Il giardino senza foglie di Rodrigo Alvaro Montalto
a Livia
e ti parla
ed è assente
e chiamalo pure Ramón
e fu poeta per niente
e ogni mattina in un giardino senza foglie
canta un fringuello
il tuo volto snoda i miei desideri, i rami del molteplice, feconda l’erba e viene il senso, risorge altrove come un ordine sommesso sfruttato al colmo del giorno, ma sconcertante ne ignori le promesse e non mi parli
vestigia del sole, inutile il seme e il vento, come un travaglio d’inverno troppo vicino agli occhi mi attanagli chiarore e smantelli cuore e poteri branditi contro l’azzurro, più tardi gridi, sul vomere squarci il discorso
l’hallalí, l’hallalí eccitò i segugi nell’acquivento
sul morire del giorno sul riflesso della conoscenza
abbiamo smesso d’amarci no, di cercarci, no
non tarda a risuonare, i più grandi effetti spesso prodotti da più piccole cause
dimmi quel che ti dico, senza crederti ascolto, un passo ancora, la strada andrà dov’ero prima, il giorno ha la ferocia delle stelle
o il sonno azzurrale il pane di riconoscenza
è questo giardino in un’antica brezza serale
ali d’orizzonte le nuvole, s’alza estiva l’aria limpida, quieta il vento, sabbia stesa, innamoratamente sale, notturno il cielo ha questa luna
le cose fatte per unirsi, ma non s’uniscono serene
fai a immagine le creature
falle senza sofferenza
fraternità del mare
o sponda o costa sono stanco, vengono a noia
dov’è senza terra portami via da tutto
lo spirito mobile oppresso, pazzo per te, re dei misteri, sconosciuto amico abbracciato, a luce dissigilli il pianto, sospingi al sé che non ha rive fuori da me l’oscurità
nel giardino sono cadute le foglie
l’eterno verde
fuori tempo
l’atmosfera di quella casa carica di elettricità cattiva venimmo a fatale disincanto, non divinavo nuova malizia nella sorte se dissimulavo un destino sempre uguale nel nuovo aspetto nell’umido di stanze vuote voli di mosche, di perdute tenere carni che ne fu?
ho seminato e mai raccolto, le mani macchiate di blu: straniero amore la domò o quelle notti l’esularono? ogni azione ha la sua sete: un canto fa la dolce voce riverberato dalla gioia, la morte scura è la più bella, la gloria ch’è del sangue è grave, immutabili i beni in terra
da Poesie nel campo dei miracoli - H-C - s.d. (ma 2011)
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore L’Arbaléte, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa puň sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.