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La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo

Argomento: Letteratura

di Fabrizio Oddi
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Pubblicato il 17/11/2017 17:09:52

La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo (The Time Traveler's Wife )

    

Come accade talvolta, mi era capitato di vedere anche la versione cinematografica del romanzo di Audrey Niffenegger, La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo (The Time Traveler’s Wife ).

 

Il titolo in italiano del film è (non si sa bene il perché, considerato che il titolo originale è uguale a quello del libro): Un amore all’improvviso

 

(http://www.comingsoon.it/scheda_film.asp?key=47003&film=Un-amore-all-improvviso )

 

Ma avremo modo di ritornare più tardi sul profilo cinematografico appena accennato.

 

Come è successo talora, mi sono imbattuto fortunatamente sul sito di aNobii, nell’ambito del gruppo “Gruppi di lettura”, proprio in una discussione ove si stava per intraprendere la lettura comune del bel libro di Audrey Niffeneger (del 2003, tradotto per i tipi della Mondadori nel 2005).

 

E da questa partecipazione a quel gruppo di lettura (è accaduto di sovente) è scaturito un commento (era il 2 aprile del 2010), e intendo riprendere, con alcune modifiche, le osservazioni formulate allora.

 

Ho raggruppato le osservazioni sotto alcuni paragrafi per dare un visione più chiara e ordinata.

 

 

I. Scelte stilistiche: prima persona

 

In un inserto domenicale de “Il Sole 24 Ore” di qualche tempo fa (il n. 245 di domenica 6 settembre 2009, p. 27), nella rubrica “Emozioni tra le pagine”, avevo riscontrato un titolo interessante: Il soppalco di Maupassant. L’articolista con questo titolo ammiccante accennava brevemente al libro di Elisabetta Rasy Memorie di una lettrice notturna, riportando un brano dall’introduzione:


quando ci immergiamo in quegli speciali avvenimenti che sono i libri c’è una voce che ci accompagna”.

 

Mi pare un buon punto di partenza per riportare un passo che ritengo utile ad una migliore comprensione del testo.

 

Vincenzo Cerami (Consigli a un giovane scrittore, Torino, Einaudi, 1996) sottolinea come vi siano due “modalità di scrittura” e che il “dato più importante” sia la “sintassi” e il “tono di voce del narratore. La scrittura, infatti, mima sempre la voce di qualcuno. E il personaggio che ha quella voce è sempre e comunque il protagonista della vicenda.” (p. 38). Di conseguenza le “possibilità sono soltanto due: la prima e la terza persona. Vale a dire un io che racconta una vicenda di cui è stato protagonista (o testimone); oppure un io neutro, impersonale, che si limita a riferire fatti accaduti ad altri. Da un punto di vista narrativo i due modelli propongono testi radicalmente differenti. Nel primo caso il narratore non potrà raccontare se non ciò che ha vissuto o visto personalmente, o gli è stato riferito: la narrazione segue il percorso del protagonista, così come lui dice di aver vissuto la vicenda.” (pp. 38-39).

 

Aggiunge ancora Cerami: “E’ evidente che nel caso della prima persona il mondo rappresentato, essendo frutto di una «soggettiva», non possa non proporre che una visione relativa […] della realtà, filtrata attraverso il personaggio che «parla», tanto precisa quanto limitata della sua personalità.” (p. 39).

 

La nostra autrice, quale voce che parla sceglie la prima, ma introduce dal punto di vista stilistico una complessità: la voce che parla viene infatti scissa in due voci, quelle dei protagonisti, Henry DeTamble e Clare Abshire.

 

In base a quanto evidenziato si profila dunque nel romanzo un primo elemento essenziale di tipo strutturale:

 

1) le due voci narranti in prima persona (con i cc.dd. cambi di prospettiva ), cui ho accennato all’inizio.

 

Ma si può ritenere facente parte ugualmente del profilo “strutturale” anche l’elemento de

 

2) i viaggi nel tempo (salti temporali ).

Tale aspetto costituisce un sicuro punto di interesse (e di interrogazione). È possibile infatti dedurre dall’indice (profilo che sarà trattato a breve) la presenza nella struttura del romanzo della Niffenegger di una linea portante, che si può far cominciare dal primo incontro (importantissimo) nel presente (“Primo appuntamento, uno”, p. 15) di Henry e Clare il 26 ottobre 1991), incontro collocato non a caso (prescindendo dal “Prologo” introduttivo) all’inizio del libro. Significativo è il “commento” in merito ad opera dei versi finali della stupenda IX Elegia di Rilke (in esergo al Capitolo I).

 

Otto anni di differenza separano Henry DeTamble (16 giugno 1963) da Clare Abshire (24 maggio 1971), nella data del loro primo incontro nel “presente”: Henry ha 28 anni e Clare 20.

 

Da quel momento si dipana una linea temporale diacronica, con delle inserzioni dovute ai viaggi temporali di Henry nel passato e, alla fine, nel futuro, che creano dei particolari effetti “flasback” di tipo cinematografico in tutto l’arco del romanzo.

 

II. Una bussola di viaggio: l’indice

 

Fin dall’inizio, come è stato spesso osservato, occorre abituarsi al disorientamento creato dai passaggi nel testo tra un protagonista e l’altro e ai viaggi nel tempo tra passato presente e futuro in relazione ai due personaggi principali del romanzo Henry DeTamble e Clare Abshire.

