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Il giardino senza foglie di Rodrigo Alvaro Montalto

di L’Arbaléte
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Pubblicato il 02/09/2024 00:14:14

 

Il giardino senza foglie di Rodrigo Alvaro Montalto

 

 

a Livia

e ti parla

ed è assente

e chiamalo pure Ramón

e fu poeta per niente

e ogni mattina in un giardino senza foglie

canta un fringuello

 

il tuo volto snoda i miei desideri, i rami del molteplice, feconda l’erba e viene il senso, risorge altrove come un ordine sommesso sfruttato al colmo del giorno, ma sconcertante ne ignori le promesse e non mi parli

 

vestigia del sole, inutile il seme e il vento, come un travaglio d’inverno troppo vicino agli occhi mi attanagli chiarore e smantelli cuore e poteri branditi contro l’azzurro, più tardi gridi, sul vomere squarci il discorso

 

 

l’hallalí, l’hallalí eccitò i segugi nell’acquivento

sul morire del giorno sul riflesso della conoscenza

 

abbiamo smesso d’amarci no, di cercarci, no

 

non tarda a risuonare, i più grandi effetti spesso prodotti da più piccole cause

 

dimmi quel che ti dico, senza crederti ascolto, un passo ancora, la strada andrà dov’ero prima, il giorno ha la ferocia delle stelle

 

o il sonno azzurrale il pane di riconoscenza

è questo giardino in un’antica brezza serale

 

ali d’orizzonte le nuvole, s’alza estiva l’aria limpida, quieta il vento, sabbia stesa, innamoratamente sale, notturno il cielo ha questa luna

le cose fatte per unirsi, ma non s’uniscono serene

 

 

fai a immagine le creature

falle senza sofferenza

fraternità del mare

 

o sponda o costa sono stanco, vengono a noia

dov’è senza terra portami via da tutto

 

lo spirito mobile oppresso, pazzo per te, re dei misteri, sconosciuto amico abbracciato, a luce dissigilli il pianto, sospingi al sé che non ha rive fuori da me l’oscurità

 

nel giardino sono cadute le foglie

l’eterno verde

fuori tempo

 

l’atmosfera di quella casa carica di elettricità cattiva venimmo a fatale disincanto, non divinavo nuova malizia nella sorte se dissimulavo un destino sempre uguale nel nuovo aspetto nell’umido di stanze vuote voli di mosche, di perdute tenere carni che ne fu?

 

ho seminato e mai raccolto, le mani macchiate di blu: straniero amore la domò o quelle notti l’esularono? ogni azione ha la sua sete: un canto fa la dolce voce riverberato dalla gioia, la morte scura è la più bella, la gloria ch’è del sangue è grave, immutabili i beni in terra

 

da Poesie nel campo dei miracoli - H-C - s.d. (ma 2011)

 

 

 

 


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