dell’immaginazione, un realista troppo letterale, come altri lo sono della natura; e poiché credeva che, sotto lo stimolo dell’ispirazione, le figure viste dall’occhio della mente fossero ‘esistenze eterne’, simboli di essenze divine, odiava ogni grazia dello stile che potesse offuscare i loro lineamenti”.—
(tratta da ‘Le poesie’ a cura di Gilberto Forti, Lina Angioletti, Biblioteca Adelphi, 1991, vedi sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/09/14/in-memoria-di-te-marianne-moore/)
Id: 1631 Data: 08/05/2012 14:59:19
*
Darei valore alle cose non per quello che valgono
Darei valore alle cose non per quello che valgono
ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più.
So che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi
perdiamo 60 secondi di luce, di cioccolata.
Se Dio mi concedesse un brandello di vita,
vestito con abiti semplici, mi sdraierei al sole
e lascerei a nudo non solo il mio corpo
ma anche la mia anima.
Dio mio, se avessi cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio
e aspetterei che si alzasse il sole.
Dipingerei le stelle con un sogno di Van Gogh
con un poema di Benedetti, una canzone di Serrat
sarebbe la mia serenata alla luna.
Bagnerei con le mie lacrime le rose
per sentire il dolore delle spine
ed il bacio vermiglio dei petali.
Dio mio, se io avessi ancora un brandello di vita
non lascerei passare un solo giorno
senza dire alla gente che io amo, io amo la gente.
Convincerei ogni uomo ed ogni donna
che sono i miei favoriti
e vivrei innamorato dell’amore.
E dimostrerei agli uomini quanto sbagliano
quando pensano di smettere di innamorarsi
quando invecchiano senza sapere che invecchiano
quando smettono di innamorarsi.
Darei ad ogni bambino le ali
ma lo lascerei imparare, da solo, a volare.
Ai vecchi insegnerei che la morte
non arriva con la vecchiaia ma con l’oblio.
Ho imparato molte cose da voi, dagli uomini…
Ho imparato che tutti, al mondo,
vogliono vivere in cima alla montagna
senza sapere che la vera felicità
sta in come si sale la china.
Ho imparato che quando un neonato afferra,
per la prima volta, con il suo piccolo pugno,
il dito di suo padre, lo terrà prigioniero per sempre.
Ho imparato che un uomo
ha diritto di guardare un altro uomo
dall’alto verso il basso solo quando lo aiuta a rialzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi
ma non mi serviranno davvero più a molto
perché, quando guarderanno in questa mia valigia,
infelicemente io starò morendo.
(http://donna.tuttogratis.it/amore/le-piu-belle-poesie-damore-di-gabriel-garcia-marquez/P275075/)
Id: 1629 Data: 07/05/2012 18:22:00
*
Vola alta, parola
Vola alta, parola, cresci in profondità,
tocca nadir e zinith della tua significazione,
giacché talvolta lo puoi
sogno che la cosa esclami
nel buio della mente
però non separarti
da me, non arrivare,
ti prego, a quel celestiale appuntamento
da sola, senza il caldo di me
o almeno il mio ricordo sii
luce, non disabitata trasparenza...
La cosa e la sua anima?
O la mia e la sua sofferenza?
Vola alta, parola.
(http://www.poesieracconti.it/poesie/a/mario-luzi/vola-alta-parola)
Id: 1626 Data: 06/05/2012 14:32:32
*
A rovescio/Le parole tutte
A rovescio
il mio dito víola cose
della città ulcerata
il caldo delle pareti
il sole stende pergolati verdi
nell’occhio di finestre alte
l’anima violentata è una perforatrice
seziona cose nel pomeriggio nudo
inventa la morbosità di spaccare sui muri
le parole
il sole illumina la via in silenzio
la casa lucida
dentro di me le cose scavate
guardano la notte
(a rovescio)
e si annegano
strette
(da Pedaços / Pezzi, 1992)
Le parole tutte
da questo sguardo massiccio
nascono poesie
da questo modo torto
sguardo di grano maturo
gli odori della notte inzuppano la terra
di ombre
le mani cercano incavi
concimano punti
di esclamazione
le parole tutte che dirò
prima di morire
(da Tempo de doer / Tempo di soffrire, 1998)
(vedi sito http://www.filidaquilone.it/num011brandolini.html, a cura di Alessio Brandolini)
Id: 1625 Data: 05/05/2012 12:05:16
*
La casa II
Così sapiente di cose dimenticate
di coloro che più non sono.
Il viale zitto tra alberi alti
ora piccola siepe nuova
e le pietre ora lisce, la vernice fresca
sotto cui riposano altri strati e storie
d'occhi, voci e corpi fanciulli,
di elastiche ossa adolescenti, respiri primi
del passato nostro, Padre Nostro,
quel santuario di piedi scalzi danzanti in
una vita forse solo sognata.
E poi affondare occhi tremendi nel tramonto - nell'infinito dolore -
che filtra dalla siepe tremula, fiorita nella notte di luci
sospesa sull'orizzonte rosso - debordare
nella fine -
passioni di poesie tragiche
dove fu odiata la vita, cresciuta in gemme turgide
pregna del minuto;
geme adesso, e piango l'ora priva,
l'aria greve riarsa tra corteggi di vespe
sciami assediami d'inezie,
così anche l'oggi fugge, inevaso.
Come masticare suoni nuovi, canti fieri di presente
confusi a quelli d'allora, dalla profondità dove
il tempo rovina
scandito da luttuosi orologi,
pretendendo ciò che è suo:
tempo e altri segni di tempo.
tratta da "Squeeze", http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/502-Caterina-Davinio-Fenomenologie-seriali.html)
Id: 1624 Data: 05/05/2012 07:13:02
*
I fiori vengono in dono e poi si dilatano
I fiori vengono in dono e poi si dilatano
una sorveglianza acuta li silenzia
non stancarsi mai dei doni.
Il mondo è un dente strappato
non chiedetemi perché
io oggi abbia tanti anni
la pioggia è sterile.
Puntando ai semi distrutti
eri l’unione appassita che cercavo
rubare il cuore d’un altro per poi servirsene...
La speranza è un danno forse definitivo
le monete risuonano crude nel marmo
della mano
Convincevo il mostro ad appartarsi
nelle stanze pulite d’un albergo immaginario
v’erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.
Mi truccai a prete della poesia
ma ero morta alla vita
le viscere che si perdono
in un tafferuglio
ne muori spazzato via dalla scienza.
Il mondo è sottile e piano:
pochi elefanti vi girano, ottusi.
……………
C’è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.
C’è come un rosso nell’albero, ma è
l’arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch’essi pesano.
Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d’un destino
di uomini separati per obliquo rumore.
(tratta da "Documento", vedi sito http://poesieinversi.altervista.org/blog/4-poesie-di-amelia-rosselli-2/)
Id: 1622 Data: 04/05/2012 08:05:50
*
Le pietre
Sento cadere le pietre che abbiamo gettato,
Cristalline negli anni. Nella valle
Volano le azioni confuse dall’attimo
Gridando da cima a cima degli alberi, tacciono
Nell’aria più leggera del presente, planano
Come rondini da cima
A cima dei monti finché
Raggiungono l’altopiano più remoto
Lungo la frontiera con l’aldilà.
Là cadono
Le nostre azioni cristalline
Su nessun fondo,
Tranne noi stessi.
(traduzione di Franco Buffoni, tratta da F. Buffoni, Songs of Spring. Quaderno di traduzioni, Marcos y Marcos 1999].
Id: 1621 Data: 03/05/2012 22:35:37
*
Dammi la tua mano
Dammi la tua mano
“Oggi mi piace molto meno la vita
ma sempre mi piace vivere...”
(César Vallejo)
Dammi la tua mano
amore
non lasciare che affondi
nella tristezza.
Già il mio corpo apprese
il dolore della tua assenza
e nonostante i colpi
vuole continuare a vivere.
Non allontanarti
amore
incontrami nel sogno
difendi la tua memoria
la mia memoria di te
che non voglio sviare.
Siamo la voce
e l’eco
lo specchio
e il volto
dammi la tua mano
attendi
devo aggiustare il mio corpo
fino a raggiungerti.
***
Dame tu mano
"Hoy me gusta la vida mucho menos
pero siempre me gusta vivir...”
César Vallejo
Dame tu mano
amor
no dejes que me hunda
en la tristeza
Ya mi cuerpo aprendió
el dolor de tu ausencia
y a pesar de los golpes
quiere seguir viviendo.
No te alejes
amor
encuéntrame en el sueño
defiende tu memoria
mi memoria de ti
que no quiero extraviar.
Somos la voz
y el eco
el espejo
y el rostro
dame tu mano
espera
debo ajustar mi cuerpo
hasta alcanzarte.
(Traduzione e cura di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli, dalla rivista Sagarana, aprile 2012)
Id: 1619 Data: 02/05/2012 11:08:49
*
Europa 1978
EVROPA 1978
Srce Evrope je elegantno in
mrtvo. Samo še
otroci zadrhtijo, preden jih zdrobi
čas. Strgata nas dve večji
ploskvi: Satan, institucija
vhodnih vrat in previs
svobode, ki se steka v
Pacifik. Ampak mi
smo spomin. Zato za svet
obvezni, čeprav je naš mit vgrajen v
stroj, ki z njim ne razpolagamo več.
Naša edina realna historična možnost je
milost, edino
mi je zares ne moremo več ne
trošiti ne operacionalzirati.
Psihoanaliza je dno, noč pred
razodetjem.
Vsi laboratoriji oblasti bodo propadli.
EUROPA 1978
Il cuore d'Europa è elegante e
morto. Soltanto
i bambini trepidano prima che il tempo
li distrugga. Ci lacerano due piattaforme
piuttosto grandi: Satana, l'istituzione
della porta d'ingresso e le balze
della libertà che sprofondano nel
Pacifico. Ma noi siamo un ricordo.
Perciò indispensabili per il mondo,
anche se il nostro mito è incorporato
in un meccanismo che non è più a nostra disposizione.
La nostra unica reale possibilità storica è
la grazia, solo che noi
effettivamente non possiamo più
utilizzare e nemmeno operazionalizzarla.
La psicanalisi è il fondo, la notte
prima della rivelazione.
Tutti i laboratori del potere andranno in rovina.
(traduzione di Jolka Milič. vedi sito http://www.filidaquilone.it/num021milic.html)
Id: 1616 Data: 01/05/2012 08:33:30
*
La poesia di Sasa Vegri
MALO STRAN OD NAŠEGA VRTA
Malo stran
od našega vrta je gozd.
Zdaj je jesen.
in gozd gleda z umrlimi očmi
v naš vrt,
kot da bi mu
v dolgih nihajočih popoldnevih
pripovedoval o poletju.
Včasih se srečajo
z umrlimi očmi gozda
tudi moje oči.
Takrat zatrepeta v zraku
in majhen kolovrat
steče tiho v minuto
in prede pajčevino
preko sedanjosti.
A DUE PASSI DAL NOSTRO GIARDINO
A due passi
dal nostro giardino c’è un bosco.
Adesso è autunno
e il bosco guarda con occhi spenti
il nostro giardino
come se
nei lunghi e oscillanti pomeriggi
gli parlasse dell’estate.
Talvolta s’incontrano
con gli occhi morti del bosco
anche i miei occhi.
Allora c’è nell’aria un fremito
e un piccolo filatoio impercettibile
si mette a torcere il minuto
e a tessere la ragnatela
oltre il presente.
PO MLEČNOBELIH ULICAH
Po mlečnobelih ulicah,
pod skodrano grivo meseca
hodim skozi
dišečo noč,
da bi mi sence
bile bolj žive
in lažje.
S seboj nosim
komaj rojene besede
in mnogo začetkov,
tudi umiranje.
Pa saj nima
pojoča noč koncev
in griva meseca
me ne bo ubila
in stopila s sencami.
Samo odmeve preganjam
kakor daljava
in z vsakim potepanjem
množim
v sebi neogovorjena vprašanja,
da postajam sebi vsa težja
in smrti vedno bolj daljna.
PER VIE LATTESCENTI
Per vie lattescenti,
sotto la chioma ondulata della luna
attraverso
la notte odorosa
acciocché le ombre diventino più vive
e leggere.
Mi porto dietro
parole appena nate
e tanti inizi,
anche l’agonia.
In fondo, la notte
melodiosa è senza fine
e la chioma della luna
non mi annienterà
fondendomi con le ombre.
Cerco solo di disperdere gli echi
come la lontananza
e vagando di continuo
moltiplico
in me domande senza risposta,
per diventare sempre più pesante a me stessa
e sempre più lontana dalla morte.
Dalla raccolta Mesečni konj (Il cavallo lunare), 1958
(vedi sito http://www.filidaquilone.it/num025milic.html, traduzione di Jolka Milič)
Id: 1612 Data: 29/04/2012 07:49:54
*
La donna mancina
Lei saliva con altri da una stazione del metro
mangiava con altri a una tavola calda
aspettava con altri in una lavanderia
ma una volta l'ho vista da sola
davanti a un giornale murale
Usciva con altri da un grattacielo d'uffici
si pigiava con altri ad una bancarella
era seduta con altri presso un campo-giochi di sabbia
ma una volta l'ho vista dalla finestra
giocare a scacchi da sola
Era sdraiata con altri su un prato del parco
rideva con altri in un labirinto di specchi
gridava con altri sull'ottovolante
e poi sola la vidi soltanto
camminare nei miei desideri
Ma oggi nella mia casa aperta:
la cornetta era girata dall'altra parte
la matita era a sinistra dell'agenda
a sinistra la tazza del tè
e il manico pure a sinistra
e vicino la mela sbucciata in senso inverso
(e non finita di sbucciare)
le tende raccolte a sinistra
e la chiave della porta di casa
nella tasca sinistra della mia giacca
Ti sei tradita, o mancina!
O era per lasciarmi un messaggio?
Vederti IN UN CONTINENTE STRANIERO io vorrei
perche' finalmente in mezzo agli altri ti vedrei sola
e tu fra mille altri vedresti ME
e finalmente ci verremmo incontro.
(riportata in http://www.gironi.it/poesia/handke.php)
Id: 1610 Data: 28/04/2012 07:31:59
*
Se domani ti arrivano dei fiori
Se domani ti arrivano dei fiori
sbagli se pensi a me (io sbaglio se
penso che il tuo pensiero a me si possa
volgere, come il volto tuo serrato
con mani troppo docili a carpire
quando sulle tue labbra m'era dato
baci dalla città) non so che fiori
siano: te li ha mandati per amore
d'amore uno incontrato in trattoria
dove le mie parole spesso s'urtano
con la gente di faccia.
Che figura
t'ho data, quali fiori può accordare
nella scelta all'immagine riflessa
di te?
Non devi amarmi se ti sbriciolo
su una tovaglia lisa: e non mi ami.
(tratta da "Inventario Privato", 1959, vedi anche sito http://www.gironi.it/poesia/pagliarani.php)
Id: 1607 Data: 26/04/2012 17:36:01
*
Sicuri nelle loro Camere di Alabastro
J216 (versione 1859) / F124 (versione 1859)
Safe in their Alabaster Chambers -
Untouched by Morning
And untouched by Noon -
Sleep the meek members of the Resurrection -
Rafter of satin,
And Roof of stone.
Light laughs the breeze
In her Castle above them -
Babbles the Bee in a stolid Ear,
Pipe the Sweet Birds in ignorant cadence -
Ah, what sagacity perished here!
***
Sicuri nelle loro Camere di Alabastro -
Non toccati dal Mattino
E non toccati dal Meriggio -
Dormono i miti membri della Resurrezione -
Trave di raso,
E Tetto di pietra.
Lieve ride la brezza
Nel suo Castello sopra di loro -
Borbotta l'Ape a uno stolido Orecchio,
Zufolano i Dolci Uccelli ignare cadenze -
Ah, quanta sagacia si spense qui!
(vedi sito http://www.emilydickinson.it/j0201-0250.html)
Id: 1605 Data: 25/04/2012 19:27:26
*
Viaggi/ Sarà
Viaggi
Non devo andare più da nessuna parte,
Possono cessare tutti i viaggi,
le fughe, le ricerche, ogni cammino.
Tutti i paesaggi si sono trasfusi nelle mie parole,
i fiumi confluiti nel mio sangue,
il mare l’ho bevuto, le montagne le ho conquistate,
i boschi domati, le valli contate,
col cielo azzurro e tempestoso
mi sono ritagliata abiti festosi.
Non devo andare più da nessuna parte,
Possono cessare tutti i viaggi.
*
Sarà
Quando gli occhi
s’incontrano
e si fissano
dimmi allora
la parola
che ti è rimasta in gola.
Sarà
che son sfuggita alla morte
come ci fossimo
di nuovo riconosciuti.
(traduzione di Isabella Meloncelli, vedi sito http://www.retididedalus.it/Archivi/2010/maggio/Checkpoint_poetry/1_duska.htm)
Id: 1603 Data: 25/04/2012 09:11:00
*
Poeti
I poeti sono una banda
supponenti vagabondi,
interpreti infidi
del quotidiano e dell’eterno
vani ricercatori,
amanti smodati,
cacciatori di parole perdute
segugi di strade e mari.
I poeti sono giardinieri superbi
di intricati giardini regali,
precursori di slittamenti stellari,
messaggeri di navi affondate,
violatori di sentieri segreti,
magistrali riparatori
di Carri Grandi e Piccoli,
raccoglitori della polvere astrale.
I poeti sono ladri di illusioni,
scopritori di scartate utopie,
imbonitori di ogni specie,
degustatori di cibi avvelenati,
figli degeneri e seduttori di professione,
cavalieri che volontariamente
espongono la loro testa alla ghigliottina
di cui sono anche gli esecutori.
I poeti sono custodi incoronati
dell’essenza della lingua,
amanti di misteri insolubili
ammaliatori e provocatori,
sono i beniamini degli Dei,
assaggiatori di bevande miracolose
e vani dilapidatori
delle proprie vite.
I poeti sono gli ultimi germogli
della specie più sottile degli esseri cosmici,
coltivatori dei fiori bianchi dell’anima
creatori infidi di mondi insostenibili.
I poeti sono interpreti dei segni perduti,
portatori di messaggi importanti
monito che la vita è infinita,
e l’universo un progetto incompleto.
I poeti sono lucciole sull’aia del cosmo,
conquistatori della grande fascia
dei colori dell’arcobaleno,
esecutori della musica sacra
della nascita dell’universo.
I poeti sono gli interlocutori invisibili
nel silenzio sul senso e sul non senso
di tutto quanto è visibile e invisibile.
I poeti sono i miei veri fratelli.
(traduzione di Isabella Meloncelli)
(vedi sito http://www.retididedalus.it/Archivi/2010/maggio/Checkpoint_poetry/1_duska.htm)
Id: 1602 Data: 24/04/2012 07:15:12
*
Sguinzagliare ricordi
In questi giorni penso al vento fra i tuoi capelli,
agli anni che fui nel mondo prima di te
e all’eternità che prima di te andrò a incontrare,
ai proiettili che non mi uccisero in battaglia
ma uccisero i miei amici,
di me migliori perché
non vissero oltre come me,
penso a te nuda davanti al fornello d’estate,
sul libro curva per leggere meglio
nella luce morente del giorno.
Vedi, abbiam vissuto più di una vita,
ora dobbiamo pesare ogni cosa
sulla bilancia dei sogni e sguinzagliare
ricordi che divorino ciò che fu il presente.
(vedi sito http://www.gironi.it/poesia/amichai.php)
Id: 1601 Data: 23/04/2012 18:27:48
*
Ciò permette un ritratto in versi scanditi a 15 an
Ciò permette un ritratto in versi scanditi a 15 anni
Mantiene un leggero accento ‘marziano’ dall’età delle frasi isolate.
Non abbraccia più per disarmare. Ciò gradualmente gli permette dell’affetto.
Non gli permette la misura. La sofferenza è assoluta, stridente, e lo fa correre
a velocità forsennata tra le porte che sbattono.
Gli piacciono i cyborg. Il loro taciturno potere, con la sua cadenza.
Ciò lo fa ancora correre per la casa, solo nel buio, parlottando e ridendo.
Riesce a leggere di terreni, popolazioni e della Nuova Zelanda. Con argomenti
neutri è un analfabeta.
Arnold Schwarzenegger è un attore. Non è un vero cyborg, giusto babbo?
Vive su quaranta acri, con animali e alberi, era solito disegnarli
continuamente.
Conosce la carta dei terreni fertili sulla terra, e sa disegnarla a mano libera.
Sa mentire solo con un grido di panico Scusascusa,nonl’hofattoio! evitando
conflitti con gli altri e con se stesso.
Quando scappava lo faceva quasi sempre per andare dal fruttivendolo ad adorare
la frutta ammonticchiata.
Il suo paese preferito era l’Ucraina: è quasi del tutto un grande terreno fertile.
Ridacchiando, si arrampicava sul fosco psichiatra freudiano che ci diceva
che l’autismo è un prodotto di genitori ‘frigorifero’.
Alla richiesta di sorridere, si stampava in faccia un ampio sorriso.
Ciò gli proibì a lungo i documentari: erano film per adulti.
Se loro (cioè, lui) sono cattivi la polizia li porta all’ospedale.
Talvolta disegnava la fattoria tra risaie a terrazzo cinesi o balinesi.
Quando fuggiva creava tumulto al posto di polizia giocando a
velocità tripla rispetto agli adulti.
Solo i cartoni animati erano adatti. Chi ha incastrato Roger Rabbit poi
autorizzò anche il resto.
Prendeva le frasi a lui rivolte come degli insegnamenti, ripetendole.
Quando adorava la frutta, urlava come fosse avvelenata se gliela si dava
da mangiare.
Una prima conversazione a parola unica: aero – sì! aereo, giusto bimbo! – aero.
Non ha dimenticato nulla e si ricorda la precisa qualità delle
esperienze.
Ciò richiede delle regole: rubare è comportarsi molto male, come uccidere?
Conta a prima vista, senza fissare lo sguardo. E non si è mai perso.
Quando mangiava solo noci e frutta secca, usava parole solo in caso di emergenza.
Conosce tutte le varietà di volatili e le contee dell’Irlanda.
Aveva iniziato a parlare, poi tornò al balbettio, poi al silenzio. Ciò lo allontanò
dal linguaggio per anni.
Quando ti prendeva la mano, era per usarla come uno strumento multi-funzione.
È il terrore degli specchi, così rende lode a quelli che trova distruggendoli.
Ciò ancora non gli permette la frutta fresca o il succo d’arancia con i pezzetti dentro.
Nuotava di notte nel laghetto a metà inverno. Mancavano le regole sul freddo.
Era atterrito dai tuoni e alla fine quasi per dare una spiegazione gridava
Ciò-arrabbiato!
Ciò permette un ritratto in versi scanditi a 15 anni
Tostava il pane con un uovo rotto all’interno. Gli scambi di conoscenze sui terreni
si chiamano discorsi di terra.
Vive nell’oggettività. Fui certo che la paresi di Bell avrebbe lasciato il mio viso solo
quando lui disse che aveva iniziato a farlo.
Non dire parola! a otto anni vietò la parola ‘autistico’ in sua
presenza.
Domande scherzose sulle amichette gli causano un’aria terrorizzata e
e la chiusura delle orecchie.
Qualche volta mette la fattoria al centro di un Midwest americano tutto arato.
Contatto d’occhio, mamma! è la vera richiesta d’attenzione. Ma occhio al contatto dell’io.
È equo e gentile, solo di rado un po’ geloso. Fu un sollievo
quando arrivò il più piccolo.
Ondeggia, rotola, cammina per chilometri. Per molti anni non ha messo in moto
il braccio sinistro correndo.
Devo farmi furbo! guardando con terrore dentro gli anni. Devo farmi furbo!
(vedi sito http://www.angsaonlus.org/veneto/imparare_poesia.html)
Id: 1599 Data: 21/04/2012 09:39:06
*
Meditazione 3 Il sacco degli scampoli
Ci sono il rumore di fondo delle voci
delle donne che si parlano in dialetto,
i ritmici colpi del ferro sul tavolo
da stiro e io seduta per terra, nel cono
di luce della lampada, ai margini del buio
di quel pomeriggio invernale – ah quella
pigna di porcellana bianca del contrappeso
e il cigolio della carrucola quando si alza
o si abbassa la luce sopra i tavolo! –
io in quel cerchio di luce, sul parquet
del guardaroba, con intorno i ritagli
di stoffa. Ci gioco. Li esamino, distinguo
cotone, seta, lino, raion. Riconosco:
quell’abito di mia madre, quella camicia
di mio padre, il mio grembiule bianco,
le stoffe pesanti delle mantovane e
quelle dei velluti e dei rasi che ricoprono
sedie e divani. La consistenza dei tessuti
al tatto, i fili dei disegni damascati
sul dritto e sul rovescio, i colori,
le forme e le dimensioni degli avanzi e
quelli a sorpresa, mai visti o mai notati,
appena estratti dalla federa stipata.
Non è un ricordo. Lì ritorno per un attimo
al termine di un ritiro di meditazione
con la percezione inequivocabile
della mia mente-bambina circondata
da luci, rumori e odori di quel guardaroba
di sessant’anni fa. E comprendo: quei ritagli
di stoffa sono la metafora di tutte le possibilità
che la vita allora mi offriva. Ora mi si apre
il cuore e si espande in gratitudine e stupore.
P.S. Francesca mi dirà poi che quei sacchi
di scampoli vengono usati pedagogicamente
in certe scuole materne: servono a stimolare
la concentrazione nei bambini.
(Aprile 2001)
(vedi sito http://rebstein.wordpress.com/2010/03/19/meditazioni/)
Id: 1594 Data: 19/04/2012 23:01:35
*
Every beat of my heart
Non so vedere il Carro, da millenni,
vederlo come figura piena, intera,
come lo vide, ultimo, Platone sognando,
non sento il brivido del suo movimento nel cielo,
alto, lontano, irraggiungibie.
E non credo che mai le mie lacrime
possano svaporare in limpida rugiada,
né tramutarsi in perle i miei occhi,
né le mie labbra ritornare corallo.
Eppure qualcosa, sento, sta mutando
in me come nel tempo, indissolubili
l'uno dall'altro come la storia e il sangue.
Mi sono accorto all'improvvviso che ogni giorno
io muoio e rinasco mille volte
ad ogni battito delle sue ciglia, il buio
eterno di quell'istante e la luce
gloriosa, piena del risveglio.
Io sto viaggiano sul Carro, nei suoi occhi,
il cielo da tempo canta nel volto.
Ora come in un sogno bianco del mattino
sento che il teschio di Yorick nella fossa
nell'incubo di Elsinore e dei suoi spalti
giaceva in attesa di risorgere.
E che il deserto forse fu creato
per rendere infallibile il miraggio.
Questo è un tempo di rinascita, io sento
in ogni battito del mio cuore un mutamento
in qualche cosa di inusitato e strano
che un giorno vidi nel Carro, poi nei suoi occhi.
(tratta da "Almanacco dello specchio", Mondadori 2011)
Id: 1593 Data: 18/04/2012 21:55:39
*
Le coltri
Vi sono momenti che smaniano, o che non stanno fermi
che scendono
le scale, e risalgono, e girano per le stanze a trottola o
col capo in giù cadono, sanguinano e portano i segni
degli ematomi sul volto, sulle braccia, e altri morti
che sono venuti meno
nel loro letto, e intorno i parenti, gl'infermieri
o chi aveva unto la fronte con l'Olio, parevano tranquilli
sino a quel momento... e altri
con le labbra fuori, dentro fuori,
dentro
senza lo spegnimento della fiammella, senza un soffio
che è una prova antica di morte
come il fiato sullo specchio,
con altri medici e cure, vecchie erbe
macerate e peste, e triture di minerali, e anche perle -
E chi ha respirato tra i soffocamenti, annegamenti nel catarro
con aspiratori e gorgoglianti, e intorno è tutto l'orrore
per i figli, e per il marito e la sua bellezza
che turba ancora la memoria -
piccoli, selvaggi, dico i baci
giovani, - dico il terreno amore.
Oh, grandi acacie fiorite.
(tratta da "Almanacco dello specchio", Mondadori, 2011)
Id: 1591 Data: 17/04/2012 08:08:49
*
Strada
Un bagliore di automobili in fuga
i miei pensieri riordinava in bianco e nero.
Io che attraverso la strada
solo nei punti consentiti dalla legge,
sono stato invitato all’improvviso
fra le rose.
E come si chiarisce un bruno ramo
nel punto in cui si spezza, così io
nel mio amore
sono chiaro.
(http://www.gironi.it/poesia/amichai.php)
Id: 1590 Data: 16/04/2012 21:07:30
*
Piove
Piove, e se piovesse per sempre
sarebbe questa tua carezza lunga
che si ferma sul petto, le tempie;
eccoci, luccicante sorella,
nel cerchio del tempo buono, nell'ora
indovinata
stiamo noi, due sguardi versati in un corpo,
uno stare senza dimora
che ci fa intangibili, sottili come un sentiero
di matita
da me a te né dopo né dove, amore,
nello scorrere
quando mi dici guardami bene, guarda:
l'albero è capovolto, la radice è nell’aria.
(tratta da "Mandate a dire all'imperatore", vedi sito http://www.gironi.it/poesia/cappello.php)
Id: 1585 Data: 14/04/2012 07:37:26
*
La notte viene col canto
La notte viene col canto
prolungato dell’assiuolo,
semina le sue luci nella conca,
sale per le pendici umide, trema
un poco. La forza in lunghi anni
acquistata a soffrire viene meno
e la piccola scienza si disarma,
il sorriso virile
non ha più la sua calma.
Tu chi sei
che aspettavi invisibile, appostata
a una svolta dell’età
finché fosse la tua ora? Ti devo
questo tempo di gratitudine
e d’altrettanto dolore.
Ed ora inquietudine s’insinua,
penetra queste prime notti estive,
invade il muro ancora caldo, segue
il volo delle lucciole sulle aie,
s’inselva nelle viottole ove a un tratto
nell’abbaglio dei fari la lepre saetta.
Cara, come ho potuto non intendere?
La vita era sospesa
tutta come questa veglia.
C’è da piangere a pensare
come ho sciupato questa lunga attesa
con tante parole inadeguate,
con tanti atti inconsulti, irreparabili,
e ora ferito dico non importa
purché il supplizio abbia fine.
La salvezza sperata così non si conviene
né a te, né ad altri come te. La pace,
se verrà, ti verrà per altre vie
più lucide di questa, più sofferte;
quando soffrire non ti parrà vano
ché anche la pena esiste e deve vivere
e trasformarsi in bene tuo ed altrui.
La fede è in te, la fede è una persona.
Questa canzone non ha più parole.
(tratta da http://sites.google.com/site/cyberpoems/autori-preferiti-d-ogni-tempo-e-paese/mario-luzi/marioluzipiccolaantologia)
Id: 1584 Data: 13/04/2012 09:28:13
*
Cosa accade alla casa quando esco sbattendo la por
Cosa accade alla casa quando esco sbattendo la porta
Ci sono parole che ancora volteggiano nell’aria
prima che i loro vuoti involucri si adagino
in un residuo di polvere lungo le pareti.
Piccoli insetti diventano padroni del silenzio.
La poltrona trattiene il vuoto della forma, i quadri
mantengono un rigido riserbo.
Sul pavimento lucido un filo parla la lingua dell’esilio.
La finestra registra il profilo delle nuvole.
Il frigorifero senza preavviso si mette a borbottare.
Si assiste alla declinazione degli oggetti
durante la parabola del sole. Nella luce
si affaccia una pantofola, cerbiatta
timida prossima alla consunzione.
Il suono del postino irrompe nel vuoto della casa,
lo riempie di uno splendido interrogativo.
Il clamore del traffico accarezza le sedie in cucina.
Nei bagni le tubature se ne infischiano delle voci
dei vicini ed emettono brevi gorgoglii, guaiti
appena pronunciati, sospiri, soffi.
Forse risuonano dei passi, forse una vecchia paura
ancora aleggia nelle stanze.
Le tovaglie conservano i loro vividi colori.
Ci sono dita che si attorcigliano all’attesa.
(tratta dalla rivista Fili d'aquilone. n. 25 http://www.filidaquilone.it/num025deoliveira.html)
Id: 1582 Data: 13/04/2012 06:44:04
*
Ossigeno
A tutto serve: a osso, muscoli e persino,
finché chiama casa la terra, all'anima.
Così la pietosa, rumorosa macchina
sta nella nostra casa a lavorare nella
sua voce polmonare. La sento mentre mi inginocchio
davanti al fuoco, muovendolo con un
attizzatoio, scostando
i ciocchi. Tu, nella stanza di sopra,
sei nella tua posizione solita, appoggiata
alla spalla destra che ti fa male
tutto il giorno. Respiri
con pazienza, è un
bel suono. E' la
tua vita, così vicina
alla mia che non saprei
dove calare il coltello della
separazione. E questo cosa c'entra
con l'amore, a parte
tutto? Ora il fuoco si alza
e offre una dozzina di rose rosse
di fiamme che cantano. Poi riposa
quieto, o forse grato, mentre si ciba
come tutti, come essenziale, del dono invisibile:
la nostra più pura, più dolce necessità: l'aria.
(traduzione di Maria Luisa Vezzali, da Il segreto delle fragole, LietoColle 2011)
Id: 1580 Data: 11/04/2012 08:12:17
*
Incapaci di reggere il confronto
Incapaci di reggere il confronto
tra noi e il niente
dovremmo ammetterlo,
una volta per tutte, di non saperci fare.
Eppure si pretende di cucire con insistenza
l'al di qua e l'al di là.
Ma poi un poco di vapore basta
è una mattina innocua,
mentre ti fai la barba,
sì proprio così -
e, colando i tuoi tratti nello specchio,
svanendo la tua immagine,
ti sovviene che probabilmente c'è più vuoto che pieno
nella mente, nella pelle, nelle idee,
nei fogli dell'agenda.
(tratta da Almanacco dello specchio 2010-2011, Mondadori, pag. 202)
Id: 1579 Data: 10/04/2012 07:48:59
*
Nel fondo di un cassetto
Nel fondo di un cassetto,
polvere di grafite,
quello che resta di un temperalapis,
e poi istantanee, pellicole, un pezzetto di gesso,
un odore di matite e di spago:
roba da poco,
il futuro che c'era,
la sorpresa dell'attimo,
eccolo, è un sedimento opaco
sotto un colpo di spugna,
tutt'uno, i giorni i mesi gli anni i ramoscelli
secchi della lavanda,
sparsi in mezzo alla vita.
(tratta da Almanacco dello specchio 2010-2011, Mondadori, pag. 201)
Id: 1578 Data: 09/04/2012 10:00:15
*
Steli, foglie, muschio, petali, acqua
Steli, foglie, muschio, petali, acqua,
io credo che sia meglio arrendersi
a questo incantamento,
accettarlo così,
fidarci, se ci riesce, d'essere primitivi,
disarmando il sentimentalismo,
l'additivo da poco,
che umanizza anche questo gesù, qui
perfino un po' romantico,
coi muscoli d'abete,
spasimi e pelle fragranti di resina, come la croce sua.
E allora? E' meglio dubitare, forse,
che adorare,
restare sobri a valutare l'altezza
dove noi stiamo, soli.
(tratto da Almanacco dello specchio 2010-2011, Mondadori 2011, pag. 200)
Id: 1577 Data: 08/04/2012 08:14:19
*
La tenda nera
Quando scende la tenda nera
sulle parole che vorrei dire
e restano aggrovigliate sulla lingua,
non c'è solo mancanza di voce,
c'è rarefazione di ossigeno, c'è l'urlo
che restringe lo spazio vitale.
Quando il fenicottero tende il capo
alla luce tremolante del tramonto
si disegna una barriera impercettibile
davanti al cammino del viaggiatore,
e non si spiega il vento della malinconia
che improvviso spira sulla laguna.
Quando la sera si è conclusa l'azione
e si aspira alla quiete el sonno,
comincia spesso un tragitto accidioso
tra le brume nebbiose della mente
che s'incaglia tra i riverberi dell'eros.
E sulla soglia indefinibile dell'oscurità
diventano complici passione e dolore.
Non è ammesso ormai rinunciare
all'igiene verbale rigenerante.
Se non ci sono le lacrime del lutto
non si potrà ricominciare a parlare.
Poi, si troverà il modo giusto per farlo.
(tratta da Almanacco dello specchio 2010-11, Mondadori, 2011, pag. 188)
Id: 1576 Data: 07/04/2012 14:26:46
*
Verso settembre
E ora ho attraversato il mio giorno,
ho visto case, cuspidi, le scale
abbandonate...
... e questo accade nel tempo stabilito,
negli anni del guarire
o poco prima di stramazzare al suolo.
Ma se era questa nuova o un'altra antica luce
tutto era nato già da prima
alla tua ombra,
quando nell'acqua si era disciolta la ghiacciaia
e tu eri lì, radente il prato
a rivelarmi la tua eterna estate.
(tratta da Almanacco dello specchio 2010-2011, Mondadori, 2011)
Id: 1573 Data: 06/04/2012 09:11:29
*
Fine della visita
Ti cammino accanto,
posso congedarmi da te quando vuoi.
Più di tutto temo di non voler più vedere
ciò che vidi insieme a te durante la tua breve visita.
Devo ritornare per un'altra strada che non conosco;
sarebbe una sorpresa se mi trovassi a casa prima che faccia buio.
Più di tutto temo di non sopportare più un giorno
l'ascolto della musica che conosco.
Non devi aspettare, te ne vai e puoi dire
quando il congedo è durato abbastanza.
(tratta da "Almanacco dello specchio", 2010-2011, pag. 160, traduzione a cura di Pierluigi Lanfranchi)
Id: 1571 Data: 05/04/2012 08:11:41
*
La poesia di Ines Cergol
C'è acqua
quando è vuota la sorgente?
Favole di fondali,
voci di oscurità
generano inquietudine
e nascosta nel tempo
risvegliano la fonte
che cade, cade
attraverso la pace
nel buio delle profondità
e sogna, sogna
la propria origine
fino ai dolori della nascita.
*
solo a causa dell'acqua pesante
penso silenziose galee
è l'acqua ad attirarmi
nel fluire degli scrosci
delle onde in fuga
che non sommergono
mai
i loro bordi
*
dovrei dubitare della gravità terrestre
essere ancora incerta della gravità della terra
che mi porta addosso
che mi prende in sé
puntini scintillanti
nella spirale del vento
di grida
biforcute come serpenti
generano il cielo
attraverso l'occhio cieco di dio
attraverso le tenebre del tempo
che si spegne
che si spegne
*
quando te ne stai andando
dall'altra parte
ti aspetta sempre qualcuno
pur sapendo
che sei completamente solo
e totalmente tuo
e sconosciuto
e te ne vai
quando da questa parte è ancora giorno
*
Essere identico
essere un altro
in te
estraneo a te e a sé
nella realtà di nessuno
con una metà
fissare assorto il deserto
correre verso il nulla
sul cordone ombelicale
oscillare nella morte
essere lo stesso
intero a metà
chiuso-aperto
*
Porta sbarrata
questa porta
che ogni giorno
si apre e si chiude
piena di correnti d'aria
piena di polvere
dalla strada dirupata
sopra la terra battuta
questa porta
dai cardini che cigolano
appesa alla maniglia
come volesse uscire
anche lei
questa porta
spalancata nel vuoto
sbarrata nel vuoto
davanti a chissà chi
*
Angelico fremito
l'ultima spira
dell'incenso odoroso
promette la salvezza
posa in modo così seducente le labbra
sulle gelide pietre
da provocare dolore
dolore nel corpo
dolore negli angoli degli occhi
il bianco pulviscolo nevica oltre l'orizzonte
pizzica le mani vuote
cent'anni di solitudine
traversano veloci il mare
le rondini perdono il volo
le passiflore chiudono in sè le loro corolle
coprimi
coprimi davanti a questo bianco freddo
forse dio avrà pietà
avvertendo
l'angelico fremito
*
Fulgura
non scolpire
lettere alfabetiche
sull'orlo dell'inesprimibile
sull'orlo dell'inavvertibile
che orlino l'oscurità
nell'albero genealogico delle rocce
che il triduum pascal
sia
il preludio
nell'imprevedibile
tra le spine
sull'abisso marino
nei sepolcri dei corpi
che la danza sia
stupore
di una lettera
segmentata
*
Angor
silenzio d'aquila
allungata come un uragano
oltre la cresta montana
silenzio d'Aquilonia*
limpidezza di un contatto fascinoso
intimità – serenità
morbidezze – sostanze
turgidezza della pupilla
oltre il nucleo marino
la fragranza della salvia
ammorbidisce dolcemente
il margine roccioso
della paura e dell'audacia
nuotare nuotare
nelle profondità
che assorbono
il riflesso del cielo
sotto le ali dell'aquila
avvinti
dalla sacralità
* Orlec - località sull'isola Cres che significa aquilotto,
sotto l'Italia veniva chiamata Aquilonia.
*
Nascor
quale lingua
infiamma
la veste alla rosa
risveglia l'assonnata
conoscenza delle labbra
slega lo sguardo
nella spontaneità delle erbe
nel germogliare del fuoco
quale lingua
nuova
profetizza
la diversità
scopre
la casa perduta
contorce il corpo
nella precocità
nell'armonia
delle metamorfosi
*
Desideratio
risvegliare
l'aurora
senza interrogativi
senza sguardo retroattivo
senza civetteria
senza sogni
portarla
nel giorno
vegliare con lei
fino a notte
incatenarla
come l'aura-alone
intorno all'asse
dello strale di occhi misteriosi
a una sillaba della visione
che palesa
la nudità smarrita
*
Fascinatio
amo
questo smembramento
queste reminiscenze
che in alcun modo riescono
a congiungersi in un'unità
questa spaccatura
negli abissi incolmabili
luce-tenebre
che si riversano amalgamente
attraverso i labirinti del quipresente
indescrivibili
solo auspicabili
attraverso cui
irreale
penetro
divento una nebulosa
una volpe
un segugio
ogni tanto palpo
il remo apparente
affinché rinasca il senso di solidità
e l'acqua non si trasformi in ghiaccio
amo
questa spaccatura dell'acqua
attraverso il remo
che si gonfia dall'umidità
rianima il suo legno
questa carenza d'acqua
che scorrendo via trapela
nei colpi di remo
nei colpi delle braccia
che il ritmo desta
in ondeggiamento
lasciando
attraverso sé
il cammino
nei sogni
nel linguaggio
acquisito con ritardo
in circoli interiori
ignari di se stessi
e della perseveranza
di un'incessante fusione
**
ho ancora
la lingua
di terra d'acqua di erbe
dai continui mutamenti
che tace nel silenzio
che genera nel buio
segni invisibili
sigilli di bava
e di inalterabile
corno
di giorni antidiluviani
del vuoto del principio
della pienezza della fine
***
dono l'imene
- Dio santo!
che una buona volta
questo mondo
mi piombi
addosso
affinché io possa
morire
per me
che questa rosa
irrori di sangue
la sorda argilla
della nascita
e io resti esclusa
dalla triplicità che
di continuo mi insidia
e non mi permette
di alzare la mano
sul fratello
che cattura il mio cuore
in una trappola
e ogni mattina
ricompone un collage
nella vetrata della
verginità ermetica
*
Trafigurazione
cerco di decifrare tra i versi
un torrente di parole risplendenti
che il fulmine sta scolpendo
tra gli strati del paradiso e l'inferno
attraverso uno spiraglio
brilla un raggio
cerco di decifrarmi sul bianco lenzuolo pulito
evocato da scritte di palinsesti
in cui cerco il mio posto
la mia fuga
nella trasfigurazione di tutte le immagini
impresse in un cupo canto
l'eco
che predomini il sangue
che doni la resurrezione
del primo pensiero dell'immagine e dell'unica parola
nata per l'eternità
attraverso uno spiraglio
brilla un raggio
senza tracce di contatti di sguardi di spostamenti
non resta che la luminosità della crescita
rinchiusa tra mani intrecciate
in preghiera ammantate
(I testi sono stati scelti dalle raccolte Globoko zgoraj (Profondamente in alto), 1991; Vmes (In mezzo), 1998 e Svetlobnica (Lucernario), 2005)
(Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič, vedi sito http://www.filidaquilone.it/num023milic.html)
Id: 1564 Data: 01/04/2012 09:27:51
*
Tanto difficile da immaginare
Tanto difficile da immaginare,
davvero, il paradiso? Ma se basta
chiudere gli occhi per vederlo, sta
lì dietro, dietro le palpebre, pare
che aspetti noi, noi e nessun altro, festa
mattutina, gloria crepuscolare
sulla città invulnerata, sul mare
di prima della diaspora - e si desta
allora, non la senti? una lontana
voce, lontana e più vicina come
se non l’orecchio ne vibrasse ma
un altro labirinto, una membrana
segreta, tesa nel buio a metà
fra il niente e il cuore, fra il silenzio e il nome…
(vedi http://poesia.blog.rainews24.it/2010/05/29/parola-di-poeta-giovanni-raboni/)
Id: 1562 Data: 31/03/2012 08:05:19
*
Non è necessario
Non è necessario che tu mi ascolti, non è importante che tu senta le mie parole,
no, non è importante, ma io ti scrivo lo stesso (eppure sapessi com’è strano, per me, scriverti di nuovo,
com’è bizzarro rivivere un addio…)
Ciao, sono io che entro nel tuo silenzio.
Che vuoi che sia se non potrai vedere come qui ritorna primavera
mentre un uccello scuro ricomincia a frequentare questi rami,
proprio quando il vento riappare tra i lampioni, sotto i quali passavi in solitudine.
Torna anche il giorno e con lui il silenzio del tuo amore.
Io sono qui, ancora a passare le ore in quel luogo chiaro che ti vide amare e soffrire…
Difendo in me il ricordo del tuo volto, così inquietamente vinto;
so bene quanto questo ti sia indifferente, e non per cattiveria, bensì solo per la tenerezza
della tua solitudine, per la tua coriacea fermezza,
per il tuo imbarazzo, per quella tua silenziosa gioventù che non perdona.
Tutto quello che valichi e rimuovi
tutto quello che lambisci e poi nascondi,
tutto quello che è stato e ancora è, tutto quello che cancellerai in un colpo
di sera, di mattina, d’inverno, d’estate o a primavera
o sugli spenti prati autunnali - tutto resterà sempre con me.
Io accolgo il tuo regalo, il tuo mai spedito, leggero regalo,
un semplice peccato rimosso che permette però alla mia vita di aprirsi in centinaia di varchi
sull’amicizia che hai voluto concedermi
e che ti restituisco affinché tu non abbia a perderti.
Arrivederci, o magari addio.
Lìbrati, impossèssati del cielo con le ali del silenzio
oppure conquista, con il vascello dell’oblio, il vasto mare della dimenticanza.
(dal web)
Id: 1561 Data: 30/03/2012 08:55:41
*
Quattro passi/Futuribili
Quattro passi
Forse perché c’è qualche
parentela tra cicuta e mandorlo
(e lo conferma in ambedue l’amaro)
mi scheggia l’osso la pallottola
diretta ad altri. Forse
perché c’è qualche oscura
connivenza tra la neve e il fuoco,
nel refolo che passa
sento frusciare i piedi dei vampiri
lungo gli asfalti della città lontana.
***
Futuribili
Non ci sono serrature alle porte
dopo le bombe.
Si può entrare e uscire a piacimento
c’è un viavai di guerrieri.
Gettano biglie d’acciaio
contro i vetri superstiti,
saccheggiano,
fanno all’amore sul pavimento
delle cucine vuote.
Io vorrei ritrovare la regina Ginevra
ma sono troppo stanco.
Sulla strada per Gorre è stata violentata
da un birmano e da un greco.
(tratto da "Futuribili", vedi sito http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/04/10/fernando-bandini/)
Id: 1554 Data: 27/03/2012 07:38:04
*
Tempo verrà/Il pugno
Tempo verrà
Tempo verrà
in cui, con esultanza
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,
e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.
***
Il pugno
Il pugno stretto intorno al mio cuore
si allenta un poco, e io respiro ansioso
luce; ma già preme di nuovo.
Quando mai non ho amato
la pena d'amore? Ma questa si è spinta
oltre l'amore fino alla mania. Questa
ha la forte stretta del demente, questa
si aggrappa alla cornice della non-ragione, prima
di sprofondare urlando nell'abisso.
Tieni duro allora, cuore; così almeno vivi.
(tratte da "Mappa del nuovo mondo", vedi sito http://www.pensieriparole.it/poesie/autori/d/derek-walcott/pag1)
Id: 1552 Data: 26/03/2012 17:53:40
*
Canzone
Quando tornammo a casa per la collina
Nessuna foglia era caduta dagli alberi;
Le dita gentili della brezza non avevano
Strappato nessuna ragnatela tremolante.
La siepe era ancora coperta di fiori,
Nessun petalo avvizzito copriva la terra;
Ma le rose selvatiche della tua ghirlanda
Erano sbiadite, e le foglie abbrunate.
(vedi http://www.aphorism.it/thomas_stearns_eliot/poesie/canzone1/)
Id: 1550 Data: 24/03/2012 09:25:43
*
La luce caduta della notte
La luz caída de la noche
vierte esfinge
tu llanto en mi delirio
crece con flores en mi espera
porque la salvación celebra
el manar de la nada
vierte esfinge
la paz de tus cabellos de piedra
en mi sangre rabiosa
yo no entiendo la música
del último abismo
yo no sé del sermón
del brazo de hiedra
pero quiero ser del pájaro enamorado
que arrastra a las muchachas
ebrias de mistero
quiero al pájaro sabio en amor
el único libre
La luce caduta della notte
spargi sfinge
il tuo pianto sul mio delirio
cresci cosparsa di fiori nella mia attesa
perché la salvezza celebra
l’abbondanza del nulla
spargi sfinge
la pace dei tuoi capelli di pietra
sul mio sangue rabbioso
io non capisco la musica
dell’ultimo abisso
io non so del sermone
del braccio di edera
ma voglio appartenere all’uccello innamorato
che trascina le ragazze
ebbre di mistero
amo l’uccello sapiente in amore
l’unico libero
(traduzione di Florinda Fusco, tratte da Trame di letteratura comparata, diretta da Franco Buffoni, anno IV, 2004, numero 8/9, pag. 113-139, vedi sito http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/05/21/poesie-di-alejandra-pizarnik/)
Id: 1549 Data: 24/03/2012 07:39:14
*
Poesia contro l’amore
A volte non vorresti amare la persona che ami
e distogli la faccia da quella faccia
i cui occhi labbra potrebbero placare ogni rancore
cancellare l’insulto rubarti la tristezza di non voler
amare voltati allora voltati a colazione
di sera non alzare gli occhi dal giornale
per vedere quella faccia in tutta la sua serietà una
concentrata dolcezza lui tiene il suo libro
tra le mani le dita nodose intagliate
dall’inverno voltati è tutto quello che puoi
fare alla tua età per salvarti dall’amore
(dal web)
Id: 1548 Data: 23/03/2012 08:31:25
*
Poesie di Tonino Guerra
I sacriféizi
Se mè ò studié l'è stè par la mi ma, ch'la fa una cròusa invéci de su nóm.
S'a cnòss tótt al zità ch'u i è in chèva e' mònd, l'è stè par la mi ma, ch'la n'à viazè.
E ir a l'ò purtèda t'un cafè a fè du pas, ch'la n' vàid bèla piò lómm. - Mitéiv disdài. Csa vléiv! Vléiv un bignè? | I sacrifici
Se ho potuto studiare lo devo a mia madre che firma con una croce.
Se conosco tutte le città che stanno in capo al mondo è stato per mia madre, che non ha mai viaggiato.
leri l'ho portata in un caffè a far due passi perché quasi non ci vede più niente - Sedetevi, qua. Cosa volete? Un bignè? |
I scarabócc
Quést l'è al murài e quést l'è i scarabócc ch'a féva da burdèl se calzinàz, da mén da ch'ò tachè andè dri me braz par fè una réiga lònga e quèlch invrócc.
Quést l'è al murài e quést l'è i scarabócc. | Gli scarabocchi
Questo è il muro questi gli scarabocchi che facevo col gesso da bambino quando ho imparato a seguire il braccio per fare una riga lunga e qualche svolazzo.
Questo qua è il muro questi gli scarabocchi. |
I bu
Andè a di acsè mi bu ch' i vaga véa, che quèl chi à fat i à fat, che adèss u s'èra préima se tratòur.
E' pianz e' cór ma tótt, ènca mu mè, avdài ch'i à lavurè dal mièri d'an e adès i à d'andè véa a tèsta basa dri ma la córda lònga de mazèl. | I buoi
Andate a dire ai buoi che vadano via che il loro lavoro non ci serve più che oggi si fa prima ad arare col trattore. E poi commoviamoci pure a pensare alla fatica che hanno fatto per migliaia d'anni mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa dietro la corda lunga del macello. |
(Pagine tratte da: Tonino Guerra, I bu, Maggioli editore, Rimini, 1993 (Prima edizione: Rizzoli, 1972). |
Id: 1544 Data: 21/03/2012 22:27:31
*
L’aria è piena di grida
Pensi davvero che basti non avere colpe per non essere puniti,
ma tu hai colpe.
L’aria è piena di grida. Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
Dai mattoni salgono respiri, brandelli di parole.
Ferri di cavalli morti circondano immagini di battaglie
Le trattengono prima che vadano in un futuro senza cornici.
Cosa ci rende tanto crudeli gli uni con gli altri?
Cosa rende alcuni più crudeli di altri?
Le crudeltà subite e poi inghiottite fino a formare una guaina
con aculei sul corpo ferito?
O semplicemente siamo predestinati al male,
e la vita è solo fatta di tregue dove sostiamo
per non odiare e non colpire?
(http://rebstein.wordpress.com/2007/08/27/se-ho-scritto-e-per-pensiero-poesie-di-antonella-anedda/)
Id: 1541 Data: 21/03/2012 17:14:28
*
Calore
Il calore crepa la
notte.
La notte cade incenerita
sul fiume.
Che grido,
che grido
fresco sull’acqua
è il grido che dà la notte
bruciata!
Rosso calore per
negri.
Tamburo!
Calore per torsi lucenti.
Tamburo!
Calore con lingue
di fuoco
sopra le nude schiene…
Tamburo!
L’acqua delle stelle
inzuppa
tutti gli alberi di cocco
ridesti.
Tamburo!
Alta luce delle
stelle.
Tamburo!
Il faro polare oscilla…
Tamburo!
Fuoco a bordo!
Fuoco a bordo!
Tamburo!
Davvero? Fuggite! Non è vero!
Tamburo!
Coste
sorde, cieli sordi…
Tamburo!
Le isole navigano,
navigano,
navigano,
e sono tutte in fiamme.
(http://guide.supereva.it/letteratura_sudamericana/interventi/2004/10/179969.shtml)
Id: 1540 Data: 20/03/2012 16:43:22
*
Melville
Non ho bisogno di un arpione
per afferrare la balena:
è qui,
straripa dal mio petto,
diversa delle balene comuni
è un sole oblungo
che inserisco nel mio libro.
(tratta dalla raccolta “Ipotesi”, Zone Editrice, 2004)
Id: 1538 Data: 19/03/2012 22:02:05
*
Potrebbe essere anche
Un bar. Di notte, è evidente.
Potrebbe essere anche un cabaret, o un teatro.
Musica di pianoforte. O un bandoneón. Chissà una chitarra.
Forse, pure, una canzone. Dipende:
un tango, un bolero, una nostalgia greca,
qualcosa di impalpabile, come un blues, irraggiungibile
come le cosce di questa ragazza di Venezia
che ti guarda dal fondo del tuo bicchiere.
Ricordare, quando uno è o sta solo, fa più male
che immaginare: questo è quello che vogliamo dimostrare.
Il microfono amplifica la vera voce, l’assenza:
si tratta del viaggio a una donna come a una città
alla quale non si giunge da invisibile, da lontano.
E se uno giungesse e stesse lì, in lei,
si tratterebbe, con questa musica, di una separazione
che sarà per sempre, come sempre.
A chi dare la colpa? Sono destino il paese
che non avesti, la donna in cui non entrasti?
Una compagnia – qualsiasi–, più o meno coniugale,
o da poco incontrata, dico più o meno duratura,
mai l’amata non cercata, mai la presentita,
distruggerebbe questa sensazione agrodolce o dolceamara
di ciò che non è, ciò che non fu, senza che importi
la voce o il volto che le appartengono,
né l’età che le sue gambe sostengono:
ciò che non può essere perché se fosse non sarebbe.
E in fondo, farebbe male che non facesse male.
Persino che non facesse male più di quanto fa male.
(Cura e traduzioni di Raffaella Marzano, Introduzione di Angela Vallvey, Collana “Altre Americhe”, 2002)
Id: 1536 Data: 18/03/2012 07:27:43
*
Tutto si perde
Tutto si perde in un vischioso, amorfo
disperato brulichio di amebe,
in un nauseante pantano di miele.
Tutto s’ingolfa in un giallo, in un putrido
magma di cisposa fanghiglia,
naufraga nella morchia d’una gora,
tra un funesto corale di gufi.
Tutto il tuo fervore, la tua fretta
d’incollare i frantumi della vita,
tutto l’entusiasmo con cui edifichi
in ore felici viadotti di immagini,
teatrini di parole imbellettate,
tutto è corroso dall’indifferenza,
dalla pigrizia, dal cruccio di chi ti circonda.
Tutto s’accartoccia e si deforma
nello specchio ricurvo dell’accidia,
tutto raggela in un abulico stupore,
come una vecchia città spaventata.
E intanto da ogni piega dello spazio
ammicca, guercio e beffardo, il Burlesco,
intanto squilla sempre più vicina
la lunghissima tromba del Giudizio.
(tratta da http://vertigine.wordpress.com/2007/04/07/una-poesia-di-angelo-maria-ripellino/)
Id: 1533 Data: 15/03/2012 21:35:14
*
Pensa piuttosto
La sabbia invisa al gabbiano furente
da troppi altri gabbiani assediato -
la sua preda difende - un pesce già morto -
e sale e scende in striduli suoni veemente
un po' assente assetato di fame
quella liquida di sola luce -
lottare per uno squarciato pesce
che squallore - pensa piuttosto
al vento assente allo stridulo canto
che non sia difesa di luogo o cibo.
Inviso il gabbiano che insegue
il peschereccio e le sue reti abbondanti di pesce
e non il mare la scogliera e il Ponente.
(tratta da "Cielo indiviso", Manni editore, 2008, pag. 27)
Id: 1530 Data: 14/03/2012 16:37:21
*
Parola di corteccia
Spaventevoli selve,
e i vènti che le curvano, che le sradicano,
e che erodono rocce. Ma nulla infrange l'ordine -
perché nell'aritmetica del caso
è calcolata anche la fantasia, che è intemperante.
Come l'acqua
che straripa ma da lei siamo noi
eccetera. Ogni corpo poi sparisce,
non il germe. Che è un aspetto di lunga durata
nei tiepidi animali e in quelli freddi,
per il momento. E antichi aspetti
sono le fantasmagorie delle giovani aurore
e le luci e la psiche e quelle chimiche
che ci fanno sentire i colori.
Posto che l'opera rimandi al costruttore.
Ma il caso non è per caso.
Allora quando studiamo il floema,
o il circolo anatomico dell'homo, che Boezio
e Vesalio investigarono nell'unica sapienza,
sveliamo i modi della costruzione e siamo
una parola partecipe. Che testimonia.
Nati per questo. Tutto poi sparirà, persino la morte,
questa morte, e altro sarà il nuovo,
col male e col bene, che forse è un contrasto apparente.
(tratta da "Almanacco 2010-2011", Mondadori 2011, pag. 39)
Id: 1528 Data: 13/03/2012 08:09:37
*
Sempre è commovente il tramonto - Afterglow -
Sempre è commovente il tramonto
per indigente o sgargiante che sia,
ma più commovente ancora
è quel brillìo disperato e finale
che arrugginisce la pianura
quando il sole ultimo si è sprofondato.
Ci duole sostenere quella luce tesa e diversa,
quella allucinazione che impone allo spazio
l'unanime paura dell'ombra
e che cessa di colpo
quando notiamo la sua falsità,
come cessano i sogni
quando sappiamo di sognare.
(tratta da http://www.poesieracconti.it/poesie/a/jorge-luis-borges/afterglow)
Id: 1523 Data: 11/03/2012 18:49:49
*
Bolle sul fondo
Riflessi azzurri e odore
di cielo in superficie, forme
tagliate nel cartone, colorate,
che cambiano ogni giorno:
l'acqua è uno specchio vecchio
scuro come il piombo, testimone
con gli occhi sempre aperti. Sotto
fermentano ricordi, scorie
e briciole di pane in minuti
acini sul fondo, chiari,
aggrappati al buio, bolle
che vogliono tornare a galla.
La morte mi ha guardato dolce -
gli occhi luccicanti - ha detto
"non so come ti chiami, oggi
non me lo ricordo. Passa
un altro giorno quando hai tempo,
tienimi la mano intanto
e esprimi un desiderio". Sento
le dita sottili, il raso
leggero sulle vene, azzurre,
secoli di incontri, il varco
sul limite del bosco sacro
e dietro il buio, carezze
per chi è rimasto. Sorridendo
"troppi pensieri" ha detto "troppi
per un desiderio... aspetta,
ancora una carezza, a presto".
(tratta da "Almanacco dello specchio 2010-2011", Mondadori 2011)
Id: 1521 Data: 10/03/2012 16:15:16
*
Ripensavo la gioia
Ripensavo la gioia, il tuo alimento,
ti guardavo i capelli, il viso chiuso
e intento sul giornale dove ho finto
anch’io di leggere, rimanendo escluso
a te seduto accanto sul tuo filobus.
Ho le prove – potrei gridarlo ai giudici –
che non mi hai visto porterò le prove
fino che campo, che la capacità del mio pensiero
nemmeno con la forza dello sguardo
di un estraneo passeggero sopra il filobus
sa arrivare a sfiorarti.
(dal web)
Id: 1519 Data: 09/03/2012 08:51:49
*
E’ difficile amare in primavere
È difficile amare in primavere
come questa che a Brera i contatori
Geiger denunciano carica di pioggia
radioattiva perché le hacca esplodono
nel Nevada in Siberia sul Pacifico
e angoscia collettiva sulla terra
non esplode in giustizia.
Potrò amarti
dell’amore virile che mi tocca, e riempirti
se minaccia l’uomo
sé nel suo genere?
O trasferisco in pubblico stridore
che è solo nostro, anzi tuo e mio?
(Da Inventario privato, Veronelli, Milano 1995)
Id: 1518 Data: 08/03/2012 21:49:11
*
Il sole alle case
Il sole alle case, come ai monti,
vagamente indora.
Sulla città senza orizzonti
una tristezza bionda.
Scende con l'ombra della sera
e un poco duole
perché quanto è sera
tutto già fu.
In quest'ora più che in altra piango
quel che ho perduto.
In cenere e ora lo rimembro
e mai l'ho veduto.
(tratto d "Poesie scelte", a cura di Luigi Panarese, Passigli Poesia, 2006)
Id: 1517 Data: 08/03/2012 20:54:55
*
Vanità
D'improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell'immensità
E l'uomo
curvato
sull'acqua
sopresa
dal sole
si rinviene
un'ombra
Cullata e
piano
franta
Vallone il 19 agosto 1917
(tratta da "Vita d'un uomo", Tutte le poesie, a cura di Leone Piccioni, Mondadori, 1969)
Id: 1516 Data: 08/03/2012 07:03:06
*
La tua luce/ Poesia
La tua luce
Scompare a poco a poco, amore, il sole
Ora che sopraggiunge la lunga sera.
Con uguale lentezza dello strazio
Farsi lontana vidi la tua luce
Per un non breve nostro separarci.
***
Poesia
I giorni e le notti
suonano
in questi miei nervi
di arpa
vivo di questa gioia
malata di universo
e soffro
di non saperla
accendere
nelle mie
parole.
(tratte da "Tutte le poesie", a cura di Leone Piccioni, Mondadori, 1969)
Id: 1514 Data: 07/03/2012 18:08:12
*
Unicità
Io credo questo:
che non si può cambiare nome,
cambiar volto
alle creature già nate
nel cuore.
E perciò il nostro bimbo
unico
sarà quello
che noi sognammo
nel mattino di giungo
- ti rammenti? -
Quando calpestavamo
le spighe bionde
per cogliere i papaveri
fiammanti
e tutto il cielo era un rombo
d'ali umane
che cercavano il sole.
Io credo questo:
che saprei squarciarmi
con le mie mani
il grembo
prima di dar la vita
ad un figlio non tuo.
(tratta da "Grardami: sono nuda", Barbès editore, 2011)
Id: 1511 Data: 05/03/2012 15:38:23
*
Sfiducia/Confidare
Sfiducia
Sfiducia di queste mie mani
troppo pesanti
per non aprire piaghe,
troppo leggere
per lasciare un'impronta -
tristezza di questa mia bocca
che dice le stesse
parole tue
- altre cose intendendo -
e questo è il modo
della più disperata lontananza.
***
Confidare
Ho tanta fede in te. Mi sembra
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
Tu sai i segreti,
come il sole.
Potresti far fiorire
i gerani e la zagara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
Ho tanta fede in te. Son quieta
come l'arabo avvolto
nel barracano bianco,
che ascolta Dio maturargli
l'orzo intorno alla casa.
(tratte da "Guardami: sono nuda", Barbès editore, 2011)
Id: 1508 Data: 04/03/2012 18:24:42
*
La rosa
La rosa se l'azzurro la colora
di sé rossa nel verde alza la rosa,
rosa di macchia fulgida la rosa
rossa d'azzurro, viola d'acqua nera.
(tratta da "Poesie", 1929-1969, Mondadori, 1972)
Id: 1506 Data: 04/03/2012 09:26:16
*
All’ipotetico lettore/Lascia sia il vento
All'ipotetico lettore
Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa' che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio
non è minore che nell'incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.
***
Lascia sia il vento
Lascia sia il vento a completar le parole
che la tua voce non sa articolare.
Non ci occorrono più le parole.
Siamo entrambi il medesimo silenzio.
Come due specchi, svuotati d'ogni immagine,
che l'uno all'altro rendono
un semplice raggio. E ci basta.
(dal sito http://ilpiccolopoesia.blogspot.com/2012/01/lascia-sia-il-vento-allipotetico.html)
Id: 1501 Data: 03/03/2012 09:28:53
*
I morti male, coloro che cadono
I morti male, coloro che cadono
quando non ci sono più lacrime
se non i lucciconi del piccolo,
dopo Hiroshima, dopo i Mathausen...
Ah vorrei almeno intravederlo
il dio accecante che avanza
da crimine a crimine, e penetra
l'umano di una chiarità d'empireo.
Lui che prende luce dalle sue vittime
e cresce, canto fermo da cicale
a cicale d'estate, nella maturità dei tempi,
nella pienezza della storia, dicono,
o l'altro, non importa, fermo nell'unità del mondo,
che parla a chi ne è degno, certo, più di me,
minatore votato a morte nella miniera,
poeta che non sta al gioco dell'arte.
Mi conosci questi pensieri
non di meno mi parli di felicità, e io ascolto.
(tratta da "Tutte le poesie", Nell'opera del mondo, Garzanti, 1979)
Id: 1498 Data: 01/03/2012 21:58:15
*
Ridotto a me stesso?
Ridotto a me stesso?
Morto l'interlocutore?
O morto io,
l'altro su di me
padrone del campo, l'altro,
universo, parificatore...
o no,
niente di questo:
il silenzio raggiante
dell'amore pieno,
della piena incarnazione
anticipato da un lampo? -
penso
se è pensare questo
e non opera di sonno
nella pausa solare
del tumulto di adesso...
(tratta da "Tutte le poesie", Nell'opera del mondo, Garzanti, 1979)
Id: 1496 Data: 01/03/2012 07:55:18
*
I desideri, i miraggi
I desideri, i miraggi, la loro fissità stellare
negli anni: e, dopo, il trapasso
a nuove bramosie, a nuove imprevedibili rispondenze.
E, sì, la durata dei ricordi,
la subdola estinzione di essi
mentre operano implacabili i sensi
al rammagliarsi della rete, benché tutta diversa, d'incanti.
Il fitto, l'innumerabile
di un'anima, di un'esistenza
passato in forma durevole,
versato in una gemma, o forse
obliterato da quella, perso
comunque, perso irrevocabilmente
all'amore non meno che all'indifferenza - penso
in quel nulla pensare in pieno sole al cospetto della sua opera
brucando con gli altri obbediente la pastura dell'"armonia compiuta"
e il tutto e il niente che emana tra i baleni del mattino.
(tratta da "Tutte le poesie", Nell'opera del mondo, Garzanti, 1979)
Id: 1494 Data: 29/02/2012 17:40:10
*
Mattino/benedizione
Mattino
L'aria fresca che sento sulle braccia e il viso
è il frantume del buio e della notte.
Io ero bambino che fuggiva la quiete
la lepre che salta nella terra arata.
Al parlare preferivo il guardare.
Tenevo le parole in gola
costruivo il mio singhiozzo lontano dagli occhi.
E' mia madre la giovane ragazza e il sorriso
che escono dal cuore di un campo di granoturco
dentro la fotografia in bianco e nero che ora tengo tra le dita.
Nel viso la sua innocenza mi sembra invincibile.
Vorrei essere lì con lei, tenerla per mano
portarla lontano, dirle che io sto bene
e prima di salutarla e andarmene
riuscire ad abbracciarla, stringere forte
poterle promettere e giurare
che non sarebbe mai arrivato il giorno
che non avrebbe mai dovuto dire a me e a mio fratello
"scusatemi, non sono stata capace di darvi la felicità
che i miei genitori mi hanno regalato"
***
Benedizione
Oggi ho messo le scarpe marroni
quelle allacciate e nuove
quelle che finalmente ho trovato in un negozio a Udine
le ho calzate tutta la mattina
mi hanno fatto venire una vescica sul tallone destro.
Quando sono arrivato a casa
ti chiedo dove abbiamo messo i cerotti
non li abbiamo mai comprati mi rispondi.
Guarda come è semplice
essere impreparati al dolore.
(tratte da "Almanacco dell specchio 2010-2011", Mondadori, 2011)
Id: 1493 Data: 28/02/2012 15:52:20
*
In quell’inverno/Sogno d’estate
In quell'inverno
Dicevi: basterebbe restasse tra noi
il modo di chiamarci, il modo di tacere.
Dicevi: tornerà quest'ansia di stare insieme
in ascolto di noi come del vento,
passerà il bicchiere di mano in mano...
Ora la vita non ha più contento,
nel dividerci ognuno alla sua vita
che lo porta lontano.
Non è rimasto nulla, la memoria
a volte accende il fuoco, chiama le ombre
a sedere, a tacere in quell'inverno
***
Sogno d'estate
Trapeli un po' di verde
il limone, il sifone,
il piccolo portone
della pensione,
trapeli il blu,
anche tu
vestita col tuo nudo rosa,
ogni cosa amorosa.
Amore è amore
liscio alla sua foce.
Un'alpe zuccherina,
l'amore è brina.
Che sogno averti vicina
notturna, fresca, sottovoce.
(tratta da "Poesie" 1929-1969, introduzione di Luigi Baldacci, Mondadori, 1972)
Id: 1490 Data: 27/02/2012 15:06:15
*
da Variazioni belliche
Nell'antica Cina vi erano fiori d'andalusa. Tu non fischi
per me. Il ramo storto della tua vigliaccheria non era che
la bellezza! nel mare liscio e pettinato in un nodoso cranio.
La scultura del tuo amore era un ritornello, sapiente virgola
del maestro che sa sparire dalla tavola sparecchiata.
Il Giappone crudele e distante è la tua patria. Il Giappone nodoso ed inestricabile è il viaggio che mi procurerò con la tua assenza. Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo è vero se è vero che tu cammini ancora, tutto il mondo è vedovo se tu non muori! Tutto il mondo è mio se è vero che tu non sei vivo ma solo una lanterna per i miei occhi obliqui. Cieca rimasi dalla tua nascita e l'importanza del nuovo giorno non è che notte per la tua distanza. Cieca sono ché tu cammini ancora! cieca sono che tu cammini e il mondo è vedovo e il mondo è cieco se tu cammini ancora aggrappato ai miei occhi celestiali.
(vedi sito http://www.club.it/autori/grandi/amelia.rosselli/poesie.html)
Id: 1486 Data: 26/02/2012 20:12:07
*
da Segmenti del grande patema
Gli uomini che riposano nel loro limite -
come navi dentro la boccia
loro nella loro melodia. Sì,
ma tu dammi il tralcio dei ritmi,
il festone frondoso delle cadenze.
Tu cantami qualcosa pari alla vita -
scoppia
in alto l'antica melagrana
di frenesia e di dolore -
e uno
sotto il suo sanguigno
farnetica, oppure una moltitudine -
dioniso
non è male ravvisarlo, dioniso di sempre
che per eccesso di fuoco
e intempranza d'amore non ha retto all'urto,
s'è sparso sulla pietra del mondo
così
e che così grondante ci sorride
da un volto troppo vivo,
terreo, gualcito da droga e malattia, eppure sorride.
(tratto da "Tutte le poesie", Nell'opera del mondo, Garzanti, 1979)
Id: 1483 Data: 26/02/2012 09:17:36
*
Da giorni e giorni
Da giorni e giorni, mia cara, i luoghi dove ripongo i pensieri
prima del sonno sono luoghi d'America
tra Brooklyn e Manhattan, città non vista ma nota
quanto basta per sapere che dà esca alla tua fiamma.
Che fai? forse la rondine eccitata
dal turbine si schianta i fili, ai pali?
Vorrei, vorrei difenderti, ma è vano.
Non ho altro che questa tenerezza disarmata
mentre canta l'America il suo canto
dal suo mulino d'uomini Broadway:
vivere, vivere, non cercare scampo.
