Misericordia, tu, mi hai chiamato, dono di Dio,
in un idioma caucasico freddo di steppa, taiga,
tagliente come lamette da barba abbandonate
a arrugginire nel lavandino.
All'odore delle tue mille voci, mi sono erto, scimmia evoluta,
incamminandomi scalzo su sentieri di vetri acuminati,
senza riuscire a sentire i tuoi richiami,
addolciti da frementi herz nell'etere marino d'onde radio,
senza riuscire a insabbiare i tuoi misteri stressati,
camminando sulle mani, ossa rotte, testa china,
cercando amore nelle mie viscere, macellaio scontento,
cadendo, assaporando il momento di rialzarmi.
Ho urlato tanto, invano, senza che ti rendessi conto
di come soffrano maree, scoiattoli, satelliti, noi, esseri umani,
senza che ti voltassi all'abbaiare del cane, all'ulular del vento,
ai battiti della tastiera; e stando zitto, adesso,
nel silenzio ti costringo ad ascoltare.
[Lame da rasoi, 2008]
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