 

Mi ero quindi messo al lavoro in occasione del gruppo di lettura per dotarmi di uno strumento di ausilio per una futura analisi del testo (unitamente e successivamente alla sua lettura) e con pazienza avevo formulato un Indice dei Capitoli, Paragrafi e citazioni presenti nel romanzo.

 

A distanza di tempo da quella bella discussione su aNobii, ho pensato di rivedere (eliminando alcune imprecisioni e inserendo alcune indicazioni in nota) l’Indice, che ora ho inserito nel sito de “La Recherche”

 

(l’edizione utilizzata è quella Oscar Mondadori del 2009):

 

http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Articolo&Id=1608

 

M’è venuta poi l’idea di tentare, testo originale alla mano, la stesura di un indice anche del testo originale in lingua inglese

 

(l’edizione è la Vintage Books di London del 2005),

 

messo parimenti a disposizione anche questo sul sito de “La Recherche”:

 

http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Articolo&Id=1615 )

 

Spero con tale lavoro di fare cosa gradita per chi desideri meglio apprezzare (e vedere scanditi) tutti i passaggi temporali (e dunque l’alternarsi delle vicende) con le rispettive età dei protagonisti, Henry e Clare, i vari eserghi (oltre ai due iniziali, anche quelli che precedono due delle tre parti in cui si suddivide il romanzo: la I. L’uomo fuori dal tempo e la III, Trattato sulla nostalgia, e quello inserito all’interno del capitolo II. Una goccia di sangue nella scodella del latte. Ultima la citazione finale, significativamente ripresa dall’Odissea di Omero.

 

III. Le Copertine – Le Citazioni – Una Dedica

 

Le Copertine

 

Mi sembra importante soffermarmi su un elemento extratestuale che è il primo, insieme al titolo, e poi al risvolto e retro di copertina, a colpirci nel nostro ingresso in una libreria: la copertina. In realtà vi sono quantomeno due copertine del libro, in relazione, come spesso accade, a differenti edizioni.

 

Entrambe le copertine in questione sono riprese sulla mia pagina del sito de “La Recherche” nell’ambito dell’articolo La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo.

Indici:

 

http://www.larecherche.it/testo.asp?Id=1619&Tabella=Articolo

 

Vi è una copertina “originale” (di Tim Hetherington, presente sia nel testo in lingua originale sia nella prima traduzione in italiano del romanzo), ove appaiono (lo sfondo è un prato) le gambe di una bimba con calzettoni bianchi e scarpette nere con a fianco dei vestiti ripiegati e un paio di scarpe nere da uomo:

http://tinyurl.com/yhu3a73

L’immagine da un senso di “attesa” (fiduciosa) di qualcuno che sta per venire ed è tra i temi fondamentali del libro.

 

L’altra copertina (di Maria Giulia Giorgiani) è presente per l’edizione Oscar Mondadori (quella che ho utilizzato per la lettura comune).

 

C’è un albero le cui fronde proiettano un’ombra su uno sfondo, che però più che un prato sembra quasi un mare grigio o un deserto. Appare, sotto all’albero, una ragazza o bambina, quasi evanescente, girata di spalle con delle scarpe (dorate) con i tacchi, che si protende con le braccia e le gambe slanciate verso i rami dell’albero poderoso (e non vecchio), cercando di toccarli.

 

In tale posa risulta alzata la maglietta e la gonna bianche della figura femminile; o meglio sembra che la gonna non vi sia e si scorgono le mutandine con un indumento sopra queste ultime (che però le lascia ampiamente visibili).

 

Mi sembra di scorgere, espresso in quest’altra copertina, un altro elemento importante del libro: lo sforzo di questa adolescente o bambina di andare verso il futuro, verso la maturità espressa da quell’alto albero con le sue verde fronde e forti rami: albero che potrebbe inoltre raffigurare lo stesso Henry, adulto, uomo, che Clare conosce la prima volta da bambina quando lei ha sei anni, mentre Henry ne ha 35.

 

Citazioni

 

Troviamo nel libro varie citazioni di autori e poeti.

 

Due all’inizio del libro prima del “Prologo”.

 

Una citazione di Amore dopo amore (dal libro Mappa del nuovo mondo) di Derek Walcott (questa una lettura della poesia che prende spunto dal film del 2005 La febbre di Massimilano D’Alatri, con Fabio Volo e Valeria Solarino: http://tinyurl.com/yabvkeg ).

 

Una citazione di Man and time di J. B. Prestley (John Boynton Priestley, 13 settembre 1894 - 14 Agosto 1984), conosciuto come JB Priestley, è stato uno scrittore, drammaturgo e giornalista televisivo (il libro in questione è del 1964).

 

Due citazioni del libro di Antonia S. Byatt Possessione (come esergo al capitolo II Una goccia di sangue nella scodella del latte e in quello al capitolo III Trattato sulla nostalgia).

 

Alla fine sono riportati i versi 231-240 del Libro Ventitreesimo dell’Odissea di Omero. Ulisse è ritornato nella sua Itaca. Celato nelle fattezze di un povero mendicante, nelle quali è stato trasformato dalla madre Atena, l’eroe ha incontrato prima Eumeo, poi il figlio Telemaco, e successivamente ha preparato e portato a termine la strage dei pretendenti. Il libro XXIII è quello dell’atteso e bellissimo riconoscimento di Odisseo da parte della moglie Penelope, che da anni lo attendeva. Veramente dei versi di una bellezza intramontabile.