Che farai? ti sarà soffice il nido?
Le cellule dell'arnia non dormono, lampeggiano.
Squilla, squilla lo strazio e il trionfo delle tue cornette, America.
(tratta da "Tutte le poesie", Nell'opera del mondo, Garzanti, 1979)
Id: 1478 Data: 24/02/2012 18:43:22
*
L’assenza dondola nell’aria
L'assenza dondola nell'aria come un batacchio di ferro
martella il mio viso martella
ne sono stordito
corro via l'assenza m'insegue
non posso sfuggirle
le gambe si piegano cado
l'assenza non è tempo né strada
l'assenza è un ponte fra noi
più sottile di un capello più affilato di una spada
più sottile di un capello più affilato di una spada
l'assenza è un ponte fra noi
anche quando
di fronte l'uno all'altra i nostri ginocchi si toccano
(da "Poesie d'amore", traduzione di Joyce Lussu, Oscar Mondadori, 2002)
Id: 1476 Data: 24/02/2012 07:28:18
*
Le mie lacrime
Le mie lacrime, pure, fitte, scesero
sulla mia infanzia idillica ed angelica,
sulla sciocca e superba giovinezza,
sulla mia età d’uomo, età di sconfitte,
le mie lacrime, pure, fitte, scesero.
(vedi sito http://ilmiovivereinpoesia.wordpress.com/2012/01/03/le-mie-lacrime/)
Id: 1474 Data: 21/02/2012 15:56:50
*
Poesia per un amico
Potrei anche smettere di scrivere versi;
nessun altro sa spiegarmi il significato delle parole.
E' passato tanto tempo da quando ti ho sognato; sono invecchiato.
Lo scrivo come una mezza battuta, ti aspetto, ma tu non rispondi
per completare la battuta, altri spediscono ciò che altrimenti avrebbero buttato
e non riscrivono più dopo la mia risposta.
Ecco qui parole trite che sento davvero
e parole invecchiate in poesie che mi sforzo di capire.
(tratta da "Prima una cosa poi l'altra", in "Almanacco dello specchio 2010-2011", Mondadori, 2011)
Id: 1472 Data: 18/02/2012 14:44:55
*
Dirlo altrimenti
La poesia chiarisce il già chiarito, con cautela sceglie
cose già scelte, a meraviglia ordina
cose ordinate. Dirlo altrimenti
è difficile, se non impossibile.
La poesia è come terracotta. Facilmente si spezza
sotto il peso dei versi. Poetante in mano del poeta, in altra mano
non è neppure poetica: è impossibile.
Id: 1471 Data: 17/02/2012 08:24:22
*
da Pensiero e Poesia
Il cantare ed il pensare
sono ceppi ravvicinati della poesia.
Essi germogliano dall'essere
e si protendono nella sua verità.
La loro condizione induce a pensare
a ciò che Holderlin cantava degli alberi del bosco:
"e rimangono l'un l'altro sconosciuti,
finchè tali rimangono i rami che stanno vicini".
***
L'oscurarsi del mondo
non raggiunge la luce dell'essere.
Noi sopraggiungiamo troppo tardi per gli dèi
e troppo presto per l'essere. L'uomo è la sua poesia,
ma è una poesia già cominciata.
Pensare è limitarsi ad un solo pensiero
che un giorno si arresterà nel cielo del mondo
come una stella.
(tratto dal volume "Pensiero e Poesia", traduzione di Armando Rigobello, Armando editore, Roma, 1977)
Id: 1470 Data: 16/02/2012 21:46:57
*
da Pensiero e Poesia
La natura poetica del pensiero è ancora
avvolta nell'ombra.
Ove essa si manifesta,
assomiglia per lungo tempo all'utopia
di un pensiero semipoetico.
Ma il poetare pensante è, in verità,
la topologia dell'essere.
Essa gli indica il villaggio
ove dimora la sua essenza.
***
La parola del pensiero dimorerebbe tranquilla
nella sua essenza soltanto,
se divenisse incapace di dire ciò che deve rimanere non detto.
Questa impotenza porterebbe il pensiero
dinnanzi alla cosa.
Mai, e in una lingua alcuna, ciò che è parlato
è tutt'uno con ciò che è detto.
Che mai ci sia e all'improvviso
un pensiero il cui stupore potrebbe
misurare il profondo?
(tratta da "Pensiero e poesia", traduzione di Armando Rigobello, Armando editore, Roma, 1977)
Id: 1469 Data: 16/02/2012 16:40:59
*
Ombra nelle ombre
Come un passero di fuoco
Le tue ali lasciavano cadere
Una profonda ombra.
Ti vidi scurire
Come se le ceneri della notte
Ti avessero coperto troppo.
E la tua ombra melodia di sangue
Mi inzuppava le ossa.
E i tuoi occhi
Specchi d’asfalto
Intagliavano statue d’acqua.
E le tue mani
Colonne d’alga
Turbavano i mari.
Io
Fantasma timoroso
Mi occultavo.
Temevo di guardare i tuoi occhi
Sapevo che erano oracoli.
Passarono quattro e una notte.
La tua ombra divenne bianca
Come la tua lingua.
Seppi che te ne saresti andato.
Cercai di guardare i tuoi occhi
Sequenza interminabile
Di volti sconosciuti.
Capii dunque
Che una notte cade
Con il peso di tutti i secoli
E che tutti i secoli
Pesano all’uomo
Come pesa l’ombra al corpo.
(Poesia tradotta da Silvia Favaretto estratta da Lauren Mendinueta, Inventario de ciudad, Golem Editores, Barranquilla, 1999)
vedi sito http://guide.supereva.it/letteratura_sudamericana/interventi/2005/10/227352.shtml
Id: 1468 Data: 15/02/2012 21:32:29
*
La nevicata del ’56
La nevicata del '56, due anni
e già inverno, ma non so niente,
l'origine già scritta, gli occhi di chi
mi tiene per mano, la città vuota,
le ruote della Millecento Fiat, il
soffio per gli anni lesti in bianco e
nero, la cucina in attesa del gioco,
Natale, il carnevale in maschera,
niente di quegli sguardi in ombra,
del secolo nel dopoguerra e del
bene che è negli anni il sentimento
del rimpianto, dello slancio senza
pentimento, l'istinto a non fare,
a non dire senza la pazienza e il
giuramento atteso che il tempo
non contemplerà errori e mosse
d'attacco, in difesa, accerchiato,
sulla scacchiera dei cavalli a elle,
il re grande, persa la regina, il pedone
caduto. E le sillabe, non sapevo,
della neve sui tetti, degli amori,
come viverli, come descriverli.
Dell'essere padre e poi non essere
padre, dell'immagine, fissarla che
è quella per sempre, ma è altro,
non più esistente, la neve che mi
fa sospettare del destino. Ciò che
verrà.
(tratta da "Almanacco dello specchio", 2010-2011, Mondadori 2011)
Id: 1460 Data: 12/02/2012 09:12:13
*
Poiché luomo è lalbero del campo
Poiché l'uomo è l'albero del campo;
come l'albero l'uomo cresce.
Come l'uomo, anche l'albero pone le sue radici,
ed io certamente non so
dove sono stato e dove sarò,
come l'albero del campo.
Poiché l'uomo è l'albero del campo;
come l'albero, egli tende verso l'alto.
Come l'uomo, viene bruciato nel fuoco,
ed io certamente non so
dove sono stato e dove sarò,
come l'albero del campo.
Poiché l'uomo è l'albero del campo;
come l'albero, è assetato d'acqua.
Come l'uomo, rimane assetato,
ed io certamente non so
dove sono stato e dove sarò,
come l'albero del campo.
Ho amato e ho odiato;
ho provato questo e quello;
sono stato sepolto in un pezzo di terra;
E c'è amaro, amaro nella mia bocca,
come l'albero del campo;
come l'albero del campo.
http://www.binario2.it/zach.htm
Id: 1454 Data: 10/02/2012 08:19:12
*
Senza titolo
Poesia di amanti a Gerusalemme: noi
siamo inclusi nella gran parte delle profezie di furore
e in quasi tutte le buone novelle.
Anche nelle belle cartoline della nostra città
noi ci siamo. Forse non possiamo esser visti
perché eravamo a casa,
o forse troppo piccoli:
la fotografia è stata scattata da un aereo che passava.
(tratto da "Ogni uomo nasce poeta", presentazione di A. B. Yehoshua, Di Renzo editore, 2000)
Id: 1451 Data: 09/02/2012 21:21:32
*
Sopra mormorii quadrati
Sopra mormorii quadrati,
di onda in onda, sopra una vetta antica
perduta, di gennaio, i tuoi sogni
sono oggi esigui.
Nubi dense appaiono
e non fu più che sogno,
una vanità che lievemente oscilla
dentro le tue mani modiche.
Un sapore
esse avevano di neve
che teneramente, internamente brilla.
(tratta da "Almanacco dello specchio 2010-2011, Mondadori 2011, inediti, per gentile concessione degli eredi, a cura di Ottavio Rossani)
Id: 1447 Data: 08/02/2012 16:51:45
*
La parola per me
La parola, per me,
veniva da distante.
Un a priori, quasi,
l’avvertivo. Un eccitante.
In un processo in
qualche modo inverso.
Nel darle per riscontro
una realtà che invece,
più toccata e presa, più
sfuggiva inconsistente
ai cinque sensi.
Con l’effetto di essere
lanciata contro un corpo
pronunciato e, nel
suo dirlo, di colpo
riafferrato.
(tratta da "Piccola colazione", Garzanti, 1987)
Id: 1439 Data: 06/02/2012 07:49:26
*
la sagoma della neve
la sagoma della neve e della notte: il sole come una pietra gelata,
porfido rossastro, sotto un grembiule di calcinacci rocciosi,
di detriti, che frana, accumula ellissi
sull'orizzonte; il ciglio deserto
di una giornata di gennaio, l'aria ricoperta di brina. Le betulle
disegnate col gesso sulla neve, abbandonate alle piogge.
Scosse dal frastuono di un motore
volteggiano le cornacchie.
Da tempo il ghiaccio si nutre d'acqua e del midollo dei giorni,
occupa i vetri
della veranda non riscaldata; le cose si sono raffreddate
e ciascuno nella sua forma
pronta per essere estratta.
Scintilla la polvere di ghiaccio, nevica sul balcone, da nessun luogo,
come se al sole fosse vacillato il ponte di neve, in alto
sulla fessura invisibile
(tratta da "Almanacco dello specchio", a cura di Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi, Mondadori, 2011, traduzione di Francesca Fornari)
Id: 1436 Data: 04/02/2012 21:38:21
*
Gli amanti
Siamo distesi l'uno accanto all'altro da migliaia di anni.
Ci uniamo come getti di rami perché nasca
un legame vivo.
Aggrappati l'uno all'altro
come quegli amanti del neolitico trovati intorno a Mantova,
che si abbracciano stretti
nella fossa attorniata da un manto di pietra,
nella terra come in un letto quando un raggio apre la stanza della finestra.
Le nostre labbra in una vescica d'aria.
In una fenditura che compare nella lastra di ghiaccio del tempo.
Moriranno i nostri dei.
Si spezzeranno le catene di cause avviate dai nostri pensieri, dalle nostre azioni.
Cesseranno di esistere tutte le nostre opere.
Finiranno le parole e tornerà il silenzio.
Il silenzio parlerà ininterrottamente.
Siamo
un vuoto che ha bisogno di una forma per apparire.
I nostri occhi, liberati dalla morte, diventeranno un sole, brilleranno.
I nostri respiri, liberati dalla morte, diventeranno vento -
(tratta da "Almanacco dello specchio" 2010-2011, a cura di Francesca Fornari, Mondandori 2011)
Id: 1433 Data: 04/02/2012 08:47:02
*
L’odio
Guardate com'è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l'odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.
Religione o non religione -
purché ci si inginocchi per il via.
Patria o no -
purché scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all'inizio.
Poi corre tutto solo.
L'odio. L'odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.
Oh, quegli altri sentimenti -
malaticci e fiacchi.
Da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
La compassione è mai
giunta prima al traguardo?
Il dubbio quanti volentieri trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.
Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanto tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?
Diciamoci la verità:
sa creare bellezza.
Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.
Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata.
Innegabile è il pathos delle rovine
e l'umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.
E' un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio,
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.
In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare, aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto il futuro
- lui solo
(tratta da "Elogio dei sogni", a cura di Pietro Marchesani, RCS Quotidiani, S.p.A., Milano, 2011)
Id: 1428 Data: 03/02/2012 08:37:40
*
da Poeti arabi di Sicilia
VIII
Corro con te verso i tuoi vent'anni
e tra noi si spalanca quella distesa di trenta
che per l'uomo, si dice, procede all'indietro.
Se tale ha da essere la giusta direzione
correrò ancora con te indietreggiando.
Agguanterò il desierio trascinandomi
sugli occhi e sul naso.
(Versione di Alfredo Giuliani)
* tratta dal volume "Poeti arabi di Sicilia", a cura di Francesca Maria Corrao, introduzione di Luciano Anceschi, Mondadori 1988, pag. 135)
Id: 1424 Data: 02/02/2012 08:28:38
*
due poesie di Vera Lúcia de Oliveira
*
poi chiameremo le rondini queste rondini
che non decifrano più i segnali del vento
pensano che vivranno in eterno sui tetti
a fabbricare il volo delle uova dischiuse
pensano che ormai sono scampate a partenze
le chiameremo e verranno con noi
ad aspettare i giorni di buio in cui
si entra dentro la morte ancora vivi
ma con degli accorgimenti dei segni
di riconoscimento nelle mani così
poi da non perdersi impareremo
dalle rondini chissà come faranno a
non perdersi anche quelle rimaste
sanno quando non vale più la pena
di fare le valigie
*
i giovani non hanno il senso del dolore
si figurano i vecchi come vogliono
un po’ teneri pietosi in attesa
delle ore migliori in cui l’accumulo
dell’oro lascia un grande tesoro
ma lei che era vecchia non ci vedeva nulla
oltre quel sordo morire sempre più velocemente
come avrebbe potuto dire a loro che lei dentro
sentiva il lacerare della carne che non voleva
più collaborare con le ossa per sostenere la vita?
(tratte da "La cane quando è sola" in http://www.filidaquilone.it/num013oliveira.html)
Id: 1419 Data: 30/01/2012 21:41:05
*
vento na árvore é Deus/Il vento nell’albero è Dio
O vento na árvore é Deus
o vento na árvore é Deus
que sopra onde rasga
Deus escolhe a rocha
onde pousar seu rastro de árvore
e a unha-fome de tirar
da pedra
veia de pedra que se fia
em planta provisória
Deus escolhe
para cada raiz a roca
para cada galho seu precipício
para cada fome sua forma de filtrar
o máximo
da consunção
*
Il vento nell'albero è Dio
il vento nell'albero è Dio
che soffia ove squarcia
Dio sceglie la roccia
ove posare la sua orma di albero
e l'unghia-fame di estrarre
dalla pietra
vena di pietra che si fila
in pianta provvisoria
Dio sceglie
per ogni radice la rocca
per ogni ramo il suo dirupo
per ogni fame la sua forma di filtrare
il massimo
di consunzione
(tratta da
Tempo de doer /Tempo di soffrire, Antonio Pellicani editore, Roma, 1998)
vedi sito
http://www.veraluciadeoliveira.it/PoeTempo.htm
Id: 1415 Data: 29/01/2012 08:51:50
*
Il superstite
a B. V.
Since then at an uncertain hour,
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia il petto in cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
A notte menano le mascelle
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c'è.
"Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno è morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non è colpa mia se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni".
4 febbraio 1984
* (tratta da "Ad ora incerta", Garzanti, 1990, pag. 76)
Id: 1411 Data: 27/01/2012 09:23:12
*
da Poeti arabi di Sicilia
Quando vidi l'amore contagiato
dalla passione, allora ti nascosi
quanto dolore viene dall'amore.
Ti avevo custodito dentro la mia pupilla,
ma quando l'occhio pianse volli metterti
vicino a Dio, nel cuore del mio cuore.
Se solo mi dicessi di non bere,
io non andrei alla fonte, non desidererei
l'acqua dolce, freschissima.
Ma tu, perché mi sfuggi, mi resisti,
ti unisci a me, con tutto il desiderio,
soltanto nelle righe delle lettere?
(Versione di Valerio Magrelli)
* (tratta da Poeti arabi di Sicilia, a cura di Maria Francesca Corrao, introduzione di Luciano Anceschi, Mondadori editore, 1988)
Id: 1408 Data: 25/01/2012 15:22:25
*
da Poeti arabi di Sicilia
Non credere, la lacrima dell'occhio
ha la stessa sostanza del mio sangue,
è solo il mio sospiro che la fa uscire fuori.
Il sangue è reso bianco dal calore
di un ardente tizzone:
se quel tizzone si dovesse spegnere
tutto il mio sangue rimarrebbe rosso.
(Versione di Valerio Magrelli)
* tratta da "Poeti arabi di Sicilia", a cura di Francesca Maria Corrao, introduzione di Luciano Anceschi, Mondadori, 1988
Id: 1403 Data: 24/01/2012 07:38:02
*
Noi
Nessun Elephas, mai, ha barrito in su
levando la proboscide a Dio, né brontolato con lui
grufolando nella paglia del circo; e nessun leo
né il cane domestico in salotto, né le cime
degli alberi hanno
sparpagliato un terrore blasfemo nell'aria
richiamando i fulmini
e nemmeno i lamentosi cetacei sono affiorati
con le preci nere dei morti.
I loro déi siamo noi, i padroni, e contro noi
si scagliano
ci azzannano, e ci rompono il collo
precipitando coi rami che hanno le fauci dentate.
Noi invece, sì, siamo noi il pianeta che prega.
(tratta da "Almanacco dello specchio", 2010-2011, Mondadori 2011)
Id: 1399 Data: 21/01/2012 09:06:30
*
a che cosa mi sono arreso
mi basta scaldare l'acqua
ci metto dentro il detersivo
lavo i piatti, pulisco i bicchieri le forchette
i coltelli, con le mani
li metto al loro posto, ordinati nella calma
dello scolapiatti, ad asciugare
e fare questo mi sembra di mettere
un po' d'ordine anche nel
mondo
a che cosa mi sono addomesticato
se l'unico inganno che sono stato capace di inventare
è stato quando ero un bambino,
mio padre mi porta con lui a pescare
ci fermiamo sulla riva sabbiosa del Vipacco
dopo un po' con le sue dita stacca
l'amo dalla carne della bocca
alla trota pescata e la mette al sicuro
nel retino metallico al suo fianco
mentre lui guarda l'acqua
prendo quel pesce ancora d'argento
e lo ributto nel fiume
tutta la mia forza è questo
gli dico "papà, la ripeschiamo la prossima volta
sarà più grande
sarà più grossa".
(tratta da "Una tregua", in Almanacco dello specchio 2010-2011, Mondadori 2011, pagg. 132-133)
Id: 1397 Data: 20/01/2012 08:58:27
*
Ripetiamo dall’inizio
Quanto tempo ha esitato Stravinskij,
distratto, con la bacchetta alzata?
Sembra che sia l'orchestra a ricordare al posto suo:
il suo scintillare sfuggente sopra l'acqua vasta
questa barba che guarda all'insù del suo precoce spartito
in sorpresa e gioia, già per metà sparite,
questo ragazzo che tossisce, il sangue sul cuscino -
ma sì, la sua vita diventò letto di morte su letto di morte,
un esilio crescente.
C'è ancora una severità allegra, esuberante:
non è di te o di me che si tratta
ma di questo ritmo che ci porta, diseguale come...
Che lui sia morto è inessenziale.
Le nostre condizioni sono solo una partitura.
Il vero Petrushka
non è il burattino con l'imbasciata di legno
bensì Petrushka da ostinato spettro sul tetto.
Caccia dunque via l'assioma.
L'altra vita dubita di tutto
fuorché d'essere un dono:
ogni respiro è regalato dall'orchestra
così come lui ha fatto il possibile a che respiri.
Caccia via anche l'esilio.
L'opera appartiene ad un "ora" senza confine,
un'"ora" che è dove niente si è atteso -
come quando un grappolo di umide sirene
sferza la guancia di qualcuno nel buio.
Caccia infine via la retorica.
Stile: girovagare nelle proprie lettere non scritte
dove tutto è detto
fuorché il solo necessario.
La primavera aspetta in batteria e archi:
un ritmo che precede la creazione, diseguale
come il cuore caparbio del vecchio, cocciuto
come l'erba che calpesta, da sotto.
Fa una somma con un ghigno dell'orchestra.
- La morte ci ha condotti più vicini gli uni agli altri.
Ma basta ora. Bussa sul leggio.
- Ripetiamo dall'inizio.
(tratto da "Il solo necessario. Poesie 1956-2009", a cura di Daniela Marceschi, in "Almanacco dello specchio 2010-2011", Mondaori 2011)
Id: 1395 Data: 18/01/2012 17:09:10
*
Il Sud
Da uno dei tuoi cortili aver guardato
le antiche stelle,
dalla panchina dell'ombra aver guardato
quelle luci disperse
che la mia ignoranza non ha imparato a nominare
né a ordinare in costellazioni,
aver sentito il cerchio dell'acqua
nella segreta cisterna,
l'odore del gelsomino e della madreselva,
il silenzio dell'uccello addormentato,
l'arco dell'androne, l'umidità
- queste cose, forse, sono la poesia.
Id: 1387 Data: 16/01/2012 06:45:37
*
Tempi grami per la lirica
Lo so bene: solo chi è felice
è amato. La sua voce
la si ascolta volentieri. Il suo volto è bello.
L'albero tutto storto nel cortile
addita il suolo cattivo, ma
i passanti gli danno dello storpio
e hanno ragione.
I battelli verdi e le allegre vele del Sund
non vedo. Di tutto
vedo soltanto la rete sdrucita dei pescatori.
Perché parlo solo di questo:
della bracciante che a quarant'anni cammina tutta curva?
I seni delle ragazze
sono caldi come una volta.
Nel mio canto una rima
mi parrebbe quasi un atto protervo.
Dentro di me si affrontano
l'entusiasmo per il melo in fiore
e l'orrore per i discorsi dell'imbianchino.
Ma solo il secondo impulso
mi spinge alla scrivania.
(tratta da "Poesie", a cura di Guido Davico Bonino, traduzione di Roberto Fertonani, Einaudi 1992)
Id: 1384 Data: 15/01/2012 08:42:42
*
Piaceri/Constatazione
Piaceri
Il primo sguardo dalla finestra il mattino
il vecchio libro ritrovato
volti entusiasti
neve, il mutare delle stagioni
il giornale
il cane
la dialettica
fare la doccia, nuotare
musica antica
scarpe comode
capire
musica moderna
scrivere, piantare
viaggiare
cantare
essere gentili.
***
Constatazione
Quando ritornai
i miei capelli ancora non erano grigi
ed ero contento.
Le fatiche delle montagne sono alle nostre spalle
davanti a noi le fatiche delle pianure.
(tratte dal volume "Poesie", a cura di Guido Davico Bonino, traduzioni di Roberto Fertonani, Einaudi, 1992)
Id: 1381 Data: 14/01/2012 07:16:40
*
Esiste un granello
Esiste un granello, esiste l’universo:
infinita è la tolleranza
che l’immenso ha col minimo.
Questa compatibilità, la compresenza,
insegna la stessa cosa al cuore.
Così per conoscere l'immensità bisogna
non capire niente - perdere
ogni intelligenza -
non conoscerla.
(tratta da
SILENZIO DELL’UNIVERSO, EDITO DA EINAUDI, vedi anche sito
http://www.lameditazionecomevia.it/viviani.htm)
Id: 1378 Data: 12/01/2012 22:04:00
*
Io so quello che mi serve
Io so quello che mi serve.
Basta che guardi nello specchio
e noto che devo
dormire di più; l'uomo
che ho, mi rovina.
Quando mi sento cantare, dico:
oggi sono allegra; questo fa bene
alla carnagione.
Faccio di tutto
per restare fresca e soda,
non farò sforzi: perché
vengono le rughe.
Non ho niente da regalare, ma
me la cavo con la mia razione.
Mangio con cautela; vivo
lentamente; sono
per il giusto mezzo.
(Così ho visto sforzarsi la gente).
(tratta "Dal libro di lettura per gli abitanti delle città", in "Poesie", a cura di Guido Davico Bonino, traduzione di Roberto Fertonani, Einaudi, 1992)
Id: 1376 Data: 12/01/2012 07:55:33
*
Nei tempi oscuri
Non si dirà: quando il noce si scuoteva nel vento
ma: quando l'imbianchino calpestava i lavoratori.
Non si dirà: quando il bambino faceva saltare il ciottolo piatto
sulla rapida del fiume
ma: quando si preparavano le grandi guerre.
Non si dirà: quando la donna entrò nella stanza
ma: quando le grandi potenze si allearono contro i lavoratori.
Tuttavia non si dirà: i tempi erano oscuri
ma: perché i loro poeti hanno taciuto?
(tratta da "Poesie 1933-1938, in "Poesie", a cura di Guido Davico Bonino, traduzione di Roberto Fertonani, Einaudi, 1992)
Id: 1375 Data: 11/01/2012 15:10:08
*
Da leggere il mattino e la sera
Quello che amo
mi ha detto
che ha bisogno di me.
Per questo
ho cura di me stessa
guardo dove cammino e
temo che ogni goccia di pioggia
mi possa uccidere.
(tratta da "Poesie", Einaudi, a cura di Guido Davico Bonino, traduzione di Roberto Fertonani, Einuadi 1992)
Id: 1372 Data: 09/01/2012 20:36:10
*
Telemessa/Arpeggio
Telemessa
Gridava come un ossesso.
"Cristo è qui! È qui!
LUI! Qui fra noi! Adesso!
Anche se non si vede!
Anche se non si sente!"
La voce era repellente.
Spensi.
Feci per andare al cesso.
Ci s'era rinchiuso LUI,
a piangere.
Una statua di gesso.
***
Arpeggio
Cristo ogni tanto torna,
se ne va, chi l'ascolta...
Il cuore della città
è morto, la folla passa
e schiaccia - è buia massa
compatta, è cecità
(tratte da "Il Franco cacciatore" , 1973 -1982, e da "Il muro della terra", vedi sito http://www.poesie.reportonline.it/poesie-di-giorgio-caproni/telemessa-di-giorgio-caproni.html)
Id: 1369 Data: 08/01/2012 08:47:30
*
Perch’io…
Oggi, 7 gennaio 2012, ricorrono cent’anni dalla nascita di Giorgio Caproni. Ecco un suo scritto:
"Perch’io…"
… perch’io, che nella notte abito solo,
anch’io, di notte, strusciando un cerino
sul muro, accendo cauto una candela
bianca nella mia mente - apro una vela
timida nella tenebra, e il pennino
strusciando che mi scricchiola, anch’io scrivo
e riscrivo in silenzio e a lungo il pianto
che mi bagna la mente…
da: Il seme del piangere
(1950-1958)
vedi anche sito
http://poesia.blog.rainews24.it/2012/01/07/giorgio-caproni-cose-la-poesia/
Id: 1368 Data: 07/01/2012 13:35:41
*
Il diritto al diverso
O direito ao esaquerso
até prova contrária
não amassem o corpo de pegadas
não agucem a espera da morte
não contaminem a propensão à luz
não passem rolo compressor
nas palavras da alma
não decretem que não existe
até prova contrária
o direito ao esquerdo
*
Il diritto al diverso
fino a prova contraria
non coprite il corpo di impronte
non acuite l’attesa della morte
non contaminate la vocazione alla luce
non passate il rullo compressore
sulle parole dell’anima
non decretate che non esiste
fino a prova contraria
il diritto al diverso
(tratta da "Il denso delle cose", Besa Editrice, 2007)
vedi sito http://lascritturameridiana.wordpress.com/2009/10/03/887/
Id: 1367 Data: 07/01/2012 08:42:12
*
Pietà cuori duri
Pietà, pietà cuori duri
pietà per l'uccello migratore
che ha perduto un'ala in volo.
Pietà per l'orfano gitano
che s'è giocato a carte
sella e cavallo
suicida in una prigione.
Pietà per il giovane Nessuno
ucciso in Cina
o un qualsiasi altro luogo
clima razza condizione.
Pietà per chi muore all'impiedi
dentro una camera d'affitto.
Pietà per chi cade
pietà per chi si lascia cadere.
Pietà, pietà cuori duri
voi che siete sempre seduti
e apprendete dai giornali
la morte degli altri.
(vedi sito http://www.rossovenexiano.com/raffaele-carrieri)
Id: 1366 Data: 06/01/2012 08:30:12
*
Io che sono cicala
Io che sono cicala
per te canto.
Per te canto
che stai zitta,
sola in ombra
nella casa grande.
Si addice al mio verso
Si addice al mio verso
l'andamento leggiero
e l'odore bruciato
del fuggiasco.
Si addice il vento caldo
che fa spuntare
astri all'aglio
nella fornace di sabbia.
Nasce per la rabbia
lo spinoso cardo
e la capra consola
col suo fiore.
(da "Io che sono cicala", 1967, vedi sito http://www.club.it/autori/grandi/raffaele.carrieri/poesie.html)
Id: 1365 Data: 05/01/2012 22:13:55
*
Sempre vieni dal mare
Sempre vieni dal mare
e ne hai la voce roca,
sempre hai occhi segreti,
d'acqua viva tra i rovi,
e fronte bassa, come
cielo basso di nubi.
Ogni volta rivivi
come una cosa antica
e selvaggia, che il cuore
già sapeva e si serra.
Ogni volta è uno strappo,
ogni volta è la morte.
Noi sempre combattemmo.
Chi si risolve all'urto
ha gustato la morte
e la porta nel sangue.
Come buoni nemici
che non s'odiano più
noi abbiamo una stessa
voce, una stessa pena
e viviamo affrontati
sotto povero cielo.
Tra noi non insidie,
non inutili cose -
combatteremo sempre.
Combatteremo ancora,
combatteremo sempre,
perché cerchiamo il sonno
della morte affiancati,
e abbiamo voce roca
fronte bassa e selvaggia
e un identico cielo.
Fummo fatti per questo.
Se tu od io cede all'urto,
segue una notte lunga
che non è pace o tregua
e non è morte vera.
Tu non sei più. Le braccia
si dibattono invano.
Fin che ci trema il cuore.
Hanno detto un tuo nome.
Ricomincia la morte.
Cosa ignota e selvaggia
sei rinata dal mare.
19-20 novembbre '45
(tratta da "Poesie", Mondadori 1970)
Id: 1362 Data: 04/01/2012 18:40:12
*
Sempre nuova è l’alba
Sempre nuova è l'alba
Non gridatemi più dentro,
non soffiatemi in cuore
i vostri fiati caldi, contadini.
Beviamoci insieme una tazza colma di vino!
Che all'ilare tempo della sera
s'acquieti il nostro vento disperato.
Spuntano ai pali ancora
le teste dei briganti, e la caverna –
l'oasi verde della triste speranza –
lindo conserva un guanciale di pietra....
Ma nei sentieri non si torna indietro.
Altre ali fuggiranno
dalle paglie della cova,
perchè lungo il perire dei tempi
l'alba è nuova, è nuova.
[1948]
*vedi sito http://www.centrodocumentazionescotellaro.org/biografia_scotellaro.asp
Id: 1361 Data: 03/01/2012 16:03:06
*
La moglie di Lot
Guardai indietro, dicono, per curiosità,
ma, curiosità a parte, potevo avere altri motivi.
Guardai indietro rimpiangendo la mia coppa d'argento.
Per distrazione - mentre allacciavo il sandalo.
Per non dover più guardare la nuca proba
di mio marito, Lot.
Per l'improvvisa certezza che se fossi morta
non si sarebbe neppure fermato.
Per la disobbedienza degli umili.
Per tendere l'orecchio agli inseguitori.
Colpita dal silenzio, sperando che Dio ci avesse ripensato.
Le nostre due figlie stavano già sparendo oltre la cima del colle.
Sentii in me la vecchiaia. Il distacco.
La futilità del vagare. Il torpore.
Guardai indietro posando per terra il fagotto.
Guardai indietro non sapendo dove mettere il piede.
Sul mio sentiero erano apparsi serpenti,
ragni, topi di campo, piccoli di avvoltoio.
Non più buoni nè cattivi - ogni cosa vivente
strisciava e saltava in un panico collettivo, semplicemente.
Guardai indietro per solitudine.
Per la vergogna di fuggire di nascosto.
Per la voglia di gridare, di tornare.
O forse solo quando si alzò il vento
che mi sciolse i capelli e sollevò la veste.
Mi parve che dalle mura di Sodoma lo vedessero
e scoppiassero in risa fragorose più e più volte.
Guardai indietro per l'ira.
Per saziarmi della loro grande rovina.
Guardai indietro per molte ragioni.
Guardai indietro non per mia volontà.
Fu solo una roccia a girarsi, ringhiando sotto di me.
Fu un crepaccio a tagliarmi d'improvviso la strada.
Sul bordo trotterellava un criceto ritto su due zampette.
E fu allora che entrambi ci voltammo a guardare.
No, no. Io continuavo a correre,
mi trascinavo e sollevavo,
finché il buio non piombò dal cielo,
e con esso ghiaia ardente e uccelli morti.
Mancandomi l'aria, mi rigirai più volte.
Chi mi avesse visto poteva pensare che danzassi.
Non escludo che i miei occhi fossero aperti.
E' possibile che sia caduta con il viso rivolto verso la città.
(tratta da "Elogio dei sogni", Un secolo di poesia, a cura di Pietro Marchesani, Corriere della sera, RCS Quotidiani S.p.A., dicembre 2011)
Id: 1360 Data: 02/01/2012 11:32:08
*
Quella era la montagna
Quella era la montagna
che vedevo dalla finestra
e questo era il sentiero
dove tornavo la sera
Quella era la croce
e questa la fontana
di pietra che gelava
quando veniva la neve.
Era il tempo che si stava
insieme senza sapere.
Ora che conosciamo
non s’ha tempo di rimanere.
La strada va nella valle
la sera va nella notte.
Noi si deve camminare.
Quello era il mio paese.
(tratta da "Poesie ed errore" a cura di Franco Mengaldo, Mondadori, vedi sito http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/04/08/franco-fortini/)
Id: 1359 Data: 31/12/2011 09:57:30
*
Del non leggere
In libreria con l'opera di Proust
non ti danno un telecomando,
non puoi cambiare
sulla partita di calcio
o sul telequiz con in premio una volvo.
Viviamo più a lungo
ma con minor esattezza
e con frasi più bevi.
Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
e torniamo con foto invece di ricordi.
Qui sono io con uno.
Là, credo, è il mio ex.
Qui sono tutti nudi,
quindi di certo in spiaggia.
Sette volumi - pietà.
Non si potrebbe riassumerli, abbreviarli
o meglio ancora mostrarli in immagini?
Una volta hanno trasmesso un serial, La bambola,
ma per mia cognata è di un altro che inizia con la P.
E poi, tra parentesi, chi mai era costui.
Scriveva, dicono, a letto per interi anni.
Un foglio dopo l'altro,
a velocità ridotta.
Noi invece andiamo in quinta
e - toccando ferro - stiamo bene.
(tratta da "Elogio dei sogni", Un secolo di poesia, a cura di Pietro Marchesani, Corriere della sera, RCS Quotidiani S.p.A., dicembre 2011)
Id: 1357 Data: 30/12/2011 08:36:46
*
In lode di mia sorella
Mia sorella non scrive poesie,
né penso che si metterà a scrivere poesie.
Ha preso dalla madre, che non scriveva poesie,
e dal padre, che anche lui non scriveva poesie.
Sotto il tetto di mia sorella mi sento sicura:
suo marito mai e poi mai scriverebbe poesie.
E anche se tutto ciò suona ripetitivo come una litania,
nessuno dei miei parenti scrive poesie.
Nei suoi cassetti non ci sono vecchie poesie,
né ce n'è di recenti nella sua borsetta.
E quando mia sorella mi invita a pranzo,
so che non ha intenzione di leggermi poesie.
Fa minestre squisite senza secondi fini,
e il suo caffé non si rovescia su manoscritti.
In molte famiglie nessuno scrive poesie,
ma se accade - è raro che sia uno solo.
A volte la poesia scende a cascate per generazioni,
creando gorghi pericolosi nel mutuo sentire.
Mia sorella pratica una discreta prosa orale,
e tutta la sua opera scritta consiste in cartoline
il cui testo promette la stessa cosa ogni anno:
che al ritorno delle vacanze
tutto quanto
tutto
racconterà.
(tratta da "Elogio dei sogni", Un secolo di poesia, a cura di Pietro Marchesani, Corriere della sera, RCS Quotidiani S.p.A., dicembre 2011)
Id: 1356 Data: 29/12/2011 09:10:54
*
Hai viso di pietra scolpita
Hai viso di pietra scolpita,
sangue di terra dura,
sei venuta dal mare.
Tutto accogli e scruti
e respingi da te
come il mare. Nel cuore
hai silenzio, hai parole
inghiottite. Sei buia.
Per te l'alba è silenzio.
E sei come le voci
della terra - l'urto
della secchia nel pozzo,
la canzone del fuoco,
il tonfo di una mela;
le parole rassegnate
e cupe sulle soglie,
il grido del bimbo - le cose
che non passano mai.
Tu non muti. Sei buia.
Sei la cantina chiusa,
dal battuto di terra,
dov'è entrato una volta
ch'era scalzo il bambino,
e ci ripensa sempre.
Sei la camera buia
cui si ripensa sempre,
come al cortile antico
dove s'apriva l'alba.
5 novembre 1945
(tratta da "Poesie", Oscar Mondadori, 1970, pag. 186)
Id: 1355 Data: 28/12/2011 08:26:18
*
Sotto il sole
Di continuo
si dilata e si tende
una goccia di disgelo
che sfavilla
lungo il cornicione.
Più si dilata
più s'accresce il bagliore,
il paesaggio riflesso
sulla sua superficie,
la luce
che ha avuto dal sole.
Poi arriva l'attimo
in cui non sopporta
il suo peso, e dal cornicione
si stacca la goccia di luce.
Sarà tutta resa alla terra?
Si smuove appena il suolo in cui è sgocciata.
Vederla mi rattrista
e consola,
mi turba - troppo somiglia
alla vita degli uomini
la goccia.
(tratta da "Nel cielo alto", Poesie scelte: Kikuo Takano è poeta e matematico giapponese, 1927 - 2006, nato nell'isola di Sado)
Id: 1354 Data: 28/12/2011 07:47:40
*
La differenza
Penso e ripenso: - Che mai pensa l'oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.
Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d'essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l'armi corruscanti della cuoca.
- O pàpera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s'è pensato.
Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l'esser cucinato non è triste,
triste è il pensare d'esser cucinato.
(tratta dalla rivista Neobar, vedi sito http://neobar.wordpress.com/2011/12/27/guido-gozzano-la-differenza/)
Id: 1352 Data: 27/12/2011 09:39:20
*
I pezzenti
E' bello fare i pezzenti a Natale
perché i ricchi allora sono buoni;
è bello il presepio a Natale
che tiene l'agnello
in mezzo ai leoni.
(vedi sito http://www.old.consiglio.basilicata.it/conoscerebasilicata/cultura/recensioni/scotellaro/recensione.asp)
Id: 1351 Data: 26/12/2011 14:52:47
*
Lettera di Natale
Natale non è altro che questo immenso
silenzio che dilaga per le strade,
dove platani ciechi
ridono con la neve
altro non è che fondere a distanza
le nostre solitudini,
stendere nella notte un ponte d'oro.
Sono qui col tuo dono che il mio illumina
di dieci stelle-lune,
guidandomi per mano
dove vibra un riverbero
di fuochi e di lanterne (verde e viola),
di girandole e insegne di caffè.
Un pino a destra
per appendervi quattro nostalgie
e la mia fede in te, bianca cometa
in cima.
http://www.aetnanet.org/catania-scuola-notizie-19412.html
Id: 1350 Data: 25/12/2011 11:00:38
*
Lo sguardo dell’inverno
Mi appoggio come una scala e col viso
raggiungo il secondo piano di un albero di ciliegie.
Sono dentro la campana di colori, risuona di raggi di sole.
Divoro le bacche rosso scuro più veloce di quattro gazze.
All'improvviso, dopo questo inizio festoso e assolato, si scurisce:
Un gelo improvviso, venuto da lontano, mi scova.
L'istante scolora e rimane
la ferita di una scure sul tronco.
(tratto da "New Collected Poems", traduzione di Robin Fulton, Bloodaxe Books, 2011, vedi sito http://amicidiletture.blogspot.com/)
Id: 1349 Data: 24/12/2011 15:42:33
*
Volta la vita
sto invecchiando,
e carta da gioco
consunta alzo la
testa, e non sto
più alle regole
(prima classificata nell'unica sezione "Poesia a tema assegnato" alla X edizione del concorso "L'inedito anziano", Modigliana, FC, 2 ottobre 2010)
* dal volume "Orionidi", Bernini editore, 2011
Id: 1348 Data: 23/12/2011 11:55:13
*
da Poesie 1865-1874
Una parola muore
appena detta,
dice qualcuno.
Io dico che solo
quel giorno
comincia a vivere.
(tratta da "Poesie", n. 1212, Mondadori, 1995, a cura di Massimo Bagigalupo, pag. 349)
Id: 1346 Data: 22/12/2011 08:04:42
*
da Poesie 1862
Questo era un poeta - colui
che distilla un senso stupefacente
dai significati ordinari -
e nettare così immenso
dalla specie familiare
che perì sulla nostra porta -
ci stupisce non essere stati noi
ad arrestarla - prima -
Di immagini svelatore -
il poeta - è colui che -
ci conferisce - per contrasto -
una povertà infinita -
(testo 448 da "Poesie", Arnoldo Mondadori, 1995, a cura di Massimo Bagigalupo, pag. 165)
Id: 1345 Data: 21/12/2011 07:40:29
*
da Amori
Ogni volto fotografato
è un'immagine bellica,
il punto di tangenza
tra l'aereo nemico e la nave
nell'attimo che precede l'esplosione.
Fermo nell'istantanea,
nel contatto flagrante tra due sguardi
immolato, ripreso,
mentre le fiamme covano già
nella fusoliera crescendo
dentro i suoi tratti, vive
soltanto il tempo necessario
a compiere la missione del ricordo.
(tratto da "Amori", in Poesie, 1980-1992, e altre poesie, Einaudi, 1996, pag. 125)
Id: 1343 Data: 20/12/2011 08:09:43
*
da Superba è la notte
C'era una fontana che dava albe
ed ero io.
Al mattino appena svegliata
avevo vento di fuoco
e cercavo di capire da che parte
volasse la poesia.
Adesso ahimé tutti vogliono
strapparmi la veste,
ahimé come ero felice
quando inseguivo i delitti
di questa porta dalle mille paure.
Adesso tutto è deserto e solo,
gemono ventiquattro cancelli
su cardini ormai spenti.
(tratta da "Superba è la notte", Einaudi, 2000, pag. 11)
Id: 1342 Data: 19/12/2011 15:37:51
*
VIII da Nature e venature
Sembra quasi che tutta la natura
voglia dare le spalle alla luce
- si volge le oppone il suo corpo -
nell'abbraccio proteggere il pallore.
Gli oggetti nascondono il volto
coltivano curvi ciascuno la sua ombra
come se l'ombra fosse il loro nome.
(dal volume Poesie, 1980-1992, e altre poesie, Einaudi editore, 1996)
Id: 1340 Data: 18/12/2011 12:49:30
*
da Superba è la notte
Mancava un palloncino nella mia vita
da appendere ai muri
da tenere come un gioco di carta
mancava un palloncino
che mi scoppiasse tra i denti
mancava l'onda di un vecchio mare perduto
mancava l'ombra, la sconclusione
il vile ricatto della vita.
Poi sei venuto tu che eri un amore
e mi hai lasciata sola.
(tratto da "Superba è la notte", Einaudi editore, 2000)
Id: 1339 Data: 18/12/2011 10:00:51
*
da Noterelle archeologiche
Quando l'aria si illumina compare
sospesa
la natura della polvere,
la sua essenza volatile, la discesa
sul mondo. Il pulviscolo è l'ombra
della luce, non quella
data dalla sua mancanza, ma la sostanza
agente, il buio vivo,
l'alimento notturno del fulgore.
(tratta dal volume "Poesie, 1980-1992, e altre poesie", Einaudi editore, 1996)
Id: 1338 Data: 17/12/2011 11:53:24
*
Poesia dell’amore inevitabile
Poesia dell'amore inevitabile
Tu arrivasti alla mia anima quando era dimenticata:
le porte divelte, le sedie nel canale,
le tende cadute, il letto sradicato,
la tristezza curata come un vaso di fiori.
Con le tue piccole mani di donna laboriosa
ponesti tutte le cose in fila:
lo sguardo al suo posto, al suo posto la rosa,
al suo posto la vita, al suo posto la stuoia.
Lavasti le pareti con uno straccio bagnato
nella tua chiara allegria, nella tua fresca dolcezza,
collocasti la radio nel luogo appropriato
e pulisti la stanza di sangue e spazzatura.
Ordinasti tutti i libri dispersi
e stendesti il letto nel tuo enorme sguardo,
accendesti le povere lampade spente
e lucidasti i pavimenti di legno consumato.
Fosti d'un tratto enorme, ampia, potente, forte:
sudasti grandi fatiche lavando arnesi vecchi.
Apprendesti che nella mia anima d'avanzo era la morte
e la tirasti all'orto con pezzi di specchio.
In lingua originale :
Poema de amor inevitabile
Tù llegaste a mi alma cuando estaba olvidada:
las puertas desprendidas, las sillas en reguero,
las cortinas caìdas, la cama descuajada,
la tristeza cuidada lo mismo que un florero.
Con tus manos pequeñas de mujer trabajosa
fuiste ponendo todas las cosas en hilera:
la mirada en su sitio, en su sitio la rosa
en su sitio la vida, en su sitio la estera.
Lavaste las paredes con un trapo mojado
en tu clara alegrìa, en tu fresca ternura,
colocaste la radio en el sitio apropriado
y limpiaste la alcoba de sangre y basura.
Acomodaste todos los libros dispersados
y tendiste la cama en tu enorme mirada
encendiste los pobres bombillos apagados
y enceraste sus pisos de madera gastadas.
Fuiste de pronto enorme, ancha, potente, fuerte:
sudaste altas fatigas lavando trastos viejos.
Supiste que en mi alma de sobra era la muerte
y la tiraste al huerto con pedazos de espejos.
(Introduzione e traduzione di Tomaso Pieragnolo)
http://www.sagarana.net/rivista/numero35/p_nuovi4.html
Id: 1336 Data: 16/12/2011 08:36:23
*
Opere inedite di Paolo Febbraro
Cassandra
«La poesia è inutile perché è inutile
predire il presente. La città vuole
giacere ingombra di precise
rovine, mobili ancora
quando già il sonno diroccato le abbraccia.
Ah la fanciulla che chiude gli occhi
la notte ed al mattino per gli stessi
pensa di vedere! E cosa, se non fosse
intrisa come me dei minerali
miei sogni? M’inoltro diurna
fra quotidiani ciechi, li scanso
all’ultimo ferendomi ai loro ferri
da lavoro, donna di esatta pazzia
invendicata dalla tenerezza».
—
Cassandra, ancora
«Arse le palpebre nel rogo greco,
volto di calce, sono sola
e moderna. Ho visto troppo. Roseo
di guance un viaggiatore astuto
si dirà cieco della mia veggenza
e ritmerà di eroi e bronzo e dèi
per banchetti, popoli e ginnasi.
Splendore rinato di sillabe
in me si spoglia, e sogni neri.
Da questo attrito usata e smessa,
materia e ombra di visite future».
—
Cassandra, ultima
Sposa di terremoti, dissennata
frattura non so se prima o dopo
fu il gravido cavallo di Odisseo
o il libero dominio che accatasta
milioni. Ma vedo e non sono
più pazza, ma entrata in un destino,
docili guardie ai contorni,
mia santa diminuzione.
E intanto che la storia mi convince
di mura, e abbracci, e seme,
la terra suggerisce
“A terra, insieme”.
(vedi sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/12/12/opere-inedite-paolo-febbraro/
a cura di Luigia Sorrentino)
Id: 1335 Data: 15/12/2011 08:44:04
*
Hai chiuso gli occhi
Nasce una notte
piena di finte buche,
di suoni morti
come di sugheri
di reti calate nell'acqua.
Le tue mani si fanno come un soffio
d'inviolabili lontananze,
inafferrabili come le idee.
E l'equivoco della luna
e il dondolio, dolcissimi,
se vuoi posarmele sugli occhi,
toccano l'anima.
Sei la donna che passa
come una foglia.
E lasci agli alberi un fuoco d'autunno.
(vedi sito http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-18230)
Id: 1334 Data: 14/12/2011 07:23:43
*
Così dici
E' tutto nella mente, dici, e non ha
nulla a che vedere con la felicità. Il freddo che viene,
il caldo, la mente ha tutto il tempo che vuole.
Mi prendi sottobraccio e mi dici che qualcosa accadrà,
qualcosa di insolito per cui siamo sempre stati pronti,
come il sole che arriva dopo un giorno in Asia,
come la luna che si accomiata dopo una notte con noi.
(da "The late hour", 1978, ne "Il futuro non è più quello di una volta", a cura di Damiano Abeni, Minimum fax, 2006)
Id: 1333 Data: 12/12/2011 15:35:26
*
La luce che viene
Perfino così tardi avviene:
l'amore che arriva, la luce che viene.
Ti svegli e le candele si sono accese forse da sé,
le stelle accorrono, i sogni entrano a fiotti nel cuscino,
sprigionano caldi bouquet l'aria.
Perfino così tardi gli ossi del corpo splendono
e la polvere del domani s'incendia in respiro.
(tratta da "The late our", 1978, presente nel volume "Il futuro non è più quello di una volta", a cura di Damiano Abeni, Minimum fax 2006)
Id: 1331 Data: 11/12/2011 18:37:02
*
Preghiera: introduzione al colore
Madre della luce scoperchiami gli occhi:
falli concavi
come un palmo.
Voglio che siano sosta per gli uccelli
affinché possano pernottare in me
sotto la mia fronte
raccogliendo l'atterraggio, il frullo, l'alzata in volo
e la brace quasi spenta del giorno. Voglio
tuffare la faccia nel colore
impazzire le vene fino al bulbo buio
e poi franare giù nel foglio
pregna:
io giallo verde blu in persona
con la bocca rosso
arancio,
il foglio,
come un letto zuccherino per fare l'amore.
(vedi sito http://www.graffinrete.it/polispoiesis/autore.php?a=19)
Id: 1329 Data: 11/12/2011 09:42:16
*
da Poesie della fame e della sete
Perché solo non morire conta
in quest'aria provvisoria d'autunno
che accarezza gli alberi e poi li spoglia
come fossero una donna bella.
La resistenza al nulla è una lotta
che lascia ferite e tagli
è un labbro squarciato da un pugno
è un figlio espulso da un utero contuso.
Ci sono case che accolgono chiunque
e finestre che restano chiuse per sempre.
***
Il mattino si lancia dalle case
fuma sole pure dai comignoli
noi nel bavaglio che tiene ferme le lanterne
ci avvolgiamo come uccelli
portiamo acqua verso il secchio dei fianchi
crediamo il cielo un grande scoglio
da sistemarci bene sopra mentre un vento
ci mordicchia appena le caviglie.
Senti che tormento di libeccio sopra i moli
che soffio ingrossa il bucato alle ringhiere...
(tratte da "Poesie della fame e della sete", Ladolfi editore 2011)
vedi sito
http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/567-Francesco-Iannone-Poesie-della-fame-e-della-sete.html#extended
Id: 1328 Data: 10/12/2011 08:19:27
*
L’investimento
Là dietro dove chiamano la vita uno stare
("Non puoi chiamarla un vivere, perché non lo è"),
Vecchia, ma vecchia, una casa ridipinta di fresco
C'era, con dentro un piano che alto suonava.
Fuori, sul campo, al freddo, un uomo con la zappa,
Immobile diritto fra le patate scavate,
Contava i suoi pasti invernali, uno per cespo,
Un poco tendendo l'orecchio alla baldanza del piano.
Tutto quel pianoforte e quella pittura di fresco
Erano un po' di soldi piovuti là d'improvviso?
O qualche stravaganza d'un ancor giovane amore?
O di un amore antico la noncuranza impulsiva -
Per non insabbiarsi nell'essere moglie e marito,
Ma avere dalla vita un po' di colore e di musica?
(tratta da "Conoscenza della notte e altre poesie", scelte e tradotte da Giovanni Giudici, a cura di Massimo Bacigalupo, Oscar Mondadori, 1988)
Id: 1327 Data: 09/12/2011 08:15:31
*
Eternità
Eternidad
Antepasado mío, hoy te he visto
gozoso, reencarnado en mis dos hijos.
La tarde olía a madurez y a mango.
Por las mejillas de mis niños
–dulce y amadamente– resbalabas.
***
Eternità
Antenato mio, oggi ti ho visto
gioioso, reincarnato nei miei due figli.
La sera odorava di maturità e mango.
Sulle guance dei miei bambini
– dolce e affettuosamente – scivolavi.
(traduzione di Alessio Brandolini, vedi sito http://www.filidaquilone.it/num021brandolini2.html)
Id: 1325 Data: 08/12/2011 09:04:33
*
da La strega poeta
a noi due? mi domandi
continuare così
nella sabbia silente
del compromesso?
non c’è di là il fuoco
dell’assoluto ardente
- c’e il deserto
*
rivendico il diritto di essere gentile
la commozione della tenerezza
la capriola sublime della bellezza
l’acrobazia difficile della semplicità
la magica centrifuga trita banalità.
rivendico il diritto a esistere col cuore
quello di offrire parole d’amore
l’ostinazione della poesia
il mal di pancia della nostalgia
lieve la danza della naturalezza
il salto mortale dell’interezza
*
misura dell’amore è la perdita
l’assenza
la trappola improvvisa
di un ricordo
che afferra e strugge.
misura della perdita è l’insistere
della presenza
l’ago del rame
che dal silenzio
scintilla e punge.
presenza non è semplicemente
stare
è il cerchio che non chiude
il ritorno
la spirale infinita
dell’eterno venire
e dell’andare
(tratta da "La strega poeta", LietoColle, 2008, Faloppio - Como - con una post-lettura di Guido Borlozzetti)
vedi sito
http://www.filidaquilone.it/num012brandolini.html
Id: 1324 Data: 07/12/2011 21:26:53
*
da Limprovviso e dopo
considera che questo non è più questo
che fuori non è rimasto nulla
fuori più nulla
la strada l’asfalto la polvere
dentro la culla vecchia vuota
immagina che questo non può tornare
nemmeno come un’immagine
dentro più nulla
le ciglia le palpebre l’occhio
fuori la luce calda vuota
considera che questo non è più questo
fuori non è rimasto nulla
dentro più nulla
breve lunga breve, breve lunga breve
lunga breve breve, breve breve breve
(tratta da "L'improvviso e dopo", Anterem edizioni, 1997)
Id: 1323 Data: 06/12/2011 15:22:59
*
Visto che ogni suolo è materno/Come esistere
Já que todo solo é materno
leva o teu ouvido
ao chão
a dureza do mundo
te exilou há muito
do real convívio
os barulhos do mundo
escuta o tempo
que transcende
os calendários
e que te espera
em sigilo
sob o lençol de todas as idades
feito uma árvore
no porão
baixa o teu ouvido
e esquece
essa calma
que atravessa
a soleira e o século
para testemunhar
teu coração
que envelhece
***
Visto che ogni suolo è materno
avvicina il tuo orecchio
alla terra
la durezza del mondo
ti ha esiliato da molto
dal convivio vero
i rumori del mondo
ascolta il tempo
che trascende
i calendari
e che ti attende
in segreto
sotto il lenzuolo di tutte le età
come un albero
nel sottosuolo
abbassa il tuo orecchio
e dimentica
questa calma
che attraversa
la soglia e il secolo
per testimoniare
il tuo cuore
che invecchia
***
Como existir há coisas que não tiveram
como existir
por isso ficam
sempre morrendo
por isso
são apenas um hiato
entre duas mortes
uma em processo
outra definitiva
há coisas
que quando as sonhamos
já morreram
por isso ostentam esse ar
de quem está sempre
de partida
para nenhuma vida
Come esistere ci sono cose che non hanno avuto
modo di esistere
per questo stanno
sempre a morire
per questo
sono solo uno iato
fra due morti
una in processo
l'altra definitiva
ci sono cose
che mentre le sogniamo
già sono morte
per questo ostentano quell'aria
di chi è sempre
in partenza
per nessuna vita
(tratte dalle raccolte
Oceano coligido , Editora Viramundo, 2000, e
A soleira e o século, Nankin Editorial, 2002, traduzione dal portoghese di Vera Lúcia de Oliveira).
Id: 1321 Data: 05/12/2011 21:20:10
*
Il vento e io
Come potrei avere
la voce e il vento
vento che sferza la luce,
luce del tempo.
Ricordo l'angoscia mortale,
vento ferito.
Porti la spina dei miei amori,
vento lascivo.
Ora cresce il fiore indistinto
del vento amico.
Oggi sotto un cielo di nubi,
domani, dove sarò?
E non saper perché cammino,
per qual cammino vai.
Il vento io l'ho perduto,
chi sa se ritornerà.
Dove lei? Dove? Dove la sua voce?
Dove la mia luna?
Dove la mia ombra?
Dove la luna senz'anima e io.
(traduzione di Sara Piazza)
vedi sito http://www.filidaquilone.it/num003piazza.html
Id: 1320 Data: 04/12/2011 21:50:28
*
Costellazioni
1:
È già notte e la pallida luce del sole
si fonde alla corteccia scura e spessa degli alberi che da qui si possono
soltanto percepire. Allora rapido lo sguardo se ne va per conto suo
in cerca di altri punti luminosi, di altri spazi dove afferrarsi,
dove perdersi. In cerca di altre costellazioni, ben oltre
il morbido candore della luna.
2:
Occorrono anni per imbattersi in qualcosa, in qualcuno che possa
accogliere le nostre più intime emozioni. Pensieri sfilati al buio
viaggiano per sottrarsi all’aria del tempo, ai giorni maldestri
e si fanno piccoli quando si surriscaldano nella stanza sigillata
a piombo rosso.
– Ma la valle delle stelle c’è, l’ho vista davvero!
Per questo poi lo sguardo prosegue in automatico la sua lenta corsa
a occhi schiacciati più che chiusi, crocefissi al tempo che scorre
in bruni granuli di rosario, come un bagliore incastonato nella notte.
3:
I paesaggi stellari maturano nel silenzio dei millenni e nel futuro
dei gialli e dei verdi che risplendono in lontananze tropicali
talvolta solo immaginari perché visti a bocca aperta e asciutta
spinti ad altezze vertiginose dalle nuvole che scorrono nel vento.
E poi la nebbia e in lontananza
l’immenso deserto del nero e dell’azzurro.
4:
La sabbia è soffice velluto che lento scorre sotto i piedi
sfonda con i suoi caldi grimaldelli il sordo rumore del giorno
dell’universo che tace facendo un baccano infernale.
Quel bianco nevoso è un mare con dentro tracce di rosso
per questo ora il sangue rapido scorre
e sussurra qualcosa che lega le mie mani al tuo sguardo.
Si resta indenni sebbene colpiti da una pioggia di meteoriti
così scrivi qualcosa per non dimenticare il giorno ma passa la notte
e cancella le iniziali di tutte le parole, gli articoli e, infine, ogni stella.
5:
Così, a sorpresa, il vento scolpisce lo sguardo
lo semina di fiumi che vanno verso il mare
di astri che sorridano alla vita.
Di limoni, di oceani e di magma dove seminare.
6:
Ma l’agro del giallo sgrana la compattezza delle tenebre
il profumo dilaga nei fianchi del corpo
nella bocca e la luce del cielo si sfalda
sfiorisce svelta all’aprirsi del giorno.
Ora l’orizzonte sembra meno piatto
la tensione s’inarca e su di essa passa un gregge di nuvole.
E come sempre si ripetono i minimi spostamenti dei pianeti.
Non più avvolti nella nebbia
lontani ma vicini nel fiato del tempo, dei giorni.
(silloge inedita)
vedi sito
http://www.filidaquilone.it/num020brandolini.html
Id: 1315 Data: 03/12/2011 08:32:22
*
da Non c’è nessuno a cena
È faticoso avere il corpo
sempre con me,
specialmente quando la fuga si accumula
e la tristezza si addensa, allora strani
simboli velano il cielo
e mi smarrisco in me stesso,
perciò disegno la pioggia,
moltiplico le acquerugiole infantili
affinché il giorno non soffochi.
***
Talvolta riesco
a scordarmi di pensare,
guardo come i sassi,
gli alberi e
gli elefanti innamorati,
allora congiungo le mani.
(dalla raccolta Nikogar ni k večerji, Nova revija, Ljubljana 2008, traduzione dallo sloveno di Jolka Milič)
in http://www.filidaquilone.it/num024milic.html)
Id: 1314 Data: 02/12/2011 08:13:58
*
L’ispirazione endecasillabica
(falesie di Monterey)
Come un gusto un profumo che evapora
tra la gola e le nari sentire
pianamente salire poesia
Nel silenzio del corpo rifiutato
pesare le parole ad una ad una
come chi sfregola piano sul palato
la madeleine di un’infanzia non sua
Perché tutta la vita e l’amore
e il dolore
e i sentimenti che pensavi eccelsi
e i pensieri che credevi arguti
non potrebbero da soli riempire
la battuta di questo endecasillabo
(tratte dalla raccolta "La terra dei lotofagi" – poesie con note, All’Insegna del Pesce D’Oro, Vanni Scheiwiller, Milano 1993)
http://www.filidaquilone.it/num012oliveira2.html)
Id: 1313 Data: 01/12/2011 07:24:18
*
Inediti di Vincenzo Errico
Non c’è mucca che allatti e che uccida,
né musica che batta o mossa che ottenga,
non equilibrio che duri o amico che resista.
Tu sei lo scandalo del mio cuore,
amore che primitivizza,
rosa che aggredisce le narici timide,
neve sconosciuta che copre
la notte lenta.
da: "Fritti" - poesie in pastella (1999-2001)
in http://neobar.files.wordpress.com/2011/11/vincenzo-errico-figurine.pdf
Id: 1312 Data: 29/11/2011 21:14:37
*
L’infinito dentro (a Carmelo Bene)
Fissa lo schermo la maschera folle
e vede, il pernod fa bene la parte,
la voce trista che lo sguardo elude
sospingere molle gli interminati
fingimenti dei vizi tuoi umani
di là dalla dieresi di quiete.
Guarda, dalla nuova teca, per poco
il cerone non disfigura il mento,
odi stormire il lamento di quello
infinito che ridonda la voce,
del cominco che sfida il padreterno,
macchina a sfinimento nel presente
di un idillio che s'incanta e calpesta
le viscere reliquie del tuo io,
di quando Otranto vomitavi al mare.
(tratto da "Pugliamondo", Edizioni Accademia di Terra d'Otranto - Neobar, Calimera, Le 2010)
Id: 1311 Data: 28/11/2011 20:13:32
*
Poeti
Vi vedo in foto libri fuori stampa
uomini con barbe nere e occhio brillo
donne scintillio di passioni fresche.
Allora conoscevo appena il nome
tutto sembrava succedere altrove,
mentre voi uno a uno morivate
giovani come polipi sbattuti
sulle rocce di Badisco, sbranati
dalla vertigine di un altro volo.
Avrei voluto vedervi invecchiare
allegramente preparare il viaggio
a Leuca con cappello a larghe falde,
vi leggo invece nelle ore tarde
scandaglio di questa striscia di terra.
(tratta da "Pugliamondo", edizioni Accademia di Terra d'Otranto - Neobar, disegni di Nadia Esposito, agosto 2010, Calimera, Le)
Id: 1307 Data: 27/11/2011 08:54:19
*
Quanti nomi, quante cose
C'è chi si chiama «leone»,
chi «bianco», chi «rosso».
Son tutti nomi
per tutte le cose;
per tutti i paesi,
Campoleone
Monterosso
Castelletto
e duomi, rose, falò accesi.
Quanti nomi, quante cose!
Chi per primo rispose
a sentirsi chiamare:
gli uomini o le cose,
le montagne o il mare?
(dal sito http://www.poesie.reportonline.it/poesie-di-alfonso-gatto/poesia-di-alfonso-gatto-quanti-nomi-quante-cose.html)
Id: 1306 Data: 26/11/2011 13:47:12
*
da Non finirò di scrivere sul mare
Non ci si può mai troppo allontanare
da te, padre, madre, mare.
Possiamo credere di farlo, noi umani sventati,
possiamo dimenticarti, e forse tra noi provare
rancore e per un momento
desiderio di ucciderti,
di spegnere il tuo movimento.
Ma pianure e colline alberate,
steppe desolate, montagne
altissime non ti possono negare
e nascondere.
Arrivano dovunque le tue onde.
Non c’è niente da fare
mai riusciamo a sfuggirti, padre, madre,
mare.
Ogni viaggio è una traversata
e oltre ogni terra che io traverso
ci sei tu, sempre e eguale e diverso
sempre di più
fedele e infedele a te stesso
torbido e dolce come è sempre il sesso
tra noi umani.
Mare, non ti siamo mai lontani
perché sei in noi dalle origini
perché sei tu che ci generi
e siamo fatti della stessa sostanza
e sottoposti alle stesse leggi astrali.
Tu sei in noi, perpetuamente
nel cranio, nel torace, nelle mani,
sei in noi onda, stella, riflesso, marea
sei il movimento che sovrasta e che culla
che dona il delirio a ogni idea
che deborda, sei il tutto e il nulla,
sei tu che spingi gli sguardi
sempre verso l’orizzonte
sei tu, è per tuo decreto
che nasce la volontà di conoscere
e ogni rovente fame di infinito.
(cfr. sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/11/21/opere-inedite-giuseppe-conte/)
Id: 1302 Data: 25/11/2011 09:49:22
*
da Il sepolcro in L’Arcangelico
il non-amore è la verità
e tutto mente nell'assenza d'amore
non c'è niente che non menta
paragonato al non-amore
l'amore è debole
e non ama
l'amore è parodia del non-amore
la verità parodia della menzogna
l'universo un suicidio gioioso
nel non-amore
l'immensità cade in se stessa
non sapendo che fare
*
l'eccesso di tenebre
è lo splendore della stella
il freddo della tomba è un dado
la morte ha giocato il dado
e l'abisso dei cieli esulta
per la notte che precipita in me
*
Il tempo mi opprime precipito
e scivolo sulle ginocchia
le mie mani tastano la notte
addio ruscelli di luce
non mi rimane che l'ombra
la feccia il sangue
attendo il tocco di campana
quando gettando un grido
penetrerò nell'ombra
*
Oltre la mia morte
un giorno
la terra volteggia nel cielo
io sono morto
e le tenebre
senza fine s'alternano al giorno
l'universo si chiude su di me
in esso cieco rimango
consegnato al nulla
(traduzione di Roberto Carifi, vedi sito http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/554-Georges-Bataille-da-LArcangelico.html)
Id: 1301 Data: 25/11/2011 08:27:00
*
Senza più peso
Per un Iddio che rida come un bimbo,
Tanti gridi di passeri,
Tante danze nei rami,
Un'anima si fa senza più peso,
I prati hanno una tale tenerezza,
Tale pudore negli occhi rivive,
Le mani come foglie
S'incantano nell'aria...
Chi teme più, chi giudica?
(1934)
(da "Il sentimento del tempo", vedi sito http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1900/ungaretti/p_senzap.htm)
Id: 1300 Data: 24/11/2011 06:56:46
*
Poesie di Davide Riccio
Bastone della pioggia
(a Pietro Paolo Parzanese)
Ecco, io suono un’acqua
di ghiaia e spine di cactus
dentro un bastone della pioggia
proprio come il poeta
parla del mare
e non è il mare
della pioggia
e non è la pioggia
della vita
e non è la vita
della morte
e non è la morte…
*
La lezione
(C'è Steve Reich
in tutte queste cicale
vera musica minimale)
Non è il frinire delle cicale -
sia canto sesso o chiacchiericcio futile -
né la muta sensatezza industriosa
delle formiche in fila
a farmi oggi da lezione, ma quando
il libeccio scuote le frasche agli alberi
suonando quasi un mare tutt'intorno
e io, esposto seminudo al sole, stanco,
sentirmi l'Odisseo sonnacchioso
sulla zattera comunque verso casa
e un vero, dolcissimo risveglio.
*
Sinfonia olofonica
(e musica concreta)
(a Pierre Schaeffer)
La mia testa è un olofono:
maracas di cicale,
vaevieni dell’upupa
l’usignolo gorgheggia,
freno motore che soffre in discesa
trattore che arranca
ronzio del bombo
e della xylocopa violacea
il cannone antigrandine
le campane del vespro…
E mia madre che dice
“Fai qualcosa di concreto!”
(tratte da "L'albero sottosopra", vedi sito http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/548-Davide-Riccio-Parracine-e-altre-poesie.html)
Id: 1299 Data: 23/11/2011 06:10:34
*
due inediti di Giacomo Cerrai
(le voci una riduzione)
le voci una riduzione,
il frammentarsi del suono
come una pulizia delle parole,
cellule d’uovo tese alle membrane
e l’aria, aspirata e persa in gole,
semplice vibrazione del pensiero…
arrivano, arrivano e giungono all’orecchio
senza omissioni, occupano
uno spazio concentrico di onde
come palloncini al soffitto,
suoni non invitati a nessuna festa
percuotono una campana sorda,
nati per essere detti o taciuti,
nati morti.
tra esse non c’è quella,
né sillaba né fonema, quella
della risposta o del rifiuto,
che lalli, ammicchi, riconosca
l’idea e il desiderio che c’era.
fuori le gazze ridono.
il grigio l’azzurro
la ruvidezza dei muri
è una realtà diversa.
*
(Nella serena disposizione delle cose)
Nella serena disposizione delle cose,
oggetti che trovano collocazione
nella nostra vita,
oggetti parenti, icone di una perfetta
congiuntura, d’una sera d’anniversario,
un anno passato così in fretta…
Rumori, fuori, così distanti
che il mondo appare inesistente,
fatto di parole disidratate,
tecnica, babele, entropia dei media.
La sua presenza è fatta
di progetti inevasi e sogni,
terra di transizione tra gioventù e domani.
Il domani non riserva giocattoli.
Se recede è perché riprendiamo il controllo
per amore o speranza.
Qui il vino non perde la sua lucentezza.
Qui il calore invernale e i vetri
appannati e la sera.
Solo domani troveremo felici queste cose,
camicie in un armadio, agnello in forno,
ritorno a casa d’un ragazzo.
Perciò suono il flauto pànico
di una motivata riconoscenza.
(tratte dal sito http://rebstein.wordpress.com/2008/03/17/imperfetta-ellisse-quattordici-poesie-inedite-di-giacomo-cerrai/)
Id: 1298 Data: 22/11/2011 07:56:13
*
I versi crescono
I versi crescono, come le stelle e come le rose,
come la bellezza - inutile in famiglia.
E, alle corone e alle apoteosi -
una sola risposta: "Di dove questo mi viene?"
Noi dormiamo, ed ecco, oltre le lastre di pietra,
il celeste ospite, in quattro petali.
Mondo, cerca di capire! Il poeta - nel sonno - scopre
la legge della stella e la formula del fiore.
14 agosto 1918
(tratta dal volume "Poesie", traduzione e cura di Pietro A. Zveteremich, Feltrinelli 2011)
Id: 1297 Data: 21/11/2011 13:57:38
*
due poesie di Marina Cvetaeva
Sono felice di vivere in modo semplice ed esemplare -
come il sole, come il pendolo, come il calendario.
D'essere un'anacoreta laica di snella figura,
savissima - come qualsiasi creatura di Dio.
Di sapere: lo Spirito è mio alleato, lo Spirito è la mia guida!
D'entrare senza annunciarmi, come un raggio e come uno sguardo.
Di vivere così come scrivo: in modo esemplare e succinto -
come Dio comanda e come gli amici non prescrivono.
22 novembre 1918
***
Tu non mi caccerai via in nesssun posto:
non si respinge la primavera!
Tu non mi toccherai, nemmeno con un dito:
troppo teneramente io canto verso il sonno.
Tu non mi diffamerai:
il mio nome è acqua per le labbra!
Tu non mi lascerai:
la porta è aperta, e la mia casa è vuota!
luglio 1919
(tratte da "Poesie", traduzione e cura di Pietro A. Zveteremich, Feltrinelli 2011)
Id: 1296 Data: 20/11/2011 09:37:51
*
Ho inciso le vene
Ho inciso le vene: inarrestabilmente,
irreparabilmente zampilla la vita.
Avvicinate scodelle e piatti!
Ogni piatto sarà - troppo basso
la scodella - piatta.
Traboccando - e intorno -
giù nella nera terra a nutrire i giunchi.
Senza ritorno, inarrestabilmente,
irreparabilmente, zampilla il verso.
6 gennaio 1934
(tratta dal volume "Poesie", traduzione e cura di Pietro A. Zveteremich, Feltrinelli, 2011)
Id: 1295 Data: 19/11/2011 06:51:06
*
Mattino dautunno
Un pallido sole che scotta
come se avesse la febbre
e fa sternutire quando
la gioia d’esser giovani
e di passeggiare di mattina
per i viali quasi deserti
è al colmo, illumina l’erba
bagnata e la facciata rosa
di un palazzo. Tutto è gioviale
buongiorno e sereno, raffreddore
e mezza stagione. E Goethe
in mezzo alla piazza sorride.
