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Poetry slam

di Ivan Pozzoni
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Pubblicato il 29/03/2018 23:47:09

 

Porte sbattono, assorbendo i costanti rumori di sfondo

delle nostre realtà frammentate,

divise in ore, minuti, secondi,

modello uniforme svizzero Swatch,

ticchettii di neuroni reduci da bombardamenti mediatici

confondono Liabel e ambascerie subliminali di Gillo Dorfles,

ancora arzillo nelle sue smanie

da classificazione estetica.

 

Come riuscire, entrando in tackle,

a arrestare il silenzio del ronzio corrucciato dell'elettrodomestico,

che accorda i ritmi del battere d'ogni tasto,

rintracciando il filo d'un Arianna

venduta tra i banchi

dei mercati di bestiame?

 

Come riuscire

a distrarre disattenzioni,

focalizzandoci, senza scottare?

 

La musica suona

benché i suonatori cadano addormentati,

estenuati dal fracasso,

i teatri diurni dalle mille voci

assumono un sapore meccanico,

oscillando metallici di moto perpetuo.

 

Non si sentono battere tasti,

non tastandosi battiti di senso.

 

     [Patroclo non deve morire, 2013]


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