Su una famiglia borghese dell’onorata società
è capitata, tra capo e collo, una sorprendente eredità,
una vecchia zia di cui tutti, incluso me, di nascosto, tifavano la morte
decedendo ha lasciato ai suoi nipoti danari, appartamenti e gioielli in cassaforte,
e i nipoti, intelligentemente, lontanissimi dal mettersi a brindare
hanno iniziato a litigare.
Scattano i nipoti con le chiavi dell’appartamento che han l’idea
di recuperare i gioielli con un record degno di Mennea,
senza tenere in considerazione l’insignificante circostanza
d’aver agito senza avvertire notaio e intera cuginanza.
Reagisce infervorata la moglie del cromatore di Carate,
impegnato a saldare il suo bancarottame a rate:
è un ladro chi si fotte tre cucchiai
è un santo chi non liquida il t.f.r. ai suoi operai.
Risponde, fiero, il fratello dei novelli Arsenii,
i miei fratelli hanno lasciato i libretti degli assegni,
e tutti, indignati, si trincerano dietro all’ostruzione
nel decidere che appartamento ciascuno avrà in assegnazione.
I cugini del Veneto, abituati all’altipiano,
desiderano a tutti i costi i cinque appartamenti di Bassano;
i cugini di Monza non ci stanno: si mostran timorosi
che le case brianzole affittate nascondano morosi.
Come andrà a finire? Iniziano negoziati vis a vis
degni del trattato di Cateau-Cambrésis,
tutti reclamano scippi e tessono inghippi
come se si trovassero ospiti da Maria De Filippi.
L’unica sfortuna nera è la situazione mia,
mia madre, nipote come tutti, vacca malora,
non sì è ancora accorta della morte della zia!
[Cherchez la troika, 2016]
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