(Dal mio diario)
Solo un vetro a dividere la mia stanza dal resto del mondo.
Passa una nuvola.
E' bassa.
In mano, una penna stilografica trovata per caso in fondo a un cassetto riaperto dopo tanto tempo.
Mi sento un folletto.
Un folletto uscito dal tuo libro di favole poggiato sul tavolino sotto la finestra.
Fuori è già notte.
Guardo l'orologio: le due meno un quarto.
Troppo tardi per scrivere di te, di noi, del dolore che provocano le vecchie ferite quando sta per piovere.
Di fronte, due lampioni illuminano il nuovo parcheggio.
Ti piacerebbe, ne sono certa.
Hai sempre amato i volumi verticali e orizzontali che creano passaggi, coni visivi, tagli di luce e fasci d'ombra. Tutto ciò che sa accostare ai rumori e alla vita dell'oggi i silenzi di presenze lontanissime di altri tempi.
E' ora di andare a letto.
Chiudo le serrande.
Nel corridoio, su un calendario del 2006, un antico proverbio recita:
"Se temi di salire sulla scala, non salirai mai sul tetto."
A.P.
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