Id: 1294 Data: 18/11/2011 22:28:22
*
inediti di Piergiorgio Viti
Non andavo all’asilo volentieri,
perché le suore volevano
che indossassi quel grembiule
che mi rendeva uguale agli altri
e io invece mi sentivo diverso;
quando i compagni giocavano
io stavo per conto mio,
quando bisognava stare zitti,
a volte li infastidivo.
Ma loro - le suore intendo -
non mi punivano mai
e alle quattro, terminati i giochi,
ci facevano dormire sdraiati a terra
in uno stanzone enorme.
Mia madre, quando era bel tempo,
non voleva che dormissi
nello stanzone enorme
e mi veniva a prendere;
nel buio, un rettangolino di luce:
mia madre e la suora sullo sfondo,
e io mi sentivo in colpa
di aver interrotto i sogni degli altri
di essere stato un intruso nei loro sogni.
***
Quando io e mio fratello andammo a ballare per la prima volta,
credevamo di andare in una discoteca, invece era una balera
colma di coppiette argentate che ballavano il liscio
e anche se non ballammo mai, eravamo comunque felici
perché avevamo preso l’auto e capitava di rado
perché avevamo varcato la mezzanotte,
perché ci eravamo parlati, una sera.
(tratte da "Opere inedite", blog di poesia a cura di Luigia Sorrentino, vedi sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/11/17/opere-inedite-piergiorgio-viti/)
Id: 1293 Data: 18/11/2011 08:20:14
*
Opere inedite di Valerio Magrelli
III.
Se tutto dovesse andar bene,
ma veramente bene, senza incidenti o crolli,
infine arriverà la tremarella.
Vedo amici più anziani che vibrano,
il mento scosso, le mani inarrestabili.
Parliamo allora di questo movimento,
un vento che soffia da dentro
per scuotere le foglie delle dita
e non si ferma più.
E’ questo stormire neurologico
di fronde che dunque mi attende
se tutto, proprio tutto, andasse bene.
E mi tramuterò in una betulla
o in un cipresso sul bordo del fiume,
in quel tremolare di luci
alzate dalla brezza.
Mi farò soffio, mi farò soffiare,
panno lasciato al sole ad asciugare.
(tratta da "Opere inedite" a cura di Luigia Sorrentino, in http://poesia.blog.rainews24.it/2011/11/14/opere-inedite-valerio-magrelli/)
Id: 1292 Data: 16/11/2011 17:08:40
*
Suites inglesi
A Roland Barthes
maestro di solfeggio
Ero andato a incontrarlo da studente
per una tesi, e invece chiacchierammo
solo degli spartiti che portavo con me.
Suonava al piano Bach e la corrente
di quel “ruscello” lo sospinse via
fra mulinelli e anse.
A che serve suonare?
Un’obbedienza cieca,
un’arte marziale: l’ascesi,
e in fondo il suono che si leva uguale,
il Sempre-uguale,
nell’ostinata speranza,
se non di un lenimento,
di un mite risarcimento musicale.
(tratto da "Opere inedite", blog di poesia a cura di Luigia Sorrentino, vedi sito
http://poesia.blog.rainews24.it/2011/11/14/opere-inedite-valerio-magrelli/)
Id: 1291 Data: 16/11/2011 16:38:05
*
Notte d’inverno di un vecchio
Tutto il buio di fuori lo guardava
Attraverso quel gelo di minuscole stelle
Che incrosta i vetri nelle stanze vuote.
Ciò che impediva agli occhi di rimandare un raggio
Era quel lume obliquo che lui con la mano reggeva;
Ciò che impediva a lui di ricordare per cosa
Fosse entrato in quella stanza scricchiolante - l'età:
Dunque in mezzo ai barili restò fermo, smarrito.
E, come il suo passo pesante aveva entrando allarmato
Col suo rimbombo la cantina, uscendo
fece altrettanto; ed allarmò la notte
Fuori, la notte che ha i suoi familiari rumori,
Stormire d'alberi, troncarsi di rami, tutte cose comuni,
Ma niente di simile a un colpo su una scatola vuota.
Era una luce, se non ad altri, a se stesso
Dove ora sedette, a pensare chissà
Cosa, una quieta luce, e poi nemmeno quella.
Egli affidò alla luna, come era,
Tarda a sorgere, luna consumata,
Ma in ogni caso preferibile al sole
Per quello scopo, la neve sopra il tetto,
I ghiaccioli sul muro, perché li custodisse;
E prese sonno. Un poco lo disturbò
Il tonfare d'un ciocco che s'aggiustava
Dentro la stufa: e anch'egli s'aggiustò
Meglio, e respirò meglio, ma sempre dormendo.
Un vecchio, un uomo solo, non può badare a una casa,
A una cascina, a una campagna, o se può,
E' così che vi bada in una notte d'inverno.
(tratta da "Conoscenza della notte e altre poesie", scelte e tradotte da Giovanni Giudici, a cura di Massimo Bacigalupo, Oscar Mondadori 1988)
Id: 1290 Data: 15/11/2011 08:28:00
*
What fifty said/Quel che dissero i cinquant’anni
When I was young my teachers were the old.
I gave up fire for form till I was cold.
I suffered like a metal being cast.
I went to school to age to learn the past.
Now I am old my teachers are the young.
What can't be molded must be cracked and sprung.
I strain at lessons fit to start a suture.
I go to school to youth to learn the future.
*
Quand'ero giovane erano i vecchi i miei maestri.
Lasciai fuoco per forma fino a spegnermi.
Soffrivo come un metallo che fosse forgiato.
Andavo a scuola dai vecchi per imparare il passato.
Ora che sono vecchio ho per maestri i giovani.
Quel che non può modellarsi dev'essere infranto o piegato.
Lezioni mi torturano che riaprono antiche suture.
Vado a scuola dai giovani per imparare il futuro.
(tratto da "La conoscenza della notte e altre poesie", scelte e tradotte da Giovanni Giudici, a cura di Massimo Bacigalupo, Oscar Mondadori 1988)
Id: 1287 Data: 13/11/2011 10:03:34
*
Fuoco e ghiaccio
Dicono alcuni che finirà nel fuoco
Il mondo; altri, nel ghiaccio.
Del desiderio ho gustato quel poco
Che mi fa scegliere il fuoco.
Ma se dovesse due volte finire,
So pure che cosa è odiare,
E per la distruzione posso dire
Che anche il ghiaccio è terribile
E può bastare.
*
Some say the world will end in fire.
Some say in ice.
From what I've tasted of desire
I hold with those who favor fire.
But if I know enough of hate
To say that for destruction ice
Is also great
And would suffice.
(tratto da "Conoscenza della notte e altre poesie", scelte e tradotte da Giovanni Giudici, a cura di Massimo Bagicalupo, Oscar Mondadori 1988)
Id: 1286 Data: 13/11/2011 08:42:51
*
Piedras al agua/Pietre nell’acqua
Piedras al agua
Ahora que todo es superficie,
que nada hierve ni se agita,
que en el estanque se dibujan
las cosas acabadas, solas;
ahora que no hay destellos,
porque la luz se duerme en el regazo
abierto y neutro de este instante;
ahora que está vacío el cofre
del afuera, que junco y árbol
ignoran su raíz;
ahora, justamente ahora,
voy a tirar piedras al agua
con las que remover
este limo contrario,
este cieno exterior
de las cosas visibles.
*
Pietre nell'acqua
Ora che tutto è superficie,
che nulla s'agita o ribolle,
che nello stagno si disegnano
le cose come definite, sole;
ora che non ci sono scintillii,
perché la luce dorme nel grembo
aperto e neutro dell'istante;
ora che il baule dei dintorni
è vuoto, che il giunco e l'albero
ignorano la radice;
ora, esattamente ora,
vado a tirar pietre in acqua
con che sommuovere
questo limo avverso,
questo fango esteriore
delle cose visibili.
(tratto da "Piedras al agua", TusQuets Editores, Barcelona 2010)
* vedi sito http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/543-Antonio-Cabrera-Pietre-nellacqua.html
Id: 1285 Data: 12/11/2011 07:42:36
*
Paese
Nel guscio dei tuoi occhi
sverna una stella dura, una gemma eterna.
Ma la tua voce è un mare che si calma
a una foce di antiche conchiglie,
dove s'infiorano mani, e la palma
nel cielo si meraviglia.
Sei anche un'erba, un'arancia, una nuvola...
T'amo come un paese.
(tratta da La festa breve in "L'amaro miele", Einaudi, 1982)
Id: 1283 Data: 11/11/2011 08:42:36
*
Se anche questo è viaggio
Smarrita, tra viali
che non cercano un mare genovese,
con te stessa ti apparti in un chiaroscuro
di carruggi. Pochi sguardi, e il mio
ti insegue fra malfamati e miraggi
africani, piccola
che trasfiguri stanze
in sfondi di viaggi, che cambi
mediocrità in malinconia.
Ora c'è tutto un castello da fare,
un divano in vantaggio
sul poco spazio
e nessuno mai che viene
e lo porta via.
Io ti ascolto, chiedo
quale turbine ti ha lasciata
divisa.
Valicherai queste sedute,
in mare non saremo barche
ma un'onda sola,
armonia tornata ignara delle parole.
Me lo ripeto; e se il vento
se stanotte il vento è presente
più di noi
c'è un muro d'archi, affondato
nella terra ai margini di Pavia;
ricordi? con te mi sono promesso
d'oltrepassarlo,
se anche questo è viaggio.
(tratta da "Per ogni frazione", Campanotto 2010)
(vedi sito http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/542-Davide-Castiglione-Per-ogni-frazione.html)
Id: 1282 Data: 10/11/2011 08:35:23
*
Ho capito fin troppo
Ho capito fin troppo gli anni e i giorni e le ore
gl'intrecci degli uomini, chi ride e chi urla
giura che Cristo poteva morire a vent'anni
le gru sono passate, le rondini ritorneranno.
Sole d'oro, luna piena, le nevi dell'inverno
le mattine degli uccelli a primavera
le maledizioni e le preghiere.
(tratta dal sito http://gastibelza.altervista.org/scotellaro/hocapito.htm)
Id: 1281 Data: 09/11/2011 06:55:12
*
Io sono una forza del passato
Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d'altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l'Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d'anagrafe,
dall'orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più.
(tratta da "Poesia in forma di rosa", Garzanti, Milano 1964)
*vedi sito http://www.pasolini.net/ascolto_flash-forzapassato.htm
(tale sito contiene la registrazione della voce recitante dell'autore)
Id: 1280 Data: 05/11/2011 08:56:25
*
da Il segno della femmina
Cosa portargli se non quattro elementi per cena
e l'animale rosso che batte
sangue
dentro le mie costole.
Aprirò il pane con un solo taglio
di lingua.
Il suo petto
con la mia nudità regale.
Offrirò gli anelli
della mia spina dorsale
i miei diecimila anni per terra. Quello che vuole:
entrare.
Un lunghissimo viaggio preistorico
dentro la mia aorta
meraviglia.
(tratta da "Il segno della femmina", LietoColle 2000)
Id: 1279 Data: 04/11/2011 08:39:02
*
da Quattro quaderni
(pensa che puoi pensare,
fino a quel buio,
fino alla luce, infine, che scompare)
Luci luci…
come riluce
ciò che ha una luce, dentro,
che si spegne
splende perché accalora
perché non tace?
perché se tace dice
'va bene, tutto questo buio -
dopo sarà soltanto un po' più scuro'
fatti cupa,
occùpati di ciò che muove il moto,
la cuspide,
l'erosione che consente di premere,
posando, mettendo a posto,
nel posto in cui sarà
fatti incupita,
muovi, da qui a dopo, la parete,
l'argine,
margine che ricomincia a stare,
segnando, facendo segni,
ancora, per starci ancora
se tu non te ne andassi
che cosa
che cosa sarebbe questo luogo
qui non saresti altrove
qui
come per starci
(in un altrove, sempre,
in quello che si può,
che si può fare adesso,
fintanto che si resta)
fino a che resta ancora
un dove stare
metti
(per mettere un'altra brace al fuoco,
un'altra cosa che finisce nel calore che ti scalda)
metti che poi
(poi dopo, quando davvero, infine,
saremo così stanchi)
metti che poi, che dopo,
che ancora non sarà finita
luce, sì
verso quel poco
(versa quel poco, versalo,
quel poco tempo, ancora, finché c'è)
non ricordare più, come sarebbe?
vorremmo quella quiete?
non è meglio divampare ancora?
ancora distruggere?
(è meglio, tutto è meglio del non più
senza che mai sia stato)
(dove finirà tutto questo?
perché nel nulla di nessun ricordo di nessuno?
questo è il dolore?
quello che senti quando il corpo ha fatto tutte le sue scorte?)
(scritto, nulla
che non sia polvere, che vola, se ne va -
che non sia luce, che brilla, e dopo è buio
- e dopo è luce e dopo è buio, e dopo e dopo)
(non scritto, nulla
che non sia polvere, che vola, se ne va-
che non sia luce, che brilla, e dopo è buio
- e dopo è luce e dopo è buio, e dopo e dopo)
(a grandi passi bianchi, a scatti, come lampi,
in questo buio, verso questo buio)
(una tua mano, nel tuo sonno, ti stava accarezzando -
non moriremo più)
(tratte da "Quattro quaderni", editrice Zona, 2000)
* Consiglio di visitare il seguente sito, su cui appare un articolo dedicato al poeta recentemente scomparso: http://www.ilprimoamore.com/testo_2414.html
Id: 1278 Data: 03/11/2011 08:25:51
*
Cançao breve/Canzone breve
Cançao breve
Tudo me prende à terra onde me dei :
O rio subitamente adolescente,
A luz tropeçando nas esquinas,
As areias onde ardi impaciente.
Tudo me prende do mesmo triste amor
Que há em saber que a vida pouco dura,
E nela ponho a esperança e o calor
De uns dedos com restos de ternura.
Dizem que há outros céus e outras luas
E outros olhos densos de alegria,
Mas eu sou destas casas, destas ruas,
Deste amor a escorrer melancolia.
*
Canzone breve
Tutto mi prende la terra che mi possiede:
Il fiume d’improvviso adolescente,
La luce incespicando negli angoli,
Le sabbie ove arsi impaziente.
Tutto mi prende del medesimo triste amore
Nel sapere che la vita dura poco,
E in essa pongo la speranza e il calore
Di quanta tenerezza rimane tra le dita.
Dicono che vi sono altri cieli e altre lune
E altri occhi densi di allegria,
Ma io appartengo a queste case, a queste vie,
A questo amore grondante melanconia.
(tratta dal volume "Poesia", edito dalla Fundaçao Eugenio de Andrade, Porto, 2000.
Vedi sito http://www.poiein.it/autori/N_O/Napoli/deandrade.htm)
Id: 1276 Data: 02/11/2011 16:10:09
*
O poesia poesia poesia
O poesia poesia poesia
Sorgi, sorgi, sorgi
Su dalla febbre elettrica del selciato notturno.
Sfrenati dalle elastiche silhouttes equivoche
Guizza nello scatto e nell'urlo improvviso
Sopra l'anonima fucileria monotona
Delle voci instancabili come i flutti
Stride la troia perversa al quadrivio
Poiché l'elegantone le rubò il cagnolino
Saltella una cocotte cavalletta
Da un marciapiede a un altro tutta verde
E scortica le mie midolla il raschio ferrigno del tram
Silenzio - un gesto fulmineo
Ha generato una pioggia di stelle
Da un fianco che piega e rovina sotto il colpo prestigioso
In un mantello di sangue vellutato occhieggiante
Silenzio ancora. Commenta secco
E sordo un revolver che annuncia
E chiude un altro destino
(tratto da http://www.club.it/autori/grandi/dino.campana/poesie.html)
Id: 1270 Data: 31/10/2011 08:15:22
*
E’ quel che è
È assurdo
dice la ragione
È quel che è
dice l'amore
È infelicità
dice il calcolo
Non è altro che dolore
dice la paura
È vano
dice il giudizio
È quel che è
dice l'amore
È ridicolo
dice l'orgoglio
È avventato
dice la prudenza
È impossibile
dice l'esperienza
È quel che è
dice l'amore
(tratta da "E' quel che è", traduzione di Andrea Casalegno, Einaudi 1988)
Id: 1267 Data: 29/10/2011 09:33:44
*
Il doppio sguardo
Quante volte si è detto
il mondo deperisce.
Quante volte si è detto
il mondo fa naufragio.
Dovremmo misurare meglio
le parole: ché il mondo
deperisce eppure ingrassa;
e mentre naufraga galleggia.
È questa la fatica
a cui siamo vocati: sostenere
un doppio sguardo, capace
di fissare in faccia la rovina
e assieme la lamina di sole
che accende ogni mattina.
(vedi sito http://www.gironi.it/poesia/marcoaldi.php)
Id: 1266 Data: 28/10/2011 22:59:28
*
Ultimo frammento
E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.
(tratta da "Il nuovo sentiero per la cascata", minimum fax, traduzione di Riccardo Duranti, vedi sito http://digilander.libero.it/confratchianti/libri_carver-poesie-01.htm#rami)
Id: 1265 Data: 28/10/2011 08:27:01
*
Luogo comune
Poi che il sesso non batte
le stanche finestre io schiudo
alla stridente luce dell’altrove.
Orfane le parole
s’attorcono
nel rinsecchito bagliore
d’un dio che mi accoltella e muore.
(Tratto da "Ultimo Mare" Manni Editore, 2003)
Id: 1264 Data: 27/10/2011 22:05:41
*
Bell’imbriana
Avresti dovuto
mettermi nuda fra le tue gambe
e darmi di nuovo la vita.
Chiamare tutte le cose
con un nome nuovo
perché fossero le mie cose
le tue cose
le nostre cose.
Avresti dovuto chiederti
perché mi chiudevo negli armadi al buio
e azzittivo i rumori
e diventavo feto intirizzito
maledicendomi con un cerchio sulla testa.
Avresti dovuto
confortarmi, nutrirmi, cullarmi,
mettermi una coperta rosa fatta all'uncinetto
lasciarmi peccare nell'egoismo
attaccata all'oro bianco delle tue mammelle.
Avresti dovuto somigliarmi
farmi credere alla verità lucente del vetro
degli anni che mutano la forma della sembianza,
una nuova architettura
spirali di vertebre e capelli
pilastri gemelli, e gemelle viventi.
Io c'ero.
C'ero sempre stata.
Sciupata dalle ditate sulle spalle,
- povero piccolo insetto -
pestata, ammaccata, inquieta,
pluviometro di lacrime,
azzoppate e sommerse dalle adolescenze,
dalle poesie veloci come spine,
e alla fine del fondale,
uno zodiaco d'acqua
con dodici segni disuguali a chiamarmi orfana,
accatastata
da un sonno leggero e storpio
che m'induceva a svegliarmi
nelle notti che disavanzavano dal sogno
e tenerti vicino,
a guardarmi,
ombra proiettata di corpo madre,
madre mia.
(vedi http://neobar.wordpress.com/)
Id: 1262 Data: 26/10/2011 21:02:30
*
O último poema / Lultima poesia
O ÚLTIMO POEMA
Assim eu quereria o meu último poema
Que fosse terno dizendo as coisas
mais simples e menos intencionais
Que fosse ardente
como um soluço sem lágrimas
Que tivesse
a beleza das flores quase sem perfume
A pureza da chama
em que se consomem os diamantes mais límpidos
A paixão dos suicidas
que se matam sem explicação.
L’ULTIMA POESIA
Così io vorrei la mia ultima poesia
Che fosse tenera dicendo le cose più
semplici e meno intenzionali
Che fosse ardente
come un sighiozzo senza lacrime
Che avesse
la bellezza dei fiori quasi senza profumo
La purezza della fiamma
in cui si consumano i diamanti più limpidi
La passione dei
suicidi che si uccidono senza spiegazione.
(Trad. V.L. de Oliveira
Poesia straniera - Portoghese e
Brasiliana
La Biblioteca di Reppubblica)
(vedi sito http://guide.supereva.it/portoghese/interventi/2004/10/180515.shtml)
Id: 1261 Data: 25/10/2011 22:19:54
*
Uccelli
Il vento è un'aspra voce che ammonisce
per noi stuolo che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti, viola
scavato nel viola inesauribile,
miniera senza fondo dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell'azzurro che s'apre oltre l'azzurro,
nel tempo ch'è di là dal tempo; alcuni
mandano grida acute che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia è il moto delle cime
nell'ora - quasi non si può pensare
né dire - quando su steli invisibili
tutt'intorno una primavera strana
fiorisce in nuvole rade che il vento
pasce in un cielo o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia, la schiarita.
(tratto da "Onore del vero", in http://www.club.it/autori/grandi/mario.luzi/poesie.html)
Id: 1258 Data: 24/10/2011 13:51:35
*
Un’altra vita
E’ comparsa inattesa,
come una crepa,
sul bordo del tavolo,
nell’angolo;
come per caso,
presa di taglio
da una luce fredda,
come una resa:
l’inattesa scossa,
il tuffo, l’idea
che questa
è un’altra vita.
(da "Amnesie amniotiche", prefazione di Giovanni Nuscis, Faloppio (CO), LietoColle Libri, Collana “Erato”, 2009, nel sito http://rebstein.wordpress.com/2009/07/03/amnesie-amniotiche-di-pasquale-vitagliano/)
Id: 1256 Data: 23/10/2011 21:53:41
*
Non era felicità neanche quella
La culla era un cassetto del comò
la bambola di pezza
anzi di cartapesta
aveva gli occhi disegnati blu
i capelli di stoppa
e mia sorella la ninnava a sera
io no
facevo finta d'esser grande
volevo solo leggere e imitare
mia nonna che faceva la frittata
e mi faceva sbattere le uova
La poca vita andava condivisa
con le amichette della stessa scala.
Ma c'era un'assoluta povertà.
Allora mi domando
oggi che abbiamo tanto
e questo tanto non ci basta mai
dov'è che abbiamo errato?
Visto che non è certo il capitale
a farci progredire
se viene tolto al povero e arricchisce
la curia il governante e il banchiere.
Si disquisisce tanto sull'amore
intanto che il regresso
è in atto e sta togliendo ogni valore
al clandestino come al manovale
e non permette più di rinsavire.
Ovunque
pare stia vincendo il male
Ma forse non è vero e c'è chi ama
davanti a un forno mentre cuoce il pane.
(da "La Versione di Giuseppe", Accademia di Terra d'Otranto - Neobar, 2011)
Id: 1253 Data: 23/10/2011 15:45:07
*
da Lasso nella neve
E’ novembre e dicembre e non è inverno,
non c’è più una stagione.
Foglie a terra, ma è polvere di scena,
alberi come quinte, un teatrino
con nulla d’imminente.
Gente per via, neon ai pianiterra, uffici,
mattino, pomeriggio, uguali, grigi.
Ma viene sera.
Stendi la mano sul tuo drink serale
e guarda:
il neon blu il barista il banco acciaio
corpi facce e le bocche cosa stanno bevendo,
ascolta quel che dicono, ci sei
e anche loro ci sono e ci saranno.
Felicità. E’ strano ci sia ancora,
questo riso segreto sotto il cuore,
la voglia d’essere
d’esserci in mezzo agli altri,
e che tutto ha senso
e che c’è l’avvenire.
(da "L'asso nella Neve", Transeuropa 2011)
(vedi sito http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/02/17/anna-maria-carpi-lasso-nella-neve/)
Id: 1251 Data: 21/10/2011 21:12:38
*
Aria alle stanze
L’ora dell’ombra ormai quasi discesa
come trasforma le cose lo vedi
poi che sprofondano i consueti arredi
nella stanza da lei già in parte presa
e luce non c’è più quasi ma illesa
è la finestra presso cui ti siedi
l’alta finestra dalla quale accedi
alla malinconia propria – sottesa
del giardino concluso da tre lati
dove l’ultimo livido chiarore
splende al di là dei vetri quadrettati
fino a che il giorno perde il suo valore
e dei momenti suoi tutti passati
la memoria nebbiosa avvolge il cuore.
(da "Aria alle stanze", Einaudi 2003)
Id: 1250 Data: 21/10/2011 19:58:08
*
da Cento poesie d’amore a Ladyhawke
Nella mia testa
c’è sempre stata una stanza vuota per te
quante volte ci ho portato dei fiori
quante volte l’ho difesa dai mostri
Adesso ci abito io
e i mostri sono entrati con me
*
Tu non ricordi
ma in un tempo
così lontano che non sembra stato
ci siamo dondolati
su un’altalena sola
Che non finisse mai quel dondolio
fu l’unica preghiera in senso stretto
che in tutta la mia vita
io abbia levato al cielo
*
Coincidere con chi si è diventati
credendo sia saggezza
è il più facile dei tradimenti
perché il suo castigo è nella pace
(Einaudi, 2007)
Id: 1249 Data: 21/10/2011 10:27:00
*
da Una strana gioia di vivere
Con il cielo coperto e con l'aria monotona
grassa di assenti rumori lontani
nella mia età di mezzo (né giovane né vecchia)
nella stagione incerta, nell'ora più chiara
cosa venivo io a fare con voi sassi e barattoli vuoti?
L'amore era lontano o era in ogni cosa?
(tratta da "Una strana gioia di vivere" [1949-1955], dal sito http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1900/penna/SP_indice-strana-gioia.htm)
Id: 1248 Data: 20/10/2011 22:31:08
*
La mia vita è monotona
La mia vita è monotona, se arde
un calmo sole alle persiane verdi.
Si fa docile sguardo, calmo amore
anonimo, poesia di quattro versi.
(Poesie Inedite [1938-1955], dal sito http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1900/penna/SP_indice-inedite2.htm)
Id: 1247 Data: 20/10/2011 07:52:44
*
Assenzio
La deserta stagione
nell'acqua dei cortili
le sue gioie scompone
precipita dai clivi.
Verso i monti delle alpi
torna azzurro ed assenzio
di venti, torna ai campi
la sagra del silenzio.
E il tuo freddo rimpianto
sta sui vacui confini
contro il porpureo vanto
dei mosti e dei giardini
mentre l'astro crudele
dalle attardate sfere
rigèrmina e fedele
cresce nel suo potere.
Sigillo augusto, degna
fine, voto profondo,
spada che a morte segna
per sempre il cielo e il mondo,
delle tenebre alunno
che impietrisci l'aurora!
Nell'ombra dell'autunno
il chiuso bosco odora.
(tratta da http://neobar.wordpress.com/2011/10/18/andrea-zanzotto-assenzio/)
Id: 1245 Data: 19/10/2011 06:54:38
*
I giorni del poeta - a Neruda
Nei giorni della sua vita
ebbe accadimenti tristi
e amabili.
Il cielo cambiò colore molte volte
e la pioggia del sud
rancorosa lavò
ogni inverno
la terra che leccò nella sua infanzia.
Veloci macchine solcarono lo spazio
oltre i sogni
e dal mare sorsero oggetti incantati
che conservò con amore.
Girò il mondo su grandi barche
e percorse a cavallo la Cordigliera delle Ande
in altro tempo di nebbie.
Presenziò accadimenti rari e belli.
Si fotografò in luoghi con nomi esotici
(è possibile ricordarlo con una camicia fregiata
un berretto
una pipa).
Appariva e spariva nel suo paese di fiori e vino
ma il giorno della sua morte
fu un giorno oscuro e freddo.
Un paese brutalmente sgretolato si allontana.
Cosa videro i suoi occhi piccoli e avidi
per l’ultima volta:
tutta la poesia sprofondata in un pozzo,
o il fuoco che divorava città
o gli uomini che si diluivano come ombre
di ombre
mentre un fiume turpe precipita la sua collera animale.
Nei gironi della sua vita ebbe accadimenti
tristi e amabili,
successero molte cose belle
e altre
impossibili da comprendere.
*
En los días de su vida
hubo acontecimientos tristes
y amables.
El cielo cambió de color muchas veces
y la lluvia del sur
rencorosa lavó
cada invierno
la tierra que él lamió en su infancia.
Veloces máquinas surcaron el espacio
más allá de los sueños
y del mar surgieron objetos encantados
que guardó con amor.
Dio la vuelta al mundo en grandes barcos
y cruzó a caballo la Cordillera de los Andes
en otro tiempo de tinieblas.
Acontecimientos raros y bellos presenció.
Se fotografió en lugares con nombres exóticos
(es posible recordarlo con una camiseta listada
un gorro
una pipa).
Aparecía y desaparecía en su país de flores y vino
pero el día de su muerte
fue un día oscuro y frío
rodeado de otros días oscuros y fríos.
Un país feamente agrietado se le aleja.
Qué vieron sus ojos pequeños y ávidos
por última vez:
toda la poesía sumida en un pozo,
o el fuego devorando ciudades
o los hombres diluyéndose como sombras de
sombras
mientras un río turbio precipita su cólera animal.
En los días de su vida hubo acontecimientos
tristes y amables,
ocurrieron muchas cosas hermosas
y otras
imposibles de comprender.
(dalla rivista http://www.sagarana.net/anteprima.php?quale=415, traduzione di Tomaso Pieragnolo)
Id: 1235 Data: 17/10/2011 13:53:18
*
Vedo dal buio
I
Vedo dal buio
come dal più radioso dei balconi.
Il corpo è la scure: si abbatte sulla luce
scostandola in silenzio
fino al varco più nudo - al nero
di un tempo che compone
nello spazio battuto dai miei piedi
una terra lentissima
- promessa
(dal sito http://rebstein.wordpress.com/2007/08/27/se-ho-scritto-e-per-pensiero-poesie-di-antonella-anedda/)
Id: 1234 Data: 16/10/2011 10:40:44
*
da New Poems
sempre sia il mio cuore aperto ai piccoli
uccelli che sono il segreto del vivere
qualsiasi loro canto è meglio del sapere
e gli uomini che non li sentono sono vecchi
sempre la mia mente vaghi affamata
intrepida assetata e agile
e anche s'è domencia il torto sia mio
ché se la gente ha ragione non è giovane
e che io non faccia mai nulla di utile
e il mio amore per te sia più che sincero
perché nessuno giammai fu così stolto
da non attirarsi con un sorriso il cielo
(da "Poesie", traduzione di Mary de Rachewiltz, Einaudi 1987)
Id: 1232 Data: 14/10/2011 21:42:39
*
Contro l’esilio (a M. B.)
Il ciliegio quell'anno aveva un male nel corpo
a fiorire, come
se inclinasse una chioma innaturale
verso un mondo che non vagliava
le cavità del mondo. Le donne
si stringevano fasce intorno ai lombi
vaporanti nell'alba meschina
e perle
serene sulla fronte, simili
a beccate fugaci
di migratori, cose che al sole
svaniscono: una disfunzione, un singhiozzo
appena percettibile di tutta la terra
che dorme sotto il velo
di ginestre precoci, sotto le ali.
Abitazioni estese lungo i fiumi, euforia chimica
dai comignoli neri. L'industria colma di olio
verdognolo le arterie. Le voci di Giovanna
fanno silenzio
mentre tocca il fiore con le mani
e sta come
la carne denudata nei tabernacoli.
Sul nero sanguinante
di quel corpo ricade
il nevischio del volto
e una profezia di rami in fiore.
Lui ha saltato la rete - eppure quella notte
non si vedeva a un passo.
Dopo diverse ore di cammino
ha bussato alla casa dell'infanzia
diceva solo mamma non è niente
diceva mamma sono solo
stanco, solo stanco.
Roma, 18 dicembre 2007, inedito
(dal sito http://www.chiaradeluca.com/Maria_Grazia_Calandrone_poesie.htm)
Id: 1230 Data: 13/10/2011 21:31:09
*
Martirio breve di Maria ovvero detto del cuore su
Martirio breve di Maria ovvero detto del cuore su se stesso
Lei lapidata dal suo stesso amore – solido e bianco
come un sasso – dice
ti amo
come una parola
detta in punto di morte.
(dal sito http://fragmentart.splinder.com/post/18524364/due-poesie-di-maria-grazia-calandrone)
Id: 1229 Data: 13/10/2011 21:15:26
*
Tangenziale Est
Voi non sapete la vostra bellezza, i colori magnifici che fate, la vastità marina dei cassetti
con le isole meridiane dei calzini
amaranto al mattino, come commuova il lasco
delle frizioni in questa ora quieta del Sud.
Tra corpo e polietilene non c’è spazio. Eppure resiste
qualcosa
di ancora non caduto, di non completamente
disseccato. Scocca di resine. Organi
scuri e molli. Milza. Pistone. Adesso guarda
dentro questa assenza di spazio, tocca questo stiparsi. La materia granata
del cuore. Contachilometri. Stantuffo. Serratura. Portello
posteriore. Gangli
di cavi e valvole. La pituitaria. Ganglio
dell’ipotalamo. Ora abbandona tutta la speranza
lascia che affiori
dal tuo volto la meridiana gialla
del caso – giallo
radiante, giallo
maturo. Un sorriso
di scimmia. Bianco. Un sorriso
canino. Cambio. Filo dei freni. Tendini
e loro estensione. La gravità ci piega verso il basso. Cilindri, aghi
e puntatori. Prolungamento delle rotule nell’albero
motore. Il biglietto coi nomi che hai lasciato
nella cavità della roccia,
la scia di sangue con la quale hai sbiancato il suo cuore.
Guarda queste colonne orizzontali, questo moto da luogo, guarda il compatto
e insieme il differenziato, questa massa bellissima di corpo e macchina
mossa
ogni giorno da mantici di volontà.
Siamo una collettiva dedizione. Dopo, ci dividiamo.
Pensa al continuo affrontarsi
di cortecce orbitali,
pensa
che un millimetro scarso di membrana conserva le creature
nel sacco del proprio comportamento morale. Pure, non c’è omicidio. Le autovetture sfilano con obbedienza
lungo la tangenziale. Uno spettacolo
di ordine amoroso. Potrebbe essere
un massacro, una piaga d’ira. Ma siamo
gentilissimi. Dorsali. Retti
da un quotidiano affetto di scimmie. Nessun investimento volontario. Raramente
qualcosa sfugge. Un trionfo ordinario di amore,
un rogo morale
di volti umani e vetro.
Sotto di voi è distesa la colata di pace
della carreggiata. Raramente qualcosa
deraglia. Solo talvolta il cuore – l’orbita
magna – guizza
nella maglia d’uranio
della sopraelevata. Solo talvolta
un soffio del sangue
porta fin qui, sui groppi
di cemento del ponte
la luce delle rose. Allora
la gabbia di zinco dello spartitraffico riluce in questa quiete
come la scia del sorriso degli immortali
allora soffia
sulla groppa di minerale inerte che s’inarca
nell’ampia e bianca radiazione
tra Scalo San Lorenzo e
Via Prenestina un’asciuttezza di sabbia
con le rovine e le biciclette d’oro.
Adesso sei continuamente in contatto
completamente divaricato dal canto
sei allo scoperto, tutto
smemoratezza, esposto
in tutta la superficie
e per ciò inattaccabile
sdrucciolo
brilli come una catena di luce che oscilla.
Brilli come una cosa.
Sei curvo come un masso di sentimenti.
Riesci ad amare il tuo benefattore.
Roma, 29 settembre 2011
(inedito, dal sito http://www.francoarminio.it/2011/10/10/tangenziale-est/)
Id: 1228 Data: 13/10/2011 00:00:14
*
Hotel Insonnia
Mi piaceva quel mio piccolo buco
con la finestra che dà su un muro di mattoni.
La stanza accanto aveva un piano.
Due tre sere al mese
un vecchio storpio veniva a suonare
Il mio azzurro paradiso.
Perlopiù, però, era tranquillo.
Ogni camera col suo ragno in soprabito pesante
che prende la sua mosca con una rete
di fumo di sigaretta e cerimonie.
Era tanto buio
che non riuscivo a vedermi nello specchio
sul lavabo.
Alle 5 del mattino il suono di piedi nudi al piano
di sopra.
Lo "Zingaro" che dice la fortuna,
ha il negozio all'angolo,
va a pisciare dopo una notte d'amore.
Una volta, pure il suono di un bambino
che singhiozza.
Era così vicino che pensai
per un momento che singhiozzavo anch'io.
(traduzione di Andrea Molesini, dal sito http://www.adelphiana.it/pdf/simic.pdf)
Id: 1227 Data: 12/10/2011 22:21:55
*
Conoscenza della notte
Io sono uno che ha conosciuto la notte.
Ho fatto nella pioggia la strada avanti e indietro.
Ho oltrepassato l’ultima luce della città.
Io sono andato in fondo al vicolo più tetro.
Ho incontrato la guardia nel suo giro
ed ho abbassato gli occhi, per non spiegare.
Io ho trattenuto il passo e il mio respiro
quando da molto lontano un grido strozzato
giungeva oltre le case da un’altra strada,
ma non per richiamarmi o dirmi un commiato;
e ancor più lontano, a un’incredibile altezza,
nel cielo un orologio illuminato
proclamava che il tempo non era giusto, né errato.
Io sono uno che ha conosciuto la notte.
(Traduzione di Giovanni Giudici)
Acquainted With the Night
I have been one acquainted with the night.
I have walked out in rain - and back in rain.
I have outwalked the furthest city light.
I have looked down the saddest city lane.
I have passed by the watchman on his beat
And dropped my eyes, unwilling to explain.
I have stood still and stopped the sound of feet
When far away an interrupted cry
Came over houses from another street,
But not to call me back or say good-bye;
And further still at an unearthly height,
One luminary clock against the sky
Proclaimed the time was neither wrong nor right.
I have been one acquainted with the night.
(tratta dal sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/10/02/robert-frost-conoscenza-della-notte-altre-poesie/)
Id: 1226 Data: 12/10/2011 10:57:35
*
Nel mio paese
Leggeri ormai sono i sogni,
da tutti amato
con essi io sto nel mio paese,
mi sento goloso di zucchero,
al di là della piazza e della salvia rossa
si ripara la pioggia
si scioglono i rumori
ed il ridevole cordoglio
per cui temesti con tanta fantasia
questo errore del giorno
e il suo nero d'innocuo serprente
Del mio ritorno scintillano i vetri
ed i pomi di casa mia,
le colline sono per prime
al traguardo madido dei cieli,
tutta l'acqua d'oro è nel secchio
tutta la sabbia nel cortile
e fanno rime con le colline
Di porta in porta si grida all'amore
nella dolce devastazione
e il sole limpido sta chino
su un'altra pagina del vento.
(da "Dietro il paesaggio", in "Poeti italiani del Secondo Novecento, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, I Meridiani Mondadori, 1996)
Id: 1225 Data: 11/10/2011 22:09:53
*
Sì, ancora la neve
"Ti piace essere venuto a questo mondo?"
Bamb.: Sì, perché c'è la STANDA".
Che sarà della neve
che sarà di noi?
Una curva sul ghiaccio
e poi e poi... ma i pini, i pini
tutti uscenti alla neve, e fin l'ultima età
circondata da pini. Sic et simpliciter?
E perché si è - il mondo pinoso il mondo nevoso -
perché si è fatto bambucci-ucci, odore di cristianucci,
perché si è fatto noi, roba per noi?
E questo valere in persona ed ex-persona
un solo possibile ed ex-possibile?
Hölderlin: "siamo un segno senza significato":
ma dove le due serie entrano in contatto?
Ma è vero? E che sarà di noi?
E tu perché, perché tu?
E perché e che fanno i grandi oggetti
e tutte le cose-cause
e il radiante e il radioso?
Il nucleo stellare
là in fondo alla curva di ghiaccio,
versi inventive calligrammi ricchezze, sì,
ma che sarà della neve dei pini
di quello che non sta e sta là, in fondo?
Non c'è noi eppure la neve si affisa a noi
e quello che scotta
e l'immancabilmente evaso o morto
evasa o morta.
Buona neve, buone ombre, glissate glissate.
Ma c'è chi non si stanca di riavviticchiarsi
graffignare sgranocchiare solleticare,
di scoiattolizzare le scene che abbiamo pronte,
non si stanca di riassestarsi
- l'ho, sempre, molto, saputo -
al luogo al bello al bel modulo
a cieli arcaici aciduli come slambròt cimbrici
al seminato d'immagini
all'ingorgo di tenebrelle e stelle edelweiss
al tutto ch'è tutto bianco tutto nobile:
e la volpazza di gran coda e l'autobus
quello rosso sul campo nevato.
Biancaneve biancosole biancume del mio vecchio io.
Ma presto i bambucci-ucci
vanno al grande magazzino
- ai piedi della grande selva -
dove c'è pappa bonissima e a maraviglia
per voi bimbi bambi con diritto
e programma di pappa, per tutti
ferocemente tutti, voi (sniff sniff
gran gnam yum yum slurp slurp:
perché sempre si continui l'"umbra fuimus fumo e fumetto"):
ma qui
ahi colorini più o meno truffaldini
plasmon nipiol auxol lustrine e figurine
più o meno truffaldine:
meglio là, sottomano nevata sottofelce nevata...
O luna, ormai,
e perfino magnolia e perfino
cometa di neve in afflusso, la neve.
Ma che sarà di noi?
Che sarà della neve, del giardino,
che sarà del libero arbitrio e del destino
e di chi ha perso nella neve il cammino
(e la neve saliva saliva - e lei moriva)?
E che si dice là nella vita?
E che messaggi ha la fonte di messaggi?
Ed esiste la fonte, o non sono
che io-tu-questi-quaggiù
questi cloffete clocchete ch ch
più che incomunicante scomunicato tutti scomunicati?
Eppure negli alti livelli
sopra il coma e il semicoma e il limine
si brusisce e si ronza e si cicala-ciàcola
- ancora - per una minima e semiminima
biscroma semibiscroma nanobiscroma
cose e cosine
scienze lingue e profezie
cronaca bianca nera azzurra
di stimoli anime e dèi,
libido e cupìdo e la loro
prestidigitazione finissima;
è così, scoiattoli afrori e fiordineve in frescura
e "acqua che devia
si dispera si scioglie s'allontana"
oltre il grande magazzino ai piedi della selva
dove i bambucci piluccano zizzole...
E le falci e le mezzelune e i martelli
e le croci e i designs-disegni
e la nube filata di zucchero che alla psiche ne vie?
E la tradizione tramanda tramanda fa passamano?
E l'avanguardia ha trovato, ha trovato?
E dove il fru-fruire dei fruitori
nel truogolo nel buio bugliolo nel disincanto,
dove, invece, l'entusiasmo l'empireirsi l'incanto?
Che si dice lassù nella vita,
là da quelle parti là in parte;
che si cova si sbuccia si spampana
in quel poco in quel fioco
dentro la nocciolina dentro la mandorletta?
E i mille dentini che la minano?
E il pino. E i pini-ini-ini per profili
e profili mai scissi mai cuciti
ini-ini a fianco davanti
dietro l'eterno l'esterno l'interno (il paesaggio)
dietro davanti da tutti i lati,
i pini come stanno, stanno bene?
Detto alla neve: "Non mi abbandonerai mai, vero?"
E una pinzetta, ora, una graffetta.
(da "La Beltà", in "Poeti italiani del secondo Novecento" a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996)
Id: 1224 Data: 11/10/2011 07:37:06
*
Esistere psichicamente
Da questa artificiosa terra-carne
esili acuminati sensi
e sussulti e silenzi,
da questa bava di vicende
- soli che urtarono fili di ciglia
ariste appena sfrangiate pei colli -
da questo lungo attimo
inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
da tutto questo che non fu
primavera non luglio non autunno
ma solo egro spiraglio
ma solo psiche,
da tutto questo che non è nulla
ed è tutto ciò ch'io sono:
tale la verità geme a se stessa,
si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
Chiarore acido che tessi
i bruciori d'inferno
degli atomi e il conato
torbido d'alghe e vermi,
chiarore-uovo
che nel morente muco fai parole
e amori.
(da "Vocativo", in http://www.club.it/autori/grandi/andrea.zanzotto/poesie.html)
Id: 1222 Data: 10/10/2011 20:57:55
*
Maternità del verde
Ho un filo di erba nel cervello
che fa l'ombra verde
alle parole zitte del pensiero.
Le mie parole bestie con il muso rinsecchito e sformato
ricercano dio
tra la concimaia e lo stellame.
Trasportano la fame di arrivarlo
e di congiungersi a lui in branco.
E io le sento frugare l'uscio della luce,
le sento desolate nella loro solitudine
o in chiacchiericcio furibondo
quando si concepiscono a vicenda con il verde
dell'ombra.
(dal sito http://www.graffinrete.it/polispoiesis/autore.php?a=19)
Id: 1221 Data: 10/10/2011 14:58:41
*
Mistero per la strada/Marzo ’79/Verso casa
Mistero per la strada
Si posò la luce del giorno sul viso di un uomo addormentato.
Gli giunse un sogno più vivido
Ma non si svegliò.
Si posò l’oscurità sul viso di un uomo in cammino
Tra la gente nei raggi di sole
Forti e impazienti.
D’un tratto si fece buio come per il temporale.
Io ero in una stanza che conteneva tutti gli istanti -
Un museo di farfalle.
Tuttavia il sole era forte come prima.
I suoi pennelli impazienti dipingevano il mondo.
Marzo '79
Stanco di tutto ciò che viene dalle parole, parole non linguaggio,
Mi recai sull’isola innevata.
Non ha parole la natura selvaggia.
Le sue pagine non scritte si estendono in ogni direzione.
Mi imbatto nelle orme di un cerbiatto.
Linguaggio non parole.
Verso casa
Corse fuori nella notte la telefonata rifulgendo in campagna e nelle periferie.
Poi dormii preoccupato nel mio letto d’albergo.
Somigliavo all’ago di una bussola portato nel bosco da un fondista col cuore palpitante.
(traduzione di Franco Buffoni, incluse in F. Buffoni, Songs of Spring. Quaderno di traduzioni, Marcos y Marcos 1999)
Id: 1220 Data: 09/10/2011 08:47:42
*
I ricordi mi vedono/La coppia
I ricordi mi vedono
Una mattina di giugno in cui era troppo presto
Per svegliarmi ma troppo tardi per riprendere sonno,
Devo uscire nel verde che è colmo
Di ricordi, e mi seguono con lo sguardo.
Non si vedono, si fondono completamente
Al paesaggio, perfetti camaleonti.
Sono così vicini che li sento respirare
Benché il canto degli uccelli dia stupore.
*
La coppia
Spengono la luce ma la sua bianca campana di vetro
Riluce ancora un istante prima di svanire del tutto
Come una pastiglia in un bicchiere di oscurità. Poi si alza.
E le pareti dell’albergo si slanciano nel buio del cielo.
I movimenti dell’amore si esauriscono e loro dormono
Ma i pensieri più segreti si incontrano
Come quando due colori si fondono
Sulla carta umida del disegno di un bimbo.
Buio e silenzio. Ma la città stanotte si è avvicinata.
Con le finestre spente. Sono giunte le case.
Stanno molto vicine nell’attesa affollata,
Di gente dal volto inespressivo.
(traduzione di Franco Buffoni, incluse in F. Buffoni, Songs of Spring. Quaderno di traduzioni, Marcos y Marcos 1999)
Id: 1217 Data: 08/10/2011 17:18:53
*
Il suono
E il merlo soffiò sulle ossa dei morti col suo canto.
Seduti sotto un albero, sentivamo il tempo affondare
sempre più.
Il cimitero e il cortile della scuola s'incontrarono e confluirono
come due correnti in mare.
Il suono delle campane si avviò nell'aria portato dalla morbida
leva dell'aliante.
Lasciarono un più grande silenzio sulla terra
e i quieti passi di un albero, i
passi quieti di un albero.
(traduzione di Maria Cristina Lombardi, per l'editore Crocetti, da "Repubblica" del 7-10-11, pag. 53)
Id: 1215 Data: 08/10/2011 07:54:00
*
Pagina di libro notturno
Sbarcai una notte di maggio
in un gelido chiaro di luna
dove erba e fiori erano grigi
ma il profumo verde.
Salii piano un pendìo
nella daltonica notte
mentre pietre bianche
segnalavano alla luna.
Uno spazio di tempo
lungo qualche minuto
largo cinquantotto anni.
E dietro di me
oltre le plumbee acque luccicanti
c’era l’altra costa
e i dominatori.
Uomini con futuro
invece di volti.
(traduzione di Maria Cristina Lombardi, dal sito http://www.unita.it/culture/una-poesia-del-nobel-transtromer-1.339193)
Id: 1214 Data: 07/10/2011 07:29:02
*
e deciduo
il dio vegetale
non ammette repliche:
è il da farsi degli alberi,
e il disfarsi sulle cortecce
dove la luce si aggrappa
come iniziali
e scivola sulla terra,
con la sua propria traduzione
di foglie e decadimenti
e resurrezioni,
lontano da occhi indiscreti.
E’ il farsi di spettri più gialli,
di lente marcescenze.
Ovunque l’amore delle pietre,
affondando la terra,
e di acque che fluiscono
ove possibile, verso ogni possibile
alveo,
ogni corrente ascensionale.
Da un punto d’osservazione casuale
enne più uno autunni, lineare frazione
di tempo,
un universo minuto,
difficile eredità,
noi incapacità del creato.
(Poesia inedita tratta da http://www.poesia2punto0.com/2010/10/25/parola-ai-poeti-giacomo-cerrai/)
Id: 1211 Data: 06/10/2011 06:49:38
*
(Nella serena disposizione delle cose)
Nella serena disposizione delle cose,
oggetti che trovano collocazione
nella nostra vita,
oggetti parenti, icone di una perfetta
congiuntura, d’una sera d’anniversario,
un anno passato così in fretta…
Rumori, fuori, così distanti
che il mondo appare inesistente,
fatto di parole disidratate,
tecnica, babele, entropia dei media.
La sua presenza è fatta
di progetti inevasi e sogni,
terra di transizione tra gioventù e domani.
Il domani non riserva giocattoli.
Se recede è perché riprendiamo il controllo
per amore o speranza.
Qui il vino non perde la sua lucentezza.
Qui il calore invernale e i vetri
appannati e la sera.
Solo domani troveremo felici queste cose,
camicie in un armadio, agnello in forno,
ritorno a casa d’un ragazzo.
Perciò suono il flauto pànico
di una motivata riconoscenza.
(http://rebstein.wordpress.com/2008/03/17/imperfetta-ellisse-quattordici-poesie-inedite-di-giacomo-cerrai/)
Id: 1210 Data: 05/10/2011 21:35:16
*
da Lezione all’aperto
Arrendevoli alberi e arbusti,
lucidi nella loro carta, ma dentro opachi.
Curvi e pendenti ma soddisfatti come sessi.
O mossi e protesi, a spigoli.
Ben collegati al tepore dei loro canali.
Di superfici erette e tese. Esplosi.
Eppure ben difesi dentro le maglie dure
del guscio. Si versano senza avarizia.
La luce che assorbono va lungo strali e arti.
Si macchiano di rosso, se necessario.
O escono dalla propria levigata pelle
in spine e foglie. Divisi. Si aggregano
e danno frutti o difese. Si gonfiano
in serbatoi di alimento e di sonno.
Piovono giù. Allontanano l'acqua dal sughero.
Organizzano dischi sovrapposti, eliche
dure. Bacche o pigre trombe. Pomi di folta luce.
Si negano e si mediano.
Crescono.
(tratta dal sito http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/544-Lezione-allaperto,-Alfonso-Berardinelli-poeta.html)
Id: 1208 Data: 05/10/2011 07:03:18
*
Uomo che guarda al cielo
Mentre passa la stella cadente
raccolgo in questo desiderio istantaneo
cumuli di desideri profondi e prioritari
per esempio che il dolore non mi spenga la rabbia,
che l’allegria non smonti l’amore mio,
che gli assassini del popolo trangugino
i loro molari canini e incisivi
e si mordano giudiziosamente il fegato
che le sbarre delle celle
diventino di zucchero o si pieghino di pietà,
e i miei fratelli possano fare di nuovo
l’amore e la rivoluzione
che quando affronteremo l’implacabile specchio
non malediciamo né ci malediciamo
che i giusti vadano avanti,
anche se sono imperfetti e feriti
che vadano avanti caparbi come castori,
solidali come api, agguerriti come giaguari
e impugnino tutti i loro no
per insediare la grande affermazione
che la morte perda la sua schifosa puntualità
che quando il cuore uscirà dal petto
possa trovare la via del ritorno
che la morte perda la sua schifosa
e brutale puntualità,
ma se arriva puntuale, che non ci colga
morti di vergogna
che l’aria torni ad essere respirabile e di tutti
e che tu ragazzina
resti allegra e addolorata,
mettendo nei tuoi occhi l’anima
e inoltre la tua mano nella mia mano,
e nient’altro
perché ormai il cielo è di nuovo torvo
e senza stelle
con elicottero e senza dio.
*
Hombre que mira al cielo
Mientras pasa la estrella fugaz
acopio este deseo instantáneo
montones de deseos hondos y prioritarios
por ejemplo que el dolor no me apague la rabia
que la alegría no desarme mi amor
que los asesinos del pueblo se traguen
sus molares caninos e incisivos
y se muerdan juiciosamente el hígado
que los barrotes de las celdas
se vuelvan de azúcar o se curven de piedad
y mis hermanos puedan hacer de nuevo
el amor y la revolución
que cuando enfrentemos el implacable espejo
no maldigamos ni nos maldigamos
que los justos avancen
aunque estén imperfectos y heridos
que avancen porfiados como castores
solidarios como abejas
aguerridos como jaguares
y empuñen todos sus noes
para instalar la gran afirmación
que la muerte pierda su asquerosa puntualidad
que cuando el corazón se salga del pecho
pueda encontrar el camino de regreso
que la muerte pierda su asquerosa
y brutal puntualidad
pero si llega puntual no nos agarre
muertos de vergüenza
que el aire vuelva a ser respirable y de todos
y que vos muchachita sigas alegre y dolorida
poniendo en tus ojos el alma
y tu mano en mi mano
y nada más
porque el cielo ya está de nuevo torvo
y sin estrellas
con helicóptero y sin dios
Traduzione all’italiano di Fabrizio Lorusso (dal sito http://lamericalatina.net/2009/05/29/raccolte-di-poesie-di-mario-benedetti/)
Id: 1207 Data: 04/10/2011 21:55:14
*
Tra andarsene e restare...
Tra andarsene e restare è incerto il giorno,
innamorato della sua trasparenza.
Il pomeriggio circolare si fa baia;
nel suo calmo viavai si mescola il mondo.
Tutto è visibile e tutto è elusivo,
tutto è vicino e tutto è inafferrabile.
Le carte, il libro, il bicchiere, la matita
riposano all'ombra dei loro nomi.
Nella mia tempia il battito del tempo ripete
la stessa testarda sillaba di sangue.
Dell'indifferente muro la luce fa
uno spettrale teatro di riflessi.
Mi scopro nel centro di un occhio;
non mi guarda, mi guardo nel suo sguardo.
Si dissipa l'istante. Immobile.
Vado e vengo: sono una pausa.
*
Entre irse y quedarse duda el día,
enamorado de su transparencia.
La tarde circular es ya bahía:
en su quieto vaivén se mece el mundo.
Todo es visible y todo es elusivo,
todo está cerca y todo es intocable.
Los papeles, el libro, el vaso, el lápiz
reposan a la sombra de sus nombres.
Latir del tiempo que en mi sien repite
la misma terca sílaba de sangre.
La luz hace del muro indiferente
un espectral teatro de reflejos.
En el centro de un ojo me descubro;
no me mira, me miro en su mirada.
Se disipa el instante. Sin moverme,
yo me quedo y me voy: soy una pausa.
(tratta dal sito http://www.raccontiepoesie.org/Poesie_aut/Paz.htm#6)
Id: 1205 Data: 03/10/2011 21:07:53
*
(forse i poeti hanno questo torto)
forse i poeti hanno questo torto
di non passare inosservati
di essere incollocabili nel silenzio
al posto loro i versi continuano
ad ascoltare e qualcuno parla con toccante curiosità
forse i poeti hanno il torto delle parole
accese sul loro funerale
forse il brusio dei versi
letti da un migliaio di noi
li tiene svegli nell’eternità
li fruga nei lineamenti dei pensieri
forse i poeti non si congedano mai dai loro rapitori
forse i poeti non muoiono mai abbastanza
per vivere nelle parole che ci consumano
(tratta dal sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/08/18/opere-inedite-anna-buoninsegni/)
Id: 1203 Data: 01/10/2011 08:15:51
*
Dulcissima/Mater
DULCISSIMA
Quando non ci saranno più le mie chiamate
Tra le sette e le otto
E se ritardo un labbro che leggermente trema.
Quando non sarai più una vecchia sola
E io al ritorno non dovrò più correre
Per te giù in farmacia
Prazene e Lexotan
Con la ricetta ripetibile
Il Karvezide con la ricetta nuova
E già che ci sei un Benagol
E la Borocillina.
Quando non dovrò più tenerti
Bassa la pressione
Quanto tempo che avrò
Per scrivere di te.
————–
MATER
Quando eri ancora adulta
Prima di rimpicciolire
Ti lasciavo sola volentieri,
Dovevi espanderti e io non mi vedevo
Nei tuoi spazi.
Poi per davvero ebbi l’occasione
Di fare attenzione alle tue forme,
Al loro chiudersi, e i tuoi spazi
Presi a difendere, meno li occupavi
Più li presidiavo.
Finché non mi è restato
Che un batuffolo con voce da proteggere
In una ipotesi di spazio.
(tratte da http://poesia.blog.rainews24.it/2011/06/27/opere-inedite-franco-buffoni/)
Id: 1200 Data: 30/09/2011 09:27:17
*
Come è forte il rumore dellalba
Come è forte il rumore dell'alba!
Fatto di cose più che di persone.
Lo precede talvolta un fischio breve,
una voce che lieta sfida il giorno.
Ma poi nella città tutto è sommerso.
E la mia stella è quella stella scialba
mia lenta morte senza disperazione.
(da "Una strana gioia di vivere [1949-1955]", cfr. sito http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1900/penna/SP_strana-XXIX.htm)
Id: 1197 Data: 29/09/2011 08:09:20
*
Inediti 1936-1957
Tu sei passato ma non come sfugge
alla memoria un'aula di museo.
(da sito http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1900/penna/SP_indice-altre.htm)
Id: 1196 Data: 29/09/2011 07:57:13
*
da Poesie 1974-1992
Guardate come lei si lascia catturare
dal bastone che si muove, dalla minuscola mossa
d'ala di ogni mosca, dal rumore
di ogni porta che si apre.
E quando si mette sulle mie ginocchia
sembrerebbe per sempre, le unghie
quasi conficcate nella carne. Ma se passa
un uccello alla finestra, addio baci
addio carezze, lei vola via.
E poi, forse, ritorna.
(tratta da "Poesie", 1974-1992, Einaudi 1992, pag. 83)
Id: 1195 Data: 28/09/2011 07:29:17
*
da Poesie 1974-1992
Dopo anni tormenti e pentimenti
quello che scopro e quello che mi resta
è una banalità fresca e indigesta.
(tratta da "Poesie" 1974-1992, Einaudi, 1992, pag. 124)
Id: 1192 Data: 27/09/2011 08:06:31
*
da Poesie 1974-1992
Se di me non avessi memoria,
degli altri e del mondo,
potrei vedere il mio viso scomparire
ingigantito o perso, la pelle
impallidire per poco sangue
o troppo ormai pesante;
guardare indifferente
la discesa dei muscoli, la carne
che si rovescia su se stessa,
lo sguardo che si scioglie disattento
ai passaggi, alle ore, ai continenti
e proseguire nel prossimo balletto
o saltarello.
E non dovrei osservare a uno a uno
i segni del bicchiere sopra il tavolo
per ricercare nella densità dei cerchi
il peso involontario di una mano.
(tratta da Poesie 1974-1992, Einaudi 1992, pag. 96)
Id: 1191 Data: 26/09/2011 15:28:44
*
Elegia
Il bene, dici, vince sempre. Come
caligine, che prima o poi dilegua. Invece di cantare
il merlo, a volte, salta sopra il muro e guarda verso il nulla,
ti pare. Puoi pensare che il poeta sia il punto di contatto
tra il canto e il muro, tra il nulla dello sguardo
e il bene che la nebbia ha contraffatto.
(tratta da http://www.poetare.it/centofanti.html)
Id: 1190 Data: 25/09/2011 08:00:30
*
Dopo le feste
E quando tutti se ne andavano
e restavamo in due
tra bicchieri vuoti e portacenere sporchi,
com'era bello sapere che eri lì
come una corrente che ristagna,
sola con me sull'orlo della notte,
e che duravi, eri più che il tempo,
eri quella che non se ne andava
perché uno stesso cuscino
e uno stesso tepore
ci avrebbero chiamati di nuovo
a svegliare il nuovo giorno,
insieme, ridendo, spettinati.
Id: 1189 Data: 24/09/2011 21:28:03
*
Una sera come tante
Una sera come tante, e nuovamente
noi qui, chissà per quanto ancora, al nostro
settimo piano, dopo i soliti urli
i bambini si sono addormentati,
e dorme anche il cucciolo i cui escrementi
un'altra volta nello studio abbiamo trovati.
Lo batti col giornale, i suoi guaiti commenti.
Una sera come tante, e i miei proponimenti
intatti, in apparenza, come anni
or sono, anzi più chiari, più concreti:
scrivere versi cristiani in cui si mostri
che mi distrusse ragazzo l'educazione dei preti;
due ore almeno ogni giomo per me;
basta con la bontà, qualche volta mentire.
Una sera come tante (quante ne resta a morire
di sere come questa?) e non tentato da nulla,
dico dal sonno, dalla voglia di bere,
o dall’angoscia futile che mi prendeva alle spalle,
né dalle mie impiegatizie frustrazioni:
mi ridomando, vorrei sapere,
se un giorno sarò meno stanco, se illusioni
siano le antiche speranze della salvezza;
o se nel mio corpo vile io soffra naturalmente
la sorte di ogni altro, non volgare
letteratura ma vita che si piega al suo vertice,
senza né più virtù né giovinezza.
Potremo avere domani una vita più semplice?
Ha un fine il nostro subire il presente?
Ma che si viva o si muoia é indifferente,
se private persone senza storia
siamo, lettori di giornali, spettatori
televisivi, utenti di servizi:
dovremmo essere in molti, sbagliare in molti,
in compagnia di molti sommare i nostri vizi,
non questa grigia innocenza che inermi ci tiene
qui, dove il male è facile e inarrivabile il bene.
E' nostalgia di futuro che mi estenua,
ma poi d’un sorriso si appaga o di un come-se-fosse!
Da quanti anni non vedo un fiume in piena?
Da quanto in questa viltà ci assicura
la nostra disciplina senza percosse?
Da quanto ha nome bontà la paura?
Una sera come tante, ed é la mia vecchia impostura
che dice: domani, domani... pur sapendo
che il nostro domani era già ieri da sempre.
La verità chiedeva assai piu semplici tempre.
Ride il tranquillo despota che lo sa:
mi calcola fra i suoi lungo la strada che scendo.
C’é piu onore in tradire che in esser fedeli a metà.
(tratta da http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/534-Giovanni-Giudici-se-ne-e-andato,-non-ci-resta-che-leggerlo.html)
Id: 1188 Data: 24/09/2011 07:24:38
*
da Poesie operaie
le ore sei sono l’inizio della nostra giornata
noi siamo l’inizio di tutti i giorni
inizia il giro delle ore sulla trafilatrice
che mi aspetta con la bocca spalancata
inizia la mia danza il mio spettacolo
in certe ore entra nel reparto una chiazza di sole
e lo sporco nostro è schiarito come nelle immagini dei santi
rubo il tempo per una fumata che raspa nella gola
spio i minuti sul quadrante dal grande occhio
e tutto ad un tratto ci scuote l’urlo della sirena
ci attende il riposo per la sveglia di domani
la suoneria che entra dentro i sogni esplodendoli
ed ecco un nuovo giorno della mia esistenza
con l’allegria fuori della mia ragione
(tratta da http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2007/09/23/poesie-operaie-luigi-di-ruscio/)
Id: 1187 Data: 23/09/2011 07:20:09
*
Fiori viola
Ci sono fiori viola sul balcone,
l’ho notato questa mattina.
Il sole disegna ancora le loro ombre
sulle piastrelle e alcune formiche si fermano sull’orlo,
come se in quel momento fossero arrivate
al limite del mondo.
“Dovresti pulire tutti i giorni il balcone”
mi hanno detto.
“Sì”, ho detto.
Forse dovrei pulire tutti i giorni il balcone.
Ma le formiche non danno fastidio
e nemmeno i fiori che restano a terra.
A dare fastidio sono le ombre,
il riflesso che viene deviato dal vetro.
La chiamano Primavera
e con questa scusa hanno tagliato gli alberi.
Prima, allungando la mano,
potevi accarezzare le foglie.
Ora, quella mano resta sospesa
a tagliare l’aria, con un gesto
che non sa capire.
Dicono che il prossimo anno
saranno di nuovo in fiore,
saranno di nuovo da guardare.
Io intanto lascio chiuso il balcone.
Perché adesso sono riflessi e ombre
che non dicono niente,
come quel gesto.
(inedito, tratto dal sito http://poesia.blog.rainews24.it/2011/09/15/opere-inedite-marco-annicchiarico/)
Id: 1186 Data: 22/09/2011 16:00:18
*
è questa geometria oscura e adunca
è questa geometria oscura e adunca
che descrive rette parallele e all’infinito
si scontra con ogni paradosso
a tenermi eretto con un dito
puntato verso Dio e mai più l’indice
mi ritorna indietro esauriente
io rapito da questo spazio non euclideo
m’annullo in un vortice di tempo
e poi
cosa sarà di me dopo quest’ultimo fiat?
io rapito dal cielo caduco
precipitante per sempre sul falso cuore della terra
io tra l’alfa e l’omega in mezzo
incerto se rinascere lì o rimorire qui
comunque ambiguo osso senza ombra
scivolando sulla falsariga
del creato
io inerte impossibilitato in attesa perenne di
fiorisce intanto il mandorlo
in questa pazzia e nessuno più gli dà retta
ed io aderente alle nullità televisive
ancora
nonostante tutto
mi sopravvivo
(inedito da
http://poesia.blog.rainews24.it/2011/04/04/opere-inedite-giuseppe-vetromile/)
Id: 1185 Data: 21/09/2011 21:44:57
*
Non so quanto durerà questo mio nome
Non so quanto durerà questo mio nome senza sbiadire
l’inchiostro è buono ma non eterno
e poi
l’eterno pure dura poco in questo posto
così infinito che sembra avere spazio e tempo
incontenibili in un soffio d’amore
e in un anelito di Dio
(inedito, dal sito http://farapoesia.blogspot.com/2011/09/mario-fresa-ritratti-di-poesia-22.html)
Id: 1184 Data: 20/09/2011 21:18:37
*
da La realtà sofferta del comico
Poeta, dove vai?
Come un asse da stiro
non sai mai dove metterti
dove ti metti impicci
nei secoli dei secoli
la tua ubicazione domestica
è una ipotesi che non si addomestica mai
è un vitalizio di precarietà
un destino di provvisorietà
di inadeguatezza nomade, zingaresca
quando infesti casa con i tuoi foglietti
con i tuoi libretti
con la tua poetry à porter
e nel turbine collezioni rimbrotti
mugugni, qualche volta anatemi
quando va bene teoremi di fulgidi sfottò…
Ma i tuoi angiomi cartacei immedicabili
marcano il territorio e non ne vogliono sapere.
Sono squilli teneri di neve
in un falò
(tratta da "La realtà sofferta del comico", prefazione di Giorgio Patrizi, postfazione di Giò Ferri, Cagliari, Aìsara, 2009)
vedi sito http://rebstein.wordpress.com/2011/03/16/la-realta-sofferta-del-comico/#comments
Id: 1182 Data: 19/09/2011 15:56:55
*
da Alluminio
Quest’aria fine ci ha reso allegri:
così che ci gettiamo, in un istante, correndo
a capofitto nella vaga
sorpresa dei tesori ritrovati.
Eppure, siamo partiti come naufraghi
odorosi di paura; noi, con la testa
invasa dallo schianto,
lo sguardo che traboccava intero
sulla voragine di ciò che attendevamo,
di ciò che temevamo.
Qui c’era un velo chiaro, proprio in alto,
che ricamava azzurre vanità, nettari nuovi;
c’era la dolce
santità dell’indugio che sapeva circondare
tutta l’aria: e poi le mani
avanti, adesso, per modellare il buio…
(tratta da Alluminio, LietoColle 2008, dal sito http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/283-Mario-Fresa,-poesie-da-Alluminio.html)
Id: 1181 Data: 18/09/2011 09:02:18
*
La mia bella Patria/ Ottobre
La mia bella Patria
Io sono un filo d'erba
un filo d'erba che trema.
E la mia Patria è dove l'erba trema.
Un alito può trapiantare
il mio seme lontano.
*
Ottobre
L'estate si trascina
i cardi inariditi
e la mosca pusillanime,
le strade sparse di paglia,
il vuoto alle finestre,
il prezzemolo verde ancora
e il garofano nei vasi
ora che Ottobre s'impone.
Ottobre è là: quella nuvola nera
attesa sulla collina
piegata dai tocchi della sera.
(tratte dal sito http://gastibelza.altervista.org/scotellaro/patria.htm)
Id: 1180 Data: 17/09/2011 08:35:29
*
Non dire
Non dire mai che è morto, non dire
era, faceva. Le tristi parole
non servono che a farlo sprofondare
ancora di più nella terra.
Muoiono veramente quelli solo
che vai dimenticando: a poco a poco
tace la voce che t'innamorò.
Scende sul viso un logorio sfinito
di cenere e penombre. Quella è morte.
Quella è morte davvero e senza alcuna
speranza.
(tratta da "Canzoniere per Giulio", a cura e con uno studio di Fabio Minazzi, Manni, 2004, pag. 101)
Id: 1179 Data: 16/09/2011 08:23:00
*
Le cose - inedito -
Ma cosa fanno
le cose quando
sfuggono di vista
al controllo che
su di loro esercitiamo?
Gravano su se stesse
in attesa di essere
di nuovo sollevate
o restano contratte
in vigile difesa?
Aspettano per giorni
inchiodate nel silenzio
che torni ad animarle un po’
la nostra presa?
Basta, chissà,
che solo le pensiamo
e di per sé il pensiero
fa da tiranno
ad annullare
la loro libertà…
(dal sito http://neobar.wordpress.com/2011/09/14/paolo-ruffilli-quattro-poesie-inedite/)
Id: 1176 Data: 15/09/2011 16:59:58
*
In nome del passato - inedito -
Ma non è vano
amarci in nome
del passato, di quando
e quanto ognuno
sia stato dell’altro
innamorato,
sia pure nell’ipotesi
di come avrebbe, sì,
potuto e non è stato,
sciolto il desiderio
allora enfatizzato
di violarci in fondo al corpo
come avevamo, senza
dircelo, sognato.
(dal sito http://neobar.wordpress.com/2011/09/14/paolo-ruffilli-quattro-poesie-inedite/)
Id: 1175 Data: 14/09/2011 19:10:59
*
da Passanti
“Sono ancora qui, ma vi prego, credetemi,
è stata l’argilla,
a rendermi così dolente e fragile,
nient’altro che la terra dove sono nato”
Chi crede di avere una stanza,
una sicura dimora, una stabile residenza,
non vede su quale carro di nomadi e carovana,
in che scia di presenze, in quale flusso,
in quale leggero e rapido transito
scorre
*
a Bernard Simeone
Niente va altrove
di questa vita finita, e non c’è la fine -
mentre noi per sempre illusi
di rinviarla
o trattenere qualcosa
o superarla -
come dei frutti la polpa matura
si avvia a disfarsi e a staccarsi
e anche le foglie
seccano e cadono
ma se lasciate a sé
niente muore
(tratta da Cesare Viviani, Poesie 1967- 2002 , Oscar Mondadori, Milano 2003 )
dal sito http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/05/21/cesare-viviani/
Id: 1174 Data: 13/09/2011 21:31:42
*
Musica
Non sono nobili le cose che nomino in poesia:
stanno sotto il palato, attente, coscienti solo del caldo
ignare della lingua.
Se ascoltano, sentono il moto, l’onda di un’eco
che porta rosse lettere, destini, e un turbine di voci
smarrite – come sempre – in ciò che è cupo e cavo.
Dunque di nuovo dico: alberi – anzi – platani
attirati dall’acqua e sostenuti ai bordi dalle pietre.
Questo sì è difficile: cantarne piano il miracolo
quel peso nella luce, quell’ombra
che s’incrocia col tempo e divampa sull’odore del prato.
Tutto è corpo che l’anima raggiunge con ritardo
ma sfolgora l’autunno in un cantuccio e la parola si forma
con il ritmo che deve: a grumi, a vuoti
a scatti, dentro i secoli.
E non è la musica che dici, ma un rombo di stoviglie, di grandine che batte contro i muri.
(tratta dal sito http://rebstein.wordpress.com/2007/08/27/se-ho-scritto-e-per-pensiero-poesie-di-antonella-anedda/)
Id: 1170 Data: 13/09/2011 07:11:38
*
Ci siamo sempre amati
Ci siamo sempre amati come se fosse
per noi incontrarci impossibile.
Forse per questo tutto è stato tra noi vero.
Quando il sole sorge, la luna tramonta;
non possono stare insieme per un intero
niente vale di più che il quasi - mistero
del loro lento, necessario inseguirsi.
8dal sito http://www.pensieriparole.it/poesie/autori/g/giuseppe-conte/pag1)
Id: 1169 Data: 12/09/2011 22:25:24
*
da Poesie
Addosso al viso mi cadono le notti
e anche i giorni mi cadono sul viso.
Io li vedo come si accavallano
formando geografie disordinate:
il loro peso non è sempre uguale,
a volte cadono dall'alto e fanno buche,
altre volte si appoggiano soltanto
lasciando un ricordo un po’ in penombra.
Geometra perito io li misuro
li conto e li divido
in anni e stagioni, in mesi e settimane.
Ma veramente aspetto
in segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i calcoli,
uscire di prigione
ricevere la grazia di una nuova faccia.