 

Ma le citazioni più numerose (ben tre) sono dedicate ad un poeta che evidentemente è tra i prediletti di Audrey Niffenegger: René Marie Rilke (Praga 1875 - Montreux 1926)

 

Due sono tratte dal libro Elegie duinesi, precisamente:

 

- la IX Elegia (versi 7 – 8; 11-13; 22 – 27 come esergo al Capitolo I, L’uomo fuori dal tempo)

 

- la V Elegia (dedicata alla Signora Herth Koenig gli ultimi versi, 95 – 107, nel Capitolo II, paragrafo Compleanno, su richiesta di Clare, Henry, in sala parto, recita questi versi di quella che è definita come “la poesia degli amanti sul tappeto”, Angelo)

 

Infine troviamo citata un’altra poesia di Rilke (come esergo del capitolo III, Trattato sulla nostalgia) Quella che diventa cieca .

 

Evidenzio come le Elegie Duinesi (1911-23) (insieme ai Sonetti a Orfeo - 1923 - a I quaderni di Malte Laurids Brigge – 1910 - e alle postume Poesie estreme) segnano il culmine della produzione poetica del poeta Rilke (interrotta dalla morte per leucemia sopravvenuta nel 1926 nel sanatorio svizzero di Montreux). Rinvio in merito alla bella introduzione delle Elegie duinesi (con biografia, giudizi critici, e relativa bibliografia) di Franco Rella e a quella di Rossana Dedola, rispettivamente, nelle due edizioni del libro in mio possesso (BUR, Milano, 1994, pagg. 5 – 40; e Crocetti, Milano, rist. 2009, pagg. 7 - 20).

 

Sarebbe interessante un lavoro di riscontro delle frasi o versi riportati che indubbiamente anticipano, illustrando, o facendo intuire o percepire, il tema della parte del testo cui sono premessi.

 

Una dedica

Un primo dettaglio cui seguirà poi un altro.

 

Sappiamo che i due protagonisti sono Henry DeTamble e Clare Abshire

 

Sotto il titolo (nell’edizione italiana: in quella inglese è nella pagina successiva di sinistra e meno visibile) troviamo una dedica:

 

Per Elizabeth Hillman Tamandl

20 maggio 1915 – 18 dicembre 1986

 

e Norbert Charles Tamandl

11 febbraio 1915 – 23 maggio 1957

 

Non sembra anche a voi che il cognome delle due persone, probabilmente marito e moglie, “Tamandl” ricorda in parte (con anagramma parziale) quello di Henry, “DeTamble?

 

IV. Ma… Quante sono le serrature sulla porta della casa di Henry?

 

Dopo aver letto il libro della Audrey Niffenegger nella traduzione italiana di Katia Bagnoli, ho voluto acquistare il romanzo anche in lingua originale, sia per apprezzare meglio la scrittura dell’autrice sia per dipanare eventualmente qualche dubbio, qualora dovuto alla traduzione.

 

Notavo ad esempio che nel testo in italiano:

 

nel Cap. I, “Primo appuntamento, uno”, Più tardi quella sera, vi sono “diciassette serrature”:

 

“Primo passo: aprire le diciassette serrature della porta di casa

(pag. 18: 6 righe dopo il titolo);

 

e poi subito dopo le serrature diventano “trentasette”:

“richiudo le trentasette serrature

 

(21 righe dopo il primo riferimento).

 

Di seguito, sempre nello stesso capitolo e paragrafo (a pag. 26 stavolta), le serrature arrivano a ... “centosette”:

 

“Metto in azione il mazzo di chiavi sulle centosette serrature e socchiudo la porta”.

 

Il dettaglio mi sembrava inquietante e non credevo che la traduttrice, Katia Bagnoli, avesse potuto equivocare su dei semplici riferimenti ad aggettivi numerali cardinali.

 

Il significato di quell’ “incremento” di serrature al momento non mi era ben chiaro, mi sfuggiva e ritenevo che occorresse pensarci su, non credendo – ripeto - che l’autrice l’avesse inserito per disattenzione. Grazie all’aiuto di una partecipante del gruppo di lettura sono alla fine pervenuto alla soluzione.

 

Questa la traduzione seguita dal testo in originale.

 

“Primo passo: aprire le diciassette serrature della porta di casa”:

 

unlock seventeen locks on apartment door’;

 

“richiudo le trentasette serrature”:

 

‘lock the thirty-seven locks’;

 

“Metto in azione il mazzo di chiavi sulle centosette serrature e socchiudo la porta.”:

 

‘I wield my fistful of keys on all 107 locks and crack the door slightly.’

 

Ma qual è l’arcano?

 

        La mia amica aNobiiana mi ha segnalato, dopo una ricerca, che in un vecchio forum, ormai inattivo, Audrey risponde alle domande dei lettori; in particolare una lettrice aveva fatto la stessa domanda che m’ero posto. Questa la risposta della Niffenegger:

 

«It’s meant as a joke, but evidently it isn’t a very good one because people ask about it rather often. Henry is just exaggerating for comic effect».

 

Vale a dire:

 

«È inteso come uno scherzo, ma evidentemente non è molto buono perché le persone chiedono informazioni su tale questione piuttosto spesso. Henry sta solo esagerando per un effetto comico.».

 

La spiegazione dunque era più semplice di quel che pensavo: era un pensiero “ironico”, per cui se ne deduce che a volte capire queste sfumature non è facile (soprattutto in un testo tradotto).

