Università Statale di Milano, Università di Teheran.
Noi in attesa di una laurea, di un dottorato,
di essere sminuzzati dai tritacarne aziendali;
voi, in attesa di botte, bastonate, di torture,
nelle stanze oscure della rivoluzione.
Chino sui miei studi, vivo nella mia camera,
con un desiderio matto di conoscere,
con un desiderio matto che il vostro conoscere
non sia fermato.
Noi, in attesa di un lavoro, in maniera acritica;
voi, in attesa di un futuro, in cui ogni critica abbia voce,
attenti a non addormentarvi, a non morire,
stasera.
Noi circondati, da mille, mille e mille,
mille titoli di studio, mille euro di salario,
mille chilometri sulla strada di una buona carriera;
voi, circondati, stasera, circondati
e basta.
Noi, professori e assistenti incatenati alle cattedre;
voi, Professori e Assistenti incatenati con voi,
sotto, dietro alle cattedre.
Noi, rintanati nei nostri bar, nelle discoteche,
domani esame di economia, di diritto o storia romana,
contenti d'un 24;
voi, nascosti sotto i vostri letti, domani esami duri
davanti ai vostri tribunali, contenti che non
vi tocchi un 28, senza condizionale.
Noi, seduti nelle nostre macchine,
a discutere di art.18, desiderando d'essere in vacanza,
morendo dal caldo;
voi, insultati, in lacrime, massacrati di botte,
morendo e basta.
Ebbene, merde di universitari dell'Università Statale di Milano
pensate alle vostre macchine, alle vostre lauree, alle vostre carriere.
ai vostri soldi, ai vostri bei vestiti, ai vostri muscoli, ai vostri cervelli uccisi
da raffiche di televisione, ai vostri dvd,
ai libri di Grisham e alle canzoni di Max Pezzali.
Mentre a Teheran
nascosti sotto i loro letti e nei loro scantinati
muoiono, o costruiscono democrazie.
Io vi sento vicini, Università di Teheran,
vi sono vicino.
[Versi Introversi, 2008]
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