(tratta da "Poesie", Einaudi, 1999)
Id: 1168 Data: 11/09/2011 11:56:54
*
Ai tempi delle botteghe
Ai tempi delle botteghe l'amore
contava i rintocchi del ciabattino
prima che la notte lo sorprendesse
con i chiodi ancora tra le gengive
scaldavano il latte le donne a uomini
svezzati in città lontante svegliati
da una luna storta che il vino pessimo
delle bettole riportava a galla
sapevano che sarebbero a loro
sopravvissute con un colorito
roseo e la letizia delle clarisse
a quella malafede naturale
che torpida macera per questioni
di confine il cuore in un vuoto a perdere
(tratta da "La Versione di Giuseppe", Accademia di Terra d'Otranto a cura di Abele Longo - Neobar, 2011)
Id: 1166 Data: 09/09/2011 21:30:59
*
Il paradiso terrestre
Basta appena per due
Questa cartina geografica
Che sovrappone
Il tuo orizzonte al mio.
Sceglierai un posto per vivere
in un puntino piccolo piccolo
E per entrarci anche il tuo corpo
Dovrà ridursi a puntino
Piccolo piccolo.
Io nuoterò
In una macchia d'inchiostro
Verde e con strane curve
Perché vicina alla riva
Mentre dal millimetro quadrato
Del nostro giardino
Sfuggiranno al cielo le voci
Di animali classificati
E sconosciuti.
Io govenrerò gli alberi da frutto
E preparerò le ceste di melograno
Ma sono tranquilla
Perché ti sarà difficile vedermi
Quando così impercettibile come sono
Ti porgerò la mela
Mentre dall'alto
e con le istruzioni in mano
Ti pieghi sul tavolo
a interrogare la cartografia.
(tratta da "La Versione di Giuseppe", Accademia di Terra d'Otranto a cura di Abele Longo - Neobar, 2011)
Id: 1163 Data: 08/09/2011 20:13:19
*
Non ho chiuso le tendine
Non ho chiuso le tendine
Non ho chiuso le tendine,
guarda dritto nella stanza.
Perché non puoi fuggire
oggi sono così allegra.
Dimmi pure svergognata,
scagliami i tuoi sarcasmi:
sono stata la tua insonnia,
la tua angoscia sono stata.
***
Я окошка не завесила
Я окошка не завесила,
Прямо в горницу гляди.
Оттого мне нынче весело,
Что не можешь ты уйти.
Называй не беззаконницей,
Надо мной глумись со зла:
Я была твоей бессонницей,
Я тоской твоей была.
1916
(da "Piantaggine", 1916, tratta dal sito http://annaachmatova.altervista.org/Poesie/poesie.html)
Id: 1162 Data: 08/09/2011 14:28:48
*
Primo amore
ho parlato con le cose
Perché le parole sono sporche
Sulla facciata di una chiesa una volta lessi
Che è difficile pisciare controvento
E così anche queste poche lettere
Hanno perso consistenza
Si sono lacerate
Ridotte a brandelli
C'è questa perdita enorme d'innocenza
Come se non si potesse mai più tornare indietro
Ma è nel cuore che non posso entrare
E' stato chiuso
Come un locale pronto alle ferie
Quando devi ricevere una notizia
Vorresti sempre quella buona prima
Perché la cattiva già la sai
L'hai commessa
C'è un palazzo maestoso
Si consegnano fiori agli ospiti
E per le conseguenze tocca all'amore
Perdonare
Barare
Fuggire
Diceva una poesia che quando fa male
Torniamo su certi luoghi
A pensare al primo amore.
(tratta da "La Versione di Giuseppe", Accademia di Terra d'Otranto a cura di Abele Longo - Neobar, 2011)
Id: 1160 Data: 07/09/2011 15:43:58
*
Due tempi
La civetta è un uccello pericoloso di notte
quando appare sul suo terreno
come un attore sulla scena
ha smesso la sua parte di zimbello.
Con una strana voce
fa udire il suo richiamo,
vola nell’aria notturna.
Allora tace chi si prendeva gioco,
si nasconde dietro un riparo di foglie.
Ma è breve il seguito degli atti,
il teatro naturale si allontana.
All’apparire del giorno
la civetta ritorna al suo nido,
al suo dimesso destino.
Da: Liceo, 1982
(dal sito http://rebstein.wordpress.com/2007/09/25/limmaginario-occhio-di-dio-giampiero-neri/)
Id: 1157 Data: 06/09/2011 15:50:09
*
Viale centrale
Queste forme di vita dànno bacche viola.
Chi dice che non sentono? Se ti afferrano
con le radici il piede
è per chiamarti come morti nel terreno
e i rami uncinati ti pungono le spalle
per essere amati. Mi piace dirlo, -
correlazione delle sostanze.
Eppure sanno esprimersi,
le ragnatele nei giardini pubblici
donano anni agli alberi,
e si legano alle panchine appartate.
E i rametti ammucchiati nell’angolo
dimenticati dall’addetto
sono un abbandono sentimentale: lasciateli,
equivalgono
alle lontananze dei licheni nel vento.
(tratta dal sito http://ilibrintesta.splinder.com/post/10578002/la-poesia-di-pier-luigi-bacchini)
Id: 1156 Data: 06/09/2011 14:25:53
*
A Liuba che parte
Non il grillo ma il gatto
del focolare
or ti consiglia, splendido
lare della dispersa tua famiglia.
La casa che tu rechi
con te ravvolta, gabbia o cappelliera?
sovrasta i ciechi tempi come il flutto
arca leggera - e basta al tuo riscatto.
(da "Le occasioni")
Id: 1154 Data: 05/09/2011 08:17:37
*
Rendiconto
Chiedimi conto del mio debito
quando saremo al termine del viaggio
non prima per favore, non adesso!
Non distinguerei grano da crusche
nè il vino saprei scegliere e i suoi otri.
Non sarebbe leale veramente
profittare di questa confusione,
sarebbe come chiedere al ferito
d’alzarsi per reggere le accuse.
È vero che fu dato a ognuno il suo
e che la divisione fu del cielo
ma non possiamo contare sotto i fari
e distinguere i debiti dai crediti
se si rivelano apparenze anche gli amori.
Saprò risponderti all’arrivo
quando saranno spenti i riflettori.
(dal sito http://www.italialibri.net/opere/sottomentitespoglie.html)
Id: 1153 Data: 03/09/2011 08:54:58
*
Sotto mentite spoglie
Si alza presto ogni mattina, si veste ed esce.
Incontra gli stessi volti per strada, alle finestre,
ripete i movimenti, le poche svolte le stesse.
Niente lo meraviglia più, solo i versetti di Marco
riescono a parlargli: vino nuovo si versi
in otri nuove soltanto.
A fatica si ripromette abiure clamorose
Ma un giorno ha saputo che Fernando e Jorge
videro cose assolute:
l’inesistente identità e le sue forme presunte,
la finzione del tempo e la fatuità dei gesti,
sotto mentite spoglie essere se stessi.
(da "Sotto mentite spoglie", Manni, 2002)
Id: 1152 Data: 02/09/2011 15:17:48
*
Il confine
Cerco il principio del male
come da bambina cercavo i margini della pioggia.
Con tutte le forze correvo per trovare
il luogo dove
sedermi a terra a contemplare
da una parte pioggia, da una parte niente pioggia.
Ma sempre la pioggia smetteva prima
che ne scoprissi i confini
e ricominciava prima
di capire fin dove è sereno.
Invano sono cresciuta.
Con tutte le forze
corro ancora per trovare il luogo
dove sedermi a terra e contemplare
la linea che separa il male dal bene.
Ma sempre il male smette prima
che ne scopra il confine
e ricomincia prima
di capire fin dove è bene.
Io cerco il principio del male
su questa terra
volta per volta
grigia e assolata.
(Traduzione a cura di: Biancamaria Frabotta e Bruno Mazzoni)
dal sito http://viadellebelledonne.wordpress.com/2008/02/28/due-poesie-di-ana-blandiana-2/
Id: 1150 Data: 02/09/2011 08:55:03
*
Considerazioni su un masso
Specie casta del geoide.
Giallognolo verdastro
e lunghe piogge, chissà perché
non ti avevo riconosciuto prima, sasso
roccia
raggiera d'angoli cristalli odiati a scuola.
Mi sei apparso nell'ombra del bosco, dall'umidità
affioravi come una schiena d'animale morto.
Ti eri frantumato senza sangue
o linfa senza dolore
né morte o vita.
Inerzia
peso: l'opposto del divino.
Ti ho accarezzato per la prima volta
sede dei torrenti d'estate asciutti e vani.
Ti accarezzavo. Le acque non ti avevano ancora levigato
e mi parevi buono benché sappia della tua insensibilità.
Da te ha proceduto la vita
e fai le due dimore degli uomini. Mi sostenti
hai sprizzato la scintilla.
Anche il fuoco non t'intacca
ma il vento
ma l'acqua ti rodono, la vegetazione ti ricopre
come una tomba. Sosti
in silenzio. Di te
so che sei l'impalcatura del mondo.
So che sei la memoria del mondo, graffita.
(tratta dal sito http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/545-Pier-Luigi-Bacchini-Poesie.html)
Id: 1148 Data: 01/09/2011 09:11:03
*
da Contemplazioni meccaniche e pneumatiche
Di quello che con tanta lentezza ho pensato
mi rimane una confusa immagine
del divino.
Forse ho scritto parole che valgono qualcosa,
- la mia poesia, specola del pianeta;
ma fra tutto preferisco l'incoscienza giovanile,
quelle nuotate al largo, grandi onde
il mio corpo cioè,
quando ero immortale. Rimangono atomi
come ai tempi di Lucrezio, ma verso forme più complesse,
sostanze che ritornano energia
- per un diverso mondo? - E ho il mio taccuino
con me
da consegnare forse ad altri.
(Mondadori, 2005) (dal sito http://ilibrintesta.splinder.com/post/10578002/la-poesia-di-pier-luigi-bacchini)
Id: 1146 Data: 31/08/2011 17:51:51
*
Due poesie da “Quattro quaderni”
è come se andarsene non fosse che questo,
questo restare, e fare ancora un gesto
(è come se dirlo fosse soltanto vero,
e non più vero, ancora, del non dirlo)
e poi quello che manca mancherà
e ciò che è è ciò che ormai è stato
(e parlane, mio amore, dinne ancora,
fa che sia vero ancora)
(penso ad un giorno, pensando ancora
a chiudermi gli occhi, finché c’è luce,
a premere ancora, sulla tempia, il nervo che pulsa)
(pensa che vuoi pensare,
fino a quel buio,
fino alla luce, infine, che scompare)
*
cosa frammischia –
cenere (sempre cenere)
e vento (sempre, da sempre)
se non il vuoto, Lucrezio,
il vuoto -
lì possiamo costruire, c’è spazio,
per fare un’orma
e fare un segno di passaggio
(noi siamo, passeggeri,
come argini,
muschi sulla sponda del fossato,
chiocciole ciottoli lucertole
e questo è molto,
a farsene una ragione,
è molto tempo, e spazio,
molta necessità)
(dal sito http://www.lietocolle.info/it/giuliano_mesa_1957_2011.html)
Id: 1142 Data: 31/08/2011 08:06:23
*
La musica vera
Un tempo lontano
quando non c'erano ancora
le orchestre con gli strumenti
i violini erano i venti
e i cavalli che galoppavano
nella prateria
i tamburi della batteria.
E c'era
in quella musica naturale
la grancassa del temporale,
il lamento della bestia ferita
e il canto del fringuello
insieme all'acqua del ruscello
che fuggiva via.
C'era pure il sassofono stonato
della vacca in mezzo al prato
e il trillo del grillo
e il canto lontano del mare
e l'urlo di vittoria dell'uomo
che iniziava la sua storia.
(da "Il soldatino del pim pum pà" - Einaudi)
Id: 1141 Data: 30/08/2011 15:23:14
*
Di una vita non rimane quasi niente
(di una vita non rimane quasi niente
e quello che rimane, spesso, non è vero)
(prendi a misura, adesso, com’è il rumore,
fuori della notte)
(di più falso non c’è nulla
che il voler dire il vero)
(è vero questo approssimarsi.
è vero che a qualcosa, sempre,
noi ci approssimiamo
– anzi, ci avviciniamo,
che suona meglio,
ed è meglio di niente)
(Fonte: Internet tramite un amico)
Id: 1139 Data: 26/08/2011 09:54:48
*
Lungomare
Il soffio cresce, il buio è rotto a squarci,
e l'ombra che tu mandi sulla fragile
palizzata s'arriccia. Troppo tardi
se vuoi esser te stessa! Dalla palma
tonfa il sorcio, il baleno è sulla miccia,
sui lunghissimi cigli del tuo sguardo.
(da Finisterre, 1956)
Id: 1133 Data: 20/08/2011 13:18:38
*
Angina pectoris
Se qui c'è la metà del mio cuore, dottore,
l'altra metà sta in Cina
nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
E poi ogni mattina, dottore,
ogni mattina all'alba
il mio cuore lo fucilano in Grecia.
E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
quando gli ultimi passi si allontanano
dall'infermeria
il mio cuore se ne va, dottore,
se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.
E poi sono dieci anni, dottore,
che non ho niente in mano da offrire al mio popolo
niente altro che una mela
una mela rossa, il mio cuore.
E' per tutto questo, dottore,
e non per l'arteriosclérosi, per la nicotina, per la prigione,
che ho quest'angina pectoris.
Guardo la notte attraverso le sbarre
e malgrado tutti questi muri
che mi pesano sul petto
il mio cuore batte con la stella più lontana.
(da Poesie sulla morte, 1948, dal sito http://www.ecn.org/filiarmonici/hikmet.html)
Id: 1132 Data: 19/08/2011 14:43:44
*
Litania
Tu sei il pane e il coltello
il calice di cristallo e il vino.
Tu sei la rugiada sull’erba del mattino
e la ruota fiammeggiante del sole.
Tu sei il bianco grembiule del fornaio
E gli uccelli della palude in improvviso volo levati.
Però non sei il vento nel frutteto,
le prugne sulla bilancia
o la casa di carte.
E certamente non sei l’aria che sa di
pino.
E’ possibile che sei il pesce sotto il ponte,
e perfino il piccione sulla testa del generale,
ma non sei certo
il campo di fiordaliso al crepuscolo.
E un rapido sguardo nello specchio dimostrerà
che non sei né gli stivali nell’angolo,
né la barca che dorme nel capannone.
Forse ti interessa sapere,
parlando dell’immaginario universale del mondo,
che io sono il suono della pioggia sul tetto,
e che mi è capitato pure di essere la stella cadente,
il giornale della sera che vola via nel viale
e il cesto di castagne sul tavolo della cucina.
Sono anche la luna negli alberi
e la tazza di tè di una donna cieca.
Ma non ti preoccupare, io non sono il pane e il coltello.
Tu sei sempre il pane e il coltello.
Tu sarai sempre il pane e il coltello,
per non menzionare il calice di cristallo e – in qualche modo –
il vino.
Id: 1128 Data: 13/08/2011 21:30:05
*
Tu chiedi, Lesbia, quanti baci tuoi
Quaeris, quot mihi basiationes
tuae, Lesbia, sint satis superque.
Quam magnus numerus Libyssae arenae
lasarpiciferis iacet Cyrenis,
oraclum Iovis inter aestuosi
et Batti veteris sacrum sepulcrum
aut quam sidera multa, cum tacet nox,
furtivos hominum vident amores:
tam te basia multa basiare
versano satis et super Catullo est,
quae nec pernumerare curiosi
possint nec mala fascinare lingua.
*
Tu chiedi, Lesbia, quanti baci tuoi
per me siano abbastanza e troppi.
Quanti sono i granelli di sabbia sulle spiagge
di Libia, ove nel silfio sorge Cirene
fra l'assolato oracolo di Giove
e la sacra tomba dell'antico Batto,
o quante le infinite stelle, nella silente notte,
spiano degli uomini gli amori segreti,
di tanti baci tu baciare devi
perché per l'invasato Catullo siano abbastanza e troppi,
e che ai guardoni non sia lecito contarli
e lanciare malefici male lingue.
(traduzione di Tiziano Rizzo, "Le poesie", edizioni Club del Libro Fratelli Melita, Newton Compton, 1977, pag. 27)
Id: 1127 Data: 12/08/2011 09:22:05
*
E queste mie piccole cose**
Si qui forte mearum ineptiarum
lectores eritis manusque vestras
non horrebitis admovere nobis
*
E queste mie piccole cose speriamo
trovino qualche lettore disposto
a darmi ancora la mano
(traduzione di Tiziano Rizzo in "Le poesie", Club del libro Fratelli Melita, 1988, La Spezia, pag. 37)
** cercasi latinista per traduzione più fedele
Id: 1125 Data: 08/08/2011 12:09:36
*
Spiaggia
Ti cinge, circolare, la poesia:
in circoli concentrici t'accerchia
il corpo coricato sulla sabbia.
Come un'altra ape in cerca d'altro miele,
trascurati gli aromi del giardino,
il corpo t'accarezza la poesia.
(dal sito http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-103809)
Id: 1119 Data: 31/07/2011 15:33:00
*
Il corvo
Mentre, debole e stanco, verso la mezzanotte
scorrea d’antico libro pagine strane e dotte
sonnecchiando, ad un tratto come un picchio ascoltai,
un lieve, un gentil picchio de la mia stanza all’uscio.
- E` qualcuno che picchia de la mia stanza all’uscio,
e non altro, – pensai.
Ricordo. Era il dicembre freddo, e ogni tizzo lento
si spegnea disegnando l’ombra sul pavimento.
Il dì solo anelavo – dacchè invano cercai
oblio nei libri al duolo per la morta Leonora –
per te, raggiante vergine, che in ciel chiaman Leonora,
e qui nome non hai.
E il triste incerto fremito de le rosse cortine
tema ignota e fantastica m’incutea senza fine,
sì che, a calmare i battiti del cuore, io mi levai;
indi: – E` qualcun che picchia de la mia stanza all’uscio,
qualcun che varcar vuole de la mia stanza l’uscio,
non altro, – mormorai.
Calmato allor lo spirito, senza esitare ancora:
- Da voi perdono imploro, signor – dissi – o signora;
ma il fatto è che dormivo, e voi pur piano assai
picchiaste, così lieve della mia stanza a l’uscio,
che avervi udito appena mi pare. – Ed aprii l’uscio;
ma sol bujo trovai.
Dubbio e timor nel bujo m’assalsero, e stupito
restai, sogni seguendo che mai uomo ha seguito;
ma ognor silenzio e tenebre intorno a me scrutai,
sol bisbigliossi un motto, il nome di Leonora!
Lo dissi io stesso, e l’eco rimormorò: Leonora!
Sol questo e nulla mai.
Tornando nella camera con lo spirito agitato,
ecco il picchio ripetersi d’un tratto e più spiccato.
- Oh! certo è a la finestra che battono, – esclamai, -
è là, su la persiana; scopriamo un tal mistero…
tregua un istante, o cuore; scopriamo un tal mistero…
Sarà il vento, – pensai.
A spalancar le imposte mossi, e, agitando l’ale,
entrò un bel corvo antico in aria trionfale.
Non fe’ saluto alcuno, arrestossi mai,
finché, come un padrone, posò lì sopra l’uscio,
di Pallade su un busto, proprio lì sopra a l’uscio.
Fermossi e l’osservai.
E allor lassù mirando quel nero uccello assiso,
il suo grave contegno mi diè lieve un sorriso.
- Rasa hai la cresta, – dissi, – ma un vinto non sarai.
Corvo spettral che vieni tristo dai regni bui,
parla, qual è il tuo nome, laggiù nei regni bui?
E il corvo: Non più mai!
Gran meraviglia io m’ebbi quell’uccello ad udire,
benché il motto sì incerto poco volesse dire;
ma pur quella fantastica parvenza io l’accettai,
poiché vedea l’uccello giù, al di sopra dell’uscio,
bestia o uccello, sul busto giù al di sopra dell’uscio,
col nome: Non più mai!
Ma non disse oltre il corvo, fermo sul busto e assorto,
come se pronunziando quel motto ei fosse morto.
Nulla s’intese, e alcuna piuma non mosse mai,
infin ch’io ripetei: – Altri fuggiron via;
ei pur n’andrà siccome le mie speranze via.
E l’uccello: Non mai!
Atterrito da l’arida risposta così adatta:
- Oh, senza dubbio – dissi – d’un corvo qui si tratta,
al quale un infelice padron stretto ne’ guai,
cantando con le lugubri nenie le sue meschine
speranze, in ritornello avrà insegnato alfine
quel triste: Non più mai!
E poiché l’alma al riso moveami ancor l’aspetto
del corvo, il seggiolone volsi a lui dirimpetto,
e tosto dietro a innumeri fantasie mi lanciai
per saper che volesse quel triste antico uccello,
quello sgraziato e magro, spettrale antico uccello
dir con il suo Non mai!
Così fantasticando stetti, senza parlare;
ma dai suoi occhi il cuore io mi sentia bruciare;
un pezzo stetti, e il capo sul velluto appoggiai
del sedil, che la lampada irradiava da l’alto,
la violacea stoffa irradiata da l’alto,
ch’Ella ha lasciato ormai.
Allor dei passi d’angeli udir mi parve e denso
L’aere intorno farsi d’indivisibile incenso.
- Malvagio, a mezzo d’angeli ti manda Iddio, – gridai –
riposo da le assidue memorie di Leonora;
bevi l’oblio, dimentica la perduta Leonora!
Disse il corvo: Non mai!
Profeta, – io feci, – e sempre tal, sia uccello o infido
spettro, ti spinga l’Erebo o la tempesta al lido, –
tu che su questa terra desolata ten vai,
per la mia tetra casa; dimmi schietto, t’imploro:
v’è pace almeno in Galaad?…dimmi, dimmi, t’imploro!
E il corvo: Non più mai!
Profeta – io ripetetti, – sia uccello o spettro errante –
Dimmi, pel Dio che adori, per quel ciel scintillante:
potrà in un Eden lunge l’anima triste assai
trovar la dolce vergine che chiamano Leonora,
la vergine che gli angeli ora chiaman Leonora?
Disse il corvo: Più mai!
Demone o uccello, parti, – proruppi allora, – ai boschi
torna, fra le tempeste, di Pluto ai regni foschi,
né una penna in ricordo di quel che detto or hai
resti! a la solitudine mi lascia, e sgombra via
dal busto! Oh, il becco levami dal core, e sgombra via!
Disse il corvo: Non mai!
E là, senza più muoversi, rimane esso a guardare,
fermo sul busto pallido, de l’uscio al limitare.
Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai
del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,
né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento
sarà libera mai!
(Traduzione di Francesco Contaldi (1865-1903) tratta da http://www.utopiaplanitia.it/poe/index.shtml.)
Id: 1118 Data: 31/07/2011 15:28:28
*
Il denso delle cose
salivo il pendio
le casupole bianche
il vento
che rizzava le pergole
il sole
fondo
feroce
il denso
delle cose
si incollava
alla mia anima scavava
i suoi solchi
si conficcava
come le pietre si ficcano
nell’osso molle della terra
(tratta da Pássaros convulsos / Uccelli convulsi, 2001, presente nel sito http://www.filidaquilone.it/num011brandolini.html a cura di Alessio Brandolini)
Id: 1117 Data: 31/07/2011 11:15:06
*
A musica/La musica
A musica
tenho a música dentro ela me habita
quando levanto ela já me espera
quando caminho ela caminha na minha frente
eu sempre estou dançando na minha carne
sempre estou ouvindo um som que a minha alma
sabe que existe apesar da dissonância
da minha vida
*
La musica
ho la musica dentro lei mi abita
quando mi alzo lei già mi aspetta
quando cammino lei mi cammina davanti
io sto sempre danzando nella mia carne
sto sempre sentendo un suono che la mia anima
sa che esiste malgrado la dissonanza
della mia vita
(Dal libro: Il denso delle cose: antologia poetica, Besa Editrice, 2007, riportata nel sito http://lascritturameridiana.wordpress.com/2009/10/03/887)
Id: 1116 Data: 30/07/2011 12:40:20
*
Un cane è morto
Il mio cane è morto.
Lo sotterrai nel giardino
insieme ad una vecchia macchina ossidata.
Lì, non più sotto,
ne più sopra,
si unirà con me un giorno.
Ora ormai se ne è andato col suo pelame,
la sua maleducazione, il suo naso freddo.
Ed io, materialista che non crede
nel celeste cielo promesso
per nessun umano,
per questo cane o per ogni cane
credo nel cielo, sì, credo in un cielo
dove io non entrerò, però lui mi attende
ondulando la sua coda di ventaglio
perché io al giungere abbia amicizie.
Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più per compagno
perché mai fu per me un servitore.
Ebbe verso me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senza più intimità dell’essenziale,
senza esagerazioni:
non si arrampicava al mio vestiario
coprendomi di peli o di acari,
non strofinava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessivi.
No, il mio cane mi guardava
dandomi l’attenzione necessaria,
l’attenzione necessaria
a far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza mai importunarmi,
e senza chiedermi nulla.
Ahi quante volte volli avere coda
andando unito a lui per le rive
del mare, nell’Inverno di Isla Negra,
nella grande solitudine: in alto l’aria
trapassata di uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto, colmo
di voltaggio marino in movimento:
il mio cane vagabondo e fiutante
inalberando la sua coda dorata
fronte a fronte all’Oceano e alla sua spuma.
Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro, con la tirannia
della natura sfrontata.
Non c’é addio al mio cane che è morto.
E non c’é né ci fu menzogna tra di noi.
Già se ne andò e lo interrai, e questo era tutto.
(tratto da Obras Completas, Editorial Losada, Buenos Aires 1973, traduzione di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli)
Id: 1114 Data: 28/07/2011 08:58:58
*
Separazione. Separazione da chi?
Separazione. Separazione da chi?
Quel primo muovere del treno,
quel suo cauto disfilarsi
nel sole obliquo della sua corsia.
Tesi, più tesi i filamenti dell’addio.
Infine lo strappo.
Ricorda il pomeriggio,
ricorda l’inverno.
Separazione da chi?
Non ravvisa la persona
né tra i morti
né tra i viventi.
O è una parte di sé che le si cela
dietro quella partenza
o altro ancora
che le manca,
le manca indicibilmente...
per sempre? oh no.
Da Fuego de pobres, 1961 (traduzione di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli), dalla rivista
Sagarana, luglio 2011
Id: 1113 Data: 26/07/2011 12:27:03
*
Il grande oceano
Se dei tuoi doni e delle tue distruzioni, Oceano, alle mie mani
potessi io destinare una misura, un frutto, un fermento,
sceglierei il tuo riposo distante, le linee del tuo acciaio,
la tua distesa sorvegliata dal vento e dalla notte,
e l'energia del tuo linguaggio bianco
che sgretola e disfà le sue colonne
nella purezza della sua rovina.
Non è l'ultima onda col suo peso salino
quella che frange le coste e genera
la pace di arenile che contorna il mondo:
è il centrale volume della forza,
la potenza distesa delle acque,
l'immota solitudine affollata di vite.
Tempo, forse, o calice colmo
di ogni movimento, unità pura
non sigillata dalla morte, verde viscere
della totalità bruciante.
Del braccio immerso che solleva una goccia
non resta che un bacio del sale. Dei corpi
dell'uomo sulle tue rive un'umida fragranza
di fiore bagnato permane. La tua energia
sembra scivolare non esausta,
sembra ritornare al suo riposo.
L'onda che sferri,
arco d'identità, piuma stellata,
appena si sprofonda è solo schiuma
ma poi rinasce senza consumarsi.
Ogni tua forza ridiventa origine.
Solo abbandoni spoglie stritolate,
gusci che il tuo gran carico ha scartato,
ciò che l'eccesso del tuo avere esclude,
tutto ciò che ha cessato di esser grappolo.
Oltre le onde è protesa la tua statua.
Viva e ordinata come il petto e il manto
di una sola creatura, i cui respiri,
nella materia della luce issati,
- pianure sollevate dalle onde -,
sono la nuda pelle del pianeta.
E' tua la sostanza che ti colma.
Piena di te è la curva del silenzio.
Di sale e di miele tuoi ribolle il calice,
l'universale cavità dell'acqua,
e non ti manca quanto possa avere
un cratere spellato o un vaso rozzo:
cime vuote, cicatrici,
segnali che vegliano sull'aria mutilata.
La tua corolla contro il mondo palpita,
tremano i tuoi sommersi cereali,
le soavi alghe appendono minacce,
navigano, pullulanti, i pescherecci
e sale al filo delle reti
solo il morto baleno della squama,
millimetro ferito nell'ampiezza
delle tue totalità cristalline.
(tratto da Canto Generale, 1950, in "Poesie", a cura di Roberto Paoli, edizioni BUR, 2001) )
Id: 1112 Data: 26/07/2011 09:51:12
*
Insonnia
Nel cuore della notte mi assilla una domanda:
che ne sarà del Cile,
della mia povera patria incomprensibile?
Da quanto ho amato questa patria sottile,
queste pietre, queste zolle,
la persistente rosa
del litorale che vive con la schiuma,
sono tutt'uno ormai con la mia terra,
ho conosciuto i suoi figli ad uno ad uno
e mi ruotano dentro
le sue stagioni di pianto o di fiori.
Sento che ora, appena
trascorso l'anno morto dei dubbi,
quando l'errore che ci ha dissanguati
è finito e iniziamo a sommare ancora
il meglio, il giusto della vita,
ricompare la minaccia
e sul muro s'inalbera il rancore.
(tratto da "Poesie", 1924-1964, a cura di Roberto Paoli, edizioni BUR, 2001, pag. 174)
Id: 1108 Data: 19/07/2011 09:17:01
*
Leyenda del atravesamiento oceánico
Frammento IV – la terra promessa
partendo
cos’altro si aspetta lo stesso destino
se non il viaggio nella terra promessa
a volte questa sia di auto tivvù lavatrici e tramvai
sopraelevate come di aerei e meno fango
che non sia nemmeno la polvere da scuotersi di dosso
quando uscii la mia sola casa per l’ultima volta
quando ora che siete per lasciare la riva
quando infine affogherà nel vuoto profondo del mare
finalmente arrivato
(tratta da una silloge inedita pubblicata sulla rivista on-line "Fili d'aquilone", n. 21, gennaio-marzo 2011)
Id: 1107 Data: 18/07/2011 09:37:31
*
Lo so la purezza
ŞTIU PURITATEA
Ştiu, puritatea nu rodeşte,
Fecioarele nu nasc copii,
E marea lege-a maculării
Tributul pentru a trăi.
Albaştri fluturi cresce omizi,
Cresc fructe florilor în jur,
Zăpada-i albă neatinansă,
Pămâintul cald este impur.
Neprinhănit eterul doarme,
Văzduhul viu e de microbi,
Poţi dacă vrei să nu te naşti,
Dar dacă eşti te şi îngropi.
E fericit cuvântu-n gând,
Rostit, urechea îl defăimă,
Spre care o să mă aplec
Din Talgere - vis mut sau faimă?
Între tăcere şi păcat
Ce-o să aleg - cirezi sau lotuşi?
O, drama de-a muri de alb
Sau moartea de-a învinge totuşi...
LO SO LA PUREZZA
Lo so, la purezza non frutta,
dalle vergini non nascono figli,
è la suprema legge dell'impuro
la tassa sulla vita.
Azzurre farfalle generano bruchi,
generano frutti i fiori tutt'intorno,
la neve bianca è casata,
la terra calda è infetta.
Incontaminato l'etere dorme,
l'atmosfera brulica di microbi,
puoi non nascere se non vuoi,
ma se esisti ti aspetta la tomba.
È felice la parola nella mente,
pronunciata, l'orecchio la diffama,
su quale piatto della bilancia
pesare - sogno muto o fama?
Tra silenzio e colpa
cosa scegliere - mandrie o loti?
Oh, il dramma di morire in bianco
o la morte di vincere comunque...
(tratta da Ana Blandiana, Un tempo gli alberi avevano occhi, Donzelli, Roma 2004, Traduzione e cura di Biancamaria Frabotta e Bruno Mazzoni)
Id: 1106 Data: 17/07/2011 09:11:46
*
Come parlare di me stesso?
¿CÓMO HABLAR DE MÍ MISMO?
¿Cómo hablar de mí mismo, cómo presentar
mi verdad sin que algo me traicione?
¿Cómo atender la voz que en mi interior me habla
cuando la vida afuera ensordece mi oído?
¿Cómo huir de las grandes palabras
sin que me huya todo lo grande que hay en ellas?
¿Cómo renunciar a lo que brilla en la belleza
si quisiera escribir con todos mis sentidos
y el halago del verbo no es distinto al del cuerpo?
¿Cómo buscar en mí lo que permanece
si el olvido es la llave de mi jardín perdido?
¿Cómo evitar que el verso condescienda al asombro
sin que así desfallezca su misteriosa llama?
¿Cómo lograr que todo lo que en mí tiembla ahora,
tiemble en ti que me lees y al fin nazca el poema?
Come parlare di me stesso, come
dire la mia verità e non tradirmi?
Come ascoltar la voce che da dentro mi parla
quando la vita fuori rende sordo il mio orecchio?
Come sfuggire alle grandi parole
senza che sfugga tutta la grandezza che è in esse?
Come lasciare quanto nella bellezza brilla
se scrivere volessi con tutti i miei sensi
e il fascino del verbo è lo stesso del corpo?
Come cercare in me quello che rimane
se è l’oblio la chiave del mio giardino perduto?
Come evitar che ceda il verso allo stupore
senza che venga meno la misteriosa fiamma?
Come far sì che tutto quanto in me trema ora,
tremi in te che mi leggi e sia infine poesia?
(da Sombras, 1986)
POESIE DI ABELARDO LINARES
a cura di Pablo Luque Pinilla
traduzione di Gloria Bazzocchi
(tratta dalla rivista on-line "Fili d'aquilone" , n.16, ottobre-dicembre 2009)
Id: 1104 Data: 16/07/2011 15:37:34
*
Ver claro/Vedere chiaro
VER CLARO
Toda a poesia è luminosa, até
a mais obscura.
O leitor é que tem às vezes,
em lugar do sol, nevoeiro dentro de si.
E o nevoeiro nunca deixa de ver claro.
Se regressar
outra vez e outra vez
e outra vez
a essas sílabas acesas
ficará cego de tanta claridade.
Abençoado seja se lá chegar.
VEDERE CHIARO
Tutta la poesia è luminosa, persino
la più oscura.
È il lettore che ha talvolta,
al posto del sole, nebbia dentro di sé.
E la nebbia non permette mai di vedere chiaro.
Se ritornerà
un'altra volta e un'altra volta
e un'altra volta
a queste sillabe infiammate
rimarrà cieco da tanto chiarore.
Sia felice se arriverà.
(tratto dalla rivista on-line "Fili d'aquilone", ottobre-dicembre 2006, traduzione di Mariangela Semprevivo)
Id: 1103 Data: 16/07/2011 15:24:58
*
In viaggio con i sensi/Nomade
In viaggio con i sensi
In ogni attimo, in ogni luogo,
trovano spazio, in moto perpetuo,
presenze che ci separano
da immagini, suoni, sapori, odori,
da fonti più o meno materiali.
E se la mente ne conserva il ricordo,
chissà se potrà trarne l'essenza?
E intanto, continua il loro viaggio.
Universale vibrazione.
*
Nomade
Ondulati, biondi capelli,
come dune mosse da scirocco,
s'appoggiano su una fronte abbronzata
per i soli che l'hanno trafitta.
Terre, mari, città, campagne.
Tutto si riflette nella luce
di occhi di nomade.
(tratte da L'aria di Broca, giugno 2011, pag. 23)
Id: 1094 Data: 09/07/2011 10:19:39
*
Tragitti
I binari sono fatti
di ferro legno e sassi,
e se corrono paralleli
è per un loro gioco
di ruoli, giogo di sistemi.
La linea retta
si colora nel ritorno
di tratti già visti
ma si coglie a momenti
un punto di sorpresa.
D'abitudine il ritorno
è un ingannno,
il viaggio
un abbaglio,
linea magra
fitta di segni.
(tratta da L'area di Broca, semestrale di letteratura e conoscenza, n. 92-93, giugno 2011, pag. 15)
Id: 1092 Data: 08/07/2011 07:56:41
*
da L’iddio ridente
8
per un inverno intero una vespa
fu il nostro unico animale domestico
per nutrirla bastò
una goccia di acqua e zucchero alla settimana
con la primavera sparì per sempre
per abbeverarsi in uno zuccherificio infinito
ed oggi per passare dalla zona d’ombra
alla luce è bastato un passo solo
15
con la fine degli umani i grattacieli
si copriranno improvvisamente di licheni spumosi
gli asfalti inizieranno fioriture
che richiameranno gli insetti più luminosi
nessun gatto
rischierà di venire castrato
e nell’universo rimarrà lo splendente ricordo
di essersi visto con l’occhio umano
18
essendo il tutto scaturito
dal ventre d’Iddio
alla fine dei tempi
il tutto ritornerà nel suo ventre
niente andrà perduto
tutto sarà gioiosamente salvato
34
per potersi vedere
alla fine l’universo
creò l’occhio umano
"sta zitto scemo"
ed ecco che ricevo un improvviso
schiaffo da parte di mia madre
però insisto con le buffonate
li ricordo tutti gli schiaffi sonanti
che mi somministrava mia madre
tutte le scempiaggini erano inutilmente punite
tutto quello che facevo era punito
resistere a qualsiasi costo
a volte riuscivo ad evitare
gli schiaffi di mia madre
e la mano di mamma volava
come volesse ghermire l’aria
e il sottoscritto rimane in vita
nonostante tutta la sua irresponsabilità
ormai sono diventato un personaggio immaginario
immerso in realtà non certo immaginarie
e per evitare gli schiaffi di mia madre
riuscivo a saltare dalla finestra
e mi ritrovavo incolume
la speranza andava mostrata subito
inutile tenerla nascosta per paura che venisse derubata
sostenerla con versi blasfemi o sferici
e alla fine delle composizioni
come sbattendo il coperchio
di una cassa da morto
per chiudere tutto
Sei poesie da “L’iddio ridente”, prefazione Stefano Verdino, edizioni Zona (dal blog di poesia Imperfetta Ellissse)
Id: 1091 Data: 06/07/2011 08:36:41
*
Se mai solo vivendo
Mutamenti da un'ora all'altra di nuvole
oscurano, rischiarano la stanza,
variano il corso dei pensieri. Il cane
sonnecchia steso tra la madia e l'angolo
o si strofina contro muri e spigoli
finché ritorna ad accucciarsi. Le ore
passano senza che altro ne dia segno
o storni almeno un po' la mente.
La luce infiamma o lascia oscuro il tavolo
e il vassoio, sul vassoio le arance.
E' un giorno senza novità o persone...
Tu che occupi tutta quanto è vasta
epoca dopo epoca la storia
in tutta la sua distesa, in tutta
l'altezza dai fondali alle montagne
dove in rocce vietate all'uomo
incerto muove i passi lo sherpa
ma diffondi oscurità
difficile a forare
e se mai solo vivendo, se mai solo scendendo questa scala,
è un giorno senza novità o persone
ora di batticuore ora più certo
d'un libro aperto sulla giusta pagina,
un giorno, un giorno tra il prima e il poi, tra il cibo e il sonno.
(tratta da "La ferita nell'essere", La Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale l'Espresso, 2005, pag. 64)
Id: 1089 Data: 04/07/2011 16:56:51
*
da Decifrazione degli eventi
Questo cielo aperto, queste antiche case,
questo lento
e lucentissimo girare
diurno
e notturno
degli astri intorno a questa rupe
e io per caso
qui o per dettame
che seguo,
o credo, numero per numero
il ripetersi o il variare
del celestiale calcolo
preso in quella compiutezza
o escluso?
o non vale
quella differenza
ma l'identico soltanto,
l'infinitamente uguale?
(tratta da La ferita dell'essere, un itinerario antologico, La Biblioteca di Repubblica, 2005, pag. 140)
Id: 1087 Data: 02/07/2011 09:19:54
*
11 febbraio 1946
Cercavo te nelle stelle
Quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
Ma non mi diedero che poche volte
Solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
Meditati la bestemmia insensata
Che il mondo era uno sbaglio di Dio,
Io uno sbaglio del mondo.
E quando, davanti alla morte,
Ho gridato no da ogni fibra,
Che non avevo ancora finito,
Che troppo ancora dovevo fare,
Era perché mi stavi davanti,
Tu con me accanto, come oggi avviene,
Un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c'eri tu.
(tratta da "Ad ora incerta", Garzanti, 1990, pag. 25)
Id: 1086 Data: 01/07/2011 09:04:40
*
Metà della gente ama, metà odia
Metà della gente ama,
metà odia.
E dov'è il mio posto tra le due metà combacianti,
e attraverso quale fessura vedrò
i quartieri bianchi dei sogni,
e coloro che corrono a piedi nudi sulle dune
o almeno lo sventolio
del fazzoletto della ragazza, vicino alla collina?
(tratto da "Ogni uomo nasce poeta", Di Renzo Editore, 2000, pag. 51)
Id: 1084 Data: 28/06/2011 18:23:30
*
La tua lettera sul lenzuolo, sotto la lampada...
La tua lettera sul lenzuolo, sotto la lampada odorosa
Azzurra come la camicia nuova che il giovanotto si liscia
Canticchiando, come il cielo e il mare e il mio sogno
La tua lettera. Il mare ha il suo sale, e l'aria il latte il pane il riso, dico il suo sale
La vita ha la sua linfa, e la terra il suo senso
Il senso di Dio e il suo moto.
La tua lettera. Senza di lei la vita non sarebbe vita
Le tue labbra mio sale e mio sole, aria mia fresca e mia neve.
(traduzione di Marcella Glisenti, tratta da Poesie d'amore nel Novecento, Crocetti editore, 2007, pag. 46)
Id: 1082 Data: 27/06/2011 15:17:14
*
Veleggio come unombra
Veleggio come un'ombra
nel sonno del giorno
e senza sapere
mi riconosco come tanti
schierata su un altare
per essere mangiata da chissà chi.
Io penso che l'inferno
sia illuminato di queste stesse
strane lampadine.
Vogliono cibarsi della mia pena
perché la loro forse
non s'addormenta mai.
(dal sito ufficialie di Alda Merini)
Id: 1079 Data: 25/06/2011 20:08:20
*
Lucca
A casa mia, in Egitto, dopo cena, recitato il rosario, mia madre
ci parlava di questi posti.
La mia infanzia ne fu tutta meravigliata.
La città ha un traffico timorato e fanatico.
In queste mura non ci si sta che di passaggio.
Qui la meta è partire.
Mi sono seduto al fresco sulla porta dell’osteria con della gente
che mi parla di California come d’un suo podere.
Mi scopro con terrore nei connotati di queste persone.
Ora lo sento scorrere caldo nelle mie vene, il sangue dei miei morti.
Ho preso anch’io una zappa.
Nelle cosce fumanti della terra mi scopro a ridere.
Addio desideri, nostalgie.
So di passato e d’avvenire quanto un uomo può saperne.
Conosco ormai il mio destino, e la mia origine.
Non mi rimane che rassegnarmi a morire.
Alleverò dunque tranquillamente una prole.
Quando un appetito maligno mi spingeva negli amori mortali, lodavo
la vita.
Ora che considero, anch’io, l’amore come una garanzia della specie,
ho in vista la morte.
(tratta da L'Allegria, 1931)
Id: 1076 Data: 22/06/2011 14:46:37
*
Queste poche cose...
Viaggio
su spiagge sommerse...
La vita mi è
gioco che non finisce mai
o che va troppo in fretta,
parlo di polveri,
di frutti acerbi.
Diventare onda di sillaba
contro gli scogli
e sempre qui
a fermare il mare.
Queste poche cose
lascio,
dono o condanna non so,
queste poche cose
che ho scritto oggi.
(tratta da "La notte innocente", Pascal Editrice, 2005, pag. 34)
Id: 1074 Data: 21/06/2011 09:05:34
*
Silenzio complice
Silenzio complice
e giudice
quando rubo alla vita
gocce
sature di vibrazioni
e di significati:
rughe di terra
frastagliate d'anima
ancora la vita
calpestata in un solco.
Ti inseguo anima,
è questa la mia attesa?
Splendidamente assorta
resto.
Spume ariose
tondeggiano curiose
fragili speranze
come lucciole nella mano.
Non so abbassare gli occhi.
Amatemi di quell'amore
senza prezzo
così avrete vestito
la mia nudità.
(tratta da La notte innocente, Pascal editrice 2005, pag.40)
Id: 1073 Data: 20/06/2011 08:43:48
*
Preludio
Magica luna, tanto sei consunta
Che, rompendo il silenzio,
Poggi sui vecchi lecci dell'altura,
Un velo lubrico.
1934
(tratta da L'amore in Poesie, Mondadori 1983, pag.132)
Id: 1071 Data: 16/06/2011 07:28:53
*
Prologo epico
Eccomi qua ancora una volta
seduto di fronte al pubblico della poesia
che seduto di fronte a me benevolmente
mi guarda e si aspetta la poesia
come sempre io non ho niente da dirgli
come sempre il pubblico della poesia lo sa benissimo
certamente non si aspetta da me un poema epico
visto anche che non ha fatto niente per ispirarmelo
l’antico poeta epico infatti come tutti sappiamo
non era il responsabile della sua poesia
il suo pubblico ne era il vero responsabile
perché aveva un rapporto diretto
con il suo poeta
che dipendeva dal suo pubblico
per la sua ispirazione
e per la sua remunerazione
la sua poesia si sviluppava dunque
secondo le intenzioni del suo pubblico
il poeta non era che l’interprete individuale
di una voce collettiva che narrava e giudicava
questo non è certamente il nostro caso
non è per questo che siete qui oggi in questa sala
purtroppo quello che state ascoltando non è
il vostro poeta epico
e questo perché da tanti secoli
come tutti sappiamo
la scrittura prima
e successivamente la stampa
hanno separato con un muro di carta e di piombo
il produttore e
il consumatore della poesia scritta
che si trovano così irrimediabilmente separati
e perciò oggi il poeta moderno
non ha più un suo pubblico da cui dipendere
da cui essere ispirato e remunerato
solo pubblici anonimi e occasionali
come voi qui ora di fronte a me
non più una voce collettiva
che attraverso la sua voce individuale
racconta e giudica
il suo rapporto col pubblico ha perso ogni valore dicono
non gli rimane che concentrare il suo interesse
sui problemi dell’individuo singolo
sui suoi comportamenti particolari
il poeta moderno è autosufficiente
praticamente mai remunerato
non pronuncia alcun giudizio
ciò che conta per lui ci dicono
è soltanto il suo
immaginario
le sue ossessioni consce
e inconsce
perché per lui non esiste ci dicono
che l’individuo come singolo
irriducibilmente diverso
e separato dagli altri
e così il poeta moderno
solo
o anche davanti al pubblico della poesia
dialoga individualmente con la sua poesia
la immagina naturalmente come un’affascinante signorina
e vorrebbe che anche voi la immaginaste così
che si trova in questo momento qui di fianco a lui
cioè a me e cioè dunque lì di fronte a voi.
(tratto da Il pubblico del labirinto)
Id: 1070 Data: 14/06/2011 14:25:37
*
da Fruscio dassenza
Tendo le mani
al riflesso di accesi
sguardi lontani.
*
E' forse un lampo
a disperdere i corvi
o la mia ombra?
*
Fiore di vetro
la nuvola si infrange
contro la luna.
*
Tagliano i rami
all'albero morente.
Un'ombra attende.
*
Accoglie il vento
con un'eco di viola
l'ala di carta.
*
Piccole mani
muovono nella notte
luci segrete.
(edizioni Gazebo verde, 2009)
Id: 1069 Data: 13/06/2011 13:09:27
*
da Diario inverso
Compiuto è l’anno, invertita la rotta
ed è risacca che spagina il tempo
è cura di un dolore contento
è linimento tardivo di un ritroso navigare
è scoramento dell’onda che torna in alto mare.
***
Mimetizzata nelle quattro sillabe del mio nome
- oscurata la luce, sospesa la grazia –
tento una strenua difesa dal suo sguardo manicheo
e imito me stessa, ma senza ironia
piuttosto come un insetto imita una foglia.
***
Visito quell’altrove dove le cose si spogliano
di vaghezza per indossare una nitidezza
più prossima alla verità, ma mi strattona via
quel suo sguardo per cui dell’insieme
sono il particolare che sfugge.
***
Sotto la lingua di muschio della notte
l’intimità del mattino è un abbraccio
senza il calore delle braccia
eppure tintinna e porta un tempo nuovo
a ciò che manda avanti il mondo
e al nonostante che ci fa belli.
Id: 1067 Data: 11/06/2011 18:12:54
*
Anelli di cenere
Anillos de ceniza
(a Cristina Campo)
Son mis voces cantando
para que no canten ellos,
los amordazados grismente en el alba,
los vestidos de pájaro desolado en la lluvia.
Hay, en la espera,
un rumor a lila rompiéndose.
Y hay, cuando vien el día,
una partición del sol en pequeños soles negros.
Y cuando es de noche, siempre,
una tribu de palabras mutiladas
busca asilo en mi garganta,
para que non canten ellos,
los funestos, los dueños del silencio.
*
Sono le mie voci che cantano
affinché non cantino loro,
gli imbavagliati grigi nell’alba,
i vestiti di un uccello devastato nella pioggia.
C’è, nell’attesa,
un rumore di lillà che si rompe.
E c’è, quando arriva il giorno,
una partizione del sole in piccoli soli neri.
E quando è notte, sempre,
una tribù di parole mutilate
cerca asilo nella mia gola,
perché non cantino loro,
i funesti, i padroni del silenzio.
(testi tratti da Trame di letteratura comparata, diretta da Franco Buffoni, anno IV, 2004, numero 8/9, traduzione di Florinda Fusco)
Id: 1065 Data: 11/06/2011 08:23:41
*
fare
l'arte luogo privilegiato
di non facile accesso
creato da forme
rinvenute nell'io
plasmate in materia
da mani capaci
bagnate ogni giorno
nel fiume di eraclito
forse lo stesso di hesse
eppure esiste la parola
che si fa emozione
il suono di un sax
la materia che parla
scabrosa sensibilità
dell'artista melodia
su canne d'organo
che incontra la durezza
del mondo
impossibile a dirsi
l'arte si fa
contraccolpo
all'esistere
(da Frequenze d'arcobaleno, ed. Pomezia-Notizie, 1999, pag. 47)
Id: 1061 Data: 09/06/2011 08:02:44
*
Ulivi sul mare
Per gli ulivi del mare,
foglia a foglia
di grigio-verde-argento,
questa sfoglia
di terra rossa, il freddo arrugginito
delle case che chiudono, ed il vento,
il vento senza requie, l'infinito
viluppo d'alga in un odore spento
di cenere, di fumo, d'acqua marcia.
S'appressano i rumori della caccia.
(tratta da Rime di viaggio per la terra dipinta, Mondadori 1969)
Id: 1060 Data: 07/06/2011 10:38:00
*
O que serб que serб
O que serб que serб
Que andam suspirando pelas alcovas
Que andam sussurando em versos e trovas
Que andam combinando no breu das tocas
Que anda nas cabeзas, anda nas bocas
Que andam acendendo velas nos becos
Que estгo falando alto pelos botecos
Que gritam nos mercados, que com certeza
Estб na natureza, serб que serб
O que nгo tem certeza, nem nunca terб
O que nгo tem conserto, nem nunca terб
O que nгo tem tamanho
O que serб que serб
Que vive nas idйias desses amantes
Que cantam os poetas mais delirantes
Que juram os profetas embriagados
Que estб na romaria dos mutilados
Que estб na fantasia dos infelizes
Que estб no dia-a-dia das meretrizes
No plano dos bandidos, dos desvalidos
Em todos os sentidos, serб que serб
O que nгo tem decйncia, nem nunca terб
O que nгo tem censura, nem nunca terб
O que nгo faz sentido
O que serб que serб
Que todos os avisos nгo vгo evitar
Porque todos os risos vгo desafiar
Porque todos os sinos irгo repicar
Porque todos os hinos irгo consagrar
E todos os meninos vгo desembestar
E todos os destinos irгo se encontrar
E o mesmo Padre Eterno que nunca foi lб
Olhando aquele inferno, vai abbenзoar
O que nгo tem governo, nem nunca terб
O que nгo tem vergonha nem nunca terб
O que nгo tem juнzo
***
Ah che sarà che sarà
Che vanno sospirando nelle alcove
Che vanno sussurrando in versi e strofe
Che vanno combinando in fondo al buio
Che gira nelle teste e nelle parole
Che accende candele nelle processioni
Che va parlando forte nei portoni
E grida nei mercati che con certezza
Sta nella natura nella bellezza
Quel che non ha ragione né mai ce l'avrà
Quel che non ha rimedio né mai ce l'avrà
Quel che non ha misura.
Ah che sarà che sarà
Che vive nell'idea di questi amanti
Che cantano i poeti più deliranti
Che giurano i profeti ubriacati
Che sta sul cammino dei mutilati
E nella fantasia degli infelici
Che sta nel dai e dai delle meretrici
Nel piano derelitto dei banditi
Ah che sarà che sarà
Quel che non ha decenza né mai ce l'avrà
Quel che non ha censura né mai ce l'avrà
Quel che non ha giudizio.
Ah che sarà che sarà
Che tutti i loro avvisi non potranno evitare
Che tutte le risate andranno a sfidare
Che tutte le campane andranno a cantare
E tutti i figli insieme a consacrare
E tutti i figli insieme a purificare
E i nostri destini ad incontrare
Perfino il Padre Eterno da così lontano
Guardando quell'inferno dovrà benedire
Quel che non ha governo né mai ce l'avrà
Quel che non ha vergogna né mai ce l'avrà
Quel che non ha giudizio.
Ah che sarà che sarà
Quel che non ha governo né mai ce l'avrà
Quel che non ha vergogna né mai ce l'avrà
Quel che non ha giudizio.
Ah che sarà che sarà
Quel che non ha governo né mai ce l'avrà
Quel che non ha vergogna né mai ce l'avrà
Quel che non ha giudizio.
(testo e traduzione non revisionati)
Id: 1059 Data: 05/06/2011 20:44:32
*
da Xenia II - n. 12
I falchi
sempre troppo lontani dal tuo sguardo
raramente li hai visti davvicino.
Uno a Etretat che sorvegliava i goffi
voli dei suoi bambini.
Due altri in Grecia, sulla via di Delfi,
una zuffa di piume soffici, due becchi giovani
arditi e inoffensivi.
Ti piaceva la vita fatta a pezzi,
quella che rompe il suo insopportabile
ordito.
(tratta da Poesie scelte, a cura di Marco Forti, Oscar Mondadori, 1987, pag. 101)
Id: 1056 Data: 01/06/2011 09:06:02
*
Epigramma VIII/Epigramma per un filosofo
Epigramma VIII
Dopo tanto odio ti ricordo infine
con animo fraterno
e ti perdono
il bene che mi hai fatto
1964
*
Epigramma per un filosofo (a G. P.)
Mai ti perdoneranno il tuo non fare
comunella con gli altri, il tuo non essergli
uguale.
E questo soprattutto: amare
più che gli uomini la verità.
aprile 1965
(tratte da "Canzoniere per Giulio", Manni editore 2004, pagg. 94-95)
Id: 1055 Data: 31/05/2011 07:49:02
*
Migranti/Lampedusa
Migranti
Le navi pesanti
i giudici lenti
dia l'onda
ai migranti
il foglio
di via
*
Lampedusa
Bambini in mare
pakistani irregolari.
Li salviamo, maggiore?
Meglio gettare anche
i genitori
per ricongiungere
il nucleo famigliare
(da "La guardia è stanca", Cattedrale, 2010, pagg. 86-87)
Id: 1054 Data: 29/05/2011 15:54:58
*
Accanto a un bicchiere di vino
Con uno sguardo mi ha resa più bella,
e io questa bellezza l'ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d'amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un'invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell'abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall'onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
Id: 1053 Data: 28/05/2011 08:40:11
*
Il mio corpo è labisso tra me e me
Se tutto è un sogno sotto il sogno aperto
del cielo irreale, sognarti è possederti,
e possederti è sognarti da più vicino.
Le anime sempre separate,
i corpi sono il sogno di un ponte
su un abisso che margini non ha.
E poiché mi conosco, mi separo
da me, e penso, e il pensiero è avaro.
L'ora passa. Ma il mio sogno è mio.
Id: 1052 Data: 27/05/2011 17:57:20
*
Ti prego
Ti prego - resta o mia soave
Benché sei niente e molto meno
Della stella nel sereno
Irraggiungibile alla nave.
E' un cimitero - triste oro
Bocca sepolta che ti chiama:
Ma scaccia la cattiva poiana
O remoto usignolo.
Id: 1051 Data: 25/05/2011 20:03:10
*
Rosso e azzurro
Ho atteso che vi alzaste,
Colori dell'amore,
E ora svelate un'infanzia di cielo.
Porge la rosa più bella sognata.
(1928, tratta da "Poesie", CDE su licenza di Arnoldo Mondadori editore, 1983, pag. 97)
Id: 1049 Data: 25/05/2011 08:26:12
*
Ağır İşçi - Il lavoratore pesante -
Ağır İşçi
En ağır işçi benim;
gün yirmi dört saat, seni düşünüyorum.
***
il lavoratore più pesante sono io;
ventiquattro ore al giorno
penso a te.
(traduzione italiana di Anna Masala)
Id: 1043 Data: 21/05/2011 08:08:14
*
Tranquilla
Sei alla finestra.
C’è una nube di vetro a forma di cuore.
Sei il fantasma sull’albero lì fuori.
La strada è muta.
Il tempo, come il domani, come la tua vita,
è in parte qui, in parte sospeso in aria.
Non puoi farci niente.
La vita tranquilla non dà preavvisi.
Consuma i climi dello sconforto
e compare, a piedi, non riconosciuta, senza offrire nulla,
e tu sei lì.
(tratta da "Il futuro non è più quello di una volta", Minimum Fax, 2006, per la cura di Damiano Abeni)
Id: 1041 Data: 20/05/2011 08:01:18
*
Black sea - Mare nero
BLACK SEA
One clear night while the others slept, I climbed
the stairs to the roof of the house and under a sky
strewn with stars I gazed at the sea, at the spread of it,
the rolling crests of it raked by the wind, becoming
like bits of lace tossed in the air. I stood in the long
whispering night, waiting for something, a sign, the approach
of a distant light, and I imagined you coming closer,
the dark waves of your hair mingling with the sea,
and the dark became desire, and desire the arriving light.
The nearness, the momentary warmth of you as I stood
on that lonely height watching the slow swells of the sea
break on the shore and turn briefly into glass and disappear…
Why did I believe you would come out of nowhere? Why with all
that the world offers would you come only because I was here?
MARE NERO
Una notte chiara, mentre gli altri dormivano, ho salito
le scale fino al tetto della casa e sotto un cielo
fitto di stelle ho scrutato il mare, la sua distesa,
il moto delle sue creste spazzate dal vento, divenire
come pezzi di trina gettati in aria. Sono rimasto nella lunga
notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l’avvicinarsi
di una luce lontana, e ho immaginato che tu venivi vicino,
le onde scure dei tuoi capelli mescolarsi col mare,
e l’oscurità è divenuta desiderio, e desiderio la luce che approssimava.
La vicinanza, il calore momentaneo di te mentre rimanevo
su quell’altezza solitaria guardando il lento gonfiarsi del mare
rompersi sulla riva e in breve mutare in vetro e scomparire…
Perché ho creduto che saresti venuta uscita dal nulla? Perché con tutto
quello che il mondo offre saresti venuta solo perché io ero qui?
Questa lirica, pubblicata nella raccolta Man and Camel (2006), p. 25, è apparsa in italiano nel numero 34 di Nuovi Argomenti e nella traduzione della raccolta curata da Damiano Abeni (Uomo e cammello, Mondadori 2007).
Id: 1040 Data: 20/05/2011 07:39:38
*
da Verso Penuel
Manco di un dolore profondo
di quelli che disincarnano l'anima
e la fanno sublime.
Fin qui gli anni sono stati un abbraccio forte
dato al buio, come di chi non sa parlare
e alle braccia cede quel potere
Anni trascorsi con la scure alla radice,
anni di verità fallite, di gioie laciniate.
E' dunque mio un dolore tutto intero,
già maturo, già presente nel pianto
insolente della nascita. Ne sento
il mormorio di mare, il moto di risacca
nelle viscere- salmastro respiro di lama
dentro m' incide l'evento che consola.
da Verso Penuel (L'Oleandro 2003)
Id: 1035 Data: 17/05/2011 08:55:43
*
Saltellano
Saltellano coi loro passettini
E mai non veglieranno castamente:
Essi sono colombi. Né l'azzurro
(Che da ori evade e minii,
si posa su erbe, avviva,
Orme come di chiocciola,
Viola stana, protrae)
S'incanti tutto solo,
O strisci, brancoli, persista cupo,
Può giungere a distorli
Dal mutuo folle loro dichiararsi.
(Ravenna, marzo 1952)
(tratta da "Poesie", Mondadori, 1983, pag. 202)
Id: 1034 Data: 15/05/2011 10:02:44
*
La poesia
La poesia mi condurrà nel tempo
Quando non sarò più l’abitazione del tempo
E passerò solitaria
Dentro le mani di chi legge
La poesia qualcuno la dirà
Alle messi
Il suo passaggio si confonderà
Come il rumore del mare con il passare del vento
La poesia abiterà
Lo spazio più concreto e più attento
Nell’aria chiara nelle sere trasparenti
Le sue sillabe rotonde
(O antiche o lunghe
Eterne sere lisce)
Anche se morirò la poesia incontrerà
Una spiaggia dove infrangere le sue onde
E fra quattro pareti dense
Di profonda e divorata solitudine
Qualcuno il suo proprio essere confonderà
Con la poesia nel tempo
O Poema
O poema me levará no tempo
Quando eu já não for a habitação do tempo
E passarei sozinha
Entre as mãos de quem lê
O poema alguém o dirá
Às searas
Sua passagem se confundirá
Como o rumor do mar com o passar do vento
O poema habitará
O espaço mais concreto e mais atento
No ar claro nas tardes transparentes
Suas sílabas redondas
(Ó antigas ó longas
Eternas tardes lisas)
Mesmo que eu morra o poema encontrará
Uma praia onde quebrar as suas ondas
E entre quatro paredes densas
De funda e devorada solidão
Alguém seu próprio ser confundirá
Com o poema no tempo
(tratta da Livro Sexto, Obra Poética, Editorial Caminho, apparsa in Semicerchio, Rivista di Poesia Comparata XXXIX, 2008, traduzione di Roberto Maggiani)
Id: 1032 Data: 14/05/2011 15:02:11
*
Quando ogni luce è spenta
Quando ogni luce è spenta
E non vedo che i miei pensieri,
Un'Eva mi mette sugli occhi
La tela dei paradisi perduti.
(1932)
(da "Poesie", Mondadori, 1983, pag. 131)
Id: 1030 Data: 14/05/2011 07:07:51
*
Dire: fare - 2 - Decir: hacer - 2 -
Idea palpabile,
parola
impalpabile:
la poesia
va e viene
tra ciò che è
e ciò che non è.
Tesse riflessi
e li stesse.
La poesia
semina occhi nella pagina,
semina parole negli occhi.
Gli occhi parlano,
le parole guardano,
gli sguardi pensano.
Udire
i pensieri,
vedere
ciò che diciamo,
toccare
il corpo dell'idea.
Gli occhi
si chiudono,
le parole si aprono.
Idea palpable,
palabra
impalpable:
la poesía
va y viene
entre lo que es
y lo que no es.
Teje reflejos
y los desteje.
La poesía
siembra ojos en la página,
siembra palabras en los ojos.
Los ojos hablan,
las palabras miran,
las miradas piensan.
Oir!
los pensamientos,
ver
lo que decimos,
tocar
el cuerpo de la idea.
Los ojos
se cierran,
las palabras se abren.
(Da: Arbol adentro, 1987)
Id: 1029 Data: 13/05/2011 20:41:07
*
Ponte
Tra adesso e adesso,
tra io sono e tu sei,
la parola ponte.
Entri in te stessa
quando entri in lei:
il mondo si chiude
come un anello.
Da una sponda all'altra
sempre si stende un corpo,
un arcobaleno.
Sotto i suoi archi dormirò.
Id: 1028 Data: 13/05/2011 07:49:50
*
Il mio cuore ha l’accesso stretto
Il mio cuore ha l’accesso stretto
il sangue non ci passa facilmente
o rigurgita o rimane dentro,
così gli altri non sanno
che passione ho per loro
che potrei
fermare anche gli ignoti per la strada
e dirgli
tutto quello che ho dentro e non mi passa –
e sarebbe la grazia.
Id: 1027 Data: 12/05/2011 21:32:59
*
Pop Art Pops
Rimossa la piastra poetica,
smontate le officine del secolo,
spostata sul ventre la guardia,
cos’altro resta da dire?
Rimetto tra le cose la parola,
metto a bagno i versi
e premo sull’uscio del giorno,
perché sia giorno benedire.
Rivolgimi un nuovo saluto,
soltanto la vita è scampata,
adesso che Soup non è che soup,
per una pietà umana
nient’altro che parola,
senza più umanità.
(tratta da Amnesie Amniotiche, LietoColle, 2009)
Id: 1025 Data: 12/05/2011 08:30:34
*
Certezza
Tu sei l’erba e la terra, il senso
quando uno cammina a piedi scalzi
per un campo arato.
Per te annodavo il mio grembiule rosso
e ora piego a questa fontana
muta immersa in un grembo di monti:
so che a un tratto
- il mezzogiorno sciamerà coi gridi
dei suoi fringuelli -
sgorgherà il tuo volto
nello specchio sereno, accanto al mio.
9 gennaio 1938
Id: 1024 Data: 09/05/2011 22:10:11
*
Vecchio poeta
a Elio Filippo Accrocca, in memoria
Vecchio poeta, essere senza età né volto,
nel tuo cammino per la strada - fiume
aperta a fatica giorno dopo giorno
dal cuor del tempo che si chiude,
tu ti porti dentro la parola
primigenia, tormento e talismano
per le tue oscure stìmmate, conchiglia
d’altre voci e giorni, visione
d’altri orizzonti e volti: visti, udite
e vissuti chissà quando e dove;
o forse solo immaginati (ma per te
fra realtà e sogno c’è un confine?).
Sei come uno schiavo con la sua catena,
una lumaca col suo guscio, una lucciola
col suo cuore di luce, solitaria,
rimasta in vita alla fine dell’estate:
una formica col suo chicco di grano
vagante nella vastità azzurra dell’aia
vuota dopo i giorni festosi del raccolto.
Eppure non cessi un momento di sognare,
di stupirti come nel primo giorno
della Creazione, incerto nella scelta
tra una musica d’arpa e un vento di brughiera,
tra una rosa bianca e un fiore d’asfodelo
delle terre secche del Sud, tra il rumore
fresco e lieto d’un carro all’alba e l’eco
cupa e lunga d’un fiume inabissato…
Vecchio poeta, ma tu solo resti
artefice e spettatore d’un miracolo
antico e nuovo: dare, con un verso,
senso e voce al silenzio,
o accendere la luce su una pietra.
Id: 1023 Data: 07/05/2011 13:13:53
*
Non si nasconda questa melodia
Non si nasconda questa melodia
che si appoggia sul ritmo come il volo
dell'ape in arco sui frequenti fiori
né si nasconda questo suono, svolto
come fa l'onda sferica nel mare
attorno al muto passo blu del pesce
non si nasconda, e sia,
o canto lento o fulminato assolo,
campanio che si sveglia e volge in fuori
e si mostra all'ascolto
e, immensamente volendo annunciare,
ad annunciare riesce.
(da "Calicanto", di Ersilia Zamponi e Roberto Piumini, Einaudi 1988, pag. 171)
Id: 1022 Data: 07/05/2011 09:57:54
*
Tutte le lettere damore
Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente ridicole).
Id: 1020 Data: 06/05/2011 15:55:34
*
Retrocedendo
Il tarlo è nato, credo, dentro uno
stipo che ho salvato da sgombri e inondazioni.
Il suo traforo è lentissimo,
il microsuono non cessa.
Da mesi probabilmente si nutre
del pulviscolo frutto del suo lavoro.
Si direbbe che ignori la mia esistenza,
io non la sua.
Io stesso sto trivellando a mia insaputa
un ceppo che non conosco
e che qualcuno osserva infastidito
dal cri cri che n'esce,
un qualcuno che tarla inconsapevole
del suo tarlante e così via
in un lungo cannocchiale
di pezzi uno nell'altro.
(da "Diario del '71", in "Poesie scelte", Oscar Mondadori, 1987, pag. 126)
Id: 1019 Data: 05/05/2011 22:29:59
*
La poesia
L'angosciante questione
se sia a freddo o a caldo l'ispirazione
non appartiene alla scienza termica.
Il raptus non produce, il vuoto non conduce,
non c'è poesia al sorbetto o al girarrosto.
Si tratterà piuttosto di parole
molto importune
che hanno fretta di uscire
dal forno o dal surgelante.
Il fatto non è importante. Appena fuori
si guardano d'attorno e hanno fretta di dirsi:
che sto a farci?
(da "Satura I", Oscar Mondadori, 2009, pag. 109)
Id: 1018 Data: 04/05/2011 20:49:12
*
Il lavoro
Oh, sì, chi lavora è felice!
Lo dice il martello, lo dice
la pialla, la vanga, la sega,
ché, lavorando, si prega.
Chi non lavora è scontento
ha l'animo torbido e cupo
e se lo guardi, spavento!
Gli vedi due occhi da lupo.
Id: 1017 Data: 01/05/2011 21:59:08
*
Noia
Anche questa notte passerà
Questa solitudine in giro
titubante ombra dei fili tramviari
sull'umido asfalto
Guardo le teste dei brumisti
nel mezzo sonno
tentennare
(tratta da "L'allegria" in "Poesie", Mondadori 1983, prefazione di Guido Davico Bonino, pag. 6)
Id: 1016 Data: 30/04/2011 14:25:06
*
da Il Longobardo assente
Come quando nella casa dove
Non vai più spesso
I tuoi orari sono un po' sommersi
Da altri orari e da altre abitudini,
E allora ti sembra di essere davvvero come sei
Di passaggio anche lì come dovunque.
Poi il Celio però coi Santi quattro
I battisteri del Celimontano
Gli affreschi di età imperiale
E le viscere di San Clemente
Dove a parcheggio illimitato è il tempo.
(da "Il longobardo assente", in "Roma", Guanda 2009, pag. 153)
Id: 1011 Data: 22/04/2011 16:27:21
*
da Qualche ciottolo scheggiato
Sembra persino educata
La gente in centro al mattino
che si è appena alzata
Coi silenzi dei rumori
E i pudori del cielo che si muove.
Qui in via dei Portoghesi te ne accorgi dai passi,
Che alle sette sui sampietrini
Risuonano come silofoni
Scossi da lievi mazzuoli.
E una volta scendendola ho scoperto
Che era via Rasella
La mia scorciatoia mattutina al Quirinale,
Poi vi ho cercato lapidi segnali. Nulla,
fuor che nero fumo vecchie insegne
Imposte dal tempo dell'agguato,
Qualche ciottolo scheggiato.
(tratta dal volume "Roma", Guanda 2009, pag.57)
Id: 1009 Data: 20/04/2011 08:42:28
*
dai Quattro Quartetti
Il tempo presente e il tempo passato
sono entrambi forse presenti nel tempo futuro.
E il tempo futuro, contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irredimibile.
Quello che sarebbe potuto essere è un'astrazione
e resta una perpetua possibilità
solo nel mondo delle congetture.
Quello che sarebbe potuto essere e quello che è stato
tendono verso una fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non abbiamo imboccato
verso la porta che non abbiamo mai aperta
sul giardino delle rose.
Id: 1008 Data: 19/04/2011 16:06:39
*
Vorrei essere bambina
VORREI ESSERE BAMBINA
Io vorrei essere bambina
per accoppiare le nubi a distanza
(alte claudicanti della forma),
per giungere all’allegria delle piccole cose
e domandare,
come chi non lo conosce,
il colore delle foglie.
Com’era?
Per ignorare ciò che è verde,
il verde mare,
la risposta salubre del tramonto in ritirata,
il timido gocciolare degli astri
sul muro del vicino.
Essere la bambina
che cadeva d’improvviso
dentro un treno con angeli,
che arrivavano così, in vacanza,
a correre brevemente tra le uve,
o attraverso notturni
fuggiti da altre notti
di geometrie più alte.
Però adesso, che cosa devo essere?
Se mi sono nati questi occhi così grandi
e questi chiari desideri di sbieco.
Come potrò essere ora
quella che voglio io
bambina di verdi,
bambina vinta di contemplazioni
che cade da se stessa rosea
... se mi dolse moltissimo dire
per raggiungere nuovamente la parola
che fuggiva,
saetta scappata dalla mia carne,
e mi ha addolorato molto amare a tratti,
impenitente e sola
e parlare di cose incompiute,
tinte cose di bimbi,
di candore dissimulato,
o di semplici api
aggiogate a tristi rosari.
O essere colma di questi scatti
che mi cambiano il mondo a grande distanza.
Come potrò essere ora,
bambina in tumulto,
forma mutevole e pura,
o semplicemente, bambina alla leggera,
divergente in colori
e adatta per l’addio
in ogni momento.
(testo tradotto per la prima volta in Italia nel volume “Questo è il bosco” di Eunice Odio, 2009 Edizioni Via del Vento, a cura di Tomaso Pieragnolo)
In lingua originale:
YO QUISIERA SER NIÑA
Yo quisiera ser niña
para acoplar las nubes a distancia
(claudicadoras altas de la forma),
para ir a la alegría por lo pequeño
y preguntar,
como quien no lo sabe,
el color de las hojas.
¿Cómo era?