 

E tale frase ironica non può essere nell’ambito de La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo quello che si potrebbe definire (prendendo in prestito per analogia un’espressione impegnativa) un hàpax legòmenon (dal greco ἅπαξ λεγόμενον: “detto una volta sola”), vale a dire una forma stilistica, che compare una sola volta nell’ambito del testo.

 

Si potrebbe ad esempio notare come Alba (un altro personaggio del romanzo) abbia riconosciuto Henry nel museo per aver visto in passato dei video che lui le aveva lasciato con le istruzioni per scassinare le serrature.

 

Inquadrando tale frase nell’ambito di una sfumatura ironica sicuramente la circostanza potrebbe destare meno reazione e perplessità (di quella che invece in genere ha destato nei lettori).

 

E sicuramente nel libro potranno rinvenirsi altri passi con sfumature ironiche.

 

V. Fantasy o Storia d’amore?

 

Un problema che subito si è posto, come rilevato da vari partecipanti del gruppo di lettura, è l’inquadramento del romanzo: genere Fantasy o Storia d’amore?

Connessa a questo problema è anche la domanda che ci si poneva “qual è il senso dell’artificio letterario di fare viaggiare nel tempo il protagonista?”, vale a dire “la logica del viaggio?”

 

Una premessa: il paradosso del nonno

 

In un bell’intervento nell’ambito del gruppo di lettura era stato affermato, con riferimento al “determinismo”, che in “realtà l’ammissione di ‘curve temporali chiuse’ manda in corto circuito il principio di causalità, uno dei pilastri del determinismo: la causa è causa di sé stessa...”.

 

Veniva inoltre aggiunto che il

 

“libro, così come molti libri e film di fantascienza, si basa sul famoso ‘paradosso del nonno’: se io torno indietro ed uccido mio nonno da giovane, io non posso essere stato concepito e per questo non posso essere tornato indietro ad ucciderlo.”

 

VI. Un confronto illuminante

 

Un importante inciso e poi torno subito al “paradosso del nonno”, mentre per l’aspetto del genere (fantasy/storia d’amore) rinvio al paragrafo IX di queste osservazioni.

 

Delle volte il caso è veramente strano.

 

Nel periodo del gruppo di lettura (avevo appena finito di leggere Racconto d’autunno di Tommaso Landolfi), una sera nel rovistare velocemente su alcune piccole “cataste” di libri per scegliere un testo da portare con me nel consueto viaggio verso l’ufficio, il mio occhio si era imbattuto, dopo aver letto in precedenza La donna che non poteva essere qui (Sauve-moi, Paris, XO Éditions, 2005; Milano, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2008) in due altri libri dello scrittore francese Guillaume Musso.

 

Si trattava de L’uomo che credeva di non aver più tempo (Et après..., Paris, XO Éditions, 2006; Milano, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2008) e di Chi ama torna sempre indietro (Seras-tu là?, Paris, XO Éditions; Milano, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2009. Leggendo il retro di copertina decisi di inserire nella capiente (e paziente!) borsa il secondo libro.

 

Il mattino seguente mi accingo a prendere in mano il libro di Musso: ed ecco un evento quasi magico (capitano spesso nel mondo dei libri non trovate?). Infatti anche quello dello scrittore francese è un libro che parla di “viaggi nel tempo” e con “cambi di prospettiva” dei personaggi narranti (anche se in misura minore rispetto al libro della Niffenegger).

 

Chi ama torna sempre indietro (pubblicato a Parigi nel 2006), successivo al libro della scrittrice statunitense (del 2003), ha una struttura abbastanza simile (basta dare un’occhiata anche ai rispetti indici).

 

Da una rapida consultazione, sfogliando il libro, mi accorgo di altri elementi in comune: oltre agli accennati “cambi di prospettiva” (meno accentuati), troviamo un “Prologo” e un “Epilogo” (nel libro della Niffenegger in realtà non vi è un “Epilogo formale”, ma vi ricomprenderei, come vedremo più avanti, i due ultimi paragrafi), anche se i vari “viaggi” (molto diversi in verità, ma non voglio svelare nulla) sono racchiusi non in tre capitoli principali, con all’interno le varie “tappe” con le date e le età dei protagonisti del brano specifico, ma in ventiquattro capitoli.

 

Similmente a La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo ogni capitolo di Chi ama torna sempre indietro è preceduto da una citazione di un autore o poeta (ad eccezione dei capitoli 10, 11 e 12, che hanno due citazioni: nel primo caso dello stesso autore e dello stesso libro, Tarun J. Teipal, Loin de Chandigarh, nel secondo di testi di famosi cantanti: Charles Aznavour, da un lato, e John Lennon – Paul McCartney – Yesterday-  dall’altro; infine degli scritti di Râmana Mahârshi e Stephen Hawking).

 

Il libro della Niffenegger, oltre agli eserghi dei tre capitoli, ne ha due al Prologo e uno nell’Epilogo (considerando in tal modo gli ultimi due paragrafi, come dicevo) e una citazione interna nel paragrafo “Compleanno” (un frammento della V Elegia gli ultimi versi, 95 – 107, in cui parla dell’Angelo di Rainer Maria Rilke, autore – come già detto - caro all’autrice, ripreso in esergo anche nel I e III capitolo).

