Porte sbattono, assorbendo i costanti rumori di sfondo
delle nostre realtà frammentate,
divise in ore, minuti, secondi,
modello uniforme svizzero Swatch,
ticchettii di neuroni reduci da bombardamenti mediatici
confondono Liabel e ambascerie subliminali di Gillo Dorfles,
ancora arzillo nelle sue smanie
da classificazione estetica.
Come riuscire, entrando in tackle,
a arrestare il silenzio del ronzio corrucciato dell'elettrodomestico,
che accorda i ritmi del battere d'ogni tasto,
rintracciando il filo d'un Arianna
venduta tra i banchi
dei mercati di bestiame?
Come riuscire
a distrarre disattenzioni,
focalizzandoci, senza scottare?
La musica suona
benché i suonatori cadano addormentati,
estenuati dal fracasso,
i teatri diurni dalle mille voci
assumono un sapore meccanico,
oscillando metallici di moto perpetuo.
Non si sentono battere tasti,
non tastandosi battiti di senso.
[Patroclo non deve morire, 2013]
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