Para ignorar lo verde,
el verde mar,
la respuesta salobre del ocaso en retirada,
el tímido gotear de los luceros
en el muro del vecino.
Ser niña
que cayera de pronto
dentro de un tren con ángeles,
que llegaban así, de vacaciones,
a correr un poquito por las uvas,
o por nocturnos
fugados de otras noches
de geometría más altas.
Pero ya, ¿que he de ser?
Si me han nacido estos ojos tan grandes
y esos rubios quereres de soslayo.
Cómo voy a ser ya
esa que quiero yo
niña de verdes,
niña vencida de contemplaciones,
cayendo de sí misma sonrosada
...si me dolió muchísimo decir
para alcanzar de nuevo la palabra
que se iba,
escapada saeta de mi carne,
y me ha dolido mucho amar a trechos
impenitente y sola
y hablar de cosas inacabadas,
tintas cosas de niños,
de candor disimulado,
o de simples abejas,
enyugadas a rosarios tristes.
O estar llena de esos repentes
que me cambian el mundo a gran distancia.
Cómo voy a ser ya,
niña en tumulto,
forma mudable y pura,
o simplemente, niña a la ligera,
divergente en colores
y apta para el adiós
a toda hora.
Id: 1006 Data: 19/04/2011 08:24:25
*
Noi uomini
NOI UOMINI
Vengo a cercarti, fratello, perché porto la poesia,
che è come portare il mondo sulle spalle.
Sono come un cane che ruggisce solo, latra
alle belve dell’odio e dell’angustia,
manda all’aria la vita nella metà della notte.
Porto sogni, tristezza, allegria, mansuetudini,
democrazie rotte come anfore,
religioni ammuffite fino all’anima,
ribellioni in germe che gettano lingue di fumo,
alberi che non hanno
sufficienti resine amorose.
Siamo senza amore, fratello mio,
ed è come essere ciechi in metà della terra.
Porto morti per impaurire tutti
coloro che giocano con le morti.
Vite per rallegrare i mansueti e i teneri,
speranze e uve per i dolenti.
Ma prima di tutto porto
un violento desiderio di abbracciare,
assordante e infinito
come una tormenta oceanica.
Voglio fare con le braccia
un solo lungo braccio
che circondi la terra.
E desidero che tutto, che la vita sia nostra
come l’acqua e il vento.
Che nessuno abbia altra patria che il vicino.
Che nessuno dica più la terra mia, la barca mia,
bensì la terra nostra, di Noi Uomini.
(inedito in Italia)
NOSOTROS LOS HOMBRES
Vengo a buscarte hermano, porque traigo el poema,
que es traer el mundo a las espaldas.
Soy como un perro que ruge a solas, ladra
a las fieras del odio y de la angustia,
echa a rodar la vida en mitad de la noche.
Traigo sueños, tristezas, alegrías, mansedumbres,
democracias quebradas como cántaros,
religiones mohosas hasta el alma,
rebeliones en germen echando lengua de humo,
árboles que no tienen
suficientes resinas amorosas.
Estamos sin amor, hermano mío,
y esto es como estar ciegos en mitad de la tierra.
Traigo muertes para asustar a todos
los que juegan con muertes.
Vidas para alegrar a los mansos y tiernos,
esperanzas y uvas para los dolorosos.
Pero traigo ante todo
un deseo violento de abrazar,
atronador y grande
como tormenta oceánica.
Quiero hacer con los brazos
un solo brazo dulce
que rodee la tierra.
Y deseo que todo, que la vida sea nuestra
como el agua y el viento.
Que nadie tenga nunca más patria que el vecino.
Que nadie diga más la finca mía, el barco mío,
sino la finca nuestra, de Nosotros los Hombres.
(testo tradotto per la prima volta in Italia nel numero di Sagarana di aprile 2009 a cura di Tomaso Pieragnolo)
Id: 1002 Data: 18/04/2011 15:09:31
*
Dal lungo party triste
From the Long Sad Party
Someone was saying
something about shadows covering the field, about
how things pass, how one sleeps towards morning
and the morning goes.
Someone was saying
how the wind dies down but comes back,
how shells are the coffins of wind
but the weather continues.
It was a long night
and someone said something about the moon shedding its
white
on the cold field, that there was nothing ahead
but more of the same.
Someone mentioned
a city she had been in before the war, a room with two
candles
against a wall, someone dancing, someone watching.
We begin to believe
the night would not end.
Someone was saying the music was over and no one had
noticed.
Then someone said something about the planets, about the
stars,
how small they were, how far away.
Dal lungo party triste
Qualcuno stava dicendo
qualcosa riguardo ombre che coprono il campo, riguardo
lo scorrere dell'esistenza, di come ci si addormenti verso il mattino
ed il mattino passi.
Qualcuno stava dicendo
di come il vento muoia ma poi ritorni,
di come le conchiglie siano le bare del vento
ma il tempo continui.
Era una lunga notte
e qualcuno disse qualcosa riguardo a come la luna perdeva il suo
bianco
sul freddo campo, come non ci fosse nulla davanti a noi
oltre le solite cose.
Qualcuno menzionò
una citta in cui era stata prima della guerra, una stanza con due
candele
contro un muro, qualcuno che danzava, qualcuno che guardava.
Cominciamo a credere
che la notte non avrebbe avuto termine.
Qualcuno stava dicendo che la musica era finita e nessuno
se n'era accorto.
Allora qualcuno disse qualcosa riguardo i pianeti, riguardo le
stelle,
di quanto fossero piccole, quanto fossero lontane.
(da Mark Strand: "Blizzard of One" - 1998, traduzione di Damiano Abeni, ora in "West of your cities" - a cura di M. Strand e D. Abeni - Minimum fax - Roma 2003)
Id: 993 Data: 15/04/2011 08:30:27
*
Tra i rami
Sotto la finestra, sul balcone, ci sono degli uccellini malridotti
che si affollano attorno al cibo. Sono gli stessi, credo,
che vengono tutti i giorni a mangiare bisticciando. C’era un tempo, c’era un tempo,
gridano e si beccano. Sì, è quasi ora.
Il cielo rimane cupo tutto il giorno, il vento viene da ovest e
non smette di soffiare... Dammi la mano per un po'. Tienimi la
mia. Così va bene, sì. Stringimela forte. C’era un tempo in cui
pensavamo di avere il tempo dalla nostra. C’era un tempo, c’era un tempo,
gridano gli uccellini malridotti.
(tratta da "Il nuovo sentiero per la cascata", minimum fax, traduzione di Riccardo Duranti)
Id: 991 Data: 14/04/2011 07:17:18
*
Mar Caspio
Il suo verde marezzato e il suo blu dolcissimo.
Ho passato il mar Caspio in uno di questi giorni di seta.
Davanti al nostro battello il mare stava
spalancato come una porta senza battenti.
La sua condizione innaturale mi ha colpito.
Quale mare è chiuso come questo
senza notizia mai degli altri mari?
Quale mare è solitario come questo?
(tratto da"Poesie", Grandi Economici Tascabili Newton, 2002, pag. 92)
Id: 989 Data: 13/04/2011 08:31:52
*
Sulla spiaggia
Ora il chiarore si fa più diffuso.
Ancora chiusi gli ultimi ombrelloni.
Poi appre qualcuno che trascina
il suo gommone.
La venditrice d'erbe viene e affonda
sulla rena la sua mole, un groviglio
di vene varicose. E' un monolito
diroccato dai picchi della Lunigiana.
Quando mi parla resto senza fiato
le sue parole sono la Verità.
Ma tra poco qui sarà il cafarnao
delle carni, dei gesti e delle barbe.
Tutti i lemuri umani avranno al collo
croci e catene. Quanta religione.
E c'è chi si era illuso di ripetere
l'exploit di Crusoe!
(tratta da "Diario del 71", in Poesie scelte, Oscar Mondadori, 1987, pag. 133)
Id: 986 Data: 12/04/2011 08:35:52
*
Bocca
La bocca
che prima mise
alle mie labbra il rosa dell'aurora,
ancora
in bei pensieri ne sconto il profumo.
O bocca fanciullesca, bocca cara,
che dicevi parole ardite ed eri
così dolce a baciare.
(tratta da "Ultime cose", in Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, I Meridiani Mondadori, 1998, pag. 228)
Id: 985 Data: 10/04/2011 22:56:27
*
Notte alta noi due con luna piena
Noche arriba los dos con luna llena,
yo me puse a llorar y tú reías.
Tu desdén era un dios, las quejas mías
momentos y palomas en cadena.
Noche abajo los dos. Cristal de pena,
llorabas tú por hondas lejanías.
Mi dolor era un grupo de agonías
sobre tu débil corazón de arena.
La aurora nos unió sobre la cama,
las bocas puestas sobre el chorro helado
de una sangre sin fin que se derrama.
Y el sol entró por el balcón cerrado
y el coral de la vida abrió su rama
sobre mi corazón amortajado.
*
Notte alta noi due con luna piena,
io ruppi in pianto mentre tu ridevi.
Il tuo scherno era un dio,
le mie lagnanze momenti e poi colombe senza fine.
Notte bassa noi due. Specchio di pena,
piangevi tu in remote lontananze.
Il mio dolore era un groppo d'agonie
sopra il tuo cuore fragile d'arena.
L'aurora ci congiunse sopra il letto,
le bocche contro il gelido fluire
di uno sbocco di sangue senza fine.
E il sole entrò filtrando dal balcone
e aprì il corallo i rami della vita
sopra il mio cuore avvolto nel sudario.
(Federico Garcia Lorca, Noche del amor insomne)
Id: 983 Data: 09/04/2011 14:30:14
*
da Lettere d’amore nel frigo
il silenzio dello scalpello
i pensieri cui siamo abituati
si abituano a noi
e la loro unica preoccupazione
è che il nostro prossimo amore
non sia tale
da cacciarli
ingrati come possiamo essere
di qua
il cerino nel buio
e che il silenzio
dentro le ossa
non inganni
sulla inesorabile
attività
(tratte da "Lettere d'amore nel frigo", Einaudi 2006, prefazione di Nico Orengo)
Id: 982 Data: 09/04/2011 08:35:51
*
Dove eravamo
Come è stato il doverci rincontrare
senza saperci ridare, con la melassa della notte
che ci respirava nei polmoni, una notte canuta
come le ali del cielo sventolanti e noi,
all’interno, respirati dalle ore del silenzio,
avvolti su noi stessi fomentando il piacere.
Ci siamo sfamati come cani brancolanti
sotto i balconi dell’albergo, inghiottiti
in una fornace di buio, una cascata
di carne lucente che ci riconosceva e per questo
ci spingeva più a fondo
verso la canna fumaria del mondo.
Si sentiva un cono d’aria che mancava, ai confini
di quel letto, così sporco di noi che quasi
crollavamo in un burrone. Come forme spiranti
ci assistemmo nel vizio di parlare,
di provare l’amore nelle sue tre persone,
il sangue, la pelle, la vergogna aitante del male.
(tratta da "Nudità", Peqod, 2010)
Id: 980 Data: 06/04/2011 19:59:23
*
Guardando per caso le costellazioni
Puoi aspettare tanto, tanto tempo
prima che in cielo accada qualcosa
di piu' dello scorrere delle nuvole
e delle Luci del Nord, che corrono
come brividi pungenti.
Il sole e la luna s'incrociano,
ma non si toccano mai, ne' fuoriescono
fiamme, ne' si scontrano violentemente.
Sembra che i pianeti s'incontrino
nei loro tragitti, ma non accade nulla,
non viene fatto nessun male.
Possiamo tranquillamente continuare
la nostra vita, e guardare ovunque
tranne che alle stelle, alla luna e al sole
perche' abbiamo bisogno di colpi
e di cambiamenti per non impazzire.
E' vero che la siccita' piu' lunga
finira' in pioggia,
che la pace piu' lunga in Cina
finira' in conflitto.
Ma verra' deluso chi restera' sveglio
nella speranza di veder rompere
la calma del cielo, di fronte a lui
nella sua vita.
Quella calma sembra proprio essere certa
fino all'ultima notte.
Id: 977 Data: 05/04/2011 16:03:49
*
La strada che non presi
Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.
Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.
Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.
Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.
Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.
Id: 976 Data: 05/04/2011 08:40:02
*
Tu non vivi tra queste piante
Tu non vivi fra queste piante che s’attorcigliano
attorno a questo mio piede senza vasi,
e non hai nella tua linea alcuna canzone per
questi miei versi sterili ora che tu non
avvicini le tue labbra strette a questo mio
corpo ombrato.
Tu non appari a chiarire il mistero della
tua non – presenza, tu non stimoli i fiori
in corona attorno al mio polso, rotto perché
non posso tenerti vicino. La luna ha anch’essa
un pendio misericordioso ma tu non agganci
stretti fili alla mia mano che tanto lontana
non può sollevare i pesi della tua testa
rotta dai singulti.
Temo di fare con la mia presenza scempio
delle occasioni, ora che tu non rinverdisci
l’orizzonte. Temo apparire strana, confusa
a belare quest’incomprensione. Temo di stendere
vigne vuote sul tuo piede scarlatto. Non
ho altro sorso dalle tue arse labbra che
questo mio empio mistero, noia del giorno
spaccato in mille schegge.
Id: 961 Data: 24/03/2011 21:08:40
*
Nellantica Cina vi erano fiori dandalusa...
Nell'antica Cina vi erano fiori d'andalusa. Tu non fischi
per me. Il ramo storto della tua vigliaccheria non era che
la bellezza! nel mare lisciato e pettinato in un nodoso cranio.
La scultura del tuo amore era un ritornello, sapiente virgola
del maestro che sa sparire dalla tavola sparecchiata.
Il Giappone crudele e distante è la tua patria.
Il Giappone nodoso e inestricabile è il viaggio che mi
procurerò con la tua assenza.
(tratta da "Variazioni belliche" in "Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, i Meridiani Mondadori, 1998, pag. 999)
Id: 959 Data: 24/03/2011 08:30:15
*
Città dall’alto
Queste strade che salgono alle mura
non hanno orizzonte, vedi: urtano un cielo
bianco e netto, senz'alberi, come un fiume che volta.
dei signori e dei cani.
Da qui alle processioni che recano guinzagli, stendardi
reggendosi la coda
ci saranno novanta passi, cento, non di più: però più giù, nel fondo della città
divisa in quadrati (puoi contarli) e dolce
come un catino... e poco più avanti
la cattedrale, di cinque ordini sovrapposti: e proseguendo
a destra, in diagonale, per altri
trenta o quaranta passi - una spanna: continua a leggere
come in una mappa - imbocchi in pieno l'asse della piazza
costruita sulle rocciose fondamenta del circo
romano
grigia ellisse quieta dove
dormono o si trascinano enormi, obesi, ingrassati
come capponi, rimpinzati a volontà
di carni e borgogna purché non escano dalla piazza! i poveri
della città. A metà tra i due fuochi
lì, tra quattrocento anni
impiantano la ghigliottina.
(tratta da "Le case della Vetra", 1964, fonte Internet)
Id: 957 Data: 23/03/2011 08:05:23
*
da Buch der Lieder di Henrich Heine
Il nostro mondo è troppo frammentario.
Ormai sta diventando necessario
Che un Herr Professor venga a restaurare
Quell'ordine che ormai la vita ha perso
E ne cavi un sistema razionale.
Lui taglia a pezzi la sua papalina
E tappa tutti i buchi dell'universo.
(da Henrich Heine, "Buch der Lieder", Die Heimkehr, traduzione di Primo Levi, "ad Ora incerta", Garzanti, pag. 126)
Id: 956 Data: 22/03/2011 20:51:31
*
Amore che non va
Amore che non va
è arrivato fino a qua.
È amore che non può,
è amore che fa no.
È ragazza un po’ lontana:
i capelli scuri, gli occhi di lana.
È ragazza sorridente,
ma non puoi darle niente.
(Luglio soffocava gli aromi
e i pensieri si facevano strani)
- Io ti telefono domani -
Mi dice che posso farlo
quando più voglio:
il fatto è che telefono a uno scoglio.
(Già Giugno aveva un brutto grugno
ma i pensieri non avevano mugugno)
C’era una foresta
e dentro tutta la gente in festa…
O anche: c’era una volta…
(Ma è proprio vero, l’hanno tolta
Ti telefono di lontano
e tu ci sei ma metti giù
piano.
tratta da "Poesie d'amore del Novecento", a cura di Paola Lombardi, Oscar Mondadori
Id: 955 Data: 22/03/2011 08:00:29
*
da Buch der Lieder di Henrich Heine
Un abete sta solitario
Là nel Nord, sul pendio deserto.
Dorme e sogna, sotto il sudario
Della neve che l'ha ricoperto.
Sogna di una palma sottile
Cresciuta nel lontano Oriente:
Anche lei sogna senza fine,
Confitta nella rupe rovente.
Da Henrich Heine "Buch der Lieder", Lyrisches Intermezzo, traduzione di Primo Levi, "Ad ora incerta", Garzanti, 1990, pag. 122)
Id: 950 Data: 20/03/2011 09:05:25
*
da Buch der Lieder
Sono tornato nella camera
Dove lei mi giurò amore ardente.
C'erano i segni delle sue lacrime
E da ognuno è sgusciato un serpente.
(da "Buch der Lieder", Die Heimkehr)
Traduzione di Primo Levi ("Ad ora incerta", Garzanti, 1990, pag. 123)
Id: 949 Data: 19/03/2011 08:35:03
*
Le acciughe fanno il pallone
Le acciughe fanno il pallone
che sotto c'è l'alalunga
se non butti la rete
non te ne lascia una
alla riva sbarcherò
alla riva verrà la gente
questi pesci sorpresi
li venderò per niente
se sbarcherò alla foce
e alla foce non c'è nessuno
la faccia mi laverò
nell'acqua del torrente
ogni tre ami
c'è una stella marina
amo per amo
c'è una stella che trema
ogni tre lacrime
batte la campana
passano le villeggianti
con gli occhi di vetro scuro
passano sotto le reti
che asciugano sul muro
e in mare c'è una fortuna
che viene dall'oriente
che tutti l'hanno vista
e nessuno la prende
ogni tre ami
c'è una stella marina
ogni tre stelle
c'è un aereo che vola
ogni tre notti
un sogno che mi consola
bottiglia legata stretta
come un'esca da trascinare
sorso di vena dolce
che liberi dal male
se prendo il pesce d'oro
ve la farò vedere
se prendo il pesce d'oro
mi sposerò all'altare
ogni tre ami
c'è una stella marina
ogni tre stelle
c'è un aereo che vola
ogni balcone
una bocca che m'innamora
ogni tre ami
c'è una stella marina
ogni tre stelle
c'è un aereo che vola
ogni balcone
una bocca che m'innamora
le acciughe fanno il pallone
che sotto c'è l'alalunga
se non butti la rete
non te ne lascia una
non te ne lascia una
non te ne lascia
(dall'album "Anime salve", 1996)
Id: 937 Data: 15/03/2011 10:24:58
*
La gioia avvenire
Potrebbe essere un fiume grandissimo
Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore
Una rabbia strappata uno stelo sbranato
Un urlo altissimo
Ma anche una minuscola erba per i ritorni
Il crollo d’una pigna bruciata nella fiamma
Una mano che sfiora al passaggio
O l’indecisione fissando senza vedere
Qualcosa comunque che non possiamo perdere
Anche se ogni altra cosa è perduta
E che perpetuamente celebreremo
Perché ogni cosa nasce da quella soltanto
Ma prima di giungervi
Prima la miseria profonda come la lebbra
E le maledizioni imbrogliate e la vera morte
Tu che credi dimenticare vanitoso
O mascherato di rivoluzione
La scuola della gioia è piena di pianto e sangue
Ma anche di eternità
E dalle bocche sparite dei santi
Come le siepi del marzo brillano le verità.
***
(da "Foglio di via", 1946, in Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, I Meridiani Mondadori 1998, pag. 832)
Id: 935 Data: 14/03/2011 08:29:04
*
Senza esclamativi
Ach, wo ist Juli
und das Sommerland
Com'è alto il dolore.
L'amore, com'è bestia.
Vuoto delle parole
che scavano nel vuoto vuoti
monumenti di vuoto. Vuoto
del grano che già raggiunse
(nel sole) l'altezza del cuore.
(da IL MURO DELLA TERRA, in "Poeti italiani del Novecento", a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, i Meridiani Mondaori, 1998, pag. 729)
Id: 931 Data: 12/03/2011 07:54:53
*
Il 4 è rosso
Dentro la bocca ha tutte le vocali
il bambino che canta. La sua gioia
come la giacca azzurra, come i pali
netti del cielo, s'apre all'aria, è il fresco
della faccia che porta. Il 4 è rosso
come i numeri grandi delle navi.
(da "Poesie d'amore" in Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, i Meridiani Mondadori, 1978, pag. 615)
Id: 928 Data: 10/03/2011 08:31:34
*
Controvello
Un uomo innaffa il suo campo. Poi scende
così erta del monte una scaletta,
che pare, come avanza, il piede metta
nel vuoto. Il mare sterminato è sotto.
Ricompare. Si affanna ancora attorno
quel ritaglio di terra grigia, ingombra
di sterpi, a fiore del sasso. Seduto
all'osteria, bevo quest'aspro vino.
(da "Ultime cose", in Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, i Meridiani Mondadori, 1998 pag. 228)
Id: 914 Data: 03/03/2011 21:47:08
*
Io vivere vorrei addormentato
Io vivere vorrei addormentato
entro il dolce rumore della vita
(tratta da "Poesie", in Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, i Meridiani Mondadori 1998, pag. 741)
Id: 913 Data: 02/03/2011 08:37:13
*
La rosa bianca
Coglierò per te
l'ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l'hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
E' un ritratto di te a trent'anni,
un po' smemorata, come tu sarai allora.
(tratta da "Fuochi in novembre", in Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, i Meridiani Mondadori, 1998, pag. 573)
Id: 911 Data: 01/03/2011 11:25:42
*
Il registratore
A.
Chiamo al telefono qualcuno che non c'è.
Mi culla al fondo dell'auricolare
il metronomo del registratore
che ho svegliato in questura.
Per un attimo vedo o credo di vedere
la ruota come in fondo al buio gira.
B.
La ruota come in fondo al buio gira
è anche nostra.
Entreremo nelle stanze delle questure.
Ne usciranno con le mani sulla nuca
e con le giubbe in disordine. Uno
di noi ci griderà: non sparate
non bruciate le carte non distruggete i nastri.
Tutti devono vivere e sapere.
(tratto da "Questo muro", in Poeti italiani 1945-95 a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996, pag. 135)
Id: 905 Data: 26/02/2011 10:01:45
*
Se volessi unaltra volta
Se volessi un'altra volta queste minime parole
sulla carta allineare (sulla carta che non duole)
il dolore che le ossa già comportano
si farebbe troppo acuto, troppo simile all'acuto
degli uccelli che al mattino tutto chiuso, tutto muto
sull'altissima magnolia si contendono.
Ecco scrivo, cari piccoli. Non ho tendine nè osso
che non dica in nota acuta: "Più non posso".
Grande fosforo imperiale, fanne cenere.
(da "Composita solvantur", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, I Meridiani Mondadori 2006, pag. 138)
Id: 898 Data: 24/02/2011 08:40:15
*
da Ora serrata retinae
Essere matita è segreta ambizione.
Bruciare sulla carta lentamente
e nella carta restare
in altra nuova forma suscitato.
Diventare così da carne segno,
da strumento ossatura
esile del pensiero.
Ma questa dolce
eclissi della materia
non sempre è concessa.
C'è chi tramonta solo con il suo corpo:
allora più doloroso ne è il distacco.
(tratta da "Ora serrata retinae", in Poeti italiani 1945-95 a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 2006, pag. 988)
Id: 893 Data: 21/02/2011 09:20:28
*
da Due poesie d’amore
Gli sono troppo vicina perché mi sogni.
Non volo su di lui, non fuggo da lui
sotto le radici degli alberi. Troppo vicina.
Non con la mia voce canta il pesce nella rete.
Non dal mio dito rotola l'anello.
Sono troppo vicina. La grande casa brucia
senza che io chiami aiuto. Troppo vicina
perché la campana suoni sul mio capello.
Troppo vicina per entrare come un ospite
dinanzi a cui si scostano i muri.
Mai più morirò così leggera,
così fuori dal corpo, così ignara,
come un tempo nel suo sogno. Troppo,
troppo vicina. Sento il sibilo
e vedo la squama lucente di questa parola,
immobile nell'abbraccio. Lui dorme,
più accessibile ora alla cassiera d'un circo
con un leone, vista una sola volta,
che non a me distesa al suo fianco.
Per lei ora cresce in lui la valle
con foglie rossicce, chiusa da un monte innevato
nell'aria azzurra. Io sono troppo vicina
per cadergli dal cielo. Il mio grido
potrebbe solo svegliarlo. Povera,
limitata alla propria forma,
ed ero betulla, ed ero lucertola,
e uscivo dal passato e dal broccato
cangiando colori delle pelli. E possedevo
il dono di sparire agli occhi stupiti,
ricchezza delle ricchezze. Vicina,
sono troppo vicina perché mi sogni.
Tolgo il braccio da sotto la sua testa,
intorpidito, uno sciame di spilli.
Sulla capocchia d'ognuno, da contare,
sono seduti angeli caduti.
(inedita, traduzione di Pietro Marchesani, Adelphiana)
Id: 891 Data: 20/02/2011 18:02:34
*
Addio a una vista
Non ce l'ho con la primavera
perché è tornata.
Non la incolpo
perché adempie come ogni anno
ai suoi doveri.
Capisco che la mia tristezza
non fermerà il verde.
Il filo d’erba, se oscilla,
è solo al vento.
Non mi fa soffrire
che gli isolotti di ontani sulle acque
abbiano di nuovo con che stormire.
Prendo atto
che la riva di un certo lago
è rimasta - come se tu vivessi ancora bella
come era.
Non ho rancore
contro la vista per la vista
sulla baia abbacinata dal sole.
Riesco perfino ad immaginare
che degli altri, non noi
siedano in questo momento
sul tronco rovesciato d’una betulla.
Rispetto il loro diritto
a sussurrare, ridere
e tacere felici.
Suppongo perfino
che li unisca l'amore
e che lui stringa lei
con il suo braccio vivo.
Qualche giovane ala
fruscia nei giuncheti.
Auguro loro sinceramente
di sentirla.
Non esigo alcun cambiamento
dalle onde vicine alla riva,
ora leste, ora pigre
e non a me obbedienti.
Non pretendo nulla
dalle acque fonde accanto al bosco,
ora color smeraldo,
ora color zaffiro
ora nere.
Una cosa non accetto.
Il mio ritorno là.
Il privilegio della presenza ci
rinuncio.
Ti sono sopravvissuta solo
e soltanto quanto basta
per pensare da lontano.
(da "Vista con granello di sabbia")
Id: 888 Data: 18/02/2011 22:51:41
*
So che stai leggendo questa poesia
So che stai leggendo questa poesia
tardi, prima di lasciare il tuo ufficio
con l’unico lampione giallo e una finestra che rabbuia
nella spossatezza di un edificio dissolto nella quiete
quando l’ora di punta è da molto passata. So che stai leggendo
questa poesia in piedi, in una libreria lontano dall’oceano
in un giorno grigio agli inizi della primavera, deboli fiocchi sospinti
attraverso gli immensi spazi delle pianure intorno a te.
So che stai leggendo questa poesia
in una stanza in cui è accaduto troppo per poterlo sopportare,
spirali di lenzuola ristagnano sul letto
e la valigia aperta parla di fuga
ma non puoi andartene ora. So che stai leggendo questa poesia
mentre il metrò rallenta la corsa, prima di lanciarti su per le scale
verso un amore diverso
che la vita non ti ha mai concesso.
So che stai leggendo questa poesia alla luce
della televisione, dove scorrono sussulti di immagini mute,
mentre aspetti le ultime notizie sull’intifada.
So che stai leggendo questa poesia in una sala d’aspetto
di occhi incontrati che non si incontrano, di identità con estranei.
So che stai leggendo questa poesia sotto il neon
nella noia stanca dei giovani che sono esclusi,
che si escludono, troppo presto. So
che stai leggendo questa poesia con la tua vista indebolita:
le tue lenti spesse dilatano le lettere oltre ogni significato e tuttavia continui a leggere
perché anche l’alfabeto è prezioso.
So che stai leggendo questa poesia in cucina,
mentre riscaldi il latte, con un bambino che ti piange sulla spalla e un libro in mano,
perché la vita è breve e anche tu hai sete.
So che stai leggendo questa poesia che non è nella tua lingua:
di alcune parole non conosci il significato, mentre altre ti fanno continuare a leggere
e io voglio sapere quali sono.
So che stai leggendo questa poesia in attesa di udire qualcosa, divisa tra amarezza e speranza,
per poi tornare ai compiti che non puoi rifiutare.
So che stai leggendo questa poesia perché non c’è altro da leggere,
lì dove sei approdata, nuda come sei.
Id: 882 Data: 17/02/2011 21:37:58
*
Lo psicanalista selvaggio
Dottore, dottore
ho sognato un leone.
“Sarà una proiezione
dell'aggressività.”
Dottore dottore
ho sognato un serpente.
“E' un simbolo fallico
di eros latente.”
Dottore dottore
ho sognato una gazzella.
“Di certo è un transfert
forse di tua sorella.”
Dottore ho sognato
dei negri dipinti.
“Sono i suoi conflitti
mascherati e respinti.”
Dottore dottore
ho sognato i caimani.
“Lei invero fa sogni
fantastici e strani.”
Ma che strani, dottore
lo vuole capire
che sono nato in Zaire?
(tratto da "Ballate", I Canguri/Feltrinelli, 1991, pag. 29)
Id: 878 Data: 13/02/2011 09:06:48
*
La notte ciclica
Lo sapevano gli ardui alunni di Pitagora:
come le stelle tornano ciclicamente gli uomini;
ripeteranno gli atomi fatali l'incalzante
Afrodite dorata, i tebani, le agore.
In epoche future opprimerà il centauro
col piede solidungo il petto del lapita;
fatta polvere Roma, gemerà il minotauro
nell'infinita notte del suo palazzo fetido.
Ritornerà ogni notte d'insonnia, minuziosa.
Dal medesimo ventre rinascerà la mano
che adesso scrive. Eserciti di ferro costruiranno
l'abisso (David Hume disse la stessa
cosa).
Non so se torneremo in un secondo ciclo
come le cifre d'una frazione periodica;
ma so che un misterioso rotare pitagorico
ogni notte mi lascia in un luogo del mondo
che è di periferia. Un angolo remoto
che può trovarsi a nord, oppure a sud o a ovest,
ma ha sempre un muricciolo di un pallido celeste,
un folto fico scuro e un marciapiede rotto.
Id: 877 Data: 12/02/2011 15:47:11
*
Lopera
Ecco, è finito: non si tocca più.
Quanto mi pesa la penna in mano!
Era così leggera poco prima,
Viva come l'argento vivo:
Non avevo che da seguirla,
Lei mi guidava la mano
Come un veggente che guidi un cieco,
Come una dama che ti guidi a danza.
Ora basta, il lavoro è finito,
Rifinito, sferico.
Se gli togliessi ancora una parola
Sarebbe un buco che trasuda siero.
Se una ne aggiungessi
Sporgerebbe come una brutta verruca.
Se una ne cambiassi stonerebbe
Come un cane che latri in un concerto.
Che fare, adesso? Come staccarsene?
Ad ogni opera nata muori un poco.
15 gennaio 1983
(tratta da "Antologia della poesia italiana", Seconda parte, diretta da Cesare Segre e Carlo Ossola, Gruppo Editoriale l'Espresso, 2004, la Biblioteca di Repubblica, pag. 921)
Id: 876 Data: 12/02/2011 06:58:50
*
Rumori secondari
Mi concedo l’onore di rassegnarmi
solo questa notte
come riposo
domattina presto aprirò gli occhi
sarò un’altra volta coraggioso e ordinario
ribelle con le mani in tasca
eterno con la morte all’occhiello
solo in questa notte priva di luna
credere di andare
credere di venire
credere che il mio cuore non potrà mai più
aumentare in dimensione e nostalgie
solo questa notte
per favore
per pietà
sentirmi vinto
umile
devastato
fatto e disfatto con avanzi di Dio
qui a sognare senza permesso
a mentire senza speranza
ma sapendo che si tratta
solo di questa notte sterile e unica
domani alle sette aprirò gli occhi
e un’altra volta mi darò da fare senza lamentarmi
e ascolterò il frastuono universale
senza che m’ingannino rumori secondari.
Id: 872 Data: 11/02/2011 08:10:26
*
da Nature e venature
Sto solo come un chiodo
insieme alla sua ombra.
Solo come un proiettile
che non fa in tempo
a proiettare ombra.
(tratta da Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996, pag. 993)
Id: 869 Data: 10/02/2011 07:37:53
*
da Pensieri elementari
I primi uomini andavano lenti sotto il peso
della bestia che è dentro e, fuori,
atterrati da meteoriti e da vapori
velenosi e da premonizioni tra boschi
queruli: magie simpatiche magie omeopatiche -
il sacerdote uccideva i sacerdoti.
Noi ci muoviamo quasi eretti
acclimatati un po' frenetici
in giungle di vetro o in un campo
magnetico e la bestia, se non salta,
la si avverte meno: si va avanti, certo -
il benpensante uccide i benpensanti.
(tratta da "Pensieri elementari", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori 1996, pag. 190)
Id: 865 Data: 07/02/2011 15:29:00
*
Boomerang
Non bastano le firme non servono gli appelli
a toglierci di dosso levigate colpe:
l'intellettuale ha colpa, da secoli l'Europa
coi suoi princìpi ha colpa, il missionario
che predica rassegnazione ha colpa, lo stato
che predica segregazione ha colpa, la milizia
che in obbedienza schiaccia ha colpa.
L'odio di razza ci ripiomba addosso.
Chi mangia in abbondanza o nasce ricco
anche di un solo letto è un assassino.
Il bianco non è mai stato sinonimo
di quiete, il bianco ancora oggi accieca.
(tratta da "Dentro la sostanza", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori 1996, pag. 194)
Id: 863 Data: 06/02/2011 11:27:52
*
Grovigli e gocce
Grovigli e gocce.
Dolori mi lasciano
per una pena più nera.
Anche l'uomo se ne va
lasciando il peggio.
Una volta avevo tempo
perché ero svelto.
Ora che sono lento
non ho più tempo.
Quel chiarore perso,
lanterna che oscilla
sul palo impiccato,
è l'amore che dorme
nell'occhio rovesciato.
La rondine vola per fame,
l'usignolo canta
per mettere in guardia i rivali,
e tu giri, giri, rapace debolezza,
per trovare i tesori
della crudeltà amorosa.
(tratta da "Versi e nonversi", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996, pag. 421)
Id: 862 Data: 06/02/2011 09:17:29
*
Il crocevia
Quell'unghia che raspava contro i vetri
- cane o persona amata, mio padre o il giardiniere -
più non chiama nè indugia nè si ostina.
Ma esiste, più irrequieta d'ogni mare.
E' un rumore schiacciato, una pastiglia di silenzio
che porta ancora un nome, un barlume di vita.
Càpita a volte di trovare in un libro
un fiore memorabile, filigrana e fantasma.
Tutto ciò che ora è denso, un crocevia di linfe,
dovrà passare per quella cruna d'ago.
Ride e piange il presente, e si prepara al rito.
Le maschere bifronti lo guardano passare.
(tratta da "Geometria del disordine", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996, pag. 269)
Id: 858 Data: 05/02/2011 15:00:27
*
Poesia per le oche
Non tutta la carne sarà salvata
si capisce è una nota di tristezza
che trapela appena una sfumatura
nel tuo cipiglio nel becco protratto
che non è affatto segno di sussiego
nel disagio che ti fa barcollare
un palpito incessante nell’aria
di questa mattina grigia senza sole
tra le querce e i bei pini romani.
È un prudente assestamento di versi
l’atroce consuetudine dell’aspettare
e fare a meno di quello che manca.
È uno scialo coraggioso di vocali
l’accenno di un adagio un’apertura
le ali gonfie le vele aperte nell’azzurro.
Id: 856 Data: 03/02/2011 21:39:20
*
Loste che al crocevia
L'oste che al crocevia
mesce vaghi bicchieri di candore
mi aveva detto che una bancarella
vendeva fosse per emarginati
e mi offriva camelie di peccato,
poi mi diceva "solo che volessi
noi manderemmo al diavolo il Titano,
quello che ti percuote nella mente".
(tratta da "La terra santa", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996, pag. 296)
Id: 855 Data: 03/02/2011 08:05:10
*
Un uccello azzurro
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma con lui sono inflessibile,
gli dico: rimani dentro, non voglio
che nessuno ti
veda.
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io gli verso addosso whisky e aspiro
il fumo delle sigarette
e le puttane e i baristi
e i commessi del droghiere
non sanno che
lì dentro
c'è lui.
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io con lui sono inflessibile,
gli dico:
rimani giù, mi vuoi fare andar fuori
di testa?
vuoi mandare all'aria tutto il mio
lavoro?
vuoi far saltare le vendite dei miei libri in
Europa?
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io sono troppo furbo, lo lascio uscire
solo di notte qualche volta
quando dormono tutti.
gli dico: lo so che ci sei,
non essere
triste
poi lo rimetto a posto,
ma lui lì dentro un pochino
canta, mica l'ho fatto davvero
morire,
dormiamo insieme
così col nostro
patto segreto
ed è così grazioso da
far piangere
un uomo, ma io non
piango, e
voi?
Id: 853 Data: 01/02/2011 10:08:07
*
Lo sguardo unito
Come un bosco dalle molte parti,
alberi vetta, di alberi mare,
acque diadema, echi, specchi, giochi,
strade vene d'andare,
rocce d'appuntamento e di vedetta,
piste di orsi e di aironi e faine,
pieghe d'erba preziosa
graffi di frane
piaghe di carbone
e popolosi alberi, infiniti
atomi in paziente verdurare,
ponti, formiche, limiti ronzanti,
echi del picchio, scia del cinghiale,
pieno frusciante smeraldio del sole: tale
è la poesia,
perfetta luce che si accende e sfioca
sul senso che, scoiattolo segreto,
frulla inquieto
tra i rami e l'ombra viola.
Così, nella poesia, su molte parti
vola lo sguardo unito
e nel suo volo forma la parola.
(tratta da "Calicanto", di Ersilia Zamponi e Roberto Piumini, gli Struzzi Einaudi, 1988, pag. 163)
Id: 852 Data: 31/01/2011 20:48:43
*
da Gioco a nascondere
E il gioco si prolunga
e il gioco non ha fine,
al nascondiglio segue
subito scoprimento,
(bolle d'aria emergiamo
su per l'albe polari
del lucernale...) batte
leggero di nuovo nell'alto,
scivola nell'interno
penetrale, e sale attraversate
baluginanti di marmi
pendenti di cristalli
e di sillabe assorte
nei manti dei portrali,
girano come chiatte
sovra il perno dell'ombra,
(uno spettro di stagnola
al gesto d'un fanale
striscia si frange è spento)
slungati a dismisura
sotto un divano sorgiamo
nastro esiguo, non visti
sentiamo come i morti,
o come la foglia grande
triangolare che sbuca
dai velari dell'aria
(convergenti occhi di vuoto
bocca d'un taglio)
che gira sospesa un momento
gira guarda e dispare,
il passo è sempre più
veloce, tutt'uno con le pareti
col respiro polveroso
dei tappeti, scorre l'inafferrata
farandola, la ridda
vana che non ha centro,
e quello ch'era strillo
di gioco ora è terrore...
di minuto in minuto
s'attende che dal muto
sbadiglio dello stipo
socchiuso si levi l'archetto
del nero contrabbasso...
Ma in questa fuga dal mondo illusorio
ch'eludere vuole lo spazio
in alto, in alto s'è disciolto un nodo
di limpidi astri che teneva ascoso
il nuvolame, e splende e oscilla:
una dolce lampada di riposo
brucia ancora per noi sul promontorio?
(tratta da "Gioco a nascondere", in Poeti italiani 1945-95 a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, I Meridiani Mondadori, 1996, pag. 596)
Id: 850 Data: 31/01/2011 08:38:10
*
Il raggio verde
Da torri e balconi protesi
incontro alle brezze vedemmo
l'ultimo sguardo del sole
farsi cristallo marino
d'abissi... poi venne la notte
sfiorarono immense ali
di farfalle: senso dell'ombra.
Ma il raggio che sembrò perduto
nel turbinio della terra
accese di verde il profondo
di noi dove canta perenne
una favole, fu voce
che sentimmo nei giorni, fiorì
di selve tremanti il mattino.
(tratta da "Il raggio verde", in Poeti italiani 1945-1995, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996, pag. 602)
Id: 849 Data: 31/01/2011 08:18:54
*
La luna piena
La luna piena riempie i nostri letti,
camminano i muli a dolci ferri
e i cani rosicchiano gli ossi.
Si sente l'asina nel sottoscala,
i suoi brividi, il suo raschiare.
In un altro sottoscala
dorme mia madre da sessant'anni.
(tratta da "E' fatto giorno", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridaini Mondadori 1996, pag. 243)
Id: 838 Data: 28/01/2011 08:22:38
*
Noi non ci bagneremo
Noi non ci bagneremo sulle spiagge
a mietere andremo noi
e il sole ci cuocerà
come la crosta del pane.
Abbiamo il collo duro, la faccia
di terra abbiamo e le braccia
di legna secca colore di mattoni.
Abbiamo i tozzi da mangiare
insaccati nelle maniche
delle giubbe ad armacollo.
Dormiamo sulle aie
attaccati alle cavezze dei muli.
Non sente la nostra carne
il moscerino che solletica
e succhia il nostro sangue.
Ognuno ha le ossa torte
non sogna di salire sulle donne
che dormono fresche nelle vesti corte.
(tratta da "Margherite e rosolacci", in Poeti italiani 1945-95 a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, 1996, pag. 249)
Id: 837 Data: 27/01/2011 18:02:09
*
Nell’Imminenza del Tramonto dell’Occidente
Nell'imminenza del tramonto dell'Occidente,
non solo nell'aldilà,
perfino nei libri si ricercano giacimenti energetici,
anche spirituali, che ne ritardino il declino.
Sfogliando un'antologia dell'Amor Cortese,
aleggia nel canto dei poeti
l'aria della passione combusta
e circola nelle pagine nei motivi di: incendio-fuoco
fiamma-ardore
bruciare-consumarsi
divampare-estinguersi.
Dovendo far fronte alla penuria di gasolio
è da sperare che i brillanti ecologi
non manchino il giacimento del significato
quale fonte alternativa,
sfruttabile col rilancio del sentimento amoroso
combustibile pulito, di alta resa
che lascia solo residui mnemonici
purché venga regolato dalla castità.
(da "Pagine di Gloria", in Poeti italiani 1945-95, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, I Meridiani Mondadori, 1996, pag. 861)
Id: 836 Data: 27/01/2011 08:18:49
*
Stamattina la radio
Stamattina la radio: sono già pronte
bombe per 250.000 Hiroshima
ma il pericolo non è imminente.
Rispondetemi, come può un poeta essere amato?
Lo ricordo bene, Musil che scrive:
"questa è la prima epoca della storia
che non ama i suoi poeti".
In questi giorni molti mi chiedono poesie,
qualche motivo buono ci deve essere.
(tratta da "L'aria della fine", in Poeti italiani 1945-1995 a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, I Meridiani Mondadori, 1996, pag. 450)
Id: 835 Data: 26/01/2011 08:52:58
*
Camminano sulle zampe dei gatti
Improvvisa la sera ci ha toccati
me, le mie carte, la pezza di luce
sui mattoni della stanza.
E' tanto imbrunito
che mi sento addosso paura.
Ha ripreso la vita
dei piccoli rumori.
Sono sui tetti le anime
dei morti del vicinato,
camminano sulle zampe dei gatti.
(tratta da "E' fatto giorno", in Poeti italiani 1945-95 a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, I Meridiani Mondadori, 1996, pag. 245)
Id: 833 Data: 25/01/2011 08:51:54
*
Casa
Come hai potuto, mia madre, durare
gli anni alla cenere del focolare,
alla finestra non ti affacci più, mai.
E perdi le foglie, il marito, e i figli lontani,
e la fede in dio t'è caduta dalla mani,
la casa è tua ora che te ne vai.
(tratta da "E' fatto giorno", in Poeti italiani 1945-1995, I Meridiani Mondadori a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, 1996, pag. 245)
Id: 832 Data: 24/01/2011 08:56:31
*
da Serpenta
Ma il quotidiano insiste. Ed io volo
verso il tarlo segreto della notte
per non saperne di più. Insiste così
il quotidiano, e stinge addosso la sua pece
o pace perduta, incontrando i mostri
attigui dell'eros metropolitano
che ormai costano troppo sul mercato
degli schiavi. Insiste dunque il quotidiano:
la poesia è merce o merda, voli di gabbiani
in tempesta mentre si pensa a sorella Morte,
o la Musa vagante in clinica, in crisi
di astinenza, l'astinente essendo io
gioioso immondo testimone di un giorno
di pioggia: calamitoso e sventurato giorno
solfeggiando in mortale voragine il buio
di domani o ieri o il tempo che scorre
verso eternità imprendibili.
(tratto da "Serpenta", in Poeti italiani 1945-1995, i Meridiani Mondadori a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, 1996, pag. 819)
Id: 828 Data: 22/01/2011 10:39:10
*
Italia 1942
Ora m'accorgo d'amarti
Italia, di salutarti
Necessaria prigione.
Non per le vie dolenti, per le città
Rigate come visi umani
Non per la cenere di passione
Delle chiese, non per la voce
Dei tuoi libri lontani
Ma per queste parole
Tessute di plebi, che battono
A martello nella mente,
Per questa pena presente
Che in te m'avvogle straniero.
Per questa mia lingua che dico
A gravi uomini ardenti avvenire
Libero in fermo dolore compagni.
Ora non basta nemmeno morire
Per quel tuo vano nome antico.
(tratta da "Foglio di via", in Poeti italiani 1945-1995, I Meridiani Mondadori, 1996, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, pag. 121)
Id: 826 Data: 21/01/2011 08:06:17
*
Generalizzando
Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi né che sia.
Soltanto, ne conserviamo
- pungente e senza condono -
la spina della nostalgia.
(tratta da "Res amissa", in Poeti italiani 1945-1995 a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, i Meridiani Mondadori, pag. 61)
Id: 824 Data: 20/01/2011 08:04:33
*
Parlo con te /Hablo con tigo
Parlo con te, ignoro dove sei, verso quale luce cerca il mio Essere
l’eco in cui ti ascolto.
Non c’è usura nella tua voce, io so che un’aria tersa ti respira, che
qualcosa che redime, una chiarità che trascina il fiume, porta
il tuo pensiero.
Parlo con te, un’intatta passione vive nel tuo fosforo, un’unica
luce che non si spegne mentre la morte fluisce, mentre la morte
soffre questa parola.
Io parlo, parlo con te al bordo di un vuoto, al bordo di me stesso
come colui che gira mutuo, come ciò che dentro noi
è prossimo e s’avvicina col suo fascio luminoso di purezza.
Parlo di fronte al destino che immagina l’uomo, di quello abbandonato,
di quello delirante e oscuro parlo con te. Ed è notte, è
notte in entrambi come metallo oscuro, e vediamo come lungamente
la verità estende il suo unico filo di saliva, un unico alfabeto
nel rumore di tutti.
Parlo con te, oh bontà compartita di chi è silenzioso,
ombra di quest’ombra che aleggia ed è volo di somigliante
eloquenza, colui che scrive, colui che ascolta, colui che foglio a foglio
infila nell’eco una voce che risponde, quella voce in me
stesso, quella che ci illumina e persuade da oltre la morte.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
In lingua originale:
Hablo con tigo, ignoro dónde estás, hacia qué luz busca mi Ser
el eco en que te escucho.
No hay usura en tu voz, yo sé que un aire limpio te respira, que
algo redentor, alguna claridad que arrastra el río, lleva el
pensamiento tuyo.
Hablo con tigo, una intacta pasión vive en tu fósforo, una única
luz que no se apaga mientras la muerte fluye, mientras la muerte
sufre esta palabra.
Y hablo, hablo con tigo, alrededor de un hueco, alrededor de mí
como el que gira mutuo, como aquel que dentro de nosotros
es próximo y se acerca con su haz luminoso de pureza.
Hablo ante el destino que imagina el hombre, eso de desvalido,
eso de delirante y turbio hablo con tigo. Y es de noche, es de
noche en los dos como metal oscuro, y vemos como largamente
la verdad extiende su único alfabeto en
el rumor de todos.
Hablo con tigo, oh bondad compartida de quien es silencioso,
sombra de esa sombra que aletea y es vuelo de semeyante
elocuencia, el que escribe, el que escucha, el que lámina a lámina
va enhebrando en el eco una voz que responde, esa voz en mí
mismo, la que nos alumbra y persuade desde más allá de la muerte.
(Introduzione e traduzione a cura di Tomaso Pieragnolo. Juan Carlos Mestre, Elogio de la palabra, 2009, Fundación Casa de Poesía, San José, Costa Rica :: tratto dalla rivista
Sagarana).
Id: 822 Data: 18/01/2011 07:01:22
*
dai Sonetti a Orfeo (II.6)
Rosa, regina, nel tempo antico
calice fosti dall'orlo sottile.
Ma fiore pieno sei per noi, l'innumere
oggetto, inesauribile.
Nel fasto appari di manti su manti
addosso a un corpo di niente, un bagliore -
ma ogni petalo tuo annunzia insieme
la veste, e la rinnega.
Da secoli il tuo alito ci chiama
coi suoi nomi più dolci -
e come gloria a un tratto sta, nell'aria..
Ma non sappiamo dirlo, indoviniamo...
e una memoria esala, che da ore
senza pari implorammo.
(Tratto da Sonetti a Orfeo, traduzione di Rina Sara Virgillito, edizioni Garzanti, 2000, pag. 69)
Id: 817 Data: 16/01/2011 10:41:44
*
Foglio di via
Dunque nulla di nuovo da questa altezza
Dove ancora un poco senza guardare si parla
E nei capelli il vento cala la sera.
Dunque nessun cammino per discendere
Se non questo del nord dove il sole non tocca
E sono d'acqua i rami degli alberi.
Dunque fra poco senza parole la bocca.
E questa sera saremo in fondo alla valle
Dove le feste han spento tutte le lampade.
Dove una folla tace e gli amici non riconoscono.
(tratta da "Una volta per sempre", poesie 1938-1973)
Id: 816 Data: 15/01/2011 16:21:15
*
da Poesie alla notte
Questo sarà ora certamente l’angelo
che beve dai miei lineamenti lento
il vino purificato dei volti.
Assetato, chi ti ha chiamato qui?
Proprio tu hai sete. Cui la cateratta
di Dio per tutte le vene irrompe.
Proprio tu hai sete ancora. Abbandònati
alla sete. (E con che forza m’afferri).
Ed io sento, scorrendo, che i tuoi sguardi
erano asciutti, ed il tuo sangue
tanto m’attira che i tuoi cigli, puri,
completamente inondo.
Id: 807 Data: 05/01/2011 13:36:18
*
L’Angelo necessario
Io sono l'Angelo della realtà,
intravisto un istante sulla soglia.
Non ho ala di cenere, né di oro stinto,
né tepore di aureola mi riscalda.
Non mi seguono stelle in corteo,
in me racchiudo l'essere e il conoscere.
Sono uno come voi, e ciò che sono e so
per me come per voi è la stessa cosa.
Eppure, io sono L'Angelo necessario alla terra,
poiché chi vede me vede di nuovo
la terra, libera dai ceppi della mente, dura,
caparbia, e chi ascolta me ne ascolta il canto
monotono levarsi in liquide lentezze e affiorare
in sillabe d'acqua; come un significato
che si cerchi per ripetizioni, approssimando.
O forse sono soltanto una figura a metà,
intravista un istante, un'invensione della mente,
un'apparizione tanto lieve all'apparenza
che basta ch'io volga le spalle,
ed eccomi presto, troppo presto, scomparso?
(tratta da "Angel surrounded by paysans", citato in "L'angelo necessario" di Massimo Cacciari, Adelphi 1994)
Id: 806 Data: 04/01/2011 17:01:32
*
angeli in volo
avanzano dal taglio
(apertura su quel mondo
a noi precluso)
superficiali luminosità
nella sera
alcuni
ramati e traslucidi
scendono dal palco delle maree
fin sulla terra nera nera
altri
nuvole piatte
girandole d'opale e grigio
restano lassù
acqua senza sale
(tratto da "Angeli in volo", edizioni L'Arca Felice, collana Coincidenze, a cura di Mario Fresa, Salerno 2010)
Id: 805 Data: 03/01/2011 17:55:33
*
LAltro
Non so chi se ne accorga
ma i nostri commerci con l'Altro
furono un lungo inghippo. Denunziarli
sarà, più che un atto di ossequio, un impetrare clemenza.
Non siamo responsabili di non essere lui
né ha colpa lui, o merito, della nostra parvenza.
Non c'è neppure timore. Astuto il flamengo nasconde
il capo sotto l'ala e crede che il cacciatore
non lo veda.
(tratto da "Satura", Oscar Mondadori, 2009, a cura di Riccardo Castellana, pag. 307)
Id: 804 Data: 03/01/2011 09:01:22
*
Ex-voto
Accade
che le affinità d'anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. E' raro
ma accade.
Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l'oblio, vera la foglia secca
più del fresco germoglio. Tanto e altro
può darsi o dirsi.
Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perché solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.
Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.
Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors'era così come mi pareva
o non era.
Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l'innocenza è una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.
(tratto da "Satura", Oscar Mondadori 2009, a cura di Riccardo Castellana, pagg. 230 e seguenti)
Id: 800 Data: 01/01/2011 09:47:00
*
L Angelo nero
O grande angelo nero
fuligginoso riparami
sotto le tue ali,
che io possa sorradere
i pettini dei pruni, le luminarie dei forni
e inginocchiarmi
sui tizzi spenti se mai
vi resti qualche frangia
delle tue penne.
o piccolo angelo buio, non celestiale nè umano,
angelo che traspari
trascolorante difforme
e multiforme, eguale
e ineguale nel rapido lampeggio
della tua incomprensibile fabulazione
o angelo nero disvelati
ma non uccidermi col tuo fulgore,
non dissipare la nebbia che ti aureola
stampati nel mio pensiero
perchè non c’è occhio che resista ai fari,
angelo di carbone che ti ripari
dentro lo scialle della caldarostaia
grande angelo d’ebano
angelo fosco
o bianco, stanco di errare
se ti prendessi un’ala e la sentissi
scricchiolare
non potrei riconoscerti come faccio
nel sonno, nella veglia, nel mattino
perchè tra il vero e il falso non una cruna
può trattenere il bipede o il cammello,
e il bruciaticcio, il grumo
che resta sui polpastelli
è meno dello spolvero
dell’ultima tua piuma, grande angelo
di cenere e di fumo, miniangelo
spazzacamino.
da E. Montale, Satura, Oscar Mondadori, a cura di Riccardo Castellana, 2009, pagg. 209 e seguenti
Id: 798 Data: 31/12/2010 00:30:29
*
Fine del 68
Ho contemplato dalla luna, o quasi,
il modesto pianeta che contiene
filosofia, teologia, politica,
pornografia, letteratura, scienze,
palesi o arcane. Dentro c'è anche l'uomo,
ed io tra questi. E tutto è molto strano.
Tra poche ore sarà notte e l'anno
finirà tra esplosioni di spumanti
e di petardi. Forse di bombe o pegggio,
ma non qui dove sto. Se uno muore
non importa a nessuno purché sia
sconosciuto e lontano.
(tratto da "Satura", Oscar Mondadori 2009, a cura di Riccardo Castellana, pag. 202)
Id: 795 Data: 30/12/2010 09:13:25
*
Il genio
Il genio purtroppo non parla
per bocca sua.
Il genio lascia qualche traccia di zampetta
come la lepre sulla neve.
La natura del genio è che se smette
di camminare ogni congegno è colto
da paralisi.
Allora il mondo è fermo nell'attesa
che qualche lepre corra su improbabili
nevate.
Fermo e veloce nel suo girotondo
non può leggere impronte
sfarinate da tempo,
indecifrabili.
(tratta da "Satura", Oscar Mondadori, a cura di Riccardo Castellana, 2009, pag. 278)
Id: 789 Data: 27/12/2010 11:33:35
*
Ci sono giorni
Ci sono giorni
come battaglie sanguinose.
Ora è notte fonda,
ma non per me,
per gli altri,
per gli ottusi
che non sentono la battaglia.
Loro fanno musica,
volgari e leggere canzoni,
poi si buttano a letto.
Io non prendo sonno.
E' fuoco in me,
in me arde ancora
qua e là.
Cercando frescura alla finestra
io vedo fuori tutto spento.
Solo molto lontano
arde una piccola finestra.
Forse là c'è qualcuno?
Allora non sono
completamente solo!
Di là viene ancora
il suono di un vecchio pianoforte,
il lamento
dell'altro ferito.
(tratta da "Poesie", edizioni Guanda, 1979, a cura di Giorgio Manacorda, pag. 189)
Id: 787 Data: 25/12/2010 09:41:00
*
La mia anima cristallina
La mia anima cristallina
talvolta è turbata da un soffio,
le mie torri si annuvolano.
La pena s'accosta all'amore
e senza nostalgia non posso
vivere né tanto né poco.
1914
(tratta da "Poesie", edizioni Guanda, 1979, a cura di Giorgio Manacorda pag. 223)
Id: 786 Data: 25/12/2010 09:32:45
*
Dentro il tuo mare
Dentro il tuo mare viaggiava la mia nave
dentro quel mare mi sono immersa e nacqui.
Mi colpisce la novità della stagione
e il corpo che si accorge di aver freddo.
Di figura in figura trasmigrava amore,
ora si posa e svela la sua forma.
La riconosco in quel veloce crespo
sulla fronte, piccole onde simili
e contrarie - correva in superficie
uno stupore, un cedimento
nella compattezza, e si incrinava
mutando in tenerezza.
(tratta da "L'io singolare proprio mio, in "Poesie, 1974-1992", Giulio Einaudi editore 1992, pag. 136)
Id: 783 Data: 22/12/2010 09:14:43
*
Senza titolo
Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l’abitudine di camminare per le strade
Guardando a destra e a sinistra,
E qualche volta guardando indietro...
E ciò che vedo ad ogni momento
E’ quello che mai prima avevo visto,
E me ne accorgo molto bene...
So avere con me lo stupore
Di un bimbo se, al nascere,
Si rendesse conto che nasce davvero...
Mi sento nato ad ogni momento
Per l’eterna novità del mondo...
Credo nel mondo come in una margherita di campo
Perché lo vedo. Ma non ci penso
Perché pensare è non comprendere...
Il mondo non è stato fatto perché pensassimo a lui
( Pensare è avere male agli occhi)
Ma per guardarlo ed essere in accordo.
Io non ho filosofia: ho sensi...
Se parlo della Natura non è perché sappia che cos’è,
Ma perché l’amo, e l’amo per questo,
Perché chi ama non sa mai ciò che ama
Né sa perché ama, né che cos’è amare...
Amare è l’eterna innocenza,
E l’unica innocenza è non pensare...
Id: 776 Data: 16/12/2010 21:14:16
*
Il gatto in un appartamento vuoto
Morire - questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.
Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe,
Qui c'era qualcuno, c'era,
poi d'un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani si è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Che altro si può fare.
Aspettare e dormire.
Che provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all'inizio niente salti e miagolii.
Tratto da: "Vista con granello di sabbia".
Id: 773 Data: 15/12/2010 08:38:34
*
da Ora serrata retinae
C'è un momento in cui il corpo
si raccoglie nel respiro
e il pensiero si sospende ed esita.
Anche le cose
commosse dalla luna
subiscono il sospiro delle maree
o le flessioni dolci dell'eclisse.
E il legno delle barche
si gonfia nell'acqua delicato.
(tratto da "Poesie 1980-1992 e altre poesie", Giulio Einaudi editore, 1996, pag. 46)
Id: 772 Data: 13/12/2010 21:56:01
*
Qualche cosa
Natale senza di te per la prima
volta. Mi sento tra la gola e il fiele
l'unghiuta bestia del rimorso,
il nodo
ruvido dell'amara delusione.
L'alberino di plastica fronzuto
a esigua luminaria di candele
resterà chiuso dentro la sua carta.
Qualche cosa finisce
qualche cosa...
E non ho il chiodo
che scacci il chiodo.
dicembre 1964
(tratto da "canzoniere per Giulio", manni editore 2004, pag. 93)
Id: 770 Data: 11/12/2010 15:28:52
*
Poesia damore
Le giornate si sono fatte lunghe
i nembi caldi, soffici; marino
quasi
il vento guerriero.
E mi porta farfalle e cartoline
e sull'angolo
te,
uno irto di capelli e sontuose
baruffe,
ma assai caro
egualmente,
assai caro.
marzo 1964
(tratto da "Canzoniere per Giulio, Manni editore 2004, pag. 86)
Id: 769 Data: 11/12/2010 14:21:20
*
Ogni tuo arrivo
Ogni tuo arrivo inaspettato è un chiuso
guizzo,
una fitta
di felicità.
Così ronza di fusa il magro gatto
figlio di ignoti se si trova accanto
una tazza incredibile di latte
paradisiaco.
(settembre 1964)
(tratto da "Canzoniere per Giulio", Manni editore 2004, pag. 90)
Id: 768 Data: 10/12/2010 17:35:35
*
Ascolta
Io mi prendo nelle notti
Le rose della tua bocca
Che nessun’altra ci beva.
Quella che ti abbraccia
Mi deruba dei miei brividi
Che intorno al tuo corpo io dipinsi.
Io sono il tuo ciglio di strada.
Quella che ti sfiora
Precipita.
Senti il mio vivere
Dovunque
come orlo lontano?
Id: 767 Data: 10/12/2010 09:00:02
*
Il senso giusto
Tutto quello che passa
per le tue mani
ha una dolce impronta
un senso giusto
un sapore di semi
si riscatta dall'onta
del suo essere plumbeo
ogni ruga si spiana
sull'arco della fronte
chi da te si diparte
a te ritorna
come un pane sparito
rifiorito nel forno.
Id: 764 Data: 09/12/2010 15:14:43
*
da La giornata è finita (1963)
Il silenzio non mi salva
Il silenzio non mi salva
la parola non mi aiuta.
Muri aggiungo muri tolgo.
Più mi scopro più mi nascondo.
Fra la gente vivo
Fra la gente vivo
e ballo da solo.
Di ragione privo
un poco mi consolo
di ciò che manca.
Musica, musica!
(da "La giornata è finita", 1963 in "Poesie scelte", Mondadori, 1976, a cura di Giuliano Gramigna)
Id: 763 Data: 08/12/2010 16:16:18
*
da Nature e venature
VIII.
Sembra quasi che tutta la natura
voglia dare le spalle alla luce
- si volge le oppone il suo corpo -
nell'abbraccio proteggere il pallore.
Gli oggetti nascondono il volto
coltivano curvi ciascuno la sua ombra
come se l'ombra fosse il loro nome.
(tratto da "Nature e venature", in Poesie 1980-1992 e altre poesie, Giulio Einaudi editore, Torino 1996, pag.112)
Id: 758 Data: 07/12/2010 21:40:21
*
da Vado, ma dove?
Natale, la festa della luce.
Si ricomincia insomma.
Una paura selvatica.
Così si fa casetta
e ci si attruppa caldi
e gonfi, stremati.
Ma anche, chiamati
in segreto dall'inizio,
si vuole uscire
per provare la forza
delle gambe, darsi alla macchia
al freddo - Vediamo
quanto duro coi cinghiali.
(tratto da "Poesie" 1974-1992, Giulio Einaudi editore 1992, pag.226)
Id: 756 Data: 06/12/2010 08:26:27
*
da Il cielo
Che la morte mi avvenga dentro un desiderio
oltrepassando un uscio, ché altrimenti
non potrei sopportare che piano piano
mi si svanisca dagli occhi
o dalla memoria il lenzuolo celeste,
la coperta bianca, la luce bellissima
che schiariva la stanza.
Non come il gatto bianco e nero
che vedo morire lentamente imprigionato
dentro i suoi viaggi dove si ferma,
sbalordito di sé, per una riconquista
delle direzioni verso una certa sedia
un certo termosifone e guardando un po' a destra
e un po' a sinistra prosegue verso un muro
che non era nelle sue intenzioni.
Ma ancora gli rimane, toccando appena
la sua testa o dicendo il suo nome,
l'esplosione famosa delle fusa.
A mia nonna era rimasta una qualità
nervosa, un fastidio per gli altri,
il ricordo sicuro delle sue antipatie.
(tratto da "Poesie" 1974-1992, Giulio Einaudi editore 1992, pag.118)
Id: 755 Data: 05/12/2010 09:20:16
*
da Le mie poesie non cambieranno il mondo
Perché avevi un foglio di carta
e una matita, credevi che
l'immagine ti sarebbe riuscita.
Ma il gesto tuo più grande
fu cancellarmi, riportarmi
nel limbo da cui ero uscita.
Invece io, dopo le vene
della mano e come
dalla camicia il braccio
si scopriva, aggiunsi
le sopracciglia al mio disegno
nel piccolo volo
che ti confonde il viso.
(tratto da "Poesie" 1974-1992, Giulio Einaudi editore 1992, pag.47)
Id: 754 Data: 04/12/2010 22:18:19
*
I giusti
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
Id: 749 Data: 29/11/2010 23:40:14
*
Dopo un lungo silenzio
Parole dopo lungo silenzio; è giusto
Ogni altro amante allontanato o morto,
La luce ostile della lampada velata,
Le tendine abbassate sopra la notte ostile,
Giusto che discutiamo e discettiamo
Sul tema supremo dell’Arte e del Canto:
Decrepitezza del corpo è saggezza;
Giovani ci amavamo e eravamo ignoranti.
Id: 743 Data: 27/11/2010 13:07:15
*
Io costeggio l’amore
Io costeggio l’amore nella luce
del mattino,
Da molto vivo dimenticata –
nella poesia.
Tu una volta me l’hai detto.
Io so l’inizio –
Di me di più non so.
Però mi sono sentita singhiozzare
nel canto.
Sorridevano propizi gli Immortali
nel tuo volto,
Quando tu nell’amoroso salmo
della nostra melodia
I popoli immergesti e
poi portasti in alto.
Id: 742 Data: 26/11/2010 21:36:26
*
Mi ero tagliata i capelli
Mi ero tagliata i capelli, scurite le sopracciglia,
aggiustata la piega destra della bocca, assottigliato
il corpo, alzata la statura. Avevo anche regalato
alle spalle un ammiccamento trionfante. Ecco ragazza
ragazzo
di nuovo, per le strade, il passo del lavoratore,
niente abbellimenti superflui. Ma non avevo dimenticato
il languore della sedia, la nuvola della vista.
E spargevo carezze, senza accorgermene. Il mio corpo
segreto intoccabile. Nelle reni
si condensava l'attesa senza soddisfazione; nei giardini
le passeggiate, la ripetizione dei consigli,
il cielo qualche volta azzurro
e qualche volta no.
(tratta da "Poesie", Einaudi, 1999)
Id: 741 Data: 23/11/2010 11:07:02
*
Epigramma per il cuore
Se il cuore è innamorato
il fracasso che fa.
Io non capisco come mai la gente
non se ne avveda mentre quello va
tambureggiando sospeso nel petto
e non sosti interdetta a domandarsi
qual che si sia e chi fa.
(tratto da "Poesie d'amore del Novecento", Crocetti editore)
Id: 740 Data: 23/11/2010 09:26:41
*
Passaggio
E' da qui che devo passare
se voglio andare oltre, non so dove,
che possa dire infine: "Ci sono"!
Per strade senza strada devo portare
questo gorgo che in gola mi brucia
ed aprire le braccia verso un vuoto
in cui fiorisca la luce
che non ferisce.
(tratto da "La lingua degli angeli", Edizioni Del Leone, 1997, Venezia, pag 11)
Id: 739 Data: 23/11/2010 08:20:00
*
Non mi vestite di nero
Non mi vestite di nero:
è triste e funebre.
Non mi vestite di bianco:
è superbo e retorico.
Vestitemi
a fiori gialli e rossi
e con ali di uccelli.
E tu, Signore, guarda le mie mani.
Forse c’è una corona.
Forse
ci hanno messo una croce.
Hanno sbagliato.
In mano ho foglie verdi
e sulla croce,
la tua resurrezione.
E, sulla tomba,
non mi mettete marmo freddo
con sopra le solite bugie
che consolano i vivi.
Lasciate solo la terra
che scriva, a primavera,
un’epigrafe d’erba.
E dirà
che ho vissuto,
che attendo.
E scriverà il mio nome e il tuo,
uniti come due bocche di papaveri.
Id: 737 Data: 20/11/2010 18:26:55
*
Dal libro dore (I)
Io vivo la vita in cerchi che crescono
sospesi sul mondo a ruotare.
E' dubbio che l'ultimo lo porti a termini
eppure ci voglio provare.
A Dio giro intorno, alla torre antichissima
da mille e più anni, già tanto;
e ancora non so se son falco o turbine,
oppure un magnifico canto.
(tratto da "Poesia tedesca", a cura di Claudio Angelini, Sovera editrice, Roma 2007, pag. 52)
Id: 736 Data: 20/11/2010 08:22:02
*
Sulla morte, senza esagerare
Sulla morte, senza esagerare
Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata ad uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.
Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!
A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.
La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno finora, insufficiente.
I cuori battono nelle uova.
Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.
Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.
La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.
Id: 734 Data: 19/11/2010 18:22:53
*
Desideri invernali
Piango le labbra appassite
Dove non sono nati i baci,
E i desideri abbandonati
Sotto una mietitura di tristezze.
Sempre pioggia all’orizzonte!
Sempre neve sui greti!
Mentre alla soglia chiusa dei miei sogni
Lupi sdraiati sull’erba
Osservano nella mia anima stanca,
Con gli occhi appannati nel passato,
Tutto il sangue un tempo versato
Dagli agnelli che muoiono sul ghiaccio.
Soltanto la luna alla fine rischiara
Con la sua monotona tristezza
Che gela l’erba dell’autunno,
Questi desideri ammalati di fame.
Id: 731 Data: 19/11/2010 08:54:10
*
Spleen
Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
Sull'anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l'orizzonte
Riversa un giorno nero più triste delle notti;
Quando la terra cambia in un'umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto;
Quando la pioggia stende le sue immense strisce
Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli;
Delle campane a un tratto esplodono con furia
Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
Che si mettano a gemere in maniera ostinata.
E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
Vinta, piange, e l'Angoscia, dispotica ed atroce,
Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera.
[da I fiori del male]
[Traduzione di Giuseppe Cirigliano]
Id: 730 Data: 17/11/2010 08:27:57
*
Se la osservi attraverso il Dolore
Se la osservi attraverso il Dolore
La Gioia - diventa un dipinto -
Più bella - perché irraggiungibile
Da chiunque -
Se la guardi da lontano -
La Montagna poggia nell'Ambra -
Se ti avvicini - l'Ambra scivola via -
Di poco - ed Eccoli - i Cieli -
(c. 1862)
(Tratto da "Sillabe di seta", traduzione dall'inglese a cura di Barbara Lanati, editore Giangiacomo Feltrinelli, collana "Universale economica", marzo 2004, pag. 89)
Id: 728 Data: 16/11/2010 08:34:47
*
Gli Angeli
Gli Angeli, li puoi vedere
Di primo mattino - in campi di Rugiada,
Si chinano - raccolgono - sorridono - volano -
Ma è a loro che appartengono i Boccioli?
Gli Angeli, li puoi vedere
Quando il sole è rovente - in campi di sabbia,
Si chinano - raccolgono - sospirano - volano
E i fiori che portano con sé - riarsi.
(c. 1859)
(Tratto da "Sillabe di seta", traduzione dall'inglese a cura di Barbara Lanati, editore Giangiacomo Feltrinelli, collana "Universale economica", marzo 2004, pag. 13)
Id: 727 Data: 15/11/2010 08:35:22
*
Odysseus
Bisogna che lo affermi fortemente
che, certo, non appartenevo al mare
anche se Dei d’Olimpo e umana gente
mi sospinsero un giorno a navigare,
e se guardavo l'isola petrosa,
sopra ogni collina c'erano lì idealmente
il mio cuore al sommo d'ogni cosa,
c'era l'anima mia che è contadina
un'isola d'aratro e di frumento
senza le vele senza pescatori
il sudore e la terra erano argento
il vino e l'olio erano i miei ori
Ma se tu guardi un monte che è di faccia,
senti che ti sospinge un altro monte
un'isola col mare che l'abbraccia
ti chiama un'altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle mie chimere
le navi costruii di forma ardita,
concavi navi dalle vele nere
e nel mare cambiò quella mia vita
e il mare trascurato mi travolse:
seppi che il mio futuro era sul mare
con un dubbio però che non si sciolse
senza futuro era il mio navigare
Ma nel futuro trame di passato
si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l’acqua e al gusto del salato
brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito
a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito
sempre più in fondo
E andare in giorni bianchi come arsura,
soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone e sguardo nella pura
schiuma che lascia effimera una traccia;
andare nella notte che ti avvolge
scrutando delle stelle il tremolare
in alto l’Orsa e un segno che ti volge
diritta verso il nord della Polare.
E andare come spinto dal destino
verso una guerra, verso l’avventura
e tornare contro ogni vaticinio
contro gli Dei e contro la paura.
E andare verso isole incantate,
verso altri amori, verso forze arcane,
compagni persi e navi naufragate;
per mesi, anni, o soltanto settimane
La memoria confonde e dà l’oblio,
chi era Nausicaa, e dove le sirene
Circe e Calypso perse nel brusio
di voci che non so legare assieme.
