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Skizzando nel vento 11 (Balia)

di Stefano Saccinto
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Pubblicato il 16/10/2008 21:01:54

11
Balia
(E se fossi troppo grande per amarti?)



FEBBRAIO DELL’INFANZIA RIAVUTA

Mi venne già il secondo giorno dopo che eravamo vicini.
Quel giorno avevo una barba da fare invidia ad un barbone.
Fu solo un attimo, le cadde la penna dal banco e lei si chinò per raccoglierla, i suoi capelli legati caddero da un lato, sulla sua spalla, e scoprirono la sua nuca.
Stavo ascoltando la lezione di storia dell’arte (una delle rarissime volte) e mi distrassi proprio in quell’attimo con nella mente ancora i bronzi di Riace e la loro posizione chiastica e mi immaginavo un grande coglione greco con la sua tunica bianca ed i suoi sandali come i Greci del cartone Pollon che stava scolpendo la versione originale ricopiata poi in bronzo. Me lo immaginavo che ad un certo punto si girava verso di me con un paio di occhiali da sole ed un paio di cuffie alle orecchie e diceva “Se non ti piace, che cazzo mi guardi a fare?”
Quando mi voltai verso di lei, il greco mi stava ancora facendo segno con il medio della destra alzato e fu il suo collo a chiamarmi, ne sono sicuro, perché i miei occhi si fissarono su di lui ed improvvisamente i bronzi di Riace ed il coglione greco si cancellarono dalla mente per far spazio a lei che non riusciva a prendere la penna e che poi l’agganciava con due dita e risaliva su.
In quel collo lessi l’istante esatto in cui la goccia di pioggia si dissolve su una foglia, la luce soffusa del crepuscolo che abbraccia un orizzonte, il cinguettio del passero nel silenzio del pomeriggio estivo. Rividi il coglione greco che adesso l’ammirava anche lui e gli dissi nella mia mente “Potevi scegliere lei come soggetto, deficiente” e lui annuiva incantato con lo scalpello in una mano ed il martello nell’altra e la bocca spalancata.
Ne dedussi che la storia era stata una colossale stronzata perché non dovevano esserci state ragazze come lei nell’antichità.
Si rialzò portando alle mie narici un profumo di miele e fragola e mango e quante cose buone ci sono sulla faccia della Terra tutte insieme ed ero convinto che quel profumo fosse nato dal suo semplice chinarsi così innocentemente per raccogliere una penna, piuttosto che da una bottiglietta testata in duecentomila laboratori sparsi per la Francia.
Mi guardò per un attimo incuriosita ed io me ne stavo ad osservarla ancora, con la testa inclinata da un lato e completamente in balia del suo profumo incantatore; scossi il capo ed arrossii improvvisamente.
Lei inarcò le sopracciglia come per chiedermi perché la guardassi, mi venne d’istinto risponderle.
“No, è che...” gesticolai vistosamente “stavo sentendo il tuo profumo...” dovevo avere la faccia romantica eppoi forse ero stato troppo dolce, bisognava rimediare “...credo di averlo già sentito da qualche parte, non so...” abbastanza evasivo ok, ma sarebbe stato meglio precisare che “... non pensare che io te l’abbia detto per... insomma” no, no, così mi sarei rovinato da solo, impacciato di merda “...e come... come si chiama?” mi salvai in calcio d’angolo e cercai di riprendere fiato per affrontare la prossima sessione.
“Coolwater!” mi rispose raffreddando improvvisamente lo sguardo e tornando ad osservare il professore.
Non smisi di guardarla, per quanto mi vergognassi come se fossi nudo in mezzo alla strada con un migliaio di persone a deridermi, quindi decisi di aggiungere al mio sguardo qualche altra parola, così, tanto per non sembrare più stonato del solito.
“Ha un buon sapore... cioè, voglio dire” scossi la testa “non è una cosa che si mangia” provai a ridere ma lei aveva lo sguardo fisso in avanti “volevo dire che ha un buon odore... cioè... profuma” rimasi addubbiato dalle mie stesse parole, avrei voluto darmi tanti pugni in faccia da solo. Certo che profuma, animale, è un profumo!
“Voglio dire” sorrisi “tutti i profumi profumano... però ci sono quelli che... insomma... hanno un profumo di mer... cioè che non è buono, invece questo è così...” il coglione greco faceva di no con la testa, le braccia lungo i fianchi.
“Vuoi smetterla?” mi interruppe a bassa voce “Per colpa tua non sto capendo nulla. Pensi solo alle bambinate, tu” era così sicura quando parlava con me che mi resi conto di essere effettivamente un bambino nei suoi confronti, perché io la sicurezza e la decisione ce l’avevo solo nel praticare cazzate. Il greco si compiacque del fatto che lei preferisse ascoltare la lezione che riguardava la sua opera d’arte.
“Ah già!” abbassai la testa tornando a voltarmi e poi mi abbassai tutto proprio, affondando il più possibile sotto il banco.
Vidi ancora il tizio greco che adesso rideva piegandosi in due con le braccia incrociate sullo stomaco come se non ce la facesse più. Puntò lo scalpello verso di me senza smettere di ridere.
“Sei proprio un bambino coglione, amico, non sai nemmeno parlare con una ragazza, eppure quella barba ti da un aspetto da grande. Fammi tornare al mio lavoro, va’” e tornò ad occuparsi delle statue ancora in fase di lavorazione con un’ultima botta di risa mentre già colpiva lo scalpello col martello.
Mi grattai la barba e ricordai di averla, forse era per quella che oggi era così scontrosa con me.
Mi venne in mente il secondo giorno, stavo dicendo, e se la ricordo ancora bene, faceva più o meno così, con il cambio leggermente stonato.