 

Peraltro in Chi ama torna sempre indietro mi sembra di aver rinvenuto un elemento, in riferimento ad una “corrispondenza” (anche se sui generis nel caso del libro di Musso) tra passato e futuro, che mi ricorda due films visti qualche tempo fa: La casa sul lago del tempo (The lake house, anno 2006, di Alejandro Agresti, con Keanu Reeves, Sandra Bullock e Christopher Plummer) e Frequency (di Gregory Hoblit del 2000, con Dennis Quaid e James Caveziel).

 

Ritornando al parallelo tra il romanzo della Niffenegger (come dicevo anteriore a quanto risulta) e quello di Musso, accanto alla somiglianza strutturale oltre che tematica concernente i viaggi del tempo, mi sembra illuminante il testo del romanzo di Musso per capire il senso profondo del libro fatto oggetto della lettura comune aNobii.

 

Ecco la premessa che Musso pone prima del “Prologo” del libro (p. 5) e che – a mio avviso - centra il cuore del problema:

 

Tutti ci siamo posti almeno una volta la domanda: se ci dessero la possibilità di tornare indietro nel tempo, che cosa cambieremmo della nostra vita?

Se potessimo modificare ciò che è stato, che errori correggeremmo? Quali dolori, rimorsi, rimpianti cercheremmo di cancellare?

Davvero oseremmo dare un nuovo senso alla nostra esistenza?

Ma per diventare cosa e andare dove?

E con chi?”.

 

Penso che in queste parole possa essere riposto il senso profondo anche del romanzo della Niffenegger.

 

Non vi è capitato nei confronti della persona che amate di avere il desiderio di seguirla nella sua giornata per vederla anche in altri contesti e situazioni e scoprire tutto di lei e ancor più il desiderio di ritornare nel passato per scoprire com’era da bambino o da bambina?

 

Ritengo che “il rapporto” sia biunivoco, nel senso che anche il passato, quel che siamo stati e che siamo nel profondo, può trasformare il futuro, può emergere dalle tante tracce che, più o meno consapevolmente, abbiamo lasciato, nel corso della nostra storia, anche per noi (oltre che per gli altri) per noi nel futuro, pur non avendoci in quel momento pensato attentamente (ad esempio una lettera, un diario, una poesia).

 

VII. Il paradosso del nonno: qualche esempio del “viaggio nel tempo” nella letteratura e nel cinema

 

Ponendo mente nuovamente al nostro “paradosso del nonno” Musso antepone una nota sempre al “Prologo” che riporto: “Il ‘paradosso del nonno’, citato al capitolo 7, è preso dal libro di René Barjavel Il viaggiatore imprudente” (p. 6).

 

Il paradosso del nonno, come si diceva in precedenza, è un paradosso sul viaggio nel tempo e il primo a descriverlo fu proprio René Barjavel, nel suo libro che risale al 1943 (Le voyageur imprudent è il titolo in lingua originale).

 

Il paradosso del nonno è stato molto utilizzato, in letteratura e nel cinema, per dimostrare che i viaggi nel tempo sono impossibili. Invece secondo la meccanica quantistica, nella sua interpretazione a molti mondi non si creerebbe un paradosso per questo tipo di eventi perché ogni evento produrrebbe un nuovo universo parallelo nei quali la storia si evolve in maniera indipendente.

 

Barjavel, dal canto suo, potrebbe aver tratto spunto da un altro paradosso, formulato questa volta da Einstein, quello “dei gemelli”. “Einstein non ipotizza di muovere una persona oltre la velocità della luce e fare un confronto nel passato, ma di portare una persona a una velocità costante prossima alla velocità della luce e confrontarla nel futuro, con il suo gemello invecchiato.” (cfr. wikipedia).

 

Oltre a La fine dell’eternità di Asimov quale esempio di racconto con viaggi nel tempo, e ad un episodio della famosa saga di Henry Potter, Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, possono farsi, tra gli altri, gli esempi per la letteratura di Timeline di Michael Chricton, della trilogia (poi ampliata con altri due testi) di Hyperversum di Cecilia Randall (Hyperversum, Il falco e il leone e Il cavaliere del tempo, cui hanno fatto seguito il romanzo collettivo La strega e il cavaliere e Hyperversum Next), nonché del romanzo Rabbia, ove Chuck Palahniuk propone una soluzione alternativa del “paradosso del nonno”.

 

Troviamo nel 1988 il romanzo di Philippa Pearce Il giardino di mezzanotte (tradotto da Salani nel 2005), mentre un altro esempio di romanzo del genere è il romanzo La straniera del 1991 primo della serie fantasy dedicata a “Claire Randall” di Diana Gabaldon, prima professoressa presso il Centro per gli Studi ambientali dell’Università statale dell’Arizona, poi ricercatrice ed esperta di analisi numerica e di database e dal 1988 scrittrice. Il primo romanzo (dopo una prima edizione ridotta da parte della Sonzogno, con vari tagli e con il titolo Ovunque nel tempo) e gli altri della serie è stata edita da Corbaccio dal 2003. La casa editrice ha diviso – inspiegabilmente – in due parti ogni romanzo, al momento otto, tranne il primo – poi distinto anch’esso in due volumi: L’anello d’argento e Lo spirito della sorgente.). Secondo il suo sito web la scrittrice sta al momento lavorando al nono romanzo del ciclo. Dalla saga è tratta una recente serie televisiva cui si farà cenno fra breve

 

(per un elenco di romanzi in cui il tema del viaggio nel tempo ha un rilievo importante:

 

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Categoria:Romanzi_sui_viaggi_nel_tempo   )