Mi sfuggono il timone, vela, remo,
la frattura fra inizio ed il finire,
l’urlo dell’accecato Polifemo
ed il mio navigare per fuggire.
E fuggendo si muore e la mia morte
sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maledico la mia sorte
non trovo pace
forse perché sono rimasto solo
ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali al folle volo
oltre l’umano.
La vita del mare segna false rotte,
ingannevole in mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella notte
perenne di chi un giorno mi ha cantato
donandomi però un’eterna vita
racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita
di entrare in porti sconosciuti prima
Id: 726 Data: 14/11/2010 19:18:32
*
Carteggio tra Dino Campana e Sibilla Aleramo
Chiudo il tuo libro,
snodo le mie trecce,
o cuor selvaggio,
musico cuore…
con la tua vita intera
sei nei miei canti
come un addio a me.
Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,
liberi singhiozzando, senza mai vederci,
né mai saperci, con notturni occhi.
Or nei tuoi canti
la tua vita intera
è come un addio a me.
Cuor selvaggio,
musico cuore,
chiudo il tuo libro,
le mie trecce snodo.
(Sibilla Aleramo a Dino Campana, Mugello, 25-7-1916)
In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose.
(Dino Campana a Sibilla Aleramo, 1917)
Id: 725 Data: 14/11/2010 09:29:06
*
La poesia si fa/I versi
La poesia si fa
La poesia si fa
senza suoni melodiosi
senza colori
solo con segni bianchi e neri
con bianchi e neri silenzi
con fonemi bianchi e neri.
La poesia si fa
senza parossismi del corpo,
questi sono per il prima
e il dopo.
I versi
I versi sono come i figli.
Crescono nelle viscere con rumori segreti,
soffrono dentro di te, si ammalano,
poi inaspettatamente crescono,
un giorno ti si rivoltano contro,
contro di te che hai dato loro vita,
finché poi se ne vanno per sempre
e non sono più soltanto tuoi.
Id: 724 Data: 12/11/2010 17:25:55
*
Traducendo Brecht
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'era grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola di un poeta o mutarsi
in altra, per noi non più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza guida al niente
gli uomini e le donne che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia
non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.
(tratto da "Una volta per sempre" in "Poesia italiana", Il Novecento seconda parte, edizioni La Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale L'Espresso S.p.A. - Divisione "La Repubblica", Roma 2004 - volume 6, pagg. 893-894)
Id: 723 Data: 11/11/2010 21:06:08
*
Glosse
mi viene qui, su in testa, per scatti successivi, da un po' di qualche tempo a questa parte
(e mi preme, mi pare, dentro la ghiandola pineale), quasi un bislacco gnocco,
un'anima in abbozzo: il corpo stanco secerne, nel suo sfascio graduato,
questo gnomico gnomo di psiche cogitosa e grumolosa: (è già uno spettro,
cronico e tiptologico, prima che vera cosa):
è il principo, l'io penso, della fine:
(settembre 1989)
(tratto da "Senzatitolo" in "Poesia italiana", Il Novecento seconda parte, edizioni La Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale L'Espresso S.p.A. - Divisione "La Repubblica", Roma 2004 - volume 6, pag. 1040)
Id: 722 Data: 11/11/2010 19:53:06
*
Abito a trenta metri dal suolo
Abito a trenta metri dal suolo
in un casone di periferia
con un terrazzo e doppi ascensori.
Questo era cielo, mi dico
attraversato secoli fa
forse da una fila di aironi
con sotto tutta la falconeria
dei Torriani, magari degli Erba
e bei cavalli in riva agli acquitrini.
Questo mio alloggio e altri alloggi
libri stoviglie inquilini
questo era azzurro, era spazio
luogo di nuvole e uccelli.
L'aria è la stessa: è la stessa?
sopravvivere: vivere sopra?
Non so come mi sento agganciato
(la sera ha tempo di farsi più blu)
da un pallido re pescatore
o, di passaggio, qui in alto
dal vero barone di Mùnchausen.
(tratto da "L'ippopotamo" in "Poesia italiana", Il Novecento seconda parte, edizioni La Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale L'Espresso S.p.A. - Divisione "La Repubblica", Roma 2004 -volume 6, pagg. 994-995)
Id: 721 Data: 10/11/2010 17:56:24
*
da Il viaggiatore insonne
Il viaggiatore insonne
se il treno si è fermato
un attimo in attesa
di riprendere il fiato
ha sentito il sospiro
di quel buio paese
in un accordo breve...
(tratto da "Poesia italiana", Il Novecento prima parte, edizioni La Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale L'Espresso S.p.A. - Divisione "La Repubblica", Roma 2004 -volume 5, pag. 516)
Id: 718 Data: 09/11/2010 09:27:33
*
Le anguille del Reno
Le anguille che ci arrivano dal Reno
sono dure a morire. Stimolate
dal pescivendolo si agitano
nerastre in scarso ghiaccio
tra un bianco di polistirolo.
Il compaziente fatto compratore
ne chiede due. Le pesa una donna
che a un tratto grida: è scappata.
Con un guizzo più certo la più piccola
è balzata dal piatto sul porfido
della piazza, ma è subito calma,
è facile riprenderla.
Tagliarle a pezzi non basta
per farle cessare di vivere.
(tratto da "Poesia italiana", Il Novecento seconda parte, edizioni La Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale L'Espresso S.p.A. - Divisione "La Repubblica", Roma 2004 -volume 6, pagg. 968-969)
Id: 717 Data: 08/11/2010 08:19:37
*
Pioggia
Mi sono svegliato stamattina con
una gran voglia di restare a letto tutto il giorno
a leggere. Ho cercato di combatterla per un minuto.
Poi ho guardato fuori dalla finestra alla pioggia.
E mi sono arreso. Mi sono affidato totalmente
alla custodia di questa mattinata piovosa.
Rivivrei la mia vita un'altra volta?
Rifarei gli stessi imperdonabili errori?
Si, se appena potessi, si. Li rifarei.
(tratto da "Racconti in forma di poesia", Minimun Fax)
Id: 716 Data: 05/11/2010 08:44:06
*
La morte
Ragionammo lungo l'intera notte -
alla fine del nostro ragionare
eravamo ancora uomini
davanti al mistero dell'infinita morte -
una bocca vorace
smisurata e nera.
(tratto da Cielo indiviso, Manni editore 2008)
Id: 714 Data: 02/11/2010 16:26:01
*
Autunno/dal Libro d’ore (I)
Autunno
Le foglie cadono, cadono come
vengano di lontano, da giardini
che avvizziscono in cielo, per remoti
spazi, cadendo sembra che s'annullino.
E nelle notti, grave, anche la terra
cade dagli astri, nelle solitudini.
Cadiamo tutti. Questa mano cade,
anche negli altri, vedi? in tutti accade.
Eppure esiste un Essere benigno
immensamente, che nelle sue mani
tiene questo cadere senza fine.
Dal libro d'ore (I)
Io vivo la vita in cerchi che crescono
sospesi sul mondo a ruotare.
E' dubbio che l'ultimo lo porti a termine
eppure ci voglio provare.
A Dio giro intorno, alla torre antichissima
da mille e più anni, già tanto;
e ancora non so se son falco o turbine,
oppure un magnifico canto.
(da "Poesia tedesca" a cura di Cludio Angelini, edizioni Sovera 2007)
Id: 710 Data: 29/10/2010 17:18:15
*
Eterna Presenza
Non importa che non ti abbia,
non importa che non ti veda.
Prima ti abbracciavo,
prima ti guardavo,
ti cercavo tutta,
ti desideravo intera.
Oggi non chiedo più
né alle mani, né agli occhi,
le ultime prove.
Di starmi accanto
ti chiedevo prima,
sì, vicino a me, sì,
sì, però lì fuori.
E mi accontentavo
di sentire che le tue mani
mi davano le tue mani,
che ai miei occhi
assicuravano presenza.
Quello che ti chiedo adesso
è di più, molto di più,
che bacio o sguardo:
è che tu stia più vicina
a me, dentro.
Come il vento è invisibile, pur dando
la sua vita alla candela.
Come la luce è
quieta, fissa, immobile,
fungendo da centro
che non vacilla mai
al tremulo corpo
di fiamma che trema.
Come è la stella,
presente e sicura,
senza voce e senza tatto,
nel cuore aperto,
sereno, del lago.
Quello che ti chiedo
è solo che tu sia
anima della mia anima,
sangue del mio sangue
dentro le vene.
Che tu stia in me
come il cuore
mio che mai
vedrò, toccherò
e i cui battiti
non si stancano mai
di darmi la mia vita
fino a quando morirò.
Come lo scheletro,
il segreto profondo
del mio essere, che solo
mi vedrà la terra,
però che in vita
è quello che si incarica
di sostenere il mio peso,
di carne e di sogno,
di gioia e di dolore
misteriosamente
senza che ci siano occhi
che mai lo vedano.
Quello che ti chiedo
è che la corporea
passeggera assenza,
non sia per noi dimenticanza,
né fuga, né mancanza:
ma che sia per me
possessione totale
dell'anima lontana,
eterna presenza.
Id: 708 Data: 28/10/2010 21:48:08
*
Quando conto i semi
When I count the seeds
That are sown beneath -
To bloom so, bye and bye -
When I con the people
Lain so low -
To be received as high -
When I believe the garden
Mortal shall not see -
Pick by faith it's blossom
And avoid it's Bee,
I can spare this summer - unreluctantly.
Quando conto i semi
Che sono sparsi là sotto -
Per sbocciare così, via via -
Quando rifletto sulle persone
Distese così in basso -
Per essere accolte tanto in alto -
Quando credo nel giardino
Che il mortale non vede -
Colgo con la fede il suo fiore
E sfuggo la sua Ape,
Posso rinunciare a questa estate - senza esitare.
Id: 706 Data: 28/10/2010 07:07:16
*
Consiglio
Sii paziente; aspetta
Che la parola sia matura
E si stacchi come un frutto
Quando passa il vento e la cattura
(da « Os amantes sem dinheiro », traduzione di Adriano Napoli)
Id: 703 Data: 25/10/2010 20:29:44
*
Quieto patato
Per chi vuole partire
ma anche un po' restare
c'è il treno elastico:
il primo vagone
giunge a destinazione
ma l'ultimo rimane alla stazione
Per chi vuole partire
ma anche un po' tornare
c'è il treno elastico.
Si siede in testa al treno
e va lontano
e poi se ha nostalgia
attraversa i vagoni fino in coda
e torna alla partenza piano piano.
(da " Quieto Potato", Ed. Nuove Edizioni Romane, 1983)
Id: 702 Data: 24/10/2010 18:48:25
*
Falso arancio/ Mock orange
Falso arancio
Non è la luna, ti dico.
Sono questi fiori
che illuminano il giardino.
Li odio.
Li odio come odio il sesso,
la bocca dell’uomo
che sigilla la mia, il corpo
dell’uomo che paralizza –
e il grido che scappa sempre fuori,
la bassa, umiliante
premessa di unione –
Nella mia mente stanotte
ho sentito la domanda e l'anelare della risposta
fusi in un solo suono
che monta e monta e poi
si spezza nei due vecchi sé,
lo stanco antagonismo. Vedi?
Ci ha preso in giro.
E l’odore di falso arancio
che fluttua dalla finestra.
Come posso riposare?
Come posso essere contenta
quando c’è ancora
quell’odore nel mondo?
Mock Orange
It is not the moon, I tell you.
It is these flowers
lighting the yard.
I hate them.
I hate them as I hate sex,
the man’s mouth
sealing my mouth, the man’s
paralyzing body—
and the cry that always escapes,
the low, humiliating
premise of union—
In my mind tonight
I hear the question and pursuing answer
fused in one sound
that mounts and mounts and then
is split into the old selves,
the tired antagonisms. Do you see?
We were made fools of.
And the scent of mock orange
drifts through the window.
How can I rest?
How can I be content
when there is still
that odor in the world?
(Louise Glück da The First Four Books of Poems, The Ecco Press, 1995)
Id: 697 Data: 23/10/2010 11:48:07
*
S’è avvolto nelle tenebre il mondo, non temere
S’è avvolto nelle tenebre il mondo, non temere.
Non credere durevole tutto ciò ch’è oscuro.
Sei vicino ai piaceri, amico, alle valli, ai fiori:
osa, non ti fermare. Ecco, già sorge l’alba!
Solo una nebbia lieve il tuo sguardo intimorisce.
La natura benevola prepara sotto il velo
ghirlande di rose e di viole, di nobili narcisi
per te, profumate ricompense ai tuoi canti.
Id: 696 Data: 23/10/2010 10:29:49
*
Pianto dei poeti
Ruba a qualcuno la tua forsennata stanchezza
o gemma che trapassi il suono
col tuo respiro l'ombra che sta ferma
di fronte ad un porto di paura
quel trascendere il mito
come se fosse forzatamente azzurro
o chi senza abbandono
che non sanno che il pianto dei poeti
è solo canto.
Canto rubato al vecchio del portone
rubato al remo del rematore
alla ruota dell'ultimo carro
o pianto di ginestra
dove fioriva l'amatore immoto
dalle turbe angosciose di declino
io sono l'acqua che si genuflette
davanti alla montagna del tuo amore.
(tratta dal sito ufficiale di Alda Merini)
Id: 691 Data: 19/10/2010 09:16:28
*
da Forme e informe (libro libero)
Quando la forma del mistero si svelò
non ci fu più solitudine.
Fu graziosa e impenetrabile
scesi e la baciai
si aprì come luce
scoprì i suoi malefici
i suoi amori
ma ancora non la compresi.
Id: 687 Data: 17/10/2010 11:13:59
*
Pregava? Sì, pregava SantAntonio...
"Pregava?" "Sì, pregava Sant'Antonio
perché fa ritrovare
gli ombrelli smarriti e altri oggetti
del guardaroba di Sant'Ermete".
"Per questo solo?" "Anche per i suoi morti
e per me".
"È sufficiente" disse il prete.
(tratto da Xenia 1, Satura, Oscar Mondadori 2009)
Id: 683 Data: 16/10/2010 11:20:52
*
Quando tu aprirai
Fai conto che io dica estate,
scriva la parola "colibrì",
la metta in una busta,
la porti giù per la discesa
fino alla buca. Quando tu aprirai
la lettera, ti riverranno in mente
quei giorni e quanto,
ma proprio tanto, ti amo.
Id: 680 Data: 14/10/2010 21:11:20
*
La città
Il sole ha iniziato la carneficina
la sua luce squarta i palazzi
apre la città con tagli obliqui e netti
rompe le pietre della strada
con parole aguzze e terrificanti.
Non c’è salvezza.
Sanguinolento l’invisibile
esce dal martirio delle cose.
(tratta da "Cielo indiviso", Manni editore 2008)
Id: 676 Data: 13/10/2010 15:02:29
*
La pepita
Vorrei mordere il tempo come il pane.
Trovare resistenza, lasciare il segno dei denti.
Inghiottirne l’essenza, sentire il nutrimento
che dolcemente invade il sangue.
Ma il tempo scorre, invisibile fiume.
Mi fruscia intorno. A portata di mano
mi passa un pesce-favola, una pepita d’oro
già risucchiata in vortici.
(tratto da “Poesie” – Mondadori 2000)
Id: 674 Data: 13/10/2010 08:56:04
*
La poesia
Sono
molto
irrequieta
quando
mi legano
allo spazio.
(tratta dal sito ufficiale)
Id: 670 Data: 11/10/2010 07:53:38
*
Ancora io mi solleverò
Tu puoi scrivere di me nella storia,
con le tue bugie amare e contorte.
Puoi calpestarmi nella sporcizia
ma io, come la polvere, mi solleverò.
La mia sfacciataggine ti irrita?
Perché sei assediato dalla malinconia?
Perché io cammino come se avessi pozzi di petrolio
che sgorgano nel mio salotto.
Proprio come le lune e i soli,
con la certezza delle maree,
proprio come la speranza che alta si slancia,
ancora io mi solleverò.
Volevi vedermi spezzata?
Con la testa china e gli occhi bassi?
Le spalle cadenti come lacrime.
Indebolita dal mio pianto, che viene dall'anima.
La mia superbia ti offende?
Non prenderla così male.
Perché io rido come se avessi miniere d'oro
scavate nel mio cortile.
Puoi spararmi con le tue parole.
Puoi ferirmi con i tuoi occhi.
Puoi uccidermi con il tuo odio,
ma io, come l'aria, mi solleverò.
E' la mia sensualità a disturbarti?
Ti arriva come una sorpresa,
il fatto ch'io danzi come se avessi diamanti
all'incrocio delle mie cosce?
Fuori dalle capanne della vergogna della storia,
mi sollevo.
Su, da un passato che ha le radici nel dolore,
mi sollevo.
Sono un oceano nero, ampio, che balza,
zampillando e gonfiandomi, genero nella marea.
Lasciando alle spalle notti di terrore e paura,
mi sollevo.
In un'alba che è meravigliosamente chiara,
mi sollevo.
Portando i doni che i miei antenati mi diedero,
io sono il sogno e la speranza dello schiavo.
Mi sollevo.
Mi sollevo.
Mi sollevo.
(Traduzione di Maria G. Di Rienzo)
Id: 664 Data: 08/10/2010 13:48:50
*
L’insegnamento libero
Sentendo parlare
d'una società senza classi
il fanciullo sogna
un mondo che marina la scuola.
Ed è con benevola indifferenza
che sorride
quando il professore di Viva la Francia
lo informa che è l'ultimo della classe.
E quando lo stesso educatore
gli predica il suo grande Credito-Credo
il ragazzo non comprende un solo predicato
a tutte le sue omelie melodrammatiche
e non presta alcuna attenzione
a tutta questa Edificazione.
E apprende con un sorriso
che oltre che nella Storia di Francia
è l'ultimo degli ultimi
anche al Catechismo della Perseveranza.
Dovreste vergognarvi
gli dice il Mortificatore
Perché dovrei vergognarmi
dice il ragazzo
Non mi avete detto voi stesso
or non è molto
Gli ultimi saranno i primi
Allora aspetto.
Id: 663 Data: 08/10/2010 09:40:19
*
Letti disfatti
Amano le stanze ombreggiate,
le carte da parati consunte,
le crepe nel soffitto,
le mosche sul cuscino.
Se ti viene la tentazione di allungarti,
non essere sorpreso,
non farai caso alle lenzuola sporche,
al raschio delle molle arrugginite
mentre ti metti comodo.
La stanza è un cinema buio
dove si proietta
una pellicola sgranata in bianco e nero.
Un’immagine sfuocata di corpi svestiti
nel momento della dolce indolenza
che segue all’amore,
quando il più malvagio dei cuori
arriva a credere
che la felicità può durare per sempre.
Id: 656 Data: 05/10/2010 09:10:06
*
da Parsifal
Io non so se questa mia vita sta spianata su un
buco vuoto. Non so se il silenzio che indago
é intrecciato alla mia sostanza molle.
Io non so se quello che cerco e ho cercato e
cercherò, non so se quello che cerco
é un insulto a quel vuoto.
Non so se questo fatto di non avere
un paio d’ali, sia premio o castigo,
io non so se la polveriera
della mia inquietudine sia un trono
su cui mi siedo minacciato, se la fuga che
a scatti regolari mi pungola, se quel
puerile sogno di fuga sia uno sgambetto
d’angelo, d’un buffone d’angelo che
mi vuole inciampare.
Io non so se l’amore sia una guerra o una
tregua, non so se l’abbandono d’amore
sia una legge che la vita cuce fino al
ricamo finale. Io non so
che farmene di questi nemici che premono,
non so che farmene oggi di questo oggi
e me lo ciondolo fra le dita perplesse,
non so parlare di quello che
è sentito nel profondo me, non so parlarlo
quell’essere che é qui presente fra le vite degli
altri.
Io non so spiegarmi l’imperturbabilità
di Dio, e non mi spiego di non udire il
suo grave lamento, il suo urlo di collera o
d’amore, e non so vederlo che sono in cecità
ma vorrei sentirlo almeno piangere come piango io
guardando le facce indolorate, guardando le
facce con grave malattia terrestre,
io non so invocarlo né bestemmiarlo che
è troppo nella sottrazione e troppo
astratto per i miei chili umani.
Io non so forse non voglio
consegnarmi negli uffici del mondo,
e stare buono nelle sale d’aspetto della
vita. Io non so nient’altro
che la vita e molte nuvole intorno che
me la confondono me la confondono e non
so cosa aspetto, cosa sto aspettando in questo
sporgermi al tempo che viene. Io non so
e vorrei, vorrei, non so stare
fuori misura, fuori misura umana,
fuori da questa taglia finita.
Io non so perché guardando l’acqua del mare
mi salta in petto una gioia di figlio con la
madre. Non so se questa uscita mia in un secolo
a caso, se questo essere qui a casaccio,
io non so spiegarmi questa malattia
all’attacco del mondo, non so guarire
questa malattia che indolora e vorrei
sistemare ogni cosa, in un sogno puerile di
tregua, in un’arcadia anche retorica,
in un dormire abbracciato dei
guerrieri che si innamorano.
Io non ho capito e dovrei,
non ho capito il mondo della
vita, io non ho capito la legge sottostante
e non ho da fare la consegna a
questi cuccioli che aspettano, che esigono
da me l’aver capito.
Io non so la canzone
che spensiera e non so soccorrervi
non so pur volendolo
con quella forza di cagna
che dà il latte, non so soccorrervi nel vostro
sbando, io non so farvi un canto della
guarigione, non so farvi da balsamo
io non so mettervi nel coraggio essenziale,
nello slancio, nel palpito.
Il mio Graal l’ho ritrovato e perso cento
volte.
Io non so se le particelle piriche del mio
disagio fanno una miccia che incendia.
Non so se l’Attila del mondo ha
una forza che straborda le mie
dita pacifiche, non so se indurlo a
guerrigliare, non so se indurlo
se sedurlo se ridurlo a sagoma
di sogno, non so se alzare bandiera bianca
o finirò impantanato nella sua
normalità stupefacente, nella sua
normalità di Attila che
fa terra bruciata, non so se battermi,
essere patriota di un’idea sollevata, non so
se fare il giuramento alla
primavera che dice la sua infiorando e
incantando, non so se slanciarmi
nel cataclisma barbarico e dare
un goccio d’acqua alle bocche
screpolate di fratelli, non so
se fare il giuramento a questa tregua
domestica, se fare il giuramento delle
pance satolle o azionare un voltafaccia
che strozza ogni boccone. Non so se nell’uno o
nell’altro caso sono salvo, se sono salvo
quando viene l’angelo
col suo atto d’accusa, e ci condanna ancora
ad una logica finanziaria
e poi dà l’ordine di sospendere le vite.
Io non so se la bellezza è questa accademia di
centimetri, se la bellezza, la bellezza è questa
carnevalesca decadenza di saltimbanchi,
io non mi spiego la crocifissione
della grazia, e non mi spiego perchè
mi trovo qui, in questo covo rivoltato
in questa fossa con gli orchi attuali
in questo lato barbarico della specie,
e non so perchè stando a occidente non si
ode quell’alleluia delle cose.
Io non so se in questa schiena
senza ali ci son grandi pianure da cui fare
il decollo, se in questa spina dorsale
ci sono istruzioni
per la manovra di decollo, se sono io la freccia
di questo arco della schiena, se sono io
arco e freccia, non so in quale mano
non mano o zampa di Dio mi stanno
torchiando, e sottoponendo al duro
allenamento dei dolori terrestri.
Io non so se la solitudine, se quello
strazio chiamato solitudine, se quell’andare
via dei corpi cari, se quel restare soli
dei vivi, io non so se quel lamento della
solitudine, se quel portarci via le facce
se quel loro sparire
di facce che avevamo dentro il respiro, non so
se il dono sia questo portarci via le
carezze, questa slacciatura.
E’ poco il poco che so e di questo
poco io chiedo perdono. Io chiedo
perdono per quello che so, perdono io chiedo
per tutto quello che so.
(Da "Parsifal", in "Fuoco centrale e altre poesie per il teatro")
Id: 649 Data: 01/10/2010 07:10:53
*
Io non so che voglia dire
Io non so che voglia dire
che son triste, così triste.
Un racconto d'altri tempi
nella mia memoria insiste.
Fresca è l'aria e l'ombra cala,
scorre il Reno quietamente;
sopra il monte raggia il sole
declinando all'occidente.
La bellissima fanciulla
sta lassù, mostra il tesoro
dei suoi splendidi gioielli,
liscia i suoi capelli d'oro.
Mentre il pettine maneggia,
canta, e il canto ha una malia
strana e forte che si effonde
con la dolce melodia.
Soffre e piange il barcaiolo,
e non sa che mal l'opprima,
più non vede scogli e rive,
fissi gli occhi ha su la cima.
Alla fine l'onda inghiotte
barcaiolo e barca...Ed ahi!
Questo ha fatto col suo canto
la fanciulla Lorelei.
(fonte e traduzione non accertati)
Id: 648 Data: 30/09/2010 17:32:28
*
Tempo e Tempi
Non c'è un unico tempo: ci sono molti nastri
che paralleli slittano
spesso in senso contrario e raramente
s'intersecano. E' quando si palesa
la sola verità che, disvelata,
viene subito espunta da chi sorveglia
i congegni e gli scambi. E si ripiomba
poi nell'unico tempo. Ma in quell'attimo
solo i pochi viventi si sono riconosciuti
per dirsi addio, non arrivederci.
Id: 646 Data: 29/09/2010 08:47:29
*
Il vento d’autunno ha rovinato la mia capanna
L’ottavo mese, in pieno autunno,
urla furioso il vento,
che dal tetto della mia capanna
tre strati di paglia ha sollevato.
La paglia vola attraverso il fiume
e si sparpaglia sull’altra riva,
in alto s’impiglia sulla punta degli alberi,
in basso svolazza vertiginosa
nelle pozzanghere.
I ragazzi a sud del villaggio
si prendono gioco di me,
perché vecchio e debole,
giungono addirittura a rubare
sotto i miei occhi.
Riempiono senza scrupoli le braccia di paglia
penetrando nel bosco di bambù,
le alte grida m’asciugano le labbra
e la bocca, ma non servono,
torno a casa appoggiato al bastone e sospiro.
D’un tratto il vento cessa
e le nere nubi s’addensano,
il cielo d’autunno si oscura
come al crepuscolo.
La coltre imbottita, dopo anni d’uso,
è gelida come il ferro,
i bambini amorosi,
scalciando nel sonno agitato,
ne hanno lacerato la fodera.
Nel letto con l’acqua trapelata dal tetto
non si trova un posto asciutto,
la pioggia fitta e sottile cade ininterrotta.
Da quando scoppiò la rivolta,
di sonno io sono carente,
bagnato fradicio,
come potrò sopportare una notte così lunga...
Se ci fossero milioni di vani immensi,
i poveri letterati di tutto il mondo
vi troverebbero felici un ricovero,
protetto dal vento e dalla pioggia,
sicuro come una montagna.
Ahimè!
Quando mai potranno apparire all’improvviso
davanti ai miei occhi queste dimore...
Allora, se solo la mia capanna fosse abbattuta
e io solo fossi dal gelo ucciso,
morirei contento!
Id: 645 Data: 28/09/2010 08:01:03
*
Haiku (concorso Cascina Macondo)
Propongo un haiku, risultato secondo al concorso internazionale indetto da Cascina Macondo, Riva presso Chieri, Torino
(http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=340:vincitori-del-concorso-internazionale-haiku-cascina-macondo-8d-edizione-2010&catid=102:news&Itemid=90)
nonna è malata
con fili invisibili
cuce lo stesso
Questa la motivazione della giuria
Al centro di questo haiku un’immagine di limpida armonia: la nonna malata è intenta a cucire ma i fili che intreccia sono invisibili. I livelli di interpretazione sono molteplici (Yugen): nel torpore della malattia continua per la nonna la routine dei gesti quotidiani per cui muove le mani in modo automatico. O forse è la sua infermità a imprimere quel particolare tremore alle mani. Oppure, accogliendo l’haiku in una dimensione più interiore, i fili che manovra sono quelli della parentela, perché è ancora lei il perno della famiglia, custode di valori e testimone di vicende familiari.
Anche se si parla di malattia che forse dura da tempo (Kigo temporis), l’haiku non è triste, perché c’è molto affetto nello sguardo di chi con stupore (Wabi) osserva, si percepisce che la nonna è circondata dall’affetto di figli e nipoti, in un’atmosfera di tenera nostalgia (Aware).
Id: 642 Data: 24/09/2010 21:02:32
*
Con invidia
Oggi che ho iniziato la giornata
tornandoti sott'occhio
e mi hai trovato bene
e ti ho trovato ancora più bella
adesso che finalmente
è abbastanza chiaro
dove sei e dove sono
Per la prima volta so
che avrò la forza
di costruire con te
un'amicizia così sottile
che dal vicino
territorio dell'amore
questo disperato
inizieranno a guardarci
con invidia
e finiranno per organizzare
escursioni
per venire a chiederci
come facciamo.
Id: 641 Data: 24/09/2010 17:34:57
*
Quasi un madrigale
Il girasole piega a occidente
e già precipita il giorno nel suo
occhio in rovina e l'aria dell'estate
s'addensa e già curva le foglie e il fumo
dei cantieri. S'allontana con scorrere
secco di nubi e stridere di fulmini
quest'ultimo gioco del cielo. Ancora,
e da anni, cara, ci ferma il mutarsi
degli alberi stretti dentro la cerchia
dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno
e sempre quel sole che se ne va
con il filo del suo raggio affettuoso.
Non ho più ricordi, non voglio ricordare;
la memoria risale dalla morte,
la vita è senza fine. Ogni giorno
è nostro. Uno si fermerà per sempre,
e tu con me, quando ci sembri tardi.
Qui sull'argine del canale, i piedi
in altalena, come di fanciulli,
guardiamo l'acqua, i primi rami dentro
il suo colore verde che s'oscura.
E l'uomo che in silenzio s'avvicina
non nasconde un coltello fra le mani,
ma un fiore di geranio.
Id: 640 Data: 24/09/2010 09:03:22
*
Le osterie
A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
meglio l’acre vapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.
Id: 639 Data: 22/09/2010 18:03:23
*
Come nasce una canzone
Le canzoni nostre le prendiamo
dal tuo tormentato e sciolto cuore,
e sotto il peso del buio e della notte
le impastiamo con luce, con incenso
con amore e con voti;
le carichiamo del vigore delle rocce e del salice,
dopo di che le restituiremo al tuo cuore,
puro e trasparente quale cristallo,
o nostro lontano e paziente popolo!
Id: 638 Data: 21/09/2010 08:42:37
*
Parole, inerti macerie
Parole, inerti macerie,
brandelli d'esistenze
disamorate, panorama
del mio paese
ove neppure il gesto
sacrificale più rompe
la immota somiglianza dei giorni,
né le vesti sante coprono
la nudità degli istinti.
E i poeti non hanno più canti
Non un messaggio di gioia,
nessuno una speranza.
Id: 637 Data: 18/09/2010 07:55:05
*
A terza
A me un paese di sole
una casa
leggera, un canto
di fontana giù
nel cortile.
E un sedile
di pietra.
E schiamazzo di bimbi.
Un po' di noci
in solaio,
un orticello
e giorni senza nome
e la certezza
di vivere.
Id: 634 Data: 17/09/2010 09:24:37
*
La classificazione di Linneo (trobar clus e trobar
Le cose non hanno nome, esistono,
e fuori da ogni logica e controllo
vengono docilmente ad accadere.
Rinchiuso in due stanzette al pianoterra
a mezza luce un uomo solo scrive
per reinventare e riordinare il mondo.
Id: 631 Data: 12/09/2010 15:58:27
*
Tacet
E' giunto il giorno, tutte le canzoni
giacciono spente al fondo della gola,
secche e confuse come rami sparsi
da una bufera che non fa rumore.
Da chiusi vetri guardo già cadere
le foglie a terra senza emetter suono.
Non più canzoni né sussulti, tacet;
solo le foglie, e il cielo che scolora.
Id: 630 Data: 12/09/2010 15:56:12
*
Il raschino
Credi che il pessimismo
sia davvero esistito? Se mi guardo
d'attorno non ne è traccia.
Dentro di noi, poi, non una voce
che si lagni. Se piango è un controcanto
per arricchire il grande
paese di cuccagna ch'è il domani.
Abbiamo ben grattato col raschino
ogni eruzione di pensiero. Ora
tutti i colori esaltano la nostra tavolozza,
escluso il nero.
Id: 627 Data: 12/09/2010 10:30:13
*
Un trucco per alleviare il nostro sanguinare
In pratica
le grandi parole dei grandi uomini
non sono poi così grandi.
e le grandi nazioni o le grandi bellezze
non lasciano altro che il residuo
della reputazione che sarà lentamente
rosicchiato via.
né le grandi guerre sembrano così grandi,
né le grandi poesie
né le leggende di prima mano.
persino i lutti
ora sono così tristi,
e il fallimento non è stato altro che un
trucco
per farci continuare.
e la celebrità e l'amore
un trucco per alleviare il nostro sanguinare.
e come il fuoco diventa cenere e l'acciaio
diventa ruggine, noi diventiamo
saggi
e poi
non così saggi.
e sediamo su sedie
leggendo vecchie mappe,
guerre finite, amori finiti, vite finite,
e un bambino gioca davanti a noi come una scimmia
e noi diamo un colpetto alla pipa e sbadigliamo,
chiudiamo gli occhi e dormiamo.
belle parole
come belle signore,
si accartocciano e muoiono.
Id: 624 Data: 10/09/2010 15:24:35
*
Che cosa è questo, amore?
Come può esser, ch'io non sia più mio?
O Dio, o Dio, o Dio!
Chi m'ha tolto a me stesso,
ch'a me fosse più presso
o più di me potessi, che poss'io?
O Dio, o Dio, o Dio!
Come mi passa el core
chi non par che mi tocchi?
Che cosa è questo, Amore,
c'al core entra per gli occhi,
per poco spazio dentro par che cresca;
e s'avvien che trabocchi?
Id: 622 Data: 09/09/2010 16:27:23
*
La lingua di Dio
Se dio è linguaggio, l'Uno che ne creò tanti altri
per poi confonderli
come faremo a interpellarlo e come
credere che ha parlato e parlerà
per sempre indecifrabile e questo è
meglio che nulla. Certo
meglio che nulla siamo
noi fermi alla balbuzie. E guai se un giorno
le voci si sciogliessero. Il linguaggio,
sia nulla o non lo sia,
ha le sue astuzie.
Id: 618 Data: 05/09/2010 09:14:37
*
La forma del mondo
Se il mondo ha la struttura del linguaggio
e il linguaggio ha la forma della mente
la mente con i suoi pieni e i suoi vuoti
è niente o quasi e non ci rassicura,
Così parlò Papirio. Era già scuro
e pioveva.
Mettiamoci al sicuro
disse e affrettò il passo senza accorgersi
che il suo era il linguaggio del delirio.
Id: 617 Data: 05/09/2010 09:11:48
*
S’è visto
Non bruciare il bordo alla lettera,
e non parlare d’amore
per pagine e pagine.
Soltanto, mentre chiudi la busta,
calca molto
quelle tue labbra schive.
Id: 615 Data: 03/09/2010 15:13:53
*
a C.
Tentammo un giorno di trovare un modus
moriendi che non fosse il suicidio
né la sopravvivenza. Altri ne prese
per noi l'iniziativa; e ora è tardi
per rituffarci dallo scoglio.
Che un'anima malviva
fosse la vita stessa nel suo diapason
non lo credesti mai: le ore incalzavano,
a te bastò l'orgoglio, a me la nicchia
dell'imbeccatore.
(da Diario del '71 e '72)
Id: 612 Data: 02/09/2010 12:55:09
*
Le rime
Le rime sono più noiose delle
dame di San Vincenzo: battono alla porta
e insistono. Respingerle è impossibile
e purché stiano fuori si sopportano.
Il poeta decente le allontana
(le rime), le nasconde, bara, tenta
il contrabbando. Ma le pinzochere ardono
di zelo e prima o poi (rime e vecchiarde)
bussano ancora e sono sempre quelle.
Id: 608 Data: 31/08/2010 17:00:01
*
Potessi almeno costringere
Potessi almeno costringere
in questo mio ritmo stento
qualche poco del tuo vaneggiamento;
dato mi fosse accordare
alle tue voci il mio balbo parlare:
io che sognava rapirti
le salmastre parole
in cui natura ed arte si confondono,
per gridar meglio la mia malinconia
di fanciullo invecchiato che non doveva pensare.
Ed invece non ho che le lettere fruste
dei dizionari, e l’oscura
voce che amore detta s’affioca,
si fa lamentosa letteratura.
Non ho che queste parole
che come donne pubblicate
s’offrono a chi le richiede;
non ho che queste frasi stancate
che potranno rubarmi anche domani
gli studenti canaglie in versi veri.
Ed il tuo rombo cresce, e si dilata
azzurra l’ombra nuova.
M’abbandonano a prova i miei pensieri.
Sensi non ho; né senso. Non ho limite.
Id: 606 Data: 31/08/2010 09:40:17
*
La riva pietosa
Tu che rastremi in te ogni profondo
della mia mente-cuore,
che fai vergini e chiare le parole
quotidiane, dracme corrose,
accogli le mie lettere: così
con la zattera è pietosa la riva.
Ti scriverò nei giorni fulgidissimi
e in giorni maledetti,
i giorni del cuore trionfante
e i giorni del cuore zitto
quando striscia e ci inchioda quel sospetto:
Tutto è stato già scritto?
Id: 605 Data: 30/08/2010 22:41:15
*
Le parole oggi non bastano
Non chiedermi parole, oggi non bastano.
Stanno nei dizionari: sia pure imprevedibili
nei loro incastri, sono consunte voci.
È sempre un prevedibile dejà vu.
Vorrei parlare con te - è lo stesso con Dio -
tramite segni umbratili di nervi,
elettrici messaggi che la psiche
trae dal cuore dell'universo.
Un fremere d'antenne, un disegno di danza,
un infinitesimo battere di ciglia,
la musica-ultrasuono che nemmeno
immaginava Bach.
Id: 604 Data: 30/08/2010 19:09:36
*
Scirocco
Ricordi le strade erano piene di quel lucido scirocco
che trasforma la realtà abusata e la rende irreale,
sembravano alzarsi le torri in un largo gesto barocco
e in via dei Giudei volavan velieri come in un porto canale.
Tu dietro al vetro di un bar impersonale,
seduto a un tavolo da poeta francese,
con la tua solita faccia aperta ai dubbi
e un po' di rosso routine dentro al bicchiere:
pensai di entrare per stare assieme a bere
e a chiaccherare di nubi...
Ma lei arrivò affrettata danzando nella rosa
di un abito di percalle che le fasciava i fianchi
e cominciò a parlare ed ordinò qualcosa,
mentre nel cielo rinnovato correvano le nubi a branchi
e le lacrime si aggiunsero al latte di quel tè
e le mani disegnavano sogni e certezze,
ma io sapevo come ti sentivi schiacciato
fra lei e quell' altra che non sapevi lasciare,
tra i tuoi due figli e l' una e l' altra morale
come sembravi inchiodato...
Lei si alzò con un gesto finale,
poi andò via senza voltarsi indietro
mentre quel vento la riempiva
di ricordi impossibili,
di confusione e immagini.
Lui restò come chi non sa proprio cosa fare
cercando ancora chissà quale soluzione,
ma è meglio poi un giorno solo da ricordare
che ricadere in una nuova realtà sempre identica...
Ora non so davvero dove lei sia finita,
se ha partorito un figlio o come inventa le sere,
lui abita da solo e divide la vita
tra il lavoro, versi inutili e la routine d' un bicchiere:
soffiasse davvero quel vento di scirocco
e arrivasse ogni giorno per spingerci a guardare
dietro alla faccia abusata delle cose,
nei labirinti oscuri della case,
dietro allo specchio segreto d' ogni viso,
dentro di noi...
Id: 603 Data: 26/08/2010 21:18:08
*
Poesia del guanciale
Perché fino alla punta delle dita
sei presente, perché hai desideri,
per come pieghi i ginocchi
e mi mostri le chiome,
per il tuo tepore
e la tua oscurità;
per le tue frasi dipendenti,
i gomiti non prepotenti
e l’anima materiale
che nella fossetta
sopra la clavicola balugina;
perché sei andata
e venuta, e per tutto
ciò che di te non so
queste mie esili sillabe
son troppo poco – o troppo.
Id: 601 Data: 26/08/2010 15:28:12
*
Libertà
Sta forse solo in questo:
dal fondo di un dirupo
accennare un saluto,
sorvolare radente
un avviso di morte,
spalancare le porte
dell'assenza,
cercare seguitando
nel suo nome accentato
il passaggio obbligato.
Id: 600 Data: 26/08/2010 09:03:41
*
Savvia tra i muri, è preda della luce
S'avvia tra i muri, è preda della luce...
forse eri tu, ora è un'apparizione
o forse è tutto ciò che non ha pace
o sede o movimento e non è vero
né insostanziale, vanità che solo
puri specchi tradiscono fremendo.
È una vaga figura, non ha requie...
è nostra, la credevo una chimera
se alcuna ne appariva per miracolo
sotto aride pendici inconsolata
per vie cupe ove niente vive più,
niente se non la speranza del tuono.
Id: 598 Data: 25/08/2010 11:59:07
*
Nulla due volte accade
Nulla due volte accade
né accadrà. Per tal ragione
nasciamo senza esperienza,
moriamo senza assuefazione.
Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.
Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.
Ieri, quando il tuo nome
qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.
Oggi che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma cos’è?
Forse pietra, o forse fiore?
Perché tu, ora malvagia,
dài paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e in ciò sta la bellezza.
Cercheremo un’armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.
Id: 597 Data: 23/08/2010 15:43:18
*
Notizie a Giuseppina dopo tanti anni
Che speri, che ti riprometti, amica,
se torni per così cupo viaggio
fin qua dove nel sole le burrasche
hanno una voce altissima abbrunata,
di gelsomino odorano e di frane?
Mi trovo qui a questa età che sai,
né giovane né vecchio, attendo, guardo
questa vicissitudine sospesa;
non so più quel che volli o mi fu imposto,
entri nei miei pensieri e n'esci illesa.
Tutto l'altro che deve essere è ancora,
il fiume scorre, la campagna varia,
grandina, spiove, qualche cane latra
esce la luna, niente si riscuote,
niente dal lungo sonno avventuroso.
Id: 596 Data: 22/08/2010 17:06:15
*
Canzone quasi d’amore
Non stavo più a cercare parole che non trovo
Per dirti cose vecchie con il vestito nuovo
Per raccontarti il vuoto che, al solito, ho di dentro
E partorire il topo vivendo sui ricordi
Giocando con i miei giorni... col tempo
O forse vuoi che dica che ho i capelli più corti
O che per le mie navi son quasi chiusi i porti
Io parlo sempre tanto ma non ho ancora fedi
Non voglio menar vanto di me o della mia vita
Costretta come dita... dei piedi
Queste cose le sai per te siam tutti uguali
E moriamo ogni giorno dei medesimi mali
Per te siam tutti soli ed è nostro destino
Tentare goffi voli d'azione o di parola,
Volando come vola... il tacchino
Non posso farci niente e tu puoi fare meno
Sono vecchio d'orgoglio mi commuove il tuo seno
E di questa parola io quasi mi vergogno
Ma... c'è una vita sola non ne sprechiamo niente
In tributi alla gente o al sogno
Le sere sono uguali ma ogni sera è diversa
E quasi non ti accorgi dell'energia dispersa
A ricercare i visi che ti han dimenticato
Vestendo abiti lisi buoni ad ogni evenienza
Inseguendo la scienza... o il peccato
Tutto questo lo sai e sai dove comincia
La grazia o il tedio a morte del vivere in provincia
Per te siam tutti uguali siamo cattivi buoni
E abbiam gli stessi mali siamo vigliacchi e fieri
Saggi, falsi, sinceri... coglioni
Ma dove te ne andrai? Ma dove sei già andata?
Ti dono, se vorrai, questa noia già usata
Tienila in mia memoria ma non è un capitale,
Ti accorgerai da sola, nemmeno dopo tanto,
Che la noia, di un altro, non vale
D'altra parte lo vedi scrivo ancora canzoni
E pago la mia casa pago le mie illusioni
Fingo d'aver capito che vivere è incontrarsi
Aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare,
Bere, leggere, amare... grattarsi
Id: 594 Data: 20/08/2010 08:42:09
*
Canzone damore
Ero la ragazza della catena di S. Antonio,
la ragazza tutta discorsi di bare e serrature,
quella delle bollette del telefono,
la foto sgualcita e i contatti persi,
quella che continuava a dire
Ascoltami! Ascoltami!
Mai! Mai!
e cose del genere
Quella con il bavero
tirato su fino agli occhi,
con gli occhi blu canna di fucile,
con una venuzza sulla piega del collo
che vibrava come un diapason,
con le spalle nude come un palazzo,
con quei piedini e quei ditini,
con un vecchio gancio rosso in bocca,
una bocca il cui sangue gocciolava
nelle regioni orrende della sua anima
la ragazza che si addormentava sempre,
era vecchia come i sassi,
ogni mano un pezzo di cemento,
per ore e ore
e poi si svegliava,
dopo la breve morte,
ed era tenera come,
delicata come
tenera e delicata come
luce in eccesso,
per niente pericolosa,
come un barbone che mangia
o un topo su un tetto
senza botole,
con niente di più onesto
che la tua mano nella sua,
con nessun altro, nessun altro che te!
E cose del genere.
Nessun altro, nessun altro che te!
Oh, non si può tradurre
quell'oceano
quella musica
quel teatro
quel campo di pony.
Id: 593 Data: 20/08/2010 08:39:21
*
La solitudine
Se mi allontano due giorni
i piccioni che beccano
sul davanzale
entrano in agitazione
secondo i loro obblighi corporativi.
Al mio ritorno l'ordine si rifà
con supplemento di briciole
e disappunto del merlo che fa la spola
tra il venerato dirimpettaio e me.
A così poco è ridotta la mia famiglia.
E c'è chi ne ha una o due, che spreco, ahimè!
Id: 591 Data: 15/08/2010 22:25:05
*
Dialogo
Le mie parole sono la metà di un dialogo oscuro
che continua attraverso secoli impossibili.
Adesso comprendo il senso e la risonanza
che pure porti da tanto lontano nella tua voce.
Le nostre domande e risposte si riconoscono
come gli occhi dentro agli specchi. Occhi che hanno pianto.
Conversiamo dai due estremi della notte,
come da spiagge opposte. Ma con una voce che non si importa...
E un mare di stelle oscilla tra il mio pensiero e il tuo.
Ma un mare senza viaggi.
Id: 585 Data: 09/08/2010 08:24:05
*
I cieli sono uguali
I cieli sono uguali.
Azzurri, grigi, neri,
si ripetono sopra
l'arancio o la pietra:
guardarli ci avvicina.
Annullano le stelle,
tanto sono lontane,
le distanze del mondo.
Se noi vogliamo unirci,
non guardare mai avanti:
tutto pieno di abissi,
di date e di leghe.
Abbandonati e galleggia
sopra il mare o sull'erba,
immobile, il viso al cielo.
Ti sentirai calare
lenta, verso l'alto,
nella vita dell'aria.
E ci incontreremo
oltre le differenze
invincibili, sabbie,
rocce, anni, ormai soli,
nuotatori celesti,
naufraghi dei cieli.
Id: 583 Data: 07/08/2010 17:17:29
*
I giorni ed i baci
I giorni ed i baci
sono in errore:
non hanno termine dove dicono.
Ma per amare dobbiamo
imbarcarci su tutti
i progetti che passano,
senza chiedere nulla,
pieni, pieni di fede
nell'errore
di ieri, di oggi, di domani,
che non può mancare.
Id: 578 Data: 04/08/2010 22:47:58
*
primo amore
un tempo
quando avevo 16 anni
c'era solo qualche scrittore
a darmi speranza
e conforto.
a mio padre non piacevano
i libri e
a mia madre neppure
(perchè non piacevano al babbo)
specie i libri che prendevo io
in biblioteca:
D.H. Lawrence
Dostoevskij
Turgenev
Gorkij
A. Huxley
Sinclair Lewis
e altri.
avevo la mia camera da letto
ma alle 8 di sera
bisognava filare tutti a nanna:
"il mattino ha l'oro in bocca,"
diceva mio padre.
poi gridava:
"LUCI SPENTE!".
allora mettevo la lampada
sotto le coperte
e continuavo a leggere
sotto la luce calda e nascosta:
Ibsen
Shakespeare
Cechov
Jeffers
Thurber
Conrad Aiken
e altri.
mi offrivano una opportunità e qualche speranza
in un posto senza opportunità
speranza,
sentimento.
me la guadagnavo.
faceva caldo sotto le coperte.
qualche volta fumavano le lenzuola
allora spegnevo la lampada,
la tenevo fuori per
raffreddarla.
senza quei libri
non sono del tutto sicuro
di cosa sarei diventato:
delirante;
parricida;
idiota;
buonannulla.
quando mio padre gridava
"LUCI SPENTE!"
son sicuro che lo terrorizzava
la parola ben tornita
e immortalata
una volta per tutte
nelle pagine migliori
della nostra più bella
letteratura.
ed essa era lì
per me
vicina a me
sotto le coperte
più donna di una donna
più uomo di un uomo.
era tutta per me
e io
la presi.
Id: 576 Data: 03/08/2010 15:12:09
*
In limine
Godi se il vento ch'entra nel pomario
vi rimena l'ondata della vita:
qui dove affonda un morto
viluppo di memorie,
orto non era, ma reliquario.
Il frullo che tu senti non è un volo,
ma il commuoversi dell'eterno grembo;
vedi che si trasforma questo lembo
di terra solitario in un crogiuolo.
Un rovello è di qua dall'erto muro.
Se procedi t'imbatti
tu forse nel fantasma che ti salva:
si compongono qui le storie, gli atti
scancellati pel giuoco del futuro.
Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine...
Id: 575 Data: 02/08/2010 15:49:57
*
Ragazzo prodigio
Sono cresciuto ricurvo
su una scacchiera.
Mi piaceva la parola scaccomatto.
I miei cugini avevano un'aria preoccupata.
Era una piccola casa
vicino a un cimitero romano.
Caccia e carri
scuotevano i suoi vetri.
Un professore di astronomia in pensione
mi insegnò a giocare.
Doveva essere il 1944.
Quasi tutto lo smalto era saltato via
dai pezzi neri.
Mancava il Re bianco
e dovette essere sostituito.
Mi hanno detto ma non ci credo
che quell'estate ho visto
uomini impiccati ai pali del telefono.
Ricordo mia madre
che mi bendava spesso.
Aveva un modo spiccio d'infilarmi
la testa sotto il suo soprabito.
Anche negli scacchi, mi disse il professore,
i maestri giocano bendati,
i grandi su diverse scacchiere
contemporaneamente.
Id: 573 Data: 31/07/2010 09:26:42
*
Ciò che di me sapeste
Ciò che di me sapeste
non fu che la scialbatura,
la tonaca che riveste
la nostra umana ventura.
Ed era forse oltre il telo
l'azzurro tranquillo;
vietava il limpido cielo
solo un sigillo.
O vero c'era il falòtico
mutarsi della mia vita,
lo schiudersi d'un'ignita
zolla che mai vedrò.
Restò così questa scorza
la vera mia sostanza;
il fuoco che non si smorza
per me si chiamò: l'ignoranza.
Se un'ombra scorgete, non è
un'ombra - ma quella io sono.
Potessi spiccarla da me,
offrirvela in dono.
Id: 572 Data: 30/07/2010 08:58:24
*
Annunciazione al poeta
Ave, avido.
Ave, fame instancabile e bocca enorme,
mangia.
Da parte dell'Altissimo ti concedo
che non ti riposerai e tutto ti ferirà mortalmente:
la spazzatura, la cattedrale e la forma delle mani.
Ave, pieno di dolore.
Id: 571 Data: 29/07/2010 20:24:06
*
Noi non sappiamo quale sortiremo
Noi non sappiamo quale sortiremo
domani, oscuro o lieto;
forse il nostro cammino
a non tòcche radure ci addurrà
dove mormori eterna l’acqua di giovinezza;
o sarà forse un discendere
fino al vallo estremo,
nel buio, perso il ricordo del mattino.
Ancora terre straniere
forse ci accoglieranno; smarriremo
la memoria del sole, dalla mente
ci cadrà il tintinnare delle rime.
Oh la favola onde s’esprime
la nostra vita, repente
si cangerà nella cupa storia che non si racconta!
Pur di una cosa ci affidi,
padre, e questa è: che un poco del tuo dono
sia passato per sempre nelle sillabe
che rechiamo con noi, api ronzanti.
Lontani andremo e serberemo un’eco
della tua voce, come si ricorda
del sole l’erba grigia
nelle corti scurite, tra le case.
E un giorno queste parole senza rumore
che teco educammo nutrite
di stanchezze e di silenzi,
parranno a un fraterno cuore
sapide di sale greco.
Id: 570 Data: 29/07/2010 17:34:29
*
Questa felicità
Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.
Id: 569 Data: 28/07/2010 10:07:02
*
Il termine
La vetta di quella scoscesa serpentina
ecco si approssimava, ormai era vicina,
ne davano un chiaro avvertimento i magri rimasugli
della tappa pellegrina su alla celestiale cima
poco sopra, alla vista, che spazio si sarebbe aperto
dal culmine raggiunto, immaginarlo già era beatitudine
concessa più che al suo desiderio, al suo tormento,
sì l’immensità, la luce, ma quiete vera ci sarebbe stata,
lì avrebbe la sua impresa avuto il luminoso assolvimento
da se stessa nella trasparente spera
o nasceva una nuova impossibile scalata
questo temeva, questo desiderava.
Id: 568 Data: 28/07/2010 09:49:39
*
La credenza
È una grande credenza scolpita; l'oscura quercia,
molto antica, ha preso una cert'aria di buona vecchia gente;
la credenza è aperta, e versa nella sua ombra
come un'onda di vino antico, di profumo ammaliante;
Tutta piena, è una baraonda di vecchie anticaglie,
di panni gialli e odorosi, di vestiti
di donne o di fanciulli, di consunti merletti,
di scialli di nonna dove son dipinti dei grifi;
- è lì che trovi i medaglioni, le ciocche
di capelli bianchi o biondi, i ritratti, i fiori secchi
il cui profumo si mescola a quello della frutta.
- O credenza dei tempi andati, tu ne sai di storie,
e vorresti narrare i tuoi racconti, e mormori
quando lentamente s'aprono le tue grandi ante nere.
Id: 567 Data: 27/07/2010 08:47:18
*
Casa in costruzione
Coi canneti è scomparsa anche l'ombra.
Già il sole, di sghembo,
attraversa le arcate e si sfoga per i vuoti
che saranno finestre: lavorano un po’ i muratori,
fin che dura il mattino. Ogni tanto rimpiangono
quando qui ci frusciavano ancora le canne,
e un passante accaldato poteva gettarsi sull'erba.
I ragazzi cominciano a giungere a sole più alto.
Non lo temono il caldo. I pilastri isolati del cielo
sono un campo di gioco migliore che gli alberi
o la solita strada. I mattoni scoperti
si riempion d'azzurro, per quando le volte
saran chiuse, e ai ragazzi è una gioia vedersi dal fondo
sopra il capo i riquadri di cielo. Peccato il sereno,
che un rovescio di pioggia lassù da quei vuoti
piacerebbe ai ragazzi. Sarebbe un lavare la casa.
Dopo un po’ i muratori si buttano all'ombra.
é il momento che il sole ha investito ogni cosa
e un mattone a toccarlo ci scotta le mani.
S'è già visto una biscia piombare fuggendo
nella pozza di calce: è il momento che il caldo
fa impazzire perfino le bestie. Si beve una volta
e si vedono le altre colline ogn'intorno, bruciare,
tremolare nel sole.
Id: 566 Data: 26/07/2010 08:09:50
*
Non andartene
Non andartene,
non lasciare
l’eclisse di te
nella mia stanza.
Chi ti cerca è il sole,
non ha pietà della tua assenza
il sole, ti trova anche nei luoghi
casuali
dove sei passata,
nei posti che hai lasciato
e in quelli dove sei
inavvertitamente andata
brucia
ed equipara
al nulla tutta quanta
la tua fervida giornata.
Eppure è stata,
è stata,
nessuna ora
sua è vanificata.
Id: 565 Data: 25/07/2010 19:54:52
*
Odi et amo
Il mio cuore è in difficoltà per il tuo amore:
infatti non ho la forza di odiare nè di amare,
pur sapendo che è difficile odiare,
quando un uomo ha una persona cara,
è difficile anche amare chi non vuole (essere amato).
Id: 561 Data: 20/07/2010 14:41:17
*
Senza titolo
L’ho sognata
sopra cinque linee parallele
tra l’ebano e l’avorio
L’ho inseguita
dietro colonne e archi
che geometriche piazze ritmavano
L’ho intravista ascoltando
le onde rotolare
sui ciottoli della spiaggia
Mi ha rapito
Il respiro del tuo essere
Id: 560 Data: 19/07/2010 11:44:48
*
Fratelli miei
O poeti, fratelli miei
sempre più solitari ed esclusi:
fanciulli di Dio,
a questa generazione
ancora più inutili,
di una colpa voi siete liberi:
di volere tutto spiegare.
Id: 538 Data: 07/07/2010 14:39:05
*
Tempo di grazia
Svariano i giorni nella luce
quasi dentro un acquario.
La mia vita è tutta intorno
a una fontana dentro
un segreto giardino.
La sera delibo piaceri nuovi
e la notte è piena, voluttosa:
nessuna voce m'eguaglia
nel cantare all'amore.
Egli nascosto dalle fronde
si fa desiderare dai miei occhi,
cercare dalle cerve
per tutto il castello:
un castello alto, imprendibile,
e lui sulla rocca di giorno
a guardare giù la campagna.
Id: 537 Data: 02/07/2010 08:53:05
*
Ecco ancora una finestra
Ecco ancora una finestra,
dove ancora non dormono.
Forse - bevono vino,
forse - siedono così.
O semplicemente - le due
mani non staccano.
In ogni casa, amico,
c'è una finestra così.
Non candele o lampade hanno acceso il buio:
ma gli occhi insonni!
Grido di distacchi e d'incontri:
tu, finestra nella notte!
Forse, centinaia di candele,
forse, tre candele...
Non c'è, non c'è per la mia
mente quiete.
Anche nella mia casa
è entrata una cosa come questa.
Prega, amico, per la casa insonne,
per la finestra con la luce.
Id: 536 Data: 02/07/2010 07:58:42
*
E bruciare ogni odio
Ma devo anche maledire
se no è impossibile
liberarmi
devo anche disperare
se no è impossibile
raggiungere la sua speranza
morire e risorgere
e bruciare ogni odio
nel suo rogo d'amore
mia preghiera
tempo di fuoco
l'attimo dove l'antico
si fa cenere.
Id: 535 Data: 30/06/2010 14:35:57
*
Ultima
In fondo al cuore,
unica preghiera,
un'eco di passi
come di gatta:
l'orecchio suo trangugia suoni
il piede si leva alla corsa
lo sguardo
riluce dovunque
dal suo volto scampo non v'è,
bella, un fiore
ma irta d'armi, e in fondo
non ha nulla a che fare con noi.
Id: 531 Data: 28/06/2010 09:20:32
*
Passing by
Non consolazioni
voglio
ma furori incandescenti
inferni vivibili
né cristallino
rigido distacco
ma insensata scelta
rischio dinamico
guaio
E il trascorrere
ubriaca i nervi
una condanna per ognuno
ti racconto.
Non consolazioni
voglio
ma prendermi a cuore
la discesa.
Id: 530 Data: 27/06/2010 07:16:33
*
Il treno con i vagoni tutti rosa
Passano i treni, passano le stazioni
e l'amore non passa, senza ragioni.
Sarà gioia o tormento
sarà incanto o lamento?
ti ho sognato stanotte, Nanina,
ma era una ferita. Non mi volevi più...
Chissà... Dopo quasi una vita.
Che strano, che vigliacca
ma al dolore seguiva un acuto piacere,
il lirico piacere, il non corrisposto amore,
l'uomo che ama ma non è riamato,
come ama la vita e ne viene trombato.
Ma il sogno è spesso angoscia,
gratuita angoscia mentitora
e tu non te ne vai, lo so, signora
devota e morbida, alquanto delicata,
inflessibile e unghiata
come ti ho sognata. Quello che conta
è il treno che abbiamo preso,
allora, un treno con un vagone rosa
dal quale con tremore, con ansia sotterranea
noi scenderemo insieme al capolinea
Id: 529 Data: 25/06/2010 22:22:14
*
Non sto pensando a niente
Non sto pensando a niente,
e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente,
mi è gradita come l'aria notturna,
fresca in confronto all'estate calda del giorno.
Che bello, non sto pensando a niente!
Non pensare a niente
è avere l'anima propria e intera.
Non pensare a niente
è vivere intimamente
il flusso e riflusso della vita...
Non sto pensando a niente.
E' come se mi fossi appoggiato male.
Un dolore nella schiena o sul fianco,
un sapore amaro nella bocca della mia anima:
perché, in fin dei conti,
non sto pensando a niente,
ma proprio a niente,
a niente...
Id: 517 Data: 23/06/2010 06:41:01
*
Dolori
Oggi mi sono sentita triste,
ho sofferto tre tipi di paura
accresciuti da un fatto irreversibile:
non sono più giovane.
Ho discusso di politica, di femminismo,
dell'opportunità della riforma penale,
ma alla fine dei discorsi
toglievo dalla tasca il mio pezzetto di specchio
e mi si riempivano gli occhi di lacrime:
non sono più giovane.
Le scienze non mi hanno soccorso,
né ho per definitivo conforto
il rispetto dei giovani.
Ho aperto il Libro Sacro
in cerca di perdono per la mia carne superba
e lì era scritto:
"Fu per fede che anche Sara, nonostante l'età avanzata,
è stata capace di avere una discendenza..."
Se qualcuno mi fissasse, ho insistito ancora,
in un quadro, in una poesia...
e fossero oggetto di bellezza i miei muscoli flosci...
Ma non voglio. Esigo il destino comune delle donne sulle tinozze,
di quelle che mai vedranno i loro nomi stampati e tuttavia
sorreggono i pilastri del mondo, perché anche se vedove degne
non rifiutano il matrimonio, anzi trovano il sesso gradevole,
condizione per la normale gioia di legare un nastro sui capelli
e pulire la casa al mattino.
Una tale speranza imploro a Dio.
Id: 509 Data: 21/06/2010 15:30:29
*
Vengano infine
Vengano infine le alte allegrie,
le ardenti aurore, le notti calme,
venga la pace agognata, le armonie,
e il riscatto del frutto, e il fiore delle anime.
Che vengano, amor mio, perché questi giorni
son di stanchezza mortale,
di rabbia e agonia
e nulla.
Id: 508 Data: 18/06/2010 23:15:22
*
Traccio un solco
Traccio un solco per terra, in riva al mare:
e la marea subito lo spiana.
Così è la poesia. La stessa sorte
tocca alla sabbia e tocca alla poesia
al via vai della marea, al vien-vieni della morte.
Id: 506 Data: 18/06/2010 15:17:40
*
Come cieco, con ansia...
Come cieco, con ansia, contro
il temporale e la grandine, una
dopo l'altra chiudevo
sette finestre.
Importava che non sapessi quali.
Solo all'alba, tremando,
con l'orrenda minuzia di chi si sveglia o muore,
capisco che ho strisciato
dentro il solito buio,
via san Gregorio primo piano.
Al di qua dei miei figli,
di poter dare o prendere parola.
Id: 500 Data: 12/06/2010 14:31:46
*
Tutti i libri del mondo
Tutti i libri del mondo
non ti danno la felicità,
però in segreto
ti rinviano a te stesso.
Lì c'è tutto ciò di cui hai bisogno,
sole stelle luna.
Perché la luce che cercavi
vive dentro di te.
La saggezza che hai cercato
a lungo in biblioteca
ora brilla in ogni foglio,
perché adesso è tua.
Id: 499 Data: 11/06/2010 22:10:49
*
Cè una solitudine di spazio
C'è una solitudine di spazio
C'è una solitudine di mare
C'è una solitudine di morte,
Ma saranno una folla
In confronto a quel luogo più profondo
Segretezza polare
Un'anima presente a sé medesima -
Finita infinità
Id: 497 Data: 10/06/2010 15:06:07
*
Morgana
Non so immaginare come la tua giovinezza
si sia prolungata
di tanto tempo (e quale!).
Mi avevano accusato
di abbandonare il branco
quasi ch'io mi sentissi
illustre, ex gregis o che diavolo altro.
Invece avevo detto soltanto revenons
à nos moutons (non pecore però)
ma la torma pensò
che la sventura di appartenere a un multiplo
fosse indizio di un'anima distorta
e di un cuore senza pietà.
Ahimè figlia adorata, vera mia
Regina della Notte, mia Cordelia,
mia Brunilde, mia rondine alle prime luci,
mia baby-sitter se il cervello vàgoli,
mia spada e scudo,
ahimè come si perdono le piste
tracciate al nostro passo
dai Mani che ci vegliarono, i più efferati
che mai fossero a guardia di due umani.
Hanno detto hanno scritto che ci mancò la fede.
Forse ne abbiamo avuto un surrogato.
La fede è un'altra. Così fu detto ma
non è detto che il detto sia sicuro.
Forse sarebbe bastata quella della Catastrofe,
ma non per te che uscivi per ritornarvi
dal grembo degli Dei
Id: 495 Data: 07/06/2010 13:52:36
*
A mio padre in sogno
Sorridi un poco e te ne vai pensoso.
E ad un tratto con lacrime mi chiedo
quanto tempo è che al petto non ti stringo
non afferro da amico quelle braccia.
La memoria ha insensibili naufragi.
Scolora come il cielo di settembre
sotto il vento si popola di nubi.
Te ne vai. Quante cose all’improvviso
mi ritrovo da dirti… E resto muto.
Ma perché nell’istante che mi volto
non sei più là? Ci sono tante cose
da dirsi… Ed io ti chiamo ancora, e credo
che non può certo, questo, essere un sogno.
Id: 494 Data: 07/06/2010 06:25:28
*
Incontro
Esitammo un istante
e dopo poco riconoscemmo
di avere la stessa malattia.
Non vi è definizione
per questa mirabile tortura,
c'è chi la chiama spleen
e chi malinconia.
Ma se accettiamo il gioco
ai margini troviamo
un segno intelleggibile
che può dar senso al tutto.
Id: 492 Data: 06/06/2010 20:18:54
*
Rinascita
Da anni più nessuno si è occupato del giardino
Eppure
quest’anno – maggio, giugno – è rifiorito da solo,
è divampato tutto fino all’inferriata, – mille rose,
mille garofani, mille gerani, mille piselli odorosi –
viola, arancione, verde, rosso e giallo,
colori – colori-ali; – tanto che la donna uscì
di nuovo
a dare l’acqua col suo vecchio annaffiatoio –
di nuovo bella,
serena, con una convinzione indefinibile.
E il giardino
la nascose fino alle spalle, l’abbracciò,
la conquistò tutta;
la sollevò tra le sue braccia. E allora, a mezzogiorno
in punto, vedemmo
il giardino e la donna con l’annaffiatoio
ascendere al cielo –
e mentre guardavamo in alto, alcune gocce
dell’annaffiatoio
ci caddero dolcemente sulle guance, sul mento,
sulle labbra.
Id: 491 Data: 05/06/2010 14:25:50
*
Il pirla
prima di chiudere gli occhi mi hai detto pirla
una parola gergale
non traducibile
Da allora
me la porto addosso
come un marchio che resiste alla pomice
Ci sono anche altri pirla nel mondo
ma come riconoscerli ?
I pirla non sanno di esserlo
Se pure ne fossero informati
tenterebbero di scollarsi
con le unghie
quello stimma
Id: 489 Data: 05/06/2010 06:30:36
*
Lanima che hai messo in me
L 'anima che hai messo in me, Signore
è fumo
dell'eterno incendio di memorie d'amore.
Nasciamo e ci mettiamo ad ardere, finchè il fumo
dilegua come fumo.
Id: 486 Data: 04/06/2010 13:49:30
*
Caro piccolo insetto
caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché
stasera quasi al buio
mentre leggevo il deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me
ma non avevi occhiali
non potevi vedermi
né potevo io senza quel luccichio
riconoscere te nella foschia
Id: 485 Data: 02/06/2010 06:36:51
*
Avevamo studiato per laldilà
Avevamo studiato per l'aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blabla
dell'alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.
Id: 484 Data: 01/06/2010 19:25:04
*
Libri
Tutti i libri del mondo
non ti danno la felicità,
però in segreto
ti rinviano a te stesso.
Lì c'è tutto ciò di cui hai bisogno,
sole stelle luna.
Perché la luce che cercavi
vive dentro di te.
La saggezza che hai cercato
a lungo in biblioteca
ora brilla in ogni foglio,
perché adesso è tua.
Id: 483 Data: 01/06/2010 06:40:50
*
Cera una volta
Bosco Cappuccio
ha un declivio
di velluto verde
come una dolce
poltrona
Appisolarmi là
solo
in un caffè remoto
con una luce fievole
come questa
di questa luna.
Id: 481 Data: 31/05/2010 13:46:42
*
E non chiedere nulla
Ora invece la terra
si fa sempre più orrenda:
il tempo è malato
i fanciulli non giocano più
le ragazze non hanno
più occhi
che splendono a sera.
E anche gli amori
non si cantano più,
le speranze non hanno più voce,
i morti doppiamente morti
al freddo di queste liturgie:
ognuno torna alla sua casa
sempre più solo.
Tempo è di tornare poveri
per ritrovare il sapore del pane,
per reggere alla luce del sole
per varcare sereni la notte
e cantare la sete della cerva.
E la gente, l'umile gente
abbia ancora chi l'ascolta,
e trovino udienza le preghiere.
E non chiedere nulla.
Id: 478 Data: 30/05/2010 07:52:43
*
Saggezza
Io che ho deciso di amare l’umanità
invece degli uomini,
di amare le contraddizioni della vita,
le impossibilità.
Io che sono diventata una bella e attempata
filosofa, quando improvvisamente
il telefono suona, la sua voce
mi solletica il collo.
O mi prende in giro, mi chiama
ochetta
e il mio cuore sbanda.
Quello che amiamo di un’altra persona
è la vita che ha dentro;
per questo non dobbiamo mai
cercare di possederlo.
Id: 476 Data: 29/05/2010 12:54:18
*
Alchimia
Appartenere alla propria esperienza. E trasformarla.
Trasformare merda in oro. Stivali militari
in piedi nudi con vesciche.
Rendere forte
il vulnerabile, dare allo sconfitto
la più grande
e unica forma di potere:
il perdono
Id: 475 Data: 28/05/2010 08:56:40
*
A questo punto
A questo punto smetti
dice l'ombra.
T'ho accompagnato in guerra e in pace e anche
nell'intermedio,
sono stata per te l'esaltazione e il tedio,
t'ho insufflato virtù che non possiedi,
vizi che non avevi. Se ora mi stacco
da te non avrai pena, sarai lieve
più delle foglie, mobile come il vento.
Devo alzare la maschera, io sono il tuo pensiero,
sono il tuo in-necessario, l'inutile tua scorza.
A questo punto smetti, strappati dal mio fiato
e cammina nel cielo come un razzo.
C'è ancora qualche lume all'orizzonte
e chi lo vede non è un pazzo, è solo
un uomo e tu intendevi di non esserlo
per amore di un'ombra. T'ho ingannato
ma ora ti dico a questo punto smetti.
Il tuo peggio e il tuo meglio non t'appartengono
e per quello che avrai puoi fare a meno
di un'ombra. A questo punto
guarda con i tuoi occhi e anche senz'occhi.
Id: 474 Data: 25/05/2010 06:34:34
*
in te dormiva (da Erotopaegnia)
in te dormiva come un fibroma asciutto, come una magra tenia, un sogno;
ora pesta la ghiaia, ora scuote la propria ombra; ora stride,
deglutisce, orina, avendo da sempre atteso il gusto
della camomilla, la temperatura della lepre, il rumore della grandine,
la forma del tetto, il colore della paglia:
senza rimedio il tempo
si è rivolto verso i suoi giorni, la terra offre immagini confuse;
saprà riconoscere la capra, il contadino, il cannone?
non queste forbici veramente sperava, non questa pera,
quando tremava in quel tuo sacco di membrane opache.
Id: 473 Data: 22/05/2010 14:44:41
*
Leaves of grass
Io penso che una foglia d'erba non sia affatto
da meno della quotidiana fatica delle stelle,
E la formica è altrettanto perfetta, al pari di un
granello di sabbia o dell'uovo di uno scricciolo,
E la piccola rana è un'opera d'arte simile alle
più famose,
E il rovo rampicante potrebbe ornare gli spazi eterei,
E la giuntura più piccola della mia mano
la più perfetta macchina può deridere,
E la mucca che rumina a capo chino supera
qualsiasi monumento,
E un topo è un miracolo tanto grande
da convincere sestilioni di scettici.
Id: 470 Data: 17/05/2010 13:59:08
*
Disegni nella notte
Sul tamburo teso del cielo
lo scalpiccío tempo non si ferma.
Una luna bianchissima tramonta.
E i nostri corpi
restano il confine che di continuo cambia
tra le cose andate
e quelle che vengono.
Id: 468 Data: 14/05/2010 08:51:50
*
Corno inglese
Il vento che stasera suona attento
- ricorda un forte scotere di lame -
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l'orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D'alti Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.
Id: 466 Data: 11/05/2010 16:10:23
*
La bellezza del mondo*
Dio è sulle cime degli alberi -
solo come le particelle di vento -
appartiene metà alla terra
metà al cielo.
Un solo Dio - solo
fino all'urlo della croce -
a tal punto silenzioso
che ci sentiamo soli
fino all'abbandono.
