Perdonatelo tutti, su questa via infinita al Golgota
a trasportare, anno dopo anno, la stessa croce,
cadendo, rialzandosi e cadendo, esecrando il suo nome adespota,
incapace di comprendere i suoni della vostra voce,
si incammina, finito, verso la cima dell’ecumene
senza il conforto delle spalle d’un Simone di Cirene.
C’è chi si crede una delusione, tipo Maria Maddalena
e non c’arriva, d’essere una vittima collaterale
del crollo di un uomo in cammino ai margini della scena,
lei si sente inadeguata, con i suoi occhi in cui annegare,
e la sua bocca, impotente, i suoi bisogni di abbracci caetani
con lui in cima a una croce a cantare «Eloì, Eloì, lama sabactàni?».
La scena è l’intarsio contorto di mille falegnami
fatto di schegge, brandelli, frammenti, tutti da assemblare,
chè, a volte, i suoi versi hanno la scarsa consistenza dei liquami,
fluidi in un mondo liquido, nell’acqua non c’è vino da annacquare,
c’è l’uomo, e la sua croce, lontani dalla serenità del chiostro
col centurione a strofinargli in faccia spugne d’inchiostro.
Gli urlano, vox populi, che è stanco, che si deve riposare,
la sua unica angoscia è di costruirsi una nuova croce da caricare
sulla schiena curva, lui ha smesso di riuscire, Abba
sognando che appeso al cielo abbian da mettere Barabba.
[Cherchez la troika, 2016]
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