 

Per la cinematografia, accanto al film del 2014 Interstellar di Christopher Nolan (con – tra gli altri – Mattew McConaughey, Anne Hathaway e Michael Caine) o un altro bel film del 2006 Déjà vu - Corsa contro il tempo (Déjà Vu) del regista Tony Scott (quello di Nemico pubblico - 1998 - Spy Game – 2001 - Man on Fire - Il fuoco della vendetta – 2004 - Domino 2005), con Denzel Washington, Val Kilmer, Paula Patton, Bruce Greenwood, Adam Goldberg e Jim Caviezel, oppure, sempre del 2004, The Butterfly Effect di Eric Bress e J. Mackye Gruber, con, tra gli altri, Ashton Kutcher ed Amy Smart (sequel nel 2006 con The Butterfly Effect 2, di John R. Leonetti, con Eric Lively, Erica Durance, Gina Holden).

 

Oltre a L’esercito delle dodici scimmie (Twelve Monkeys del 1995, di Terry Gilliam, con Brad Pitt, Madeleine Stowe, Christopher Plummer, Bruce Willis, Jon Seda), viene ripreso il paradosso, tra le altre pellicole, in Edge of Tomorrow del 2014 di Adam Corolla (con Tom Cruise ed Emily Blunt), in Questione di tempo del 2013 di Richard Curtis (Notting Hill ! con Domhnall Gleeson, Rachel McAdams, Bill Nighy), nella famosa trilogia di Robert Zemeckis Ritorno al futuro (con Michael J. Fox e Christopher Lloyd), i films “cult” Il pianeta delle scimmie (Planet of the Apes, del 1968, di Franklin J. Schaffner, con il fantastico Charlton Heston, e con un successivo remake nel 2001 di Tim Burton), e L’uomo che visse nel futuro del 1960 (titolo originale The time machine, di George Pal, con remake nel 2002 ad opera di Simon Wells), tratto dall’omonimo classico della letteratura di fantascienza di H.G. Wells.

 

Aggiungerei anche Kate & Leopold del 2001 del regista James Mangold (con Meg Ryan, Hugh Jackman), nonché, pur nelle loro diversità, La casa sul lago del tempo e Frequency, citati in precedenza (detto per inciso, rispetto a quest’ultimo film, il libro di Walter Veltroni del 2007 La scoperta dell’alba è un po’ troppo simile, quanto all’aspetto del deus ex machina che “scatena” il contatto tra passato e futuro, per non destare qualche piccolo sospetto).

 

Possiamo notare inoltre Il giardino di mezzanotte (di cui è stato prima menzionato il romanzo, dal titolo originale Midnight garden) del 1999, regista Willard Carol, con Anthony Way, Nigel Le Vaillani, Grata Scacchi, James Wilby e il film Terminator del 1984, diretto da James Cameron, con Arnold Schwarzenegger, Michael Biehn e Linde Hamilton, cui ha fatto seguito un fortunato ciclo cinematografico, con altre quattro pellicole (l’ultima del 2015, Terminator Genisys di Alan Taylor)

 

(per un elenco di film che includono il tema del viaggio nel tempo:

 

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Categoria:Film_sui_viaggi_nel_tempo     )

 

Accanto al grande schermo, alla categoria del “viaggio nel tempo” sono dedicate molte serie televisive, tra cui quella del Doctor Who, Seven Day, o più recentemente la serie canadese Continuum, di Outlander (dal ciclo di Claire Randall, prima citato), e vari episodi della serie (tratta dal fumetto della Comics) Flash (in particolare della prima serie:  l’episodio 16°, Lisa Snart, 17°, Trickster, 18°, Bug-Eyed Bandit, 20°, La trappola, 23°,  Wormhole; della seconda serie: l’episodio 11°, Il ritorno dell'Anti-Flash, 17°, Flash Back, 21°, La forza della velocità, 23°, Sfida finale)

 

(per un elenco di serie nelle quali il tema del viaggio nel tempo svolge un ruolo importante all'interno della trama generale:

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Serie_televisive_sui_viaggi_nel_tempo     )

 

 

VIII. Dasein

 

Mi ha molto incuriosito, nel capitolo III. Trattato sulla nostalgia, il paragrafo intitolato Dasein.

 

Il termine (v. alla voce dell’enciclopedia on line della Treccani) è stato usato tradizionalmente nella filosofia tedesca per indicare l’esistenza.

 

Così si trova in Kant, per es., nella tavola delle categorie della Critica della ragion pura.

 

In Hegel assume un diverso significato, indicando «l’essere determinato», l’alcunché finito, una delle prime categorie della logica, successiva e in opposizione a quella del divenire, sintesi d’essere e nulla; come tale il dasein, appartenente alla sfera dell’essere, ossia dell’immediato, è la base di tutte le ulteriori determinazioni.

 

In Heidegger il vocabolo viene introdotto (con la grafia Daseyn) nella sua opera Essere e tempo. L’opera, dedicata al maestro, Husserl, è un’applicazione originale del metodo e dei concetti della fenomenologia.

 

Per Heidegger il dasein è l’ente privilegiato, poiché è l’unico che si mette in questione, ponendosi il problema dell’essere: è l’uomo, in quanto è gettato nel mondo, sottoposto alle relative limitazioni, ma anche in grado di trascenderlo con un atto di libertà, facendone il progetto di atteggiamenti e azioni possibili.