Si sappia però che il suo esserci
è certo
nella terra e nel cielo
negli spiriti infiammati d'amore.
Un Dio bello che si chiama Amore -
e la sua bellezza
è la bellezza del mondo.
* tratta dal volume "Scienza aleatoria" (edizioni Lietocolle)
Id: 465 Data: 09/05/2010 10:53:10
*
Sentimento del tempo
E per la luce giusta,
Cadendo solo un'ombra viola
Sopra il giogo meno alto,
La lontananza aperta alla misura,
Ogni mio palpito, come usa il cuore,
Ma ora l'ascolto,
T'affretta, tempo, a pormi sulle labbra
Le tue labbra ultime.
Id: 464 Data: 08/05/2010 09:35:37
*
Vita
La vita scorre attraverso il mio tempo,
e io, un volto non rasato,
dove le rughe sono profonde, analizzo
le tracce.
Pensieri come bestiame,
avanzano sulla strada per bere,
estati perdute ritornano, ad una ad una,
profonda come il cielo viene la malinconia,
per la pianta di carice che fu,
e le nuvole che allora rotolavano più bianche,
eppure so che tutto è uguale,
che tutto è come allora e irraggiungibile;
perché sono al mondo,
e perché mi prende la malinconia?
E gli stessi lillà profumano come allora.
Credimi: c’è un’immutabile felicità.
Id: 463 Data: 06/05/2010 21:35:32
*
Il vento bizantino
Il vento bizantino ti accarezza,
pietra dura, bianca, come la tua pelle avorio,
il mare, acqua utero, gravido di pensieri, antichi e nuovi.
"A penny for your thoughts"...they say in London...
La tua bellezza condanna la mia assenza
e mi scopro, distante e malinconico, ad invidiare tutto,
acqua, terra, fuoco, aria, carne, sangue,
tutto ciò che ti sfiora, ti circonda, ti avvolge.
Id: 462 Data: 03/05/2010 14:34:16
*
Non è che l’ombra del silenzio
Non è che l’ombra del silenzio
questa parola che irrompe
e sgorga necessaria come tutto il bene
che in questo momento è compiuto
nel basso della terra
e si misura ad altezza d’uomo.
Id: 461 Data: 03/05/2010 06:37:48
*
Voci
Voci ideali e amate
di quanti sono morti, di quanti
sono per noi perduti come i morti.
A volte ci parlano nei sogni,
A volte le ode la mente tra i pensieri
Col loro suono riemergono un istante
Suoni della poesia prima della vita
- come di notte una musica
che in lontananza muore
Id: 457 Data: 30/04/2010 15:07:07
*
Inquieto sentire
costa fatica la poesia
fatica d’essere
fatica d’esistere ogni giorno
rannicchiati alla vita
sospinti dall’inquieto sentire
illuminati da una luce
che altri non vedono
eppure c’è
si mostra
si manifesta
questo filo di parole
questo tessuto di volti
questo tappeto di cose
Id: 456 Data: 29/04/2010 11:55:22
*
Vuoto
E tu credi ancora
alla forza inesausta dei tuoi anni
non più giovani
ma ancora indenni
succhi i giorni avidamente
convinto
(chi è quel demiurgo
che da qualche parte ha scritto
“... va' il mondo t'appartiene”)
se mai ci fu un'epoca
che non è nostra
è questa, amico
credimi
non vedi come boccheggiano
le anime
appena stacchi
il vortice delle immagini
Id: 455 Data: 27/04/2010 21:52:00
*
Oltre la foresta
Fratello ateo, nobilmente pensoso
alla ricerca di un Dio che io non so darti,
attraversiamo insieme il deserto.
Di deserto in deserto andiamo
oltre la foresta delle fedi
liberi e nudi verso
il nudo Essere
e là
dove la Parola muore
abbia fine il nostro cammino.
Id: 454 Data: 25/04/2010 10:44:28
*
Non navighiamo sullo stesso mare
Non navighiamo sullo stesso mare,
eppure sembra così.
Grossi tronchi e ferro in coperta,
sabbia e cemento nella stiva
io resto nel profondo, con lentezza avanzo,
a fatica nella tempesta,
urlo nella nebbia.
Tu veleggi in una barca di carta,
e il sogno sospinge l'azzurra vela,
così dolce è il vento, così delicata l'onda.
Id: 453 Data: 23/04/2010 15:39:27
*
Cè un paio di scarpette rosse
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco".
C'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l' eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C'è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Id: 452 Data: 22/04/2010 06:40:35
*
Firenze
Città snella magra e luminosa
che fai calare nel marmo la rosa
che ogni uomo porta prigioniera
città dell'anima calma e numerosa
su ogni portico atrio scala stanza
città di vicinanza e lontananza
quale segreta fonte silenziosa
sei tu per me così diversa e rara
così lontana e nel viso chiara?
E dire che in te scopro l'anima mia
nera come l'Africa nel suo mistero
che ogni notte porta e dove spero
l'anima mia nuda espropriata
negli ambulanti cupi di saudade
che ti contemplano neri di paura
dov'è la piazza l'urlo di popolo
che ha forgiato il sogno del poeta
la lingua aspra e dolce del profeta?
Firenze guarda lucida tranquilla
offre solo se stessa nel silenzio
a noi rifare il suo rinascimento.
Id: 445 Data: 19/04/2010 06:44:31
*
Noi donne
Noi donne, noi siamo così vicine alla terra bruna.
Chiediamo al cùculo che cosa aspetta dalla primavera,
gettiamo le braccia intorno al pino spoglio,
cerchiamo nel tramonto segno e consiglio.
Amai un uomo una volta, non credeva a niente...
Venne un giorno freddo con sguardo vuoto,
se ne andò un giorno triste con oblio sulla fronte.
Se il mio bambino non vive è suo...
Id: 444 Data: 17/04/2010 06:56:15
*
L’anima in attesa
Sono sola tra gli alberi al lago,
vivo in amicizia con i vecchi abeti a riva
e in segreta intesa con tutti i giovani sorbi.
Sola, sto distesa ad aspettare,
non ho visto passare nessuno.
Grandi fiori mi guardano dall’alto di
lunghi steli,
pungenti rampicanti mi strisciano sul grembo,
ho un solo nome per tutto, ed è amore.
Id: 443 Data: 15/04/2010 22:51:55
*
Preferisco venire dal silenzio
Preferisco venire dal silenzio
per parlare. Preparare la parola
con cura, perché arrivi alla sua sponda
scivolando sommessa come una barca,
mentre la scia del pensiero
ne disegna la curva.
La scrittura è una morte serena:
il mondo diventato luminoso si allarga
e brucia per sempre un suo angolo.
*****************************
Dieci poesie scritte in un mese
non è molto anche se questa
sarebbe l'undicesima.
Neanche i temi poi sono diversi
anzi c'è un solo tema
e ha per tema il tema, come adesso.
Questo per dire quanto
resta di qua della pagina
e bussa e non può entrare,
e non deve. La scrittura
non è specchio, piuttosto
il vetro zigrinato delle docce,
dove il corpo si sgretola
e solo la sua ombra traspare
incerta ma reale.
E non si riconosce chi si lava
ma soltanto il suo gesto.
Perciò che importa
vedere dietro la filigrana,
se io sono il falsario
e solo la filigrana è il mio lavoro.
Id: 442 Data: 14/04/2010 21:26:37
*
Quello che resta
Dove uno vive, lí ama.
Qualsiasi cosa uno viva, l'ama.
Dopo, si perdono i tratti
svaniscono i volti a uno a uno,
resta soltanto e non invecchia
la lingua che li ha descritti.
Id: 440 Data: 09/04/2010 15:11:21
*
Grazie
Grazie
"a Muzaffar... martire di questo tempo"
Grazie al dolore
che rende i nostri cuori più delicati e forti.
Grazie al piombo
che c'insegna il valore del canto
e ci ricorda l'appuntamento fuggente e il bacio dimenticato.
Grazie alle prigioni
che fan tornare alla mente l'azzurro del cielo e il tocco delle erbe vaghe.
E grazie al mondo...
sui suoi aspetti più neri scriviamo questi incliti poemi.
Grazie a Nerone, a Caligola, a Hiroshima,
alla cella sbarrata e alla croce uncinata,
alle bare, alle epidemie, ai cancri del sangue;
essi ci ricordano la vita che fu... e gli imminenti oblii.
Grazie agli incubi - dice l'uomo timoroso -
essi aprono le strade chiuse e guidano al tempo pacifico.
E grazie alla notte
che i volti dei tiranni rende più laidi e neri.
Ai pugnali schifosi e alle zanne ben fisse.
E grazie al pianto...
E grazie ai nazisti e ai tribunali dell'inquisizione... e a Ponzio Pilato.
E grazie al mio cuore...
che continua ad amarvi.
1977
Dal diwàn Ayyuhà al-zamàn al-dàyyiq... ayyatuhà al-ard al-wàsi'a (O tempo angusto... o terra vasta), Damasco 1978, la versione italiana del poema si trova in Nazìh Abu Afash, Libertà ..., p. 37.
Id: 439 Data: 06/04/2010 13:24:48
*
E pure il tuo figlio
E pure il tuo figlio
il divino tuo figlio, il figlio
che ti incarna, l'amato
unico figlio uguale
a nessuno, anche lui
ha gridato,
alto sul mondo:
"Perché...!".
Era l'urlo degli oceani
l'urlo dell'animale ferito
l'urlo del ventre squarciato
della partoriente
urlo della stessa morte:" Perché"".
E tu non puoi rispondere
non puoi...
Condizionata onnipotenza sei!
Pretendere altro è vano.
Id: 435 Data: 03/04/2010 22:23:03
*
voci al telefono
Voci al telefono, lucciole
di fiato indistinguibile
appese all’orlo del mondo
in controluce, intensamente
vive di una loro
primitiva sequenza,
voci che mi attraversano e
dolorose dicono di esistere,
voci notturne
senza riposo agli occhi,
ferite dalla loro dolcezza,
piene di astinenza e un poco vinte
nel pallore della confessione,
con amore nelle mani
programmate per fuggire via.
Voci che in gocce
mostrano
la tenerezza del morire
per la vita che se ne va
dietro la vita
cercando un’altra pelle
finalmente indivisa.
Id: 432 Data: 01/04/2010 09:18:08
*
ansia dei nomi
Vivere un’ansia di nomi non posati,
sentirsi clandestini dove il cuore
converge
in cerca di un riscatto,
tenere dentro la paura di chiamare
un nome
sapendo che nessuno risponde.
Id: 429 Data: 31/03/2010 20:16:01
*
Caso
Pacata mente sgrano gli occhi dei minuti
e riconosco il Caso: nientetutto:
potresti scomparire sei comparsa
tantopiena, cosìfrutto.
potresti scomparire sei comparsa
Id: 428 Data: 31/03/2010 11:41:03
*
Terra Santa
Ho conosciuto Gerico,
ho avuto anch'io la mia Palestina,
le mura del manicomio
erano le mura di Gerico
e una pozza di acqua infettata
ci ha battezzati tutti.
Lì dentro eravamo ebrei
e i Farisei erano in alto
e c'era anche il Messia
confuso dentro la folla:
un pazzo che urlava al Cielo
tutto il suo amore in Dio.
Noi tutti, branco di asceti
eravamo come gli uccelli
e ogni tanto una rete
oscura ci imprigionava
ma andavamo verso la messe,
la messe di nostro Signore
e Cristo il Salvatore.
Fummo lavati e sepolti,
odoravamo di incenso.
E dopo, quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno.
Ma un giorno da dentro l'avello
anch'io mi sono ridestata
e anch'io come Gesù
ho avuto la mia resurrezione,
ma non sono salita ai cieli
sono discesa all'inferno
da dove riguardo stupita
le mura di Gerico antica.
Id: 426 Data: 27/03/2010 20:10:22
*
Nel cerchio di un pensiero
Nel cerchio di un pensiero
a volte mi riposo sognando
e lí sta il tuo peccato
perché mi entri nel corpo
e il corpo si appassiona
gridando di un’estasi che non è sua
altri giovani amanti diciamo
che sono presenti
nei tuoi baci nelle mie disattenzioni
infatti su di me hanno camminato
le ombre dei morti
di coloro che sono inceneriti
Id: 425 Data: 26/03/2010 06:36:40
*
Vivere una sola vita
Vivere una sola vita,
in una sola città,
in un solo paese,
in un solo universo,
vivere in un solo mondo
è prigione.
Conoscere una sola lingua
un solo lavoro
un solo costume
una sola civiltà
conoscere una sola logica
è prigione.
Id: 424 Data: 23/03/2010 21:45:12
*
Vanno: mani, piedi, volti
Vanno: mani, piedi, volti
- sterminata moltitudine di attese,
di speranze, di uguali
per fame, per morte,
l'uno l'altro cercando
che rassicuri, impedisca,
tutti compiendo destini
variamente intricati,
mai cessando dietro le arterie,
fin dentro il riso o il grido,
la paura di essere cacciati
da un recinto indifeso.
Id: 423 Data: 23/03/2010 21:11:44
*
Ulivi
L'altra città sospesa sul diluvio
è selva nell'asfalto
è Palestina
piange terra dagli occhi
asciutti
come ulivi d'agosto
Id: 422 Data: 21/03/2010 07:22:53
*
Uno per uno
Uno per uno è uguale a uno
ne consegue che in due sei comunque
da solo
che ne consegue che in due sei una sola cosa
con l'altro
che ne consegue che l'altro è solo come te
Id: 421 Data: 19/03/2010 15:38:37
*
Escuto / Ascolto
ESCUTO
Escuto mas não sei
Se o que oiço é silêncio
Ou deus
Escuto sem saber se estou ouvindo
O ressoar das planícies do vazio
Ou a consciência atenta
Que nos confins do universo
Me decifra e fita
Apenas sei que caminho como quem
É olhado amado e conhecido
E por isso em cada gesto ponho
Solenidade e risco.
ASCOLTO
Ascolto ma non so
Se ciò che sento è silenzio
O dio
Ascolto senza sapere se sto sentendo
Il risuonare delle pianure del vuoto
O la coscienza attenta
Che nei confini dell'universo
Mi decifra e fissa
So appena che cammino come chi
È guardato amato e conosciuto
E per questo in ogni gesto metto
Solennità e rischio.
Id: 420 Data: 18/03/2010 22:45:03
*
Il vento è un aspro vento di quaresima
Il vento è un aspro vento di quaresima,
geme dentro le crepe, sotto gli usci,
sibila nelle stanze invase, e fugge;
fuori lacera a brano a brano i nastri
delle stelle filanti, se qualcuna
impigliata nei fili fiotta e vibra,
l'incalza, la rapisce nella briga.
Io sono qui, persona in una stanza,
uomo nel fondo di una casa, ascolto
lo stridere che fa la fiamma, il cuore
che accelera i suoi moti, siedo, attendo.
Tu dove sei? sparita anche la traccia...
Se guardo qui la furia e se più oltre
l'erba, la povertà grigia dei monti.
Id: 418 Data: 16/03/2010 20:54:58
*
Quei bambini che giocano
un giorno perdoneranno
se presto ci togliamo di mezzo.
Perdoneranno. Un giorno.
Ma la distorsione del tempo
il corso della vita deviato su false piste
l'emorragia dei giorni
dal varco del corrotto intendimento:
questo no, non lo perdoneranno.
Non si perdona a una donna un amore bugiardo,
l'ameno paesaggio d'acque e foglie
che si squarcia svelando
radici putrefatte, melma nera.
"D'amore non esistono peccati,
s'infuriava un poeta ai tardi anni,
esistono soltanto peccati contro l'amore".
E questi no, non li perdoneranno.
Id: 417 Data: 12/03/2010 15:41:38
*
Anni dopo
La splendida la delirante pioggia s'è quietata,
con le rade ultime stille ci bacia.
Ritornati all'aperto
Accanto m'è amore e amicizia.
E quello, che fino a poco fa quasi implorava,
dall'abbuiato portico brusìo
romba alle spalle ora, rompe dal mio passato:
volti non mutati saranno, risaputi,
di vecchia aria in essi oggi rappresa.
Anche i nostri, fra quelli, di una volta?
Dunque ti prego non voltarti amore
e tu resta e difendici amicizia.
Id: 416 Data: 12/03/2010 09:01:38
*
Montagne
Viene l'aprile a dirti: c'è la neve
tra i ruscelli gonfi di fiele
sotto l'arco delle ciglia
ti nascondi per non dirmi
che hai avuto freddo
scalando le montagne
Id: 415 Data: 10/03/2010 21:31:59
*
Felix qui potuit rerum cognoscere causas
Beato chi potè
conoscere
la causa
delle cose
e gettò il pane
e si mangiò le rose.
Id: 412 Data: 08/03/2010 18:23:33
*
E seguirebbe senza me
Morirò e lui seguira' a cantare
bene
dico
Carlitos
e Jorge continuera' a fare l'amore
come se dovesse morire
e continuerà senza di me
questo mondo putrido ?
Tanti alberi piantati
cose che dissi
e versi scritti nella mattinata
e saranno sparsi come rifiuti
come resti di un'anima
di qualcuno che stette qui
e ormai no
non piu'
Il triste il peggio e' stato vivere
come se questo importasse
vivere come un povero adolescente
che inciampò e cadde e non seppe
e pianse e si lamentò
e tutto il resto
e credette che importava
Id: 409 Data: 04/03/2010 21:19:09
*
Pandora
Infila la tua mano
per il mio collo stretto
fino alla pancia tonda
trovi di tutto:
pagine, penne, perle,
acqua, posate e versi,
camicie da stirare ed una fionda,
un portatile in funzione,
il bambino che non vuoi,
buon senso a profusione.
Poi trovi madri, amiche, nonne e zie,
padri, estranei e conoscenti
crudeli, distratti, ingannatori,
molestatori e assenti.
E già il tuo braccio
è tutto dentro me,
ma poi avvicini il viso per vedere
arcobaleni accesi
tre soli incandescenti
galassie in espansione
ed i tuoi sogni appesi
alle mie stelle cadenti.
E in me sei già affondato fino al busto
senza vedere il fondo
così ti rendi conto, preoccupato,
che io ti contengo tutto, e resta posto,
tu che pensavi giusto di riempirmi
con un mazzo di fiori a buon mercato.
Id: 407 Data: 26/02/2010 14:56:24
*
La primavera passa in fretta
"La primavera passa in fretta,
e ancor più in fretta fugge l’estate,
l’autunno indugia a lungo
e l’inverno ancora più a lungo.
Il tuo viso, le tue guance
appassiranno
per non poi rifiorire”.
Il giovane a ciò rispose:
“Eppure nei giorni d’autunno
portiamo i dolci ricordi della primavera,
e in inverno
consumiamo il raccolto dell’estate.
Passi pure la primavera,
appassiscano pure le mie guance!
Ora pensiamo solo ad amare
ora pensiamo solo a baciarci.”
(traduzione a cura di Piero Pollesello)
(Questa breve poesia, compresa nella raccolta "Dikter" del 1833, è stata musicata nel 1891 da Jean Sibelius in forma di Lieder, op.13 n.4. )
Id: 406 Data: 25/02/2010 15:38:12
*
Sul fiume a primaveraa
Il fiume di sera
è immobile e liscio;
i colori di maggio
si aprono insieme;
un'onda improvvisa
si porta via la luna;
e l'acqua di marea
arriva col suo carico di stelle.
Id: 405 Data: 23/02/2010 19:34:16
*
Sete di te mincalza
Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.
Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.
Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.
Id: 404 Data: 22/02/2010 14:14:50
*
Lamico che dorme
Che diremo stanotte all'amico che dorme?
La parola più tenue ci sale alle labbra
dalla pena più atroce. Guarderemo l'amico,
le sue inutili labbra che non dicono nulla,
parleremo sommesso.
La notte avrà il volto
dell'antico dolore che riemerge ogni sera
impassibile e vivo. Il remoto silenzio
soffrirà come un'anima, muto, nel buio.
Parleremo alla notte che fiata sommessa.
Udiremo gli istanti stillare nel buio
al di là delle cose, nell'ansia dell'alba,
che verrà d'improvviso incidendo le cose
contro il morto silenzio. L'inutile luce
svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti
taceranno. E le cose parleranno sommesso.
Id: 402 Data: 20/02/2010 07:39:03
*
Prima di primavera
Prima di primavera c’è dei giorni
che alita già sotto la neve il prato
che sussurrano i rami disadorni,
e c’è un vento tenero e alato.
Il tuo corpo si muove senza pena,
la tua casa non ti pare più quella,
tu ricanti una vecchia cantilena
e ti sembra ancora tanto bella…
Id: 401 Data: 19/02/2010 16:42:01
*
Chi illumina
Quando mi guardi
I miei occhi sono chiavi,
Il muro ha segreti,
Il mio timore, parole, poesie.
Solo tu fai della mia memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.
Id: 400 Data: 19/02/2010 10:58:15
*
Lettera
Padre, il mondo ti ha vinto giorno per giorno
come vincerà me, che ti somiglio.
Padre, i tuoi gesti sono aria nell'aria,
come le mie parole vento nel vento.
Padre, ti hanno spogliato, tradito, umiliato
nessuno t'ha guardato per aiutarti.
Padre di magre risa, padre di cuore bruciato,
padre, il più triste dei miei fratelli, padre,
il tuo figlio ancora trema del tuo tremore,
come quel giorno d'infanzia di pioggia e paura
pallido tra le urla buie del rabbino contorto
perdevi di mano le zolle sulla cassa di tuo padre.
Ma quello che tu non dici devo dirlo io per te
al trono della luce che consuma i miei giorni.
Per questo è partito tuo figlio: e ora insieme ai compagni
cerca le strade bianche di Galilea
Id: 399 Data: 18/02/2010 12:37:58
*
Upupa, ilare uccello calunniato
Upupa, ilare uccello calunniato
dai poeti, che roti la tua cresta
sopra l'aereo stollo del pollaio
e come un finto gallo giri al vento;
nunzio primaverile, upupa, come
per te il tempo s'arresta,
non muore più il Febbraio,
come tutto di fuori si protende
al muover del tuo capo,
aligero folletto, e tu lo ignori.
Id: 396 Data: 14/02/2010 08:24:23
*
Gemma
Che ti mormora il sangue negli orecchi e alle tempie
quando è là di febbraio che nel bosco
ancora rinsecchito corre voce
d'una vita che ricomincia e oscura
geme negli animali insonni, s'agita
nel mare ed oltre il mare nei paesi
ricchi e strani ove a tempo il fachiro
nella bara di vetro tra vipere si sveglia?
Nei mesi alterni, nella primavera scontrosa
un vento cupo chiama alla fatica
per la notte piovigginosa i semi
e le radici esauste e le ceppaie. È il tempo
che soffia nelle ceneri, ravviva
le faville sopite, dalle antiche
ferite spiccia sangue. Tutt'intorno
gli alberi consueti mettono fiori strani.
Rivedo le mie donne, i miei cari,
tra l'uno e l'altro il tempo, il vento, l'uggia.
Id: 395 Data: 14/02/2010 08:01:49
*
Da lontano
Qualche volta, piano piano, quando la notte
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie
di silenzio,
e non c’è più posto per le parole,
e a poco a poco si raddensa una dolcezza
intorno
come una perla intorno al singolo grano
di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo
un nome amato
per comporre la sua figura; allora
la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato
un pane caldo, spezzato.
Id: 394 Data: 12/02/2010 06:34:56
*
Le piu belle poesie
Le piu' belle poesie
si scrivono sopra le pietre,
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le piu' belle poesie
si scrivono davanti
a un altare vuoto,
accerchiati da agenti
della divina follia.
Cosi', pazzo criminale qual sei,
tu detti versi all'umanita',
i versi della riscossa.
Id: 393 Data: 10/02/2010 21:54:22
*
La signora dellultima volta
L'ultima volta che la vide non sapeva che era
l'ultima volta che la vedeva.
Perchè?
Perchè queste cose non si sanno mai.
Allora non fu gentile quell'ultima volta?
Sì, ma non a sufficienza per l'eternità.
Id: 392 Data: 09/02/2010 06:51:21
*
Chiusi nel sogno
Nati dal corpo
di natura, distaccati
e alzati in volo, ma
ricaduti in ansia
e per paura.
Eppure amando
per se stessa,
sì, la vita.
Disamorati
delle cose umane
per l’esperienza
ma poco a poco
assuefatti a rimirarle,
quelle, da lontano
e, nel distacco,
vedendole più belle.
Disposti a sopportare
disagi e strazi
misfatti ed infortuni.
Chiusi nel sogno
intatto di uscirne,
chissà come, immuni.
Id: 391 Data: 07/02/2010 09:42:10
*
Rinvii
Rinviamo continuamente l’istante
in cui non ci incontreremo in nessun luogo.
Nel frattempo ridiamo molte volte
di tante cose della nostra vita,
e a volte piangiamo soli, di nascosto,
per ciò che non ritornerà mai più.
Id: 389 Data: 04/02/2010 21:42:44
*
Agonia
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato
Id: 388 Data: 04/02/2010 19:56:36
*
Dopo Auschwitz
Dopo Auschwitz non c’è teologia:
dai camini del Vaticano si leva fumo bianco,
segno che i cardinali hanno eletto il papa.
Dalle fornaci di Auschwitz si leva fumo nero,
segno che gli dei non hanno ancora deciso di eleggere
il popolo eletto.
Dopo Auschwitz non c’è teologia:
le cifre sugli avambracci dei prigionieri dello sterminio
sono i numeri telefonici di Dio
da cui non c’è risposta
e ora, a uno a uno, non sono più collegati.
Dopo Auschwitz c’è una nuova teologia:
gli ebrei morti nella Shoah
somigliano adesso al loro Dio
che non ha immagine corporea né corpo.
Essi non hanno immagine corporea né corpo.
Id: 384 Data: 31/01/2010 13:42:51
*
La parola scura
Abbiamo guardato la parola scura
oltre le persiane del dolore
e imparato la lingua del mare
per scuotere ogni paura.
Nello stretto cielo
sopravvive il tuo nome
consacrato al giorno
che t’accolse paziente.
Quale peso avrà l’anima
è domanda dubbiosa,
ora che il ricordo fa rumore.
C’è una partenza nuova
a farci sentire vivi,
mi delizia il fischio a festa
per non perdere il tuo arrivo.
Id: 383 Data: 31/01/2010 08:18:40
*
Da quale parte stare
Non c’è ragione ch’io sappia
del ragno e della mosca
del loro silenzio d’amore.
Neppure il pungiglione dell’ape
sospetterebbe della debole foglia
e del su e giù di formiche zitelle
temprate dal sole e dalla fatica.
Non è penitenza la strada in salita,
da quale parte stare non si sceglie
e per il dolore c’è ancora chi muore.
Id: 382 Data: 31/01/2010 08:17:30
*
Ora rivoglio bianche
Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere,
inaudito il mio nome, la mia grazia richiusa;
ch’io mi distenda sul quadrante dei giorni,
riconduca la vita a mezzanotte.
E la mia valle rosata dagli uliveti
e la città intricata dei miei amori
siano richiuse come breve palmo,
il mio palmo segnato da tutte le mie morti.
O Medio Oriente disteso dalla sua voce,
voglio destarmi sulla via di Damasco -
né mai lo sguardo aver levato a un cielo
altro dal suo, da tanta gioia in croce.
Id: 380 Data: 29/01/2010 22:39:17
*
Il maestro d’arco
Tu, Assente che bisogna amare…
termine che ci sfuggi e che ci insegui
come ombra d’uccello sul sentiero:
io non ti voglio più cercare.
Vibrerò senza quasi mirare la mia freccia,
se la corda del cuore non sia tesa:
il maestro d’arco zen così m’insegna
che da tremila anni Ti vede.
Id: 379 Data: 29/01/2010 22:37:33
*
La notte/ La noche
So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.
Forse le parole sono l’unica cosa che esiste
nell’enorme vuoto dei secoli
che ci graffiano l’anima con i loro ricordi.
Ma la notte deve conoscere la miseria
che beve dal nostro sangue e dalle nostre idee.
Deve scaraventare odio sui nostri sguardi
sapendoli pieni di interessi, di non incontri.
Ma accade che ascolto la notte piangere nelle mie ossa.
La sua lacrima immensa delira
e grida che qualcosa se n’è andato per sempre.
Un giorno torneremo ad essere.
La noche
Poco sé de la noche
pero la noche parece saber de mí,
y mas aún, me asiste como si me quisiera,
me cubre la conciencia con sus estrellas.
Tal vez la noche sea la vida y el sol la muerte.
Tal vez la noche es nada
y las conjeturas sobre ella nada
y los seres que la viven nada.
Tal vez las palabras sean lo único que existe
en el enorme vacío de los siglos
que nos arañan el alma con sus recuerdos.
Pero la noche ha de conocer la miseria
que bebe de nuestra sangre y de nuestras ideas.
Ella ha de arrojar odio a nuestras miradas
sabiéndolas llenas de intereses, de desencuentros.
Pero sucede que oigo a la noche llorar en mis huesos.
Su lágrima immensa delira
y grita que algo se fue para siempre.
Alguna vez volveremos a ser.
Id: 378 Data: 28/01/2010 21:07:48
*
Ho cessato di essere colui che speravo
Ho cessato di essere colui che speravo,
cioè, ho cessato di essere chi non sono mai stato…
Tra onda e onda l’onda non si scava,
e tutto, in essere congiunto, dura e scorre.
La freccia trema, poiché, nell’ampia faretra,
il presente crea e include il futuro.
Se i mari ergono la loro furia selvaggia,
è perché la futura pace la loro orma cancella.
Tutto dipende da quel che non esiste.
Perciò il mio essere muto si converte
nella stessa somiglianza, austero e triste.
Nulla mi spiega. Nulla mi appartiene.
E su tutto la luna estranea versa
la luce che tutto dissipa e nulla vince.
Id: 376 Data: 28/01/2010 12:46:37
*
Linsonnia di una notte destate
Mi sono messo a giacere
sotto le stelle,
una di quelle
notti che fanno dell'insonnia tetra
un religioso piacere.
Il mio guanciale è una pietra.
Siede, a due passi, un cane.
Siede immobile e guarda
sempre un punto, lontano.
Sembra quasi che pensi,
che sia degno di un rito,
che nel suo corpo passino i silenzi
dell'infinito.
Di sotto un cielo così turchino,
di una notte così stellata,
Giacobbe sognò la scalata
d'angeli di tra il cielo e il suo guanciale,
ch'era una pietra.
In stelle innumerevoli il fanciullo
contava la progenie sua a venire;
in quel paese ove fuggì l'ire
del più forte Esaù,
un impero incrollabile nel fiore
della ricchezza per i figli suoi;
e l'incubo del sogno era il Signore
che lottava con lui.
Id: 375 Data: 28/01/2010 12:43:42
*
Distacco
Ho davanti la via isoscele
della sera.
Già ieri, innamorato,
supplicava: “Non dimenticarmi”.
E adesso solamente i venti
e i gridi dei pastori
e i cedri agitati
sopra fresche fontane.
Id: 374 Data: 24/01/2010 11:27:11
*
Bellezza
Troppe parole
servono
per chi non vuole capire
per chi chiude gli occhi
abbagliato e confuso
la bellezza è un privilegio
concesso ai coraggiosi.
Id: 373 Data: 23/01/2010 21:22:06
*
Unarte
L’arte di perdere non è una disciplina dura
tante cose sembrano volersi perdere
che la loro perdita non è una sciagura.
Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta la tortura
delle chiavi di casa perse, delle ore spese male.
L’arte di perdere non è una disciplina dura.
Esercitati a perdere di più, senza paura:
luoghi, e nomi, e destinazioni di viaggio.
Nessuna di queste perdite sarà mai una sciagura.
Ho perso l’orologio di mia madre. Era
mia ed è svanita – ops! – l’ultima di tre case amate.
L’arte di perdere non è una disciplina dura.
Ho perso due vasti regni, due città amate,
due fiumi, un continente. Mi mancano,
ma non è mica un disastro averle perdute.
Nemmeno perdere te (la figura, la voce allegra
il gesto che amo) mi smentirà. È chiaro, ormai:
l’arte di perdere non è una disciplina dura,
benché possa sembrare (scrivilo!) una sciagura.
(trad. Marilena Renda)
Id: 372 Data: 22/01/2010 08:41:36
*
Dopo la tristezza
Questo pane ha il sapore d'un ricordo,
mangiato in questa povera osteria,
dov'è più abbandonato e ingombro il porto.
E della birra mi godo l'amaro,
seduto del ritorno a mezza via,
in faccia ai monti annuvolati e al faro.
L'anima mia che una sua pena ha vinta,
con occhi nuovi nell'antica sera
guarda un pilota con la moglie incinta;
e un bastimento, di che il vecchio legno
luccica al sole, e con la ciminiera
lunga quanto i due alberi, è un disegno
fanciullesco, che ho fatto or son vent'anni.
E chi mi avrebbe detto la mia vita
così bella, con tanti dolci affanni,
e tanta beatitudine romita!
Id: 371 Data: 17/01/2010 18:36:30
*
La casa dei doganieri
Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t'attende dalla sera
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s'addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell'oscurità.
Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
Id: 369 Data: 16/01/2010 06:49:09
*
Neve
Scende la sera: ancora ci lasciate
o immagini care della terra, alberi,
animali, povera gente chiusa
dentro i mantelli dei soldati, madri
dal ventre inaridito dalle lacrime.
E la neve ci illumina dai prati
come la luna. Oh, questi morti. Battete
sulla fronte, battete fino al cuore.
Che urli almeno qualcuno nel silenzio,
in questo cerchio bianco di sepolti.
Id: 367 Data: 12/01/2010 17:40:59
*
Almeno da pubblicano (frammento)
I
Non chiedo che tu mi guarisca:
offesa sarebbe la domanda
che esaudire non puoi:
chiedo che tu mi salvi
che non mi lasci per sempre
soggiacere a questa
quotidiana morte:
chiedo che il Nulla non vinca
e io non abbia più
a incenerirmi di desideri
e viva infelice anche là
come ora, qui,
solo e lontano.
Id: 366 Data: 11/01/2010 15:50:48
*
Il non permettere
Il non permettere che qualcuno si guasti,
anche se stessi,
il riempire di gioia tutti, anche se stessi
questo è bene.
Id: 364 Data: 08/01/2010 16:53:47
*
Haiku
Si può sentire persino
la neve frantumarsi -
com'è buio!
yuki ore mo
kikoete kuraki
yo naru kana.
Id: 362 Data: 06/01/2010 14:51:10
*
MammEmilia
In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.
In te sono passato da cellula a scheletro
un milione di volte mi sono ingrandito,
fuori di te l’accrescimento è stato immensamente meno.
Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota perché il vuoto
l’ho portato con me.
Sono venuto nudo, mi hai coperto
così ho imparato nudità e pudore
il latte e la sua assenza.
Mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra
quella l’insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.
Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe
non ti ho fatto bussare a una prigione
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l’ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato figlio.
Da te ho preso gli occhi chiari
Non il loro peso
A te ho nascosto tutto.
Ho promesso di bruciare il tuo corpo
di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
fratello vulcano che ci orientava il sonno.
Ti spargerò nell’aria dopo l’acquazzone
all’ora dell’arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.
Id: 358 Data: 02/01/2010 09:24:08
*
Ogni tanto noi uomini siamo proprio tranquilli
Ogni tanto noi uomini siamo proprio tranquilli
stiamo seduti davanti alla tivù una lunga sera di sabato
compriamo pane e salsicce al giardino zoologico
ci diciamo l'un l'altro delle cose che in fondo son del nulla assoluto
compriamo una sedia ordinaria e la piazziamo in soggiorno
smettiamo di fumare
ricominciamo di nuovo
ci spogliamo e ci mettiamo a letto
ci portiamo la colazione davanti alla finestra aperta
leggiamo ogni reclam che ci capita in casa
e ci scordiamo del tutto
gli assortimenti fortuiti di stragi che giorno e notte ci vengono serviti
e andiamo canticchiando dal macellaio
e poi in latteria
e ci compriamo una musicale pagnotta
sì
ogni tanto noi uomini siamo proprio tranquilli.
Id: 357 Data: 30/12/2009 20:29:35
*
Når du ikke elsker Quando non si ama
Når du ikke elsker
Holder du kjærligheten i hendene
Som et spedbarn som ikke tier
Før du lytter
Quando non si ama
si tiene l’amore tra le mani
come un neonato che non tace
finché non lo ascolti.
Id: 356 Data: 29/12/2009 21:48:05
*
Donna dacqua
L’acqua non è scivolata verso di noi
ardendo con la violenza della sete.
Perché l’acqua segue le mie tracce
dimentica dei suoi canali
e delle pianure alluvionali?
Perché non poggio il mio viso
sull’orlo dell’acqua
per sapere
come ha potuto nasconderci il suo colore,
come le abbiamo fatto perdere l’odore?
Perché non divento il segreto dell’acqua?
Perché non divento femmina per il suo maschio,
e lo aspetto nella caraffa
fino al sopraggiungere dell’estate?
Id: 355 Data: 29/12/2009 16:16:17
*
Il presepe
Natale. Guardo il presepe scolpito
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure in legno ed ecco i vecchi
del villaggio e la stalla che risplende
e l'asinello di colore azzurro.
Id: 354 Data: 29/12/2009 08:34:09
*
Ultimo atto della sua onnipotenza
Oh, quanti cercate, siate sereni
Egli per noi non verrà mai meno
e Lui stesso varcherà l'abisso.
Id: 352 Data: 26/12/2009 11:23:50
*
E noi li abbiamo lasciati
E noi li abbiamo lasciati quei luoghi gentili
Con passo pesante, verso il nuovo calvario,
Di qui osserviamo, come chi allo specchio
Veda il proprio volto,
L'umanità suicida.
Capiamo quali spettri orribili
La mano rossa dell'uomo
Sappia fare sorgere.
Id: 351 Data: 24/12/2009 08:43:52
*
Essere testimoni
Esseri testimoni di se stessi
sempre in propria compagnia
mai lasciati soli in leggerezza
doversi ascoltare sempre
in ogni avvenimento fisico chimico
mentale, è questa la grande prova
l'espiazione, è questo il male.
Id: 349 Data: 23/12/2009 07:44:30
*
Ah smetti sedia
Ah smetti sedia di esser cosi sedia!
E voi, libri, non siate così libri!
Come le metti stanno, le giacche abbandonate.
Troppa materia, troppa identità.
Tutti padroni della propria forma.
Sono. Sono quel che sono, solitari.
E io li vedo a uno a uno separati
e ferma anch'io faccio da piazzetta
a questi oggetti fermi, soli, raggelati.
Ci vuole molta ariosa tenerezza,
una fretta pietosa che muova e che confonda
queste forme padrone sempre uguali, perché
non è vero che si torna, non si ritorna
al ventre, si parte solamente,
si diventa singolari.
Id: 348 Data: 20/12/2009 09:02:46
*
Passing by
Non consolazioni
voglio
ma furori incandescenti
inferni vivibili
né cristallino
rigido distacco
ma insensata scelta
rischio dinamico
guaio
E il trascorrere
ubriaca i nervi
una condanna per ognuno
ti racconto.
Non consolazioni
voglio
ma prendermi a cuore
la discesa.
Id: 347 Data: 18/12/2009 16:41:41
*
Ti fermava la ronda
Ti fermava la ronda nel cuore della notte
e tu chiedevi: "Avete visto il mio Amore?"
Dovevi superare le guardie,
andare oltre,
se volevi trovare il tuo Amore.
Id: 346 Data: 17/12/2009 11:06:06
*
Nozze eterne
Fu molto lunga la Separazione,
Ma venne l'ora dell'incontro:
Davanti al Trono di Dio giudicante,
Per la seconda e per l'ultima volta
Questi Incorporei Amanti s'incontrarono
Un Cielo nello Sguardo
Cielo dei Cieli a ognuno il Privilegio
Di contemplar gli Occhi dell'altro.
Spazio di Vita non era fissato
Per loro, erano adorni come i nuovi
Bimbi non ancora nati, ma avevano esperienza
Ed ora rinascevano all'Eterno.
Vi furono mai Nozze come queste?
Un Paradiso li ospitava
E Cherubini e Serafini furono
I rispettosi Invitati.
Id: 343 Data: 04/12/2009 14:35:15
*
I ricordi
I ricordi, un inutile infinito,
ma soli e uniti contro il mare, intatto
in mezzo a rantoli infiniti..
Il mare,
voce d’una grandezza libera,
ma innocenza nemica nei ricordi,
rapido a cancellare le orme dolci
d’un pensiero fedele…
Il mare, le sue blandizie accidiose
quanto feroci e quanto, quanto attese,
e alla loro agonia,
presente sempre, rinnovata sempre,
nel vigile pensiero l’agonia…
I ricordi,
il riversarsi vano
di sabbia che si muove
senza pesare sulla sabbia,
echi brevi protratti,
senza voce echi degli addii
a minuti che parvero felici…
Id: 342 Data: 03/12/2009 21:05:33
*
Valore
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finche' dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e' risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varra' piu' niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'e' il nord, qual e' il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Id: 341 Data: 30/11/2009 21:42:01
*
I poeti
Non meravigliatevi. I poeti sono tutti
un solo invisibile, indistruttibile popolo.
Parlano e sono muti. Trascorrono ère
e cantano ancora in un'antica lingua morta.
Nascono e spariscono civiltà,
ma sempre vanno lungo la strada del cuore.
Parlano di partenze, di ritorni.
Sono uguali per quel che non dicono.
Tacciono come rugiada, semenza, desiderio,
come acque scorrenti sull'argilla,
poi con il canto sottile dell'usignolo
nel bosco divengono agile sorgente sonora.
Id: 340 Data: 24/11/2009 21:05:08
*
Il mio lascito
L’uomo d’affari, il grande accumulatore,
dopo anni di assiduo lavoro controlla i risultati, preparandosi
per l’ultimo viaggio,
affida case e terreni ai suoi figli, lascia beni, merci, fondi,
per una scuola o un ospedale,
lascia denaro ad alcuni camerati per comprare doni, ricordi
quali gemme e oro.
Ma io, al contrario, ripensando alla mia vita, facendone il consuntivo,
non avendo nulla da mostrare e lasciare dopo questi anni oziosi,
né case, né terre, né lasciti di gemme o d’oro per i miei amici,
null’altro, se non alcuni ricordi di guerra per voi, e in vostro onore,
e pochi ricordi di accampamenti e di soldati, con il mio amore,
io riunisco e lascio in questo fascio di canti.
Id: 339 Data: 24/11/2009 20:25:50
*
da Per altre misure
Sono quel che fanno.
Un rametto di basilico in un vaso d'argilla,
tocca piantarlo, innaffiarlo.
Il mondo non è un'idea se il nostro corpo
ha fame e s'ammala, se respiriamo
l'aria che andiamo impestando.
Chi crede ancora all'anima vagante
in un regno etereo ? Come se lei,
l'anima, non la portasse ognuno
nelle proprie carni, nella mente
che dubita e decide,
nei piedi che s'arrestano o procedono
Id: 338 Data: 22/11/2009 19:49:58
*
Due ballate non pagate
Io come voi sono stata sorpresa
mentre rubavo la vita,
buttata fuori dal mio desiderio d’amore.
Io come voi non sono stata ascoltata
e ho visto le sbarre del silenzio
crescermi intorno e strapparmi i capelli.
Io come voi ho pianto,
ho riso e ho sperato.
Io come voi mi sono sentita togliere
i vestiti di dosso
e quando mi hanno dato in mano
la mia vergogna
ho mangiato vergogna ogni giorno.
Io come voi ho soccorso il nemico
ho avuto fede nei miei poveri panni
e ho domandato cosa sia il Signore,
poi dall’idea della sua esistenza
ho tratto forza per sentire il martirio
volarmi intorno come colomba viva.
Io come voi ho consumato l’amore da sola
lontana persino dal Cristo risorto.
Ma io come voi sono tornata alla scienza
del dolore dell’uomo, che è la scienza mia.
Liberatemi il cuore
da questa assurda stagione d'amore
piena di segreti ricordi.
La sua bellezza come un sandalo d'oro
mi ha colpito la fronte
in cima ai miei pensieri.
La sua bellezza, unica al mondo possibile,
e il suo giovane cuore
buttato tra le siepi delle mie povere cose
mi hanno donato la speranza del fiore.
Lui stesso è un fiore, madre,
un fiore di giovinezza,
il fiore del gaudio e del demonio,
il fiore della mia lenta stagione.
Lui stesso è zolla, madre,
ma le zolle vogliono essere fecondate
e io non ho semi.
Id: 337 Data: 12/11/2009 14:03:27
*
Quando gli innamorati si parlano
Quando gli innamorati si parlano
attraverso gli alberi
e attraverso mille strade infelici,
quando abbracciano l'edera
come se fosse un canto,
quando trovano la grazia
nelle spighe scomposte
e dagli alti rigogli,
quando gli amanti gemono
sono signori della terra
e sono vicini a Dio
come i santi più ebbri.
Quando gli innamorati parlano di morte
parlano di vita in eterno
in un colloquio di un fine esperanto
noto soltanto a Lui.
Il loro linguaggio è dissacratore,
ma chiama la grazia infinita
di un grande perdono.
Id: 336 Data: 09/11/2009 16:24:49
*
Pensiero, io non ho più parole
Pensiero, io non ho più parole.
Ma cosa sei tu in sostanza?
Qualcosa che lacrima a volte,
e a volte dà luce.
Pensiero, dove hai le radici?
Nella mia anima folle
o nel mio grembo distrutto?
Sei così ardito vorace,
consumi ogni distanza;
dimmi che io mi ritorca
come ha già fatto Orfeo
guardando la sua Euridice,
e così possa perderti
nell'antro della follia.
Id: 335 Data: 02/11/2009 16:43:27
*
Ascolta, il passo breve delle cose
Ascolta, il passo breve delle cose
- assai più breve delle tue finestre -
quel respiro che esce dal tuo sguardo
chiama un nome immediato: la tua donna.
E' fatta di ombra e ciclamini,
ti chiede il tuo mistero
e tu non lo sai dare.
Con le mani
sfiori profili di una lunga serie di segni
che si chiamano rime.
Sotto, credi,
c'è presenza vera di foglie;
un incredibile cammino
che diventa una meta di coraggio.
Id: 334 Data: 02/11/2009 09:51:02
*
La volpe e il sipario
La mia poesia è alacre come il fuoco
trascorre tre le mie dita come un rosario.
Non prego perché sono un poeta della sventura che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnananna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera del passato cordoglio che non vede la luce.
Id: 333 Data: 02/11/2009 09:38:34
*
La stella*
Quando la stella di carta colorata
prendeva vento e partiva,
il cielo spalancava gli occhi blu,
l'uccello che cantava si zittiva,
il sole per fare spazio si spostava.
Sembrava che essa, partendo,
avrebbe continuato a viaggiare
fin dove sono le stelle, quelle vere,
per giocare ogni notte col Signore.
Ma il filo di cotone la fermava
e la cosa infastidiva l'aquilone.
E una volta lo tirò e si ruppe.
Il vento allora,
che era una carezza,
la vide sola,
e diventò folata,
la stella cercò una mano amica,
ma l'aria si voltò,
intrecciò le dita;
il cielo chiuse gli occhi per lo spavento,
l'uccello mise la testa sotto l'ala,
il sole si accese contro il vento
che si portava, stracciato, rovinato,
un povero pezzetto di carta colorata
che non sapeva che la libertà
era in quel filo che la tratteneva.
* adattamento dal testo in siciliano tratto da:
http://papale-papale.it/articolo/2295/la-stella
Id: 331 Data: 31/10/2009 09:49:12
*
Madrigale
Chi la dicesse cometa non parlerebbe invano,
la chiarità visibile di rado in una vita
e nella mia, temo, per l'ultima volta.
Quella giunta da spazi sconosciuti
e colma d'ogni profumo di distanza,
la nomade per sempre dei neri deserti,
crine leggero in cui sogno di perdere il sonno.
Id: 330 Data: 30/10/2009 21:40:36
*
Mai si seppe / Incapaci sono gli amati
Mai si seppe della fuga di un Viaggiatore
Che alloggiò una notte nella memoria
Quell'astuta Locanda Sotterranea
Fa in modo Che Nessuno Possa uscirne
Incapaci sono gli amati di morire
Perchè l'amore e immortalità,
Anzi, è deità
Incapaci coloro che amano di morire
Perchè l'Amore Trasforma la Vitalità
In divinità.
Id: 329 Data: 30/10/2009 16:23:34
*
Adesso so che non possiedo nulla
Adesso so che non possiedo nulla,
neppure l’oro delle foglie fradicie,
né questi giorni che a gran colpi d’ala
vanno da ieri a domani, rimpatriano.
Lei fu con loro, pallida emigrante,
tenue beltà coi suoi segreti vani,
brumosa. E ora condotta certamente
via, tra i boschi piovosi. Come prima
eccomi in faccia a un irreale inverno,
ricanta il ciuffolotto, unica voce
che insiste, come l’edera. Ma il senso
chi lo puo dire? E la salute scema,
simile oltre la nebbia al fuoco breve
che un vento glaciale smorza... Ed è già tardi.
Id: 328 Data: 23/10/2009 16:11:11
*
Bevi nella taverna buia
Bevi nella taverna buia del lido il tuo vino,
in un angolo, ora che ritorneranno le prime piogge,
bevilo coi marinai, coi pescatori curvi che stanno davanti a te,
con gli uomini che hanno sofferto i tormenti del mare e della povertà.
Bevilo: così che l'anima tua possa diventare tanto incurante
da sorridere al Destino avverso se mai giunga
e se verranno nuovi dolori tu offra loro da bere
e anche se viene la Morte tranquillamente tu possa versarle il tuo vino.
Id: 326 Data: 19/10/2009 15:12:08
*
Tutte le donne felici
Tutte le donne felici hanno
Ritrovato il loro marito - egli torna dal sole
Tanto è il calore che porta.
Ride e piano saluta
Prima di dare un bacio alla sua meraviglia.
Id: 325 Data: 18/10/2009 21:55:11
*
Per molto tempo
Per molto tempo ho avuto un volto inutile
Ma ora
Ho un volto per essere amato
Un volto per essere felice.
Id: 324 Data: 15/10/2009 20:46:17
*
Paradiso
Distesa lamina d’oro
e nell’adagiarsi dorato
due corpi come gomitoli d’oro;
un corpo glorioso che
ascolta e un corpo
glorioso che parla nel
prato in cui nulla parla;
un respiro che va al respiro e
un volto che trema d’esso, in un prato in cui nulla trema.
Ricordarsi del triste tempo in
cui entrambi avevano
Tempo e da esso vivevano
afflitti,
nell’ora del chiodo d’oro
in cui il Tempo restò alla
soglia
come i cani vagabondi…
Id: 323 Data: 10/10/2009 06:56:37
*
Non ho sonno
Non ho sonno. Non so pregare.
Accolgo la solitudine di ogni singola onda.
Questa casa ha guscio di rapina
e tentazione lunare. Non ha scale
da scendere, sono nella terra friabile
la rena scardinata. Mi lascio dietro.
Le orecchie sono pietre, i vestiboli
le vere scale dove ci si affolla. Se qualcuno dicesse
che c’è un domani distinto
da questa impronta lo sentirei menzogna.
Le solitudini sfilano sul bagnasciuga.
Non ho sonno. Conto l’unicità delle conchiglie.
I talloni scavano sotto la colonna
potrei farmi pantano e sonda che pesca
la conchiglia che accoglie tutte le acque.
Id: 322 Data: 03/10/2009 19:15:19
*
Dallo stesso luogo
Come l’acqua del fiume si muove
contro corrente vicino alla riva
si disperde dentro fili d’erba
lontana dal suo centro
la memoria fa un cammino a ritroso
dove una materia incerta
torna con molti frammenti.
Id: 321 Data: 03/10/2009 19:13:14
*
La poesia
E fu a quell'età... Venne la poesia
a cercarmi. Non so, non so da dove
uscì, da quale inverno o fiume.
Non so come né quando,
no, non erano voci, non erano
parole, né silenzio,
ma da una strada mi chiamava,
dai rami della notte,
all'improvviso tra gli altri,
tra fuochi violenti
o mentre rincasavo solo,
ero lì senza volto
e mi toccava.
Io non sapevo che cosa dire, la mia bocca
non sapeva
chiamare per nome,
i miei occhi erano ciechi,
e qualcosa pulsava nella mia anima,
febbre o ali perdute,
e mi formai da solo,
decifrando
quella bruciatura,
e scrissi il primo verso vago,
vago, senza corpo, pura
sciocchezza,
pura saggezza
di colui che nulla sa,
e vidi all'improvviso
il cielo
sgranato
e aperto,
pianeti,
piantagioni palpitanti,
l'ombra trafitta,
crivellata
da frecce, fuoco e fiori,
la notte travolgente, l'universo.
E io, minimo essere,
ebbro del grande vuoto
costellato,
a somiglianza, a immagine
del mistero,
mi sentii parte pura
dell'abisso,
ruotai insieme alle stelle,
il mio cuore si distese nel vento.
Id: 320 Data: 03/10/2009 09:49:19
*
Due poesie senza titolo
Finita finita finita
non la vita ma il percorso
che portava fino a te
una barchetta di foglie
azzurra galleggia
dalla fontana al fiume
dal fiume al mare
dal mare al nulla
non hai saputo aspettare
la lettera mai scritta.
La tua rosa si è sfogliata
come per un vento leggero
non è rimasto lo stelo vuoto
ma il profumo
dell’uccello appena volato
via
non siamo rose
né uccelli
né il vento
ma l’attesa di soffiare
di volare
di sbocciare.
Id: 319 Data: 19/09/2009 08:32:32
*
Il mio viaggio
Il mio viaggio è senza mappa
senza percorso stabilito, tappa intermedia,
senza aspettativa, quindi senza tragedia.
Il punto dove sono
non esiste.
Non potrei mai essere triste,
non lascio nulla.
Io voglio sempre e solo oltre.
Io spero sempre ancora il dopo.
Id: 317 Data: 12/09/2009 09:30:12
*
Non sono nulla, non posso nulla
Non sono nulla, non posso nulla,
non perseguo nulla.
Illuso, porto il mio essere con me.
Non so di comprendere,
né so se devo essere,
niente essendo, ciò che sarò.
A parte ciò, che è niente, un vacuo vento
del sud, sotto il vasto azzurro cielo
mi desta, rabbrividendo nel verde.
Aver ragione, vincere, possedere l'amore
marcisce sul morto tronco dell'illusione.
Sognare è niente e non sapere è vano.
Dormi nell'ombra, incerto cuore.
Id: 316 Data: 10/09/2009 14:54:23
*
C’è nell’intimità degli uomini un confine
C’è nell’intimità degli uomini un confine
che né l’amore, né la passione possono osare:
le labbra si fondono nel terribile silenzio
e il cuore si spezza per amore.
Anche l’amicizia qui è impotente, e gli anni
pieni di felicità alta infiammata,
quando l’anima è libera e distratta
dal lento languore della voluttà.
Pazzo è colui che vi si appresta,
raggiungerlo è morire d’angoscia...
Ora puoi capire perché non batte
il mio cuore sotto la tua mano.
Id: 315 Data: 10/09/2009 14:48:49
*
Tu che guardi
tu che guardi
la purezza delle cose
la loro sicurezza
tu che guardi
alterata dall'ignoto
che fa da tuorlo al corpo
pure porgendo il profilo inviti a qualcosa
d'intensamente stabile e fluttuante
quindi con la voce battezzante
nomini dividi esponi l'ombra
sorella misteriosa
persona corporale più ricca di ogni cosa
Id: 313 Data: 05/09/2009 16:09:27
*
In memoria
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perchè non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
Locvizza, il 30 settembre 1916
Id: 312 Data: 05/09/2009 09:58:29
*
Ci siamo sempre amati
Ci siamo sempre amati come se fosse
per noi incontrarci impossibile.
Forse per questo tutto è stato tra noi vero.
Quando il sole sorge, la luna tramonta;
non possono stare insieme per un intero
niente vale di più che il quasi - mistero
del loro lento, necessario inseguirsi.
Id: 311 Data: 30/08/2009 08:53:52
*
Il mare
Lo scafo consunto e verdiccio
della vecchia feluca
riposa sul lido...
sembra la vela mozzata
che sogni ancora nel sole e nel mare.
Il mare ribolle e canta...
Il mare è un sogno sonoro
sotto il sole d'aprile.
Il mare ribolle e ride
con le onde turchine e spume di latte e argento,
il mare ribolle e ride
sotto il cielo turchino.
Il mare lattescente,
il mare rutilante,
che risa azzurre ride sulle sue cetre d'argento...
Ribolle e ride il mare!...
L'aria pare che dorma incantata
nella fulgida nebbia del sole bianchiccio.
Palpita il gabbiano nell'aria assopita, e al tardo
sonnolento volare, si spicca e si perde nella foschia del sole.
Id: 310 Data: 30/08/2009 08:31:46
*
Vacanze
Quest'assenza lunga al mio cuore
questa vacanza di tre mesi come lo scuro corridoio di tre semestri di prigione.
Avevo perduto la memoria dei colori
fino al tuo viso che invano ricomponevo con gli occhi pesti del mio spirito.
E il tuo silenzio lontano come un ricordo che si dimentica!
Restava l'odore dei tuoi capelli, così caldi di sole
- null'altro che la carezza del mio collo alto e snello sulla gota
restava lo splendore della tua testa!
Come dimenticare il fulgore del sole, e il ritmo del mondo - la notte e il giorno
e il folle tam-tam del mio cuore che rendeva insonni le lunghe notti
e i battiti del tuo cuore che lo accompagnavano in controtempo
e i canti alternati. Tu flauto lontano che risponde nella notte
dall'altra riva del Mare interiore che unisce le opposte terre
le sorelle complementari: l'una color della fiamma e l'altra, oscura, color del legno prezioso.
Il tuo viso!
E' lui, senza dubbio, non la tenebra della mia prigione non l'umidità della mia vita
che cancella odori e disegni, come il sole trionfante
all'ingresso dell'inverno
quando ancora non è caduta la prima goccia d'acqua
e i paesi sono bianchi e le sabbie senza limite.
Io so il paradiso perduto - non ho perduto il ricordo
del giardino d'infanzia dove fiorivano gli uccelli
so che verrà la messe dopo il faticoso inverno, e che tu tornerai, mia Amata.
Sarai fra le mie braccia come un covone pesante e bruno
come il sik trionfale che agita l'atleta vincitore, e si sente un dio.
Id: 309 Data: 27/08/2009 16:01:14
*
Io ero solamente ciò
Io ero solamente ciò
che tu toccavi, quello
su cui - notte fonda, corvina -
la fronte reclinavi tu.
Io ero solamente ciò
che tu là in basso distinguevi:
sembiante vago, prima, e poi
molto più tardi, tratti.
Sei tu ardente, che
sussurrando hai creato
La conchiglia dell'udito
a destra, a manca, là, qui.
Tu che nell'umida cavità,
tirando quella tenda,
hai messo voce, perché
potesse te chiamare.
Cieco ero, nulla più.
Tu, sorgendo, celandoti,
hai dato a me la facoltà
di vedere.
Si lasciano scie
così, e si creano così
mondi. Spesso, creati,
si lasciano ruotare così,
elargendo regali.
E, gettata così,
in caldo, in freddo, in ombra, in luce,
persa nell'universo,
ruota la sfera e va.
Id: 308 Data: 20/08/2009 12:16:16
*
Non è il tuo amore che domando
Non è il tuo amore che domando.
Si trova adesso in un luogo conveniente.
Stanne pur certo, lettere gelose
non scriverò alla tua fidanzata.
Però accetta dei saggi consigli:
dalle da leggere i miei versi,
dalle da custodire i miei ritratti,
sono così cortesi i fidanzati!
E conta più per queste scioccherelle
assaporare a fondo una vittoria
che luminose parole di amicizia,
e il ricordo dei primi, dolci giorni...
Ma allorché con la diletta amica
avrai vissuto spiccioli di gioia
e all'anima già sazia d'improvviso
tutto parrà un peso,
non accostarti alla mia notte trionfale.
Non ti conosco.
E in cosa potrei esserti d'aiuto?
Dalla felicità io non guarisco.
Id: 307 Data: 20/08/2009 12:05:54
*
Pioppi tremuli
Immaginatevi un giovanotto, solo, senza nessuno.
Appena qualche goccia di pioggia rigava i vetri
cominciava a scrivere.
Viveva in compagnia di topi.
Adoravo il suo coraggio.
Qualcun altro, qualche porta in giù,
suonava dischi di Segovia tutto il giorno.
Non lasciava mai la stanza e nessuno poteva fargliene una colpa.
La sera sentiva la macchina da scrivere dell'altro
ticchettare e se ne sentiva confortato.
Musica e letteratura.
Tutti a sognare di cavalieri spagnoli
e di cortili.
Processioni. Cerimonie
e splendori.
Pioppi tremuli.
Giorni di pioggia e inondazioni.
Foglie che alla fine sono state martellate a terra.
Nel mio cuore, questo pezzo di terra
illuminato dal temporale.
Id: 305 Data: 10/08/2009 09:50:34
*
Felicità
Talmente presto che fuori è ancora quasi buio.
Sto alla finestra con il caffè
E le solite cose della mattina presto
Che passano per pensieri.
A un tratto vedo il ragazzo e il suo amico
Venire su per la strada
Per consegnare il giornale.
Portano il berretto e il maglione
E uno la borsa a tracolla.
Sono così felici
Che non dicono niente, questi ragazzi.
Mi sa che se potessero, si prenderebbero sottobraccio.
Il mattino è appena sorto
E stanno facendo questa cosa insieme.
Avanzano lentamente.
Il mattino si fa più luminoso,
Anche se la luna pende ancora pallida sul mare.
Una tale bellezza che per un attimo
La morte e l’ambizione, perfino l’amore,
Non riescono a intaccarla.
Felicità. Arriva
Inaspettata. E va al di là, davvero,
Di qualsiasi chiacchiera mattutina sull’argomento.
Id: 301 Data: 30/07/2009 14:18:57
*
Paura
Paura di vedere la macchina della polizia fermarsi davanti casa.
Paura di addormentarsi la notte.
Paura di non addormentarsi.
Paura del ritorno del passato.
Paura del presente che fugge.
Paura del telefono che squilla nel cuore della notte.
Paura delle tempeste elettriche.
Paura della signoara delle pulizie con un neo sul viso!
Paura dei cani che mi hanno detto che non mordono.
Paura dell'ansia!
Paura di dover identificare il cadavere di un amico.
Paura di finire i soldi.
Paura di averne troppi, anche se a questo non ci crederanno mai.
Paura dei risultati dei test psicologici.
Paura di essere in ritardo e paura di arrivare prima degli altri.
Paura della calligrafia dei miei figli sulle buste.
Paura che muoiano prima di me e che mi sentirò in colpa.
Paura di dover vivere con mia madre anziana, anziano anch'io.
Paura della confusione.
Paura che questo giorno finisca su una brutta nota.
Paura di svegliarmi e scorpire che te ne sei andata.
Paura di non amare o di non amare abbastanza.
Paura che quel che amo risulterà letale per quelli che amo.
Paura della morte.
Paura di vivere troppo.
Paura della morte.
L'ho già detta.
Id: 300 Data: 30/07/2009 13:19:58
*
Canzonetta
Il cielo è limpido sino ad
essere sconosciuto
Tutto è intossicato dal sole
Io tossisco sotto questo, in questo
brusire di entificazioni
e sono distratto dalla violenza
di un freddo
che pure non fa nulla di male
Adocchio solitudini
già mie ora di se stesse
unicamente
Tutti i rimproveri pare si calmino
riverberando
Tutto è distrazione e
forse meno, un
poco meno del previsto, pena
Id: 299 Data: 29/07/2009 16:15:49
*
Nome
Prendi il tuo nome,
è come ti risposero
al primo strillo, il suono
in cui madre e padre ti avvolsero
appena fuori dal silenzio
a ai risvegli soffiavano
nelle tue orecchie curiose.
Sei tu nei pensieri
di chi non ti ricorda faccia e voce.
Prendi il tuo nome e scrivilo
come chi ha fame pone piano il pane
e spezzalo,
gustane il molle e il duro e
gridalo e sgridalo e frugalo e rimbalzalo
come palla sul muro, come
sull'acqua pietra piatta. Con il nome
fatti poesia, corpo che suoni.
Id: 298 Data: 28/07/2009 10:04:36
*
Per Tess
Giù nello Stretto le onde schiumano
come dicono qui. Il mare è mosso e meno male
che non sono uscito. Sono contento d'aver pescato
tutto il giorno a Morse Creek, trascinando avanti
e indietro un Daredevil rosso. Non ho preso niente.
Neanche un morso. Ma mi sta bene così. E' stato bello!
Avevo con me il temperino di tuo padre e sono stato seguito
per un po' da una cagnetta che i padroni chiamavano Dixie.
A volte mi sentivo così felice che dovevo smettere
di pescare. A un certo punto mi sono sdraiato sulla sponda
e ho chiuso gli occhi per ascoltare il rumore che faceva l'acqua
e il vento che fischiava sulla cima degli alberi, lo stesso vento
che soffia giù nello Stretto, eppure è diverso.
Per un po' mi son concesso il lusso di immaginare che ero morto
e mi stava bene anche quello, almeno per un paio
di minuti, finchè non me ne sono ben reso conto: Morto.
Mentre me ne stavo lì sdraiato ad occhi chiusi,
dopo essermi immaginato come sarebbe stato
se non avessi davvero potuto più rialzarmi, ho pensato a te.
Ho aperto gli occhi e mi sono alzato subito
e son ritornato a esser contento.
E' che te ne sono grato, capisci. E te lo volevo dire.
Id: 296 Data: 23/07/2009 16:43:24
*
Abbi Cura
Dalla finestra la vedo chinarsi sulle rose
reggendole vicino al fiore per non
pungersi le dita. Con l'altra mano taglia, si ferma e
poi taglia ancora, più sola al mondo
di quanto mi sia mai reso conto. Non alzerà
lo sguardo, non subito. È sola
con le rose e con qualcosa che riesco solo a pensare, ma non
a dire. So bene come si chiamano quei cespugli
regalatici per le nostre recenti nozze: Ama, Onora e Abbi Cura...
è quest'ultima rosa che lei all'improvviso mi porge, dopo
essere entrata in casa tra uno sguardo e l'altro. Affondo
il naso in essa, ne aspiro la dolcezza, la lascio indugiare-profumo
di promessa, di tesoro. Le reggo il polso per avvicinarla ancora,
i suoi occhi verdi come muschio di fiume. E poi la chiamo, contro
quel che avverrà: moglie, finché posso, finché il mio fiato, un petalo
affannato dietro l'altro, riesce ancora a raggiungerla.
Id: 295 Data: 22/07/2009 06:56:53
*
Una pacchia
Non c'è altra parola. Perché proprio quello è stata. Una pacchia.
Una pacchia, questi ultimi dieci anni.
Vivo, sobrio, ha lavorato, ha amato,
riamato, una brava donna. Undici anni fa
gli avevano detto che aveva solo sei mesi da vivere
se continuava così. E non poteva che
peggiorare. Così cambiò vita,
in qualche modo. Smise di bere! E per il resto?
Dopo, fu tutta una pacchia, ogni minuto,
fino a quando e anche quando gli dissero che,
beh, c'era qualcosa che non andava e qualcosa
che gli cresceva dentro la testa. "Non piangete per me",
disse ai suoi amici. "Sono un uomo fortunato.
Ho campato dieci anni di più di quanto io o chiunque altro
si aspettasse. Una vera pacchia. Non ve lo scordate".
Id: 294 Data: 22/07/2009 06:54:03
*
Almeno un poeta
Almeno un poeta ci sia
per ogni monastero:
qualcuno che canti
le follie di Dio.
La città non conosce più canti
le strade stridono di rumore:
e anche là dove ancora
pare sopravviva il silenzio
è solo muta assenza.
Ma in qualche parte
tu devi esserci, Signore.
Id: 289 Data: 06/07/2009 18:43:54
*
Ma senza nè tu nè io
Vivo io non vivo io
viviamo insieme
Tu ed io: certo
senza possibilità
di invertire:
se non insieme,
nè tu nè io
saremo.
Id: 288 Data: 05/07/2009 11:34:05
*
12 luglio 1980
Abbi pazienza, mia donna affaticata,
Abbi pazienza per le cose del mondo,
Per i tuoi compagni di viaggio, me compreso,
Dal momento che ti sono toccato in sorte.
Accetta, dopo tanti anni, pochi versi scorbutici
Per questo tuo compleanno rotondo.
Abbi pazienza, mia donna impaziente,
Tu macinata, macerata, scorticata,
Che tu stessa ti scortichi un poco ogni giorno
Perchè la carne nuda ti faccia più male.
Non è più tempo di vivere soli.
Accetta, per favore, questi 14 versi,
Sono il mio modo ispido di dirti cara,
E che non starei al mondo senza te.
Id: 286 Data: 27/06/2009 13:49:04
*
Io ti chiesi
Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste.
Id: 283 Data: 20/06/2009 10:48:32
*
Forma di probabilità
Dissemino le stelle intorno al mio corpo
comunicando con ogni fibra sensibile, con ogni cellula:
che cosa sono il nome, il verbo, la probabilità?
Nè il divieto mi annulla
nè l'imperativo mi plasma
nè il nome mi contiene.
Id: 282 Data: 19/06/2009 20:09:13
*
L’infinito
Lascia che cada il foglio
Dove sta scritto il nome
Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume
E' un riflesso sull'acqua
Una bolla di sapone
E alla fine del libro non c'è spiegazione
Ho viaggiato fino in fondo nella notte
E stava nevicando
E ho visto un grande albergo con le luci spente
E ho avuto un po' paura
Ma nemmeno tanto
La strada andava avanti
Ed io slittavo dolcemente
Lascia che cada il foglio
Dove sta scritto il nome
E metti un palio
Al mio dolore
E non guardare il tempo
Il tempo non ha senso
Domani sarà tempo
Di cose nuove
Ho viaggiato fino in fondo nella notte
Senza guardarci dentro
Senza sapere dove stavo andando
E alle mie spalle il giorno
Si stava consumando
Ed ho provato un poco di tristezza
Ma nemmeno tanto
Id: 278 Data: 05/06/2009 14:57:16
*
I poeti lavorano di notte
I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Id: 277 Data: 05/06/2009 08:50:14
*
Quel che brucia si spegne
Quel che brucia si spegne:
una sensazione che agita le ali
nel mio sacrario,
lo stomaco metafisico.
Quando il seducente richiamo sbiadisce
la mia mano si apre:
ricevo il dolore.
Qui,
dove sento la tua mancanza,
c’è una dolcezza in ascolto
come miele che bolle
da dentro sciogliendo
il mio canto,
il mio gesto,
il mio pretesto per essere.
Id: 274 Data: 30/05/2009 14:41:10
*
Il fiume
I nostri sogni nutrono
le radici della gravità.
Il fiume che hai scelto
affonda l’ambizione
nelle sue timide onde.
Fai di te qualcosa
di più facile da dimenticare.
Id: 273 Data: 30/05/2009 14:35:22
*
A uno sconosciuto
Sconosciuto che passi! Tu non sai con che desiderio ti guardo,
Devi essere colui che cercavo, o colei che cercavo (mi arriva come un
sogno),
Sicuramente ho vissuto con te in qualche luogo una vita di gioia,
Tutto ritorna, fluido, affettuoso, casto, maturo, mentre passiamo veloci uno
vicino all'altro,
Sei cresciuto con me, con me sei stato ragazzo o giovanetta,
Ho mangiato e dormito con te, il tuo corpo non è più solo tuo né ha lasciato
il mio corpo solo mio,
Mi dai il piacere dei tuoi occhi, del tuo viso, della tua carne, passando,
In cambio prendi la mia barba, il mio petto, le mie mani,
Non devo parlarti, devo pensare a te quando siedo in disparte o mi sveglio
di notte, tutto solo,
Devo aspettare, perché t'incontrerò di nuovo, non ho dubbi,
Devo vedere come non perderti più.
Id: 272 Data: 30/05/2009 12:28:13
*
Continuità
Niente è mai veramente perduto, o può essere perduto,
Nessuna nascita, forma, identità, nessun oggetto del mondo.
Nessuna vita, nessuna forza, nessuna cosa visibile;
L'apparenza non deve ostacolare, né l'ambito mutato confonderti il cervello.
Vasto è il Tempo e lo Spazio, vasti i campi della Natura.
Il corpo, lento, freddo, vecchio, cenere e brace dei fuochi di un tempo,
La luce velata degli occhi tornerà a splendere al momento giusto;
Il sole ora basso a occidente sorge costante per mattini e meriggi;
Alle zolle gelate sempre ritorna la legge invisibile della primavera,
Con l'erba e i fiori e i frutti estivi e il grano.
Id: 271 Data: 30/05/2009 12:06:00
*
Quando tutto è detto
Solo quando tutto è detto
restiamo in silenzio.
Perchè quello che lasciamo non detto
sfarina come calce
nei nostri tratti,
indurendo i nostri volti
dall'interno.
Id: 270 Data: 28/05/2009 16:46:48
*
da Credere allinvisibile
Amore della materia. Amore dei corpi.
Amore dell'eterno. E il movimento
introduce la vita, copre l'eterno.
Nei corpi affascina la materia,
non il movimento.
Oh la materia in movimento:
quale illusione di vita, di amore,
di libertà dall'eterno!
Oh la materia immobile, priva di vita,
eterna!
Oh l'amore del movimento, unica via
per amare l'eterno!
Due corpi che si abbracciano
solo a se stessi si affidano.
E il corpo, si sa,
ama chi lo accoglie.
Finché tutto questo reagire alla fine
è ombra.
Distoglie i sogni la bellezza
li assume in sé,
per questo turba più del corpo
che la porta.
