Mando questa mia raccomandata a Leopoldus von Attolicus,
certo che nel rapporto di forze lui sia Pompeo o Crasso ed io sia Spartacus,
sperando che la risposta non arrivi mediante piccione viaggiatore,
mio nonno, sangue valligiano, aveva dote di grande cacciatore.
Chiedo a Leopoldus von Attolicus e alla sua vivace ironia salace
di spazzar via doppielingue e critici letterari, come Traiano con un dace,
senza riuscire a volermi mai essere maestro di dizione,
chi l’ha fatto nascondeva sempre manovre d’addomesticazione.
Tentò, anni fa, a racchiudermi nella tela che ammazzò Simone il Gran Maestro dei sarti,
l’ultimo fu, invece, doppialingua, il Jep Gambardella de’ noantri,
in mezzo il flâneur con l’Alzheimer e l’esito contemporaneo d’una merda d’artista,
oramai sto lontano dai maestri - non soffro i Ponteggi - il fegato amaro m’ha trasformato in etilista.
Leopoldus von Attolicus, io, discendente di Villon, arrogante scribacchino,
ti chiedo di dedicarmi un motteggio o dei versi di spirito che mi ubriachino:
meglio, senza mezzi termini, crepare fulminati da cirrosi epatica
che morire, lentamente, confinati in questo star system d’arte apatica.
[inedito, 2017]
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