 

Il dasein è – diversamente da Hegel - il superamento dell’immediatezza, «esser-ci» o «esistenza» per cui l’uomo, nel suo essere-nel-mondo, è ente tra gli enti e, al tempo stesso, ente che trascende, trascendenza. A esso si ricollegano concetti fondamentali della filosofia heideggeriana come limitatezza e fondamento, nonché il problema del rapporto del piano ontico con il piano ontologico.

 

Si è usata la locuzione “esser-ci”. “La traduzione del vocabolo (come per altri utilizzati dal filosofo) risulta non agevole.

 

Il termine “Sein” in tedesco significa “essere”, mentre “da”, nella medesima lingua, indica uno spazio ideale a metà strada fra l’immediatezza del “qui” e la distanza propria al “”.

 

In italiano a seguito della proposta di Pietro Chiodi, che è stato il primo traduttore nella nostra lingua di Essere e tempo, e rimasta poi stabilmente nel lessico heideggeriano, si utilizza la locuzione di “esser-ci”, laddove il ci non indica una semplice localizzazione spaziale, ma un concetto più ambiguo e complesso, ovvero il modo in cui concretamente (fenomenologicamente) l’Essere si dà nella storia, ad es. nell’esistenza dell’uomo.

 

IX. La trasposizione cinematografica del romanzo: i contenuti extra

 

Come accennavo in premessa, “il caso” che mi spinse a seguire il percorso del gruppo di lettura su aNobii sul romanzo della Niffenegger è stata la visione della versione cinematografica (il regista è Robert Schwentke (tedesco di origine che aveva avuto il suo esordio americano con il thriller del 2005 Flightplan - Mistero in volo, tit. orig. 2005 Flightplan, con Jodie Foster) La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo: Un amore all’improvviso, in italiano, titolo originale The Time Traveler’s Wife

 

(la scheda del film su coming soon: http://tinyurl.com/yas866c e quella su mymovie: http://tinyurl.com/ybr82d9 ), con Rachel McAdams, nella parte di Clare Abshire e Eric Bana nella parte di Henry DeTamble.

 

La sceneggiatura del film è di Jeremy Leven e di Bruce Joel Rubin (lo sceneggiatore del celebre Ghost - era il 1990 - del regista Jerry Zucker: chi non ricorda la giovane Demi Moore e il compianto Patrick Swayze?). La regia è di Robert Schwentke, con Rachel McAdams nella parte di Clare Abshire e Eric Bana nella parte di Henry DeTamble.

 

Mi sembrano importanti per la tematica in questione richiamare dei passaggi dei contenuti extra del film, che ho avuto cura di trascrivere.

 

Bruce Joel Rubin, sceneggiatore

 

Un romanzo impiega molto tempo a svelarsi. Può allontanarti dalla storia principale e poi riportarti indietro. Lo scrittore ha mondi da dipingere, cose da dire e modi per coinvolgere che in un film sono immediati. Ma le parole devono descrivere l’immagine e riempire lo spazio […]

Nella struttura un romanzo e un film sono diversi.

Nel libro ogni capitolo ha un titolo con l’età del personaggio e il momento della storia, perché saltano da un periodo all’altro. La cosa interessante quando leggi un libro è che la mente si attiva in modo diverso rispetto a un film.”.

 

Robert Schwentke, regista

 

Non è un film di fantascienza. Il viaggio nel tempo è un concetto fantascientifico, ma in realtà si tratta di due persone che cercano di far funzionare il loro rapporto.

Il viaggio nel tempo è solo il catalizzatore per quello che tiene separate queste due persone.”.

 

Eric Bana, che interpreta Henry DeTamble nel film omonimo

 

L’elemento più importante è la relazione tra Henry e Claire.

[Il tempo è un elemento che caratterizza una intimità:] l’intimità del tempo. Sono fisicamente inseparabili, una coppia con una profonda intimità.

Ci sono dieci – quindici Henry diversi.

Noi, io, abbiamo cercato di concentrarci su due periodi principali:

1. uno è prima che lui sappia della sua vita con Clare;

2. l’altro dopo la consapevolezza del suo futuro con Clare.”.

 

Dai passi riportati, che fanno riferimento anche al romanzo da cui è tratto il film, risulta che La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo non è solo o tanto “un libro di fantascienza”, o un libro di “filosofia”, ma un romanzo d’amore, intriso peraltro del “dolore” che tutti noi proviamo continuamente per “l’assenza” (anche talvolta brevissima) della persona amata.

 

L’altro elemento utile per un ulteriore approccio al libro è la suddivisione di due discrimini cronologici:

 

- prima che Henry sappia della sua vita con Clare;

 

- dopo la consapevolezza da parte di Henry del suo futuro con Clare.

 

Io aggiungerei altri due periodi

 

- Un terzo periodo connota il desiderio, in particolare di Clare, di avere un bambino, con tutte quello che ne consegue.

 

- L’ultimo periodo, verso il quale converge tutto il racconto, è il destino finale di Henry e la situazione successiva.

 

Conclusioni

 

Tante osservazioni si potrebbero fare ancora sul romanzo della Niffenegger.