Le labbra più delle parole
lanciano lontano i segnali,
la bellezza esplode
in silenzio.
Id: 269 Data: 23/05/2009 08:36:47
*
Canto d’amore per le parole
Perchè abbiamo paura delle parole
quando sono state mani dal palmo rosa,
delicate quando ci accarezzano gentilmente le gote,
e calici di vino rincuorante
sorseggiato, un'estate, da labbra assetate?
Perchè abbiamo paura delle parole
quando tra di loro vi sono parole simili a campane invisibili,
la cui eco preannuncia nelle nostre vite agitate
la venuta di un'epoca di alba incantata,
intrisa d'amore e di vita?
Ci siamo assuefatti al silenzio.
Ci siamo paralizzati, temendo che il segreto possa dividere le nostre labbra.
Abbiamo pensato che nelle parole giaceva un folletto invisibile,
rannicchiato, nascosto dalle lettere dalle orecchie del tempo.
Abbiamo incatenato le lettere assetate,
vietando loro di diffondere la notte per noi
come un cuscino, gocciolante di musica, sogni,
e caldi calici.
Perchè abbiamo paura delle parole?
Tra di loro ne esistono di incredibile dolcezza
le cui lettere hanno estratto il tepore della speranza da due labbra,
e altre che, esultando di gioia
si sono fatte strada tra la felicità momentanea di due occhi
inebriati.
Parole, poesia, teneramente
hanno accarezzato le nostre gote, suoni
che, assopiti nella loro eco, colorano una frusciante,
segreta passione, un desiderio segreto.
Perchè abbiamo paura delle parole?
Se una volta le loro spine ci hanno ferito,
hanno anche avvolto le loro braccia attorno al nostro collo
e diffuso il loro dolce profumo sui nostri desideri.
Se le loro lettere ci hanno trafitto
e il loro viso si è voltato stizzito
ci hanno anche lasciato un liuto in mano
e domani ci inonderanno di vita.
Su, versaci due calici di parole.
Domani ci costruiremo un nido di sogno di parole,
in alto, con l'edera che discende dalle sue lettere.
Nutriremo i suoi germogli con la poesia
e innaffieremo i suoi fiori con le parole.
Costruiremo un terrazzo per la timida rosa
con colonne fatte di parole,
e una stanza fresca inondata di ombra,
protetta da parole.
Abbiamo dedicato la nostra vita come una preghiera
chi pregheremo... se non le parole?
Id: 268 Data: 16/05/2009 15:53:53
*
I miei amici
I miei amici
non mi cercano, non m'invitano a pranzo,
non mi telefonano mai;
non mi mandano auguri per Natale
ma sono miei amici.
Non mi fanno regali,
non m'aiutano a vivere
con raccomandazioni o altre cose;
ma mi aiutano a vivere
perché sono miei amici.
Noi non c'incontriamo in piscina,
non combiniamo le vacanze insieme,
non facciamo progetti di lavoro.
Non ci portiamo scambievolmente le sigarette
né la busta del latte
quando l'altro è ammalato;
non ci raccontiamo i reumi e le tasse.
Non ci facciamo carezze d'amore
né di solidarietà
né di pietà.
Pure - bisogna dar credito
al prodigio; e la geometria
non è favola -
le nostre esistenze parallele
s'incontrano in un punto
all'infinito.
Id: 267 Data: 16/05/2009 08:35:00
*
Promessa
Tra la penombra di un albero e l'ombra del sole
una luna attende un cielo
e un passero improvvisa la sua traiettoria.
Id: 264 Data: 10/05/2009 14:35:19
*
Spacca la melagrana
Spacca la melagrana
e scarta la scorza che allappa
tinge di nero le dita
e smorza i bottoni delle papille
schiaccia e succhia la frescura rubina
i grani della vita
sono di grana fina
e se ne apprezza il sapore
con forte dentatura
rinegozia l'esistenza
e restituisci al corpo il suo sudore
il suo ardore
non lasciare
che a fare da mantice al fuoco
resti sola e senza fiato
poi che opprime il costato
corri all'arca del mare
a scovare la ricchezza del corpo desviato
e placare il rimorso della siccità
nell'onda che s'azzuffa e si bacia e t'inonda
schiumando di fierezza
Id: 263 Data: 09/05/2009 08:23:17
*
Le ore meridiane
Chi devo ringraziare
per questo cielo largo di luce che a mattina
sconfigge ogni scandalo privato
e m'incammina sopra un terreno
coltivato a pratiche divine.
Piantata come un albero in cortile
in me frutta l'idea di guarigione dalla condanna
e guardo il gatto
appisolato nell'abbaglio del sole,
gli occhi stretti lavorati a taglio.
Il gatto se ne sta in un futuro fermo
senza riempire l'attesa del sonno
e non conosce altro disegno
se non quello del cibo e dell'amore.
A chi devo levare lo sguardo
per queste vivide ore, che cosa farò dopo
quando l'ombra avrà scacciato il gatto
e io mi spianterò dal mio cortile?
Id: 262 Data: 01/05/2009 07:51:17
*
Che ho fatto io
Che ho fatto io per meritare
questa luminosa mezza luna
che ritaglia una per una mille
figure nella notte? L'ulivo,
una poltrona in vimini, la casetta
delle api, la spalliera delle rose?
Che ho fatto io per meritare
questo focolare, scenografia
guizzante di colore e di calore,
che accompagna la suite numero
due di Bach per solo cello? Che ho
fatto io per meritare tale materica
bellezza? Istante che trapunge:
mentre lo dico e` gia` finito - trapassato.
Giusto una momentanea brezza.
Id: 257 Data: 23/04/2009 22:21:18
*
Il velo dei volti
I volti sono l'interiorità nascosta,
i sensi,
la maschera del non detto.
I volti sono francobolli vidimati dal tempo
uno scandalo che denuda i pensieri e le intenzioni.
I volti sono ricordi che deridono il loro passato
i volti sono una pozione chimica nella quale circolano le domande
i volti sono lingue senza alfabeto
i volti sono lettere che restano sempre chiuse.
Id: 255 Data: 22/04/2009 10:41:20
*
A un uomo
Pensavo che tu potessi essere un cane fedele
un cavallo
arabo selvaggio
un precursore di un qualche dio
che non ha lo stesso sapore dei datteri secchi della tribù.
Per me
ho stracciato il contratto di eredità con il passato
sradicando gli alberi della mia tribù
abbracciado la libertà dei fuorilegge.
Ahimè, ho scoperto
che la tua spina dorsale
era solo una colonna di nebbia gelata
nello speccho orientale di Narciso
e tu: niente
più di un messaggero del Sultano
un altro ruffiano
che osanna le virtù dei frutti
della Mezzaluna Fertile.
Id: 253 Data: 21/04/2009 15:39:05
*
Scende la pioggia della vita
S'aggronda, ma non piovono
ancora, non sfibrano la notte
e l'alba, non cantano sugli embrici,
non gorgogliano in docce
e vasi, non si strozzano agli imbocchi
di fossi e cunicoli, non scendono
al seme, non conturbano
l'anno nel suo cuore,
restano
in aria, indecise, le lunghissime
diluvianti piogge e le acquate repentine
della fertilità,
le aspettano
erbe ancora grame
alberi, sempreverdi,
tronchi, rimasugli
stecchiti delle passate ramature.
Le aspettano - le aspettiamo,
morti, per la resurrezione.
Ogni anno, ogni ora, ogni momento.
Id: 251 Data: 19/04/2009 16:40:01
*
Tu
Quando apparisti tu si equilibrarono le gomme
in tutte le officine.
Ci fu un lampo di silenzio e poi un minuto di trambusto.
Dal letto dei fiumi si alzarono vassoi di frescura.
Le altre sentirono una mano sui fianchi
e vennero trascinate lontano.
Sulla terra piovvero rossetti, uncinetti
pagine gialle e rogiti,
tutti furono istruiti sul da farsi
e il da farsi era già fatto.
Un pirata nella taverna sul porto
fatturò l'abbandono della schiava storpia,
ma la schiava era già in fuga, coperta
da due gambe perfette e dal titolo di principessa.
Un sesterzio di Napoleone
e un marengo di Giulio Cesare
si fusero in luccichii da collezione.
Quando apparisti tu la Borsa toreò
nell'arena del lucro e non ci fu chi perse.
Lo scricciolo aveva pronti sei nidi,
la femmina scelse il più esatto.
I giudici rientrarono in aula
con sentenze caritatevoli
e le arance incartarono di arancione
i sentieri dell'anno.
Da quando non ci sei,
un vento tra le righe soffia fuoco.
Id: 240 Data: 04/04/2009 08:46:24
*
Nel presente
Ti aspetto in questo punto della terra
in un preciso istante della vita
sul filo estremo tra non più e né ancora
come il silenzio attende la parola
e voglio bene al tempo che non cola
indifferente e fissa nell'assenza
la vita di ogni foglia nel suo sempre,
sacralità ineterna del presente
che spera la risposta da una macchina
che prenda piano il viale e sulla ghiaia
lasci una traccia. Una portiera sbatte
non forte: tutto rimane. Amore.
La ruggine del sole nei tuoi occhi
sulle mie mani inutili finora.
Id: 235 Data: 28/03/2009 07:59:43
*
La notte bella
Quale canto s'è levato stanotte
che intesse
di cristallina eco del cuore
le stelle
Quale festa sorgiva
di cuore a nozze
Sono stato
uno stagno di buio
Ora mordo
come un bambino la mammella
lo spazio
Ora sono ubriaco
d'universo
Id: 232 Data: 23/03/2009 21:52:08
*
Anche tu sei collina
Anche tu sei collina
e sentiero di sassi
e gioco nei canneti,
e conosci la vigna
che di notte tace.
Tu non dici parole.
Ritroverai parole
oltre la vita breve
e notturna dei giochi,
oltre l'infanzia accesa.
Sarà dolce tacere.
Sei la terra e la vigna.
Un acceso silenzio
brucerà la campagna
come i falò la sera.
Id: 231 Data: 23/03/2009 20:51:37
*
Felicità
C'è un'ape
che si posa
su un bottone
di rosa:
lo succhia
e se ne va.
Tutto sommato,
la felicità
è una piccola cosa.
Id: 230 Data: 22/03/2009 14:22:45
*
L’amore non è cieco
Nel dorato bacile d'un gran canto
versiamo tutta la nostra passione;
si giacciano abbracciati gli altri amanti
nel riposo d'amore noi parliamo
con la lingua di tutto il mondo: il sangue
che s'agita, la lunga inerzia, i fremiti,
le calde palme supplici all’ospite che
fugge,
ed un’anima sola, indifesa, ma forte.
Il desiderio solo canta al liuto;
nell'aperto sospiro, fra le ortiche
s'acquieti il menestrello, ozioso e muto
anche lui – sia l'amore alto e lontano:
tradisce il ramo piú alto quel frutto
che ogni passante può trovare a terra.
Id: 228 Data: 21/03/2009 09:13:17
*
da Lisola celeste (Einaudi, 2000)
se hai trascurato Dio
non hai né figli né nipoti
e sei abbastanza intelligente
da riconoscere la spenta vanità
dei mediocrissimi successi
del tuo Io, il mezzo del cammino
di tua vita (e tanto più quanto
gli viene appresso) ti chiede
di mutare alla radice tesi
e obbiettivi in vista del tuo
prossimo, solipsistico congresso.
Cambia registro: ospita accogli ascolta.
A cominciare da quella lacrima
di pioggia che un ombrellaccio stento
sta abbandonando al suo destino
sopra a un marmoreo pavimento.
Id: 225 Data: 14/03/2009 10:59:06
*
La fiera dei miracoli
La fiera dei miracoli
Un miracolo comune:
l'accadere di molti miracoli comuni.
Un miracolo normale:
l'abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
e riesce a nascondere una grande pesante luna.
Più miracoli in uno:
un lontano riflesso sull'acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunge affatto il fondo
benché l'acqua sia poco profonda.
Un miracolo all'ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si levano in volo.
Un miracolo e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3.14
e tramonterà alle 20.01.
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l'inimmaginabile
è immaginabile.
Id: 224 Data: 14/03/2009 10:51:02
*
Due parole per dire?
Che ho sempre pensato che la poesia
potesse essere di tutti, universale e
non degli imitatori degli imitatori.
Che potesse essere come il Jazz,
un'improvvisazione che approdi là
dove non è mai ben chiaro.
Come le nostre vite,
pronte a essere spezzate
ora o dopo o quando.
Id: 223 Data: 07/03/2009 07:56:14
*
Il poeta
Ci sono al mondo i superflui, gli aggiunti,
non registrati nell'ambito della visuale.
(Che non figurano nei vostri manuali,
per cui una fossa da scarico è la casa).
Ci sono al mondo i vuoti, i presi a spintoni,
quelli che restano muti: letame,
chiodo per il vostro orlo di seta!
Ne ha ribrezzo il fango sotto le ruote!
Ci sono al mondo gli apparenti - invisibili,
(il segno: màcula da lebbrosario)!
ci sono al mondo i Giobbe, che Giobbe
invidierebbe se non fosse che:
noi siamo i poeti - e rimiamo con i paria,
ma, straripando dalle rive,
noi contestiamo Dio alle Dee
e la vergine agli Dei!
Id: 221 Data: 28/02/2009 08:16:26
*
Dizionario di follia
La copertina ingiallita
di rabbia densa e dolore trafitta.
E le pagine fitte, ferite,
filtrate da significati equivoci.
L'indice in ordine alfabetico.
Sui muri invalicabili graffiti,
di Amori, Incubi, Lotte, Sconfitte, Tradimenti.
Porto con me il dizionario-straccio.
Sono la proprietaria.
Mi fa da interprete.
Mi traduce la vita.
Ma
pretendo l'esclusiva
della mia follia.
Id: 220 Data: 28/02/2009 08:14:30
*
Se poi dovrà essere
se poi dovrà essere
il ritmo del nostro
nuovo destino
si andrà come si va
con l'aria le prime
giornate di marzo
che la città si fa piccola
piccola, mentre la chiama
distrattamente felice
la schiuma del mare
Id: 219 Data: 28/02/2009 08:11:54
*
Acqua smossa
Volto la testa da te
verso un altro mare,
lascio tracce di parole
scie dei nostri ricordi:
il cappotto mi tiene la forma
sennò sarei neve al sole.
E come acqua smossa
nella mia testa
con ogni tua parola
mi fai cerchi nel lago del cuore.
Mi perdo nei liquidi
sgonfiandomi di pianto
bicchiere dacqua sarò
arriverò dal mare una mattina.
Bevimi a gocce,
bevimi a sorsi
che io sia in te
in ogni tuo passo.
Id: 217 Data: 21/02/2009 08:27:03
*
Persona cara
Persona cara, non conosco la tua lingua.
Una mela cade oltre le nuvole.
Aspettiamo la pioggia.
Ormai per l'ennesima notte ci accompagniamo l'un l'altro.
Non ci amiamo fino a morirne, ma fino
al lavaggio delle strade,
fino al sole rivolto di profilo verso il Sud.
C'è sempre più spazio tra queste pareti; ecco che di nuovo
lultimo ripiano della libreria oggi si è reso trasparente,
ma il nostro legame è tanto oscuro e infido quanto
l'ortografia dello jat*;
tu hai detto una parola, io non l'ho capita, anche se
probabilmente è quella giusta.
Le tende sono strappate, le porte spalancate, una mano
è trattenuta appena nella stretta, macché
Anche tu sei farina degli eventi, che di colpo si è sollevata;
una corrente, e nessuno che ci metta una toppa.
*jat: lettera dellantico alfabeto slavo ecclesiastico
Id: 216 Data: 14/02/2009 08:30:05
*
Girovago
In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare
A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
gli ero stato
assuefatto
E me ne stacco sempre
straniero
Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute
Godere un solo
minuto di vita
iniziale
Cerco un paese
innocente
Id: 215 Data: 13/02/2009 21:51:07
*
Filo sottile
La mia fede
è un carico enorme
appeso a un filo sottile,
proprio come un ragno
appende i suoi piccoli a una tela fine,
proprio come dalla vite,
esile e rigida,
pendono grappoli
come occhi,
come molti angeli
danzano su una capocchia di spillo.
Dio non chiede troppo filo
per restare qui;
solo una venuzza
e sangue che vi scorra
e un po d'amore.
Come qualcuno ha detto:
lamore e la tosse
non si possono nascondere.
Neppure un colpetto di tosse
neppure un amore minimo.
Perciò se hai solo un filo sottile
a Dio non importa:
Lui te lo troverai tra le mani facilmente
proprio come una volta con dieci centesimi
ti potevi prendere una Coca.
Id: 214 Data: 07/02/2009 09:15:54
*
Respiro
Quando li vedi
di' loro che io ci sono ancora,
che mi reggo su una gamba mentre l'altra sogna,
che solo così si può fare,
che le bugie che dico loro sono diverse
da quelle che dico a me stesso,
che con lo stare sia qui che oltre
mi sto facendo orizzonte,
che come il sole si leva e cala io conosco il mio posto,
che è il respiro a salvarmi,
che persino le sillabe forzate del declino sono respiro,
che se il corpo è bara è anche madia di respiro,
che il respiro è uno specchio offuscato da parole,
che solo il respiro sopravvive al grido d'aiuto
quando penetra l'orecchio dell'estraneo
e permane ben oltre la scomparsa della parola,
che il respiro è di nuovo l'inizio, che da esso
si stacca ogni resistenza, come il significato si stacca
dalla vita, o il buio si stacca dalla luce,
che il respiro è ciò che do a loro quando mando saluti affettuosi.
Id: 211 Data: 31/01/2009 08:17:18
*
Sera di febbraio
Spunta la luna.
Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s'allaccia;
sbanda a povere mète.
Ed è il pensiero
della morte che, in fine, aiuta a vivere.
Id: 210 Data: 27/01/2009 15:02:53
*
Se un uomo capisce una poesia
1) Se un uomo capisce una poesia,
avrà dei problemi.
2) Se un uomo vive insieme ad una poesia,
morirà solo.
3) Se un uomo vive insieme a due poesie,
ne tradirà una.
4) Se un uomo concepisce una poesia,
avrà un figlio in meno.
5) Se un uomo concepisce due poesie,
avrà due figli in meno.
6) Se un uomo si vanta delle sue poesie,
verrà amato dagli stolti.
7) Se un uomo lascia che le sue poesie vadano in giro nude,
avrà paura della morte.
8) Se un uomo ha paura della morte,
verrà salvato dalle sue poesie.
9) Se un uomo non ha paura della morte,
le sue poesie forse lo salveranno forse no.
10) Se un uomo finisce una poesia,
si immergerà nella scia bianca della propria passione
e verrà baciato dalla pagina bianca.
Id: 207 Data: 24/01/2009 11:06:22
*
Senza titolo
1) La diresti una rinuncia ma è solo disciplina
restare fermi, tra affanno e affanno,
fedeli a unalleanza con la terra.
La diresti una resa e invece è resistenza
concentrarsi sull'attesa di una lingua
che torni a dire cielo, coraggio e a dire albero.
Ma ora una foglia è ciò che rimane
e aderire bisogna alla foglia.
2)E ora non ci resta che guardare
in attesa che il miracolo accada,
sperando che tutto questo attraversare
ci porti nel punto esatto dove siamo
e che non sappiamo.
3) Non aver paura
di essere un fiore fragile
- lo siamo tutti
prima che smetta
la tempesta.
Tu non lo sai
ma quando ami
regali brividi alla terra.
Id: 203 Data: 18/01/2009 19:09:29
*
Di una così divina Perdita
Di una così divina Perdita
Non registriamo che il Guadagno,
Indennità per la Solitudine
Che una tale Estasi sia esistita.
Id: 201 Data: 17/01/2009 15:44:27
*
Amore più potente della vita
Lo stesso sole nel tuo paese,
uscendo tra le nuvole:
allegra e delicata traccia sulle foglie,
fulgore su un cristallo, modulazione
dello spento luccichio della pioggia.
La tua stessa città,
la tua città di innumerabile cristallo
identica e distinta, cambiata dal tempo:
strade che non conosco e la piazza antica
popolata dagli uccelli,
la piazza in cui una notte ci baciammo.
La tua stessa espressione,
dopo tanti anni,
questa notte quando mi guardi:
la tua stessa espressione
e l'espressione ferita delle tue labbra.
Amore che è come la vita,
amore senza esigenza di futuro,
presente del passato,
amore più potente della vita:
perduto e ritrovato.
Trovato, perduto...
Id: 199 Data: 15/01/2009 14:42:03
*
Ringraziamento
Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.
La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.
Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l'amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.
Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come un orologio solare,
capisco
ciò che l'amore non capisce,
perdono
ciò che l'amore non perdonerebbe mai.
Da un incontro a una lettera
passa non un'eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.
I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.
E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che si trovano in ogni atlante.
E' merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.
Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.
"Non devo loro nulla” -
direbbe l'amore
su questa questione aperta.
Id: 196 Data: 10/01/2009 13:00:28
*
Siamo il tuo divertimento
Tu non puoi non pensare a noi,
e non amarci.
E amandoci
rivelarti
ed espanderti
e deliziarti:
siamo il tuo divertimento.
* * *
E inabissarmi
nel mare che non ha sponde
e più non esistere...
Id: 187 Data: 22/12/2008 11:49:08
*
Ci fosse un’altra vita
Appaio in maniche di camicia bianca a righe fini e blu
come un fantasma su di un carro che sarebbe poi tutto
per me se ci fosse un’altra vita da vivere in un altro tempo
e tu
calzoni sdruciti, maglietta bianca che sembri un pesce
fuori dall’acqua
accoccolata al fianco; tu macedone o alessandrina o lombarda,
tu profumata di chicchi di riso, capezzoli ardenti e cieli
tersi
e mani che se fossero state queste nostre vere non si lascerebbero
più;
invece solo fumo e sillabe che fanno sognare un tempo
altro
da questo estremo che ci è dato in sorte; cavallo
carro e una certa violenza del vivere che come donna non
capiresti mai:
io uomo in giacca scura e spessa, in velluto direi, e bombetta;
uno spaventapasseri di mezza età in mezzo all’erba alta,
un capo, un contrabbandiere, un uomo antico e tu la
donna a lui seduta accanto
su di un carro che ha un secchio in latta agganciato e dondolando
batte
e fa l’eterno rumore dell’andare e un telo per fare l’ombra
quando si fa l’amore e si dorme nel viaggio che non termina
mai
e del quale soltanto tu sapresti qualcosa ma non sei voluta
venire.
Id: 186 Data: 20/12/2008 08:28:07
*
Schiera bruna
Si potrebbe scegliere un percorso più assurdo?
In corso San Martino c'è un formicaio
A mezzo metro dai binari del tram,
E proprio sulla battuta della rotaia
Si dipana una lunga schiera bruna,
S'ammusa l'una con l'altra formica
Forse a spiar lor via e lor fortuna.
Insomma, queste stupide sorelle
Ostinate lunatiche operose
Hanno scavato la loro città nella nostra,
Tracciato il loro binario sul nostro,
e vi corrono senza sospetto
Infaticabili dietro i loro tenui commerci
Senza curarsi di
Non lo voglio scrivere,
Non voglio scrivere di questa schiera,
Non voglio scrivere di nessuna schiera bruna.
13 agosto 1980
Id: 184 Data: 14/12/2008 10:50:31
*
Ed io lo riconosco
Ed io lo riconosco e lo collego, lo seguo sbalordita mentre va avanti ad illuminare da più lontano, poi verso me, e tutt'intorno. Ed io sospiro. E ad un tratto chiudo gli occhi, non dubito, non nego, non paragono ciò che vedo al tratto che in mente mi segnava le aspettative. Io guardo e credo.
Id: 181 Data: 11/12/2008 21:14:30
*
Se la mia barca
Se la mia barca sprofondò nel mare -
Se incontrò tempeste -
Se a isole incantate
Piegò le sue docili vele -
Da quale mistico ormeggio
È trattenuta oggi -
Questo è il compito dello sguardo
Fuori sulla Baia.
Id: 177 Data: 30/11/2008 08:37:49
*
Al fato
Per me tu sei stato sempre più reale di Dio.
Tu monti il palco per la tragedia,
tu conficchi i chiodi
davanti a una platea di pochi amici scelti.
Per pura cortesia hai storpiato una bella ragazzina,
investito un bambino con una mtocicletta.
Esempi del genere, me ne vengono a milioni.
Lo stesso dicasi per il modo in cui noi due
continuiamo a incontrarci.
La risposta forse ce l'ha
qualche distributore di cicche colorate a Chinatown,
una vecchia porta scricchiolante che si apre in un
film dell'orrore,
un mazzo di carte che ho dimenticato in spiaggia.
La notte sento che ti rannicchi contro di me,
con il tuo fiato caldo, le tue mani fredde
e io già simile a un vecchio pianoforte
che pende da una fune fuori da una finestra.
Id: 175 Data: 22/11/2008 12:00:12
*
Esercizio dombre
Questa strada ha bisogno di un po' d'ombra
e lo stesso vale per quel bambino
che gioca da solo al sole,
un'ombra che gli saltasse alle calcagna come
un gattino nero.
I suoi genitori siedono in una stanza con le tende
abbassate.
Le scale che portano in cantina
non le usa più nessuno
se non qualche scassinatore occasionale.
Come una compagnia di attori girovaghi vestiti
per L'Amleto,
arrivano le ombre della sera.
Passano i loro giorni nascoste tra gli alberi
davanti al vecchio palazzo di giustizia.
Adesso viene il difficile
che fare delle pietre del cimitero?
Al sole non piacciono le ambiguità
ma a me sì. Apro la porta e le lascio entrare.
Id: 174 Data: 21/11/2008 21:42:04
*
Nel punto dove il silenzio
Nel punto dove il silenzio e la solitudine
si intersecano con la notte e il freddo,
aspettai come chi aspetta invano,
tanto limpido e necessario era il vuoto.
(trad. Leonardo Eriu)
Id: 172 Data: 20/11/2008 14:38:08
*
Eterno
Tra un fiore colto e l'altro donato
l'inesprimibile nulla
Id: 170 Data: 19/11/2008 15:32:18
*
Io abito nella possibilità
Io abito nella Possibilità -
Una Casa più bella della Prosa -
Più ricca di Finestre -
Superiore - quanto a Porte -
Con Camere come Cedri -
Inespugnabili dall'Occhio -
E per Tetto Perenne
Le Volte del Cielo -
Come Ospiti - i più belli -
Quanto all'Occupazione - Questa -
L'ampio dispiegarsi di esigue Mani
Per raccogliere il Paradiso -
Id: 169 Data: 17/11/2008 21:15:16
*
Senza più peso
Per un Iddio che rida come un bimbo,
Tanti gridi di passeri,
Tante danze nei rami,
Un'anima si fa senza più peso,
I prati hanno una tale tenerezza,
Tale pudore negli occhi rivive,
Le mani come foglie
S'incantano nell'aria...
Chi teme più, chi giudica?
Id: 167 Data: 15/11/2008 15:21:44
*
Le intime riflessioni- I
Vedi, il tempo che si concentra
qui dentro questa stanza,
amico mio che t'invento
comprime i giorni fino a soffocarli.
Questa è la mia vita
e da essa io ti sto scrivendo.
Io non ho altro,
da me non parte nient'altro.
Leggimi, quindi. Rimani e siedi.
In fondo non chiedo nient'altro
che essere guardata in faccia
e negli occhi spalancati
Id: 166 Data: 15/11/2008 09:18:58
*
Credo
Credo nelle anime sante,
nella loro indipendenza conquistata sui sensi di una
preghiera.
Credo nel lamento di un uomo in agonia,
inaccessibile silenzio degli ultimi istanti in una vita.
Credo nel lavaggio del suo corpo fermo,
nel suo vestito a festa e nell'incrocio delle mani,
testimoni di un battesimo confidato.
Credo nella gloria dei vinti.
Credo nelle loro carni piegate sotto le macerie,
i loro respiri cessati.
Credo nelle distese di orti trasformati,
dentro al loro recinto le ossa dei popoli ammazzati.
Credo nei miserabili che annegano alle porte d'Italia.
Credo in quelli che rimangono e il giorno dopo
chiamiamo clandestini.
Credo nelle loro bambine vendute ai nostri piaceri,
nella loro tristezza che sorride vittima di un rossetto
ingrato.
Credo negli angeli senza ali,
in quelli che a piedi nudi camminano dentro a una fede.
Credo nel mondo,
quello fuori dalla vetrina in ginocchio a guardare dentro.
Credo nel colore delle pelli che indossa,
negli occhi neri dei figli che perde affamati.
Credo nella verità delle madri e del loro amore.
Credo nella miseria e nell'umiltà di questi versi.
Credo nella bellezza
e qui conviene fermarmi.
Id: 163 Data: 13/11/2008 14:43:37
*
Di sera
In giardino la musica suonava
un suo inesprimibile dolore.
Fresco e d aspro sentore di mare
esalavano le ostriche nel ghiaccio.
Mi ha detto: "Sono un amico fedele!"
Ed ha toccato il mio vestito.
Com'è diverso da un abbraccio
il contatto di queste mani.
Così si lisciano gatti o uccelli,
così si guarda a flessuose amazzoni...
Solo un riso negli occhi tranquilli
sotto l'oro leggero delle ciglia.
Ma le voci di mesti violini
cantano, dietro un velo di fumo:
"E dunque benedici i cieli: sei
la prima volta sola con l'amato":
Id: 162 Data: 13/11/2008 14:01:32
*
Più felice sono quando più lontana
Più felice sono quando più lontana
porto la mia anima dalla sua dimora d'argilla,
in una notte di vento quando la luna brilla
e l'occhio vaga attraverso mondi di luce
Quando mi annullo e niente mi è accanto
né terra, né mare, né cieli tersi
e sono tutta spirito, ampiamente errando
attraverso infinite immensità.
Id: 160 Data: 08/11/2008 15:31:21
*
Ho perso il sonno
Oscillo
al canto d'una strada
come una lucciola
Mi morirà
questa notte?
Id: 159 Data: 07/11/2008 21:19:17
*
Ti sei stancata
Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra
le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi
verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano
e quel peso sarà il più grave.
Id: 158 Data: 06/11/2008 21:13:10
*
Mi hai incendiato lanima
Mi hai incendiato l'anima
e divampa il rumore delle fiamme
- ma le placa il flusso della musica -
Paura dell'inizio.
Vi avvicinate a me, un giorno
forse mi capirete e io vi dico
che alla mia precoce dipartita
con me perderete molte cose.
Tu fiore del fuoco
di notte al posto del sole
illumini il fondo del cuore
dell'uomo che tace.
Io voglio tenere la tua testa
e stringerla forte
e non devi abbandonare le mie mani.
Perchè nel dolore la mia forza
cresce fino alla disfatta.
Nella tempesta io vedo chiaro
che la vita mi cattura.
Id: 156 Data: 30/10/2008 13:52:09
*
Un altro lunedì
"Dico chi andrà all'Inferno:
i giornalisti americani,
i professori di matematica,
i senatori e i sagrestani.
i ragionieri e i farmacisti
(se non tutti, in maggioranza);
i gatti e i finanzieri,
i direttori di società,
chi si alza presto alla mattina
senza averne necessità.
Invece vanno in Paradiso
i pescatori ed i soldati,
i bambini, naturalmente,
i cavalli e gli innamorati.
Le cuoche e i ferrovieri,
i russi e gli inventori,
gli assaggiatori di vino,
i saltimbanche e i lustrascarpe,
quelli del primo tram del mattino
che sbadigliano nelle sciarpe".
Così Minosse orribilmente ringhia
dai megafoni di Porta Nuova
nell'angoscia dei lunedì mattina
che intendere non può chi non la prova.
Id: 152 Data: 23/10/2008 14:25:45
*
Tre volte sono venuto a Roma
Tre volte sono venuto a Roma
sempre più impigliato
nei miei problemi. Stavolta
ci siamo proprio arrotolati dentro di essa
come lottatori impigliati uno nell'altro,
io e i miei problemi: animali feroci,
rete e tridente, spada affilata,
primi cristiani, una spada difettosa,
vengono percossi nelle catacombe,
espulsi dall'indifferente Arco di Tito.
Non ho visto nulla di tutto ciò, io e i miei problemi.
Potevo restare a Gerusalemme.
Tre volte sono venuto a Roma. Stavolta
più onore, più dolore,
più parole in italiano:
Non solo: dov'è il treno? quanto costa?
E le porte sono aperte alla morte che ci circonda.
Persino l'amata Porta di San Sebastiano.
Id: 150 Data: 17/10/2008 16:48:32
*
Primaverile
Nuvole, sole, prato verde e case
sull'altura, confusi. Primavera
ha messo nell'aria fredda dei campi
la grazia di quei pioppi lungo l'argine.
Dalla valle i sentieri vanno al fiume:
là, sul ciglio dell'acqua, amore aspetta.
Per te indossano i campi questa veste
di giovane, oh invisibile compagna?
E quest'odore del faveto al vento?
E quella prima bianca margherita?
Sei con me dunque? Nella mano sento
un doppio battito e il cuore mi grida
e nelle tempie mi assorda il pensiero:
sì, sei tu che fiorisci, che resusciti.
Id: 149 Data: 15/10/2008 16:10:48
*
Genesi
Vorrei un figlio da te che sia una spada
lucente, come un grido di alta grazia,
che sia pietra, che sia novello Adamo,
lievito del mio sangue e che risolva
più quietamente questa nostra sete.
Ah, se t'amo, lo grido ad ogni vento
gemmando fiori da ogni stanco ramo
e fiorita son tutta e d'ogni velo
vo' scerpando il mio lutto
perchè genesi sei della mia carne.
Ma il mio cuore, trafitto dall'amore
ha desiderio di mondarsi vivo.
E perciò dammi un figlio delicato,
un bellissimo, vergine viticcio
da allacciare al mio tronco, e tu, possente
olmo, tu padre ricco d'ogni forza pura
mieterai liete ombre alle mie luci.
Id: 148 Data: 08/10/2008 18:06:43
*
Aprile-Amore
Il pensiero della morte m'accompagna
tra i due muri di questa via che sale
e pena lungo i tornanti. Il freddo
di primavera irrita i colori,
stranisce l'erba, il glicine, fa aspra
la selce, sotto cappe e impermeabili
punge le mani secche, mette un brivido.
Tempo che soffre e fa soffrire, tempo
che in un turbine chiaro porta fiori
misti a crudeli apparizioni, e ognuna
mentre ti chiedi che cos'è sparisce
rapida nella polvere e nel vento.
Il cammino è per luoghi noti
se non che fatti irreali
prefigurano l'esilio e la morte.
Tu che sei, io che sono divenuto
che m'aggiro in così ventoso spazio,
uomo dietro una traccia fine e debole!
E' incredibile che io ti cerchi in questo
o in un altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un'età, la mia,
che s'aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.
L'amore aiuta a vivere, a durare,
l'amore annulla e dà principio. E quando
chi soffre o langue spera, se anche spera,
che un soccorso s'annunci di lontano,
è in lui, un soffio basta a suscitarlo.
Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.
La mia pena è durare oltre quest'attimo.
Id: 145 Data: 05/10/2008 14:20:55
*
Lamore felice
Un amore felice. E' normale?
è serio? è utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l'uno verso l'altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così - in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo -
perchè proprio su questi e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i princìpi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po',
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono - è un insulto.
In che lingua parlano -
comprensibile all'apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che si inventano -
sembra un complotto contro l'umanità!
E' difficile immaginare dove si finerebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d'uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l'amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l'amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
Id: 140 Data: 28/09/2008 09:20:10
*
Ulisse
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d'onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d'alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l'alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l'insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
Id: 139 Data: 28/09/2008 09:08:58
*
Nessun uomo è unisola
Nessun uomo è un'isola,
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo
mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
Essa suona per te.
Id: 137 Data: 25/09/2008 20:57:21
*
Le piccole cose
Le piccole cose che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi carezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po'matto
e a letto
svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' blasé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te
Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto
stare sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te
Quel tuo sorriso
beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anchío così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
e a letto
stare sveglia
a sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che è esplosa
finalmente, in cucina!
la pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te.
Id: 136 Data: 25/09/2008 15:47:20
*
Sonetto 22
Non crederò allo specchio d'esser vecchio
finché sei tu di gioventù coetanea;
ma quando i solchi in te vedrò del tempo,
morte aspetto che ai giorni miei dia pace.
Tutta questa beltà che ti ricopre
non è che degna veste del mio cuore,
che vive in te, come il tuo nel mio petto:
e come esser potrei di te più vecchio?
Dunque, amore, abbi cura di te stessa,
come avrò io – non per me, ma per te –
custodendo il tuo cuore da ogni male
come il bambino suo tenera balia.
Id: 135 Data: 25/09/2008 14:48:39
*
Stella erratica
Se il tuo giro ti porta
a me, o il giro mio mi porta a te,
una seconda sera,
soglia del mare occiduo dell'eterno,
ragione vi sarà di vita ed estasi.
Ma se tu, stella erratica, dilegui
e non ritorni più,
ma se io mai,
in oscura esattezza,
abolendo per noi la nostra luce,
potessi completare i tuoi occhi coi miei,
ragione vi sarà d'inferno e morte.
Id: 134 Data: 24/09/2008 16:23:00
*
Cade la stella della sera
Parlami piano; il sole calante
Oltre la vista. Ora vienimi accanto.
Caro morente crollo d'ali quando
Gli uccelli piangono contro il buio...
Esagera il verde sangue dell'erba;
La musica delle foglie che gratta lo spazio;
Moltiplica la pace con un suono;
Con una sillaba del tuo nome...
Ed il piccolo è presto gigante,
Il raro cresce in bellezza comune
Riposare la mia bocca sulla tua
Mentre in un luogo cade una stella
E la terra la prende piano, di amore naturale...
Come noi ci prendiamo... per entrare nel sonno.
Id: 132 Data: 21/09/2008 20:44:38
*
In amore sei grande
In amore sei grande.
Hai coraggio.
Io sono timoroso ad ogni passo.
Non ti farò del male,
difficilmente però potrò farti del bene.
Sempre più mi sembra
come se in un bosco
senza sentiero mi conducessi tu.
Tra i fiori folti siamo fino alla vita.
Non saprò
riconoscerli.
Precedenti esperienze a nulla valgono.
Non so
che cosa fare e come.
Tu sei stanca.
Mi tendi le braccia.
Io ti ho già tra le mie.
"Vedi
come è azzurro il cielo?
Senti
gli uccelli del bosco?
E tu?
E allora?
Conducimi!"
Ma io, dove ti condurrò?...
Id: 130 Data: 17/09/2008 18:33:47
*
Alla formica
Chiedo scusa alla favola antica,
se non mi piace l'avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
chi il più bel canto non vende, regala.
Id: 126 Data: 03/09/2008 11:47:05
*
Ricordo di Marie A.
Un giorno di settembre, il mese azzurro,
tranquillo sotto un giovane susino
io tenni l'amor mio pallido e quieto
tra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d'estate
c'era una nube ch'io mirai a lungo:
bianchissima nell'alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.
E da quel giorno molte molte lune
trascorsero nuotando per il cielo.
Forse i susini ormai sono abbattuti:
Tu chiedi che ne è di quell'amore?
Questo ti dico: più non lo ricordo.
E pure certo, so cosa intendi.
Pure il suo volto più non lo rammento,
questo rammento: l'ho baciato un giorno.
Ed anche il bacio avrei dimenticato
senza la nube apparsa su nel cielo.
Questa ricordo e non potrò scordare:
era molto bianca e veniva giù dall'alto.
Forse i susini fioriscono ancora
e quella donna ha forse sette figli,
ma quella nuvola fiorì solo un istante
e quando riguardai sparì nel vento.
Id: 124 Data: 30/08/2008 12:33:44
*
Lamata cetra
Cenai con un piccolo pezzo di focaccia
ma bevvi avidamente un'anfora di vino;
ora l'amata cetra tocco con dolcezza
e canto amore alla mia tenera fanciulla.
Id: 120 Data: 26/08/2008 07:59:08
*
Scrivo a te, donna
Ogni mattina, dopo il segno della croce,
scriverti
è come recitare una preghiera.
Non si può far di peggio,
ma io so fare di meglio.
Ora che non ti vedo,
di buon mattino,
mentre tutti dormono,
prendo la penna, come un ladro prenderebbe
la chiave di un forziere,
e con la penna
rubo la vita che non mi appartiene
e scavo un camminamento
per raggiungere te che, contro ogni legge,
considero mia.
Id: 119 Data: 25/08/2008 14:12:25
*
A cosa serve la poesia
A che cosa serve la poesia? Può servire.
Vi faccio un esempio.
Prendete una coppia che va abbastanza bene:
due o tre lustri di convivenza
casa figli interessi comuni.
I coniugi però, non essendo nè sordi nè orbi
nè privi di altri sensi
naturalmente non immuni
dal notare che il mondo è pieno di persone attraenti
dell'altro sesso
di cui alcune, per circostanze favorevoli,
sarebbero passibili di un incontro a letto.
Sorge allora un problema che propone tre soluzioni.
La prima è la tradizionale repressione
non concupire eccetera non appropriarti dell'altrui proprietà
per cui il coniuge viene equiparato a un comò
Luigi XVI o a un televisore a colori
o a un qualsiasi oggetto di un certo valore
che non sarebbe corretto rubare.
La seconda soluzione è l'adulterio
altrettanto tradizionale
che crea una quantità di complicazioni
la lealtà (glielo dico o non glielo dico?)
lo squallore di motel occasionali
la necessità di costruire marchingegni di copertura
che non eliminano la paura
di fastidiose spiegazioni.
La terza soluzione è senza dubbio la più pratica
Si prendono i turbamenti e i sentimenti
le emozioni e le tentazioni
si mescolano bene si amalgama l'immagine
con un brodo di fantasia
e ci si fa su una poesia
che si mastica e si sublima
fino a corretta stesura sulla macchina da scrivere
e infine si manda giù
si digerisce con un pò di amaro
d'erbe naturali
e poi non ci si pensa più.
Id: 118 Data: 20/08/2008 15:35:01
*
Haiku di Borges
Qualcosa mi dicevano
la sera e la montagna.
Ma l'ho perduta.
***
Esiste ancora
il sogno che ho scordato
prima dell'alba?
***
Taccion le corde.
La musica sapeva
quello che sento.
***
Non mi rallegra
più il mandorlo dell'orto.
Ricorda te.
***
E' tutto un regno
la luce che si spegne,
o d'una lucciola?
***
Un trillo, lungi.
L'usignolo non sa
di consolarti.
***
La vecchia mano
ancora traccia versi,
versi all'oblio.
Id: 116 Data: 08/08/2008 10:52:31
*
Arte poetica
Guardare il fiume ch'è di tempo e acqua
e ricordare che anche il tempo è un fiume,
saper che ci perdiamo come il fiume
e che passano i volti come l'acqua.
Sentire che la veglia è anch'essa un sonno
che sogna d'esser desto e che la morte
che teme il nostro corpo è quello della morte
di ogni notte, che chiamiamo sonno.
Decifrare nel giorno e l'anno un simbolo
dei giorni dell'uomo e dei suoi anni,
convertire l'oltraggio empio degli anni
in una musica, un rumore e un simbolo,
dire sonno la morte, nel tramonto
vedere un triste oro, è poesia,
eterna e povera. La poesia
che torna come l'aurora e il tramonto.
A volte appare nelle sere un volto
e ci guarda dal fondo d'uno specchio;
l'arte dev'esser come quello specchio
che ci rivela il nostro stesso volto.
Narran che Ulisse, stanco di prodigi,
pianse d'amore nello scorgere Itaca,
verde e umile. L'arte è anch'essa un'Itaca
di verde eternità, non di prodigi.
E' anche come il fiume interminabile
che passa e resta e riflette uno stesso
Eraclito incostante, che è lo stesso
e un altro, come il fiume interminabile.
Id: 115 Data: 06/08/2008 20:34:59
*
Canzone damore
Per dire cos’ hai fatto
di me, non ho parole.
Cerco solo la notte
fuggo davanti al sole.
La notte mi par d’oro
più di ogni sole al mondo,
sogno allora una bella
donna dal capo biondo.
Sogno le dolci cose,
che il tuo sguardo annunciava,
remoto paradiso
di canti risuonava.
Guarda a lungo la notte
e una nube veloce-
per dire cos’ hai fatto
di me, non ho la voce.
Id: 114 Data: 06/08/2008 17:59:33
*
Instantes - Istanti
Si pudiera vivir nuevamente mi vida.
En la próxima trataría de cometer más errores.
No intentaría ser tan perfecto, me relajaría más.
Sería más tonto de lo que he sido,
de hecho tomaría muy pocas cosas con seriedad.
Sería menos higiénico.
Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igienico.
Correría más riesgos,
haría más viajes,
contemplaría más atardeceres,
subiría más montañas,
nadaría más ríos.
Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei in più fiumi.
Iría a más lugares adonde nunca he ido,
comería más helados y menos habas,
tendría más problemas reales y menos imaginarios.
Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.
Yo fuí una de esas personas que vivió sensata
y prolíficamente cada minuto de su vida;
claro que tuve momentos de alegría.
Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensati e con profitto;
certo che mi sono preso qualche momento di allegria.
Pero si pudiera volver atrás trataría
de tener solamente buenos momentos.
Por si no lo saben, de eso está hecha la vida,
sólo de momentos; no te pierdas el ahora.
Ma se potessi tornare indietro, cercherei
di avere soltanto momenti buoni.
Chè, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
di momenti: non perdere l'adesso.
Yo era uno de esos que nunca
iban a ninguna parte sin un termómetro,
una bolsa de agua caliente,
un paraguas y un paracaídas;
si pudiera volver a vivir, viajaría más liviano.
Io ero uno di quelli che mai
andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa dell'acqua calda,
un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
Si pudiera volver a vivir
comenzaría a andar descalzo a principios
de la primavera
y seguiría descalzo hasta concluir el otoño.
Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andare scalzo all'inizio
della primavera
e resterei scalzo fino alla fine dell'autunno.
Daría más vueltas en calesita,
contemplaría más amaneceres,
y jugaría con más niños,
si tuviera otra vez la vida por delante.
Farei più giri in calesse,
guarderei più albe,
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
Pero ya ven, tengo 85 años y sé que me estoy muriendo.
Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.
Id: 113 Data: 06/08/2008 17:34:19
*
Elogio dell’ombra
La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere per noi il tempo più felice.
E' morto l'animale o è quasi morto.
Restano l'uomo e l'anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che ancora non son tenebra.
Buenos Aires,
che un tempo si lacerava in sobborghi
verso la pianura incessante,
è di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le confuse strade dell'Once
e le precarie case vecchie
che seguitiamo a chiamare il Sud.
Nella mia vita son sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e somiglia all'eterno.
Gli amici miei non hanno volto,
le donne son quello che furono in anni lontani,
i cantoni sono gli stessi e altri,
non hanno lettere i fogli dei libri.
Dovrebbe impaurirmi tutto questo
e invece è una dolcezza, un ritornare.
Delle generazioni di testi che ha la terra
non ne avrò letti che alcuni,
quelli che leggo ancora nel ricordo,
che rileggo e trasformo.
Dal Sud, dall'Est, dal Nord e dall'Ovest
convergono le vie che mi han condotto
al mio centro segreto.
Vie che furono già echi e passi,
donne, uomini, agonie e risorgere,
giorni con notti,
sogni e immagini del dormiveglia,
ogni minimo istante dello ieri
e degli ieri del mondo,
la salda spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti,
l'amore condiviso, le parole,
ed Emerson, la neve, e quanto ancora.
Posso infine scordare. Giungo al centro,
alla mia chiave, all'algebra,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.
Id: 112 Data: 06/08/2008 11:04:48
*
Donna genovese
Tu mi portasti un po' d'alga marina
Nei tuoi capelli, ed un odor di vento,
Che è corso di lontano e giunge grave
D'ardore, era nel tuo corpo bronzino:
- Oh la divina
semplicità delle tue forme snelle -
Non amore non spasimo, un fantasma,
Un'ombra della necessità che vaga
Serena e ineluttabile per l'anima
E la discioglie in gioia, in incanto serena
Perchè per l'infinito lo scirocco
Se la possa portare.
Come è piccolo il mondo e leggero nelle tue mani!
Id: 111 Data: 04/08/2008 22:18:27
*
Portami il girasole
Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
é dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
(Eugenio Montale, Ossi di Seppia)
Id: 108 Data: 15/07/2008 18:59:01
*
Durante tutto il viaggio
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi quando si dorme
si perdono le mani e i piedi io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza
non era legata alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.
Id: 107 Data: 15/07/2008 15:50:13
*
La terra
Senza immagine Dio vaga in paradiso
ma preferirebbe fumarsi un sigaro
o mangiarsi le unghie, e così via.
Dio è il proprietario del paradiso
ma agogna la terra, le grotticelle
assonnate della terra, l'uccellino
alla finestra di cucina, perfino
gli assassini in fila come sedie scassate,
perfino gli scrittori che si scavano
l'anima col martello pneumatico,
o gli ambulanti che vendono i loro
animaletti per soldi, anche i loro
bambini che annusano la musica
e la fattoria bianca come un osso,
seduta in braccio al suo granturco e anche
la statua che ostenta la sua vedovanza,
e perfino la scolaresca in riva all'oceano.
Ma soprattutto invidia i corpi, Lui che non l'ha.
Gli occhi apri-e-chiudi come una serratura
che registrano migliaia di ricordi,
e il cranio che include l'anguilla cervello
- tavoletta cerata del mondo -
le ossa e le giunture che si giungono
e si disgiungono - e c'è il trucco -, i genitali,
zavorra dell'eterno, e il cuore, certo,
che ingoia le maree rendendole monde.
Lui non invidia più di tanto l'anima.
Lui è tutto anima, ma vorrebbe accasarla
in un corpo e scendere quaggiù per farle
fare un bagno ogni tanto.
Id: 106 Data: 14/07/2008 13:58:32
*
Lorribile sogno del poeta
Immagina un po' che cosa ho sognato.
All'apparenza tutto è propriamente come da noi.
La terra sotto i piedi, acqua, fuoco, aria, verticale, orizzontale, triangolo, cerchio, lato sinistro e destro.
Tempo passabile, paesaggi non male e parecchi esseri dotati di linguaggio.
Però il loro linguaggio non è quello della Terra.
Nelle frasi domina il modo incondizionale.
I nomi aderiscono strettamente alle cose.
Nulla da aggiungere, togliere, cambiare e spostare.
Il tempo è sempre quello dell'orologio.
Passato e futuro hanno un ambito stretto.
Per i ricordi il singolo secondo passato, per le previsioni un altro, che sta appunto cominciando.
Parole quante è necessario. Mai una di troppo, e questo significa che non c'è poesia, e non c'è filosofia, e
non c'è religione.
Là simili trastulli sono inammissibili.
Niente che si possa anche solo pensare o vedere a occhi chiusi.
Se si cerca, è quel che già si vede lì accanto.
Se si chiede, è quello a cui c'è risposta.
Si stupirebbero molto, se sapessero stupirsi dell'esistenza chissà dove di motivi di stupore.
Il vocabolo "inquietudine", da loro ritenuto triviale,
non avrebbe il coraggio di comparire nel dizionario.
Il mondo si presenta in modo chiaro anche nel buio profondo.
A ciascuno egli si dà a un prezzo accessibile.
E nessuno pretende il resto alla cassa.
Dei sentimenti - la soddisfazione. E niente parentesi.
La vita con un punto al piede. E il rombo delle galassie.
Ammetti che nulla di peggio può capitare al poeta.
E poi nulla di meglio che svegliarsi in fretta.
Id: 105 Data: 14/07/2008 13:51:56
*
Ballata delle donne
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
Id: 104 Data: 13/07/2008 18:26:26
*
Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d'incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga
che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche aromi
penetranti d'ogni sorta, più aromi
inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca
- raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo,per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Id: 103 Data: 11/07/2008 07:42:55
*
Tanta fu la paura dei miei baci
Tanta fu la paura dei miei baci
nella casa improvvisamente buia,
che rimanesti tutto il temporale
trasalendo alle vampe degli scoppi
sulla soglia, coi piedi nella pioggia.
Ritornando ventenne nel ricordo,
ti dedico i coralli di quei fulmini.
Id: 101 Data: 08/07/2008 15:07:28
*
Spleen
Quando il cielo basso pesa come un coperchio
sullo spirito che geme, preda d'un tedio ininterrotto,
quando dell'orizzonte abbracciando tutto il cerchio
dispensa un giorno nero più triste della notte;
quando la terra si muta in un'umida cella,
e la Speranza, come un pipistrello maldestro,
va urtando i muri con la sua ala timida
e ai soffitti marciti cozzando con la testa;
quando la pioggia svolgendo le strisce sterminate
imita le sbarre di una prigione immensa,
e accorre un popolo muto di ragni infami
che appende le sue reti dentro i nostri cervelli;
campane all'improvviso saltano con furia
e scagliano verso il cielo un atroce lamento,
come spiriti erranti inquieti e senza patria
che si mettano a gemere ostinatamente.
- E carri funebri, senza tamburi né musica,
mi sfilano nell'anima in lungo e lento corteo;
la Speranza, vinta, piange, e l'Angoscia, dispotica,
mi pianta sul cranio reclino il suo vessillo nero.
Id: 100 Data: 07/07/2008 08:51:53
*
Quartine
Il Cerchio che tutto compone il nostro Andare e Venire
Non si vede dove cominci, né dove abbia la fine.
Non un solo verbo di Vero, su questo, disse nessuno:
Nessuno sa donde sia il Venir nostro, dove l'Andare.
***
Poiché non possiamo allungare e non abbreviare la vita,
Vano è affliggerci il cuore col Lungo e col Breve;
Il mio destino e il tuo, come l'animo nostro vorrebbe,
Qual molle cera in mano non lo possiamo plasmare.
***
Poiché, o amico, conosci ogni riposto segreto,
Perché senza scopo t'attardi in tristi e inutili cure?
Poiché dal tuo arbitrio nessuna cosa dipende,
Trascorri lieto quest'attimo or che ti trovi qui, vivo.
(dal volume "Quartine" di Omar Khayyam, a cura di Alessandro Bausani, Einaudi 2006)
Id: 98 Data: 05/07/2008 08:01:28
*
Testi di Ghiannis Ritsos
Le mie labbra
percorrono il tuo orecchio.
Così minuto e tenero
come può contenere
tutta la musica?
***
Due mesi senza incontrarci.
Un secolo
e nove secondi.
***
L'assenza di perifrasi -diceva-
annienta la poesia.
E sia.
Preferisco il tuo corpo.
Id: 97 Data: 03/07/2008 14:00:20
*
Sono centanni che non ho visto il tuo viso
Sono cent'anni che non ho visto il suo viso
che non ho passato il braccio
attorno alla sua vita
che non mi son fermato nei suoi occhi
che non ho interrogato
la chiarità del suo pensiero
che non ho toccato
il calore del suo ventre
eravamo sullo stesso ramo insieme
eravamo sullo stesso ramo
caduti dallo stesso ramo ci siamo separati
e tra noi il tempo è di cent'anni
di cent'anni la strada
e da cent'anni nella penombra
corro dietro a te
Id: 96 Data: 02/07/2008 12:22:11
*
In quanto non ci è dato volare
Mi alzo la mattina, vado in terrazzo, è
inverno e lo so, non sono
Heine.
Un disgraziato passero si gioca
un'amicizia per un movimento
sbadato sul cornicione.
Almeno questo ho in comune
coi grandi poeti che,
giunti alla fine,
parlano
degli uccelli.
(pubblicata postuma per le edizioni Il Labirinto, Roma 2007)
Id: 95 Data: 02/07/2008 07:46:34
*
Amore a prima vista
Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
E' bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.
Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno "scusi" nella ressa?
un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso stava giocando con loro.
Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando una risata
si scansava con un salto.
Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell'infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.
Id: 94 Data: 28/06/2008 08:36:52
*
Al di là della gente
Sì, al di là della gente
ti cerco.
Non nel tuo nome, se lo dicono,
non nella tua immagine, se la dipingono.
Al di là, più in là, più oltre.
Al di là di te ti cerco
Non nel tuo specchio e nella tua scrittura,
nella tua anima nemmeno.
Di là, più oltre.
Al di là, ancora, più oltre
di me ti cerco. Non sei
ciò che io sento di te
Non sei
ciò che mi sta palpitando
con sangue mio nelle vene,
e non è me.
Al di là, più oltre ti cerco.
E per trovarti, cessare di vivere in te, e in me,
e negli altri.
Vivere ormai al di là di tutto,
sull'altra sponda di tutto...
...per trovarti...
Id: 93 Data: 25/06/2008 22:25:08
*
Nella moltitudine
Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo
da un altro nido,
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.
Nel guardaroba della natura
c'è un mucchio di costumi:
ragno, gabbiano, topo di campagna.
Ognuno va subito a pennello
e docilmente è indossato
finchè non si consuma.
Anch'io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte.
Qualcuno d'un formicaio, banco, sciame ronzante,
una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
Qualcuno molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia,
per il pranzo della festa,
qualcosa che nuota sotto un vetrino.
Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio.
Un filo d'erba calpestato
dal corso di incomprensibili eventi.
Uno nato sotto una cattiva stella
buona per altri.
E se nella gente destassi spavento,
o solo avversione,
o solo pietà?
Se al mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata
e avessi tutte le strade precluse?
La sorte, finora,
mi è stata benigna.
Poteva non essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.
Poteva essermi tolta
l'inclinazione a confrontare.
Potevo essere me stessa - ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso.
Id: 92 Data: 24/06/2008 19:52:01
*
Tre haiku
Me ne vado:
in una striscia di sogno,
la via lattea.
(Soseki)
Che splendida luna!
La guardo da solo
e vado a letto.
(Hosai)
Nel mio andarmene
nel tuo restare -
due autunni.
(Shiki)
Id: 91 Data: 22/06/2008
*
La notte lava la mente
La notte lava la mente.
Poco dopo si è qui come sai bene,
fila d'anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.
Id: 89 Data: 21/06/2008
*
Ripenso il tuo sorriso
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto s'insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d'una giovinetta palma...
Id: 88 Data: 18/06/2008
*
Il giorno a urlapicchio
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
è un giorno per le vànvere, un festicchio
un giorno carmidioso e prodigiero,
è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio
in cui m’hai detto “t’amo per davvero”.
da "Gnosi delle fanfole"
Id: 87 Data: 18/06/2008
*
Il lonfo
Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s'archipatta.
È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
arrafferìa malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t'arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi, in segno di sberdazzi
gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto
t'alloppa, ti sbernecchia; e tu l'accazzi.
da "Gnosi delle fanfole"
Id: 86 Data: 17/06/2008
*
Trieste
Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
(da Trieste e una donna, 1910-12)
Id: 84 Data: 17/06/2008
*
La casa
Perfetto il buio, il pioppeto,
la casa chiara illuminata;
perfetta la pioggia, inudibile, inaudita
giuntura:
potresti essere una cosa che si consuma:
erba, il letto di un fiume, la gramigna
che brucia nei campi...o stenderti,
per esistere,
nel folto del grano di adesso
e lasciare la tua figura.
Id: 81 Data: 14/06/2008
*
A una passante
Ero per strada, in mezzo al suo clamore.
Esile e alta, in lutto, maestà di dolore,
una donna è passata. Con un gesto sovrano
l'orlo della sua veste sollevò con la mano.
Era agile e fiera, le sue gambe eran quelle
d'una scultura antica. Ossesso, istupidito,
bevevo nei suoi occhi vividi di tempesta
la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.
Un lampo... e poi il buio! - Bellezza fuggitiva
che con un solo sguardo m'hai chiamato da morte,
non ti vedrò più dunque che al di là della vita,
che altrove, là, lontano - e tardi, e forse mai?
Tu ignori dove vado, io dove sei sparita;
so che t'avrei amata, e so che tu lo sai!
Id: 77 Data: 07/06/2008
*
Mia madre cuoceva il mondo intero per me
Mia madre cuoceva nel forno il mondo intero per me
in dolci torte.
La mia amata riempiva la mia finestra
con uva passa di stelle.
E le nostalgie sono racchiuse in me come bolle d'aria
nel pane.
Esternamente sono liscio, silenzioso e bruno.
Il mondo mi ama.
Ma i miei capelli sono tristi come i giunchi nello stagno
che va prosciugandosi.
Tutti i rari uccelli dalle belle piume
fuggono via da me.
Commento dell'autore:
"Spesso mi dicono che non ho l'aspetto del poeta, ma che somiglio più ad un impiegato, a un funzionario di banca. Questo perché non ho bisogno delle manifestazioni esterne che facciano di me un poeta.
Non porto i capelli lunghi, non bevo, non prendo droghe, ho abbastanza droghe e stimolanti dentro di me da non aver bisogno di assumerne.
Ho scritto questa poesia nel 1950. L'ultima parte accenna ad una palude. Circa cinquant'anni fa, agli inizi del nostro Stato, venne realizzato il progetto di prosciugare delle paludi del nord. Si trattò di una grande bonifica: il posto, affascinante, fu prosciugato quando ero ragazzo. Prima della bonifica, vi abitavano molti uccelli bellissimi che venivano da ogni parte del mondo e che, poi, sono emigrati.
Oggi quelle specie stanno ritornando, perché in quella zona è stata creata una riserva, un parco naturale.
Come in tutta la mia poesia, qui ho usato eventi realmente accaduti, in un momento particolare della mia vita, come metafore della mia vita interiore, e questa poesia ne è un buon esempio."
Id: 76 Data: 02/06/2008
*
Settembre
Settembre
e l'intensità di cui sono piena scende piano ed io
lascio che salga dalla pianta dei piedi questa liberazione
è come se il tempo entrasse così dentro il mio corpo
e così cammino respirando ogni lento passo dei miei piedi
e questa stanchezza mi fa occhi limpidi come acqua dalle montagne e
c'è dentro di me una sorgente forte che non sta bruciando
ed è così ricca di minerali
io
ho
sapore
Id: 75 Data: 01/06/2008
*
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Bertold Brecht
Berlino, 1932
Id: 74 Data: 29/05/2008
*
Il cielo
Da qui bisogna cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un'apertura e nulla più,
ma spalancata.
Non devo attendere una notte serena,
né alzare la testa,
per osservare il cielo.
L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva da sotto.
Persino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun luogo ce n'è più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso
cade da cielo a cielo.
Friabili, fluenti, rocciose,
infuocate ed eteree,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cataste di cielo.
Il cielo è onnipresente
perfino nel buio sotto la pelle.
Mangio il cielo, evacuo il cielo.
Sono una trappola in una trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta ad una domanda.
La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.
Id: 69 Data: 18/05/2008
*
Ama questa piccola vita
Ama questa piccola vita
per farla diventare grande.
Ascolta ciò che il silenzio
ti racconta del campo e
fa sì che il tuo cammino
abbia un senso più che una direzione.
Non guardare mai indietro
per ricordare il dolore
né permettere al rancore
di corrodere la tua anima.
Coltiva ciò che in te
cresce per natura propria
e fa del tuo sogno una causa.
Segui con impegno la tua idea
e sii chiaro con te stesso.
Questo basterà per
non tradire mai nessuno.
Id: 68 Data: 15/05/2008
*
ABC
Ormai non saprò più
cosa di me pensasse A.
Se B. fino all'ultimo non mi abbia perdonato.
Perché C. fingesse che fosse tutto a posto.
Che parte avesse D. nel silenzio di E.
Cosa si aspettasse F., sempre che si aspettasse qualcosa.
Perchè G. facesse finta, benché sapesse bene.
Cosa avesse da nascondere H.
Cosa volesse aggiungere I.
Se il fatto che io c'ero, lì accanto
avesse un qualunque significato
per J. per K. e il restante alfabeto.
Id: 61 Data: 05/05/2008
*
Il viaggio infinito
Tutti gli esseri viaggiano
in modo differente verso il loro Dio:
La radice scende a piedi su gradini d'acqua.
La foglie sospirando preparano la nube.
Gli uccelli usano le ali
per raggiungere la terra delle luci eterne.
Il lento minerale con passi invisibili
percorre le tappe d'un circolo infinito
che nella polvere comincia e termina alle stelle
e di nuovo alla polvere ritorna
ricordando al passaggio, o piuttosto sognando
le sue vite successive e le sue morti.
Il pesce parla al suo Dio nella boccia
ed è un trillo in acqua
un grido di angelo caduto, privato delle penne.
Solo l'uomo possiede la parola
per cercare la luce
o viaggiare verso il paese che non ha echi del nulla.
Id: 60 Data: 29/04/2008
*
Aprile
Tempo in cui il cuore vuole saltare scalzo
e all'albero spuntano i seni come a una bambina.
Ci assalta il desiderio di scrivere le nostre cose
con una piuma di rondine.
Queste pozze sono appena coppe d'acqua chiara
che un colpo d'ala o un filo d'erba increspa
e l'aria di vetro è una marea azzurra
dove naviga lenta la barchetta dell'insetto.
Sguazzano ad agio i sandali dell'acqua.
Le zanzare pare che setaccino il silenzio
e nel becco i passeri prendono la perla
del buon tempo.
Id: 59 Data: 29/04/2008
*
Rondini
Che mi cerchino domani.
Oggi ho appuntamento con le rondini.
Nelle piume bagnate dalla prima pioggia
giunge il messaggio fresco dei nidi celesti.
La luce va cercando un nascondiglio.
Le finestre voltano folgoranti pagine
che si spengono improvvise in vaghe profezie.
Fu un paese fecondo ieri la coscienza.
Oggi campo di rocce.
Mi rassegno al silenzio
ma comprendo il grido degli uccelli
il grido grigio di angoscia
di fronte alla luce soffocata dalla prima pioggia.
Id: 58 Data: 29/04/2008
*
Gli uccelli di passaggio
Ammirateli mentre passano, loro, che sono selvatici,
Vanno dove più desiderano, sorvolano montagne
E foreste e mari e si lasciano portare dal vento,
E lontani da tutte le schiavitù,
L'aria che respirano vi farebbe scoppiare i polmoni
Id: 57 Data: 28/04/2008
*
Alberi divisi
Alberi divisi lontani
in segno di saluto svettiamo
ai confini del prato
ci riconosciamo
Id: 52 Data: 16/04/2008
*
Il benessere
Quanti hanno avuto ciò che non avevano:
un lavoro, una casa - ma poi
che l'ebbero ottenuto vi si chiusero.
Ancora per poco sarò tra voi.
Id: 51 Data: 16/04/2008
*
Rinchiuso nellarmadio
Rinchiuso nell'armadio
l'aquilone
vola nella mia mente
28-2-1982
Id: 50 Data: 16/04/2008
*
Laurora che attendo
Sogno fontane di acque
fiumi e cascate di acque
e praterie sconfinate ove
la luce danzi col suo
abito da sposa
e un angelo che suoni il flauto
nel silenzio di una dolcissima
aurora...
ma non è che un pallido sogno:
altra
è l'Aurora che attendo:
pure in timore e tremore...
Id: 47 Data: 07/04/2008
*
Anche la morte
Anche la morte sarà
un emigrare di forma in forma
nel grande corpo dell'universo.
Corpo, spirito che si condensa
all'infinito:
nostro corpo
cattedrale dell'Amore,
e i sensi
divine tastiere...
Id: 46 Data: 05/04/2008
*
Stella cadente
Alcuni desideri si adempiranno
altri saranno respinti. Ma io
sarò passata splendendo
per un attimo. Anche se nessuno
mi avesse guardata
risulterebbe ugualmente giustificato -
per quel lucente attimo -
il mio esistere.
Id: 45 Data: 04/04/2008
*
O Theòs
Mai di te sapremo:
o Suono
o Silenzio
o Parola
che tu sia,
oppure Occhio che riflette
tutta la Terra come una perla
Id: 44 Data: 03/04/2008
*
Cè un foro nella tessitura celeste
C'è un foro nella tessitura celeste
sopra si chiude una finestra rettangolare bianca
il gelo filtra dai vetri troppo teneri
il legno si scioglie nell'incendio
dentro una melodia che sale
una melodia che scende
piace anche al gatto
Id: 43 Data: 01/04/2008
*
Nulla è più lieto
Nulla è più lieto
d'un giorno grigio
che a un tratto s'apre
a una speranza di sole
che incendia la sera
e poi tramonta
ma prima d'un ultimo
fulgore illumina
la notte per te.
Id: 42 Data: 01/04/2008
*
Per nessuna ragione
Per nessuna ragione,
sapendo quello che succede,
mi vorrei risvegliare in questo mondo.
Ma già pensando (pensando
di pensarlo) so anche
che non è vero, che per quanto
ignominioso sia il presente io mai
rinuncerei, potendo scegliere,
a starci, magari di sghembo
e rattrappito d'amarezza, dentro.
Forse, mi dico allora,
non è per me che parlo, è qualcun altro,
nato da poco o nascituro,
ad agitarsi nel mio sonno, a premere
da chissà dove sul mio cuore,
a impastare parole col mio fiato...
Id: 41 Data: 01/04/2008
*
L’educazione cattolica
Nelle sole parole che ricordo
Di mia madre - che "Dio
- Diceva - è in cielo in terra
E in ogni luogo" - la gutturale gh
Disinvolta intaccava il luò d'un l'uovo
Contro il bordo d'un piatto
- Serenamente dopo in cielo in terra
Dal guscio separato in due metà
Scodellava sul fondo il tuorlo intatto
- La madre sconosciuta parlava
Religione entrava
Nella mia tenera età.
Id: 38 Data: 21/03/2008
*
Ricetta
Prendete una parola
prendetene due
fatele cuocere come se fossero uova,
scaldatele a fuoco lento,
versate la salsa enigmatica,
spolverate con qualche stella,
mettete pepe
e fatele andare libere
con le vele gonfie di vento.
Id: 37 Data: 21/03/2008
*
La vita in versi
Metti in versi la vita, trascrivi
Fedelmente, senza tacere
Particolare alcuno, l'evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
Sapere, né potere, bensì ridicolo
Un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel soprammondo s'allacciano
Complicità di visceri, saettano occhiate
D'accordi. E gli astanti s'affacciano
Al limbo delle intermedie balaustre:
Applaudono, compiangono entrambi i sensi
Del sublime- l'infame, l'illustre.
Inoltre metti in versi che morire
E' possibile a tutti più che nascere
E in ogni caso l'essere è più del dire.
Id: 36 Data: 21/03/2008
*
Finale
Più non muggisce, non sussurra il mare,
Il mare.
Senza i sogni, incolore campo è il mare,
Il mare.
Fa pietà anche il mare,
Il mare.
Muovono nuvole irriflesse il mare,
Il mare.
A fiumi tristi cedè il letto il mare,
Il mare.
Morto è anche lui, vedi, il mare,
Il mare.
Id: 35 Data: 18/03/2008
*
Lidea di stare
L'idea di stare
dentro un immenso vuoto
affardellati di niente,
nel niente incespicando.
Cercarsi, nemmeno accostarsi.
Domande. Mai chiuse risposte.
Pure qui l'ora, il giorno.
Quale voce accompagna?
quale mano conduce?
Un grumo ogni storia residua.
Desiderio è mancanza.
Indifferenti stelle
dentro abissi insondabili,
sperse divinità
in limbi senza nome.
Altra la soglia, la stanza,
poco avanti lasciate,
altro il momento, il percorso,
lo sguardo sorpreso allo specchio.
Non v'è ritorno,
soltanto l'andare e l'addio.
Id: 30 Data: 04/03/2008
*
Felice
Felice. Ma è possibile che questa felicità,
così colma, comprenda
anche tutti i disagi, tutti gli assilli?
Il sole alto sulla piazza, la folla svagata, i cani,
la violinista con l'orchestra nel registratore,
colombi, vocii, motori, le bestemmie dell'uomo in bicicletta,
la vecchia dei fiori puzzolente di orina. Tutto visto, sentito,
e il pensiero dell'amore assente
e il pensiero di essere vivo e breve.
Felicità e disperazione.
Id: 29 Data: 04/03/2008
*
Viaggio
Cammino dentro di me
come in una città straniera
dove non conosco nessuno.
La sera ho paura per strada
e nei pomeriggi di pioggia
ho freddo e sto male.
Né ho voglia di viaggiare,
quando anche solo attraversare la via
è un'avventura,
né ho ricordi di altre vite
alla domanda
"Perchè mi hanno portato qui?"
Id: 28 Data: 01/03/2008
*
Ballo
Balla,
bambina mia!
Chi balla cammina
sull'acqua.
E dentro una
fiamma!
Id: 27 Data: 01/03/2008
*
E tutto diverso
E' tutto diverso abbandonarti ora:
io sono cresciuto solo su una landa.
Mi ha forse aiutato qualcuno?
Tempeste andavano e venivano,
avevano spazzato ogni debole cosa.
Io sono rimasto solo su una landa.
Poi sei arrivata tu a cercare
riparo in me.
Ma ci fermò il destino.
Irrobustire devi in solitudine, parlò
il destino.
Il mio riparo sia intanto
solamente il pensiero.
Id: 26 Data: 01/03/2008
*
Fratello mare
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po' della tua ghiaia
un po' del tuo sale azzurro
un po' della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dire molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po' più di speranza
eccoci con un po' più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
Id: 25 Data: 01/03/2008
*
Prospettiva
Si sono incrociati come estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al negozio,
lui alla sua auto.
Forse smarriti
o distratti
o immemori
di essersi, per un breve attimo,
amati per sempre.
D'altronde nessuna garanzia
che fossero loro.
Sì, forse, da lontano,
ma da vicino nient'affatto.
Li ho visti dalla finestra
e chi guarda dall'alto
sbaglia più facilmente.
Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Cioè, come se nulla fosse accaduto,
anche se è accaduto.
E io, solo per un istante
certa di quel che ho visto,
cerco di persuadere Voi, Lettori,
con brevi versi occasionali,
quanto triste è stato.
Id: 24 Data: 01/03/2008