Balia

Strofa 1
Collo di latte,
alza ancora per favore i tuoi capelli
e lascia libera la nuca da inutili colletti
che io possa baciarla con labbra inconsistenti.

Ritornello 1
Sono solamente un bimbo con la barba
che ha bisogno del tuo collo su cui lasci scivolare
semplici granelli di cristallo
che vanno a rotolarti sulla pelle
...

Strofa 2
Vorrei essere te.
Vorrei essere la ragazzina dai capelli castani
che pare così sicura di tutto ciò che fa
e che, con due occhi che riflettono dolcezza,
mi parla senza alcuna esitazione.

Ritornello 2
E invece sono un bimbo con la barba solamente
che ha timore di sembrarti troppo grande
per bere il latte dal tuo collo che non avrebbe poi
motivo di essere bevuto.
Se fossi troppo grande per amarti.
...

Finale
No, che non lo sono, troppo grande,
non avrei bisogno del tuo latte, signorina,
non avrei bisogno dei tuoi capelli
che la cioccolata invidia per dolcezza
e non avrei bisogno delle guance
che come rosee pesche non cadono
dal tuo ramo, signorina, dal tuo ramo.
...

Ritorno alla strofa 1
Lascia libera, ti prego, la tua nuca
vabbé, sono troppo grande, l’ho capito
però lascia che la guardi un’altra volta
e che possa baciarla con labbra inconsistenti.

Senza che ancora ci fossimo parlati una volta sola, già avevo capito che quello che da un piccolo desiderio stava diventando lentamente il mio sogno, non si sarebbe mai realizzato neanche nella mia immaginazione e mai avrei pensato a come sarebbe stato stare con lei, perché avevo la sensazione che non mi avrebbe mai dato la possibilità neanche di fare questo.
Stracciai il testo della canzone che mi sembrava pure bellina alzandomi dal mio sgabello e mettendomi steso sul mio divano a pancia in giù, con i pugni sotto il mento per tenere la testa alzata, a guardare alla televisione un cartone animato di serie B.
Un bimbo con la barba solamente.


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