 

Ci sarà stata sicuramente qualche influenza della versione della pellicola, che illustra, necessariamente, solo alcuni aspetti del libro, soprattutto la storia d’amore, asse portante della pellicola, con varie differenze

 

(ad esempio: nella macchina in occasione del mortale incidente, ove muore la madre, Henry piccolo è seduto dietro, anziché davanti e la dinamica è diversa; viene solo accennato –in una scena- alla storia con Ingrid; non ci sono rapporti intimi tra Gomez e Clare; c’è un viaggio nel futuro ma non quello finale, lasciato percepire nella fine del testo; non c’è l’intrappolamento di Henry nella “gabbia” della Biblioteca né la conoscenza dei colleghi della particolare situazione; non mi sembra vi sia la famosa “punizione esemplare” del ragazzo…).

 

Di certo mi sono piaciuti il protagonista Henry e Alba. Personaggi che si pongono in modo differente rispetto alla particolare facoltà di viaggiare nel tempo del protagonista: per Henry è una malattia (definita come “crono alterazione”, il problema come espone Henry al dott. Kendrick, è nel “dasein” – che abbiamo visto in    precedenza -, il disturbo è infatti l’ “alterazione della percezione cronologica”, p. 299), una maledizione, senza nessuna possibilità di averla sotto controllo; mentre per Alba tale situazione è interessante, dandole la possibilità di rivedere suo padre, e lei riesce a padroneggiarla.

 

Non ho gradito invece il personaggio di Gomez (che nel film appare più amico che rivale, in fondo, di Henry), e le figure di Clarisse, Ingrid e della sua amica, Celia, che non sembrano molto approfondite.

 

Non mi è dispiaciuta, invece, tranne che per alcuni episodi (ad es. quanto accade per l’evidente condizione di fragilità emotiva dopo la morte di Henry), la figura di Clare, talvolta in alcuni commenti ritenuta “irritante”, “egoista”, “odiosa”: personaggio visto peraltro anche con gli occhi del cinefilo.

 

Indubbiamente la scrittrice indulge di tanto in tanto in alcuni aspetti (forse un po’ melensi o di rito), ricercando il consenso (è il suo romanzo di esordio), in particolare delle lettrici, e la sua mano femminile, non del tutto distaccata, non gli consente di rimarcare in modo più accentuato la differenza delle due voci narranti, maschile (Henry) e femminile (Clare).

 

Appaiono – a mio avviso - molto belli e pervasi di poesia due incontri finali  del protagonista (soprattutto il secondo), che qui non approfondisco per non anticipare nulla.

 

In fondo come accennavo prima, i due ultimi paragrafi Rinascita e Sempre d’accapo, svolgono bene la funzione di “Epilogo” a compimento di quanto annunciato nel “Prologo” dai due protagonisti:

 

Odio trovarmi dove lei non è, quando lei non c’è. E invece me ne vado sempre, e Clare non mi può seguire” (Henry, p. 12).

 

È dura rimanere indietro. Aspetto Henry senza sapere dov’è e se sta bene. E’ dura essere quella che rimane. […] Lui scompare senza preavviso e involontariamente. Io l’aspetto. Ogni minuto scorre lento, trasparente come vetro. Attraverso ogni minuto vedo un’infinità di minuti in fila, in attesa. Perché se ne va dove io non posso seguirlo?” (Clare, p. 9).

 

Viene così superato il canto meraviglioso, ma struggente, della “tristezza” di Rilke, poeta più volte citato dalla Niffenegger nel romanzo, quel “mondo inesorabilmente caduco […ove le] cose periscono. Le parole periscono. La nostra stessa identità perisce corrosa dal «vento di cosmici spazi» […] E dunque, ancora una volta, da un lato, quaggiù, gli amanti, gli amati e le amanti, il fanciullo, e l’eroe, l’amore materno della vergine, e il turbine innominato del sangue e dell’istinto, e in alto, irraggiungibili, sempre, gli angeli” (Franco Rella, Introduzione alle Elegie duinesi, Milano, BUR, 2008, p. 12).

 

L’attesa del ritorno, che pervade tutto il libro della scrittrice statunitense, diventa allora pienezza e possiamo pronunciare finalmente, anche noi con consapevolezza, le parole incantevoli, imperiture e piene di gioia di Omero (i versi 231-240 del Libro Ventitreesimo dell’Odissea), riportate dalla scrittrice alla fine dell’opera, che ci parlano di un altro famoso viaggiatore, Ulisse, e similmente di una sposa da anni in attesa, Penelope.

 

Questi sono i meravigliosi e commoventi versi, con i quali concludo questo commento, nella traduzione, di Rosa Calzecchi Onesti, dell’Edizione tascabile Einaudi, con testo a fronte (Torino, 1989, p. 645), immaginando che a pronunciarli sia l’indimenticabile voce di Giuseppe Ungaretti

 

(che precedeva ogni volta le puntate della famosa rappresentazione televisiva dell’Odissea trasmesso dalla RAI nel 1968, diretta da Franco Rossi, insieme con Piero Schivazappa e a Mario Bava; nel cast spiccavano Bekim Fehmiu nel ruolo di Ulisse e Irene Papas nel ruolo di Penelope):

 

Così disse, e a lui venne più grande la voglia del pianto;

 

piangeva, tenendosi stretta la sposa dolce al cuore, fedele.

Come bramata la terra ai naufraghi appare,

a cui Poseidone la ben fatta nave nel mare


ha spezzato, travolta dal vento e dalle grandi onde;


pochi si salvano dal bianco mare sopra la spiaggia


nuotando, grossa salsedine incrosta la pelle;


bramosi risalgono a terra, fuggendo la morte;


così bramato era per lei lo sposo a guardarlo,


dal collo non gli staccava le candide braccia.


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